SEPIA OFFICINALIS La Sepia Officinalis è un cefalopode

SEPIA OFFICINALIS
La Sepia Officinalis è un cefalopode appartenente alla famiglia delle Sepiidae (seppie).
La seppia è il cefalopode più conosciuto in tutto il mondo; è stata studiata e per la prima
volta descritta con grande accuratezza da Aristotele (IV secolo a.C.).
Il colore è grigio-giallastro, solitamente zebrato.
Misura in totale dai 10 ai 25 cm, ma può raggiungere anche i 90.
L'esemplare libero vive generalmente uno o due anni.
La seppia comune è dotata di un corpo allungato che può raggiungere i 35 cm, con
mantello di forma triangolare circondato da due pinne ondeggianti che quasi si uniscono
sulla punta favorendo il movimento dell'animale.
Il resto del corpo è composto da otto piccoli tentacoli ricoperti di ventose, che
nascondono al centro un becco corneo simile a quello di un pappagallo, e due tentacoli
più lunghi che presentano le ventose solo all'apice e vengono estroflessi con uno scatto
velocissimo per catturare le prede (granchi, piccoli pesci, cefalopodi, talvolta altre
seppie), che lacera poi con il becco corneo.
La seppia ha occhi posti nelle cavità orbitali; gli organi visivi, a differenza della
maggior parte dei Molluschi, sono molto sviluppati e specializzati, con funzioni simili a
quelle dei vertebrati.
Nella parte superiore del corpo, in una tasca dentro il mantello, è presente la conchiglia
del mollusco nota volgarmente come "osso di seppia" bianco, ovale e calcareo, con linee
parallele tra loro (dette linee di crescita); l'osso serve come galleggiante in virtù delle
innumerevoli bollicine di gas intrappolate nel tessuto poroso.
Nel mantello l'animale può riempirsi e svuotarsi d'acqua e di gas a proprio piacimento in
maniera tale da cambiare livello di profondità rispettivamente scendendo e salendo.
Viene generalmente predata da delfini, squali, grandi pesci, foche e altre seppie.
La seppia è un animale piuttosto solitario, e non ama la presenza dei suoi simili;
trascorre molto tempo nascosta sotto la sabbia. La seppia “insabbiata” osserva sempre
ciò che la circonda per scovare un possibile nemico oppure per sorprendere qualche
preda.
Vive sui fondali sabbiosi o nelle praterie di Posidonia oceanica sino ai 100 m di
profondità.
La seppia si sposta nelle distese marine con due modalità differenti, grazie alla pinna o
riempiendosi d’acqua: apposite valvole si chiudono dopo l’ingresso impedendone il
reflusso e l’acqua viene espulsa attraverso le contrazioni del mantello. Millenni prima
che gli uomini scoprissero le propulsioni jet i cefalopodi solcavano i mari primordiali!
La seppia è un animale piuttosto indipendente, trascorre molte ore nel fondale sabbioso e
spesso si lascia trasportare dalla corrente mantenendosi in equilibrio, grazie ad un
lievissimo ondeggiare della pinna.
Spesso si lascia trasportare dalla corrente.
La dieta è composta da crostacei come granchi di cui è ghiotta, piccoli pesci e cefalopodi,
tra cui anche suoi simili.
Quando è in pericolo la seppia emana una nuvola d'inchiostro nero dal sifone (posto
sotto gli occhi e avente anche funzione respiratoria) per confondere il predatore e darsi
così alla fuga: si crea uno schermo che confonde l’avversario e consente alla seppia di
scappare indisturbata, virtualmente invisibile.
L'inchiostro di questo cefalopode contiene diverse sostanze chimiche in differenti
concentrazioni, anche a seconda della specie; è composto principalmente da
melanina, pigmento bruno, e per il 20% circa da composti sulfurei, magnesio e calcio
(carbonato di Ca e Mg, solfato di Na).
Può contenere anche, tra le altre cose, tirosinasi, dopamina e L-DOPA, e piccole
quantità di amminoacidi, tra i quali taurina, acido aspartico, acido glutammico, alanina e
lisina.
Un’altra tattica di fuga consiste nel viraggio di colore e della consistenza del mantello,
contenente pigmenti di colore rosso, giallo, arancione e nero collegati a muscoli capaci
di variare rapidamente l’estensione delle macchie.
Questa capacità è una caratteristica propria di tutti i cefalopodi più evoluti, sia per fini
emotivi, sia per fini predatoriali e difensivi.
Le capacità mimetiche della seppia sono dovute a delle cellule pigmentate (dette
cromatofori) presenti nell’epidermide di vari colori (nero, giallo, rosso e arancione). A
livello dei cromatofori sono inserite delle fasce muscolari che li fanno contrarre ed
espandere, facendo variare le dimensioni delle macchie.
Nella stagione riproduttiva, primavera ed autunno, la seppia compie delle migrazioni.
Nel Mediterraneo nei mesi primaverili si avvicina alla costa per deporre le uova in
anfratti subacquei.
Il maschio si orna con pigmenti vivaci per attirare la femmina: compaiono sul corpo
delle linee rosso fuoco ed il “braccio”, tentacolo modificato per la riproduzione, viene
aperto, così da comunicare la sua disponibilità all’accoppiamento.
La femmina comunica la sua disponibilità mantenendo un colore del tutto neutro.
Durante la riproduzione, se il maschio della seppia viene rifiutato o allontanato da altri
maschi dominanti, esso tende ad accoppiarsi comunque assumendo la stessa colorazione
della femmina, avvicinando quindi le stesse femmine senza destare sospetti nei maschi
dominanti per fecondarle a sorpresa.
L’accoppiamento avviene tramite l’unione del tentacolo maschile e femminile.
In tale stagione i pescatori pongono in mare delle nasse nelle quali le femmine entrano
per deporre le uova seguite dai maschi e così vengono catturate.
Una volta che le uova sono state fecondate (da cento a milioni) vengono deposte in
prossimità delle coste e si schiudono dopo circa 1 o 3 mesi, a seconda della temperatura
dell’acqua.
Già ai tempi di Ippocrate veniva considerata curativa: il suo brodo veniva consigliato
per problemi ginecologici.
Anche in tempi successivi venivano utilizzate tutte le parti; carne, uova e osso per curare
leucorrea, gonorrea, calcolosi, alopecia, efelidi, herpes.
Hahnemann arrivò alla sperimentazione del rimedio dopo aver notato una serie di
sintomi presentati da un amico pittore che aveva l’abitudine di umettare il pennello con
la bocca, scomparsi dopo aver interrotto tale pratica.
La TM utilizzata per la preparazione del rimedio omeopatico è ricavata dall’inchiostro
essiccato.
Il simbolo della seppia si ritrova sulla Tavoletta di Narmer, uno dei primi esempi di
scrittura geroglifica egiziana, e risalente al 3100 a.C.; insieme agli altri elementi
simbolici che la compongono ci parla di Principi Eterni presenti in molte tradizioni
Alchimiste: i simboli della seppia, o “nar” e dello scalpello, o “mer”, trovandosi tra due
buoi, le forze di Ob e di Od, vengono a costituirsi nel Mercurio (Acqua) e nello Zolfo
(Fuoco), elementi fondamentali della Grande Opera.
"Ossi di Seppia" è il titolo di una raccolta di poesie di Eugenio Montale. Il titolo allude
infatti allo scheletro dell'animale marino che dopo la morte galleggia sulle onde ed è
trascinato a riva tra gli scarti delle profondità acquatiche, come "inutile maceria".
Simbolo della maturità (profondità; orizzonte lontano e indefinibile), il mare rigetta
spolpato di senso colui (l'adolescente) che esso ha assorbito nella sua fascinazione.
L’inchiostro è stato storicamente utilizzato come pigmento.
Oggi il nero di seppia, un tempo utilizzato come pigmento, è per lo più usato in cucina.
Si usa come condimento utilizzato per i primi piatti a base di pasta, in particolare nella
cucina siciliana, ma è conosciuto anche in altre parti d'Italia (per esempio in Toscana,
con il risotto al nero di seppia) e anche in Catalogna (arròs negre).