Proposta di Percorso Diagnostico presentato durante il XXXVII Congresso Nazionale AMCLI - Stresa, 5-8 ottobre 2008 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 HIV - (Capobianchi 2007) File: HIV_MRC_080630_rev2.doc L’HIV è un retrovirus, cioè un virus a RNA che, grazie all'enzima trascrittasi inversa, inserisce il suo genoma, in forma di DNA (provirus), nel genoma della cellula ospite. Le principali cellule bersaglio dell'infezione sono i linfociti T CD4, la cui deplezione è il meccanismo fondamentale alla base dell'immunodeficienza progressiva che accompagna l'infezione. Mentre le cellule T attivate vengono uccise dall'infezione, nelle cellule T non attivate (resting) l'HIV può rimanere allo stato di provirus latente, e persistere anche in presenza di farmaci antiretrovirali. Oltre ai linfociti CD4, altre cellule (es. macrofagi) possono ospitare l'infezione da HIV, e fungere da reservoir virali. Come in tutte le infezioni persistenti, la risposta immunitaria che si sviluppa nei soggetti infetti non è protettiva. Sono stati identificati due tipi di HIV (HIV-1 e HIV-2). Per entrambi i tipi, sono stati identificati numerosi sottotipi, e molte forme ricombinanti. HIV-1 è responsabile della grande maggioranza dei casi delle infezioni. HIV-2 appare meno efficiente di HIV-1 nella trasmissione e ha determinato una epidemia ristretta all’Africa occidentale. Il virus HIV-1 presenta 3 gruppi: “M” è il più diffuso; “O” ed “ N” sono di più recente identificazione, e sono presenti nell’Africa centro-occidentale e solo eccezionalmente nel nostro paese. L'infezione da HIV può essere schematicamente distinta in tre fasi: infezione primaria o acuta, fase di latenza clinica e fase clinicamente manifesta che culmina con la cosiddetta sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS). L’infezione primaria è spesso asintomatica, ma può presentarsi come malattia acuta, della durata di poche settimane, di tipo simil-influenzale, i cui sintomi più comuni sono linfoadenopatia, eruzione cutanea, febbre, ulcere orali, artralgie, mialgie, malessere. Tale fase si associa ad elevata viremia, e spesso precede la sieroconversione. La fase dell’infezione che precede la comparsa dei marcatori sierologici viene indicata come ”fase finestra”. La fase di latenza clinica ha una durata variabile, anche di molti anni. Durante questa fase non si manifestano segni clinici, ma il virus continua a replicarsi, determinando una progressione verso la fase clinica. Tale progressione è accompagnata da progressiva deplezione dei linfociti CD4, e tende ad essere tanto più rapida quanto più elevata è l'attività replicativa virale. La sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS) si verifica quando il numero e la funzionalità dei linfociti T CD4+ si riduce drasticamente ed è contrassegnata dalla comparsa di alcune infezioni opportuniste e neoplasie. Tale fase clinica, se non contrastata da terapia antiretrovirale e da trattamento specifico per le patologie opportuniste, ha andamento ingravescente, fino a determinare l'exitus. L’AIDS può essere preceduto dalla comparsa di segni o sintomi e infezioni opportuniste cosiddette minori. La trasmissione dell’infezione da HIV avviene principalmente nei seguenti modi: · per via sessuale · per via ematica (scambio di siringhe, esposizione a sangue di mucose o lesioni cutanee, ecc.) · per via verticale (dalla madre al figlio durante la gravidanza, al momento del parto o durante l'allattamento) Per la terapia specifica anti-HIV, vengono utilizzati farmaci che hanno una diretta azione antivirale, appartenenti a diverse classi farmacologiche (inibitori della trascrittasi inversa, inibitori della proteasi, inibitori della fusione, inibitori dell’integrasi, ecc.). Tali farmaci vengono per lo più Proposta di Percorso Diagnostico presentato durante il XXXVII Congresso Nazionale AMCLI - Stresa, 5-8 ottobre 2008 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79 80 81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 100 utilizzati in combinazione (terapia antiretrovirale altamente efficace, HAART), in modo da contrastare con maggiore efficacia l'insorgenza di farmacoresistenza. Una diagnosi precoce ed accurata dell’infezione da HIV è importante perchè il paziente può beneficiare della terapia, se necessaria, in uno stadio precoce, e perchè il contagio dei partners sessuali può essere prevenuto. L’utilizzo delle prestazioni disponibili per la diagnosi sia sierologica che virologica, differenziato sulla base del sospetto diagnostico, può essere schematizzato nelle categorie sottoriportate. Diagnosi di infezione La diagnosi di infezione si basa su test sierologici, di screening e di conferma, diretti alla evidenziazione degli anticorpi contro le proteine strutturali del virus. L’algoritmo diagnostico per la diagnosi sierologia di infezione da HIV prevede, in prima fase, il test di screening, basato su metodo immunoenzimatico (EIA), in grado di evidenziare gli anticorpi anti-HIV1 e anti-HIV2 (test di terza generazione) o contemporaneamente gli anticorpi e l’antigene p24 (test di quarta generazione, o combinati). I test di screening non consentono di differenziare l'infezione da HIV-1 e HIV-2. Se il test di screening risulta negativo, il campione è considerato negativo per la presenza di anticorpi anti-HIV. Ai fini della corretta interpretazione del risultato, è opportuno che nel referto venga inclusa una nota che segnali che, nei casi di sospetta infezione primaria, il test dovrebbe essere ripetuto dopo una settimana. Se il risultato è dubbio o positivo, è necessario eseguire un secondo test di screening, preferibilmente con metodo diverso, di sensibilità almeno equivalente, e il test di conferma. Il test di conferma (Western Blot o Immuno Blot, WB/IB) permette il riconoscimento delle specificità anticorpali dirette verso i vari antigeni virali, ed è in genere specifico per HIV-1 e/o HIV-2, anche se esistono test che permettono la contemporanea evidenziazione di bande per HIV-1 e HIV-2. Il risultato del test di conferma può essere positivo, negativo o indeterminato. I criteri interpretativi si basano sulla presenza di reattività contro i vari antigeni virali, prevedendo un minimo di due bande reattive per ritenere positivo un risultato: per l’OMS vi devono essere almeno due bande specifiche per i prodotti del gene env (gp120/160 o gp41), accompagnati o meno da bande specifiche per i prodotti del gene gag (p55 o p24 o p17) e del gene pol (p68 o p53 o p32); per i CDC vi devono essere almeno due tra le seguenti bande: p24, gp41 e gp120/160; il criterio dell’FDA è più restrittivo, e prevede la presenza di almeno tre bande (gp120/160 o gp41 +p32+p24). I risultati che presentano una sola banda reattiva, o un numero di bande minore di quello richiesto per soddisfare il criterio di positività adottato, sono considerati indeterminati. I test che non presentano alcuna banda reattiva sono considerati negativi. E’ opportuno che nel referto venga indicato il criterio interpretativo utilizzato. Se il test di conferma è negativo e non vi è sospetto di infezione primaria, il risultato del test di screening può essere considerato falso positivo, ma è opportuno ripetere il saggio su un secondo prelievo per escludere la sieroconversione. La combinazione dei test immunoenzimatici e WB/IB garantisce una sensibilità e specificità di risultato estremamente elevata, con un valore predittivo positivo prossimo al 100%. Tuttavia, nell’interpretazione dei risultati è sempre opportuno ricordare che nessun test diagnostico fornisce risultati certi al 100% e quindi possono essere ottenuti risultati falsi positivi o falsi negativi, anche se rari. Nei casi di positività confermata, per la diagnosi definitiva molte linee guida (consultabili nei siti web indicati) suggeriscono di ripetere il test sierologico su un secondo campione prelevato successivamente, al fine di escludere un errore di identificazione del paziente. Tale orientamento Proposta di Percorso Diagnostico presentato durante il XXXVII Congresso Nazionale AMCLI - Stresa, 5-8 ottobre 2008 101 102 103 104 105 106 107 108 109 110 111 112 113 114 115 116 117 118 119 120 121 122 123 124 125 126 127 128 129 130 131 132 133 134 135 136 137 138 139 140 141 142 143 144 145 146 147 148 149 150 151 rientra nelle valutazioni del counselling post-test (vedi appresso), ed è normato dettagliatamente da disposizioni locali. Nei soggetti che si trovino nella fase finestra (prima della sieroconversione) o nella fase finale della malattia, la ricerca di anticorpi anti-HIV può dare esito negativo. Questa evenienza è meno comune con i test di quarta generazione. Per i test di screening di terza generazione la finestra diagnostica è in media di circa 19 giorni. Per i test di quarta generazione, che rilevano contemporaneamente gli anticorpi e l'antigene p24, la finestra diagnostica è ridotta di qualche giorno. Tali test, quando positivi, richiedono anch'essi un test di conferma. In caso di test combinato positivo, accompagnato da test di conferma negativo, va considerata l'eventualità che il paziente si trovi nella fase finestra. In tal caso la diagnosi va confermata mediante altri test (vedi diagnosi di infezione primaria). I soggetti con infezione da HIV-2, rari nel nostro Paese, presentano in genere reattività ai test di screening ed un quadro indeterminato al test di conferma specifico per HIV-1, con assenza di bande per gp120/gp160. In presenza di situazioni compatibili con una infezione da HIV-2 occorre, quindi, eseguire un test WB/IB per l'HIV-2. I casi di WB/IB indeterminato per HIV-1, oltre che a reattività aspecifica ed a infezione da HIV-2, possono essere associati alla fase di sieroconversione (vedi diagnosi di infezione primaria). Il test per la diagnosi di infezione da HIV è gratuito, soggetto a norme di confidenzialità, può essere eseguito in completo anonimato, e non può essere effettuato senza il consenso informato dell’interessato. Presso i centri dove viene effettuato il prelievo e la consegna del referto deve essere offerto il servizio di counselling (discussione) pre- e post-test. La discussione pre-test è essenziale per informare il paziente sul significato del test, sui suoi limiti, sulla interpretazione dei risultati, ed è il momento ideale per raccogliere il consenso informato. Non può essere consegnata alcuna risposta positiva senza aver effettuato il test di conferma, e senza un adeguato counselling post-test al paziente. Si raccomanda che il centro che effettua il test di screening sia in grado di effettuare anche il test di conferma. Ciò garantisce anche una adeguata tempestività di risposta, che comunque dovrebbe essere contenuta entro i 7-10 giorni dal prelievo. E’ raccomandata la conservazione dei sieri, anche se vi sono notevoli difficoltà logistiche per la necessità di spazi di laboratorio idonei dedicati, e non è prevista al momento la rimborsabilità di tale attività. In alcune regioni (es. Lazio) la conservazione dei sieri positivi è obbligatoria. Il test è raccomandato a tutte le donne gravide. Esistono specifiche direttive per le persone esposte ad un rischio occasionale di contagio. In questi casi è prevista l’offerta di counselling, una visita medica ed il test di screening sierologico al tempo zero e a tempi successivi. Con i test più recenti la quasi totalità delle sieroconversioni si verifica entro un mese dall’esposizione. Quando viene effettuata la profilassi post-esposizione, la sieroconversione può essere ritardata; nel complesso, il set minimo di controlli post-esposizione dovrebbe comprendere prelievi a 3 e 6 mesi dopo l’esposizione. Se il paziente presenta sintomi di malattia compatibile con HIV ma risulta sieronegativo, è comunque consigliato un controllo più precoce, e il paziente va riferito ad un centro specializzato. Il prolungamento del follow up sierologico oltre i 6 mesi è consigliato solo in casi particolari, quali quelli riguardanti soggetti immunodepressi, ed il personale sanitario esposto ad coinfezione HIV + HCV, perché in tal caso la sieroconversione per HIV può essere ulteriormente ritardata. I soggetti con rischio continuato di trasmissione di HIV rappresentano una categoria a parte per quel che riguarda il follow-up: in tali casi è raccomandata l’esecuzione periodica del test HIV. In questo modo, è possibile monitorare lo stato sierologico del soggetto e mantenere i contatti per colloqui di counselling e prevenzione. Diagnosi di infezione primaria Nella fase iniziale il segnale sierologico più precoce dell'infezione è l'antigene p24 di HIV. I test di screening sierologici combinati rilevano la presenza sia degli anticorpi che della p24, ma senza Proposta di Percorso Diagnostico presentato durante il XXXVII Congresso Nazionale AMCLI - Stresa, 5-8 ottobre 2008 152 153 154 155 156 157 158 159 160 161 162 163 164 165 166 167 168 169 170 171 172 173 174 175 176 177 178 179 180 181 182 183 184 185 186 187 188 189 190 191 192 193 194 195 196 197 198 199 200 201 202 distinguere tra i due parametri. Nelle fasi precoci dell’infezione primaria (fase finestra), prima dello sviluppo di anticorpi rilevabili un test combinato può risultare positivo per la presenza di p24, ma accompagnato da test di conferma negativo o indeterminato. In caso di test combinato positivo accompagnato da test di conferma negativo o indeterminato, va quindi considerata l'eventualità che il paziente si trovi nella fase finestra: in tal caso la diagnosi va confermata mediante ricerca sierologica di p24 (effettuabile anche sullo stesso prelievo del test di screening, e confermabile con un test di neutralizzazione specifica), o mediante ricerca di HIV RNA nel plasma, su un prelievo dedicato. L’HIV RNA è rilevabile nel plasma molto precocemente, anche prima della p24; tuttavia, nel lasso di tempo che intercorre per ottenere il prelievo dedicato all’HIV RNA, generalmente il quadro della sieroconversione si è completato. In aggiunta alle argomentazioni precedenti, ed in considerazione della possibilità di risultati falsamente positivi, il ricorso routinario alla determinazione HIV RNA per la diagnosi “precoce” di infezione da HIV, in popolazioni a bassa prevalenza e incidenza, è sconsigliato, rimanendo l’indicazione solo per i casi di esposizione a rischio e di sospetta infezione acuta/primaria. In ogni caso, la diagnosi di infezione primaria da HIV deve essere successivamente confermata dalla presenza degli anticorpi anti-HIV (sieroconversione) a distanza di una settimana o più. La diagnosi sul neonato da madre infetta non si basa sui metodi sierologici, in quanto gli anticorpi rilevati potrebbero essere dovuti a trasmissione passiva dalla madre. Gli anticorpi materni possono persistere anche oltre i 18 mesi, per cui la diagnosi nei neonati fino a 18 mesi è possibile solo con la determinazione di HIV DNA provirale e con l’isolamento virale nei linfo-monociti del sangue periferico (PBMC) del neonato, o con la ricerca dell’antigene p24 nel siero del neonato con test non combinato. In ogni caso la diagnosi è difficoltosa, non e va eseguita presso centri specializzati, perché alcuni dei test summenzionati (HIV DNA ed isolamento virale) non sono ancora sufficientemente standardizzati. Stadiazione dell'infezione I parametri di riferimento sono: il numero dei linfociti CD4+, che riflette la compromissione del sistema immunitario, e la carica virale (HIV RNA), che indica l'entità della replicazione virale. Le linee guida di riferimento vengono periodicamente aggiornate. Monitoraggio della risposta alla terapia antiretrovirale La misura dell'HIV RNA (viremia HIV) è il test virologico utilizzato per valutare l'efficacia della terapia anti-retrovirale, che viene utilizzato in parallelo con la determinazione del numero dei linfociti CD4. Il test misura la quantità di genomi virali circolanti, che è proporzionale all’attività re plicativa virale. Sono disponibili vari metodi per effettuare tale test, tutti basati su piattaforme molecolari. Tra queste, si distinguono piattaforme basati sull’amplificazione enzimatica di tratti conservati del genoma virale, comprendenti la PCR classica (end point o competitiva), la PCR con rilevazione in real time, e l’amplificazione isotermica (NASBA), e metodi basati sull’amplificazione del segnale di ibridazione a sonde ramificate (bDNA). Tutti i metodi attualmente disponibili presentano elevata sensibilità (rilevano concentrazioni anche inferiori a 50 copie/ml), e pertanto consentono di stabilire se una determinata terapia è efficace, ma, essendo disegnati principalmente per rilevare il sottotipo B del gruppo M, possono presentare sensibilità ridotta verso i sottotipi non M. Inoltre, in genere, i metodi commerciali disponibili non consentono la misura dell’RNA di HIV2. La valutazione di farmaco-resistenza viene effettuata per valutare la sensibilità dell’HIV ai farmaci antiretrovirali, e viene utilizzata per impostare la terapia antiretrovirale e per ottimizzarne la scelta in caso di fallimento terapeutico. I test che danno informazioni in tal senso sono di tipo fenotipico (valutazione della concentrazione di un determinato farmaco capace di inibire la replicazione virale) Proposta di Percorso Diagnostico presentato durante il XXXVII Congresso Nazionale AMCLI - Stresa, 5-8 ottobre 2008 203 204 205 206 207 208 209 210 211 212 213 214 215 216 217 218 219 220 221 222 223 224 225 226 227 228 229 230 231 232 233 234 235 236 237 238 239 240 241 242 243 244 245 246 247 248 249 250 251 252 o di tipo genotipico (ricerca di mutazioni basati su analisi di sequenza), che sono i più utilizzati nella pratica di laboratorio (HIV genotipo). I test per la valutazione della resistenza richiedono una elevata specializzazione dei laboratori che li eseguono, ed in genere una guida esperta nell’interpretazione dei risultati. I test genotipici sono anche in grado di determinare il genotipo virale; tale informazione non è generalmente utilizzata nella gestione clinica, ma è utilizzata negli studi di epidemiologia molecolare, principalmente a scopo di ricerca. Per il monitoraggio della risposta terapeutica è possibile effettuare anche la determinazione quantitativa nei PBMC del DNA provirale, ma tale misura non è eseguibile in laboratori convenzionali ed è utilizzata al momento per scopi di ricerca. Isolamento virale L'isolamento virale, per la sua particolare complessità, non viene utilizzato di routine per la diagnosi di infezione da HIV, ma viene eseguito in casi particolari, e va condotto all’interno di un laboratorio di Biosicurezza di livello 3 (BL3). Tale indagine è utile per scopi di ricerca, per la sperimentazione di nuovi farmaci antiretrovirali, per studiare nuove varianti di HIV e per risolvere casi dubbi. Letture consigliate 1. B. Weber. Screening of HIV infection: role of molecular and immunological assays. Expert Rev Mol Diagn 6: 399-411, 2006 2. K E Rogstad, A Palfreeman, G Rooney, G Hart, R Lowbury, P Mortimer, P Carter, S Jarrett, E Stewart, J Summerside, UNITED KINGDOM NATIONAL GUIDELINES ON HIV TESTING 2006 (scaricabile dal sito http://www.bashh.org/guidelines/2006/hiv_testing_june06.pdf) 3. Branson BM, Handsfield HH, Lampe MA, Janssen RS, Taylor AW, Lyss SB, Clark JE; Centers for Disease Control and Prevention (CDC). Revised recommendations for HIV testing of adults, adolescents, and pregnant women in health-care settings. MMWR Recomm Rep. 2006 Sep 22;55(RR-14):1-17 (scaricabile dal sito http://www.cdc.gov/mmwr/preview/mmwrhtml/rr5514a1.htm) 4. Commissione Nazionale per la lotta contro l’AIDS: Aggiornamento sulle conoscenze in tema di terapia antiretrovirale - 2° edizione. Comitato Scientifico di Progetto del Centro Nazionale per la Prevenzione e il controllo delle malattie. Roma, dicembre 2005, (scaricabile dal sito http://www.ministerosalute.it/aids/resources/aids/documenti/terapia.pdf) 5. Hoffmann C, Rockstroh JK, KampsBS. HIV Medicine 2006, ed. Flying Publisher – Paris, Cagliari, Wuppertal, 2006 (scaricabile dal sito www.HIVMedicine.com) 6. Hoffmann C, Rockstroh JK, KampsBS. HIV Medicine 2007, ed. Flying Publisher – Paris, Cagliari, Wuppertal, 2007 (scaricabile dal sito www.HIVMedicine.com) 7. Klatt EC. Pathology of AIDS Version 18, Florida State University College of Medicine, 2007 (scaricabile dal sito http://library.med.utah.edu/WebPath/AIDS2007.PDF) 8. Doran T I, Parra E. False-Positive and Indeterminate Human Immunodeficiency Virus Test Results in Pregnant Women, Arch Fam Med. 2000;9:924-929 (scaricabile dal sito http://archfami.ama-assn.org/cgi/reprint/9/9/924) 9. Thorvaldsen J; European Branch of the International Union against Sexually Transmitted Infection and the European Office of the World Health Organization. European guideline for testing for HIV infection. Int J STD AIDS. 2001 Oct;12 Suppl 3:7-13. (scaricabile dal sito http://ijsa.rsmjournals.com/cgi/reprint/12/suppl_2/7) 10. HIV Testing Algorithms - Status Report 2009 (scaricabile dal sito http://www.aphl.org/aphlprograms/infectious/hiv/Pages/HIVStatusReport.aspx) Normativa italiana di riferimento Proposta di Percorso Diagnostico presentato durante il XXXVII Congresso Nazionale AMCLI - Stresa, 5-8 ottobre 2008 253 254 255 256 257 258 259 260 261 262 263 264 265 266 267 268 269 270 271 272 273 274 275 276 277 278 279 Legge N. 135 - 5 Giugno 1990: “Piano degli interventi urgenti in materia di prevenzione e lotta all'AIDS”, Gazzetta Ufficiale n. 132, 8 giugno 1990 Siti di riferimento Informazioni generali http://www.ministerosalute.it/hiv/hiv.jsp http://www.epicentro.iss.it/problemi/aids/aids.asp http://www.medscape.com/hiv http://clinicalcareoptions.com/HIV.aspx Linee guida http://www.cdc.gov/hiv/resources/guidelines/ http://www.who.int/hiv/pub/guidelines/en/ http://www.aidsinfo.nih.gov/guidelines/ http://thebody.com/index/testing.html http://www.thebody.com/index/treat/testing_guidelines.html http://www.bhiva.org http://www.bashh.org/guidelines/2006/hiv_testing_june06.pdf http://www.iusti.org/regions/Europe/HIV%20Testing%20Guideline%2020.11.07.pdf Test di resistenza http://www.hivresistanceweb.com/index.shtml http://www.hivrdi.org/ http://hivdb.stanford.edu/ http://www.hiv.lanl.gov/content/index