FELTRE PORTALE di INGRESSO alle DOLOMITI Patrimonio dell’Umanità (World Heritage Site UNESCO) Le Dolomiti sono diventate Patrimonio dell’Umanità nel 2009 riconosciute di valore universale dall’UNESCO per i criteri VII (bellezza del paesaggio) e VIII( aspetti geologici e geomorfologici). Le Dolomiti UNESCO sono un sito seriale composto da 9 Sistemi (gruppi montuosi associati). Feltre La Geografia complessiva dei 9 Sistemi Dolomiti UNESCO con Feltre ai piedi del Sistema 3. Dettaglio sul Sistema 3 Dolomiti UNESCO, è evidenziata in verde l’area delle Vette Feltrine. Il Territorio del Comune di Feltre rientra per il 20% nel Sistema 3 (Pale di San Martino, Pale di San Lucano Dolomiti Bellunesi e Vette Feltrine) delle Dolomiti UNESCO con circa 2031 ettari. Il Sistema 3 con l’area cuore e l’area tampone, in questa zona coincide perfettamente coi confini del Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi. L’area riflette alcuni dei valori riconosciuti alle Dolomiti mantenendo un carattere peculiare e distintivo: • Valore geologico (importanza per la storia della Terra e per le Scienze Geologiche): -- peculiarità delle rocce; -- peculiarità connesse all’orogenesi alpina; -- peculiarità fossilifere. • Valore geomorfologico -- forme connesse con l’azione della gravità; -- forme connesse con l’azione dell’acqua; -- forme connesse con l’azione del ghiaccio; -- forme di erosione carsica. • Valore paesaggistico: -- estetica del paesaggio (connessa a miti, leggende, arte, letteratura e valori simbolici); -- scenica del paesaggio (verticalità, varietà di forme, monumentalità, contrasti cromatici). • Altri valori naturalistici e culturali: -- storia; -- ambiente e valore ecologico; -- uso del suolo tradizionale, ruralità; -- archeologia (soprattutto preistorica, romana, medioevale). FELTRE E IL SUO COMUNE NEL PANORAMA DOLOMITI UNESCO Nelle Dolomiti UNESCO il paesaggio è definito attraverso la sintesi di specificità sceniche (verticalità, varietà di forme, contrasti cromatici, monumentalità) che impattando sull’osservatore-fruitore definiscono un’estetica indotta ed alimentata da generative e “dolomitiche” emozioni. Rivolgendosi anche a areali limitrofi e prossimali alla parte del comune di Feltre ricadente nel WHS (World Heritage Site) Dolomiti UNESCO, si sottolinea come da molti punti panoramici sia possibile averne una chiara percezione. Inoltre i giochi prospettici di quinte a diversa profondità, i tagli di luce al tramonto e all’alba, la frammentazione della luce a causa di condizioni atmosferiche peculiari, e gli scorci inclusivi e progressivi con passaggi molto didattici relativi al mondo antropizzato e il mondo “naturale”, fanno di questo territorio un luogo di sintesi dove è possibile esperire in modo diretto e comodo di molte suggestioni interessanti. Infatti, le Dolomiti Patrimonio dell’Umanità per motivi legati alla geologia e al paesaggio prendono qui una consistenza del tutto particolare proprio a causa delle vicende geologiche uniche registrate in queste porzioni meridionali del Bene. Feltre, con il suo territorio si colloca in posizione del tutto strategica per proporsi come portale d’accesso al Bene Dolomiti UNESCO Feltre risulta essere sia accesso fisico che culturale alle Dolomiti UNESCO: • particolarmente fruibile grazie agli andamenti del territorio, dai collegamenti esistenti e dalla distribuzione dei punti di interesse e d’appoggio. Il territorio si presta bene a immersioni nella natura modulate a diversi livelli, con la possibilità di apprendere e fare esperienze nel contesto del centro storico e di scoprire progressivamente il territorio, scoprendo con esso parte delle Dolomiti UNESCO (dal Centro Storico all’area pedemontana territorio, dall’area pedemontana alle vette); • accessibile dal punto di vista culturale in virtù delle caratteristiche e delle vocazioni degli spazi urbani del Centro Storico e dell’area urbana (monumenti, biblioteche, musei) • accessibile nell’ottica dello sviluppo di ampie zone di raccordo fra Centro Storico e montagne, di connotazione rurale dove esistono forti richiami alla cultura tradizionale e alla storia della città (borghi rurali, ville venete). INQUADRAMENTO GEOLOGICO E PAESAGGISTICO GENERALE Le Vette Feltrine si connotano come un crocevia di morfologie dolomitiche e prealpine, dove risulta possibile incontrare al contempo vette erbose arrotondate e pareti dolomitiche verticali. Il paesaggio delle Vette Feltrine e delle Dolomiti Bellunesi è dato dalla grande variabilità litologica delle formazioni affioranti e dalla tettonica, definita dalla vicinanza a sistemi di faglie e altre strutture coniugate alla linea della Valsugana e alla Linea di Belluno. Le Vette Feltrine si collocano fra le zone certamente più interessanti del Sistema 3 dal punto di vista stratigrafico e paleontologico. Questo grazie alla grande varietà di fossili che è stata studiata fin dal XIX secolo e alle formazioni giurassiche e cretaciche che qui mostrano facies molto peculiari. Per esempio, i calcari giurassici (tetto dei Calcari Grigi – encriniti glauconitiche-, Ammonitico Rosso Inferiore e Superiore, Formazione di Fonzaso) risultano molto ricchi di ammoniti perfettamente conservate che vantano uno straordinario valore stratigrafico (Monsampiano, Coston delle Vette, Col Fontana) minutamente studiate da G. Dal Piaz (“le Alpi Feltrine”, 1907) e più specificatamente i Calcari Grigi delle Vette sono conosciuti in tutto il mondo per il loro contenuto fossilifero di spugne calcaree e silicee (fossili molto rari in questo intervallo geologico). Il paesaggio delle Vette Feltrine presenta una struttura molto particolare nel contesto dolomitico. Alla base infatti si incontrano le pareti verticali della Dolomia Principale (Fig), cosa abbastanza anomala in Dolomiti dove questa formazione rocciosa normalmente costituisce la cima di importanti montagne (ad esempio le Tre Cime nelle Dolomiti di Sesto o le Tofane nelle Dolomiti d’Ampezzo). Fig. – A) stratificazione della dolomia principale, da Bosellini A. 1996, passante ciclicamente da condizioni subtidali (piana annegata), a condizioni intertidali (piana che registra le oscillazioni di marea) e a condizioni supratidali (piana emersa); B) ricostruzione paleoambientale della zona durante la deposizione della Dolomia Principale (illustrazione di Elena Manfrè). La Dolomia Principale è costituita da bancate di dolomia bianca e grigiastra a strati di spessore variabile, che qui, trovandosi a quote basse e incassata fra le incisioni vallive, risulta annerita superficialmente dall’intensa attività biologica tipica di questi ambienti (sviluppo di alghe, batteri, licheni e piante pioniere) (Fig.) Fig. – La base delle Vette Feltrine dalla valle di Lamen, le pareti sono costituite da Dolomia Principale e dai Calcari Grigi (Foto di Emiliano Oddone) Questa formazione depositatasi alla fine del Triassico (circa 200 Ma) in una vasta pianura tidale (o di marea) sottoposta a lenta subsidenza, fu poi coinvolta, assieme alle rocce precedenti, da uno sprofondamento più spinto (rifting Giurassico)(Fig.), dovuto all’apertura dell’Oceano Atlantico, attraverso lo sviluppo di una tettonica distensiva (faglie dirette) che suddivise la precedente piana in zone depresse (graben) e in zone più elevate (horst). Si delineò così il Bacino di Belluno, una vera e propria lingua di oceano (toungue of the ocean), costituito da un solco stretto e allungato, insinuato fra la Piattaforma di Trento e la Piattaforma Friulana. Fig. – A) sequenza evolutiva del margine della Piattaforma di Trento rispetto al Bacino di Belluno (da un disegno di Danilo Giordano), leggendo la sequenza dal basso (Giurassico inferiore circa 180 Ma) verso l’alto (Cretacico circa 75 Ma), si vede il graduale approfondimento del bacino a partire da faglie distensive che scalinano e ribassano il margine della piattaforma, e il progressivo riempimento di depositi bacinali di mare profondo. La parte rosa e mattonata corrisponde alla precedente Dolomia Principale, la parte azzurra mattonata corrisponde ai Calcari Grigi, quella verde scuro dell’ultimo skatch in alto corrisponde al Biancone e alla Scaglia Rossa; B) ricostruzione paleoambientale della zona durante la deposizione delle sequenze giurassiche (illustrazione di Elena Manfrè). Nel Giurassico inferiore (circa 180 Ma) le Vette Feltrine si trovavano sul margine sud-orientale della Piattaforma di Trento, in un contesto di acque progressivamente più profonde, dove poterono depositarsi i Calcari Grigi. Questa eredità geologica si riflette dunque nel paesaggio attuale definendo la verticalità a partire dalla base delle montagne dove le dure bancate di Dolomia Principale e i successivi Calcari Grigi costituiscono quasi 1000 metri di scalino roccioso improvviso. Salendo di quota, nella seconda metà del corpo montuoso, si passa alle formazioni giurassiche successive, depositate in un mare sempre più profondo. Tali formazioni, più erodibili delle altre risultano caratterizzate da versanti pendenti e prativi, non rupestri e dolomitici, ma ondulati e ricchi di escavazioni e forme morbide. Anche le successive rocce cretaciche (Biancone e Scaglia Rossa) rispondono in questo modo all’erosione. Sicché queste montagne risultano terminare con strani pinnacoli e cime a forma di cono e/o di piramide che le contraddistinguono (Fig.) Fig. – Porzione sommitale conica e piramidale delle Vette (Foto di Emiliano Oddone) Altra caratteristica distintiva di queste montagne è la presenza di numerose cenge in corrispondenza delle rocce più tenere (ad esempio come la Formazione di Fonzaso, o la Formazione di Igne) e scalinature in corrispondenza di quelle più resistenti (ad esempio il Rosso Ammonitico). Fra le rocce giurassiche ricordiamo il Rosso Ammonitico inferiore: calcare nodulare di colore rossastro, rosato, grigio-verdastro, che nella Busa di Monsampiano presenta uno spessore di circa 2 metri ed è zeppo di ammoniti. Tale formazione presenta variazioni significative di spessore passando da un settore all’altro delle Vette Feltrine (al Coston delle Vette è spesso 30 metri, sul M. Colsento di Neva 1,5 m, a Campotorondo 5 m). Queste differenze mettono in risalto quanto doveva essere articolata la paleogeografia nel contesto del margine della Piattaforma di Trento. Il braccio di oceano in approfondimento durante il Giurassico, ad est confinava con la Piattaforma Trentina che dal Giurassico medio in poi assunse un ruolo determinante per la sedimentazione all’interno del Bacino di Belluno. Da Ovest arrivavano gli apporti sedimentari dalla Piattaforma Friulana, che generava grandi frane sottomarine, i cui apporti carbonatici diedro corpo al Calcare del Vajont, ricco di ooliti, frammenti bioclastici, e brecce angolose. Sempre per la forma frammentata del margine della Piattaforma di Trento a volte venivano a crearsi condizioni speciali, come si intuisce studiando le rocce del Monte San Mauro (Fig.). Qui infatti due faglie giurassiche erano state in grado di creare una conca maggiormente sprofondata nel margine della Piattaforma di Trento, dove si incanalarono in via preferenziale le frane sottomarine provenienti dalla Piattaforma Friulana, per questo ora si rinvengono spessori di Calcare del Vajont maggiori che nell’intorno. Fig. – Monte San Mauro e schema paleogeografico del margine che si insinuava fra la piattaforma di Trento e il bacino di Belluno, con collocazione della paleoconca ribassata (indicato dalla freccia rossa vicino al riferimento Fe = Feltre) dove poterono incanalarsi maggiori spessori di Calcare del Vajont (Foto: Emiliano Oddone; Schema: da Danilo Giordano modificato) Fra il Giurassico medio e superiore una “brusca” diminuzione del livello marino fece emergere parte della Piattaforma Friulana e nel bacino si iniziò a depositare la Formazione di Fonzaso composta da calcari ricchi in selce grigio verdastri, in strati decimetrici separati da veli di argilla. La formazione si distingue per avere nella sua parte sommitale strati calcarei più rossi ricchi in Aptici (fossili di pezzi di opercoli di ammoniti). Alla fine del Giurassico (150 Ma) la distinzione fra altofondo e bacino cominciò a ridursi e in questi nuovi contesti marini si depositò il Rosso Ammonitico superiore, roccia molto compatta di colore rossastro o grigio biancastro, ricca di noduli calcarei chiari avvolti da veli di argilla rossastra. Nel Cretacico l’ambiente marino pelagico riceveva sul suo fondale fanghi formati da gusci di microorganismi planctonici e da precipitazione diretta di carbonato di calcio, questi depositi diedero origine al Biancone (Maiolica), roccia finissima di colore bianco avorio con locali patine rugginose e noduli o liste di selce. Sulle Vette Feltrine affiorano infine anche le formazioni cretacico-Paleoceniche ed eoceniche (Scaglia Rossa e Flysch di Belluno) rocce spiccatamente marnose ed argillose che segnano la fine della tettonica distensiva iniziata nel Trias superiore e che attraversò tutto il Giurassico, introducendo l’inizio delle spinte compressive che innalzeranno poi, nei milioni di anni, la successione rocciosa nella Catena Alpina (fase Neoalpina e fase Mesoalpina). SINTESI delle EMERGENZE STRATIGRAFICHE E PALEONTOLOGICHE - Queste zone mettono in evidenza una potente successione del Mesozoico, ad iniziare dal Triassico superiore per arrivare al Cretacico. - Questa zona documenta l’evoluzione strutturale e stratigrafica del margine passivo sudalpino - Le facies di annegamento giurassiche della Piattaforma di Trento sono esposte in modo straordinario - Queste aree presentano siti fossiliferi di grande valore paleontologico e stratigrafico riferibili al periodo Giurassico (soprattutto fauna ad ammonoidi e spugne silicee). SINTESI delle EMERGENZE GEOMORFOLOGICHE - Le Vette sono caratterizzate nelle loro parti sommatili dalla presenza di litotipi facilmente erodibili che durante le glaciazioni hanno potuto modellarsi in conche e circhi glaciali di spettacolare bellezza. Ne è un esempio la Busa delle Vette un circo complesso ed evoluto con una grande varietà di morfologie, specialmente nella parte bassa della depressione. Fig. – Busa delle Vette (Foto di Luca de Bortoli) Morfologicamente la Busa può essere suddivisa in un settore alto e uno basso: quest’ultimo coincide con un’ampia depressione glacio-carsica, con raggio di più di un chilometro e di circa 20 m di profondità. Tra le forme che è possibile osservare, ci sono numerose lingue di detriti nivali ai piedi dei ghiaioni delle Vette Grandi e del Pavionet e un campo di doline al centro della Busa, circondato da morene laterali; nell’area terminale della Busa, ci sono molti karren glacio-carsici e fratture. Il settore superiore è caratterizzato principalmente da forme deposizionali glaciali. In particolare si nota un meraviglioso anfiteatro morenico che consiste di varie morene terminali perfettamente conservate. A monte di questo circo c’è un’area arida ed irregolare con morene frammentate che sono state probabilmente rimobilizzate dal ghiaccio sepolto sotto il pietrisco (rock glacier inattivo). Interessanti sono anche le fasce ai piedi delle pareti verticali costituite da depositi gravitativi (falde di detrito, conoidi di detrito e piccole frane). - Di grande potere evocativo sono anche le strane forme del grande corpo di frana rilevabile sulla Piaza del Diaol (fig. ), Fra il Monte Scarnia e la Busa di Pietena. Il corpo di grandi blocchi è disposto circolarmente ad isolare una superficie di strato continua e inclinata regolarmente ricoperta da una sottile cortica erbosa, rassomigliante ad una piazza, appunto. Fig. – in alto a sinistra la piazza circolare e prativa della Piaza del Diaol circondata da un grande accumulo di blocchi calcarei (Foto di Emiliano Oddone) - Il Carsismo ipogeo e di superficie nelle formazioni giurassiche delle Vette Feltrine e soprattutto nei Calcari Grigi, lascia forti tracce, con forme assolutamente didattiche e concentrate in spazi ristretti spesso nelle conche (Buse) tipiche degli ambienti sommitali di queste montagne. Grandi quantità di grotte, cavità, doline, inghiottitoi e campi carreggiati (karren) (fig.) sono quasi ubiquitariamente facilmente osservabili. Fig.– Campi solcati (karren) nei Calcari Grigi delle Vette Feltrine (Foto di Emiliano Oddone) Poco distante dalla Casera di Ramezza (alta val si San Martino), si apre una depressione di origine carsica dove uno spesso strato di ghiaccio permanente occlude le probabili cavità sottostanti. La località nota con il nome di “giazera”, è stata frequentata in tempi storici per l’estrazione di ghiaccio da utilizzare nella catena produttiva della Fabbrica della Birra di Pedavena. Nel vicino altopiano di Erera-Piani Eterni (plateau calcareo), si rinviene un complesso sistema carsico, a sviluppo prevalentemente verticale fra i più interessante delle Dolomiti. Alcuni anni fa il gruppo speleologico di Feltre e Valdobbiadene iniziò una ricerca in profondità che ha permesso di mappare più di 200 cavità. La cavità più profonda (PE 10) è stata esplorata fino alla profondità di 966 metri dal piano campagna ma, si ritiene possibile il superamento dei 1000 metri dal piano campagna. Poco più distante ci sono quattro cavità connesse le une con le altre, che formano un altro sistema ipogeo molto vasto (area dei Piani Eterni: PE10-V35-PE25-PE3). SINTESI delle EMERGENZE STRUTTURALI: - l’area racchiude importanti strutture tettoniche legate all’orogenesi alpina (fase dinarica e valsuganese) di grande interesse. Vanta strutture collegate alla presenza della Linea di Belluno, alla vicina Linea della Valsugana e registra piegamenti connessi all’anticlinale Coppolo-Pelf, risultando una delle zone maggiormente tettonizzate dell’areale dolomitico. - l’area testimonia la presenza di importanti allineamenti tettonici giurassici legati all’evoluzione del margine della Piattaforma di Trento. Testi: Dolomiti Project Srl (www.dolomitiproject.it) Mappe: Dolomiti Project Srl (www.dolomitiproject.it) Foto: Emiliano Oddone (Dolomiti Project srl) e Luca De Bortoli (www.alpinia.eu) Ricostruzioni Paleoambientali: Elena Anna Manfrè Disegno colonna stratigrafica della Dolomia Principale: Alfonso Bosellini Contributi di Danilo Giordano