07 - La civiltà islamica

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La civiltà islamica
Prima di Maometto, la penisola arabica si presentava come un insieme di tribù di popolazioni
nomadi di origine semitica (beduini) in lotta tra loro. Questa terra era importante come luogo di
passaggio per lo scambio di merci di lusso provenienti dall’India, dall’estremo oriente e dallo
stesso sud dell’Arabia (una zona fertile e ricca grazie ai monsoni, che i romani chiamavano Arabia
felix). I mercanti si servivano dei dromedari e spesso utilizzavano i beduini come guide. I beduini,
grazie a questi scambi, entrarono in contatto con varie civiltà. Essi erano politeisti e il loro centro
religioso era La Mecca, città sede di molti templi, tra cui la Ka’aba, un edificio cubico che
custodiva la pietra nera. Con il tempo la città divenne un centro in cui si svolgevano fiere e
mercati, che furono occasione di arricchimento solo per pochi. Tra gli insoddisfatti di questo stato
di cose e tra i delusi del politeismo, tra il VI e il VII secolo si iniziarono a diffondere anche altre
due religioni praticate nella penisola, quella ebraica e quella cristiana. Fu in questo periodo
storico e culturale, nel 570, che nacque Maometto, da famiglia
beduina e politeista. Rimasto orfano da giovane, durante i suoi
lavori come carovaniere, Maometto entrò in contatto con le
religioni monoteiste; attorno al 610 iniziò a predicare sostenendo
di aver ricevuto una rivelazione dall’Arcangelo Gabriele secondo
cui esisteva un unico Dio di nome Allah. Maometto, al pari di
Abramo, Mosè e, in ultimo, Gesù, diventava quindi l’ultimo dei
profeti. Egli chiamò questa religione Musulmana (in arabo
muslin significa “sottomesso all’Islam”, ma islàm, a sua volta,
rappresenta la sottomissione alla “volontà di Allah”). Ecco perchè
quella maomettana è detta anche religione islamica. Secondo la
tradizione, per come la racconta nel X secolo Al-Tàbari, l’angelo fu
mandato da Allah a Maometto perchè gli portasse primo capitolo La miniatura raffigura l’Arcangelo Gabriele
che annuncia a Maometto la sua missione
del Corano1. Attorno a quest’uomo si raccolsero molti seguaci. Gli di profeta (Istambul, miseo di Topkapi).
erano ostili i mercanti della Mecca, che ritenevano il monoteismo
una minaccia per il loro commercio e per i pellegrinaggi. A causa di tali ostilità, nel 622, Maometto
e i suoi si rifugiarono più a nord nella città di Medina (questa fuga è detta ègira e i musulmani
contano gli anni a partire da questa data). Maometto, però, già nel 630 fu capace di tornare alla
Mecca e nel 632, alla sua morte, quasi tutta l’Arabia era unificata sotto il suo potere politico e
religioso. Dopo Maometto si succedettero i califfi (appunto “successori” in arabo). Sotto i primi
quattro califfi, dal 632 al 661, gli arabi dominavano sulla Mesopotamia, l’Egitto, la Siria e la
Palestina e, alla fine del VII secolo, avevano conquistato l’Africa settentrionale. Dopo i primi
quattro il potere passò alla dinastia Omàyyadi per quasi un secolo (661-750), che continuarono
l’espansione in India e Cina ad oriente e ad occidente fino alla Spagna, dove furono fermati da
Maometto non lasciò alcun dogma scritto, ma i suoi seguaci raccolsero i suoi precetti nel Corano, che
rappresenta dunque il testo sacro dell’Islam. È diviso in 114 sure (o capitoli) collegate tra loro senza un
ordine preciso e senza coerenza di contenuti. In esso sono contenuti molti precetti comportamentali.
Inoltre il credente deve compiere uno “sforzo” (jihàd) per diffondere la religione ed è tenuto a difendere
anche con la spada i territori islamici o a conquistarne di nuovi. La jihàd sfocia quindi anche come
guerra santa contro gli infedeli. Alla base della religione musulmana vi sono cinque pilastri:
monoteismo, preghiera (ciqnue volte al giorno inchinati verso La Mecca e collettivamente il venerdì in
una moschea), elemosina dei più ricchi ai più bisognosi, digiuno dall’alba al tramonto nel mese del
Ramadàn, pellegrinaggio alla Mecca almeno una volta nella vita.
1
Franchi e Bizantini. Fu Carlo Martello, nel 732, a fermare l’avanzata araba nella battaglia di
Poiters. Questa rapida espansione fu favorita: dalla debolezza degli avversari, soprattutto
dell’impero bizantino; dalla tolleranza degli arabi verso i popoli conquistati, ai quali si chiedeva
solo una tassa; dal valore dei guerrieri arabi, pronti a morire in nome della guerra santa in cambio
della beatitudine eterna. I territori conquistati erano governati dagli emiri, che pian piano
divennero più importanti dei califfi, facendo assumere agli emirati l’aspetto di strutture
indipendenti. L’organizzazione del territorio non imponeva nuove monete, ma non tralasciava la
costruzione di nuove città e il miglioramento dell’agricoltura (con opere di irrigazione e
l’introduzione di agrumi, albicocche, carciofi, cotone e canna da zucchero). Il rispetto che gli arabi
ebbero nei confronti delle nuove forme di cultura si riscontra nella loro opera di traduzione e
trasmissione dei trattati di filosofi e scienziati greci. Furono grandi nella matematica e nella
geometria, introdussero i numeri che oggi usiamo, lo zero ed elaborarono i fondamenti
dell’algebra. Dal 750 al 1258 agli Omàyyadi succedettero gli Abbàsidi. Furono questi a spostare la
capitale a Baghdad, tra il Tigri e l’Eufrate e a conquistare la Sicilia.
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