lu di conseguenza una componente etico-didascalica

Il Neoclassicismo. Uno stile fortemente etico
Il movimento artistico che meglio incarnò gli ideali dell'Illuminismo fu il Neoclassicismo. Esso si
sviluppò tra la seconda metà del Settecento e i primi decenni del secolo successivo ed ebbe una
diffusione immediata in tutta Europa, coinvolgendo ogni settore dell'arte, non ultime l'architettura e
l'urbanistica. La nuova estetica era strettamente connessa al rinnovato interesse per l'arte antica,
soprattutto quella greca e romana, e coincise con un profondo cambiamento del gusto comune che,
stanco dei virtuosismi e dei frivoli artifici del Rococò, si stava orientando verso una più naturale
semplicità. Ciò aveva anche un suo preciso : fondamento di natura sociale: la rivoluzionaria classe
borghese, progressista, razionalista e moderata, tendeva a rifiutare l'edonismo che aveva
caratterizzato le corti aristocratiche del vecchio regime. Per tale motivo lo stile neoclassico fu
incline alla severità e si espresse con un linguaggio sobrio, caratterizzato da un disegno chiaro e da
un'estrema sintesi formale, irradianti una forte energia spirituale.
In linea con il pensiero illuminista che si richiamava alla necessità di tornare all'originario “stato di
natura” auspicato da Rousseau, i neoclassici si ispiravano al mondo antico, considerato incorrotto,
trovandovi per questo esempi di moralità e virtù e di una civiltà perfetta. Prerogativa dell'indirizzo
estetico neoclassico fu di conseguenza una componente etico-didascalica, che lo rese lo stile più
appropriato a rappresentare gli ideali della Rivoluzione nelle sue diverse fasi: mentre la Roma
repubblicana fu il punto di riferimento degli anni della Rivoluzione, la Roma imperiale divenne il
modello del periodo napoleonico.
L'esperienza archeologica
A imprimere la spinta decisiva al nuovo orientamento classicista furono gli scavi archeologici, che
riportarono alla luce le città di Ercolano (1738) e di Pompei (1748), sepolte dall'eruzione del
Vesuvio del 79 d.C. I rinvenimenti diedero vita, verso la metà del secolo, a una serie di studi
sistematici e scientifici, che continuarono a far conoscere i monumenti greci e romani Con Johann
Joachim Winckelmann ebbero inizio la ricerca archeologica e lo studio delle antichità greche; con
(Giovan Battista Piranesi, che fu anche architetto, le antiche rovine di Roma, ritratte dal vero,
divennero un soggetto privilegiato. La diffusione delle sue vedute, oltre a estendere la conoscenza
dell'arte romana stimolò la curiosità dei viaggiatori. In questo periodo si intensificarono la moda del
"viaggio in Italia" da parte dei giovani aristocratici (e non solo) europei, cioè il Grand tour, e il
mercato del collezionismo antiquario. Statue, dipinti e oggetti classici venivano pagati dagli
estimatori somme notevoli, ma chi non poteva permettersi un originale, si accontentava di un
souvenir: una copia in gesso, un disegno o una stampa, un oggetto.
La nascita del museo
II culto dell'antico fece maturare la necessità di creare nuove istituzioni per una razionale tutela del
patrimonio artistico. Il museo fu tra le più importanti creature dell'Illuminismo. L'idea nacque a
Roma, culla dell'estetica neoclassica, grande museo archeologico all'aperto e patria di importanti
collezionisti, tra cui papi e cardinali. Nella prima metà del Settecento iniziò a farsi strada l'esigenza
di aprire al pubblico, a scopo educativo, le collezioni private un tempo visitabili solo su
concessione dei rispettivi proprietari. I musei nacquero spesso a fianco delle accademie, come
supporto allo studio delle giovani generazioni di artisti, e accolsero le molteplici opere provenienti
dalla soppressione degli ordini religiosi, dovuta soprattutto all'attività riformatrice dei sovrani
illuminati. La prima collezione "pubblica" fu il Museo Capitolino a Roma, inaugurato per volere del
papa Clemente XII nel 1734; più lardi, nel 1753, fu fondato a Londra il British Museum; nel 1769
Pietro Leopoldo, granduca di Toscana, aprì al pubblico la Galleria degli Uffizi, che ospitava la
raccolta dei Medici. Nel 1793, in piena Rivoluzione Francese, furono aperte le raccolte reali del
Louvre e fu inauguralo il nuovo Musée National: in questo caso, per la prima volta l’impegno
educativo competeva direttamente allo stato. Durante l’età napoleonica il Louvre divenne il luogo
della celebrazione dei fasti imperiali, poiché vi confluirono tutte le opere d’arte depredate da
Napoleone durante le sue imprese militari in Europa e in Egitto. Egli, per legittimare le
espropriazioni, aveva infatti escogitato la formula giuridica di includere i beni artistici tra le
clausole dei trattati di pace, qualificandoli come contributi di guerra. Con i trattati di Tolentino e
Campoformio (1797), in occasione della prima campagna d’Italia, la Chiesa e la Repubblica veneta
dovettero cedere ai francesi possedimenti territoriali e un gran numero di opere d’arte, solo in parte
recuperate dopo il Congresso di Vienna (1815). Nell’Ottocento, sull’esempio di Roma e Parigi, il
museo divenne l’espressione della cultura di una nazione.
Le Accademie e i Salons
Nella seconda metà del XVIII secolo iniziarono a sorgere in tutta Europa le accademie artistiche.
Le lezioni avevano programmi comuni, incentrate sulla pratica del disegno e sullo studio
dell’anatomia e della figura umana, dalla geometria e della prospettiva. Parallelamente, però, gli
studenti frequentavano in genere anche lo studio di un maestro.
Oltre alla formazione degli allievi, le accademie organizzavano esposizioni per presentare al
pubblico i risultati della loro attività. Importantissimi divennero i Salons di Parigi, le mostre
riservate agli allievi dell’Accademia reale. La prima si tenne nel ma solo 1667, ma solo dal 1725 fu
chiamato “Salon”, termine derivato dal luogo in cui venivano allestite le esposizioni: il Salon Carré
del Louvre. I Salons venivano finanziati dallo Stato e dal 1748 la selezione delle opere venne
affidata a una giuria di professori d’accademia. Le mostre erano espressione del gusto artistico
ufficiale ed erano strutturate secondo una rigida gerarchia dei generi: i quadri di storia erano i più
importanti, seguiti dai dipinti di genere, dai ritratti, dai paesaggi e infine dalle nature morte.