fisica-1 - IT Galilei Canicattì

Book in
progress
Scienze Integrate - Fisica
primo anno
PRESENTAZIONE
Agli alunni
Il book di Fisica è stato realizzato da insegnanti di alcune scuole appartenenti alla rete nazionale del “Book in Progress”.
Il book è stato realizzato in modo semplice, usando un lessico usuale, quello del docente durante le sue lezioni quotidiane.
La parte teorica è accompagnata da immagini, tabelle, grafici ed esercizi, al fine di renderne più semplice la
comprensione.
All’inizio del book sono stati riportati alcuni “Test d’ingresso”, utili all’insegnante per accertare il livello di conoscenze di
base degli alunni, con particolare attenzione alle nozioni di matematica.
Nello spirito del “progress” questo book, che rappresenta la prima stesura per Fisica, sarà successivamente integrato
con esperienze di laboratorio e quant’altro utile a migliorarlo.
Buon lavoro.
1
Scienze Integrate/Fisica - primo anno
Questo book è stato realizzato da:
prof. Antonio Ciavarella
prof. Armando Caponi
prof. Giacomo Gamba
2
Coordinatore del Dipartimento di Fisica
I.I.S.S. “P.Giannone” - S.Marco in Lamis (FG)
I.T.I.S. “A. Volta” - Frosinone
I.I.S. “Volterra-Elia” - Ancona
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Scienze Integrate/Fisica - primo anno
TEST D'INGRESSO
Viene qui proposto un test d’ingresso costituito da:
• domande a risposta aperta;
• domande a risposta multipla;
• domande a risposta incrociata (associazioni);
• facili calcoli matematici;
al fine di:
• verificare la conoscenza delle nozioni scientifiche di base;
• verificare il livello generale di partenza degli allievi;
• verificare il grado di padronanza del linguaggio scientifico.
1. A QUANTI Kg CORRISPONDONO 105 g?
A) 10
B) 100
C) 1.000
2. COME VA ESPRESSA IN NOTAZIONE SCIENTIFICA LA MISURA 0,00108 m?
B) 1,08 X 10-2m
C) 1,08 X 10-3 m
A) 10,8 X 10-3 m
3. “UNA GRANDEZZA, SOMMATA AL NUMERO 2, È EGUALE AL CUBO DI UN’ALTRA GRANDEZZA DIMINUITO
DI 3”. QUALE FORMULA MATEMATICA TRADUCE LA PRECEDENTE PROPOSIZIONE?
B) Y + 2 = X3 - 3
C) Y - 2 = X3 - 3
A) Y = X3 - 3
4. ESPRIMI LE SEGUENTI FRAZIONI IN POTENZE DI 10.
A)
14
=
B) 2.6
=
10.000
1.000
C)
32.5
100
=
D)
7
10
=
5. QUALI STRUMENTI UTILIZZERESTI PER DETERMINARE RISPETTIVAMENTE LA TEMPERATURA E LA
PRESSIONE?
1) OROLOGIO E REGOLO
2) TERMOMETRO E OROLOGIO
3) REGOLO E TERMOMETRO
4) TERMOMETRO E BAROMETRO
5) BAROMETRO E OROLOGIO
6. FRA LE SEGUENTI SOSTANZE QUALI RITIENI SIA UN ELEMENTO?
A) ACQUA
B) FERRO
C) VINO
D) METANO
7. ASSOCIA CORRETTAMENTE I VALORI A SINISTRA CON QUELLI A DESTRA:
A) 60 sec
1) 3,6 I
B) 2 h
2) 1 min
C) 1,2 I
3) 7200 sec
D) 300 mg
4) 1200 cm3
3
E) 3600 cm
5) 0,3 g
8. ESEGUI LA SEGUENTE ADDIZIONE
9,09 g + 0,7631g + 5000,112 g + 610,70 g =
9. QUALI DELLE SEGUENTI AFFERMAZIONI HANNO CARATTERE QUANTITATIVO?
A) IL SOLE E' GIA' ALTO ALL'ORIZZONTE
B) LA MIA AUTOMOBILE E' PIU' VELOCE DELLA TUA
C) L'ARCO HA SCAGLIATO LA FRECCIA A 30 m DI DISTANZA
D) PER TENDERE L'ARCO CI VUOLE MOLTA FORZA
E) IL SEGMENTO AB E' 4,3 VOLTE PIU' LUNGO DEL SEGMENTO CD
3
Scienze Integrate/Fisica - primo anno
10. FRA LE SEGUENTI GRANDEZZE QUALI SONO QUELLE FISICHE?
A) LA FORZA
F) L'ODORE
B) LA PRESSIONE
G) LA TEMPERATURA
C) LA LEGGEREZZA
H) IL TEMPO
D) IL COLORE
I) L'INTELLIGENZA
E) LA DISTANZA.
11. IN FISICA UN FENOMENO E':
A) UN AVVENIMENTO OCCASIONALE
B) UN “ESSERE” CON DOTI FISICHE ECCEZIONALI
C) UN EVENTO CATASTROFICO
D) UN FATTO CHE SUCCEDE E CHE PUO’ESSERE OSSERVATO E STUDIATO.
12. CHE COSA SIGNIFICA SPERIMENTARE? FAI UN ESEMPIO DI ESPERIMENTO.
13. QUANDO SI FA UN ESPERIMENTO, SI RIPRODUCE FEDELMENTE UN FENOMENO NATURALE, OPPURE
SI CREA UN MODELLO SUL QUALE SI POSSA LAVORARE PIU' FACILMENTE?
14. SI PUO’ MISURARE:
A) IL COLORE DEGLI OCCHI?
B) LA BELLEZZA DI UNA PERSONA?
C) L'ABILITA' DI UN GIOCATORE DI CALCIO?
D) LA CORRENTE ELETTRICA?
SI
SI
SI
SI
NO
NO
NO
NO
15. SI PUO’ MISURARE:
A) L’ALTEZZA DI UNA PERSONA?
B) IL PESO DI UN LIBRO?
C) IL TEMPO IMPIEGATO PER ANDARE A SCUOLA?
D) LA VELOCITA' DI UNA AUTOMOBILE?
SI
SI
SI
SI
NO
NO
NO
NO
16. CONOSCI QUALCHE STRUMENTO DI MISURA? QUALE?
4
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Scienze Integrate/Fisica - primo anno
17. SI POSSONO EFFETTUARE MISURAZIONI SENZA COMMETTERE ERRORI?
18. ASSOCIA AD OGNI NUMERO LA LETTERA CORRISPONDENTE:
1) RIGHELLO
A) TEMPO
2) OROLOGIO
B) PRESSIONE ATMOSFERICA
3) BILANCIA
C) INTENSITA' DI CORRENTE ELETTRICA'
4) CILINDRO GRADUATO
D) VELOCITA'
5) TERMOMETRO
E) LUNGHEZZA
6) BAROMETRO
F) VOLUME
7) AMPEROMETRO
G) TEMPERATURA
8) IGROMETRO
H) MASSA
9) TACHIMETRO
I) UMIDITA' DELL'ARIA
19. COME SI CALCOLA LA MEDIA ARITMETICA DI PIU' VALORI?
20. PERCHE’ IN MONTAGNA SI “USANO” I TORNANTI ANZICHE’ STRADE IN LINEA RETTA?
21. TRA DUE AUTOMOBILI E’ PIU' VELOCE QUELLA CHE:
A) PERCORRE PIU’ STRADA IN UNO STESSO INTERVALLO DI TEMPO:
VERO
FALSO
B) IMPIEGA MENO TEMPO PER PERCORRERE LASTESSA DISTANZA:
VERO
FALSO
22. NEL MOTO DI UN VEICOLO, VELOCITA' E TEMPO IMPIEGATO SONO GRANDEZZE:
A) DIRETTAMENTE PROPORZIONALI
B) INVERSAMENTE PROPORZIONALI
23. E' PIU' COMPRESSIBILE:
A) L'ACQUA
B) L'ARIA
24. IL MOTO DI CADUTA DEI CORPI AVVIENE
A) A VELOCITA’ COSTANTE
B) CON ACCELERAZIONE COSTANTE
SI
SI
NO
NO
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Scienze Integrate/Fisica - primo anno
25. E’ PIU’ VELOCE IL SUONO O LA LUCE?
26. LA LUCE BIANCA E' COSTITUITA DA:
A) UN SOLO COLORE
B) TRE COLORI
C) SEI COLORI
D) SETTE COLORI
27. ASSOCIA AD OGNI NUMERO LA LETTERA CORRISPONDENTE
1. LEGNA
A) TERMOMETRO
2. OSSIGENO
B) COMBUSTIBILE
3. TEMPERATURA
C) COMBURENTE
28. SE METTI A CONTATTO UN CORPO CALDO CON UNO FREDDO, COSA SUCCEDE?
A) IL CORPO CALDO SI RISCALDA
B) IL CORPO FREDDO SI RISCALDA
C) IL CORPO CALDO SI RAFFREDDA
D) IL CORPO FREDDO SI RAFFREDDA
29. COME FA IL SOLE A RISCALDARE LA TERRA DA TANTO LONTANO?
30. SE “TOGLIAMO” L’ARIA:
A) IL SUONO SI SENTE LO STESSO
B) LA LUCE SI VEDE LO STESSO
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VERO
VERO
FALSO
FALSO
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1. LA FISICA
IL METODO SPERIMENTALE
da http://it.wikipedia.org/wiki/File:CollageFisica.jpg
I fenomeni naturali costituiscono l'oggetto di studio della Fisica.
Dall'alto a sinistra in senso orario:
1) La rifrazione della luce attraverso le gocce d'acqua produce un arcobaleno, un fenomeno studiato dall'ottica;
2) Un'applicazione: il laser;
3) Mongolfiere che sfruttano la forza di Archimede per volare;
4) Una trottola, un sistema oggetto di studio della meccanica classica;
5) L'effetto di un urto anelastico;
6) Orbitali dell'atomo di idrogeno, spiegabili con la meccanica quantistica;
7) L'esplosione di una bomba atomica;
8) Un fulmine, un fenomeno elettrico;
9) Galassie fotografate con il Telescopio spaziale Hubble.
1.1 INTRODUZIONE ALLA FISICA
Cos’è la Fisica
La fisica è una disciplina scientifica che studia i fenomeni che avvengono in natura.
A tal proposito distinguiamo:
• Fenomeni fisici: quelli che avvengono senza trasformazione di materia (es.: movimento dei corpi, trasmissione
del calore, fenomeni ondulatori come suono e luce, ecc.)
• Fenomeni chimici: quelli che avvengono con trasformazione di materia (es.: ossidazione, combustione, ecc.).
ATTENZIONE!
Quando l’acqua bolle e diventa vapore, che fenomeno è, fisico o chimico?
Bene, molti di voi penseranno che sia un fenomeno chimico, intendendolo come “trasformazione di materia”, invece è
un fenomeno fisico!
Infatti l’acqua, passando dallo stato liquido allo stato aeriforme, non cambia la sua materia, ma rimane sempre acqua;
in formula chimica era H2O e rimane H2O, cioè la sua “molecola”, formata da due atomi di idrogeno ed uno di ossigeno,
non cambia e quindi non cambia la struttura della sua sostanza.
In definitiva possiamo affermare che i fenomeni di cambiamenti di stati di aggregazione (fusione, solidificazione,
vaporizzazione, ecc.) sono tutti fenomeni fisici.
Di contro, quando bruciamo un corpo (carta, legno, ecc.) si ha una vera e propria trasformazione della materia, infatti la
sostanza iniziale è soggetta ad una “reazione chimica”, chiamata reazione di combustione, e diventa cenere: questo è
un fenomeno chimico, come tutti quelli in cui avvengono reazioni chimiche.
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A titolo prettamente informativo, dovete sapere che una reazione chimica è un processo in cui alcune sostanze iniziali
(reagenti), dopo la reazione, danno origine a sostanze diverse (prodotti).
Chiaramente anche questi fenomeni sono regolati da “leggi”, ma non rientra nel nostro compito parlarne.
da:
http://it.wikipedia.org/wiki/File:Kochendes_wasser02.jpg
da http://it.wikipedia.org
L'ebollizione è un fenomeno fisico in cui l’acqua
passa dallo stato liquido allo stato di vapore
(senza cambiare materia).
La combustione è un fenomeno chimico in cui
la legna diventa carbone e cenere (cambiamento
di materia)
Cosa studia la Fisica
La Fisica si divide in sei parti:
1) MECCANICA
- Statica
- Cinematica
- Dinamica
}
Equilibrio dei corpi
Movimento dei corpi
2) TERMOLOGIA
3) ELETTROMAGNETISMO
4) OTTICA
5) ACUSTICA
6) FISICA ATOMICA
1. La Meccanica studia l’equilibrio ed il movimento dei corpi. Si divide in:
• Statica, che studia l’equilibrio dei corpi;
• Cinematica e Dinamica, che studiano il movimento dei corpi con la differenza che la Cinematica si occupa del
movimento dei corpi solo dal punto di vista descrittivo mentre la Dinamica si occupa del loro movimento in
relazione alle cause (le forze) che lo determinano o lo modificano.
2. La Termologia studia il calore, la temperatura ed i fenomeni a loro connessi.
3. L’Elettromagnetismo studia i fenomeni elettrici, magnetici ed elettromagnetici.
4. L’Ottica studia la luce ed i fenomeni luminosi.
5. L’Acustica studia il suono ed i fenomeni sonori.
6. La Fisica Atomica studia le parti più piccole della materia ed i fenomeni connessi.
Come possiamo vedere la Fisica si occupa proprio di tutti i fenomeni naturali, nessuno escluso.
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Qual è lo scopo della Fisica
Lo scopo della Fisica è quello di studiare i fenomeni naturali al fine di associare ad ognuno di essi una legge.
La “legge” fisica non è certo quella degli avvocati nei tribunali, ma è una “relazione tra grandezze fisiche”; che vedremo
meglio più avanti. Per adesso è importante capire il “nesso” tra un fenomeno e la sua legge.
Conoscere la legge che regola un fenomeno fisico è importantissimo.
Infatti, in generale, grazie alle leggi possiamo “prevedere e controllare” i fenomeni, in particolare:
1) la meccanica ci permette di progettare mezzi di trasporto e descrivere i moti dei corpi;
2) la termologia ci dà le leggi necessarie per progettare impianti per la produzione del calore;
3) l’elettromagnetismo ci permette, con le sue leggi, di progettare impianti e controllare circuiti elettrici;
4) l’ottica, con lo studio delle proprietà della luce (riflessione, rifrazione, ecc.), ci permette di progettare strumenti
come lenti, macchine fotografiche, ecc.
5) l’acustica, studiando i fenomeni del suono, ci aiuta a progettare strumenti musicali ed ambienti idonei alla
trasmissione del suono (teatri, discoteche, ecc.);
6) la fisica atomica ci aiuta a capire la struttura più piccola della materia e, studiandone i fenomeni connessi
(radioattività, ecc.), ci permette di sfruttare le sue capacità (nanotecnologie, ecc.).
Come si arriva a formulare una legge, studiandone il relativo fenomeno? Questo è il concetto basilare per capire
veramente lo scopo della fisica.
Al fine di stabilire principi e leggi che “governano” le relazioni tra le grandezze fisiche, si applica il “metodo sperimentale”,
o “metodo scientifico”, di cui parleremo nel prossimo paragrafo.
1.2 IL METODO SPERIMENTALE
Galileo Galilei
(Pisa, 15 febbraio1564 - Arcetri, 8 gennaio1642) è stato un fisico, filosofo, astronomo e matematico italiano, padre della scienza moderna.
da http://it.wikipedia.org/wiki/File:Galileo.arp.300pix.jpg
Il metodo sperimentale fu introdotto da Galileo Galilei (1564-1642).
Esso costituì, all’epoca, una vera e propria innovazione e rivoluzione nel campo scientifico; infatti da 2000 anni circa
vigeva il metodo di Aristotele, filosofo e scienziato greco del IV secolo a.C., basato su “intuizioni e deduzioni”, aspetti
puramente teorici che seguivano “ragionamenti logici”.
Galilei, invece, fondò il proprio metodo sui due aspetti innovativi e pratici che furono “misurazione e sperimentazione”,
tanto che fu chiamato “il padre della fisica moderna”. Si è passati, quindi, da un metodo puramente “teorico” ad un
metodo prettamente “pratico”. Come detto, lo scopo del metodo sperimentale è quello di studiare i fenomeni fisici al
fine di associare ad ognuno di essi una legge.
Il metodo sperimentale si compone di sei fasi:
- osservazione: che consiste nell’osservare il fenomeno, a raccogliere, cioè, dati e informazioni relativi ad esso;
- individuazione delle grandezze: che consiste nell’individuare le grandezze fisiche che partecipano al fenomeno
e che dovranno essere poi oggetto di misurazione, facendo attenzione a scartare quelle ininfluenti (es. durante la
caduta di un corpo, in assenza di aria, sono grandezze ininfluenti la forma, il volume ed anche il peso del corpo);
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esperienza in classe con foglietti di carta e libro:
- far cadere due foglietti di carta uguali aperti ..…: cadono alla stessa maniera (convinzione degli alunni: ..… perché
hanno lo stesso peso!);
- raggrinzire uno dei due foglietti e farli ricadere ..…: quello raggrinzito cade più velocemente, anche a parità di peso!
(gli alunni cominciano ad avere dei dubbi);
- far cadere un foglietto di carta ed un libro ..…: il libro cade più velocemente (ritorna per alcuni la convinzione che è
una questione di peso);
- posizionare il foglietto sul libro e farli ricadere ..…: il foglietto rimane attaccato al libro e cadono insieme (è una riprova
che non è una questione di peso);
In effetti si è dimostrato che ad influire sulla caduta degli oggetti è l’aria; infatti, se togliessimo l’aria, tutti gli oggetti cadrebbero
alla stessa maniera (esperienza del “tubo di Newton” nel quale, in assenza d’aria, una piuma e una sferetta di metallo
impiegano uguale tempo a cadere da una medesima altezza”).
Un ulteriore esempio è costituito dal lancio di un paracadutista che con il paracadute chiuso scende velocemente, mentre
con il paracadute aperto va più lentamente, proprio per la resistenza dell’aria (facente parte, insieme agli attriti, di quella
famiglia di forze denominate “resistenze passive”), anche a parità di peso globale (paracadutista + paracadute).
-
-
-
-
esperienza: che consiste nell’andare in laboratorio, costruire un modello che riproduce fedelmente il fenomeno,
ripetere più volte l’esperimento e riportare tutti i dati ottenuti su una tabella, facendo attenzione ad eliminare le
cause che possono perturbare il fenomeno (es. l’aria nella caduta dei corpi, altrimenti non si avrebbe una legge
di validità generale ma una legge per ogni caso a se);
ipotesi: che consiste nell’osservare attentamente i dati riportati sulla tabella e formulare un’ipotesi di relazione tra
le grandezze (es. tra spazi percorsi e tempi impiegati, nella caduta di un corpo, che relazione c’è?), con una prima
bozza di legge (formula);
verifica: che consiste, appunto, nel verificare se l’ipotesi appena formulata è esatta. A tal fine si attribuiscono
valori a piacere ad una grandezza e si ricavano, mediante la formula ipotizzata, i corrispondenti valori dell’altra
grandezza, quindi si verifica sperimentalmente tale corrispondenza. Se ciò avviene, l’ipotesi diventa legge,
altrimenti bisogna riformulare un’altra ipotesi;
inquadramento: che consiste nell’inquadrare la legge appena formulata in una teoria più ampia.
OSSERVAZIONE
INDIVIDUAZIONE DELLE
GRANDEZZE
L
Se l’ipotesi
non risulta
ESPERIENZA
verificata
si riparte
FORMULAZIONE DI
UN’IPOTESI
con una nuova
ipotesi
INQUADRAMENTO IN UNA
TEORIA
10
o dall’esperienza
L
VERIFICA SPERIMENTALE
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2. GRANDEZZE FISICHE E MISURAZIONI
Clessidra
Regolo
http://it.wikipedia.org/wiki/File:Wooden_hourglass_3.jpg
http://it.wikipedia.org/wiki/File:Steel_ruler_closeup.jpg
Sestante
Barometro
http://it.wikipedia.org/wiki/File:Experienced_sextant.jpg
http://it.wikipedia.org/wiki/File:SGI_barometro_olosferico_altimetrico.jpg
2.1 CONCETTO DI GRANDEZZA FISICA E DI MISURA
Mentre in Matematica si ha a che fare, in genere, direttamente con i “numeri”, in Fisica si ha a che fare con le “grandezze
fisiche” e i numeri si ottengono principalmente tramite processi di misurazione.
Ma cos’è una grandezza fisica?
Si definisce grandezza fisica tutto ciò che si può misurare, cioè tutto ciò a cui si può associare un valore numerico
oggettivo.
Es.: la lunghezza, la massa, la velocità, ecc. sono grandezze fisiche, perché possono essere misurate.
Es.: il colore, l’intelligenza, la bellezza, ecc. non sono grandezze fisiche, perché non possono essere misurate.
Per misurare una grandezza fisica sono necessari:
- uno strumento di misura;
- una unità di misura.
Es.: per misurare la massa di un corpo occorre uno strumento (la bilancia) ed un’unità di misura (il chilogrammo); così,
per misurare un intervallo di tempo, occorre un orologio (strumento) ed il secondo (unità di misura), ecc.
La Bilancia
http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Balance_%C3%A0_tabac_1850.JPG
Il cilindro di platino-iridio
utilizzato come campione del chilogrammo
http://mashpedia.it/Chilogrammo
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In realtà, per definire se “una proprietà” è una grandezza fisica o meno, basta avere uno strumento per poterla misurare
ed un’unità di misura per poterla quantificare; se non ci sono questi elementi, non possiamo identificarla come grandezza
fisica (non ci sono, per esempio, strumenti per misurare la bellezza o l’intelligenza di una persona con una quantità
oggettiva ed univoca, quindi queste “proprietà” non sono grandezze fisiche).
Ci sono due tipi di grandezze fisiche:
- grandezze fondamentali: sono quelle che non hanno bisogno di altre grandezze per essere definite (es. il tempo,
la massa, ecc);
- grandezze derivate: sono quelle che vengono definite mediante altre grandezze, cioè che “derivano” da altre
grandezze (es. la velocità, che viene definita come rapporto tra spazio percorso e tempo impiegato a
percorrerlo, deriva dalle due grandezze fisiche lunghezza e tempo).
Si definisce unità di misura quella grandezza omogenea (o omologa) a quella da misurare (cioè dello stesso tipo) e
scelta come campione; es. per la grandezza fisica “lunghezza” bisogna scegliere una “lunghezza campione” che faccia
da “unità” per le misure di tutte le lunghezze: in questo caso è stata scelta la lunghezza pari ad 1 metro.
Pertanto quando diciamo, per esempio, 5 metri, intendiamo dire 5 volte la quantità di lunghezza prestabilita (il metro).
La barra di platino-iridio,
utilizzata come campione del metro dal 1889 al 1960
http://it.wikipedia.org/wiki/File%3APlatinum-Iridium_meter_bar.jpg
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Chiaramente ogni unità di misura ha anche i suoi multipli e sottomultipli, preceduti da prefissi, come da tabella che segue:
Prefisso
Simbolo
Corrispondenza
Nome
Equivalente decimale
yotta
Y
1024
Quadrilione
1 000 000 000 000 000 000 000 000
zetta
Z
1021
Triliardo
1 000 000 000 000 000 000 000
exa
E
1018
Trilione
1 000 000 000 000 000 000
peta
P
1015
Biliardo
1 000 000 000 000 000
tera
T
1012
Bilione
1 000 000 000 000
giga
G
109
Miliardo
1 000 000 000
mega
M
106
Milione
1 000 000
chilo (o Kilo)
K
103
Mille
1 000
etto
h
102
Cento
100
deca
da
101
Dieci
10
deci
d
10-1
Decimo
0,1
centi
c
10-2
Centesimo
0,01
milli
m
10-3
Millesimo
0,001
micro
µ
10-6
Milionesimo
0,000 001
nano
n
10-9
Miliardesimo
0,000 000 001
pico
p
10-12
Bilionesimo
0,000 000 000 001
femto
f
10-15
Biliardesimo
0,000 000 000 000 001
atto
a
10-18
Trilionesimo
0,000 000 000 000 000 001
zepto
z
10-21
Triliardesimo
0,000 000 000 000 000 000 001
yocto
y
10-24
Quadrilionesimo
0,000 000 000 000 000 000 000 001
Si definisce misurazione l’operazione di confronto tra la grandezza da misurare e la sua unità di misura, cioè l’uso dello
strumento al fine di quantificare la grandezza in esame.
Si definisce misura di una grandezza il rapporto tra la grandezza considerata e la sua unità di misura; in altre parole
rappresenta il numero di volte in cui l’unità di misura è contenuta in essa.
Calibro digitale
per la misura di parti meccaniche
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2.2 SISTEMI DI MISURA
Un insieme di grandezze fondamentali e relative unità di misura costituiscono un “sistema di misura”.
Nel corso degli anni, in Fisica, sono stati adottati diversi sistemi di misura.
Il primo sistema nacque nel 1889 con la 1ª CGPM (Conferenza Generale di Pesi e Misure); allora si chiamava "Sistema
MKS" perché comprendeva solo le unità di misura delle tre grandezze fondamentali: lunghezza (Metro), massa
(Chilogrammo) e tempo (Secondo).
Nel 1935 ci fu il sistema proposto dal fisico italiano Giovanni Giorgi che comprendeva quattro grandezze (lunghezza,
massa, tempo, resistenza elettrica), noto anche come “Sistema MKSΩ”, ed adottato dalla Commissione Elettrotecnica
Internazionale: fu introdotto l'ohm, la quarta unità fondamentale per la misura della resistenza elettrica, il cui simbolo è
la lettera greca Ω (omega).
Nel 1946, su proposta dello stesso Giorgi, la CGPM approvò l'entrata dell'ampere come unità di misura fondamentale
della corrente elettrica, in sostituzione della resistenza elettrica: nacque così il "Sistema MKSA", dalle iniziali delle sue
unità di misura (M per metro, Kg per chilogrammo, S per secondo ed A per ampere), anche chiamato "Sistema Giorgi"
in onore del fisico italiano.
Nel 1954, la 10ª CGPM aggiunse il kelvin e la candela come unità di misura fondamentali rispettivamente della
temperatura assoluta e della intensità luminosa.
Nel 1961, la 11ª CGPM sancisce la nascita del Sistema internazionale (S.I.), in seguito definito nel 1971 dalla 14ª
CGPM, che aggiunse la mole fra le unità fondamentali di questo sistema per la grandezza quantità di materia.
Oggi, quindi, il S.I. è basato su sette grandezze fisiche fondamentali (con le rispettive unità di misura), con le quali
vengono definite le grandezze fisiche derivate (e rispettive unità di misura). Il S.I., inoltre, definisce una sequenza di prefissi
da premettere alle unità di misura per identificare i loro multipli e sottomultipli, come indicato nella tabella precedente.
SISTEMA INTERNAZIONALE
14
GRANDEZZE
UNITÀ di MISURA
SIMBOLI
Lunghezza
metro
m
Massa
chilogrammo
kg
Tempo
secondo
s
Intensità di corrente
ampere
A
Intensità luminosa
candela
cd
Temperatura assoluta
grado Kelvin
°K
Quantità di sostanza
mole
mol
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Tabella di alcune unità di misura derivate
Simbolo
della
grandezza
fisica
Grandezza fisica
Nome
dell'unità
SI
Simbolo
dell'unità
SI
Equivalenza in termini di
unità fondamentali SI
Nomi e simboli speciali
frequenza
f, v
hertz
Hz
s-1
forza
F
newton
N
kg • m • s-2
pressione
sollecitazione
pressione di vapore
p
pascal
Pa
N • m-2 = kg • m-1 • s-2
energia, lavoro, calore
E, Q
joule
J
N • m = kg • m2 • s-2
potenza, flusso, radiante
P, W
watt
W
J • s-1 = kg • m2 • s-3
carica elettrica
q
coulomb
C
A•s
potenziale elettrico
forza elettromotrice
tensione elettrica
V, E
volt
V
J • C-1 = m2 • kg • s-3 • A-1
resistenza elettrica
R
ohm
Ω
V • A-1 = m2 • kg • s-3 • A-2
conduttanza elettrica
G
siemens
S
kg • m • s-2 = s3 • A2 • m-2 • kg-1
capacità elettrica
C
farad
F
C • V-1 = s4 · A2 • m-2 • kg-1
densità flusso magnetico
B
tesla
T
V • s • m-2 = kg • s-2 • A-1
flusso magnetico
Ф(B)
weber
Wb
V • s = m-2 · kg • s-2 • A-1
induttanza
L
henry
H
V • s • A-1 = m2 • kg • s-2 • A-2
temperatura
T
grado Celsius
°C
K
angolo piano
φ, Ɵ
radiante
rad
1 = m • m-1
angolo solido
Ω
steradiante
sr
1 = m2 • m-2
flusso luminoso
lumen
lm
cd • sr
illuminamento
lux
lx
cd • sr • m-2
rifrazione
D
diottria
D
m-1
attività di un radionuclide
A
becquerel
Bq
s-1
Katal
Kat
mol • s-1
attività catalitica
15
Scienze Integrate/Fisica - primo anno
Altre grandezze fisiche
area
A
metro quadro
m2
m2
volume
V
metro cubo
m3
m3
velocità
v
metro al secondo
m/s
m • s-1
velocità angolare
ω
s-1
rad • s-1
accelerazione
a
m • s-2
momento torcente
densità
N • m = m2 • kg • s-2
p
Kg/m3
volume specifico
m3 • kg-1
molarità SI
mol • dm-3
volume molare
Vm
m3 • mol-1
capacità termica, entropia
C, S
J • K-1 = m2 • kg • s-2 • K-1
calore molare,
entropia molare
Cm, Sm
J • K-1 • mol-1 = m2 • kg • s-2 K-1 •
mol-1
calore specifico,
entropia specifica
c, s
J • K-1 • kg-1 = m2 • s-2 • K-1
energia molare
Em
J • mol-1 = m2 • kg • s-2 • mol-1
energia specifica
e
J • Kg-1 = m2 • s-2
densità di energia
U
J • m-3 = m-1 • kg • s-2
tensione superficiale
σ
N • m-1 = J • m-2 = kg • s-2
densità di flusso calorico,
irradianza
σ
W • m-2 = kg • s-3
conduttività termica
W • m-1 • K-1 = m • kg • s-3 • K-1
viscosità cinematica,
coefficiente di diffusione
ɳ
m2 • s-1
viscosità dinamica
ρ
N • s • m-2 = Pa • s = m-1 • kg • s-1
densità di carica elettrica
16
chilogrammo al
metro cubo
C • m-3 = m-3 • s • A
densità di corrente elettrica
j
A • m-2
conduttività elettrica
ρ
S • m-1 = m-3 • kg-1 • s3 • A2
permittività elettrica
ɛ
F • m-1 = m-3 • kg-1 • s4 • A2
Book in
progress
Scienze Integrate/Fisica - primo anno
permeabilità magnetica
µ
H • m-1 = m • kg • s-2 • A-2
(intensità di) campo elettrico
F, E
V • m-1 = m • kg • s-3 • A-1
(intensità di) campo magnetico H
A • m-1
magnetizzazione
A • m-1
M
luminanza
cd • m-2
esposizione (raggi X e gamma)
C • kg-1 = kg-1 • s • A
2.3 MISURE DIRETTE ED INDIRETTE
Una misura si dice diretta quando viene rilevata direttamente con lo strumento e, quindi, ottenuta per confronto tra la
grandezza data e la sua unità di misura (es. la misura della lunghezza di una stanza misurata “direttamente” con una
rollina metrica, o la misura della massa di un corpo rilevata direttamente con una bilancia, ecc.).
Una misura si dice indiretta quando si ottiene mediante operazioni matematiche, a partire da misure diverse
precedentemente effettuate (es. la misura del volume di una stanza si ricava effettuando prima le misure della sua
lunghezza, larghezza ed altezza e poi facendo il “calcolo matematico” del suo volume moltiplicando le tre lunghezze
rilevate).
Bilancia a stadera
da https://it.wikipedia.org/wiki/Bilancia_(strumento)
2.4 PORTATA E SENSIBILITÁ DI UNO STRUMENTO
Si definisce portata di uno strumento il più grande valore della grandezza fisica che lo strumento può misurare, cioè la
massima misura leggibile su di esso (es.: se su una bilancia pesa persone c’è scritto “max 120 Kg”, vuol dire che può
pesare persone che hanno masse non superiori a 120 Kg o, se su un righello (vedi figura) c’è scritto 30 cm, vuol dire
che può misurare lunghezze non superiori a 30 centimetri).
Si definisce sensibilità di uno strumento il più piccolo valore della grandezza fisica che lo strumento può misurare, cioè
la minima misura leggibile su di esso.
La sensibilità di uno strumento rappresenta il grado di precisione dello strumento stesso.
La sensibilità si calcola facendo la differenza tra due valori noti (leggibili) e dividendo tale valore per il numero di intervalli
(tacche) compresi tra essi [es.: se su un righello sono segnati i centimetri, cioè 1 – 2 – 3 ecc., e tra un valore segnato,
cioè certo, e l’altro successivo ci sono 10 tacche, vuol dire che la precisione, cioè la “sensibilità” del righello è di 1
millimetro, ricavato dalla differenza tra due valori noti (2 – 1) cm = 1 cm e dividendo tale differenza per 10 tacche: si
ottiene, infatti, 1/10 di cm che corrisponde ad 1 mm].
da http://it.wikipedia.org/wiki/File:Righello.jpg
Generalmente, la portata e la sensibilità sono due caratteristiche in contrasto tra loro, nel senso che strumenti di misura
di grande portata hanno una scarsa sensibilità e viceversa.
17
Scienze Integrate/Fisica - primo anno
2.5 ERRORI NELLE MISURAZIONI
Quando si effettuano delle misurazioni, si possono commettere errori.
Gli errori possono essere di due tipi:
1. errori sistematici: quelli dovuti ad errore dello strumento o ad errore umano; essi sono prevedibili ed eliminabili.
Es. errore dello strumento:
- se misuriamo un intervallo di tempo con un orologio che “va indietro” o “va avanti”, cioè, come si suole dire, quando
esso misura con difetto o con eccesso, l’errore dello strumento sarà ripetitivo e quindi porterà ad una misurazione
sbagliata;
- se la bilancia su cui ci pesiamo non è regolata sullo 0 (zero) preciso, la relativa misura sarà sbagliata.
Es. errore umano:
- se devo misurare la lunghezza di un’aula e non posiziono bene la rollina metrica, o il doppio metro in sequenza, avrò
una misura affetta da errore;
- se, sbadatamente, non dispongo il righello sulla posizione giusta, misurerò in modo errato una certa lunghezza;
- posso, addirittura, leggere male una misura su uno strumento.
Di solito, gli errori sistematici influenzano la misura sempre nello stesso senso (o in difetto o in eccesso).
2. errori casuali (o accidentali): quelli dovuti a cause di natura fortuita; essi non sono prevedibili, per cui quando
accadono la relativa misura va scartata.
Es. (capitato realmente in laboratorio):
- durante un’esercitazione di laboratorio, nella quale si andavano a misurare le dilatazioni lineari di alcune sbarrette
mediante il “dilatometro”, un colpo di vento fece spegnere la fiamma che riscaldava le varie sbarrette. Nel frattempo
che l’assistente provvedeva a riaccenderla, lo strumento si è fermato, quindi quella misura, alla fine, è risultata affetta
da errore, non dovuto né ad imprecisione dello strumento né all’uomo: la misura va scartata e va ripetuta la
misurazione.
Gli errori casuali (o accidentali) influenzano la misura, ora in un senso ora nell’altro.
Per eliminare gli errori sistematici si effettuano due operazioni:
• una buona taratura (“messa a punto”) dello strumento;
• ripetizione più volte della misurazione.
Infatti con la “taratura” dello strumento si evita l’errore dovuto ad esso.
Es.:
- tarando bene l’orologio o la bilancia otteniamo misurazioni precise;
- il geometra, prima di effettuare misure con il “livello” o il “teodolite”, effettua la “messa in stazione” dello stesso.
Ripetendo più volte la misurazione si evita l’errore umano.
Es.:
- se effettuassimo una sola misurazione non potremmo accorgerci di qualche errore di distrazione o metodico;
ripetendo più misurazioni riusciamo, invece, ad individuare eventuali misure errate che, quindi, se molto lontane dalle
altre, scarteremo.
In definitiva, è buona norma ripetere più misurazioni in quanto, sia la sensibilità dello strumento sia quella dell’uomo,
possono dare diversi risultati; sicuramente se effettuiamo una misurazione, qui nell’aula, di una grandezza fisica (es. la
lunghezza dell’aula o l’altezza di un alunno) non avremo tutti lo stesso risultato.
Es.:
“misuriamo la lunghezza dell’aula usando i piedi degli alunni” (metodo indiretto):
- a gruppi, gli alunni si organizzano con un righello e misurano la lunghezza del piede di uno di loro;
- l’alunno “individuato in ciascun gruppo” cammina nell’aula, facendo seguire i piedi uno dopo l’altro, attaccati
tra loro, a partire da un’estremità dell’aula (battiscopa di un muro);
18
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Scienze Integrate/Fisica - primo anno
- arrivato all’estremità del muro opposto, si conta il numero di piedi impiegati e si misura l’ultimo tratto mancante
con il righello;
- si effettua quindi l’operazione:
dove:
= lunghezza dell’aula,
= numero di piedi contati,
= lunghezza del piede,
= lunghezza del tratto finale.
Gli alunni troveranno delle belle differenze di misure!
Chi ha ragione?
Andiamo con ordine.
In genere, dopo aver effettuato le misurazioni, avremo una serie di valori e dovremo, quindi, dare il risultato finale.
Premesso che la misura certa non esiste, alla fine parleremo di “valore più probabile” della grandezza misurata.
Per determinare tale valore, bisogna effettuare i seguenti calcoli:
- valore medio: si calcola facendo la somma di tutti i valori e dividendo per il loro numero; cioè:
Es.: se effettuiamo quattro misurazioni e abbiamo quattro valori di misure, per trovare il loro valore medio, dovrò
eseguire la seguente operazione:
L’errore commesso con questa misura viene valutato trovando “l’errore assoluto”.
- errore assoluto: si calcola facendo la semidifferenza tra il valore massimo e quello minimo delle misure; cioè:
Sia il valore medio che l’errore assoluto hanno la stessa unità di misura della grandezza.
A questo punto possiamo scrivere il valore più probabile della grandezza misurata, che non sarà un valore unico ma
un intervallo di valori compreso tra il valore medio “meno” l’errore assoluto ed il valore medio “più” l’errore assoluto:
Questo vuol dire che il valore della grandezza misurata sarà sicuramente compreso in questo intervallo di valori.
Esiste infine un altro parametro, che riguarda gli errori nelle misurazioni:
- errore relativo: si calcola facendo il rapporto tra l’errore assoluto ed il valore medio delle misure.
In simboli:
(forma decimale)
L’errore relativo può essere espresso anche sotto forma percentuale e si parla di errore percentuale:
L’errore relativo e l’errore percentuale, essendo rapporti fra grandezze omologhe, sono adimensionali (sono, cioè,
“semplici numeri”).
19
Scienze Integrate/Fisica - primo anno
2.6 ESERCIZI SVOLTI
ESERCIZIO N.1
Determinare l’altezza dell’alunno Rossi (….. un alunno della classe).
Supponiamo di aver effettuato quattro misurazioni e di aver ottenuto le seguenti misure:
- h1 = 160 cm
- h2 = 159 cm
- h3 = 161 cm
- h4 = 160 cm
Si procede quindi al calcolo del valor medio delle altezze:
cm
e dell’errore assoluto:
cm
A questo punto, possiamo trovare il valore più probabile:
Sostituendo, infatti, i valori trovati si ha:
cioè:
Pertanto, il valore più probabile dell’altezza dell’alunno Rossi sarà compreso tra 159 cm e 161 cm.
Possiamo, infine, calcolare l’errore relativo:
ESERCIZIO N.2
Determinare la massa dell’alunno Rossi (….. un alunno della classe).
Supponiamo di aver effettuato cinque misurazioni e di aver ottenuto le seguenti misure:
- M1 = 60 Kg
- M2 = 59,8 Kg
- M3 = 60,1 Kg
- M4 = 62 Kg
- M5 = 60,1 Kg
Prima di procedere con i calcoli necessari per risolvere l’esercizio, salta subito all’occhio la misura m4 = 62 Kg molto
diversa dalle altre. Evidentemente durante la quarta misurazione c’è stato un errore accidentale; non è possibile, infatti,
avere una tale differenza tra essa e le altre misure (ben 2 Kg di differenza!). In tal caso, si procede a scartare tale misura
(sicuramente affetta da errore grossolano) e si considerano solo le altre quattro misure.
Si procede, quindi, al calcolo del valor medio delle masse:
Kg
e dell’errore assoluto:
Kg
A questo punto, possiamo trovare il valore più probabile:
Sostituendo i valori trovati si ha:
cioè:
Pertanto, il valore più probabile della massa dell’alunno Rossi sarà compreso tra 59,85 Kg e 60,15 Kg.
Possiamo, infine, calcolare l’errore relativo:
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Scienze Integrate/Fisica - primo anno
3. RICHIAMI DI MATEMATICA - LEGGI FISICHE
3.1 RIPASSIAMO ALCUNE NOZIONI DI MATEMATICA
In Fisica abbiamo detto che si ha a che fare con grandezze fisiche e con “relazioni” tra esse (leggi fisiche).
Le relazioni più semplici sono quelle di proporzionalità diretta ed inversa che è qui opportuno richiamare.
Grandezze direttamente ed inversamente proporzionali
Due grandezze si dicono direttamente proporzionali quando al raddoppiare dell’una raddoppia anche l’altra, al triplicare
dell’una triplica anche l’altra, ecc., per cui il loro rapporto è sempre costante.
cioè il rapporto tra le grandezze è costante.
ATTENZIONE!
La proporzionalità diretta si ha solo se il rapporto tra le grandezze è costante, infatti ci può essere il caso in cui una
grandezza “aumenta” e l’altra pure ma, se il loro rapporto non è costante, le grandezze non sono “direttamente
proporzionali”.
Due grandezze si dicono inversamente proporzionali quando al raddoppiare dell’una l’altra dimezza, al triplicare
dell’una l’altra diventa 1/3, ecc., per cui il loro prodotto è sempre costante.
Es.: 1^ grandezza x 2^ grandezza = costante
5 x 6 = 30;
10 x 3 = 30; 15 x 2 = 30
e, come si vede, il prodotto tra le grandezze è costante.
ATTENZIONE!
La proporzionalità inversa si ha solo se il prodotto tra le grandezze è costante, infatti ci può essere il caso in cui una
grandezza “aumenta” e l’altra “diminuisce” ma, se il loro prodotto non è costante, le grandezze non sono “inversamente
proporzionali”.
La notazione esponenziale
In Fisica, spesso, abbiamo a che fare con numeri molto grandi (es. la massa dei pianeti espressa da un numero costituito,
nel caso della Terra, da 25 cifre: Mt = 5980000000000000000000000 Kg)
o molto piccoli (come ad es. la carica elettrica di un elettrone, rappresentata da un numero con 21 cifre:
qe = 0,00000000000000000016 C).
La notazione esponenziale è un metodo per scrivere numeri molto grandi o molto piccoli, in forma abbreviata, usando
le potenze in base dieci.
21
Scienze Integrate/Fisica - primo anno
Es.: per esprimere numeri con tanti zeri successivi si può procedere come segue:
10 = 10¹
100 = 10²
1000 = 10³
10000 = 104
100000 = 105
……………….
…………………
5800000 = 58 x 105
15.000.000.000 = 15 x 109
ecc.
così, per esprimere numeri con tanti zeri dopo la virgola, si può procedere come segue:
0,1 = 1 x 10-1
0,01 = 1 x 10-2
0,001 = 1 x 10-3
…………………………
………………..
0,0000012 = 12 x 10-7
0,00000015 = 15 x 10-8
ecc.
così, la massa della Terra si potrà scrivere:
e la carica elettrica dell’elettrone:
Mt = 598 x 1022 Kg = 5,98 x 1024 Kg
qe = 1,6 x 10-19 C
Approssimazioni
Quando ci troviamo di fronte ad un numero che presenta molte cifre dopo la virgola, si effettua un’operazione chiamata
approssimazione.
Prima di eseguire tale operazione, si decide il numero di “cifre significative” che vogliamo lasciare, intendendo per cifre
significative tutte le cifre, intere e decimali, di cui sarà composto il numero finale.
Ci sono due tipi di approssimazioni:
- approssimazione per difetto: quando la prima cifra scartata è uguale a 0-1-2-3-4.
In tal caso l’ultima cifra significativa rimane tale e quale.
Es.
se noi vogliamo approssimare il numero:
12,3547287154
e vogliamo “lasciare” solo 4 cifre (cifre significative), immaginiamo di effettuare un “taglio” ideale al numero tra la quarta
e la quinta cifra, così come indicato:
12,35|47287154;
a questo punto andiamo a vedere la quinta cifra (prima cifra scartata): in questo caso è un 4, quindi l’ultima cifra
significativa (il 5) rimane tale e quale.
Il numero finale, approssimato per difetto, sarà:
12,35.
- approssimazione per eccesso: quando la prima cifra scartata è invece un numero uguale a 5-6-7-8-9.
In tal caso l’ultima cifra significativa viene aumentata di un’unità.
Es.
se noi vogliamo approssimare il numero precedente:
12,3547287154
e vogliamo “lasciare” solo 3 cifre (cifre significative), immaginiamo di effettuare un “taglio” ideale al numero tra la terza e
la quarta cifra, così come indicato:
12,3|547287154;
22
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Scienze Integrate/Fisica - primo anno
a questo punto andiamo a vedere la quarta cifra (prima cifra scartata): in questo caso è un 5, quindi l’ultima cifra
significativa (il 3) viene aumentata di una unità.
Il numero finale, approssimato per eccesso, sarà:
12,4
Esempi
Approssimare a 4 cifre i seguenti numeri :
• 31,38|25026 = 31,38
la prima cifra scartata è un 2, quindi il numero “tagliato” rimane uguale;
la prima cifra scartata è un 4, quindi il numero “tagliato” rimane uguale;
• 11,89|47187 = 11,89
• 69,23|60157 = 69,24
la prima cifra scartata è un 6, quindi il numero “tagliato” viene aumentato di una unità;
la prima cifra scartata è un 8, quindi il numero “tagliato” viene aumentato di una unità.
• 73,02|81406 = 73,03
3.2 FUNZIONI E RAPPRESENTAZIONI GRAFICHE
All’inizio del corso, abbiamo detto che la Fisica si occupa dei fenomeni naturali a cui vengono associate delle “leggi” che
li regolano e che tali leggi non sono altro che relazioni tra grandezze fisiche.
Le leggi fisiche possono essere di due tipi :
- Leggi qualitative che si limitano ad esprimere una relazione tra due fenomeni o tra due grandezze fisiche.
Es.: se tiro una molla, essa si allunga;
tale affermazione, o legge, mette solo in relazione una forza applicata con una variazione di lunghezza: non ci dice di
quanto la molla si allunga in relazione alla forza applicata.
- Leggi quantitative che ci danno modo di quantificare il valore di una grandezza in relazione al valore dell’altra
grandezza.
Es.: riguardo all’affermazione precedente, la legge quantitativa che regola il fenomeno “forza applicata ad una molla –
allungamento” è la legge di Hooke:
(che studieremo più avanti),
la quale ci dà il valore sicuro dell’allungamento che subirà la molla (di una certa caratteristica elastica
all’applicazione di una forza.
) in seguito
Quando le grandezze in relazione tra loro possono variare, allora la legge può chiamarsi anche “funzione”.
Infatti una funzione è una relazione tra grandezze fisiche.
Più precisamente:
Dire che una grandezza B è funzione di un’altra grandezza A, vuol dire che B dipende da A (attenzione alla dipendenza
“funzione di” ….. “dipende da”), cioè al variare dell’una varia anche l’altra.
Le grandezze in relazione prendono il nome di variabili.
La grandezza A viene detta variabile indipendente, la grandezza B viene detta variabile dipendente.
Una funzione può essere rappresentata graficamente mediante un diagramma sul piano cartesiano.
Il piano cartesiano è un sistema (di riferimento) formato da due rette orientate (assi), perpendicolari tra loro, aventi origine
comune e per le quali si fissa un'unità di misura.
Sull’asse orizzontale, detto asse delle ascisse, viene riportata la variabile indipendente a cui si assegna la lettera x;
sull’asse verticale, detto asse delle ordinate, viene riportata la variabile dipendente a cui si assegna la lettera y.
23
Scienze Integrate/Fisica - primo anno
Per rappresentare graficamente una funzione si eseguono le seguenti operazioni:
1. si attribuiscono valori a piacere alla variabile indipendente x e si ricavano, mediante la formula (legge), i
corrispondenti valori della variabile y;
2. si costruisce una tabella, a due colonne, sulla quale si riportano i valori di x ed y corrispondenti;
3. si assegna ad ogni coppia di valori (x, y) una lettera maiuscola;
4. si fa corrispondere ad ogni lettera un punto sul piano cartesiano;
5. si uniscono, con una linea, tutti i punti appena riportati sul piano cartesiano, ottenendo così il grafico della funzione.
3.3 ESERCIZI SVOLTI
ESERCIZIO N.1
Disegnare il grafico della funzione:
y = 2 x + 1.
Attribuiamo alla variabile indipendente x valori a piacere, per esempio 1, 2, 3, e calcoliamo i corrispondenti valori della
variabile dipendente y.
Si ha:
y(1) = 2 1 + 1 = 2 + 1 = 3
y(2) = 2 2 + 1 = 4 + 1 = 5
y(3) = 2 3 + 1 = 6 + 1 = 7
Costruiamo, quindi, la seguente tabella:
e riportiamo, sul piano cartesiano, i valori trovati:
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Scienze Integrate/Fisica - primo anno
ESERCIZIO N.2
Disegnare il grafico della funzione:
y = 3 x – 2.
Attribuiamo alla variabile indipendente x valori a piacere, per esempio 2, 4, 6, e calcoliamo i corrispondenti valori della
variabile dipendente y.
Si ha:
y(2) = 3 2 – 2 = 6 – 2 = 4
y(4) = 3 4 – 2 = 12 – 2 = 10
y(6) = 3 6 – 2 = 18 – 2 = 16
Costruiamo, quindi, la seguente tabella:
e riportiamo, sul piano cartesiano, i valori trovati:
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Scienze Integrate/Fisica - primo anno
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4. MASSA E PESO
LEGGE DI GRAVITAZIONE UNIVERSALE
DENSITÁ E PESO SPECIFICO
da http://www.unsitoacaso.com
da http://it.wikipedia.org/wiki/File:Solar_sys.jpg
da http://www.liceobrotzu.it
4.1 CONCETTI DI MASSA E PESO
Quante volte abbiamo usato i termini “massa” e “peso” per intendere, secondo noi, la stessa cosa, o meglio, la stessa
grandezza fisica?
In realtà la massa ed il peso sono due grandezze fisiche ben differenti.
Quando dico: “io peso 50 Kg”,
commetto un errore. Dovrei, infatti, dire: “la mia massa è 50 Kg”.
Vediamo di definire queste due grandezze fisiche e capirne la differenza.
La massa di un corpo è la quantità di materia di cui esso è composto: è una proprietà invariante del corpo, cioè è
sempre costante.
La sua unità di misura è il chilogrammo (Kg) e lo strumento per misurarla è la bilancia.
Abbiamo già incontrato la massa come grandezza fondamentale nel Sistema Internazionale.
Il peso invece è una forza.
Il peso di un corpo rappresenta, infatti, la forza con la quale esso è attratto dalla Terra, tanto è vero che si può chiamare:
- forza di gravità,
oppure
- forza peso,
o semplicemente
- peso.
Questa grandezza, contrariamente alla massa, può cambiare; infatti dipende dalle caratteristiche del pianeta su cui ci
troviamo e, sulla stessa Terra, può cambiare da punto a punto.
La sua formula (scritta nella forma scalare
cap. 5) è:
P=m·g
dove :
- P = peso del corpo;
- m = massa del corpo;
- g = accelerazione di gravità, che dipende dal pianeta.
Sulla Terra è:
g = 9,81 m/s2, a livello del mare (considerata quota = 0) ed a 45° di latitudine.
27
Scienze Integrate/Fisica - primo anno
Il suo valore può cambiare a quota diversa da quella del mare, in funzione della distanza dal centro della Terra (se mi
avvicino al centro della Terra g aumenta, se mi allontano, come ad esempio su una montagna, g diminuisce), oppure a
diversa latitudine (ai poli g è maggiore che all’equatore, perché nel primo caso siamo più vicini al centro della Terra che
nel secondo caso).
Tutto ciò lo capiremo meglio nel prossimo paragrafo, dove parleremo della legge di gravitazione universale e, soprattutto,
nel capitolo 10 relativo alle leggi della dinamica.
L’unità di misura del peso, come quella di tutte le forze, è il Newton (simbolo N) che corrisponde a:
N = Kg m/s2 (unità di misura della massa x unità di misura dell’accelerazione)
4.2 LEGGE DI GRAVITAZIONE UNIVERSALE
La legge di gravitazione universale, detta legge di Newton, afferma che:
“due corpi di massa m1 ed m2 , posti ad una distanza d, si attraggono con una forza che è direttamente
proporzionale al prodotto delle loro masse ed è inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza”.
In formula:
Molti di voi si chiederanno:
come mai allora la penna ed il libro, o due corpi qualsiasi nell’aula, non si attirano?
La colpa è di …G.
Infatti G, la costante di gravitazione universale, vale:
che, essendo un numero piccolissimo, per masse di corpi usuali anche dell’ordine di centinaia di Kg, rende la forza
trascurabile.
Es.
Calcoliamo la forza di attrazione tra due corpi di massa 100 Kg l’uno, posti alla distanza di 1m.
Si ha:
cioè 0,000000667 N, che è un valore assolutamente trascurabile.
Se questa legge, invece, viene applicata alla Terra e ad un corpo qualsiasi, essa diventa:
dove:
- Mt = massa della Terra = 5,98 1024 Kg,
- mc = massa del corpo qualsiasi,
- Rt = raggio della Terra = 6.378.000 m circa
28
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Scienze Integrate/Fisica - primo anno
e, sostituendo i rispettivi valori, si ha che:
e, quindi, la formula diventa:
Pertanto, la forza di attrazione tra la Terra ed un corpo qualsiasi è uguale alla massa di quest’ultimo per il valore appena
trovato pari a 9,81 m /s².
Ecco perché il peso di un corpo, o forza peso, o forza di gravità, che, come detto, non è altro che la forza con cui esso
viene attirato dalla Terra, è dato da:
P=m·g
( g = accelerazione di gravità).
Ecco chiarito anche come mai il peso di un corpo varia su un altro pianeta; infatti, fermo restando la sua massa, il corpo
sarà soggetto ad una forza di gravità diversa, dovuta ad un diverso valore di g.
Sulla luna, per esempio, la massa (Ml) ed il raggio (Rl) sono diversi che sulla Terra e risulta:
e, precisamente, tale rapporto sarà notevolmente inferiore (circa 1,63 m/s², cioè circa 1/6 di quello sulla Terra).
É noto infatti a tutti che l’astronauta che è sbarcato sulla luna, sui video sembrava “più leggero”, ma non era la sua
massa a cambiare (quella era la stessa) ma il suo peso, cioè la forza di attrazione della luna (come detto circa 1/6 di
quella sulla Terra).
Nella tabella seguente sono riportati i rapporti tra l'accelerazione di gravità sulla Terra e altri corpi celesti:
Corpo celeste
Rispetto alla Terra
m/s²
Sole
27,90
274,1
Mercurio
0,3770
3,703
Venere
0,9032
8,872
Terra
1 (per definizione)
9,8226
Luna
0,1655
1,625
Marte
0,3895
3,728
Giove
2,640
25,93
Saturno
1,139
11,19
Urano
0,917
9,01
Nettuno
1,148
11,28
da https://it. wikipedia.org/wiki/Forza_peso
4.3 DENSITÀ E PESO SPECIFICO
Per capire a fondo il concetto di densità, proviamo a formulare alcuni indovinelli.
Il primo, famoso, è questo:
- pesa di più 1Kg di ferro oppure 1Kg di paglia?
A questa domanda nessuno più ci casca, infatti è abbastanza facile affermare che le due quantità sono uguali.
29
Scienze Integrate/Fisica - primo anno
Formuliamo adesso un secondo indovinello:
- pesa di più “il ferro” oppure “la paglia”?
qui qualcuno comincia a “cadere” nel trabocchetto e risponde: “il ferro”.
La risposta è sbagliata!
Infatti posso avere un pezzettino di ferro ed una balla di paglia: in tal caso pesa di più la paglia.
L’errore sta nel non avere un termine di confronto oggettivo; infatti, per poter confrontare i due materiali (ferro e paglia)
e dire se pesa più l’uno o l’altro, dovrei avere uno stesso volume.
In ogni caso la domanda:
- pesa di più “il ferro” oppure “la paglia”?
non ha senso!
Esiste una grandezza fisica che esprime le caratteristiche dei materiali mettendo in relazione le masse dei corpi ed i loro
volumi: “la densità”.
Si definisce densità di un corpo il rapporto tra la sua massa ed il suo volume.
In formula:
d = m/V
e la sua unità di misura nel S.I. è: Kg/m3.
La densità è una caratteristica intrinseca del corpo, … una specie di “carta d’identità” dei corpi.
Essa, in pratica, esprime il grado di “addensamento” della materia che costituisce il corpo e dipende dal tipo di materiale
di cui esso è fatto, cioè dal tipo di molecola della sostanza e dal peso dei singoli atomi che la compongono.
Es. Un atomo di ferro pesa di più di un atomo di alluminio (vedi Tavola Periodica degli Elementi), quindi il ferro è più
denso dell’alluminio (a parità di volume, un pezzo di ferro peserà di più di un pezzo di alluminio).
Con riferimento ai due indovinelli precedenti, possiamo concludere che la domanda va riformulata, correttamente, nel
seguente modo:
- è più denso “il ferro” o “la paglia”?
Ora la risposta è sicura e “secca”: il ferro!
Passiamo a definire un’altra grandezza fisica: il peso specifico.
Si definisce peso specifico di un corpo il rapporto tra il suo peso ed il suo volume, cioè è il peso dell'unità di volume del
corpo.
In formula:
e la sua unità di misura nel S.I. è: N/m3.
Comunemente, il termine peso specifico è usato impropriamente come sinonimo di densità ed è per questo motivo che
si trova molto spesso indicato come g/cm³ o kg/l o kg/dm³.
Invece …… il peso specifico è legato alla densità con la stessa relazione secondo cui la massa è legata al peso.
Per passare dalla massa al peso di un corpo, basta moltiplicare il suo valore per g (accelerazione di gravità); infatti è:
P=m·g
Alla stessa maniera, per passare dalla densità al peso specifico di un corpo, basta moltiplicare il suo valore ancora
per g ; si ha infatti:
30
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Scienze Integrate/Fisica - primo anno
La tabella seguente mostra il valore della densità in kg/m³ e il peso specifico in N/m³ di alcuni materiali.
Materiale
Abete
Acciao
Acqua a 0 °C
Acqua a 4 °C
Acqua a 20 °C
Acqua di mare
Acqua ossigenata
Aerogel (fumo solido)
Alcool etilico
Alcool metilico
Alluminio
Anidride carbonica
Argento
Aria
Azoto (N2)
Basalto
Benzina
Calcare frantumato, depositato
Calcestruzzo
Carta
Cellulosa
Cenere
Cera (paraffina)
Cera d'api
Cemento Portland
Diamante
Elio
Ferro
Gesso
Ghiaccio a 0 °C
Granito
Idrogeno (H2)
Iridio
Latte a 15 °C
Marmo
Mercurio
Nafta
Neve fresca
Nichel
Olio d'oliva
Olio di semi
Oro
Ossigeno (O2)
Ottone
Piombo
Platino
Polistirolo espanso
Porcellana
Rame
Salgemma
Stagno
Densità (Kg/m3)
700
7860
999,8
1000
998,2
1025
1460
1,9
794
798
2600-2750
1,98
10500
1,293
1,251
2800-2950
700-720
1540
2200-2600
970
1500
900
950
958-970
3150
3550
0,179
7880
2300
917
2500-2850
0,089
22610
1029-1034
2500-2800
13590
760-790
100-200
8600
916
920
19250
1,429
8400-8700
11340
21400
20÷50
2400
8890-8930
2200
7280
Peso specifico (N/m3)
6870
77110
9810
9810
9790
10052
14320
18,64
7786
7825
25510-26980
19,4
102900
12,68
12,27
27470-28940
6867-7063
15107
21580-25510
9516
14710
8830
9320
9398-9516
30901
34820
1,76
77300
22560
9000
24520-27960
0,87
221800
10090-10140
24520-27470
133320
7456-7750
981-1962
84370
8990
9020
188840
14,02
82400-85350
111240
209930
196÷490
23540
87210-87600
21580
71420
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Materiale
Sughero
Talco
Terra compattata
Terra asciutta depositata
Terra bagnata estratta
Tetracloruro di carbonio
Titanio
Tungsteno
Uranio
Vetro
Zinco
Densità (Kg/m3)
200-350
2600-2800
1700-1800
1510
1600
1594
4870
19250
19050
2400-2700
7100
Peso specifico (N/m3)
1962-3433
25510-27470
16680-17660
14815
15700
15631
47770
188840
186880
23540-26490
69650
da https://it.wikipedia.org/wiki/Peso_specifico
La tabella seguente ci aiuterà nelle equivalenze:
Volume
1 cm3
1 dm3
1 m3
Capacità
1 ml
1l
1000 l
Peso
1g
1 Kg
1 Mg*
*Il miriagrammo (Mg) è, comunque, un'unità di misura di massa non più accettata all'interno del S.I. Inoltre, il simbolo
Mg coincide con quello del megagrammo (per tale ragione il miriagrammo può essere rappresentato dal simbolo mag).
PROVA TU
Risolvi le seguenti equivalenze:
0,350 dm3
320 cm3
6,2 dm3
12 m3
7210 cm3
74 dm3
36 m3
3,48 dm3
4568 ml
32
= ………….. g
= ………….. l
= ………….. dl
= ………….. Mg
= ………….. Kg
= ………….. l
= ………….. Kg
= ………….. g
= …………… Kg
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5. GRANDEZZE SCALARI E VETTORIALI
5.1 GRANDEZZE SCALARI E GRANDEZZE VETTORIALI
Le grandezze fisiche si possono suddividere in due grandi famiglie: le grandezze scalari e le grandezze vettoriali.
Le grandezze scalari sono quelle grandezze che possono essere espresse in maniera completa grazie all'indicazione
di un valore numerico e di una unità di misura.
Esempi di grandezze scalari sono: tempo, temperatura, pressione, densità.
Le grandezze vettoriali sono quelle grandezze per cui non è sufficiente un valore numerico, perché siano definite in
modo completo, ma necessitano anche di una direzione e di un verso; in altri termini, occorre un vettore perché siano
espresse in maniera completa.
Esempi di grandezze vettoriali sono: spostamento, velocità, accelerazione, forza.
5.2 GRANDEZZE SCALARI E GRANDEZZE VETTORIALI
Un vettore è un elemento, rappresentato in genere con una freccetta, che possiede tre proprietà caratteristiche:
- la direzione: la linea retta su cui giace il vettore;
- il verso: il senso in cui viene percorsa la direzione (orientamento del vettore);
- l'intensità o modulo: il valore numerico associato al vettore.
Il punto P, da cui parte il vettore, si chiama punto di applicazione del vettore ed è importante considerarlo per esprimere
in maniera completa un vettore (si parla così di vettore applicato).
Approfondiamo ora il discorso con un esempio.
Esaminiamo lo spostamento e cerchiamo di capire perché esso è rappresentato da un vettore.
Consideriamo una persona che sia su una strada, ad una distanza s1 = 20 m da un semaforo; dopo un certo tempo, la
stessa persona sia ad una distanza s2 = 50 m dallo stesso semaforo: quanto sarà stato lo spostamento della persona?
É evidente che lo spostamento è stato di 30 m e si calcola effettuando la differenza tra la posizione finale e quella finale,
precisamente:
Abbiamo in questo modo definito lo spostamento.
Osserviamo ora dall'alto una camera con all'interno una persona.
Alla domanda: “dove si trova la persona se si sposta di due metri
rispetto ad una posizione iniziale?” non può essere data una risposta
unica.
Infatti, tutti i punti posti alla distanza di due metri dal punto iniziale
possono essere considerati punti che “danno risposta” alla domanda.
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Scienze Integrate/Fisica - primo anno
Si deduce che l'indicazione dello spostamento con un solo valore numerico non è sufficiente a definire in maniera precisa
lo spostamento.
Quindi, per definire uno spostamento in maniera opportuna, è necessario fornire un numero maggiore di informazioni.
Se si rappresenta lo spostamento con una freccetta, che parte dal punto iniziale ed arriva al punto finale di arrivo, si
riesce ad indicare lo spostamento in maniera unica ed inequivocabile.
Abbiamo detto che un vettore è un elemento che possiede tre caratteristiche: direzione, verso ed intensità.
La direzione è la linea retta su cui giace il vettore: possiamo immaginare la direzione come
una strada rettilinea che dobbiamo seguire nel nostro spostamento.
Ogni strada può essere percorsa, poi, in due sensi. Il verso è il senso in cui si percorre la
linea retta.
ATTENZIONE:
direzione e verso sono, quindi, due “cose” diverse!
L'intensità (o modulo) è il valore, con relativa unità di misura, associato al vettore. É buona norma rappresentare un
vettore in scala, cioè associare una lunghezza proporzionale alla intensità.
Il vettore si indica con una lettera minuscola “sormontata” da una freccetta, ad esempio s : questo simbolo rappresenta
il vettore nella sua interezza e cioè un elemento che “ha” direzione, verso ed intensità (si può rappresentare anche con
una lettera in grassetto).
L'intensità del vettore si indica con una lettera minuscola senza alcuna freccetta, per esempio s = 20 m.
5.3 OPERAZIONI CON I VETTORI
Con i vettori si possono effettuare delle operazioni; di seguito ne vediamo alcune, fondamentali in molte applicazioni.
Somma di vettori
Somma di vettori con il metodo punta-coda (o metodo del poligono)
Se una persona, partendo da un punto A, esegue prima uno spostamento di 2
metri verso est e poi 3 metri verso nord, giunge, dopo i due spostamenti
consecutivi, rappresentabili con due vettori, in un punto ben determinato.
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Vogliamo rappresentare lo spostamento complessivo con un
solo vettore (“vettore risultante”) che parta dal punto iniziale ed
arrivi al punto finale: questa operazione corrisponde ad effettuare
la somma dei due vettori spostamento:
In generale, è possibile effettuare la somma di due vettori disegnando il primo vettore e facendo partire il secondo
vettore da dove finisce il primo (si trasla, cioè, il secondo vettore senza cambiarne modulo, direzione e verso - vettore
equipollente): il vettore somma è il vettore che parte dall'inizio del primo ed arriva alla fine del secondo (metodo puntacoda).
I due vettori di partenza e il vettore somma (o risultante) sono equivalenti per quello che riguarda gli effetti.
Di seguito sono rappresentati altri esempi di somma di vettori con il metodo punta-coda:
a)
b)
Il metodo punta-coda è generalizzabile per un numero
qualunque di vettori.
Siano dati, per esempio, i quattro vettori
:
Si trasla il primo vettore in un qualsiasi punto P del piano e,
di seguito, tutti gli altri in modo che l’origine di ciascuno
coincida con l’estremo del precedente.
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Il vettore risultante si ottiene unendo l’origine del
primo con l’estremo dell’ultimo:
La somma di più vettori è, quindi, un vettore che ha la coda sulla coda del primo e la punta sulla punta dell'ultimo.
Se il poligono che si forma è chiuso, la somma è nulla. Quindi la somma di più vettori non nulli può dare un risultato
nullo.
= vettore nullo (vettore di modulo zero
con direzione e verso indeterminati)
Somma di vettori con la regola del parallelogramma
Del tutto equivalente al metodo punta-coda è, nel caso della somma di due vettori, la regola del parallelogramma.
Dati due vettori
e
si fanno “partire” i due vettori da uno stesso punto; dalla punta di ognuno di essi si traccia la
retta parallela all’altro vettore; i vettori di partenza e le rette individuano un parallelogramma: il vettore somma è il vettore
che sta sulla diagonale che parte dal punto di partenza dei vettori e termina all’incrocio delle loro rette parallele.
Proprietà della somma di due vettori
proprietà commutativa:
proprietà associativa:
esiste l’elemento neutro:
PROVA TU a verificare tali proprietà.
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Differenza di vettori
Per determinare la differenza di due vettori
dove
è il vettore opposto a
La differenza
e
, basta sommare a
l’opposto di
; cioè:
, cioè il vettore che ha stessa direzione e stesso modulo di
, ma verso opposto.
si può ricavare graficamente come segue:
OSSERVAZIONE:
Dati due vettori
e
,
dopo averli traslati con origine comune A, possiamo applicare la regola del parallelogramma: la lunghezza della
diagonale uscente da A rappresenta l’intensità del vettore
mentre quella dell’altra diagonale rappresenta
l’intensità del vettore
:
(PROVA TU) La differenza di vettori non gode della proprietà commutativa, cioè:
Moltiplicazione di uno scalare per un vettore
Dato un numero reale
(scalare) ed un vettore
, si può definire una nuova operazione nel seguente modo: la
moltiplicazione dello scalare
per il vettore
è un vettore che ha come modulo il prodotto
, come direzione la
stessa direzione di
e come verso lo stesso di
se
> 0, opposto a quello di
se
< 0.
Es.:
stessa direzione
stesso verso
modulo doppio
rispetto al vettore
stessa direzione
verso opposto
modulo doppio
rispetto al vettore
Osservazione: moltiplicare un vettore per il numero – 1 equivale a cambiargli solo verso.
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Scomposizione di un vettore lungo due direzioni assegnate
Vogliamo eseguire la scomposizione di un vettore lungo due direzioni assegnate. In figura è dato il vettore
anche con
) e due rette ed tra loro non parallele (perché?).
(indicato
Vogliamo trovare due vettori
e
(detti componenti), disposti rispettivamente lungo le due direzioni
ed
, la cui
somma sia uguale al nostro vettore
.
Per trovare questi due vettori, utilizziamo la regola del parallelogramma. Tracciamo, quindi, dall’estremo del vettore
le
parallele alle rette date ottenendo, così, i punti C e D.
Proprio in accordo alla regola del parallelogramma per la somma di vettori, possiamo dunque scrivere che
e concludere che i vettori
e
sono i vettori componenti di secondo le due rette assegnate e .
In particolare, se consideriamo gli assi cartesiani,
possiamo scomporre il vettore
in due vettori
e
aventi le direzioni dell’asse x e dell’asse
y rispettivamente.
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5.4 ESERCIZI PROPOSTI
ESERCIZIO N.1
Un gatto si sposta di 6 m verso nord, poi percorre 8 m verso est. Illustrare la situazione con un disegno in scala.
Si disegni il vettore spostamento totale. Si calcoli l'intensità del vettore spostamento totale.
[10 m]
ESERCIZIO N.2
Una formica percorre tre metri verso est, poi torna indietro e percorre due metri verso ovest. Illustrare la situazione con
un disegno in scala. Si disegni il vettore spostamento totale. Si calcoli l'intensità del vettore spostamento totale.
[1 m]
ESERCIZIO N.3
Un uccello si sta muovendo verso sud percorrendo 500 m. Nel frattempo un vento lo sposta di 200 m verso ovest.
Illustrare la situazione con un disegno in scala. Si disegni il vettore spostamento totale. Si calcoli l'intensità del vettore
spostamento totale.
[538,52 m]
ESERCIZIO N.4
Si effettui graficamente la somma dei vettori sotto indicati con il metodo punta-coda.
ESERCIZIO N.5
Si effettui graficamente la somma dei vettori sotto indicati con il metodo punta-coda.
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ESERCIZIO N.6
Si effettui graficamente la somma dei vettori sotto indicati con il metodo del parallelogramma.
ESERCIZIO N.7
Si effettui graficamente la somma dei vettori sotto indicati con il metodo punta-coda.
ESERCIZIO N.8
Si effettui graficamente la differenza
40
dei vettori sotto indicati.
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ESERCIZIO N.9
Si effettui graficamente la differenza
dei vettori sotto indicati.
ESERCIZIO N.10
Si effettui graficamente la scomposizione del vettore dato lungo le direzioni orizzontale x e verticale y.
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6. LE FORZE
È semplice rispondere alla richiesta di applicare una forza ad un oggetto. Meno immediato è descrivere cosa sia una forza.
6.1 DEFINIZIONE E CONCETTO DI FORZA
Si può definire la forza come una azione che modifica il movimento del corpo al quale è applicata (se questo è libero di
muoversi) e provoca una deformazione dello stesso.
Questo doppio effetto della forza è osservabile applicando, per esempio, una forza ad una pallina sul tavolo o ad una
gomma da cancellare tenuta tra le dita.
Anche se questi due effetti compaiono in genere insieme quando viene applicata una forza, noi li esamineremo
separatamente.
6.2 EFFETTI DELLE FORZE
Come le forze modificano il moto: cenno ai principi della Dinamica
Se applichiamo una forza costante ad un corpo fermo, poggiato su un piano, possiamo osservare che il corpo comincia a
muoversi, aumentando la sua velocità nella stessa direzione della forza.
Quando aumenta la velocità, si dice che il corpo possiede una accelerazione.
Da questa esperienza possiamo dedurre che è la forza che ha generato l'accelerazione del corpo.
La forza e l'accelerazione, in questo caso, sono direttamente proporzionali: cioè se aumenta (diminuisce) la forza aumenta
(diminuisce) proporzionalmente anche l'accelerazione.
Se, invece, aumenta la massa, a parità di forza applicata, diminuisce l'accelerazione.
Quindi maggiore è la massa, maggiore sarà la forza da applicare per produrre una stessa accelerazione.
La legge che esprime questa relazione è:
nota come 2° principio della dinamica ( o seconda legge di Newton).
La forza
va intesa come la risultante di tutte la forze agenti su un corpo.
Questa legge, nel caso della forza peso si può scrivere:
dove:
= forza peso,
= massa del corpo,
= accelerazione di gravità.
Nel caso in cui ad un corpo non viene applicata nessuna forza, o vengono applicate forze equilibrate (cioè aventi risultante
nulla), allora l’accelerazione sarà nulla, cioè la velocità rimarrà sempre costante. Possiamo enunciare, così, il 1° principio
della dinamica (o prima legge di Newton):
un corpo, soggetto a forze di risultante nulla, permane nel suo stato di moto rettilineo uniforme (o di quiete, se la
velocità iniziale è nulla).
In conclusione accenniamo brevemente anche al terzo principio della dinamica.
Se proviamo a spostare con un dito un oggetto avente massa non trascurabile, quale potrebbe essere un banco, ci
accorgiamo che, mentre applichiamo la forza al banco, esso ci piega il dito.
Se osserviamo una calamita che attrae un oggetto metallico di massa comparabile, vediamo che entrambi gli oggetti si
attraggono e si muovono l'uno verso l'altro.
43
Scienze Integrate/Fisica - primo anno
Grazie a queste ed ad altre osservazioni, si può dedurre che c'è sempre uno scambio di forze tra corpi.
Possiamo, così, enunciare il terzo principio della dinamica:
ad ogni forza (azione) corrisponde un’altra forza (reazione) uguale e contraria.
Bisogna considerare che l’azione e la reazione sono applicate a corpi diversi.
Una illustrazione del terzo principio della dinamica:
Due pattinatori si spingono uno contro l'altro. Il primo pattinatore sulla sinistra esercita una
forza normale verso destra,
, sul secondo pattinatore, e il secondo pattinatore esercita
, sul primo pattinatore, diretta verso sinistra. L'intensitá e la direzione delle
una forza,
due forze è la stessa, ma queste hanno verso opposto, come stabilito dal terzo principio.
da https://it.wikipedia.org/wiki/Principi_della_dinamica
L’argomento sarà approfondito nel capitolo 10 relativo alle leggi della dinamica.
Vincoli
Un corpo può essere vincolato ad un altro, considerando due dimensioni, in diversi modi:
- incastro: il corpo è rigidamente collegato all'altro: si pensi ad una saldatura tra due parti metalliche o a due pezzi incollati
tra di loro.
incastro a terra: un’asta fissata a terra (zona tratteggiata).
- cerniera: il corpo può ruotare liberamente attorno al punto di vincolo (è il nodo tipico di un cardine di una porta o di una
finestra).
cerniera a terra: è rappresentata con un cerchio posto tra le estremità dei corpi
da congiungere.
Se la cerniera è fissata a terra, si disegnano dei corti raggi per indicare tale
condizione.
- carrello: il corpo è libero di ruotare attorno al punto di vincolo e di muoversi lungo una direzione data (come succede
ad un'automobile sulle ruote di una asse).
carrello: permette la traslazione in una direzione (p) e la rotazione attorno al punto
di traslazione (P). Viene rappresentato con tre cerchi contigui ad indicare le ruote
del carrello, poi sopra il corpo triangolare del carrello, ed infine il punto di appoggio
del corpo rigido collegato, indicato appunto con un cerchio perché permette la
rotazione. È vincolata dunque solo la traslazione in direzione n.
- pattino: il corpo è libero di muoversi solo lungo una direzione data (si consideri una guida metallica).
pattino: permette la sola traslazione in una sola direzione, la direzione p, e blocca
sia la traslazione n, che la rotazione dell'asta sul pattino.
da:https://it.wikiversity.org/wiki/Vincoli_e_gradi_di_libert%C3%A0
In generale un corpo vincolato ad un altro subisce una reazione solo nelle direzioni in cui il movimento è impedito.
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6.3 ELASTICITÀ DEI CORPI E LEGGE DI HOOKE
Si consideri una molla “incastrata” ad un punto fisso:
Se applichiamo una forza di trazione all'estremo libero della
molla, si può notare un allungamento (o deformazione) della
stessa:
Se applichiamo una forza di intensità doppia rispetto alla precedente, si noterà un allungamento
della molla doppio
rispetto a quello precedente, per una forza tripla si avrebbe un allungamento triplo, e così via.
Si può perciò dedurre che la forza applicata e l'allungamento della molla sono direttamente proporzionali.
La legge che spiega questo andamento si può scrivere:
che, scritta in forma vettoriale, diventa:
dove
è la costante elastica della molla ed è un indice della rigidezza della molla.
Nel S.I., la costante elastica si misura in newton al metro (N/m).
Si noti che più
è alto, più la molla risulta rigida.
Se si considera, invece che la forza applicata, la forza di richiamo della molla (che è uguale e contraria alla forza applicata)
possiamo scrivere:
relazione che costituisce la legge di Hooke.
Se esaminiamo il grafico, che riporta in ascissa l'allungamento ed in ordinata la forza, si osserva che esso è costituito da
una (semi)retta passante per l'origine:
e sappiamo che questo è l'andamento tipico delle grandezze direttamente proporzionali.
Un corpo si dice “corpo rigido” se, sottoposto ad azioni esterne, mantiene inalterata la distanza tra due qualsiasi suoi
punti; in caso contrario si dice “deformabile”.
In generale, un corpo solido, per quanto esso sia duro, sottoposto ad una forza di una certa intensità, si deforma ed è
logico che la deformazione sarà minore quanto più il corpo è duro.
In genere, nello studio del movimento dei corpi, essi si considerano come indeformabili, cioè infinitamente rigidi; in pratica,
si trascura la loro deformazione, pur presente, rispetto all'effetto più evidente del moto.
In generale, quando deformiamo un corpo solido (e ci spingiamo fino alla sua rottura), esso si comporta in maniera elastica
nella parte iniziale dove, al cessare dell'azione deformante, il corpo ritorna alle dimensioni iniziali e l'andamento del grafico
è lineare.
Superato un certo valore limite, il corpo si deforma in modo plastico: al cessare dell'azione deformante, il corpo non ritorna
alle dimensioni iniziali ma rimane deformato e l'andamento del grafico
non è lineare.
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6.4 MOMENTO DI UNA FORZA
Consideriamo un corpo di piccole dimensioni, tali da assimilarlo ad un corpo puntiforme.
Se le forze che agiscono sul corpo fermo hanno somma nulla,
allora per il primo principio della dinamica, il corpo rimane in quiete,
cioè in equilibrio.
Esaminiamo ora cosa succede se un corpo è esteso, cioè non è puntiforme.
Osserviamo un libro poggiato su un tavolo, soggetto a due forze uguali e contrarie che agiscono su assi diversi:
Si può osservare che il corpo non resta fermo e che inizia a “ruotare” su se stesso.
Si deduce che “il fatto che la somma delle forze sia uguale a zero non è sufficiente a garantire l'equilibrio di un corpo esteso”.
Bisogna perciò introdurre un'altra grandezza, oltre alla forza, per studiare “la rotazione” di un corpo e quindi l'equilibrio alla
rotazione.
Consideriamo un corpo che possa ruotare liberamente attorno ad un asse perpendicolare al piano del foglio passante per
O, cioè un corpo “incernierato” in O. Per dare una dimensione reale all'ipotesi teorica, potremmo pensare ad una porta,
vista dall'alto, che ruota attorno all'asse dei cardini.
Applichiamo una forza di intensità costante al corpo.
Le modalità di applicazione della forza al corpo incidono sulla sua rotazione.
Se applichiamo, infatti, una forza perpendicolarmente alla porta, essa ruoterà in maniera diversa a seconda del punto di
applicazione della forza.
Se la forza è applicata in un punto lontano dal centro di rotazione, l'effetto di rotazione sarà massimo; se la forza è applicata
in un punto intermedio, l'effetto di rotazione sarà minore che nel primo caso; se la forza è applicata proprio sull'asse di
rotazione, l'effetto sulla rotazione sarà nullo.
Quanto appena detto viene di seguito rappresentato:
Da questa osservazione possiamo dedurre che l'effetto sulla rotazione non dipende solo dalla forza, ma anche dalla sua
distanza dal centro di rotazione.
Osserviamo inoltre che se la forza è applicata sempre sullo stesso punto ma con una angolazione diversa anche l'effetto
sulla rotazione è diverso.
In particolare, in questo caso, più la forza sarà allineata con il corpo, cioè più la direzione della forza applicata passa vicino
al centro di rotazione, minore sarà l'effetto sulla rotazione.
Quando, al limite, la direzione della forza passa proprio per il punto di rotazione O, l'effetto sulla rotazione sarà nullo.
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Possiamo perciò definire una grandezza che sia la responsabile di come un
corpo modifica la rotazione: questa grandezza è il momento di una forza.
Si definisce il momento di una forza il prodotto tra forza e braccio.
In simboli:
dove il braccio è la distanza tra la forza ed il centro di rotazione cioè la minima distanza tra forza e punto di rotazione (il
segmento che da O arriva perpendicolarmente alla linea retta passante per il vettore forza).
Si può attribuire un segno al momento sopra definito: si parla di momento positivo quando il momento di una forza fa
ruotare il corpo attorno al centro di rotazione in senso antiorario, di momento negativo quando il senso di rotazione è
orario.
Approfondimento: il seno ed il coseno di un angolo
Si consideri un triangolo rettangolo: si scelga un angolo α non retto;
possiamo indicare i cateti del triangolo in riferimento alla loro posizione
rispetto all'angolo scelto.
Avremo così il cateto opposto all’angolo α ed il cateto adiacente
all’angolo α, che indicheremo rispettivamente c.o.α e c.a.α.
Consideriamo ora il rapporto tra il c.o.α e l’ipotenusa:
c.o.α
i
rapporto che non dipende dalle dimensioni del triangolo rettangolo ma solo dal valore assunto dall’angolo α (perché?).
Si può definire, pertanto, una funzione dell’angolo α, che è proprio pari al rapporto prima indicato, precisamente:
sen α =
c.o.α
i
Questo rapporto, dipendente solo dall’angolo α, può essere tabellato rispetto ai diversi valori che l’angolo assume tra 0° e
90°, oppure può essere calcolato con applicativi software o con calcolatrice scientifica.
Dalla definizione di sen α, possiamo ricavare l’espressione per calcolare c.o.α:
c.o.α = i · sen α
Quanto appena indicato rappresenta un modo per calcolare un cateto di un triangolo rettangolo, dati l'ipotenusa ed un
angolo.
Per analogia si può scrivere per il coseno:
cos α =
c.a.α
i
e ricavare:
c.a.α = i · cos α
Approfondimento: il seno per calcolare il momento
Se utilizziamo il seno ed il coseno di un angolo, possiamo ricavare il
braccio considerando la distanza r tra il punto di applicazione della forza
ed il centro di rotazione O e l’angolo α tra la forza ed r.
Osserviamo che il cateto b del triangolo rettangolo in figura è opposto
all’angolo α:
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Si ha quindi:
b = r · sen α
e, poiché:
M=F·b
si ha:
M = F · r · sen α
che è un altro modo per esprimere il momento di una forza.
Approfondimento: il momento come prodotto vettoriale
Il momento può essere visto come un prodotto vettoriale, cioè il prodotto di due vettori, che restituisce come risultato un
altro vettore, che ha intensità pari al prodotto delle intensità dei vettori distanza e forza per il seno dell'angolo compreso,
direzione perpendicolare al piano contenente
ed
e verso tale che, dalla punta del vettore momento applicato al
centro di rotazione, vede ruotare il corpo, a causa della forza, in verso antiorario.
Possiamo scrivere:
Un altro modo per stabilire il verso del prodotto vettoriale è quello di considerare le prime tre dita della mano destra: pollice,
indice e medio.
Il pollice verrà posto secondo la direzione ed il verso del primo vettore (nel nostro caso
), l'indice secondo la direzione
ed il verso del secondo vettore (nel nostro caso
), il medio, posto perpendicolarmente alle altre due dita, indicherà il
verso del vettore risultante (nel nostro caso
).
6.5 COPPIE DI FORZE E MOMENTO DI UNA COPPIA DI FORZE
Due forze di uguale intensità, stessa direzione e verso opposto, applicate allo stesso corpo in
modo da non essere sullo stesso asse, costituiscono una coppia di forze.
Una coppia di forze generano un momento che ha intensità:
M=F·b
dove il braccio, in questo caso, è la distanza tra gli assi delle due forze.
6.6 ESERCIZI PROPOSTI
1. Quale è la forza peso che agisce su una massa di 3 kg?
2. Se il peso indicato da un dinamometro è 15 N, quanto è la massa ad esso attaccata?
[29,4]
[1,53 kg]
3. Una molla di costante elastica k = 300 N/m, soggetta ad una forza di trazione, subisce un allungamento di 10 cm.
Quanto vale la forza?
[30 N]
4. Una molla, soggetta ad una forza di trazione di 10 N, subisce un allungamento di 2 cm. Qual è la sua costante elastica?
[ k = 500 N/m]
5. Se applichiamo la forza di 6 N ad un corpo di massa 2 kg, poggiato su un piano orizzontale piano privo di attrito,
quale sarà l'accelerazione che avrà il corpo?
[ 3 m/s2]
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6. Una persona ferma, di massa 70 kg, è in piedi su un pavimento piano. Quale sarà la reazione del pavimento sulla
persona?
[ 686 N]
7. Un corpo, di massa 10 kg, è sorretto da due molle uguali di costante elastica 50 N/m che sono entrambe collegate
da un lato al corpo e dall'altro al soffitto. Qual è l'allungamento delle molle (che corrisponde allo spostamento del
corpo)?
[ 0,98 m]
8. La reazione su una persona ferma in piedi su un pavimento piano è pari a 600 N. Qual è la massa della persona?
[ 61,22 kg]
9. Una forza, di intensità 6 N, è applicata sulla maniglia di una porta posta ad 80 cm dai perni, in direzione perpendicolare
ad essa. Calcolare il momento della forza.
[ 4,8 Nm]
10. Una forza, di intensità 8 N, è applicata sulla maniglia di una porta posta ad 80 cm dai perni, in direzione inclinata di
45° rispetto ad essa. Calcolare il momento della forza.
[ 4,53 Nm]
11. Si calcoli il momento totale rispetto al polo O,
sapendo che:
F1 = 5 N
b1 = 3 m
b2 = 1 m
F2 = 3 N
F3 = 5 N
b3 = 2 m
[ 8 N]
12. Si calcoli il momento totale rispetto al polo O,
sapendo che:
b1 = 3 m
F1 = 10 N
F2 = 8 N
b2 = 3 m
b3 = 2 m
F3 = 5 N
[ 80,44 N]
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7. EQUILIBRIO DEI CORPI RIGIDI
7.1 BARICENTRO
Un corpo rigido esteso ha un peso che è distribuito su tutto il suo volume: risulta difficile analizzare il problema senza
esprimere il peso come un vettore applicato in un punto.
In effetti si può considerare il peso totale del corpo, ed esprimerlo come un vettore diretto verticalmente verso il basso.
Il problema è: “dove applicare questo vettore?”
Nel baricentro.
Il baricentro è quel punto in cui si può immaginare concentrata tutta la forza peso, in modo tale che il corpo si comporti
come in realtà, cioè con il peso distribuito su tutto il volume del corpo.
da http://fisica.cattolica.info/avventura/quesiti/centro.htm
Se appendiamo il corpo con un filo collegato al baricentro, il corpo rimane fermo in equilibrio senza ruotare, proprio perché
la reazione del filo risulta uguale e contraria alla forza peso totale del corpo, che può essere concentrata nel baricentro.
In tutti i corpi aventi un centro di simmetria, il baricentro coincide con il centro di simmetria.
COMPLETA TU:
il baricentro di un rettangolo è …………………………………………………………………………..
il baricentro di un rombo è
…………………………………………………………………………..
il baricentro di un cerchio è .………………………………………………………………………….
il baricentro di un cubo è
…………………………………………………………………………..
il baricentro di una sfera è
……………………………………………………………………………
7.2 EQUILIBRIO STABILE, INSTABILE ED INDIFFERENTE
Si consideri un corpo puntiforme. Esso è in equilibrio se la somma di tutte le forze agenti (su di esso) è nulla.
Per cui, se il corpo è fermo, rimarrà fermo.
La somma in generale, va intesa in senso vettoriale.
Si può osservare che ci sono tre possibili condizioni di equilibrio:
Equilibrio stabile: se il corpo, spostato dalla condizione di equilibrio, tende a tornare nella posizione
iniziale.
Si pensi ad una pallina in equilibrio sul fondo di una valle.
Equilibrio instabile: se il corpo, spostato dalla condizione di equilibrio, tende ad allontanarsi dalla
posizione di equilibrio iniziale.
Si pensi ad una pallina in equilibrio sulla sommità di un colle.
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Equilibrio indifferente: se il corpo, spostato dalla condizione di equilibrio, tende
a rimanere nella nuova posizione, anch'essa di equilibrio.
Si pensi ad una pallina in equilibrio su una superficie piana.
Su un piano orizzontale ogni punto corrisponde a una posizione di equilibrio.
Nella figura seguente vengono presentate “insieme” le tre possibili condizioni di equilibrio:
da http://digilander.libero.it/danilo.mauro/temi/rotazioni3.html
➢ la sfera A occupa una posizione di equilibrio stabile;
➢ la sfera B occupa invece una posizione di equilibrio instabile;
➢ la sfera C occupa una posizione di equilibrio indifferente.
7.3 CONDIZIONI DI EQUILIBRIO DI UN CORPO ESTESO
Si possono ora esaminare le condizioni di equilibrio di un corpo che non sia puntiforme.
Un corpo esteso (cioè non puntiforme) risulta in equilibrio quando sono verificate entrambe le seguenti condizioni:
la somma di tutte le forze agenti sul corpo è nulla
la somma di tutti i momenti agenti sul corpo è nulla
Queste condizioni sono conosciute come le condizioni di equilibrio di un corpo rigido esteso.
7.4 MACCHINE SEMPLICI
Le macchine semplici sono delle macchine utilizzate, sin dall'antichità, per aiutare il lavoro dell'uomo, o perché moltiplicano
la forza applicata o perché la fanno applicare in maniera più comoda.
Analizziamo alcune macchine semplici:
Leve
Si osservi la situazione in figura:
Vogliamo equilibrare con una forza verso il basso il peso di un oggetto posto su un'asta che può ruotare attorno ad un
fulcro posto in O.
Dobbiamo considerare l'equilibrio alla rotazione e quindi la somma dei momenti agenti rispetto al centro di rotazione O
deve essere nulla.
Possiamo perciò scrivere:
dove il secondo termine è negativo poiché da solo tende a provocare una rotazione in senso orario.
Da questa uguaglianza si ha:
da cui si ricava la forza equilibrante:
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Si ricorda la ormai storica classificazione che, considerando le leve come macchine semplici per il sollevamento dei pesi,
introduce i concetti di forza resistente per la forza peso dell'oggetto sollevato e di forza agente per l'azione che tende a
sollevare il corpo (tralasciamo le indicazioni di potenza e resistenza che possono indurre in confusione).
Questa classificazione considera le:
• leve di primo genere quando il fulcro è tra la forza agente e quella resistente
(un esempio di leva di primo genere è dato dalle forbici, dove:
fulcro = cerniera
forza resistente = oggetto da tagliare
forza applicata = impugnatura )
• leve di secondo genere quando la forza resistente è tra il fulcro e la forza agente
(un esempio di leva di secondo genere è dato dallo schiaccianoci, dove:
fulcro = perno
forza resistente = noce
forza applicata = mano )
• leve di terzo genere quando la forza agente è tra fulcro e forza resistente
(un esempio di leva di terzo genere è dato dalle pinzette prendi ghiaccio, dove:
fulcro = perno
forza resistente = cubetto di ghiaccio
forza applicata = mano )
Piano inclinato
Consideriamo un corpo libero di scivolare su un piano inclinato senza attrito, cioè
senza forze che si oppongono al moto.
Il corpo avrà una certa massa, e quindi per il secondo principio della dinamica, avrà
anche un peso. Il peso è diretto verso il basso.
Il piano, privo di attrito, può esercitare solo reazioni perpendicolari a se stesso. Se il
piano fosse orizzontale, la forza peso sarebbe completamente annullata dalla
reazione del piano.
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Poiché il piano è inclinato, bisogna analizzare in maniera accurata lo schema del problema e scomporre la forza peso lungo
due direzioni: la direzione parallela al piano e la direzione ad esso perpendicolare.
Osserviamo i due triangoli: il triangolo formato dalle forze e il triangolo
del piano inclinato.
É evidente che entrambi questi triangoli sono retti e che gli angoli
evidenziati in figura sono uguali. Poiché gli angoli interni di un triangolo
hanno per somma 180°, si deduce che i due triangoli hanno i tre angoli
uguali.
I triangoli che hanno tre angoli uguali si chiamano triangoli simili.
I triangoli simili hanno i lati corrispondenti proporzionali.
Pertanto, per ricavare la componente parallela della forza peso, bisognerà utilizzare una proporzione tra i lati del triangolo
relativo al piano inclinato ed il triangolo delle forze; precisamente:
dalla quale si ricava che:
Applichiamo sen α al piano inclinato
Consideriamo un piano, inclinato di un angolo α rispetto all’orizzontale. Il
triangolo delle forze sarà rettangolo ed avrà un angolo pari ad α.
Osservando la figura possiamo dedurre che:
che è un altro modo, equivalente all'altro già visto, per ricavare la componente della forza peso parallela al piano inclinato.
Carrucole
Un'altra macchina semplice è la carrucola. Essa viene utilizzata per il sollevamento di corpi pesanti ad una certa altezza.
Noi considereremo due tipi di carrucole:
Carrucola fissa
La carrucola fissa consiste in una ruota fissata per l'asse di rotazione ad un punto fisso, e di una
corda che viene fatta passare attorno alla carrucola stessa:
Dall'equilibrio alla rotazione, si nota che, essendo i bracci delle forze uguali, la forza agente
necessaria a sollevare il corpo sarà uguale al peso P dell'oggetto da sollevare.
Pertanto si può dedurre che il vantaggio della carrucola consiste nella posizione migliore per
sollevare il peso in maniera più comoda ed efficace.
Carrucola mobile
Se appendiamo la stessa carrucola “a testa in giù”, cioè un capo della fune lo fissiamo rigidamente,
il peso lo colleghiamo all'asse della carrucola e la forza agente la applichiamo all'altro capo della
fune, abbiamo lo schema della carrucola mobile, illustrato in figura:
Dalle equazioni di equilibrio otteniamo che la somma delle forze verso l'alto, che risultano di pari
entità, deve uguagliare la forza peso diretta verso il basso. Da quanto detto si deduce che la forza
agente necessaria per sollevare il carico ha intensità pari alla metà del suo peso. In questo modo la
carrucola mobile permette di ridurre alla metà la forza necessaria per sollevare il carico.
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7.5 ESERCIZI PROPOSTI
1. Un corpo, di massa 3 kg, è posto su un piano inclinato di 30° rispetto all'orizzontale, qual è la forza parallela al piano
necessaria per mantenerlo in equilibrio.
[14,7 N]
2. Un corpo, di massa 3 kg, è su un piano inclinato, privo di attrito, lungo 5 m, altezza 3 m e base 4 m. Quanto vale
l'accelerazione a cui è soggetto il corpo?
[17,64 N]
3. Un corpo, di peso 20 N, è su un piano inclinato, privo di attrito, lungo 10 m, altezza 6 m e base 8 m. Quanto vale la
componente del peso parallela al piano inclinato?
[117,6 N]
4. Un corpo, di peso 50 N, è appeso ad una molla di costante elastica k = 200 N/m ed in posizione iniziale è ad una
altezza di 10 cm sopra un piano orizzontale. Quanto vale la reazione del piano orizzontale quando, dopo aver lasciato
il corpo appeso alla molla, esso dilata la molla e si poggia sul piano?
[30 N]
5. Si calcoli la forza F, necessaria per avere l'equilibrio, sapendo che la massa dell'oggetto è pari a
m = 5 kg e che b1 = 3 m e b2 = 2 m.
[73,5 N]
6. Si calcoli la forza F, necessaria per avere l'equilibrio, sapendo che la massa dell'oggetto è pari a
m = 10 kg e che b1 = 4 m e b2 = 3 m.
[42 N]
7. Si calcoli la forza F, necessaria per avere l'equilibrio, sapendo che la massa dell'oggetto è pari a
m = 12 kg e che b1 = 5 m e b2 = 4 m.
[264,6 N]
8. Si calcoli la forza F, necessaria per avere l'equilibrio, sapendo che le masse sono uguali e pari a
m = 4 kg e che b1 = 5 m e b2 = 4 m e b3 = 2 m.
[68,6 N]
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9. Si vuole sollevare un corpo di massa 23 kg con una carrucola fissa. Qual è la forza necessaria?
[225,4 N]
10. Si vuole sollevare un corpo di massa 45 kg con una carrucola mobile. Qual è la forza necessaria?
[220,5 N]
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8. LA STATICA DEI FLUIDI
8.1 CONCETTO DI PRESSIONE
Vogliamo estendere alcuni concetti della dinamica in generale, ed in particolare della statica, ai fluidi.
Sappiamo che gli stati principali della materia sono lo stato solido, lo stato liquido e lo stato gassoso.
Fluidi possono essere considerati quei materiali che, in condizioni ambientali standard, non si presentano come solidi: quindi
i liquidi ed i gas.
Quando abbiamo a che fare con fluidi, in generale risulta difficile considerare masse e forze; si preferisce parlare di densità
e pressione.
Ricordiamo che la densità è definita come il rapporto tra massa di un corpo e volume occupato dal corpo; in simboli:
Nel S.I., la densità si misura in
.
Ricordiamo inoltre che la pressione può essere definita come il rapporto tra forza premente e area della superficie di azione.
In simboli:
L'unità di misura principale della pressione, nel S.I. è il Pascal:
Il Pascal è una unità di misura molto piccola per cui, spesso, nelle varie applicazioni si utilizzano suoi multipli:
➢ Il kPa è pari a 1000 Pa, cioè:
1 kPa = 1000 Pa.
➢ Il bar è pari a 100000 Pa, cioè a 105 Pa, ed è utilizzato nelle applicazioni che considerano pressioni dell'ordine della
pressione atmosferica.
1 bar = 100000 Pa.
➢ Il millibar è pari a 100 Pa, cioè:
1 mbar = 100 Pa.
8.2 PRINCIPIO DI PASCAL
Esaminiamo un recipiente contenente un fluido, ad esempio una vaschetta con dentro acqua.
In generale possiamo attribuire una pressione ad ogni punto del fluido.
Nel punto P si potrà far passare una superficie e, se si considerano le forze scambiate e l'area
della superficie considerata, possiamo calcolare la pressione in quel punto.
Si può ora enunciare il principio di Pascal (o legge di Pascal): la pressione esercitata su un
elemento di superficie di un fluido si trasmette su tutte le superfici a contatto con esso, quindi in
tutte le direzioni, e con la stessa intensità.
Pertanto, la pressione in un punto ha sempre lo stesso valore, indipendentemente dalla direzione
della superficie che si considera.
La pressione esercitata in un punto si trasmette in tutte le direzioni a contatto con il liquido.
Questa osservazione è evidenziata dalla sfera di Pascal sotto indicata.
Lo strumento è costituito da una sfera cava di metallo, sulla cui superficie sono praticati
numerosi forellini, sormontata da un cilindro entro cui scorre uno stantuffo. Riempita d’acqua,
spingendo lo stantuffo dentro il cilindro, si vede che l’acqua zampilla da tutti i fori ad uguale
distanza e con direzione radiale. Ciò significa che la pressione non si trasmette soltanto nel
senso in cui viene mosso lo stantuffo ma in tutte le direzioni.
da http://ishtar.df.unibo.it/mflu/html/pascal.html
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Il torchio idraulico
Si tratta di una applicazione che sfrutta i principi dell'idraulica per la moltiplicazione delle forze.
Il torchio idraulico è costituito da due recipienti cilindrici, tra loro comunicanti, di sezione diversa e contenenti un liquido
(acqua, olio, ecc.) che, in condizioni di equilibrio raggiunge lo stesso livello (principio dei vasi comunicanti - paragrafo 8.4)
e da due pistoni.
L'oggetto posto sulla destra ha una forza peso
e agisce su un'area
.
La pressione provocata sul liquido dal peso dell'oggetto è, per il principio di Pascal, pari a:
Poiché la pressione non dipende dalla superficie, si può affermare che, in corrispondenza della superficie A2, essa è uguale
alla pressione in corrispondenza della superficie A1; cioè:
Uguagliando le due pressioni si ha:
e ricavando la forza agente si ottiene:
Poiché A2 è molto più piccola di A1, si osserva che la forza , necessaria al sollevamento dell'oggetto posto in
corrispondenza della superficie A1, è molto inferiore al peso dell'oggetto. In conclusione, il torchio idraulico (o sollevatore
idraulico) permette di sollevare corpi molto pesanti, applicando forze di piccola intensità.
8.3 LEGGE DI STEVIN E PRESSIONE IDROSTATICA
Consideriamo un recipiente contenente un fluido, ad esempio una vaschetta contenente
un liquido. Vogliamo calcolare la pressione sul fondo della vaschetta dovuta al peso del
liquido di altezza h.
La pressione si può ricavare con la formula:
L'area con la quale ricavare la pressione risulta pari all'area di base del recipiente: S = Ab.
Per quanto riguarda la forza peso essa si può ricavare grazie al secondo principio della dinamica:
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e, conoscendo la densità e il volume, possiamo ricavare la massa:
Possiamo, quindi, dire che la forza peso è data da:
per cui la pressione si può scrivere:
e, ricordando che:
si ha:
e, in definitiva,si ottiene:
(legge di Stevin o di Stevino)
La legge di Stevino ci permette di calcolare la pressione esistente ad ogni profondità entro una colonna di fluido, conoscendo
la densità dello stesso.
Se consideriamo il peso specifico:
la legge di Stevino può essere scritta nel seguente modo:
Essa ci indica che, in generale, la pressione agente su un corpo immerso in un fluido dipende dalla densità del fluido e dalla
profondità di immersione.
Se consideriamo la pressione esterna al recipiente
, la pressione totale nel punto indicato sarà la somma delle due
pressioni; otteniamo così la legge di Stevino generalizzata:
Vedremo che questa legge ha importanti applicazioni.
8.4 VASI COMUNICANTI
Si definiscono vasi comunicanti due o più recipienti, anche di diversa forma e volume, comunicanti tra loro attraverso un
condotto tale che il liquido possa fluire liberamente da un vaso ad un altro.
Vasi comunicanti con uno stesso liquido
Le pressioni esercitate dalle colonne di liquido sulla loro base sono date da:
In condizioni di equilibrio risulta:
quindi:
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(stesso liquido), si può concludere che:
e poiché
cioè:
Nei vasi comunicanti contenenti lo stesso liquido le altezze sono sempre uguali.
Vasi comunicanti con liquidi diversi non miscibili
Le pressioni esercitate dalle colonne di liquido sulla loro base sono date da:
In condizioni di equilibrio risulta:
quindi:
o, in maniera equivalente:
per cui, essendo
(liquidi diversi), si ricava:
o, in maniera equivalente
Concludiamo quindi che: nei vasi comunicanti contenenti liquidi diversi, non miscibili, le altezze a cui si portano i due liquidi
in un “tubo ad U” sono inversamente proporzionali alle loro densità (o ai loro pesi specifici).
8.5 PRESSIONE ATMOSFERICA
Questa esperienza è stata effettuata dal matematico e fisico italiano Evangelista Torricelli per misurare la pressione
atmosferica.
Per effettuarla si prende un lungo tubo di materiale trasparente, chiuso ad una estremità. Questo tubo viene riempito
completamente di mercurio e rovesciato, in modo da non far fuoriuscire il mercurio, in un recipiente anch'esso contenente
mercurio.
Il mercurio è il liquido con la più alta densità: = 13600 kg/m3
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Una volta rovesciato il tubo, il livello del mercurio si abbassa fino ad una altezza di 76 cm.
La colonna di mercurio provoca una pressione pari a quella atmosferica. Utilizzando la legge di Stevino si ottiene:
che è il valore della pressione atmosferica a livello del mare.
Poiché la pressione atmosferica è la pressione dovuta alla colonna di aria sopra le nostre teste, essa varia con l'altitudine:
ecco perché in montagna è minore che in pianura.
Data l'importanza della pressione atmosferica nella vita quotidiana, il suo valore viene spesso ancora usato come unità di
misura della pressione (simbolo atm), anche se non fa parte del S.I. di misura. Per questo motivo si è introdotto il bar:
Un'altra unità usata spesso è il torr, in onore di Torricelli. Il torr è appunto la pressione di
1 mm di mercurio, per cui la pressione atmosferica è di circa 760 torr.
1 torr = 1 mm Hg = 133 Pa
1 atm = 760 torr
8.6 PRINCIPIO DI ARCHIMEDE
Il principio di Archimede spiega perché, e quando, un corpo immerso in un fluido galleggia. Osserviamo un corpo immerso
in un liquido: esso tenderà a galleggiare o ad affondare, a seconda del materiale immerso e del liquido in cui il corpo è stato
immerso.
Il corpo è infatti soggetto a due forze:
• la prima, diretta verso il basso, è la forza peso di intensità pari a:
• la seconda è la spinta di Archimede, dovuta al fluido in cui il corpo è immerso, che dipende dalla densità del fluido
e dal volume immerso del corpo
:
Pertanto si può dire che la spinta di Archimede è pari al peso del volume del fluido spostato dal corpo immerso.
Si può ricavare la spinta di Archimede come la risultante di tutte le forze di pressione esercitate sul corpo immerso.
Anche un corpo immerso in aria è soggetto alla spinta di Archimede che, spesso, è del tutto trascurabile, come nel caso
di misurazioni di massa di corpi solidi con alta densità.
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In alcuni casi, invece, la spinta di Archimede ha una influenza fondamentale: si pensi ad una mongolfiera o ad un palloncino
che riescono a sollevarsi in volo proprio grazie alla spinta di Archimede.
Sfruttando il principio di Archimede, la mongolfiera che è piena di aria calda, risulta
più leggera di quanto pesa il volume di aria che sposta e quindi riesce a salire
verso l'alto.
da http://www.sapere.it/sapere/strumenti/domande-risposte/scienza-tecnologia/
8.7 EQUILIBRIO DI CORPI IMMERSI
Dalla formula della spinta di Archimede si può dedurre, in generale, che un corpo tende a galleggiare se la spinta di
Archimede è maggiore del peso.
Il corpo tende ad andare verso il fondo se la spinta di Archimede risulta minore della forza peso.
Nel caso di corpi completamente immersi in un liquido
,possiamo ricavare una semplice regola pratica che ci aiuta a
capire quando un corpo tenderà a galleggiare oppure ad affondare.
La forza peso
del corpo ha intensità pari a:
dove:
densità del corpo;
accelerazione di gravità;
volume del corpo.
La spinta di Archimede
ha intensità pari a:
Da queste formule si osserva che, se:
In generale, un corpo, anche quando è sul fondo del recipiente contenente un fluido, è comunque soggetto alla spinta di
Archimede. Infatti per sollevare il corpo è necessaria una forza inferiore al suo peso.
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8.8 EQUILIBRIO DI CORPI GALLEGGIANTI
Dalla formula della spinta
Nel caso di corpi galleggianti, bisogna considerare l'equilibrio tra la forza peso
La forza peso
e la spinta
di Archimede.
del corpo ha intensità pari a:
dove:
densità del corpo;
accelerazione di gravità;
volume del corpo.
La spinta di Archimede
deve essere ricavata considerando la parte di volume immerso del corpo.
Essa ha intensità pari a:
densità del liquido;
accelerazione di gravità;
volume immerso del corpo.
Da questa relazione è possibile ricavare il volume immerso: Si ha infatti:
da cui:
e quindi:
8.9 ESERCIZI PROPOSTI
1. Un sub è immerso nell'acqua del mare alla profondità di 20 m. Si calcoli la pressione dovuta all'acqua. Si calcoli la
[196000 Pa; 297300 Pa]
pressione totale ( dacqua = 1000 kg/m3).
2. Un sommergibile è immerso ad una profondità di 500 m nel mare. Si calcoli la forza che agisce sul portello di apertura
che ha area pari a 0,4 m2 ( dacqua = 1000 kg/m3).
[1960000 N]
3. Un tubo ad U contiene acqua. Se il lato sinistro si trova alla pressione atmosferica, è ad una altezza di 19,2 cm
maggiore del lato destro, quanto vale la pressione pb? ( dacqua = 1000 kg/m3).
[1881,6 Pa]
63
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4. Un tubo ad U contiene due liquidi diversi, acqua e olio. Il lato sinistro con l'olio si trova ad un livello maggiore rispetto
a quello dell'acqua, con le altezze, rispetto alla quota di separazione, pari a:
ha = 28,3 cm e hb = 23,4 cm.
Calcolare la densità dell'olio.
( dacqua = 1000 kg/m3).
[826,86 kg/m3]
5. Un parallelepipedo di alluminio di volume 0,2 m3 ( dal = 2700 kg/m3), è immerso in acqua. Calcolare il peso del
parallelepipedo in aria (la densità dell'aria si può trascurare). Calcolare la spinta di Archimede. Calcolare il peso del
parallelepipedo in acqua (esso corrisponde alla forza necessaria a sollevare il corpo quando esso è completamente
immerso in acqua).
[5292 N; 1960 N; 3332 N]
6. Una sfera di acciaio, di raggio r = 0,1 m ( d = 7850 kg/m3), è immersa in acqua. Calcolare il peso della sfera in aria (la
densità dell'aria si può trascurare). Calcolare la spinta di Archimede. Calcolare il peso della sfera in acqua (esso
corrisponde alla forza necessaria a sollevare il corpo quando esso è completamente immerso in acqua).
[322,08 N; 41,03 N; 281,05]
7. Un parallelepipedo di legno ( d = 700 kg/m3), di base 10 cm x 20 cm ed altezza h = 10 cm, galleggia su acqua.
Calcolare la parte immersa del blocco di legno.
[0,01372 m3; pari a 7 cm immersi]
8. Un misuratore di pressione funziona con un indicatore costituito da una colonnina di mercurio. Quando l'altezza della
colonnina è 0,58 cm, quanto vale la pressione?
( dHg = 13600 kg/m3)
[77302,4 Pa]
9. Un cubo di ferro pieno galleggia in una vasca di acqua? Spiegare perché.
10. Un cubo di ferro pieno galleggia in una vasca di mercurio? Spiegare perché.
11. Un cubo di oro pieno galleggia in una vasca di mercurio? Spiegare perché.
64
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9. IL MOTO DEI CORPI
9.1 IL FENOMENO DEL MOVIMENTO: CINEMATICA E DINAMICA
Il movimento di un corpo rappresenta un fenomeno naturale onnipresente, a tutti molto familiare e di cui, quindi, potremmo
portare innumerevoli esempi tratti dalla vita quotidiana.
Non a caso una parte della Fisica si occupa proprio di descrivere il movimento dei corpi: essa è chiamata cinematica
e svolge questo compito senza considerare le cause che provocano il movimento stesso.
La dinamica è invece quella parte della Fisica che, come vedremo più avanti, si occupa di spiegare il movimento dei
corpi. Infatti essa mette in relazione le grandezze fisiche caratteristiche del moto (spazio percorso, tempo, velocità,
accelerazione) sia con le cause (forze) che lo determinano, sia con proprietà fisiche del corpo come la massa.
La cinematica e la dinamica, insieme alla statica che definisce le condizioni di equilibrio di un corpo sottoposto ad un
sistema di forze, costituiscono la MECCANICA nella quale dunque, più in generale, si studiano tutti i possibili effetti che le
forze producono sui corpi a cui sono applicate.
Come si può dedurre da una semplice osservazione del fenomeno, il movimento di un corpo si verifica quando, al trascorrere
del tempo, esso cambia continuamente la sua posizione (distanza) rispetto ad un osservatore. Il corpo percorrerà, quindi,
un certo spazio.
Queste due grandezze fisiche fondamentali, spazio e tempo, sono alla base della descrizione di qualsiasi moto. Ad esse
si devono aggiungere altre due grandezze derivate, velocità ed accelerazione.
Spazio, velocità ed accelerazione sono grandezze vettoriali in quanto definite attraverso intensità, direzione e verso,
mentre il tempo è una grandezza scalare.
La traiettoria rappresenta la linea, curva o rettilinea, che unisce tutte le posizioni occupate dal corpo durante il suo
movimento.
Di solito i moti vengono classificati in base alla loro traiettoria; essi vengono infatti distinti in:
- moto rettilineo, nel quale la traiettoria è rappresentata da una retta o da parte di essa;
- moto parabolico, nei quali la traiettoria è rappresentata da un arco di parabola;
- moto circolare, nel quale la traiettoria è rappresentata da una circonferenza.
Il moto e la quiete però non sono concetti assoluti ma relativi. Un corpo P si dice in movimento rispetto ad un altro corpo
O quando, al trascorrere del tempo, varia la posizione di P rispetto ad O.
Non ha, quindi, significato parlare di moto o di quiete se non si specifica “l'ente di riferimento”.
Pertanto, per stabilire se un corpo è in moto, occorre precisare innanzitutto RISPETTO A CHE COSA noi intendiamo riferire
l'eventuale moto.
Occorre cioè stabilire per prima cosa ciò che viene chiamato “sistema di riferimento”.
Generalmente, se il moto avviene lungo una linea (che può essere una retta o una curva qualsiasi del piano o dello spazio),
il sistema di riferimento può essere identificato con un punto fisso appartenente a tale linea. In quel punto immaginiamo la
presenza di una persona, chiamata osservatore, che segue ciò che accade al corpo in movimento.
Se il moto avviene in un piano, il sistema di riferimento è generalmente costituito da due rette perpendicolari orientate, nel
cui punto d'incontro si colloca l'osservatore.
Se il moto avviene nello spazio, il sistema di riferimento è invece costituito da tre rette orientate, ciascuna perpendicolare al
piano individuato dalle altre due.
9.2 LA VELOCITÀ
Abbiamo detto che un corpo in movimento cambia, al trascorrere del tempo, la sua posizione rispetto ad un osservatore.
La velocità è quella grandezza fisica che lega lo spazio percorso al tempo impiegato a percorrerlo. Essa indica quanto
spazio viene percorso nell’unità di tempo che, come sappiamo, nel S.I. è il secondo (s).
In termini matematici, se indichiamo con:
• s lo spazio percorso misurato in metri (m);
• t il tempo impiegato a percorrerlo misurato in secondi (s),
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la velocità è definita con la seguente relazione:
Ne segue che, nel S.I., l’unità di misura della velocità è il
(metro al secondo).
Dalla (1) si ricavano facilmente le seguenti relazioni inverse:
e
Un’altra unità di misura della velocità molto utilizzata, e a noi senz’altro più familiare, è il
(chilometro all’ora).
Vediamo ora come, con una semplicissima considerazione, si può trasformare la velocità espressa in
nella corrispondente velocità misurata in
Se un corpo si muove alla velocità di 1
e viceversa.
, vuol dire che esso percorre 3.600 m (= 3.6 km) in un tempo di 3.600 s (= 1 h)
e che, quindi, viaggia alla velocità di 3,6
.
Pertanto, per trasformare una qualunque velocità misurata in
nella medesima velocità espressa in
, occorre
moltiplicarla per 3,6 mentre per effettuare la trasformazione inversa, ossia per passare dalla velocità espressa in
alla corrispondente velocità in
, si dovrà dividere per 3,6.
(PROVA TU)
• “Converti” la velocità di 50
• “Converti” la velocità di 72
nella corrispondente velocità in
nella corrispondente velocità in
.
.
9.3 VELOCITÀ MEDIA E VELOCITÀ ISTANTANEA
Il rapporto tra lo spazio totale percorso ed il tempo impiegato, definito precedentemente, permette in generale di calcolare
la velocità media; essa non dà indicazioni sui valori della velocità del corpo istante per istante e, quindi, su come si è svolto
il suo movimento. Ciò avviene quando l’intervallo di tempo, rispetto al quale viene calcolata la velocità, è abbastanza ampio.
Se, ad esempio, un’auto parte dalla città A e arriva alla città B, situata a 20 km di distanza, in 1/2 ora, possiamo calcolare
la sua velocità media che è di 40 km/h, ma non sappiamo se si è fermata a dei semafori e poi ha dovuto superare i 40
Km/h per arrivare nel tempo previsto.
La velocità istantanea si ottiene, invece, quando l’intervallo di tempo impiegato per il calcolo di v è molto piccolo ed è
perciò tale che, nel suo ambito, la velocità non possa subire variazioni significative.
Più piccolo è l’intervallo di tempo, più la velocità tenderà ad essere quella posseduta dal corpo in un determinato “istante”
contenuto nell’intervallo considerato e, quindi, in una determinata posizione della traiettoria.
Nell’esempio precedente, la velocità istantanea non è altro che la velocità indicata dal tachimetro dell’auto, in qualsiasi
momento ed in qualsiasi punto del percorso.
In generale, quindi, ogni moto avrà un unico valore della velocità media e svariati valori (uno per ciascun “istante” del
viaggio) della velocità istantanea, alcuni dei quali possono anche coincidere con quello della velocità media.
9.4 L’ACCELERAZIONE
Il nostro senso comune ci porta a dire, in modo molto semplice ed intuitivo, che un corpo accelera o decelera quando, al
trascorrere del tempo, ovvero tra due istanti successivi, cambia la sua velocità istantanea. In particolare, affermiamo che
il corpo accelera quando la sua velocità aumenta, decelera quando la sua velocità diminuisce.
In effetti, l’accelerazione è quella grandezza fisica che esprime con quanta rapidità varia la velocità di un corpo.
Se indichiamo con:
66
➢
e
due istanti successivi;
➢
e
le velocità del corpo agli istanti
e
rispettivamente;
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➢
l’intervallo di tempo tra i due istanti
l’accelerazione
e
,
è data da:
Qualitativamente, l’accelerazione esprime dunque la rapidità con cui varia la velocità rispetto al tempo.
L’accelerazione è una grandezza derivata. Nel S.I., la sua unità di misura è il
.
9.5 IL MOTO RETTILINEO UNIFORME
Il moto rettilineo uniforme è il moto di un corpo che si muove su di una traiettoria rettilinea con velocità costante.
In questo tipo di moto quindi l’accelerazione è nulla ( = 0) e la velocità rimane sempre la stessa, in modulo, direzione e
verso, lungo tutto il percorso ( = costante). Il corpo percorre quindi spazi uguali in tempi uguali.
Nel moto rettilineo uniforme, il sistema di riferimento è costituito da un solo asse cartesiano, che coincide con la traiettoria
descritta dal corpo, e sul quale dobbiamo fissare un'origine e un verso positivo, come in figura:
Dal momento che la velocità di un corpo v è definita (in modulo) come:
se v è costante, anche il rapporto
è costante. Questo sta a significare che lo spazio percorso,
tempo impiegato a percorrerlo,
, sono quantità direttamente proporzionali.
Dalla formula che definisce la velocità, otteniamo:
, e l’intervallo di
(con v costante)
Tale relazione può essere riscritta come:
ovvero, portando s0 al secondo membro:
dove s0 è la posizione occupata dal corpo all'istante iniziale
tempo generico t.
t0, mentre s è la posizione occupata dal corpo all'istante di
Consideriamo il caso in cui l'istante iniziale t0 coincide con il momento in cui facciamo partire il cronometro. Allora possiamo
porre t0 = 0 e otteniamo finalmente la legge del moto rettilineo uniforme:
Tale relazione ci dice che, per conoscere la posizione del corpo s ad ogni istante di tempo t, dobbiamo conoscere la
posizione iniziale del corpo s0 e la sua velocità v.
Ad esempio, se all'istante iniziale il corpo si trova a distanza s0 = 20 m, dall'origine del sistema di riferimento, e mantiene
una velocità costante di v = 10 m/s, avremo che, dopo un tempo t = 30 s, il corpo si troverà alla distanza:
s = 20 m +10 m/s · 30 s = 320 m dall'origine del sistema di riferimento.
I grafici spazio-tempo (a) e velocità-tempo (b), per il moto rettilineo uniforme, sono i seguenti:
Per quanto riguarda il grafico spazio-tempo, osserviamo come la pendenza della retta fornisca un'informazione relativa alla
velocità del corpo in movimento: maggiore è la pendenza della retta, maggiore è la velocità del corpo.
67
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É possibile interpretare geometricamente anche il grafico velocità-tempo.
Infatti l'area del rettangolo in figura è uguale allo spazio percorso dal corpo in un intervallo di tempo uguale alla lunghezza
della base del rettangolo.
Ad esempio, se un corpo si muove a una velocità v = 2 m/s, in un intervallo di tempo pari a 20 s percorrerà uno spazio pari
a:
s = 2 m/s · 20 s = 40 m ,
numericamente uguale all'area del rettangolo che ha per base l'intervallo di tempo e per altezza la velocità costante.
Questa proprietà del grafico velocità-tempo è molto importante perché rimane valida anche per moti diversi dal moto
rettilineo uniforme. Invece di ottenere una retta parallela all'asse delle ascisse potremo avere una curva generica, ma l'area
sottesa dal grafico rimarrà sempre numericamente uguale allo spazio percorso dal corpo.
9.6 IL MOTO UNIFORMEMENTE ACCELERATO
Se la variazione di velocità nel tempo, vale a dire l'accelerazione, si mantiene costante sia in modulo sia in direzione
(
= costante), si ha il moto rettilineo uniformemente accelerato o decelerato, a seconda che la velocità aumenti o
diminuisca.
Questo tipo di moto è molto importante ed occorre approfondirlo.
Supponiamo che, osservando un corpo in movimento accelerato, si ottenga la seguente tabella velocità ( v )-tempo ( t ):
t (s)
v (m/s)
0
10
1
13
2
16
3
19
4
22
Consideriamo il moto fra l'istante 1s e l'istante 4s e calcoliamo l'accelerazione fra questi due istanti.
Poiché l'accelerazione è definita come variazione di velocità nell'unità di tempo, si avrà:
dove vF è la velocità finale (all'istante finale) e vI è la velocità iniziale (all'istante iniziale).
Consideriamo ora il moto fra l'istante 0 e l'istante 4.
Si avrà:
Si vede che l'accelerazione non cambia (perché il moto è uniformemente accelerato) e che rimarrebbe la stessa anche se
si prendessero in considerazione altri istanti con le rispettive velocità.
Disegniamo ora il grafico velocità-tempo di questo moto:
Il grafico che si ottiene è una retta. Questo perché ad intervalli di tempo uguali corrispondono variazioni di velocità
uguali.
Diremo allora che le variazioni di velocità sono direttamente proporzionali agli intervalli di tempo (raddoppiando gli intervalli
di tempo raddoppiano le variazioni di velocità, triplicando gli intervalli di tempo triplicano le variazioni di velocità, ecc.).
68
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Se la velocità al tempo t0 = 0 fosse nulla, il grafico sarebbe del tipo:
Se l'accelerazione è positiva, il corpo subisce un aumento uniforme di velocità. Per esempio, se in 5 secondi la velocità
passa da 10 m/s a 20 m/s, si ha:
Se l'accelerazione è negativa, il corpo subisce una diminuzione uniforme di velocità. Per esempio, se in 5 secondi la
velocità passa da 20 m/s a 10 m/s, si ha:
L'accelerazione negativa, nel linguaggio comune, si chiama decelerazione.
Solitamente, in Fisica, si usa il solo temine “accelerazione” che può essere quindi positiva o negativa.
Il caso di accelerazione nulla corrisponde al moto rettilineo uniforme che, quindi, può essere considerato un caso particolare
di moto rettilineo uniformemente accelerato.
I grafici velocità-tempo nei due casi ( a > 0 e
a < 0 ) risultano i seguenti:
L'equazione velocità-tempo (relazione che lega matematicamente la velocità con il tempo) del moto uniformemente
accelerato è:
cioè:
“in un moto uniformemente accelerato, con accelerazione a, la velocità v, al tempo t, è uguale alla velocità iniziale,
al tempo t = 0, più il prodotto dell'accelerazione a per il tempo t”.
Il prodotto a · t rappresenta la variazione di velocità nel tempo t e ciò si comprende immediatamente ricordando che
l'accelerazione è la variazione di velocità nell'unità di tempo. Questo significa che se, per esempio, l'accelerazione
fosse a = 2 m/s², in 5 secondi si avrebbe una variazione di velocità
= 5 · 2 = 10 m/s.
Cerchiamo ora di ricavare l'equazione spazio-tempo (equazione che mette in relazione lo spazio con il tempo) del moto
uniformemente accelerato ed il relativo grafico.
Ora non siamo in grado di ricavare questa equazione matematicamente in quanto vengono richieste nozioni di calcolo
differenziale.
Comunque, ricaveremo l’equazione spazio-tempo in un modo molto più semplice, “alla nostra portata”, perché si basa su
elementari considerazioni geometriche.
Ricordiamo le proprietà del grafico velocità-tempo di cui si è parlato nel moto rettilineo uniforme quando abbiamo osservato
che lo spazio s percorso dal corpo nel tempo t (uguale a v0 · t), è uguale all'area del rettangolo indicato in figura:
69
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Abbiamo detto che questo risultato può essere esteso a tutti i moti, quindi anche ad un moto uniformemente accelerato.
Allora lo spazio s, percorso nel tempo t, è numericamente rappresentato dall'area del trapezio indicato in figura.
Se scomponiamo questa area nella somma delle aree area1 e area2 ,si ha:
(area del rettangolo)
(area del triangolo)
infatti a · t corrisponde alla variazione di velocità fra l'istante iniziale t = 0 e l'istante t, cioè alla lunghezza del segmento AB.
Si ottiene quindi:
che è la formula cercata.
Se, per completezza, viene aggiunto lo spazio iniziale s0 al tempo t = 0, l'equazione spazio-tempo del moto
uniformemente accelerato è:
(scritta in forma “compatta”)
dove:
s0 = spazio iniziale al tempo t = 0;
v0 = velocità iniziale al tempo t = 0;
a = accelerazione del moto;
t = tempo finale.
Un esempio di moto rettilineo uniformemente accelerato è fornito dalla caduta di un corpo.
Prendiamo in considerazione un corpo che cade perché attratto dalla forza gravitazionale terrestre. Dal momento che, per
tratti di caduta non eccessivamente lunghi, questa forza (il peso del corpo) è costante in ogni punto della traiettoria, se
trascuriamo l'attrito che il corpo subisce a causa della presenza dell'aria, si ha che il corpo cade verso il suolo muovendosi
di moto rettilineo uniformemente accelerato.
Questo fatto è una conseguenza della seconda legge della dinamica,
, già introdotta e che affronteremo, in
maniera approfondita, più avanti.
É possibile quindi verificare che, in prossimità della superficie terrestre, l'accelerazione con cui un corpo (qualsiasi corpo)
cade è a = 9.8 m/s² (circa). Questa accelerazione viene denotata di solito con la lettera g.
Supponiamo che il corpo all'istante iniziale, t = 0, sia ad una certa distanza da terra e che in quell'istante esso sia fermo.
Per comodità assumiamo l’origine dello spazio, s = 0, nel punto stesso in cui si trova il corpo al tempo t = 0 e l’orientamento
della retta dello spazio, s, diretto verso il basso.
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Abbiamo così definito il nostro sistema di riferimento.
Come abbiamo visto, la formula che permette di calcolare lo spazio in funzione del tempo nel moto rettilineo uniformemente
accelerato (con s0 = 0) è:
Ma nel nostro caso, al tempo iniziale
t = 0,
la velocità iniziale è nulla, per cui la formula del moto si riduce a:
Usando la suddetta formula e ricordando che
oraria:
g = a = 9.8 m/s² otteniamo, per i primi
t (s)
v (m/s)
0
0
1
4.9
2
19.6
3
44.1
4
78.4
5
122.5
5 secondi, la seguente tabella
Se riportiamo questi dati in un piano cartesiano spazio-tempo otteniamo il grafico seguente:
Si vede subito che il grafico non è rettilineo perché, la sua velocità aumenta istante dopo istante.
La curva che si ottiene è un arco di parabola con concavità rivolta verso l'alto (che studierete quando affronterete la
geometria analitica).
Va tenuto presente il fatto che è il grafico spazio-tempo del moto ad essere “curvo”, non certo la traiettoria del moto
stesso, che è una retta!
Questa precisazione è necessaria per evitare l'errore che molti fanno confondendo le due cose, non ricordando che stiamo
studiando un moto rettilineo.
Se il moto è uniformemente decelerato, per calcolare la velocità al tempo t bisognerà ovviamente sottrarre la variazione di
velocità a · t alla velocità iniziale v0. Si otterrà pertanto la seguente relazione:
Lo spazio percorso si ottiene, in modo analogo, sottraendo l’area del triangolo
all’area del rettangolo (v0 · t). Si ha quindi:
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9.7 IL MOTO CIRCOLARE UNIFORME
Il moto circolare uniforme è il moto di un corpo che avviene su una traiettoria circolare (una circonferenza) con velocità
costante in modulo (o intensità).
Si noti che ad essere costante, in questo moto, è l'intensità della velocità, cioè il numero che ne rappresenta il valore.
Questa precisazione è importante, perché in questo moto la direzione della velocità cambia continuamente.
La velocità infatti, come sappiamo, è un vettore ed è, quindi, caratterizzata da intensità, direzione e verso.
Il moto circolare uniforme è un moto accelerato perché la velocità, che è detta tangenziale, perché è tangente alla
circonferenza in ogni suo punto, cambia direzione in ogni istante, anche se non cambia in intensità.
Questo fatto va tenuto ben presente in quanto, essendo il modulo della velocità costante, si potrebbe essere tentati di
considerare il moto circolare uniforme, un moto non accelerato.
Infatti, un moto accelerato è un moto in cui la velocità cambia e, perché la velocità cambi, basta che di essa cambi
anche una sola delle sue "componenti": intensità, direzione o verso.
Definiamo ora alcune grandezze relative al moto circolare uniforme:
- 1 - periodo
Il periodo è il tempo impiegato a fare un giro completo. Nel S.I. il periodo si misura in secondi (s) e viene di solito indicato
con la lettera maiuscola T .
Per esempio, dire che percorro in auto una rotonda in 20 s, significa che il periodo del “mio” moto circolare uniforme è
proprio uguale a 20 s , cioè T = 20 s.
Il concetto di periodo vale per tutti quei moti che hanno la caratteristica di essere periodici, ovvero di "ripassare" per uno
stesso punto dopo un intervallo di tempo costante.
Per esempio, sono moti periodici il moto di oscillazione di un pendolo o il moto di rotazione della Terra attorno al proprio
asse.
- 2 - frequenza
La frequenza indica il numero di giri completi effettuati nell'unità di tempo, ovvero in un secondo. Nel S.I. la frequenza si
misura in hertz (Hz) ed indica il numero di giri al secondo.
Essa viene di solito indicata con la lettera minuscola f .
Fra il periodo e la frequenza sussiste la seguente relazione matematica:
che esprime il fatto che la frequenza è l'inverso del periodo.
Per esempio, dire che il periodo di un moto circolare uniforme è 5 s significa che il corpo fa un giro completo in 5 secondi.
Quanti giri farà al secondo? Ovviamente 1/5, per cui la frequenza di questo moto sarà:
- 3 - velocità tangenziale (scalare)
La velocità scalare del moto circolare uniforme è, come per tutte le velocità, misurata dal rapporto spazio / tempo.
Se il raggio della circonferenza è R, considerando che l'intera circonferenza misura 2 R e che il tempo complessivo per
percorrerla è il periodo T , si avrà:
Questa è la formula della velocità scalare del moto rettilineo uniforme.
72
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Essa può essere espressa anche in funzione della frequenza, tenendo presente che .
Si ha, quindi:
La velocità tangenziale, ovviamente, è misurata nel S.I. in m/s.
Se, per esempio, percorro in auto una rotonda di raggio
R = 20 m in un periodo T = 20 s, la mia velocità scalare sarà:
- 4 - accelerazione centripeta
Abbiamo detto che il moto circolare uniforme è un moto dotato di accelerazione perché la direzione della sua velocità
cambia istantaneamente punto per punto.
Vediamo ora come si calcola questa accelerazione e le sue caratteristiche.
Consideriamo i vettori velocità nei punti A e B e chiamiamoli rispettivamente
e
:
Per accelerazione si intende la variazione della velocità nell'unità di tempo. Indichiamo con
di velocità fra i punti A e B per cui si ha:
("delta v ") la variazione
in quanto la velocità nel punto B vale la velocità nel punto A più la variazione di velocità.
Per comodità, riportiamo il vettore nel punto A tramite uno spostamento parallelo:
Si ricordi che le intensità di
e
sono le stesse e che per fare la somma fra due vettori si deve usare la regola del
parallelogramma.
Abbiamo così ottenuto il vettore variazione di velocità
che appare diretto verso il centro della circonferenza lungo la
quale avviene il moto.
Dividendo questo vettore per il tempo t impiegato dal punto per percorrere l’arco AB , otteniamo l'accelerazione cercata
che ha la stessa direzione e verso (poiché il tempo per cui dividiamo è un numero positivo) del vettore variazione di
velocità
.
L'accelerazione risulta allora:
Si indica l'accelerazione con il "pedice" c per significare che essa "punta" verso il centro, e per questo è detta accelerazione
centripeta.
Questa accelerazione, in un dato punto della circonferenza, è esattamente puntata verso il centro anche se, guardando il
disegno, ciò sembrerebbe vero solo approssimativamente.
73
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Nel disegno abbiamo preso due punti generici A e B "abbastanza" lontani per motivi di semplicità e di chiarezza visiva.
Se li prendessimo "molto vicini" (infinitamente vicini), si vedrebbe che
è diretto esattamente verso il centro della
circonferenza, come lascia intuire il disegno sottostante.
Ma quanto vale l'intensità dell'accelerazione centripeta ?
Per ricavarla occorrono alcune considerazioni geometriche e calcoli matematici di livello superiore, perciò ne diamo
direttamente il risultato. Si può dimostrare che l'intensità della accelerazione centripeta vale:
dove v è la velocità tangenziale del moto ed R il raggio della circonferenza.
Quindi l'accelerazione centripeta è direttamente proporzionale al quadrato della velocità ed inversamente
proporzionale al raggio. Ciò significa che se la velocità raddoppia, l'accelerazione quadruplica ecc., se il raggio raddoppia,
l'accelerazione dimezza, se il raggio dimezza, l'accelerazione raddoppia e così via.
Per completare lo studio del moto circolare uniforme, dobbiamo introdurre un'unità di misura fondamentale per gli angoli,
utilizzata nel Sistema Internazionale: il radiante.
Il radiante (rad) è quell'angolo al centro che sottende un arco di circonferenza di lunghezza uguale al raggio R della
circonferenza.
Se l'angolo al centro è un angolo giro ( = 360°), allora la lunghezza dell'arco sotteso coincide con quella dell'intera
circonferenza, 2 R . Si deduce quindi che un angolo giro ( = 360°) equivale a 2 (= 6,28) radianti e che:
1 rad = 360°/6,28 = 57,30° circa.
Notiamo, poi, che la lunghezza dell'arco sotteso e il corrispondente angolo al centro sono direttamente proporzionali:
se raddoppia l’angolo al centro raddoppia anche l’arco, se triplica l’angolo al centro triplica anche l’arco e così via.
Possiamo, quindi, scrivere la seguente proporzione:
1 (rad) : R =
(rad) : larco
da cui otteniamo che, se un angolo misura α radianti, l’arco sotteso è lungo:
larco =
·R
Il radiante entra come unità di misura nella velocità angolare media.
La velocità angolare media (simbolo: ω,omega) è il rapporto tra l'angolo al centro
e l'intervallo di tempo
impiegato a percorrerlo:
L'unità di misura della velocità angolare è il radiante al secondo (rad/s).
Se applichiamo la definizione di velocità angolare ad un intero giro, si ottiene:
Pertanto, ricordando che:
74
che viene percorso (misurato in radianti)
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possiamo ricavare la relazione che intercorre tra velocità tangenziale e velocità angolare:
A questo punto anche l'accelerazione centripeta può essere riscritta in funzione della velocità angolare, infatti:
9.8 IL MOTO PARABOLICO
In generale il moto parabolico si osserva ogni volta che un corpo, soggetto alla forza di gravità, viene lanciato con una
componente orizzontale della velocità non nulla; una situazione che si verifica, ad esempio, quando si lancia una palla in
aria in una direzione che forma un certo angolo con la verticale.
da http://www.oilproject.org/lezione/moto-parabolico-formule-ed-esempi-5099.html
A causa della forza di gravità, la palla è soggetta a un'accelerazione costante diretta verso il basso, che prima rallenta il
moto della palla verso l'alto, e poi l’accelera durante la caduta verso il basso.
La componente orizzontale della velocità iniziale impressa alla palla rimane costante (sempre nell'ipotesi ideale di poter
trascurare l'attrito dell'aria) e il moto che ne risulta è la composizione di due moti rettilinei, uno accelerato nella direzione
verticale e uno rettilineo uniforme lungo l'asse orizzontale; queste due componenti sono indipendenti l'una dall'altra
e possono essere analizzate separatamente.
La traiettoria che si osserva è una parabola. L’equazione del moto parabolico si ricava mettendo a sistema l’equazione del
moto uniformemente accelerato (relativa all’asse y dove agisce la forza di gravità) con l’equazione del moto rettilineo uniforme
(relativa all’asse x).
Infatti il moto parabolico è un moto bidimensionale dove è possibile studiare separatamente le due componenti dello
spostamento.
In direzione orizzontale la distanza percorsa (x) vale:
mentre in direzione verticale (y) è:
Esprimendo invece le componenti della velocità iniziale con le funzioni trigonometriche seno e coseno avremo:
dove
è l’angolo formato tra il vettore velocità iniziale v0 e l’asse orizzontale x.
Ricavando il tempo t dalla (1) e sostituendolo nella (2), si ottiene l’equazione di una parabola passante per l’origine del
sistema di riferimento cartesiano O x y, cioè per il punto da cui viene lanciato il corpo.
Precisamente:
75
Scienze Integrate/Fisica - primo anno
e, sostituendo nella (2), si ha:
che è, appunto, l’equazione di una parabola, con asse di simmetria parallelo all’asse y, passante per l’origine degli assi e
concavità rivolta verso il basso.
Basta infatti porre:
e la (*) assume la forma
9.9 ESERCIZI PROPOSTI
Moti rettilinei
1. Un'auto, partendo da ferma, comincia a muoversi di moto rettilineo uniformemente accelerato. Dopo 10 s è arrivata
a una distanza di 300 m dal punto di partenza. Si calcoli il valore dell'accelerazione e la velocità finale dell'auto.
Risposta:
Consideriamo la legge oraria del moto uniformemente accelerato con velocità iniziale nulla:
s = 1/2· · t 2.
Nel nostro caso lo spazio percorso è s = 300 m, il tempo è t = 10 s, pertanto:
300 = 0.5 · · 100
da cui l'accelerazione richiesta è
= 300 / 50 = 6 m/s2.
Nota l'accelerazione del corpo, la velocità finale si ricava facilmente:
v = a · t = 6 m/s2·10 s = 60 m/s.
2. Quanto tempo impiega un corpo a cadere da un'altezza di 20 m, se è possibile trascurare la resistenza dell’aria?
Risposta:
Come sappiamo il moto di caduta libera è un moto rettilineo uniformemente accelerato con accelerazione
g = 9,8 m/s2.
Pertanto se la legge oraria è
s = 1/2 · a · t 2
abbiamo la seguente equazione:
20 = 0,5 · 9,8 · t 2 da cui
t 2 = 20 / 4.9 s2 = 4.08 s2
Estraendo la radice quadrata otteniamo: t = 2.02 s.
3. Un corpo, partendo da fermo, si muove di moto rettilineo uniformemente accelerato con accelerazione a = 3 m/s2
per 20 s. Nei successivi 30 s si muove di moto rettilineo uniforme con la stessa velocità raggiunta al termine dei primi
20 s. Qual è lo spazio percorso totale dal corpo?
Risposta:
Lo spazio percorso nei primi 20 s si ricava dalla legge oraria del moto rettilineo uniformemente accelerato:
s1 = 1/2 at 2 = 0,5 · 3 · 202 m = 600 m.
La velocità raggiunta dal corpo dopo 20 s è:
v = a · t = 3 · 20 m/s = 60 m/s
Nei successivi 30 s il moto del corpo è rettilineo uniforme. Pertanto lo spazio percorso è:
s2 = v · t = 60 m/s = 30 s = 1800 m
Lo spazio totale percorso è
s = s1 + s2 = 2400 m
76
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Scienze Integrate/Fisica - primo anno
4. Un corpo viene lanciato verticalmente verso l’alto con velocità iniziale di 5 m/s. Calcolare l'altezza massima raggiunta
dal corpo.
Risposta:
Il moto è uniformemente decelerato e la legge oraria è quindi la seguente:
mentre la relazione che ci consente di calcolare la velocità v ad ogni istante di tempo t è:
v = v0 - g · t
Il segno – presente nelle due precedenti relazioni tiene conto del fatto che il verso dell’accelerazione
e della velocità
iniziale
sono opposti.
Da tali relazioni possiamo ricavare il punto più alto raggiunto dal corpo. Infatti quando il corpo raggiunge il suo punto più
alto si ferma, ossia v = 0.
Pertanto:
v0 = g · t = 0
da cui otteniamo il tempo impiegato per raggiungere la massima altezza:
Allora, se il corpo viene lanciato verso l'alto con una velocità v0 = 5 m/s, impiegherà un tempo:
t = 5 / 9,8 s = 0,51 s
Ora, sapendo in quale istante di tempo il corpo raggiunge la sua altezza massima, possiamo usare la legge oraria per
trovare qual è questa altezza. Infatti avremo che l'altezza raggiunta dal corpo è:
Moto circolare uniforme
5. La frequenza di un processore indica quante operazioni il processore può eseguire in un secondo. Quante sono le
operazioni che può compiere in un minuto un processore di frequenza 1.2 GHz?
Risposta:
Un processore con f = 1,2 GHz = 1,2·109 Hz esegue 1 miliardo e 200 milioni di operazioni al secondo. Pertanto in ogni
minuto tale processore sarà in grado di compiere:
1,2 · 109 s-1· 60 s = 7,2 · 1010 operazioni.
da http://digilander.libero.it/danilo.mauro/temi/circolare2.html
6. Una ruota, di raggio R = 0,7 m, compie 30 giri al minuto. Determinare il periodo di rotazione, la velocità angolare e la
velocità tangenziale di un punto posto a 0,35 m dal centro della ruota.
Risposta:
La frequenza della ruota è pari a 30 / (60 s) = 0,5 s . Dunque f = 0,5 Hz.
Il periodo di rotazione è l'inverso della frequenza:
T = 1 / f = (1 / 0,5) s = 2 s.
-1
La velocità angolare della ruota si ricava dalla formula:
=
· f = 6,28 rad · 0,5 s-1 = 3,14 rad/s.
Un punto, posto a distanza r = 0,35 m dal centro della ruota, ha la stessa velocità angolare
una circonferenza di raggio r = 0,35 m.
La velocità tangenziale è perciò:
v = · r = 3,14 rad/s · 0,35 m = 1,1 m/s.
da http://digilander.libero.it/danilo.mauro/temi/circolare2.html
= 3,14 rad/s ma descrive
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9.10 ESERCIZI PROPOSTI
ESERCIZI SUL MOTO RETTILINEO UNIFORME
1. Con riferimento al grafico, determinare lo spazio percorso dal corpo in un’ora.
[s = 36 km]
2. Con riferimento al grafico, determinare il tempo impiegato dal corpo per coprire la distanza di 2 km.
[t = 500 s]
3. Con riferimento al grafico, determinare la velocità del moto e il tempo impiegato per percorrere 1000 metri.
[v = 5 m/s ; t = 200 s]
4. Con riferimento al grafico, determinare lo spazio percorso nei primi 10 secondi e il tempo necessario per percorrere
100 metri.
[s = 40 m ; t = 25 s]
5. Con riferimento al grafico, determinare le velocità dei corpi A e B.
[vA = 6,0 m/s ; vB = 2,0 m/s]
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Scienze Integrate/Fisica - primo anno
6. Con riferimento al grafico, determinare le velocità dei corpi A e B.
[vA = 6,0 m/s ; vB = - 2,0 m/s]
7. Con riferimento alla figura, determinare il tempo che impiega l’auto a coprire la distanza tra i due passaggi pedonali.
[t = 30 s]
8. Con riferimento alla figura, in A è posizionata una persona posta a 10 m dal segnale B. Per quanto tempo il treno,
lungo 70 m, nel suo transito, nasconde alla persona la vista del segnale?
[t = 1,5 s]
9. Un'automobile percorre una distanza di 380 Km in due tappe successive: per i primi 200 Km viaggia alla velocità
costante di 72 Km/h mentre, nel secondo tratto, tiene una velocità costante di 108 Km/h. Quanto vale la velocità
media complessiva?
[v = 23,75 m/s]
10. Due auto, poste all'estremità di un rettilineo, si avvicinano alla velocità costante rispettivamente di 28,8 Km/h e 21,6
Km/h incrociandosi dopo 8 secondi. Determinare la loro distanza iniziale.
[s = 112 m]
11. Due auto, distanti inizialmente 324 metri, si avvicinano con velocità costante rispettivamente di 12 m/s e 15 m/s.
Determinare lo spazio che deve percorrere ciascuna auto per incrociarsi con l'altra.
[s1 = 144 m ; s2 = 180 m]
12. Un'auto, che viaggia a 26 m/s, raggiunge dopo 40 secondi una seconda auto che viaggia nello stesso verso, con
velocità minore, ad una distanza iniziale di 200 metri. Determinare la velocità di quest'ultima.
[v2 = 21 m/s]
13. Supponendo che l'auto A affianchi l'auto B dopo 2 minuti, determinare la distanza iniziale s tra le due auto e lo spazio
percorso da B prima di essere raggiunta.
[s = 240 m ; sb = 600 m]
14. Quando le due auto si incrociano, lo spazio percorso da A è 52,5 m. Quanto spazio ha percorso B?
[s = 37,5 m]
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Scienze Integrate/Fisica - primo anno
15. Un ciclista, che viaggia a 15 m/s, affianca un secondo ciclista, che viaggia a 10 m/s, quando il traguardo dista 900m.
Per quanto tempo dovrà ancora pedalare il 2° ciclista dopo l'arrivo del 1°?
[
= 30 s]
16. Un ciclista, che viaggia a 14 m/s, affianca un secondo ciclista, che viaggia a 12 m/s, quando il traguardo dista 700m.
Quanto spazio dovrà ancora percorrere il 2° ciclista dopo l'arrivo del 1°?
[
= 100 s]
ESERCIZI SUL MOTO UNIFORMEMENTE ACCELERATO
1. Negli ultimi 5 secondi di una gara, la velocità di un ciclista passa da 27 Km/h a 36 Km/h. Determinare l'accelerazione
media.
[ a = 0,5m/s2]
2. Un'automobile viaggia a 100 Km/h. Inizia poi a frenare e la sua velocità scende a 82 Km/h in 2,0 secondi. Determinare
l'accelerazione media.
[ a = - 2,5 m/s2]
3. Un'auto, che viaggia a 90 Km/h, frena per 7 secondi con decelerazione costante di 2m/s2. Quale velocità raggiunge?
[ vf = 11 m/s]
4. Che velocità raggiunge un corpo che, partendo dalla quiete, percorre 200 metri con un'accelerazione di 1,00 m/s2.
[ vf = 20,0 m/s]
5. Un corpo, che parte da fermo, accelerando uniformemente, percorre 100 metri raggiungendo la velocità di 100 m/s.
Determinare il tempo trascorso.
[t = 2 s]
6. Un corpo che parte da fermo, con accelerazione costante, percorre 20 metri in 4 secondi. Che velocità raggiunge?
[v = 10 m/s]
7. Un veicolo viaggia alla velocità di 108 Km/h. Per effetto dell'azione dei freni, decelera con uniformità e si arresta in 90
metri. Determinare il valore della accelerazione.
[ a = - 5 m/s2]
8. Un vagone ferroviario percorre, rallentando uniformemente, uno spazio di 37,5 metri fermandosi in 50 secondi.
Determinare il valore della sua velocità iniziale e della decelerazione.
[vi = 1,5 m/s ; a = - 0,03 m/s2]
9. All'atto del decollo, la velocità di un aereo è di circa 270 Km/h. Lo spazio percorso in questa fase vale 1125 metri.
Calcolare l'accelerazione media.
[ a = 2,5 m/s2]
10. Un corpo viaggia a 8 m/s. Soggetto ad una accelerazione costante per 2,00 secondi, percorre 209 metri. Determinare
la velocità finale e l'accelerazione.
[ vf = 201 m/s ; a = 96,5 m/s2]
11. Un corpo, con accelerazione costante di 4 m/s2, percorre, in 3 secondi, 30 metri. Determinare la velocità iniziale e la
velocità finale del corpo.
[ vi = 4 m/s ; vf = 16 m/s]
12. Un’auto, soggetta ad una accelerazione costante
determinare la velocità iniziale dell’auto.
a = 0,8 m/s² per 12 s, raggiunge la velocità finale di 20 m/s;
[ vi = 12,4 m/s]
13. Un falco, lanciato in picchiata verticale sulla sua preda, raggiunge la velocità di 100 m/s. Supponendo che la sua sia
una caduta libera ( g =10 m/s2), calcolare lo spazio percorso dal rapace.
[ s = 500 m]
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Scienze Integrate/Fisica - primo anno
14. Un corpo viene lanciato verso l'alto con velocità di 40 m/s. Che altezza raggiunge?
[h = 80 m]
15. Un corpo, lanciato verticalmente verso l'alto, raggiunge la quota di 45 m; determinare la velocità iniziale
[vi = 30 m/s]
16. Un tuffatore si lancia da un trampolino posto a 10,0 m d'altezza. A causa dell'attrito dell'aria il tempo di caduta è di
1,60 secondi. Di quanto è aumentato il tempo per effetto di tale attrito? ( g =10 m/s2)
[t = 0,19 s]
17. Viene sparato un proiettile verso l'alto alla velocità di 200 m/s. Che altezza raggiunge? Dopo quanto tempo tocca il
suolo e con che velocità?
[h = 2000 m; t = 20 s; vf = 200 m/s]
18. Con riferimento al grafico, determinare:
- l’accelerazione nel tratto BC;
- la velocità media.
19. Con riferimento al grafico, determinare:
- l’accelerazione nel tratto AB
- l’accelerazione nel tratto CD
- la velocità media.
20. Un corpo, inizialmente fermo, per effetto di una accelerazione costante di 3 m/s2, raggiunge la velocità di 15 m/s.
Prosegue poi di moto uniforme, per fermarsi con una decelerazione costante di 5 m/s2. Supponendo che il corpo
resti in movimento per un tempo complessivo di 10 s, disegnare il grafico v-t e determinare la velocità media.
[ vm = 9 m/s]
21. Un corpo, che parte da fermo, accelera di 4 m/s2 percorrendo 32 metri. Prosegue poi di moto uniforme percorrendo
complessivamente 96 metri. Determinare la velocità media.
[ vm = 12 m/s]
22. Un corpo viaggia di moto rettilineo uniforme per 10 secondi, percorrendo 140 metri e, poi, frenando uniformemente,
si ferma percorrendo altri 70 metri. Determina la velocità media.
[ vm = 10,5 m/s]
23. Un'auto che si muove su strada rettilinea con velocità di 108 Km/h ad un certo istante accelera uniformemente e in
5 secondi percorre 200 m. Determinare l'accelerazione e la velocità finale.
[ a = 4 m/s2 ; vf = 50 m/s]
24. Un guidatore sta viaggiando su un'auto che si muove di moto rettilineo uniforme alla velocità di 79,2 Km/h quando
si accorge che 110 m più avanti c'è un semaforo rosso. Se l'auto dispone di freni che garantiscono una accelerazione
di – 5,5 m/s2, per quanto tempo può procedere ancora di moto rettilineo uniforme prima di azionare i freni ed arrestarsi
in tempo?
[ t = 3 s]
81
Scienze Integrate/Fisica - primo anno
25. Un cannone spara verticalmente un proiettile che ritorna nella sua bocca dopo 12 secondi (g =10 m/s²). Determinare
la velocità d'uscita del proiettile dalla bocca del cannone e la quota raggiunta. (suggerimento: tsalita = tdiscesa)
[ vf = 60 m/s ; h = 180 m]
ESERCIZI SUL MOTO PARABOLICO
1. Un corpo viene lanciato orizzontalmente, alla velocità costante di 72 km/h, da una torre alta 33,8 m. Determinare il
valore della gittata e la posizione del corpo dopo 0,5 s dall’inizio del moto parabolico.
[ So = 52 m; S0,5 = 10 m; h0,5 = (33,8-1,25) m]
2. Una sfera, lanciata orizzontalmente con velocità iniziale di 25 m/s, ricade a terra dopo 3,00 secondi. Da quale altezza
è stato lanciato tale corpo? Quale sarà la gittata del lancio? (g =10 m/s2)
[ h = 45 m ; s = 75 m]
3. Un cannone spara orizzontalmente un proiettile che viene a contatto con il suolo dopo aver coperto 400 metri di
distanza. Supponendo che tale proiettile abbia una quota iniziale di 1,25 metri, determinare il tempo impiegato dal
proiettile per toccare terra e la velocità del proiettile all'uscita della bocca del cannone. (g =10 m/s2)
[ t = 0,5 s ; v = 800 m/s]
4. Una sfera viaggia sul piano orizzontale di un tavolo alla velocità di 10,0 m/s. Giunta sul bordo, inizia a cadere e tocca
il suolo ad una distanza (dalla verticale del bordo) di 4,00 metri. Determinare la quota del piano del tavolo. (g =10m/s2)
[ h = 0,80 m]
5. Una sfera rotola su un piano orizzontale, posto a quota 80 cm, alla velocità costante di 10 m/s. A che distanza s deve
essere posto un pannello che, a 20 cm dal terreno, presenta un punto che deve essere colpito dalla sfera in caduta
[ s = 3,46 m]
6. Un corpo viene lanciato con velocità orizzontale di 20 m/s e velocità verticale, verso l'alto, incognita. Se percorre una
traiettoria parabolica e ricade a 200 metri dal punto di lancio, determinare la velocità iniziale verticale e la massima
altezza raggiunta. (g =10m/s2)
[ v = 50 m/s ; h = 125 m]
7. Determinare la velocità orizzontale e verticale che deve possedere un corpo per poter superare appena un muro (di
spessore trascurabile) alto 45 metri e posto ad una distanza di 120 metri dal punto di lancio. (g =10 m/s2)
(Suggerimento: per salire ad una altezza di 45 metri impiega lo stesso tempo necessario per scendere...)
[ voR. = 40 m/s ; vvERT. = 30 m/s]
8. Una sfera viene lanciata con velocità di 10,0 m/s e con un angolo di 30° rispetto l'orizzontale. Determinare la massima
altezza raggiunta, la gittata ed il tempo di volo. (g =10m/s2)
[ h = 1,25 m ; s = 8,66 m ; t = 1,0 s]
9. Un cannone lancia un proiettile alla velocità di 200 m/s con una inclinazione di 45°. Determinare la massima altezza
raggiunta e la gittata (g =10m/s2)
[ h = 980 m ; s = 3920 m]
10. Un cannone è posto ad un'altezza, rispetto al suolo, di 6,50 metri e lancia un proiettile alla velocità di 40 m/s con un
angolo, rispetto l'orizzontale, di 30°. Determinare l'altezza massima raggiunta, la gittata ed il modulo della velocità
finale. (g =10m/s2)
[ h = 26,5 m ; s = 149 m ; v = 41,6 m/s]
ESERCIZI SUL MOTO CIRCOLARE UNIFORME
1. Un disco compie 30 giri in 4 minuti. Che velocità possiede un corpo posto sul disco ad una distanza di 5 cm dall'asse
di rotazione?
[ v = 0,039 m/s]
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2. Un disco compie in 1 minuto 300 giri. A che distanza dall'asse di rotazione si trova un corpo che possiede la velocità
di 72 Km/h?
[ r = 0,637 m]
3. A quanti radianti corrisponde un angolo di 78°?
[ α =1,36 rad]
4. A quanti gradi corrisponde un angolo di 0,05 rad?
[ α =2,87°]
5. Una ruota, di 20 cm di diametro, completa 300 giri in un minuto. Determinare la velocità angolare e la velocità dei
punti più esterni.
[ω = 31,4 rad/s; v = 3,14 m/s]
6. Un disco ruota a 33 giri al minuto. Determinare la velocità angolare e la velocità del solco posto a 12 cm dall’asse di
rotazione.
[ω = 1,8 rad/s; v = 0,22 m/s]
7. Un disco ruota con velocità angolare di 100 rad/s. Quanti giri completa in 0,08 s? In quanto tempo completa 50 giri?
[n = 1,27 giri; t = 3,15 s]
8. Un'automobile si muove di moto uniforme su una pista circolare, di raggio 100 m, alla velocità di 20 m/s. Di quanto
aumenta la sua accelerazione centripeta se la velocità raddoppia?
[4 volte]
9. Un bambino, posto su una giostra, è soggetto ad una accelerazione centripeta pari a 1,5 m/s² ed ha una velocità di
2,5 m/s; determinare:
• la distanza dal centro di rotazione a cui si trova il bambino;
• il periodo della giostra;
• la durata della corsa se sono previsti 30 giri.
[r = 4,17 m; T = 10,47 s; t = 301 s]
10. Il punto P compie 2 giri in 20 minuti e 56 secondi. Determinare il periodo, il raggio e l'accelerazione centripeta di P.
[T = 628 s ; r = 500 m ; ac = 0,05 m/s2]
11. Il punto P compie 10 giri in 5 minuti e 14 secondi.
Determinare il periodo, la velocità e l'accelerazione centripeta di P.
[T = 31,4 s ; v = 20 m/s ; ac = 4 m/s2]
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10. LE LEGGI DELLA DINAMICA
10.1 INTRODUZIONE
Le basi concettuali della dinamica vengono poste, per la prima volta in maniera sintetica e completa, da Isaac Newton nel
1687 con la pubblicazione della sua opera fondamentale, Philosophiae Naturalis Principia Mathematica. Nella prima
parte di quest'opera, dopo aver definito i concetti fondamentali di massa, quantità di moto, e forza, Newton introduce le
tre leggi del moto.
Anche se a Galileo spetta il riconoscimento di aver intrapreso per primo l'analisi rigorosa del movimento e delle cause che
lo determinano, va infatti attribuito al fisico inglese il merito di aver completato e sistematizzato questi studi, giungendo alla
formulazione matematica delle tre leggi fondamentali della dinamica (dette appunto leggi di Newton), che rappresentano
i principi generali su cui si basa la spiegazione del moto dal punto di vista dinamico.
10.2 LA PRIMA LEGGE DELLA DINAMICA: IL PRINCIPIO D’INERZIA
Per cominciare a comprendere e a spiegare le cause del moto, partiamo da un ragionamento molto semplice. Supponiamo
di considerare un corpo che si sta muovendo verso l'alto su un piano inclinato; il corpo subisce una decelerazione, ossia
la sua velocità diminuisce. Se invece il corpo scende lungo un piano inclinato subisce una accelerazione, ossia aumenta
la sua velocità.
Pertanto, se consideriamo un corpo che si muove a una certa velocità su un piano orizzontale, la logica ci porta a concludere
che il corpo non accelera e non decelera, ossia si muove a velocità costante, … di moto rettilineo uniforme.
Con queste ed altre argomentazioni, Galileo Galilei arrivò ad enunciare il primo principio della dinamica (o principio di inerzia):
un corpo tende a mantenere il proprio stato di quiete o di moto rettilineo uniforme fino a quando non
intervengono cause esterne (forze) a modificare tale stato.
Questo significa che, se un corpo è in quiete, resterà in tale stato fino a quando non gli verrà applicata una forza, mentre
se si muove di moto rettilineo uniforme continuerà a farlo fino a che una forza esterna non interverrà a modificare la sua
velocità.
Nell'esperienza quotidiana il principio di inerzia è facilmente verificabile nel caso di corpi in quiete appoggiati su un piano.
Infatti per noi è del tutto naturale osservare, per esempio, che una sfera resta ferma fino a quando non le si imprime una
spinta, così come non ci stupiamo del fatto che una valigia pesante continui a rimanere fissa al suolo, nello stesso punto in
cui è stata appoggiata, se non interviene qualcuno a sollevarla.
È invece meno intuitivo il caso dei corpi in moto rettilineo uniforme: l'esperienza ci mostra, per esempio, che un carrello si
muove finché persiste un'azione di spinta e che, inoltre, questa forza di spinta deve essere continuamente applicata se si
vuole mantenere costante la velocità del movimento; infatti quando il carrello viene abbandonato, … si ferma.
Bisogna però andare oltre le apparenze ed osservare che l'interruzione nel movimento non è dovuta alla mancanza di
un'azione di spinta, quanto piuttosto alla presenza di forze che agiscono in senso contrario al moto, ostacolandolo fino al
suo completo annullamento: le forze di attrito, di cui parleremo più avanti.
Se il carrello si muovesse nel vuoto e nella totale assenza di attriti, non fermerebbe mai la sua corsa, proseguendo all'infinito
il proprio moto, con velocità costante e su una traiettoria rettilinea. Contrariamente alle apparenze, non è quindi la presenza
di una o più forze applicate a mantenere costante la velocità di un corpo in movimento, quanto piuttosto la loro assenza o,
meglio, il loro reciproco annullarsi.
Il principio d'inerzia si può quindi riformulare dicendo che:
un corpo tende a mantenere il proprio stato di quiete o di moto rettilineo uniforme fino a quando non interviene
una forza esterna, o una somma di forze esterne la cui risultante sia diversa da zero.
10.3 LA SECONDA LEGGE DELLA DINAMICA: LA LEGGE FONDAMENTALE
Con il principio di inerzia abbiamo visto che se su un corpo non agisce alcuna forza, o se la somma delle forze applicate è
zero, esso mantiene invariata la sua velocità.
Cosa succede invece quando ad un corpo è applicata una forza costante o più forze la cui risultante è costante?
Per rispondere a questa domanda in maniera quantitativa, è necessario eliminare (o ridurre al massimo) tutte quelle forze
di difficile e incerta determinazione, come le forze di attrito, che si oppongono al movimento e che dunque complicherebbero
85
Scienze Integrate/Fisica - primo anno
non poco la nostra conoscenza sull’intensità delle forze applicate al corpo. In laboratorio è possibile riprodurre, con sufficiente
approssimazione, un ambiente "ideale" dove risultino trascurabili tutti i possibili disturbi al movimento di un corpo ovvero
proprio gli attriti.
Ciò si ottiene, per esempio, attraverso una particolare apparecchiatura, che si vede in laboratorio, chiamata “rotaia a
cuscino d’aria”, su cui può muoversi un carrello (o slitta) con attrito trascurabile, che viene tirato con un filo al cui capo
opposto è applicata una forza costante rappresentata dal peso di alcuni dischetti.
Si può constatare, applicando le leggi della cinematica sul moto uniformemente accelerato, che il carrello si muove con
accelerazione costante, nello stesso verso di applicazione della forza.
Tutte le volte che si ripeterà l'esperienza, a partire dalle medesime condizioni iniziali, si otterrà lo stesso risultato finale, con
un identico valore costante di accelerazione.
Inoltre, raddoppiando, triplicando ecc. la forza impressa, anche il valore dell'accelerazione risulterà doppio, triplo ecc.
Se ripetiamo l'esperimento con carrelli di dimensioni, e quindi di masse, crescenti, si noterà che quanto più aumenta la
"quantità di materia" tanto più è maggiore la resistenza, o inerzia, che essi oppongono alla forza. Di conseguenza, le
accelerazioni saranno minori, a parità di forza applicata.
Noteremo inoltre che si mantiene costante il prodotto tra le masse e le rispettive accelerazioni che esse subiscono e che
tale valore coincide, a meno di piccole differenze dovute agli inevitabili errori sperimentali, con quello della forza applicata
ai carrelli.
Risulta, in altre parole, che l'accelerazione impressa ad un corpo di massa m è inversamente proporzionale alla
sua massa e direttamente proporzionale all'intensità della forza a cui viene sottoposto, ovvero che:
Passando alla notazione vettoriale, si può enunciare la seconda legge della dinamica (o principio fondamentale della
, esso acquista un'accelerazione
dinamica) che stabilisce che, quando a un corpo di massa m viene applicata una forza
, nella stessa direzione e nello stesso verso della forza, tale per cui:
Il secondo principio della dinamica, formulato per la prima volta da Isaac Newton, è la legge fondamentale che regola il
moto di tutti gli oggetti che ci circondano.
Applicando questa legge fisica l'uomo è riuscito ad andare sulla Luna e a mandare in orbita i satelliti intorno alla Terra.
L'importante è riuscire a identificare tutte le forze che agiscono sul corpo per poi ricavare, dal secondo principio della
dinamica, la sua accelerazione con la formula:
Il secondo principio della dinamica è una legge di portata generale che perciò include il primo principio della dinamica
come caso particolare.
Infatti se sul corpo non agisce alcuna forza abbiamo che F = 0. Il secondo principio della dinamica ci dice che anche il
prodotto m · a deve essere uguale a zero. Quando il prodotto di due numeri è uguale a zero vuol dire che almeno uno dei
due fattori è uguale a zero. Siccome la massa m del corpo è un numero finito, certamente diverso da zero, possiamo
concludere che deve essere a = 0, ossia si deve annullare l'accelerazione del corpo. Pertanto, se la forza totale che
agisce su un corpo è uguale a zero, il corpo continua a mantenere la sua velocità iniziale, cioè rimarrà in quiete o in moto
rettilineo uniforme, che è esattamente in accordo con il primo principio della dinamica.
10.4 UNITÀ DI MISURA DELLA FORZA
Per la seconda legge della dinamica, il modulo della forza ha le dimensioni di una massa per un'accelerazione.
Misurando la massa in chilogrammi (kg) e l'accelerazione in metri al secondo quadrato (m/s2), l'unità di misura della forza
sarà kg · m/s2. Tale unità è detta Newton (simbolo N).
Avrà quindi intensità di 1 N quella forza che, applicata a un corpo di massa 1 kg, provoca un'accelerazione di 1 m/s2.
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10.5 UN’ESPRESSIONE DELLA SECONDA LEGGE DELLA DINAMICA: IL PESO
L'applicazione della seconda legge della dinamica permette di definire una forza particolare, a cui tutti i corpi sulla Terra
sono soggetti: la forza di gravità.
Questa forza (che è solo attrattiva) è esercitata reciprocamente da tutti i corpi dell'Universo dotati di una massa.
Se si considera un corpo di massa m, lasciato cadere al suolo da una determinata altezza, questo si muove sotto l'azione
di una forza che lo attira verso il centro della Terra.
In base alla seconda legge della dinamica, se si indica con
l'accelerazione con la quale il corpo viene attratto al suolo,
la forza, indicata con
, è data da:
dove, come sappiamo,
è detta accelerazione di gravità ed è rappresentata da un vettore diretto verso il basso, il cui
valore varia leggermente a seconda del luogo; in particolare,
assume valore massimo ai poli e minimo all'equatore e
diminuisce anche con la distanza dalla superficie del pianeta.
In media,
ha un'intensità pari a 9,8062 m/s2.
L'accelerazione di gravità, in condizioni ideali, cioè in assenza di attriti e misurata in uno stesso luogo, è costante per tutti i
corpi. Questo fatto può apparire sorprendente, perché osservando la caduta di corpi diversi (per es. una foglia ed una
moneta) notiamo che essi non arrivano al suolo con la stessa velocità e nello stesso tempo, ma non è così. Lo si può
verificare utilizzando un tubo (tubo di Newton, a cui si è fatto cenno nel paragrafo 1.2) nel quale sia stato fatto il vuoto
e facendo cadere oggetti di dimensioni e masse diverse (è classico il caso di una pallina e di una piuma): capovolgendo il
tubo, gli oggetti arrivano alla sua estremità inferiore tutti nello stesso istante, poiché si è annullata la resistenza dell'aria che
si oppone in maniera diversa, a seconda della forma dei corpi in movimento.
La legge che descrive il moto di un oggetto in caduta libera è quella del moto uniformemente accelerato e si può dire che
lo spazio s percorso dal corpo, sottoposto all'accelerazione di gravità
in un tempo t, è dato da:
Il vettore forza
prende il nome di forza peso o, più semplicemente, di peso dell'oggetto in esame. Come già detto, il
concetto di peso viene talvolta confuso con il concetto di massa; riteniamo opportuno ribadire che la massa è una grandezza
che, oltre ad avere natura scalare e non vettoriale, ha un significato fisico assai diverso da quello di peso, anche se il comune
lessico quotidiano tende a utilizzare i due termini indifferentemente.
Nel S.I., il Peso, essendo una forza, si misura in Newton (N), ma nella pratica quotidiana si impiega anche come unità di
misura il chilogrammo-peso (simbolo kgp), dove:
1 kgp = 9,81 N
10.6 LA TERZA LEGGE DELLA DINAMICA: IL PRINCIPIO DI AZIONE E REAZIONE
Ogni volta che viene applicata una forza ad un corpo, esso “risponde” esercitandone un’altra opposta, detta reazione. Se,
per esempio, ci appoggiamo contro un muro è evidente che anche il muro esercita una forza su di noi altrimenti cadremmo
…….. “attraverso il muro”.
Newton fu il primo a comprendere che, quando si spinge (o si tira) un oggetto, non si può evitare che questo spinga nel
verso opposto. Nell’applicazione di una forza quindi sono sempre coinvolti due corpi e per ogni forza ne esiste sempre
una di uguale intensità e direzione, ma opposta in verso.
Si può osservare sperimentalmente che, nell'interazione tra due corpi, quando il corpo A viene sollecitato dal corpo B con
una forza
(azione), esso reagisce sollecitando il corpo B con una forza
(reazione) tale che:
La terza legge della dinamica stabilisce quindi che ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.
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10.7 RESISTENZE PASSIVE
Parlando del principio di inerzia abbiamo detto che, in apparente contraddizione con la prima legge della dinamica, un
corpo lanciato a velocità costante dopo un certo tempo rallenta e finisce col fermarsi. La causa di ciò è in realtà dovuta
all'azione esercitata sul corpo da particolari tipi di forze, dette resistenze passive, che si oppongono al suo movimento.
Esse comprendono:
- la resistenza del mezzo (inteso come fluido)
- le forze di attrito.
La resistenza del mezzo è dovuta al fatto che il corpo, quando si muove dentro un fluido (per es. aria o acqua) deve “aprirsi
la strada” tra le sue molecole e quindi, urtandole, viene rallentato. Questo effetto di rallentamento dipende ovviamente dal
numero di particelle urtate nell’unità di tempo; quindi sarà tanto maggiore quanto più esteso è il profilo del corpo, quanto
più “concentrate” sono le molecole del fluido e quanto più frequenti sono gli urti.
Per tali motivi, la resistenza del mezzo dipende dalla forma del corpo in movimento, dalla densità del fluido attraversato
e dalla velocità.
Non a caso le auto (e non solo) vengono progettate tenendo in grande considerazione gli studi aerodinamici che spesso
ne determinano la loro linea e, così, gli aerei supersonici superano la velocità del suono volando principalmente ad alta
quota, dove appunto l’aria è più rarefatta, per non sollecitare in modo pericoloso le strutture del velivolo.
La resistenza del mezzo non va però sempre considerata come una forza dannosa, tanto che in alcuni casi cerchiamo
proprio di aumentarla. Basti pensare ad un paracadutista o ad un aereo sulla pista che, in fase di atterraggio, deve azionare
i “flaps”. Che cosa accadrebbe se l’aria non opponesse sufficiente resistenza?
Le forze di attrito rappresentano invece la forza che occorre applicare per far muovere un corpo rispetto ad una superficie
con cui è a contatto o per mantenerlo in movimento su di essa.
Esse sono causate dal fatto che le superfici dei corpi a contatto che si muovono l’una sull’altra non sono mai perfettamente
lisce, ma presentano sempre delle rugosità, più o meno accentuate, le quali, “ingranandosi” tra loro, ostacolano il movimento.
Vi sono due tipi fondamentali di attriti:
- l’attrito radente: si produce in seguito allo strisciamento di una superficie su un'altra;
- l’attrito volvente: si produce durante il rotolamento di un oggetto su una superficie.
In ognuno di essi possiamo distinguere due casi:
- l'attrito dinamico, che si manifesta quando dobbiamo mantenere in moto un corpo già in movimento;
- l'attrito statico, che si manifesta quando si vuole mettere in moto un corpo fermo.
L'attrito dipende, oltre che dalle forze esterne applicate, dalla natura dei corpi coinvolti.
Nell’attrito radente di tipo dinamico, come per esempio nel caso di una cassa che striscia sopra un piano orizzontale, la
forza di attrito
è espressa dalla relazione:
dove:
-
è la risultante delle forze esterne che agiscono perpendicolarmente alla superficie di contatto tra i due corpi;
-
è una costante di proporzionalità, detta coefficiente di attrito dinamico, che dipende dalla natura delle superfici
a contatto.
Poiché
è il rapporto tra due forze, ne consegue che esso è una grandezza adimensionale, cioè un numero puro.
Nell’esempio
è rappresentato dal peso
della cassa.
Più grandi sono le irregolarità delle superfici, maggiore sarà il coefficiente di attrito.
Nel caso di attrito radente di tipo statico, cioè quando il corpo è fermo e dobbiamo determinare la minima forza necessaria
per metterlo in movimento, si usa invece il coefficiente di attrito statico
, che, come risulta dalle esperienze, è sempre
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leggermente superiore a quello del corrispondente caso dinamico.
Nel caso di attrito volvente, la forza di attrito è sempre molto inferiore rispetto al caso dell'attrito radente. Essa risulta
ancora direttamente proporzionale alla componente perpendicolare della forza peso, ma inversamente proporzionale al
raggio R del corpo che rotola:
dove
è il coefficiente di attrito volvente.
Esempio di forza di attrito volvente: un cilindro che rotola su un tavolo.
da http://www.mateliber.it/pubblicazioni/fisica/attrito/attrito.html
Lubrificare o bagnare le superfici a contatto significa “livellare” le irregolarità presenti anche a livello microscopico
e quindi ridurre il coefficiente di attrito, con conseguente diminuzione della corrispondente forza resistente.
Così come la resistenza del mezzo, anche le forze di attrito non devono essere considerate in modo esclusivamente
negativo: senza di esse, per esempio, non potremmo camminare, le ruote di un’auto non potrebbero “far presa” sulla
strada e consentire la marcia del veicolo (si pensi a che cosa accade in presenza di ghiaccio sull’asfalto) e non riusciremmo
neanche a frenare uno solo dei nostri tanti mezzi di trasporto!
Nella tabella seguente sono riportati i coefficienti di attrito radente, statico e dinamico, tra alcune tipologie di superfici.
MATERIALE
Acciaio su acciaio
0,74
0,57
Acciaio su acciaio lubrificato
0,11
0,05
Alluminio su acciaio
0,61
0,47
Rame su acciaio
0,53
0,36
Ottone su acciaio
0,51
0,44
Vetro su vetro
0,94
0,40
Rame su vetro
0,68
0,53
Teflon su teflon
0.04
0,04
Teflon su acciaio
0,04
0,04
Acciaio su aria
0.001
0,001
Acciaio su ghiaccio
0,027
0,014
Legno su pietra
0,7
0,3
Gomma su cemento asciutto
0,65
0,5
Gomma su cemento bagnato
0,4
0,35
Gomma su ghiaccio
0,2
0,15
Gomma su ghiaccio bagnato
0,1
0,08
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10.8 ESERCIZI SVOLTI
Leggi della dinamica
1. Una slitta, del peso di 250 N, viene spinta con una forza, di intensità F, su una superficie ghiacciata orizzontale priva
.
di attrito e subisce un'accelerazione a = 3 m/s2. Si calcoli l'intensità della forza
Risposta:
Per poter applicare il secondo principio della dinamica, dobbiamo prima calcolare la massa della slitta.
Se P = 250 N, la massa della slitta si ricava dalla relazione m = P/g che permette di ottenere:
m = 250 N / (9,8 N/kg) = 28,6 kg
Ora possiamo applicare il secondo principio della dinamica:
F = m · a = 28,6 kg · 3 m/s2 = 85,8 N
2. Un montacarichi, di massa 200 kg, viene sollevato verso l'alto applicando una forza costante pari a 3000 N. Si calcoli
l'accelerazione del montacarichi.
Risposta:
Sul montacarichi agiscono due forze: la forza peso e la forza di sollevamento.
Quindi per prima cosa dobbiamo calcolare la forza totale
che agisce su di esso.
Se la massa è m = 200 kg, l’intensità della forza-peso è:
P = m · g = 200 kg · 9,8 N/kg = 1960 N.
Tenendo conto che la forza di sollevamento e la forza peso hanno verso opposto, l’intensità della forza totale applicata
al montacarichi è:
= 3000 N - 1960 N = 1040 N
L'accelerazione, verso l'alto, del corpo si calcola dalla formula inversa del secondo principio della dinamica:
= 1040 N / 200 kg = 5,2 m/s2
3. Ad una cassa, posta su un piano orizzontale, viene applicata la forza indicata in figura, inclinata di 30° rispetto al piano
e avente un'intensità di 60 N. Sapendo che l'attrito è trascurabile e l'accelerazione orizzontale subita dalla cassa è pari
a 2 m/s2, si determini la sua massa.
Risposta:
Il triangolo rettangolo in figura è la “metà” di un triangolo equilatero che ha per lato l'intensità della forza (60 N).
Pertanto la forza parallela al piano, responsabile dell'accelerazione orizzontale della cassa, ha un'intensità uguale all'altezza
del triangolo equilatero. Essa si può ottenere applicando il teorema di Pitagora al triangolo rettangolo, dopo aver notato
che la componente verticale della forza
è uguale alla metà del lato del triangolo equilatero, ossia a 30 N:
Possiamo arrivare allo stesso risultato, in modo molto più diretto, per via trigonometrica:
Se l'accelerazione orizzontale è a = 2 m/s2, vuol dire che la massa della cassa è:
Notiamo che il corpo è soggetto ad una forza-peso pari a:
mentre la componente verticale della forza
il corpo.
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è uguale a 30 N. Ciò significa che la forza
non è sufficiente per sollevare
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10.9 ESERCIZI PROPOSTI SULLA DINAMICA
1. Un corpo di massa 2 Kg, inizialmente fermo, viene spinto per 45 metri da una forza costante di 20 N. Determinare la
velocità finale.
[vf = 30 m/s]
2. Un carrello di massa 6 kg, inizialmente fermo ed in assenza di attrito, viene spinto da una forza costante percorrendo
100 m in 20 s. Determinare il valore della forza applicata.
[F = 3 N]
3. Un carrello, inizialmente fermo ed in assenza di attrito, viene spinto da una forza costante di intensità F = 20 N,
percorrendo 40 m in 5 s. Determinare il valore della massa del corpo.
[m = 6,25 kg]
4. Ad un corpo di massa 20 Kg, inizialmente fermo, viene applicata una forza costante di 30 N per 3,00 metri e
successivamente una forza di 6,0 N per 5,00 secondi. Determinare la velocità finale.
[vf = 4,5 m/s]
5. Ad un corpo di massa 5,00 Kg, libero di muoversi ed inizialmente in quiete, è applicata una forza costante di intensità
12 N. Calcolare lo spazio percorso dal corpo nell'istante in cui possiede una velocità di 36 m/s.
[s = 270 m]
6. Un corpo di massa 600 g, inizialmente fermo, è sottoposto ad una forza costante che vale 1,20 N. Dopo quanto
tempo il corpo raggiunge la velocità di 14 m/s?
[t = 7 s]
7. Una forza di 4,20 N viene applicata ad un corpo, inizialmente fermo, di massa pari a 300 g. Che velocità raggiunge
dopo 6 s?
[v = 84 m/s]
8. Un carrello di massa 2,00 Kg, inizialmente fermo, in assenza d'attrito viene accelerato da una forza costante di 3,00
N applicata per 12 metri. Determinare:
- la velocità finale del carrello (al termine della spinta);
[vf = 6,0 m/s]
- il tempo di spinta.
[t = 4,0 s]
FORZA CONTRARIA
9. Ad un corpo, di massa 10,0 Kg, che si muove con velocità di 30 m/s, è applicata una forza costante di intensità 10
N nella stessa direzione del moto, ma con verso opposto.
Calcolare lo spazio percorso dal corpo dall'istante in cui è applicata la forza all'istante in cui la velocità si riduce a
5,00m/s.
[s = 437,5 m]
10. Un corpo, di massa 120 kg, viaggia a 36 km/h e, decelerando costantemente, si ferma in 50 s. Determinare la forza
esercitata dai freni.
[F = 24 N]
11. Un corpo, di massa 140 kg, viaggia a 54 km/h e, decelerando costantemente, si ferma in 60 m. Determinare la forza
esercitata dai freni.
[F = 262,5 N]
12. Un corpo, che viaggia a 20 m/s, incontra una forza contraria di 10 N e si ferma in 10 secondi. Determinare la massa
del corpo.
[m = 5 Kg]
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13. Un corpo, avente massa di 8,00 Kg, viene lanciato su un piano orizzontale con velocità iniziale di 4,00 m/s. Dopo
4,00 metri, per effetto dell'attrito, la sua velocità si dimezza; determinare il valore della forza d'attrito.
[Fa = 12N]
14. Ad un carrello di massa 200 g, inizialmente fermo, viene applicata una forza di 1,7 N per 3,00 secondi. Supponendo
che la forza d'attrito sia costante e valga 0,3 N, determinare:
- lo spazio percorso nei primi 3,0 secondi;
[s = 31,5 m]
- la velocità raggiunta dopo i primi 3,0 secondi;
[vf = 21 m/s]
- il tempo necessario per fermarsi.
[t = 14 s]
MOTO CIRCOLARE
15. Determinare la forza centripeta di un corpo, di massa 20 g, che viaggia alla velocità di 50 cm/s lungo una circonferenza
di 4 mm di raggio.
[Fc = 1,25 N]
16. Determinare la massa di un corpo che percorre, alla velocità di 54 Km/h, una traiettoria circolare di raggio di 6000
cm ed è soggetta alla forza centripeta di 2,25 N.
[m = 0,6 Kg]
PIANO INCLINATO
17. Un corpo, di massa 20 g, è posto sulla sommità di un piano inclinato lungo 4,0 m e con un dislivello tra le estremità
pari a 80 cm. Trascurando gli attriti, con che accelerazione tale corpo scenderà lungo il piano inclinato? ( g = 10 m/s²)
[a = 2,0 m/s²]
18. Un corpo, di massa 50 g, è posto sulla sommità di un piano inclinato di base b = 60 cm e di altezza h = 45 cm.
Trascurando gli attriti, determinare il tempo che tale corpo impiega a raggiungere l'estremità inferiore e la sua velocità
finale
[t = 0,5 s ; vf = 3 m/s]
19. Un corpo, di massa 200 g, è posto sulla sommità di un piano inclinato che forma un angolo di 30° rispetto
l'orizzontale. Supponendo che il corpo raggiunga l'estremità inferiore, in assenza d'attrito, dopo 10 secondi,
determinare l'altezza del piano inclinato.
[h = 125 m]
20. Un corpo, di massa 8,0 Kg, è posto alla sommità di un piano inclinato, di lunghezza l = 22,5 m, che forma un angolo
di 30° rispetto l'orizzontale.
Determinare l'accelerazione con la quale il corpo scende lungo il piano ed il tempo impiegato per raggiungere l'estremità
inferiore.
[a = 5 m/s² ; t = 3 s]
ATTRITO RADENTE
21. Un corpo, di massa 0,50 Kg, con velocità iniziale di 8,00 m/s, striscia su un piano orizzontale e, per effetto dell'attrito,
dimezza la propria velocità in 5,0 secondi. Determinare il coefficiente di attrito radente.
[kr = 0,08]
22. Ad un corpo di massa 5,00 Kg, inizialmente fermo e appoggiato su un piano orizzontale, viene applicata per 2,00
secondi una forza costante di 25,0 N. Supponendo che il coefficiente d'attrito radente tra il corpo e il piano valga 0,25,
determinare la velocità finale e lo spazio percorso in tale fase di spinta. ( g = 10 m/s²)
[vf = 500 m/s ; s = 5,00 m]
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11. LAVORO – POTENZA – ENERGIA
11.1 IL LAVORO
Comunemente per “lavoro” s’intende una qualsiasi attività fisica o mentale, mentre nel linguaggio scientifico il termine lavoro
ha un significato diverso e ben preciso.
In Fisica si parla di lavoro quando un corpo, a cui viene applicata una forza, si sposta nella direzione della forza stessa.
Dunque, non è un soggetto che compie il lavoro ma una forza, ed esso non va certo confuso con la fatica muscolare.
Si può intuire però che più intensi sono la forza e lo spostamento, maggiore è il lavoro.
Per definire allora in maniera corretta il lavoro, prendiamo in considerazione una forza costante che agisce su un corpo
e supponiamo che esso, a causa di questa forza, subisca uno spostamento
. Supponiamo ancora, per semplicità, che
le direzioni dei due vettori siano parallele e che essi abbiano lo stesso verso, come in figura.
In questa situazione si dice che la forza produce un lavoro L pari a :
L=F·s
dove F ed S sono le intensità dei rispettivi vettori.
Questa definizione è in accordo con quanto avevamo intuito perché, per esempio, se si raddoppia lo spostamento, il lavoro
raddoppia così come se, a parità di spostamento, si raddoppia la forza.
Il lavoro è una grandezza scalare ed è quindi dato dal prodotto dell'intensità della forza per la misura dello spostamento
che essa fa compiere al corpo.
Si deduce immediatamente che, nel S.I., l'unità di misura del lavoro è:
N · m (newton · metro)
che viene indicato col nome di Joule (J), in onore del fisico britannico James Prescott Joule che per primo scoprì il rapporto
di equivalenza fra lavoro e calore.
Quindi:
1J = 1N · 1m
Una forza di 1 N, applicata ad un corpo che si sposta di 1 m nella direzione e nel verso della forza, compie un lavoro di 1J.
Ma che cosa succede se la direzione della forza non è parallela a quella della spostamento?
Anche con semplici considerazioni "pratiche" ci accorgiamo che se, per esempio, "tiriamo" un corpo con una forza di
direzione diversa da quella lungo cui il corpo stesso si sposta, facciamo più "fatica", per ottenere il medesimo "risultato"
(spostamento).
La formula del lavoro va quindi modificata.
Per far ciò basta considerare che una forza si può sempre scomporre (con la regola del parallelogramma) come somma
vettoriale di due componenti, una parallela allo spostamento ed una perpendicolare al esso:
La forza
va dunque scomposta in:
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La componente perpendicolare
, come è immediato notare, non genera spostamento quindi è solo la componente
parallela
a compiere lavoro.
Naturalmente, in questo caso il lavoro è minore rispetto al caso in cui la direzione di
è parallela a quella dello spostamento.
L’espressione del lavoro diventa quindi:
dove
è l'intensità della componente parallela di
.
Come conseguenza immediata della definizione di lavoro abbiamo che, quando la forza è perpendicolare allo
spostamento, il lavoro da essa compiuto è nullo dal momento che la componente della forza parallela allo spostamento
è uguale a zero.
La forza può anche avere verso opposto rispetto allo spostamento e quindi può ostacolare il moto. É il caso per esempio
delle forze di attrito.
In generale,se la forza (o la sua componente parallela allo spostamento) favorisce il moto, si parla di forza motrice e il
lavoro da essa compiuto è detto lavoro motore (fig.1).
Se, invece, la forza (o la sua componente parallela) ostacola il moto, poiché ha verso opposto rispetto allo spostamento
(fig.2), si parla di lavoro resistente, definito come:
Il lavoro resistente è quindi una grandezza negativa.
11.2 IL LAVORO DI UNA FORZA NON COSTANTE
Finora abbiamo definito il lavoro prendendo in considerazione una forza costante, ossia una forza che ha la stessa intensità
in ogni punto dello spostamento da essa compiuto.
Notiamo come, nel caso di una forza costante, se riportiamo in un diagramma cartesiano la forza in ordinata e lo
spostamento in ascissa, otteniamo che il lavoro compiuto dalla forza
è rappresentato dall'area del rettangolo in figura,
ovvero dall’area compresa tra il diagramma della forza e l’asse delle ascisse (spostamento).
Ora vogliamo estendere questa osservazione per definire il lavoro nel caso di una forza non costante. Un tipico esempio di
forza non costante è dato dalla forza elastica.
Infatti, come sappiamo, l’intensità della forza da applicare ad una molla per allungarla di una certa quantità è direttamente
proporzionale all'allungamento x che si sta producendo, secondo la legge di Hooke:
dove k è la costante elastica della molla.
Se in un diagramma cartesiano poniamo in ordinata l’intensità della forza
x della molla, otteniamo una semiretta passante per l'origine:
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applicata alla molla e in ascissa l'allungamento
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Analogamente al caso di una forza costante, dove il lavoro era dato dall'area del rettangolo, nel caso della forza elastica il
lavoro necessario per allungare la molla di una quantità x è dato dall'area del triangolo disegnato nella figura precedente.
Avremo pertanto:
Ad esempio, se abbiamo una molla di costante elastica
dobbiamo compiere un lavoro pari a:
k = 200 N/m e vogliamo allungarla di una quantità x = 5 cm
Lo stesso lavoro sarà necessario per comprimere la molla della stessa quantità.
11.3 IL LAVORO COMPIUTO DALLA FORZA PESO
Vogliamo far vedere che il lavoro compiuto dalla forza peso
, per portare un corpo di massa m dalla posizione
A alla posizione B, lungo due percorsi diversi I e II, ha lo stesso valore.
Lungo il percorso I, il corpo si muove sulla verticale passante per A e si sposta
di un tratto h per cui il lavoro fatto dalla forza peso vale:
Calcoliamo ora il lavoro compiuto dalla forza peso lungo il percorso II, costituito
dal tratto inclinato AC, di lunghezza generica l, e dal tratto orizzontale CB.
Dobbiamo ricordare che, lungo il tratto inclinato AC, l’intensità della componente parallela della forza peso vale
e che, lungo il tratto orizzontale CB, il peso non compie lavoro perché è perpendicolare allo spostamento.
Pertanto si ha:
In generale, si può dimostrare che il lavoro compiuto dalla forza peso è sempre m · g · h , qualunque sia il percorso che
congiunge la posizione iniziale A e la posizione finale B.
Infatti, come si intuisce dalla figura sottostante, qualsiasi percorso tra due punti posti a quote diverse, può essere assimilato
(in modo preciso quanto si vuole) ad una successione di tratti inclinati contigui.
Per quanto abbiamo visto sopra, il lavoro totale compiuto dalla forza peso lungo tale spezzata sarà uguale solamente alla
somma dei lavori compiuti lungo i tratti verticali.
Quindi:
Le forze che godono di questa proprietà, come la forza peso, sono dette forze conservative.
Quindi, una forza si dice conservativa se il lavoro che compie durante uno spostamento qualsiasi non dipende dal particolare
cammino percorso ma solo dalla posizione iniziale e finale.
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11.4 LA POTENZA
Per definire il lavoro di una forza, non ci siamo affatto interessati del tempo durante il quale tale lavoro è stato compiuto.
Ma tutti possono facilmente comprendere come, nella pratica, sia invece fondamentale tener conto anche di quanto tempo
viene impiegato per svolgere un certo lavoro.
In Fisica, la grandezza che assolve a questo compito è la potenza che si definisce come il rapporto tra il lavoro L
compiuto e l’intervallo di tempo
impiegato a compierlo, ossia:
È chiaro che, siccome l'intervallo di tempo
compare al denominatore, una macchina sarà tanto più potente quanto
meno tempo impiega per compiere un determinato lavoro.
La potenza indica, quindi, la rapidità con cui si compie un lavoro e numericamente rappresenta il lavoro svolto da una forza
in un secondo.
Supponiamo, per esempio, che un uomo, di peso P = 800 N, debba salire al terzo piano di un edificio, posto ad un’altezza
h = 12 m dal suolo. Può decidere di usare l'ascensore oppure di prendere le scale.
Siccome, come abbiamo visto, il lavoro, in questo caso, non dipende dal percorso effettuato ma solo dall'altezza, avremo
che in entrambe le modalità il lavoro da compiere è:
Ma qual è, allora, la differenza tra le due modalità?
L'ascensore consente di coprire il dislivello di 12 m in un tempo minore perché la sua potenza è in generale superiore a
quella sviluppata dalla forza muscolare dell'uomo.
Infatti ipotizzando che l'ascensore impieghi un tempo t = 10 s e l’uomo, salendo le scale, un tempo t = 30 s, le potenze
sarebbero rispettivamente:
Dalla definizione di potenza, applicata all’esempio appena illustrato, discende che la sua unità di misura nel S.I. è:
.
Essa viene però indicata col nome di watt (W), in onore di James Watt (1736-1819), ingegnere britannico, costruttore delle
prime macchine a vapore.
Quindi:
Il watt è un'unità di misura piuttosto piccola per cui sono spesso utilizzati i suoi multipli,
come il kilowatt:
• 1 kW = 103 W;
il megawatt:
• 1 MW = 106 W;
e il gigawatt:
• 1 GW = 109 W.
Così, ad esempio, quando diciamo che un'auto ha una potenza di 50 kW, intendiamo dire che ogni secondo la forza
sviluppata dal suo motore è in grado di compiere un lavoro pari a 50.000 J.
Nella pratica, come unità di misura della potenza, viene anche utilizzato il cavallo-vapore (simbolo CV).
I fattori di conversione con il Watt ed il kW sono i seguenti:
• 1 CV = 735 W = 0,735 kW
• 1kW = 1,36 CV
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La potenza può anche essere espressa in funzione della velocità.
Vediamo in che modo.
Supponiamo che una forza
agisca per un intervallo di tempo
su di un corpo in modo da mantenerlo a velocità
costante per un tratto s.
Sapendo che il rapporto
rappresenta la velocità, possiamo scrivere l’espressione della potenza nel seguente modo:
che è la relazione cercata.
Quindi, per calcolare la potenza necessaria per mantenere un corpo a velocità costante, occorre moltiplicare la forza per la
velocità.
Ad esempio, se il motore di un’auto deve esercitare una forza F di 2000 N per equilibrare le forze resistenti e far muovere
l’auto ad una velocità di 90 Km/h, la potenza erogata dal motore sarà:
Ovviamente, lo stesso valore, ma negativo, rappresenta la potenza sviluppata dalle forze di attrito.
Poiché il lavoro, come vedremo, comporta sempre un trasferimento di energia (E) ad un corpo uguale al lavoro stesso, la
potenza può anche indicare sia la fornitura che il consumo di energia per un’unità di tempo.
Quindi:
Attenzione al kilowattora (kWh)!
Spesso sentiamo parlare del kilowattora (simbolo kWh), soprattutto in relazione ai nostri consumi di energia elettrica. La
parola può trarre in inganno e i “meno esperti” rischiano di considerare il kilowattora un’unità di misura della potenza,
confondendolo con il kilowatt.
Ma non è così, infatti:
Perciò il kWh è un’unità di misura dell’energia (o del lavoro) e corrisponde a 3,6 · 106 J; cioè:
Se, ad esempio, nella nostra camera abbiamo una lampada da 100 W che rimane accesa per un intero giorno, avremo
consumato una quantità di energia elettrica pari a:
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11.5 IL RENDIMENTO
L’uomo, solitamente, per compiere lavoro si serve di apparecchiature, più o meno complesse, chiamate in generale
macchine.
Le macchine trasformano un tipo di energia in un’altro o in lavoro meccanico. Basti pensare al compito svolto da
un’automobile, da una pompa, da un ascensore, da un trapano, da una stufa elettrica e dai vari elettrodomestici che
abbiamo in casa.
Qualsiasi macchina funziona utilizzando una certa quantità di energia nell’unità di tempo, quindi assorbe una determinata
potenza, detta appunto potenza assorbita (Pa ), per trasformarla in energia utile allo scopo per cui è stata costruita, cioè
in potenza utile (Pu ).
L’esperienza ci insegna, però, che non tutta la potenza assorbita viene convertita in energia o in lavoro utile, a causa delle
inevitabili resistenze passive che trasformano parte dell’energia assorbita in calore non più utilizzabile, dissipando così
potenza.
Quindi:
come risulta evidente dalla figura che segue:
Il rendimento (r) di una macchina viene definito proprio per tener conto di questo fatto e si calcola facendo il rapporto tra
la potenza utile e la potenza assorbita:
Più alto è il rendimento della macchina, migliore è la sua efficienza in quanto, a parità di potenza assorbita, fornirà una
maggiore potenza utile.
Il rendimento, che spesso si esprime in percentuale, è un valore adimensionale perché ottenuto dal rapporto di due
grandezze omogenee; inoltre, essendo Pu < Pa , è sempre inferiore a 1 (100%).
Ad esempio, qual é il rendimento di un montacarichi che solleva un corpo, del peso di 6000 N, ad un’altezza di
20 metri in 50 secondi, assorbendo una potenza elettrica di 3 kW? E quanto vale la potenza dissipata?
Si ha:
e quindi:
Pertanto:
Ricordando che, per passare alla notazione percentuale, basta moltiplicare per 100 e aggiungere il simbolo %, si ha:
Calcoliamo ora la potenza dissipata:
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11.6 L’ENERGIA MECCANICA
In Fisica, le grandezze lavoro ed energia sono strettamente legate tra loro tanto che si possono trasformare l’uno nell’altra
e viceversa.
Infatti si dice che un corpo possiede energia quando è in condizione di compiere un lavoro e la misura di tale lavoro è anche
la misura dell’energia posseduta dal corpo. Viceversa, quando si compie lavoro su un corpo, questo acquista una quantità
energia pari al lavoro stesso.
Ne segue che nel S.I. l’unità di misura dell’energia è il Joule (J), come per il lavoro.
L’energia meccanica, posseduta da un corpo, si può presentare nelle seguenti tre diverse forme:
• energia cinetica (energia di movimento) che indichiamo con Ec ;
• energia potenziale gravitazionale (energia di posizione) che indichiamo con Ed ;
• energia elastica (energia di deformazione) che indichiamo con Ee .
che andremo ora ad analizzare singolarmente.
11.7 L’ENERGIA CINETICA
L’energia cinetica è l’energia posseduta da qualsiasi corpo quando è in movimento. Un corpo di massa m che si muove
alla velocità v , possiede un’energia cinetica pari a:
che corrisponde al lavoro che quel corpo, in virtù della sua velocità, può compiere prima di fermarsi, per esempio
arrestandosi contro una molla, o come nel modo sotto illustrato.
La slitta della figura, mentre si muove, resta impigliata in un gancio e viene frenata fino a fermarsi; ma quando la sua energia
cinetica si sarà annullata, essa, sollevando il peso P ad un’altezza h, avrà compiuto un lavoro:
Viceversa, l’energia cinetica posseduta da un corpo corrisponde proprio al lavoro che bisogna compiere su di esso per
fargli raggiungere la velocità v , partendo da fermo.
Infatti, se supponiamo di applicare una forza
, orizzontale e costante, a un corpo di massa m, inizialmente fermo e
posto su un piano orizzontale senza attrito, per il secondo principio della dinamica avremo che la forza
produce
un'accelerazione
tale per cui:
Il lavoro che dobbiamo compiere per spostare il corpo di un tratto s è pertanto uguale a:
Siccome il moto del corpo sarà uniformemente accelerato, sappiamo che:
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quindi possiamo scrivere il lavoro compiuto come:
E, poiché la velocità è data da v = a · t ,si ottiene in definitiva:
che è proprio l’espressione dell’energia cinetica posseduta dal corpo.
Esso, dunque, immagazzina il lavoro compiuto su di sé sotto forma di energia di movimento:
Più in generale, se il corpo non è inizialmente fermo ma possiede una velocità iniziale
compiere per portarlo a una velocità vf è dato da:
vi, allora il lavoro che dobbiamo
Possiamo perciò concludere che il lavoro L compiuto da una forza su di un corpo è uguale alla variazione di energia cinetica
che esso subisce. Questa relazione prende anche il nome di teorema dell'energia cinetica.
Se il lavoro è negativo (lavoro resistente), perché effettuato da forze che si oppongono al movimento, come le forze di
attrito, anche la variazione di energia cinetica risulterà negativa in quanto vf < vi e quindi Ecf < Eci.
Ad esempio, supponiamo di avere un’auto di massa m = 1200 kg. Qual è il lavoro che deve compiere il motore per
accelerarla da 0 a 90 km/h e quello dei freni per decelerarla successivamente fino a 50 km/h?
Si ha:
11.8 L’ENERGIA POTENZIALE GRAVITAZIONALE
L'energia potenziale gravitazionale è l'energia che un corpo possiede per il fatto di trovarsi ad una certa altezza h dal suolo.
Infatti, quando il corpo si trova in questa condizione la sua forza peso, facendolo cadere a terra, può compiere un lavoro
pari a:
che è, appunto, l’espressione dell’energia potenziale gravitazionale.
Quindi:
Al contrario, per sollevare un corpo ad una quota h, siamo noi a dover compiere un lavoro uguale a m · g · h, applicando
una forza verticale dal basso verso l'alto pari al peso del corpo.
Ciò significa che, per sollevare un corpo, dobbiamo consumare dell’energia, ma questa non viene persa perché rimane
immagazzinata nel corpo sotto forma di energia potenziale gravitazionale. Quando si è parlato del lavoro prodotto dalla
forza peso, abbiamo visto che il lavoro necessario per far cadere un corpo da una certa altezza h, lungo un percorso
inclinato, è uguale a quello necessario per far cadere lo stesso corpo verticalmente. Così anche per sollevarlo.
Di conseguenza anche l'energia potenziale gravitazionale dipenderà solo dall'altezza h a cui si trova il corpo e non dal
percorso che è stato compiuto per farlo arrivare in tale posizione.
Se consideriamo un corpo che, cadendo, passa da una posizione
(con h = h1 ) ad una posizione
(con h = h2),
come in figura, il lavoro compiuto dalla forza peso
è dato da:
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Possiamo perciò concludere che, in assenza di attrito, il lavoro L compiuto dalla forza peso su di un corpo è uguale alla
variazione di energia potenziale gravitazionale fra lo stato iniziale e quello finale. Questa relazione prende anche il nome di
teorema dell'energia potenziale.
È necessario sottolineare che l'energia potenziale gravitazionale è sempre definita a partire da un livello di riferimento che
viene assunto come livello ad altezza h = 0 in cui tale energia, per sua stessa definizione, ha valore nullo.
La scelta di questo livello è arbitraria e non importante ai fini applicativi perché, valutando poi tutte le altezze a partire da
tale riferimento, ciò che interessa è la variazione di energia e questa risulta indipendente dalla scelta del rifermento stesso.
, non dipende
Infatti, come si evince dalla figura e dal teorema dell’energia potenziale, il lavoro della forza peso, L = P ·
affatto dai valori di h1 e h2, cioè dai valori iniziale e finale dell’energia potenziale conseguenti alla scelta del livello h = 0.
11.9 L’ENERGIA POTENZIALE ELASTICA
Sappiamo che per comprimere o allungare una molla dobbiamo compiere un lavoro.
Questo lavoro rimane immagazzinato nella molla sotto forma di energia potenziale elastica. Infatti una molla compressa o
allungata di una certa quantità x è a sua volta in grado di compiere un lavoro esattamente uguale a quello che è stato
compiuto per comprimerla o allungarla.
Abbiamo già calcolato tale lavoro che vale:
Possiamo pertanto concludere che una molla di costante elastica
energia potenziale elastica pari a:
k compressa o allungata di una quantità x possiede
11.10 IL PRINCIPIO DI CONSERVAZIONE DELL’ENERGIA MECCANICA
In generale un corpo può trovarsi a una certa altezza e avere anche una certa velocità, quindi può possedere, nello stesso
tempo, sia energia cinetica che energia potenziale gravitazionale.
È allora utile definire una forma di energia, detta energia meccanica Em, data dalla somma delle due energie:
Quando un oggetto è fermo ad un'altezza dal suolo, esso possiede solo energia potenziale gravitazionale.
Dunque l'energia meccanica coincide con l'energia potenziale gravitazionale: Em = Ep.
Man mano che il corpo scende perde parte della sua energia potenziale gravitazionale ed aumenta la sua velocità. In altre
parole, l'energia potenziale gravitazionale si trasforma progressivamente in energia cinetica.
Sappiamo che, quando un corpo cade per effetto della forza peso, passando da una generica posizione
ad un’altra
posizione
, come in figura, il lavoro L compiuto dal peso è contemporaneamente uguale:
• sia alla variazione dell’energia cinetica del corpo:
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• sia alla variazione di energia potenziale del corpo:
Ma queste due variazioni di energia sono opposte: la perdita di energia potenziale è compensata esattamente dalla stessa
quantità di energia cinetica.
Ciò significa che, se non vi sono attriti, la somma dell’energia cinetica e dell’energia potenziale, ovvero l’energia
meccanica totale, si mantiene costante durante il moto:
Questo importante risultato rappresenta il “Principio di conservazione dell’energia meccanica”.
Matematicamente, si può pervenire alla stessa conclusione uguagliando le due espressioni del lavoro, ovvero le variazioni
di energia cinetica e potenziale scritte in precedenza.
Infatti essendo:
se si trasporta
al primo membro ed
al secondo membro, si ottiene:
cioè:
ovvero, dato che i punti
e
sono del tutto generici:
Che cosa accade però se durante il moto agiscono degli attriti?
Se agiscono gli attriti l’energia meccanica non si conserva. L’attrito fa diminuire l’energia meccanica del corpo,
ma la parte mancante è trasformata in un’altra forma di energia: l’energia interna dell’aria e del corpo.
L’energia meccanica mancante si distribuisce fra le molecole del corpo e dell’aria producendo un aumento dell’energia
interna che si manifesta come aumento di temperatura.
Infatti tutti i corpi sono fatti di molecole e quando due corpi si urtano o si strofinano, le loro molecole sono messe in
movimento più velocemente.
Quindi l’energia che è apparentemente scomparsa, si è in realtà trasferita alle molecole dei corpi tra cui si sono avuti gli
urti o gli attriti. Tale energia di agitazione molecolare si chiama appunto energia interna dei corpi.
La variazione di energia meccanica, sarà uguale al lavoro fatto dalle forze d'attrito. Ricordando quindi l’espressione della
forza di attrito, si ha:
di cui vedremo un esempio applicativo negli esercizi svolti.
Il segno meno indica che il corpo perde parte della sua energia meccanica che viene convertita in energia termica, ossia in
calore.
Se includiamo quindi nel bilancio energetico anche il calore e tutte le altre possibili forme di energia, avremo che l'energia
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totale del sistema si conserva comunque.
In definitiva, l'energia si può trasformare da una forma all'altra, ma non si può né creare né distruggere. Questa
conclusione rappresenta il principio più generale di conservazione dell’energia.
Per completezza, è necessario generalizzare il concetto di energia meccanica e il relativo principio di conservazione.
Infatti anche l'energia potenziale elastica è a tutti gli effetti una forma di energia meccanica, pertanto essa viene ad essere
la somma di tre possibili forme di energia: l'energia cinetica, l'energia potenziale gravitazionale e l'energia potenziale elastica:
Il principio di conservazione dell’energia meccanica, esteso anche all’energia elastica, diventa allora:
Così, quando un carrello in moto urta una molla, comprimendola, la sua energia cinetica:
si converte in energia (potenziale) elastica:
Viceversa, se comprimiamo una molla con un carrello davanti, quando essa viene lasciata libera, la sua energia elastica si
converte in energia cinetica del carrello che acquista una certa velocità. L'energia meccanica del sistema si conserva;
pertanto, la velocità del carrello v e la massima compressione della molla x sono legate dalla relazione:
Come vedremo meglio negli esercizi, da questa relazione possiamo ricavare una delle quattro grandezze,
conoscendo le altre tre.
m, v, k e x,
Trascurando gli attriti, possiamo fare un esempio qualitativo del principio di conservazione dell'energia meccanica riferendoci
al salto con l'asta in atletica leggera:
• per poter saltare in alto, nella fase di rincorsa, l'atleta deve per prima cosa correre il più possibile per aumentare al
massimo la velocità orizzontale e di conseguenza la sua energia cinetica;
• nella fase di piegamento, l’atleta si arresta e l'energia cinetica viene tutta convertita in energia potenziale elastica dell'asta;
• nella fase di salto, l'energia potenziale elastica dell'asta viene convertita in energia cinetica dell'atleta (con il vettore
velocità diretto verticalmente dal basso verso l'alto) e in energia potenziale gravitazionale;
• nella fase di superamento dell'asticella, l’atleta è fermo in aria e tutta l'energia meccanica è energia potenziale
gravitazionale;
• nella fase di caduta, l'energia potenziale gravitazionale si converte progressivamente in energia cinetica (con il vettore
velocità diretto verticalmente dall'alto verso il basso);
• nella fase di atterraggio, tutta l'energia meccanica diventa energia potenziale elastica del materasso.
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11.11 ESERCIZI SVOLTI
Lavoro e potenza
1. Determinare il lavoro che compie un ciclista di massa m = 65 kg per scalare una salita al 7% lunga 800 m?
Risposta:
Se la salita ha una pendenza del 7% vuol dire che “si alza” di 7 m ogni 100 m. Possiamo ricavarci l'altezza h della salita
risolvendo la proporzione:
7 m : 100 m = h : 800 m
da cui
h = (800 · 7 / 100) m = 56 m.
Trascurando il peso della bicicletta, la forza che il ciclista deve applicare è pari alla sua forza-peso:
F = m · g = 65 kg · 9.8 N / kg = 637 N.
Il lavoro che deve compiere è pari a:
L = F · h = 637 N · 56 m = 3,57 · 104 J.
Il lavoro che un ciclista deve compiere per percorrere una salita è proporzionale alla sua forza-peso: questa è la ragione
per cui, in genere, gli scalatori più forti sono sempre molto leggeri.
2. Una gru compie un lavoro di 90 000 J per sollevare un certo carico di massa 500 kg in 20 s. Si determini a quale
altezza viene sollevato il carico e qual è la potenza sviluppata dalla macchina.
Risposta:
Dalla conoscenza della massa, ricaviamo la forza-peso:
F = m · g = 500 kg · 9,8 N / kg = 4900 N.
Da questo dato e dal lavoro L = 90 000 J, possiamo ricavarci l'altezza a cui viene sollevato il carico. Infatti, dal momento
che la forza e lo spostamento sono paralleli, abbiamo che:
L=F·h
da cui, dividendo per F, otteniamo:
La potenza si può calcolare applicando la sua definizione:
3. Una pompa solleva 200l d'acqua ad un'altezza h = 30 m in un minuto. Calcolare il lavoro compiuto dalla pompa e la
sua potenza.
Risposta:
Ricordiamo che la densità dell'acqua è d = 1000 kg / m3.
Pertanto, a un volume d'acqua V = 200l = 200 dm3 = 0.2 m3, corrisponde una massa:
m = d · V = 1000 kg / m3 · 0.2 m3 = 200 kg.
Si poteva arrivare allo stesso risultato tenendo conto che 1l d'acqua ha una massa di 1 kg.
La forza-peso F di 200 kg d'acqua è:
F = m · g = 200 kg · 9,8 N / kg = 1960 N.
Il lavoro compiuto dalla pompa è pari a:
L = F · h = 1960 N · 30 m = 5,88 · 104 J.
Ricordando che 1 min = 60 s, abbiamo che la potenza della pompa è:
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4. Una scatola si sposta in direzione orizzontale di 120 m. Calcolare il lavoro compiuto da una forza avente intensità 30N
e direzione: a) parallela allo spostamento, b) inclinata di 30° rispetto allo spostamento, c) inclinata di 45° rispetto allo
spostamento, d) inclinata di 60° rispetto allo spostamento, e) perpendicolare allo spostamento.
Risposta:
Potremmo ricorrere per risolvere l'esercizio alle solite considerazione geometriche sui triangoli equilateri e sui quadrati.
Se però disponiamo di una calcolatrice scientifica possiamo arrivare al risultato in maniera molto più rapida. Infatti,
indicando con
l'angolo tra il vettore forza e il vettore spostamento, la componente parallela è data da:
da cui possiamo ottenere il lavoro dalla seguente formula:
Nella seguente tabella riportiamo il risultato del lavoro per diversi valori di
:
Con queste formule possiamo anche calcolare il lavoro compiuto da una forza inclinata di un angolo
allo spostamento.
generico rispetto
Energia meccanica e conservazione dell’energia
1. Si calcoli l'energia cinetica di un'auto, di massa m = 800 kg, che si muove a una velocità di 50 km/h? Quanto vale la
stessa energia cinetica se la velocità passa a 100 km/h?
Risposta:
Si tratta di applicare la formula dell'energia cinetica nella maniera corretta. In particolare, è necessario convertire la velocità
da kilometri orari a metri al secondo, per poter avere come risultato finale l'energia espressa in joule. Il fattore di conversione
come sappiamo è 3,6. Pertanto la velocità diventa:
v = 50 km/h = 50 / 3,6 m/s = 14 m/s.
Di conseguenza, l'energia cinetica dell'auto è:
Ec = 1/2 mv2 = 1/2 · 800 · 142 J = 7,84 · 104 J.
Se raddoppiamo la velocità, l'energia cinetica quadruplica. Quindi, a 100 km/h, l'energia cinetica dell'auto diventa:
Ec = 4 · 7,84 · 104 J = 31,36· 104 J = 3,136 · 105 J.
2. Un carrello, di massa 30 kg, si sta muovendo con una velocità di 15 m/s. Per un tratto, pari a 5 m, viene sottoposto
a una forza costante avente la stessa direzione e lo stesso verso dello spostamento e la sua velocità finale diventa 30
m/s. Calcolare la forza applicata al carrello e il tempo necessario per produrre la variazione di velocità.
Risposta:
La prima parte dell'esercizio si risolve usando il teorema dell'energia cinetica. Il lavoro e la variazione di energia cinetica
nel nostro caso sono:
Dal momento che la forza e lo spostamento hanno stessa direzione e stesso verso, il lavoro è dato da: L = F · s, da cui:
Per il teorema dell'impulso, sappiamo che l'impulso applicato a un corpo è uguale alla variazione della sua quantità di
moto cioè:
, da cui otteniamo l’equazione:
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Scienze Integrate/Fisica - primo anno
che ci consente di ricavare l'intervallo di tempo richiesto:
3. Una scatola, di massa 8 kg, si trova in cima a un piano inclinato lungo 5 m e inclinato di 45°. Quanto vale la sua
energia potenziale gravitazionale?
Risposta:
Se l'inclinazione del piano è 45°, allora l'altezza
Pertanto:
h del piano è uguale alla lunghezza del piano l = 5 m divisa per 1.41.
h = 5 / 1,41 m = 3,55 m.
A questo punto l'energia potenziale gravitazionale è data da:
Ep = m · g · h = 8 · 9,81 · 3,55 J = 278,6 J.
4. Si determini la costante elastica di una molla che, allungata di 5 cm rispetto alla lunghezza di riposo, acquista un'energia
potenziale elastica di 15 J.
Risposta:
La formula per l'energia potenziale elastica è
Ee = 1/2 kx2
da cui
k = 2Ee /x2 .
Prima di sostituire i valori numerici, è necessario convertire l'allungamento nelle unità del Sistema Internazionale:
x = 5 cm = 0,05 m.
A questo punto si ricava la costante elastica della molla:
k = 30 J / (0,052 m2) = 1,2 · 104 N/m.
5. Con quale velocità arriva al suolo un corpo di massa 3 kg lasciato cadere, da fermo e in assenza di attrito, da un'altezza
di 20 m?.
Risposta:
Sappiamo che l'energia meccanica si conserva quindi possiamo uguagliare subito l'energia meccanica finale (solo cinetica)
all'energia meccanica iniziale (solo potenziale gravitazionale):
1/2 mv2 = mgh .
Dividendo per la massa m e moltiplicando per 2, entrambi i membri della precedente uguaglianza, otteniamo:
v2 = 2 · g · h
Da questa relazione si vede che la velocità finale non dipende dalla massa del corpo, ma dipende solo dall'altezza da cui
il corpo cade.
Sostituendo i dati numerici si ha: v = 19,8 m/s.
Quanto abbiamo trovato non deve sorprenderci. Avevamo già visto infatti che tutti i corpi in caduta libera sono soggetti
alla stessa accelerazione g = 9,8 m/s2, indipendentemente dalla loro massa e che quindi, se la resistenza dell’aria è
trascurabile, cadendo dalla stessa altezza, arrivano a terra con la stessa velocità.
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6. Quale altezza raggiunge un corpo lanciato verso l'alto con velocità 10 m/s?
Risposta:
È’ il problema opposto a quello precedente. In questo caso, l'energia meccanica iniziale coincide con l'energia cinetica:
Ec = 1/2 mv2
L'altezza massima raggiunta si ha quando il corpo è fermo, ossia quando la sua energia cinetica iniziale viene interamente
convertita in energia potenziale gravitazionale
Ep = mgh
Dalla conservazione dell'energia meccanica, abbiamo quindi di nuovo:
mgh = 1/2 mv2
ma questa volta ricaviamo l'altezza h raggiunta dal corpo:
h = v2/(2g)
Nel nostro caso si ha:
h = 102 / 19,6
= 5,1 m.
7. Un pendolo, di massa m = 200 g e lunghezza l = 140 cm, viene sollevato di h = 10 cm dalla sua posizione di equilibrio.
Calcolare la massima velocità raggiunta dal pendolo nella sua oscillazione e l'energia meccanica del sistema.
Risposta:
Come sappiamo il principio di conservazione dell'energia vale indipendentemente dalla traiettoria del corpo: vale quindi
anche nel caso del moto di un pendolo.
Quando il pendolo viene spostato dalla sua posizione di equilibrio e viene portato ad un'altezza h, acquista energia
potenziale gravitazionale; in tale posizione la sua energia meccanica è interamente potenziale gravitazionale:
Em = Ep = mgh
mentre la sua energia cinetica è nulla.
Se assumiamo come livello zero dell’energia potenziale gravitazionale quello il cui il pendolo è disposto in verticale, avremo
che in tale punto la sua energia meccanica coincide con l'energia cinetica:
Em = Ec = 1/2 mv2
È chiaro che questa è la configurazione in cui è massima la velocità del pendolo.
Dalla conservazione dell'energia meccanica otteniamo:
da cui:
v2 = 2gh = 2 · 9,8 m/s2 · 0,1 m = 1,96 m2/s2.
Estraendo la radice quadrata, ricaviamo quindi che la velocità massima raggiunta dal pendolo è:
v = 1,4 m/s.
Il dato relativo alla massa del pendolo, m = 200 g = 0,2 kg, ci consente invece di calcolare l'energia meccanica del
sistema.
Siccome l'energia meccanica si conserva, basterà calcolare il suo valore nella posizione iniziale:
Em = mgh = 0,2 kg · 9,8 N/kg · 0,1 m = 0,196 J
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8. Consideriamo una sferetta, di massa m = 100 g, che parte dal punto A con una velocità pari a 2 m/s. Stabilire se la
biglia arriva nei punti B e C e con quale velocità.
Risposta:
All'istante iniziale la sfera, di massa m = 100 g = 0,1 kg, possiede sia energia cinetica che potenziale gravitazionale.
Pertanto, la sua energia meccanica è data dalla somma delle due energie:
Em = 1/2 mv2 =
(1/2 · 0,1 · 22 + 0,1 ·9,8 · 1) J = 1,18 J.
In B l'energia potenziale gravitazionale della sfera vale:
EpB =
0,1 kg · 9,8 N/kg · 0,6 m = 0,59 J.
Se non c'è attrito, l'energia meccanica iniziale, pari a 1,18 J, si conserva ed è sufficiente a far arrivare il corpo in B. Il
corpo arriverà in B con un'energia cinetica data da:
EcB = Em - EpB =
1,18 J – 0,59 J = 0,59 J
e quindi con una velocità che gli consente di procedere oltre.
Tale velocità si ottiene dall’uguaglianza:
In C l'energia potenziale gravitazionale è uguale a:
EpC = 0,1 kg · 9,8 N/kg · 1,6 m = 1,57 J.
Ne segue che l'energia meccanica del corpo (1,18 J) non è sufficiente a far raggiungere al corpo il punto C.
L'altezza massima h che il corpo può raggiungere si ha quando l'energia meccanica si è trasformata interamente in
potenziale gravitazionale ossia quando:
mgh =
1,18 J
da cui:
h=
1,18 J / (m · g) = 1,18 / (0,1 · 9,8) m = 1,2 m.
Appena il corpo raggiunge tale altezza, si ferma e torna indietro.
9. Un ciclista sulla sua bicicletta, di massa totale m = 70 kg, si muove alla velocità v = 40 km/h su una strada rettilinea.
Il ciclista ad un certo punto smette di pedalare. Quanta strada riesce a percorrere prima di fermarsi se il coefficiente
d'attrito tra la bici e l’asfalto vale ka = 0,15?
Risposta:
L'energia meccanica in questo caso è tutta energia cinetica:
Em = 1/2 mv2
Dopo aver convertito la velocità nell’unità del S.I.:
v = 40 km/h = 40 / 3.6 m/s = 11,11 m/s,
108
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troviamo l'energia meccanica iniziale del ciclista che vale:
Em =
0,5 · 70 · 11,112 = 4320 J
Quando il ciclista si ferma, ha perso tutta la sua energia meccanica a causa della forza d'attrito e la variazione di energia
meccanica coincide con il lavoro resistente compiuto da tale forza.
La =
- 4320 J
Avremo perciò:
- ka · m · g · s = La
da cui si ricava lo spostamento che il ciclista riesce a compiere prima di fermarsi:
s = La /(ka · m · g) = 4320 / (0,15 · 70 · 9,8) m
42 m.
10. Un carrello, di massa m = 3 kg, si muove su un piano orizzontale con velocità costante v = 5 m/s. Ad un certo punto
va a comprimere una molla di costante elastica k =700 N/m e si ferma. Stabilire di quanto viene compressa la molla.
Risposta:
Per il principio di conservazione dell'energia meccanica, l'energia cinetica del carrello si converte interamente in energia
potenziale elastica della molla.
Vale perciò la seguente relazione:
dalla quale possiamo ricavare:
Estraendo la radice quadrata otteniamo che la molla si comprime di:
11. Una biglia, di massa m = 300 g, è posta davanti ad una molla compressa di 10 cm, disposta orizzontalmente.
Lasciando libera la molla, essa scatta e, quando passa per la sua posizione di riposo, la biglia viene lanciata con una
velocità di 4 m/s. Qual è la costante elastica della molla?
Risposta:
Si tratta di un processo di conversione dell'energia potenziale elastica della molla in energia cinetica della biglia.
La conservazione dell'energia meccanica ci dice che:
da cui:
Prima di procedere con il calcolo è necessario convertire la massa m e la compressione
Internazionale:
m = 300 g = 0,3 kg
e
x = 10 cm = 0,1 m.
x nelle unità del Sistema
Ora è possibile sostituire i dati numerici nella formula ed ottenere:
109
Scienze Integrate/Fisica - primo anno
12. Un pacco, di massa m = 2 kg, viene lasciato cadere verticalmente su una molla, di costante elastica k = 500 N/m,
disposta in verticale. La molla viene compressa di 20 cm. Calcolare da quale altezza viene lasciato cadere il corpo
rispetto al punto più alto nel quale si trova la molla nella configurazione finale.
Risposta:
Dai dati che abbiamo a disposizione:
k = 500 N/m, x = 20 cm = 0,2 m,
possiamo calcolare l'energia potenziale elastica della molla:
Questa è l'energia meccanica totale del sistema nella configurazione finale.
Per la conservazione dell'energia meccanica dobbiamo avere un'energia meccanica:
Em = 10,0 J
anche nella configurazione iniziale in cui la molla è a riposo e il pacco si trova a una certa altezza h dal suolo.
In questa situazione, l'energia meccanica coincide con l'energia potenziale gravitazionale del pacco; cioè:
Em = mgh
Dunque:
11.12 ESERCIZI PROPOSTI
1. Un corpo, che pesa 5000 N, viene spostato di 15 metri su un piano orizzontale privo di attrito da una forza costante
di 200 N che forma col piano un angolo di 60°. Determinare il lavoro della forza.
[L = 1500 J]
2. Supponendo che una forza di 10,0 N ed uno spostamento di 2,00 m formino tra loro angoli di 180°, 90°, 60°, 45°,
30° e 0°, determinare, per ciascun caso, il lavoro compiuto.
[ L1 = -20 J , L2 = 0 , L3 = 10 J , L4 = 14 J , L5 = 17,3 J , L6 = 20 J]
3. Un motore, con potenza di 500 W, solleva un carico di peso pari a 4000 N per 100 secondi. Di quanto è stato sollevato
il carico?
[ s = 12,5 m]
4. Un motore solleva un carico di 200 N per 30 metri in 1' 40". Determinare la potenza del motore.
[ P = 60 W]
5. Un motore, di 30 W, solleva un peso di 100 N all'altezza di 6,00 m. Un secondo motore, con potenza di 40 W, solleva
un peso di 160 N ad un'altezza di 5,00 m. Quale dei due motori impiega minore tempo?
[ t1 = t2 = 20 s]
6. Un carrello, inizialmente fermo, di massa 500 g, è libero di scorrere su una monorotaia orizzontale. In assenza d'attrito,
viene applicata per 50 m una forza di 4 N inclinata rispetto l'orizzontale di 60°. Determinare:
- il lavoro compiuto dalla forza;
[ L = 100 J]
- l'accelerazione impressa al carrello;
[ a = 4 m/s]
- il tempo di spinta;
[ t = 5 s]
- la potenza sviluppata dalla forza.
[ P = 20 W]
110
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7. Un motore, della potenza di 2 KW, trascina un blocco di ferro di massa 200 Kg su un piano orizzontale. Se il coefficiente
di attrito radente vale 0,4 determinare per quanto dovrà agire il motore per spostare il blocco di 100 m.
[ t = 40 s]
ESERCIZI SU LAVORO ED ENERGIA
8. Ad un carrello, inizialmente fermo, di massa 2,00 Kg, viene applicata una forza di 3,00 N per un percorso di 12,00
metri. Determinare, senza ricorrere alle relazioni della cinematica, il valore della velocità finale ed il tempo di applicazione
della forza.
[ vf = 6,0 m/s ; t = 4,0 s]
9. Una palla di gomma di 50 g cade da una altezza di 8,00 metri. Dopo il primo rimbalzo arriva ad una altezza di 6,40
metri. Determinare quanto lavoro viene speso nell'urto con il suolo.
[ L = 0,8J]
10. Un'automobile, la cui massa è di 800 Kg, viaggia alla velocità di 72 Km/h. Determinare il lavoro resistente necessario
per dimezzarne la velocità.
[ L = 120 KJ]
11. Un corpo di massa 2,00 Kg, inizialmente fermo, viene spinto da una forza costante di 50 N per 5 metri lungo un
piano orizzontale privo d'attrito. Il corpo incontra poi una superficie scabra ( kr = 0,4) estesa per 20 metri e poi inizia
a salire lungo un piano inclinato. Quale altezza riesce a raggiungere? ( g = 10 m/s2)
[ h = 45 m]
12. Un corpo di massa pari a 10 Kg, inizialmente fermo, viene spinto da una forza di 6,0 N per 15 metri su un piano
orizzontale privo d'attrito. Proseguendo incontra una superficie scabrosa ( kr = 0,2) estesa per 3,5 metri. Determinare
la velocità finale del corpo all'uscita di tale superficie.( g = 10 m/s2)
[ v = 2 m/s]
13. Un'automobile, la cui massa è di 1000 Kg, inizialmente ferma, viene portata alla velocità di 90 Km/h.
Determinare il lavoro speso dal motore ( piano orizzontale privo d'attrito ). [ L = 312,5 KJ]
Se il lavoro speso dal motore fosse risultato di soli 72 KJ, che velocità avrebbe raggiunto?
[ v = 12 m/s]
14. Un corpo di 500 g, inizialmente fermo, è accostato ad una molla, con costante elastica k = 5000 N/m, compressa
di 20 cm. La molla, scaricandosi completamente, spinge orizzontalmente il corpo su un piano scabroso ( kr = 0,6) e
ne esce con velocità residua di 10m/s. Determinare l'estensione del piano scabroso.( g = 10 m/s2)
[ l = 25 m]
15. Ad una molla ( k =50 N/cm) viene applicata una forza di 200 N. Successivamente si incrementa la forza di 100 N.
Rappresentare nel piano F-x tale situazione e determinare il lavoro speso per ottenere questo ulteriore allungamento.
[ L = 5 J]
16. Una molla ( k =100 N/cm), inizialmente allungata di 8,00 cm, viene ulteriormente allungata di 4,00 cm. Rappresentare
nel piano F-x tale situazione e determinare il lavoro necessario per provocare questo allungamento successivo.
[ L = 40 J]
17. Un corpo, di massa 6,0 Kg, viene lasciato cadere lungo un piano inclinato alto 1,2 metri. Durante la discesa viene
dissipata un energia di 32 J. Determinare di quanto riesce a comprimere una molla ( k =2000 N/m), posta
orizzontalmente sul piano di riferimento. ( g = 10 m/s2)
[ x = 0,20 m]
111
Scienze Integrate/Fisica - primo anno
18. Una slitta, di massa 40 Kg, scende su un piano inclinato partendo da un'altezza di 20 m. Sapendo che arriva alla
base del piano inclinato con una velocità di 10 m/s, calcolare l'energia meccanica perduta per attrito.
[
= 6000 J]
19. Determinare la quantità di calore prodotta dai freni del carrello per passare dalla posizione A alla posizione B.
[ Q = 1080 J]
20. Determinare la quantità di calore prodotta dai freni del carrello di massa 4,0 kg per passare dalla posizione A alla
posizione B.
[ Q = 3670 J]
112
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12. IMPULSO E QUANTITA’ DI MOTO
12.1 TEOREMA DELL’IMPULSO
Il teorema dell’impulso non è altro che un modo diverso, spesso più comodo ai fini applicativi, di scrivere la seconda legge
della dinamica.
Prima di addentrarci in questo importante teorema è necessario definire due nuove grandezze fisiche: l’impulso di una
forza e la quantità di moto.
a) L'impulso di una forza è dato dal prodotto della forza
applicata a un corpo per l'intervallo di tempo
in cui
tale forza agisce e si indica con il simbolo
:
Si tratta di una grandezza vettoriale: la direzione e il verso dell'impulso coincidono con la direzione e il verso della forza.
Dalla definizione di Impulso discende che la sua unità di misura nel S.I. é: [ N · s]
b) La quantità di moto è data dal prodotto della massa m di un corpo per la sua velocità
lettera
.
e viene indicata con la
Quindi:
Anche la quantità di moto è una grandezza vettoriale: la direzione e il verso della quantità di moto q coincidono con la
direzione e il verso della velocità . Nel S.I., l’unità di misura che discende direttamente dalla sua definizione, è: [Kg · m/s].
Proseguiamo nel nostro lavoro, tralasciando, per semplicità, di “mettere” sempre il segno di vettore (la freccetta) sulle
grandezze vettoriali, come forza, velocità, accelerazione, ecc.
Come sappiamo, la forza F applicata ad un corpo e l'accelerazione a che questo subisce sono legate dalla seconda legge
di Newton:
F =· m · a
Dobbiamo ricordare che l’accelerazione è una variazione di velocità ( v2 - v1 ) che avviene in un certo intervallo di
tempo
, cioè:
Pertanto, il secondo principio della dinamica lo possiamo scrivere:
Moltiplicando entrambi i membri della precedente uguaglianza per l'intervallo di tempo
nota come teorema dell'impulso:
otteniamo la seguente relazione,
Infatti la grandezza fisica che compare a sinistra della precedente equazione rappresenta l’impulso della forza
, mentre
nella parte destra vi è la differenza tra la quantità di moto finale e iniziale del corpo.
Possiamo pertanto enunciare il teorema dell'impulso nel seguente modo:
quando una forza imprime un impulso I ad un corpo, questo subisce una variazione della quantità di moto pari
all'impulso che gli è stato applicato.
In forma sintetica si scrive:
Controlliamo ora la correttezza del teorema dell'impulso dal punto di vista delle unità di misura.
Abbiamo visto che l'impulso I si misura in [N · s] e la quantità di moto q in [kg · m/s].
Ricordando che:
113
Scienze Integrate/Fisica - primo anno
si ha:
che è proprio l’unità di misura della quantità di moto.
Abbiamo così verificato che le due unità di misura sono del tutto equivalenti.
É interessante notare come il teorema dell'impulso possa essere interpretato leggendolo anche da destra a sinistra, ossia
“dicendo” che una variazione di quantità di moto molto rapida darà luogo a forze impulsive molto intense.
É il caso di un atleta di karate: quando imprime un colpo secco al mattone, la velocità del suo avambraccio (e quindi la sua
quantità di moto) si riduce a 0 in intervalli di tempo molto piccoli. In questo modo egli riesce a produrre una forza (
)
molto intensa che è in grado di spezzare il mattone.
Sullo stesso principio si basa l’azione del martello.
Se, per esempio, un martello di massa m = 1 kg passa da v = 10 m/s a 0 m/s nel tempo
applica, sulla testa del chiodo, la forza:
s = 0,02 s, esso
Dal momento che la punta del chiodo ha un'area molto piccola (supponiamo A = 1 mm2 = 10-6 m2), la pressione che il
chiodo esercita sul muro è:
p = F/A = 5 · 108 Pa (circa 500 Atm),
ossia una pressione elevatissima in grado di farlo penetrare nel materiale.
12.2 PRINCIPIO DI CONSERVAZIONE DELLA QUANTITÀ DI MOTO
In alcuni fenomeni fisici, come gli urti e le esplosioni, il teorema dell’impulso, in combinazione con la terza legge della
dinamica, permette di ricavare questo importantissimo principio di conservazione valido in presenza di sistemi isolati, ossia
di sistemi formati da corpi sui quali non agiscono forze esterne o sui quali la somma di tali forze è nulla.
Dal terzo principio della dinamica, infatti, sappiamo che quando due corpi A e B, interagiscono tra loro, si scambiano
reciprocamente forze uguali e contrarie, come rappresentato in figura:
L’intervallo di tempo durante il quale agiscono le forze
e
, non essendo altro che il “tempo di contatto” tra i corpi,
è ovviamente lo stesso per entrambe le forze. Quindi, se moltiplichiamo i membri dell’uguaglianza per tale intervallo di
tempo, otteniamo la seguente relazione:
Questa è una relazione tra l'impulso impresso sul corpo B da A e l'impulso impresso sul corpo A da B. I due corpi si
scambiano quindi impulsi uguali ed opposti.
Usando il teorema dell'impulso, tale relazione può essere “convertita” in una relazione tra variazioni della quantità di moto.
Così anche la variazione della quantità di moto di A sarà uguale ed opposta alla variazione della quantità di moto di B:
Ciò significa che la quantità di moto totale del sistema costituito dai due corpi, prima e dopo l’evento, rimane la stessa.
Infatti la precedente può anche essere riscritta come:
Dunque le quantità di moto dei singoli corpi potranno anche cambiare ma la loro somma dovrà mantenersi costante.
Questo risultato esprime il principio di conservazione della quantità di moto: in un sistema isolato la quantità di moto
iniziale del sistema è uguale alla quantità di moto finale del sistema.
114
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Generalmente, nell’urto tra due o più corpi si producono quasi sempre delle deformazioni, oltre che calore ed energia
sonora. Ciò significa che una parte dell’energia cinetica iniziale posseduta dai corpi prima dell’urto si converte in altre forme
di energia.
Quando si può ritenere con buona approssimazione che durante l’urto le perdite di energia cinetica siano trascurabili, e
che quindi questa si conservi, l’urto è detto elastico.
Un urto, nel quale l’energia cinetica iniziale non si conserva, è detto invece urto anelastico.
In particolare si parla di urto completamente anelastico quando due corpi, dopo l’urto, rimangono uniti e procedono
perciò con la stessa velocità.
Altri casi in cui si può applicare il principio di conservazione della quantità di moto sono le “esplosioni”. Un tipico esempio
è quello di un proiettile, di massa mp , sparato da un fucile di massa mf .
Il sistema fucile + proiettile può essere considerato un sistema isolato. Infatti le forze che permettono al proiettile di essere
sparato dal fucile sono tutte interne al sistema fucile + proiettile. Pertanto si può applicare il teorema di conservazione della
quantità di moto.
All'inizio, sia il proiettile che il fucile sono fermi, quindi la quantità di moto totale del sistema è uguale a zero. Di conseguenza
deve essere uguale a zero anche la quantità di moto finale del sistema; cioè:
mf · vf + mp · vp = 0
Questo è possibile perché, come sappiamo, la quantità di moto è un vettore e, dopo che lo sparo è avvenuto, quella del
proiettile e quella del fucile saranno uguali ed opposte. Infatti:
mf · vf = -mp · vp
da cui, dividendo per la massa del fucile, possiamo ricavare la velocità di rinculo o di contraccolpo del fucile:
Se, per esempio, il proiettile ha una massa mp = 30 g (= 0,03 kg), il fucile una massa mf = 6 kg e la velocità del proiettile
è vp = 250 m/s, allora il fucile subisce un contraccolpo con una velocità uguale a:
Un altro esempio è il motore a reazione che spinge aerei e missili.
Esso funziona proprio grazie al principio di conservazione della quantità di moto. Il gas che fuoriesce dal motore a reazione
è formato da innumerevoli particelle di massa molto piccola ma dotate di velocità molto elevata. In questo modo, come per
il contraccolpo del fucile, il missile o l'aereo avanza nel verso opposto a quello del gas, con una quantità di moto uguale ed
opposta a quella dei gas di scarico emessi.
115
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12.3 ESERCIZI SVOLTI
Impulso e conservazione della quantità di moto
1. Un pallone da calcio, di massa m = 0,45 kg, arriva con una velocità pari a 25 m / s direttamente sulla testa di un
difensore e, dopo la respinta, acquista una velocità di 10 m / s nella stessa direzione ma nel verso opposto. Qual è
l'impulso che il difensore ha conferito al pallone? Se il tempo del contatto è pari a 0,15 s, qual è la forza che il difensore
ha impresso al pallone?
Risposta:
Dobbiamo applicare il teorema dell'impulso.
La quantità di moto finale del pallone è:
qf = 0,45 kg · 10 m/s = 4,5 kg · m/s,
mentre la quantità di moto del pallone prima della respinta del difensore è:
qi = 0.45 kg · (- 25 m/s) = - 11.25 kg · m/s.
Il segno meno è molto importante perché le due velocità del pallone, prima e dopo l'impatto, hanno verso opposto.
La variazione della quantità di moto è:
= qf - qi =4,5 kg · m/s - (- 11,25 kg · m/s) = 15,75 kg · m/s
Questa variazione coincide, per il teorema dell'impulso, con l'impulso impresso al pallone.
Dunque si ha:
I = 15,75 kg · m/s.
Ora, siccome l'impulso è:
I= F ·
la forza F impressa dal calciatore al pallone sarà uguale a:
F = I/
= (15,75 kg · m/s) / (0,15 s) = 105 N.
2. Un carrello A, di massa mA = 5 kg e velocità vA = 3 m/s, urta un carrello B avente massa mB = 2 kg, inizialmente
fermo. Dopo l'urto il carrello A continua a muoversi alla velocità di 2 m/s. Qual è la velocità assunta dal carrello B?
Risposta:
Possiamo applicare il principio di conservazione della quantità di moto perché il sistema costituito dai due carrelli è isolato.
Infatti le forze agenti sui carrelli dall’esterno (peso dei carrelli e reazioni vincolari del piano orizzontale) si fanno equilibrio e
durante l’urto le forze che essi si scambiano sono solo interne al sistema.
Prima dell'urto il carrello A possiede una quantità di moto pari a:
qAi = mA · vA = 5 kg · 3 m/s = 15 kg · m/s.
mentre il carrello B, poiché è fermo, ha una quantità di moto uguale a zero.
La quantità di moto totale del sistema formato dai due carrelli è perciò uguale a 15 kg · m / s.
Dopo l'urto il carrello A perde parte della sua velocità che passa da 3 m / s a 2 m / s, quindi la sua quantità di moto
finale diventa:
qAf = 5 kg · 2 m/s = 10 kg · m/s
Poiché la quantità di moto totale del sistema si conserva, questa deve rimanere uguale a:
15 kg · m/s.
Questo significa che dopo l'urto il carrello B acquista una quantità di moto pari a:
qBf
= 15 kg · m/s – 10 kg · m/s = 5 kg · m/s.
Allora la velocità finale del carrello B è uguale a:
vBf
116
= qBf / mB = (5 kg · m/s) / (2 kg) = 2,5 m/s.
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Scienze Integrate/Fisica - primo anno
3. Due carrelli, di massa mA = 3 kg e mB = 5 kg, sono tenuti assieme da una molla compressa e si muovono da destra
a sinistra con la velocità comune di 9 m/s. Ad un certo punto la molla scatta e si nota che il carrello di massa maggiore
procede nello stesso verso con una velocità di 15 m/s. Si stabilisca con quale velocità e in che verso si muove il carrello
di massa minore.
Risposta:
La massa totale dei due carrelli è 8 kg. Pertanto la quantità di moto iniziale del sistema è:
qi = 8 kg · 9 m/s = 72 kg · m/s.
Questa quantità di moto la dobbiamo ritrovare anche alla fine, cioè dopo “l’esplosione”.
Dunque:
qf = 72 kg · m / s.
Il carrello di massa maggiore ha una quantità di moto finale pari a:
qBf = 5 kg · 15 m/s = 75 kg · m/s.
Pertanto il carrello di massa minore deve avere una quantità di moto uguale a:
qAf = 72 kg · m/s
- 75 kg · m/s = - 3 kg · m/s.
Ciò significa che la sua velocità sarà:
vAf
= qAf / mA = (- 3 kg · m/s) / (3 kg) = - 1 m/s.
Il valore negativo della quantità di moto e della velocità finale del carrello di massa minore sta ad indicare che esso si
muoverà in verso opposto a quello iniziale, cioè da sinistra a destra.
12.4 ESERCIZI PROPOSTI
ESERCIZI SU IMPULSO E QUANTITA' DI MOTO
1. Ad un carrello, di massa 50,0 Kg, che si muove su un piano orizzontale alla velocità di 12,0 m/s, viene applicata una
forza costante di intensità 20,0 N e direzione opposta al moto. Calcolare per quanto tempo deve agire la forza affinché
la velocità del carrello si riduca a 2,00 m/s.
[t = 25 s]
2. Una pallina da baseball, di massa 300 g e che si muove con velocità di 8 m/s, viene colpita da una mazza che inverte
il moto della pallina imprimendogli una nuova velocità di 28 m/s. Calcolare la forza media esercitata dalla mazza sulla
pallina se il tempo di contatto è di 0,01 secondi.
[F = 1080 N]
3. Una palla da tennis, che viaggia alla velocità di 108 Km/h, viene colpita da una racchetta con una forza, contraria al
moto, di valore costante pari a 400 N ed agente per 1 centesimo di secondo. Se la velocità con cui riparte la palla è
di 50 m/s (di verso opposto alla velocità iniziale), determinare la massa della palla.
ESERCIZI SU URTI ANELASTICI ED ESPLOSIONI
4. Un carrello, di massa 3,00 Kg e che viaggia alla velocità costante di 8,0 m/s, viene raggiunto da un secondo carrello,
di massa 1,00 Kg e che viaggia alla velocità costante di 16,0 m/s. Supponendo che i due carrelli si aggancino,
determinare la velocità finale di ciascun carrello.
[v = 10 m/s]
5. Due carrelli, di massa 300 g e 100 g, che viaggiano con velocità di verso opposto rispettivamente di 20 cm/s e di
1,00 m/s, si scontrano agganciandosi. Determinare la velocità finale dei carrelli.
[v = 0,10 m/s]
117
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6. Due carrelli di massa 200 g e 300 g, che viaggiano con velocità di verso opposto rispettivamente di 3,00 m/s e di 80
cm/s, si scontrano agganciandosi. Determinare la velocità finale dei carrelli.
[v = 0,72 m/s]
7. Due masse, m1 = 1,00 kg e m2 = 3,00 kg, viaggiano nella stessa direzione ma con velocità di verso opposto pari
rispettivamente a 3 m/s e 5 m/s. Supponendo che l'urto sia anelastico, determinare la velocità dei due corpi.
[v = 3 m/s]
8. Un carrello di massa 200 g, inizialmente fermo, viene spinto per 0,1 secondi da una forza di 8 N. Successivamente
tale corpo urta anelasticamente un secondo carrello inizialmente fermo di massa 300 g. Determinare la velocità comune
dei due carrelli.
[v = 1,6 m/s]
9. Un carrello, di massa 300 g, viaggia alla velocità di 2 m/s ed urta anelasticamente un secondo carrello di massa 100
g, inizialmente fermo. Dopo l'urto i due carrelli vengono fermati in 0,3 secondi da una forza costante; determinarne
l'intensità.
[F = 2 N]
10. Il carrello A, per effetto distensione della molla, si ferma. Determminare la velocità finale del carrello B.
[vB = 5 m/s]
11. Il carrello A, per effetto della distensione della molla, raddoppia la velocità. Determinare la velocità finale del carrello
B.
[vB = 2 m/s]
ESERCIZI SU URTI ANELASTICI ED ENERGIA
12. Un carrello di massa 9,00 Kg, che viaggia alla velocità costante di 1,0 m/s, viene raggiunto da un secondo carrello
di massa 6,00 Kg che, inizialmente fermo, viene spinto per 0,50 secondi da una forza di 48,0 N diretta come la velocità
del primo carrello. Supponendo che i due carrelli si aggancino, determinare la velocità finale di ciascun carrello e
l'energia meccanica perduta nell'urto.
= 16,2 J]
[v = 2,2 m/s;
13. Un carrello, di massa 300 g, viaggia a 24 m/s e si scontra anelasticamente con un secondo carrello di massa 500
g che viaggia in verso contrario alla velocità di 2,4 m/s. Dopo l'urto i due carrelli salgono su un piano inclinato con
altezza h=21 m e base b=28 m. Determinare, in assenza di attrito, lo spazio percorso lungo il piano prima di fermarsi.
( g = 10 m/s2)
[I = 4,67 m]
118
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14. Un carrello, di massa 4,00 Kg, viaggia alla velocità di 9,5 m/s ed urta anelasticamente un secondo carrello di massa
5,00 Kg che viaggia con velocità concorde di 18 Km/h. Successivamente i due carrelli salgono, in assenza d'attrito,
lungo un piano inclinato che forma un angolo di 30° con l'orizzontale. Determinare lo spazio che i corpi percorrono
lungo il piano prima di fermarsi. ( g = 10 m/s2)
[l = 4,90 m]
15. Ipotizzando che il carrello B si agganci con il carrella A, determinare la velocità dei carrelli dopo l’urto anelastico e
l’energia meccanica dissipata.
[v = 6,2 m/s;
= 0,3 J]
16. Ipotizzando che il carrello B si agganci con il carrello A, determminare la velocità dei carrelli dopo l’uurto anelastico
e l’energia eccanica dissipata.
[v = 0,5 m/s;
= 0,3 J]
17. Il corpo A, che ha massa di 500 g, urta anelasticamente il corpo B di massa 300 g. Determinare l’energia meccanica
perduta nell’urto.
[
= 0,06 J]
18. Due carrelli, di massa 2 kg e 8 kg, si avvicinano rispettivamente con velocità di 5 m/s e 3 m/s. Supponendo l’urto
perfettamente anelastico, determinare la velocità dei due corpi e l’energia meccanica perduta nell’urto.
= 51,2 J]
[v = 1,4 m/s;
19. Con riferimento alla figura, determinare, in assenza di attrito, la velocità dei carrelli dopo l’urto anelastico.
[v = 5,6 m/s]
20. Con riferimento alla figura, determinare, in assenza di attrito, la velocità dei carrelli dopo l’urto anelastico.
[v = 2,4 m/s]
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Scienze Integrate/Fisica - primo anno
21. Con riferimento alla figura seguente, il carrello 1 viaggia sul piano orizzontale A alla velocità costante di 10 m/s.
Scende poi sul piano orizzontale B e si aggancia al carrello 2 inizialmente fermo. Supponendo nullo l'attrito, determinare:
- la velocità del carrello 1 sul piano B prima dell'urto;
[v1 = 15 m/s]
[vc = 12 m/s]
- la velocità dei due carrelli dopo l'urto;
- l'energia meccanica "perduta" nell'urto;
[
- l'accorciamento massimo della molla.
[
22. Con riferimento alla figura, dopo la distensione della molla 1, determinare:
- l’energia meccanica dissipata nell’urto anelastico;
- l’accorciammento della molla 2.
[
24. Il carrello A inizia la discesa ed urta anelasticamente il carrello B. Determinare:
- la velocità dei corpi dopo l’urto;
- l’energia meccanica dissipata nell’urto.
120
[
[
x = 0,6m]
= 3,75 J; x2 = 9,1 cm]
[
23. Con riferimento alla figura, dopo la distensione delle due molle, determinare:
- la velocità dei corpi dopo l’urto anelastico;
- l’energia meccanica dissipata nell’urto.
25. Con riferimento alla figura, dopo la distensione della molla, determinare:
- la velocità dei corpi dopo l’urto anelastico;
- l’energia meccanica dissipata nell’urto;
- la velocità dei carrelli in A.
= 90J]
v = 0,4 m/s;
= 54J]
v = 0,2 m/s;
= 5,4J]
v = 4 m/s;
= 60J; va = 2 m/s]
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progress
Scienze Integrate/Fisica - primo anno
26. Con riferimento alla figura, determinare:
- la velocità dei corpi dopo l’urto anelastico;
- l’energia meccanica dissipata nell’urto;
- la quota massima raggiunta dai carrelli dopo l’urto.
[
v = 3,2 m/s;
= 166,8J; h = 0,512 m]
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INDICE
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TEST D’INGRESSO ............................................ 3
1.
LA FISICA ............................................................ 7
IL METODO SPERIMENTALE
1.1
1.2
Introduzione alla Fisica ............................................. 7
Il metodo sperimentale ............................................ 9
8.7
8.8
8.9
Equilibrio di corpi immmersi .................................. 62
Equilibrio di corpi galleggianti ............................... 63
Esercizi proposti .................................................... 63
9.
IL MOTO DEI CORPI ....................................... 65
9.1
2.
GRANDEZZE FISICHE E MISURAZIONI ......... 11
2.1
2.2
2.3
2.4
2.5
2.6
Concetto di grandezza fisica e di misura ............... 11
Sistemi di misura ................................................... 14
Misure dirette ed indirette ...................................... 17
Portata e sensibilità di uno strumento .................... 17
Errori nelle misurazioni ........................................... 18
Esercizi svolti ......................................................... 20
3.
GRANDEZZE FISICHE E MISURAZIONI ......... 21
3.1
3.2
3.3
Ripassiamo alcune nozioni di Matematica ............. 21
Funzioni e rappresentazioni grafiche ...................... 23
Esercizi svolti ......................................................... 24
4.
MASSA E PESO ................................................ 27
4.1
4.2
4.3
Concetti di massa e peso ...................................... 27
Legge di gravitazione universale ............................ 28
Densità e peso specifico ........................................ 29
5.
GRANDEZZE SCALARI E VETTORIALI .......... 33
5.1
5.2
5.3
5.4
Grandezze scalari e grandezze vettoriali ................ 33
Il vettore ................................................................. 33
Operazioni con i vettori .......................................... 34
Esercizi proposti .................................................... 39
6.
LE FORZE ......................................................... 43
6.1
6.2
6.3
6.4
6.5
6.6
Definizione e concetto di forza ............................... 43
Effetti delle forze .................................................... 43
Elasticità dei corpi e legge di Hooke ...................... 45
Momento di una forza ............................................ 46
Coppia di forze e momento di una coppia di forze .48
Esercizi proposti .................................................... 48
7.
EQUILIBRIO DEI CORPI RIGIDI ...................... 51
7.1
7.2
7.3
7.4
7.5
Baricentro .............................................................. 51
Equilibrio stabile, instabile ed indifferente ............... 51
Condizioni di equilibrio di un corpo esteso ........... 52
Macchine semplici ................................................. 52
Esercizi proposti .................................................... 55
8.
LA STATICA DEI FLUIDI ................................... 57
8.1
8.2
8.3
8.4
8.5
8.6
Concetto di pressione ........................................... 57
Principio di Pascal ................................................. 57
Legge di Stevin e pressione idrostatica .................. 58
Vasi comunicanti ................................................... 59
Pressione atmosferica ........................................... 60
Principio di Archimede .......................................... 61
Il fenomeno del movimento:
cinematica e dinamica ........................................... 65
9.2 La velocità ............................................................. 65
9.3 Velocità media e velocità istantanea ....................... 66
9.4 L’accelerazione ...................................................... 66
9.5 Il moto rettilineo uniforme ....................................... 67
9.6 Il moto uniformemente accelerato ........................ 68
9.7 Il moto circolare uniforme ....................................... 72
9.8 Il moto parabolico .................................................. 75
9.9 Esercizi svolti ......................................................... 76
9.10 Esercizi proposti .................................................... 78
10.
LE LEGGI DELLA DINAMICA ........................... 85
10.1 Introduzione ........................................................... 85
10.2 La prima legge della dinamica:
il principio d’inerzia ................................................ 85
10.3 La seconda legge della dinamica:
la legge fondamentale ............................................ 85
10.4 Unità di misura della forza ...................................... 86
10.5 Un’espressione della seconda legge
della dinamica: il peso ............................................ 87
10.6 La terza legge della dinamica:
il principio di azione e reazione ............................... 87
10.7 Resistenze passive ................................................ 88
10.8 Esercizi svolti ........................................................ 90
10.9 Esercizi proposti .................................................... 91
11.
LAVORO-POTENZA-ENERGIA ........................ 93
11.1
11.2
11.3
11.4
11.5
11.6
11.7
11.8
11.9
11.10
Il lavoro .................................................................. 93
Il lavoro di una forza non costante ......................... 94
Il lavoro compiuto dalla forza peso ......................... 95
La potenza ............................................................ 96
Il rendimento .......................................................... 98
L’energia meccanica .............................................. 99
L’energia cinetica ................................................... 99
L’energia potenziale gravitazionale ....................... 100
L’energia potenziale elastica ................................ 101
Il principio di conservazione dell’energia
meccanica ........................................................... 101
11.11 Esercizi svolti ...................................................... 104
11.12 Esercizi proposti .................................................. 110
12.
IMPULSO E QUANTITÀ DI MOTO ................. 113
12.1
12.2
12.3
12.4
Teorema dell’impulso ........................................... 113
Principio di conservazione della quantità di moto 114
Esercizi svolti ....................................................... 116
Esercizi proposti .................................................. 117
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