Capitolo 1
AGLI ALBORI DELLA PSICOLOGIA SOCIALE
Coloro che si avvicinano per la prima volta alla psicologia non riescono a cogliere la differenza
tra psicologia generale, psicologia della personalità,psicologia sociale ecc, una volta definito
l’ambito di studio della psicologia sociale risulta difficile capire cosa la renda diversa da una
disciplina affine come la sociologia. Triplett nel 1897 notò che i campioni di nuoto o di ciclismo
raggiungevano tempi diversi se si allenano da soli rispetto a quanto partecipano ad una gara,la
qualità della prestazione era migliore se l’individuo era impegnato in una competizione o aveva
un pubblico davanti. Triplett cerco di analizzare come gli altri potessero influenzare
l’esecuzione di un compito impostando il primo esperimento di psicologia sociale.
Esperimento:
Campione di bambini di età scolare a cui veniva assegnato il compito di avvolgere più
rapidamente possibile delle lenze da pesca intorno ai rocchetti. Vi erano due misurazioni nella
prima i bambini si trovavano in gruppo nella secondo i bambini eseguivano il compito da soli.
Dai risultati emerse che i bambini sono più accurati e rapidi se si trovano insieme ai loro
compagni. Questo fenomeno e definito Facilitazione sociale ovvero l’influenza degli altri sulle
prestazione e sul comportamento individuale. Gli individui influenzano non solo quando quanto
compiono contemporaneamente la stessa azione (co-attori) ma anche quando sono
semplicemente presenti (pubblico). Questi esperimenti hanno portato a risultati contrastanti in
quanto se è vero che da un lato la presenza degli altri influenza positivamente la nostra
prestazione (es della lenza) dall’altro lato nel caso in cui l individuo deve imparare una lista di
persone il pubblico può dar vita ad inibizione sociale. Zajonc riuscì a dar conto a queste
contraddizioni attraverso un principio che deriva dalle teoria delle pulsioni di Hull-Spence
secondo cui l’eccitazione favorisce la produzione di risposte dominanti ovvero quanto si ha un
attivazione fisiologica si tende a mettere in atto la prima risposta che compare per Zajonc il
pubblico con la sola presenza crea negli individui un stato di eccitazione (arousal).
In questo quadro bisogna analizzare anche l’impatto del compito esistono:
• Compiti semplici: Dove l’ansia fa emergere le risposte dominanti le quali sono corrette
pin qunato relative a cose che si conoscono bene.
• Compiti difficili: Dove ci vuole più tempo per trovare la soluzione giusta e corretta in
quanto non corrisponde a quella immediata e quindi non è dominante.
Se il compito è semplice come avvolgere una lenza la presenza degli altri facilita la
prestazione, se il compito è difficile come imparare una lista di parole si riesce meglio da soli in
quanto la presenza degli altri sviluppa inibizione sociale. Si può quindi affermare che la
presenza degli altri(la folla) produce aumento del respiro,una tensione muscolare e un
innalzamento della pressione e del battito cardiaco, può quindi portare a risposte giuste o a
riposte sbagliate. Per Zajonc inoltre la presenza degli altri facilita la prestazione solo di coloro
che sono preparati nel proprio ambito in quanti la loro riposta dominante sarà per forza quella
corretta mentre le persone non preparate si troveranno di fronte ad un compito complesso .
Sono state fornite altre interpretazioni tra cui quella di Cottrll Nickolas, il quale suggerisce che
avere delle persone che ci osservano ci porta ad essere apprensivi a porci il problema di come
ci stanno valutando, quest’apprensione per la valutazione provoca arousal. L’interpretazione di
Cottrell spiega perché:
• Le persone hanno prestazioni migliori quando i co-attori sono più bravi
• Quanto più le persone si preoccupano del giudizio degli altri tanto più la prestazione
sarà influenzata
• L’effetto di facilitazione sociale è maggiore quando gli altri sono estranei.
Secondo Baron invece l’eccitazione è dovuta al fatto che la presenza degli altri creerebbe un
conflitto tra la motivazione a prestare attenzione al pubblico perché se ne teme il giudiziose e
la motivazione a prestare attenzione al compito. Ci si può aspettare un peggioramento della
prestazione causato dall’impossibilità di tenere sotto controllo l’attenzione sia per lo sforzo che
creando arousal porta alla facilitazione delle risposte dominanti. Zajonc analizza che la sola
presenza degli altri produce arousal anche quando non vi è una valutazione ad esempio nella
preferenza dei colori si è più decisi se sono espressi in gruppo anche se non esistono risposte
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giuste o sbagliate, allo stesso modo chi fa jogging in compagnia avrà una prestazione più
elevata anche se non vi è competizione si parla quindi di meccanismi a base innata.
La deindividuazione e la diffusione di responsabilità
Un gruppo non ha solo il potere di sviluppare uno stato di prontezza all’azione e di eccitazione
ma far si che le persone mettano i atto comportamenti che non produrrebbero se fossero soli
in quanto attraverso il gruppo si perde il senso della responsabilità individuale .Le bon noto che
la folla trasmette le emozioni di uno agli altri, a seguito di un contagio sociale vengono
compiute collettivamente azioni che nella vita di tutti i giorni sarebbero inaccettabili, tale
meccanismo fu definito da Festinger,Pepitone e Newcombe Deindividuazione.I teppisti se sono
in gruppo si abbandonano ad atti di vandalismo che non riuscirebbero a commettere da soli, i
processi di deindividuazione fanno si che gli individui perdano i normali freni inibitori e che le
loro identità personali vengano rimpiazzate da un identificazione con gli scopi e con le azioni
del gruppo, la possibilità di far parte di una folla anonima rende i singoli individui non
identificabili tale situazione non solo crea eccitamento ma porta anche una diffusione di
responsabilità.
L’effetto inerzia Sociale
La perdita della propria responsabilità fa si che le persone si impegnano poco e cerchino di
lavorare di meno se vengono coinvolte in un lavoro di gruppo dove bisogna raggiungere uno
scopo comune in quanto gli sforzi individuali non possono essere riconosciuti. Max Ringelmann
descrive questo fenomeno definito da Latanè Williams e Harkins con il termine inerzia sociale
(Social loafing) : a dei soggetti veniva chiesto di tirare una corda quanto più potevano in due
situazioni la prima da soli la seconda in gruppo si noto che mentre nel lavoro singolo gli
individui producevano uno sforzo pari ad 85 kg se invece si trovavano in gruppo lo sforzo era
pari a 65 kg a persona, tale misura decresceva se il numero del gruppo aumentava, e quindi
riscontrabili nei compiti additivi ( quelli in cui l’efficienza del gruppo dipende dalla somma degli
sforzi individuali) una relazione inversamente proporzionale tra il numero di persone che
compongono il gruppo e le prestazione dei singoli.
• Mancanza di coordinazione: Ringelmann lo intrerpreta in termini di mancanza o
perdita di coordinazione ad esempio nell’esperimento della corda e possibile che non
tutti abbiano tirato nella stessa direzione oppure che non vi sia stato un coordinamento
nel tirare con la stessa forza nello stesso momento
• La perdita di Motivazione. Stroebe e Frey notarono che alla mancanza si
coordinazione bisogna aggiungere l’effetto della perdita di motivazione, nel lavoro di
gruppo le persone tendono a far portare avanti il lavoro dagli altri in quanto il loro
contributo non e identificabile. Questa perdita provoca un effetto definito free rider.
Non partecipare a pieno sforzo ad un lavoro collettivo e vantaggioso per il singolo
individuo che si troverà ad usufruire del prodotto finale pur avendo fatto uno sforzo
minimo.
In conclusione se le persone lavorano in ruppo ma hanno scopi individuali l’influenza degli altri
si esprime n termini di facilitazione sociale se porta un miglioramento o in termini di inibizione
sociale, quando invece le persone fanno parte di un team dove gli sforzi individuali non sono
valutati scatta l’effetto Ringelmann.
Le origini della psicologia sociale e le differenze somiglianze con le altre psicologie e
la sociologia.
Gli studiosi non erano interessati alla percezione, all’attenzione alla memoria ambiti
principalmente affrontati dalla psicologia generale ne vi era interesse per le differenze
individuali ne verso i percorsi di sviluppo in realtà le differenze non sono così chiare in quanto
gli studi sul pregiudizio tematica tipica della psicologia sociale si avvalgono dell’analisi e del
ruolo che le differenze individuali e le strutture di personalità possono avere sugli
atteggiamenti discriminatori, anche gli stili di leardship non sono più studiati solo come
dinamiche interne ai gruppo sociali ma come influenzati dal modo in cui si è strutturata la
personalità dei singoli individui. Come sostiene Allport la psicologia sociale si pone il tentativo
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di comprendere e spiegare come i pensieri, i sentimenti e i comportamenti degli individui siano
influenzati dalla presenza reale o immaginata degli altri esseri umani, si fonda sullo studio delle
modalità attraverso le quali avviene l’articolazione tra il mondo psichico e quello sociale, non a
casa i primi due manuali di psicologia sociale enfatizzano l’uno il versante psicologico del
sociale l’altro il peso che anno gli aspetti sociali sull’assetto mentale dell’individuo i due
manuali sono:
• L’introduction to Sociale Psycology di McDougall: Pur ipotizzando una mente di
gruppo teorizza l’importanza di come gli individuo si pome nei confronti del mondo
sociale e sostiene che il comportamento e riconducibile a tendenze e capacità innate
della mente umana. Si tratta di una visione tradizionale della psicologia generale
anche se si trovano numero concetti sull’evoluzione.
• La Social Psycologu di Ross: Al suo interno un approccio più sociologico, Ross pome
come oggetto di studio della psicologia sociale l’influenza del sociale sull’interazione
tra li individui, nonostante l’aspetto sociologico Ross si interessa di problematiche di
tipo mentalista attenzionando che gli individui sono influenzati dagli altri anche se
questi non sono presenti, proprio da questa annotazione prende l’avvio uno dei filoni
più interessanti della psicologia sociale più psicologia che ha portato un approccio
detto Sociocostruttivismo
I due manuali finiscono con il configurarsi come due anime distinte della psicologia sociale :
1. Una psicologia sociale psicologica
2. Una psicologia sociale sociologica
Agli inizi nel 900 risulta difficile distinguere la psicologia sociale dalla sociologia vera e propria
pertanto sono proprio le idee dei primi sociologi tra cui Small e Sammer a far da sfondo alla
psicologia sociale malgrado la presa di distanze molto chiara dei padri della sociologia
Durkheim e Weber.Cosi come è difficile se la scuola di Chicago che concentra il suo interesse
sulle dinamiche di gruppo sia da collocare in un ambito piuttosto che in un altro. In maniera
definitiva la psicologia sociale si configura secondo la definizione di Allport: Non esiste una
psicologia dei gruppi che non sia essenzialmente una psicologia dell’individuo, la psicologia
sociale non deve essere contrapposta alla psicologia dell’individuo in quanto essa è parte
stessa della psicologia dell’individuo dove viene indagato il comportamento in relazione al suo
ambiente. Il contesto sociale determina il comportamento degli individui in questa prospettiva
viene rifiutata l’esistenza di una mente collettiva separata dalla mente degli individui.
Durkheim nel riprendere l’opposizione tra individuale e collettivo mostra un totale disinteresse
per la dimensione psicologica dei fatti, e formula il concetto di Rappresentazioni Collettive con
il quale indica idee che non hanno più niente a che fare con gli individui che le hanno prodotte
operando una netta demarcazione tra Rappresentazioni individuali (oggetto degli studi
psicologici) e Rappresentazione collettive (oggetto degli studi sociologici). Il mondo sociale è
visto come qualcosa che trascende lo psichico, per cui le rappresentazioni collettive sono:
• Generate dal mondo sociale
• Condivise da tutti i membri della società
• Riferite alla società e non riconducibili a rappresentazioni individuali.
Le somiglianze e le divergenze tra psicologia ,sociologia e sociale sono da ricondurre ad un
determina clima culturale ad un contesto sociale e a situazioni politiche che alla fine del 800
influenzano le discipline spingendole a porsi come luogo in cui devono essere affrontati i
problemi sociali di quel periodo. In Europa l’industrializzazione aveva dato spazio alle masse
dei lavoratori dando vita a scioperi e manifestazioni che costituivano una minaccia per l’ordine
sociale, prima dell’affermarsi della psicologia sociale molti intellettuali cercarono di analizzare i
comportamenti collettivi, lo stile dei capi ovvero lo studio della folla. Le bon analizza il
comportamento della folla sottolineandone il carattere distruttivo e di minaccia in quanto, la
folla viene vista come il luigo dove si manifestano irrazionalità , emotività e passioni inconsce
che vengono tenute a freno dagli individui nella vita di tutti i giorni. Da una parte l’influenza
sociale è vista come la suggestione ovvero un meccanismo che fa saltare i freni inibitori e fa
emergere ciò che non è accettabile si tratta di una visione data da Charcot e Bernheim, la
suggestione veniva usata alla pari dell’ipnosi come modalità diagnostica e terapeutica delle
malattie mentali per la sua capacità di abbassare la coscienza del paziente per far emergere
aspetti primitivi. L’altro modello più medico paragona l’influenza sociale al contagio,
l’agitazione e le emozioni delle folle vengono interpretate come una malattia infettiva dovutaad
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un contagio mentale. Le bon pone l’enfasi sulle motivazione degli individui, sul ruolo che
giocano le emozioni sul comportamento individuale ed in particolare il posto che occupa
l’imitazione del comportamento.
Psicologia Sociale psicologica e psicologia sociale sociologica.
La psicologia sociale psicologia finisce per prevalere sulla psicologia sociale sociologica in
quanto pone grande enfasi sulla sperimentazione e su paradigmi scientifici che interpretano
l’intersezione tra individuale e sociale ponendosi sulla scia della psicologia generale ma con un
suo specifico terreno d’indagine, al contrario la psicologia sociale sociologica riduce sempre di
più lo spazio di confine che la divide dalla sociologia e dalle scienze sociali.
L’interazionismo simbolico a cui fa capo Mead pone l’attenzione sull’importanza del gruppo nel
determinare il significato che i singoli attribuiscono alla vita sociale in questo approccio il
comportamento umano viene interpretato come determinato non dagli stimoli in se ma dal
modo in cui si trasformano a seguito dell’interazione sociale in simboli( ad esempio: un certo
modo di vestirsi avrà un significato diverso a seconda del contesto sociale e dei simboli di cui si
caricherà)
Mead nel suo Mind Self and Society mostra l’identità personale( il self) e le concezioni su come
gli altri vengono costruite attraverso l interazione sociale , per un adolescente essere visto
come leader o come deviante nel suo gruppo d’appartenenza contribuisce a costituire un
tessuto di significati che vengono assegnati da lui stesso e dagli altri al suo comportamento.
Mead ipotizza un confronto tra il proprio punto di vista e quello degli altri analizzando questo
rapporto non solo in termini di interazione con altri ma anche con un altro generalizzato inteso
come astrazione tutto ciò permette all’individuo di costruire nella sua mente un punto di vista
sociale che andando oltre l’opinione dei singoli costruisce un oggettività sociale che consente di
individuare con chiarezza la propria situazione personale. Gli approcci della psicologia sociale
sociologica si evolvono in modelli di tipo fenomenologico e si basano su verifiche empiriche per
tanto sono considerati poco attendibili e scientifici da parte degli psicologi, tali modelli vengono
utilizzati da quella che viene considerata la psicologia sociale, la quale si basa sulla descrizione
dei processi mentali individuali. Il maggior successo della psicologia sociale psicologica e da
ricondurre al taglio individualista più in linea con i paradigmi teorici e metodologici della
psicologia generale che andava affermandosi negli Stati Uniti nel 900.
L’introspezionismo e la Volkerpsychologie di Wundt:
Wundt nel 1878 fondò il primo laboratorio di psicologia sperimentale segnando così la nascita
della psicologia generale intesa al pari di altre discipline come la fisiologia o la chimica. Le
ricerche si svolgevano in un ambiente controllato dove Wundt chiedeva ai soggetti di riferire le
sensazioni provate di fronte alla manipolazione di alcuni stimoli specifici ricorrendo
all’introspezione evitando ragionamenti e giudizi. L’enfasi veniva posta sulla struttura della
mente, intesa non come totalità ma come singoli elementi e fatti di coscienza all’interno di un
approccio che fu definito chimica mentale. Occupandosi di psicologia sociale Wundt noto solo
l’aspetto da ricondurre alle scienze sociale in quanto le tematiche non potevano essere
affrontate con i metodi delle scienze naturali. Nella Psicologia dei popoli (Volkerpsychologie) la
mente viene analizzata nelle sue manifestazioni esterne, nei prodotti collettivi studiati in
diverse condizioni storiche e socioculturali secondo un ottica centrata sulla psicologia delle
comunità (Volk) e non sull’individuo cosi i miti, i costumi, il linguaggio sono intesi come il frutto
delle interazione tra gli individui e non riconducibili alla conoscenza individuale.
La psicoanalisi e i rapporti individuo-Società
Il comportamentismo come altri paradigmi prendevano le distanze dall’introspezionismo e dal
modello della psicoanalisi che tra la fine dell’800 e gli inizi del 900 da conto essenzialmente
dell’individuo ma lascia spazio alla considerazione del comportamento delle masse. Il fondatore
della psicoanalisi e Freud il quale si differenzia dai modelli psicologici tipici del 900 in quanto
considera la comprensione della vita conscia dell’uomo come subordinata alla comprensione
della sua vita psichica inconscia riprendendo concetti già proprio della cultura filosofica e
scientifica delll’800 come la soglia di coscienza sviluppata da Herbart che riprendendo la
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concezione di inconscio di Leibniz ipotizzo un interscambio tra i contenuti inconsci della psiche
(sotto la soglia) e i contenuti cosci (sopra la soglia).Freud tuttavia viene collegato in un
processo di revisione infatti rivendica un eziologia a base psicologica per alcuni disturbi mentali
contraddicendo quanto affermato dagli psichiatri dell’epoca che riconducevano le malattie
mentali a lesioni organiche e che consideravano sintomi come l’isteria e la psiconevrosi non
degni di considerazione. Freud si inserisce in un approccio che era proposto da Charcot e Janet
i quali proponevano come metodo diagnostico e terapeutico l’ipnosi e la suggestione, l’ipotesi
da cui partivano e che si poteva avere una remissione dei sintomi se i pazienti venivano portati
al di sotto della soglia di coscienza e che se ricevevano degli ordini appropriati riuscivano a
liberare quelle forze inconsce che determinavano fobie e paralisi. Freud costruisce la
psicoanalisi la cui nascita può essere collocata a Vienna tra il 1892 e il 1897 anno in cui
termina di mettere a punto il metodo delle libere associazioni per la cura delle psiconevrosi,
tale tecnica vede Freud passare dall’uso dell’ipnosi a quello della suggestione a quello
dell’insistenza fino ad arrivare alla decisione che sarà il paziente a comunicare al terapeuta
tutto cio che gli passa per la mente (pensieri,fantasie,sogni eventi) procedendo per libere
associazioni nell’ipotesi che i contenuti inconsci che originano le malattie possano emergere e
consentire cosi all’energia psichica di scaricarsi portando la remissione dei sintomi.
La Libido: Freud ipotizza che negli esseri umani esistano delle forze pulsionali sconosciute alla
coscienza ne determinano il comportamento. Queste sono il risultato di un accumulo di
energia psichica detta libido che se non viene scaricata provoca una tensione dolorosa, il
mettere in atto un comportamento va quindi collegato al bisogno dell’individuo di scaricare
l’energia accumulata per tanto è determinato da forze psichiche inconsce che sono regolate da
due leggi:
1. Il principio di piacere: Il quale spinge l’individuo al soddisfacimento dei
bisogni e a scaricare la libido anche dove non esistono le condizioni ideali questo
meccanismo spiega i lapsus, le dimenticanze e i sogni. Si tratta di fenomeni
attraverso i quali e possibile scaricare l’energia accumulata soddisfare i bisogni e
realizzare i desideri (es: Se non si vuole fare un esame all’università si può
dimenticare la data dell’appello per attenuare la proprio responsabilità)
2. Il principio di realtà: Fa si che l ‘individuo verifichi le condizioni della vita reale
e che soddisfi i propri bisogni sono se e possibile o che altrimenti rinunci ad essi.
Questa continua lotta tra bisogni e desideri inconsci da un lato e la loro attuazione nella realtà
dall’altro e regolata dalla struttura della personalità che è formata da tre istanze:
• Es: Completamente inconscio costituisce la parte istintiva da pulsioni sessuali
aggressive in parte innate, sono il risultato di processi che sbarrano e rimuovono gli
impulsi inaccettabili spostandoli nell’ inconscio
• Io: Ha la funzione di mediatore tra le rivendicazione dell’es e gli imperativi del Super-io
• Super-Io: Si forma dopo divieti e punizioni ricevute dai genitori nelle prime fasi dello
sviluppo svolge il ruolo di giudice o di censore nei confronti dell’ Io impedendogli di
mettere in atto i comportamenti che Es spinge ad attuare.
Il modello psicoanalitico prevede una seri di meccanismi di difesa inconsci che preservano
l’integrità dell’Io difendendolo dagli attacchi dell’Es ad esempio si possono frenare le pulsioni
aggressive trasformandole in attività accettabili.
Per Freud la personalità si sviluppa attraverso 5 fasi:
• Fase orale (12-28 mesi): le gratificazioni sessuali sono ottenute attraverso la bocca e le
labbra
• Fase anale (dai 18 mesi ai 3 anni) ill piacere è legato all’espulsione delle feci
• Fase fallica (3-5 anni) caratterizzata da un forte interesse sessuale per i propri genitali e
dalla scoperta nelle femmine della loro assenza, qui si sviluppa il complesso d’edipo
costituito da fantasie nei confronti del genitore dell’altro sesso e da una forte rivalità
con il genitore dello stesso sesso, il superamento di questo complesso e un punto
essenziale per lo sviluppo della personalità ed avviene per il maschio attraverso la
paura della castrazione da parte del padre odiato si passa cosi ad un processo di
identificazione con il genitore odiato per le femmine la consapevolezza della mancanza
del pene porta prima ad innamorarsi del padre e a desiderare il fallo che a lei manco e
dopo ad identificarsi con la madre.
• Fase delle latenza: ( 6-11anni) la pulsione sessuale si rafforza ma non si esprime
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Fase Genitale: caratterizzata dall’adolescenza le pulsioni sessuali si finalizzano ad una
vita sessuale adulta.
In riferimento al rapporto tra l’individuo e la società per Freud esiste un continuo conflitto tra
vita individuale e vita sociale sostiene che l individuo alla nascita è caratterizzato da una
sessualità perversa e che con la maturazione gli individui sono spinti alla specie attraverso 2
pulsioni Eros e Thanatos a realizzare comportamenti che permettano la perpetuazione della
specie.
Eros e Thanatos : Da una parte l’eros che rappresenta la pulsione erotica dall’altra il thanatos
che rappresentando la pulsione aggressiva permettere agli individui che si sono riprodotti di
lasciare posto alla nuova generazione. La vita individuale è quindi dominata da pulsioni
sessuali ed aggressive che spingono ad una competizione feroce, tali pulsioni devono essere
controllate da leggi e sanzioni date dalla società in modo da regolare la competizione tra gli
individui. Il super- io e visto come quell’istanza della personalità che incorpora a livello
inconscio sia al livello conscio l’insieme delle norme sociali che regola le pulsioni sessuali ed
aggressive.
Più complicata è l ‘interpretazione delle motivazioni inconsce che portano gli individui ad unirsi
ai gruppi sociali, per Freud la socialità o meglio l’ingresso in un gruppo è generato da conflitti
di tipo edipico generati la pulsioni incontrollate dall’Io e dal Super-Io, tuttavia il focus della
psicanalisi è rivolto all’individuo, il modello psicanalitico è stato utilizzato dal gruppo di
Berkeley ( Adorno- Brunswik – Levinson – Sanford) che iniziarono una ricerca partendo
dall’ipotesi che il pregiudizio è un problema di personalità, il modo in cui un individuo viene
cresciuto dai genitori da luogo alla personalità diverse e quindi ad eventuali esiti pregiudiziali
cosi se un bambino viene cresciuto da genitori severi che lo costringono a conformarsi alle
norme sociali svilupperà una ostilità nei loro riguardi, ma l impossibilità di ritorsione verso i
familiari prodotta energia negativa che sarà scaricata su individui più deboli, il bambino sarà
eccessivamente rispettoso verso la figura del genitore ma svilupperà un atteggiamento ostile
verso coloro che appartengono ad altri gruppi si sviluppa la cosiddetta Personalità
Autoritaria.
Della sindrome autoritaria fanno parte :
• La tendenza ad essere convenzionali
• La tendenza a sottomettersi alle autorità e allo stesso tempo identificarsi con essa
aggredendo chi viola le norme
• Pensare per categorie rigide
• La tendenza a credere che il mondo sia pericoloso e cattivo
Correlati a questa personalità troviamo la tendenza a sviluppare pregiudizi antiebraici, o ad
essere etnocentrici.
Il pregiudizio è visto non solo come risultato di una personalità distorta ma anche con un
pattern costituito da un adesione incondizionata verso tutto ciò che è convenzionale odiando
tutto ciò che e percepito come disturbo dell’ordine.
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Capitolo 2
COMPORTAMENTISMO E STUDIO DEL SOCIALE
Il comportamentismo si sviluppa a partire dal 1910 attraverso le tesi di Watson e Skinner
secondo questo modello, l’individuo alla nascita è una tabula rasa sulla quale le influenze
ambientali hanno la possibilità di incidere per tanto la psicologia cercherà di indagare sulle
condizioni che determinano il comportamento. Per i comportamentisti il comportamento umano
deve essere spiegato attraverso delle catene casuali di stimoli e risposte il comportamento è
quindi la risposta a uno stimolo secondo un modello semplice di connessione stimolo risposta
(S-R) lo scopo è quello di dare obbiettività alla psicologia di spingerla verso procedure
controllabili al fine di conferirle lo statuto di scienza pari all’anatomia o alla fisiologia, per
questo l’unico metodo accettabile è la sperimentazione in laboratorio attraverso l’osservazione
diretta dei comportamenti e della loro modificazione riconducibili a due meccanismi uno di tipo
associativo e l’altro che fa leva sui rinforzo. Pavlon sviluppo il condizionamento classico il cui
obbiettivo era quello di associare ad uno stimolo incondizionato(cibo) uno stimolo condizionato
(campanella) al fine di avere una risposta condizionata simile ad una risposta incondizionata, le
sue ricerche si centrarono sui cani egli noto come i cani posti di fronte al cibo aumentavano la
loro salivazione cosi accosto al cibo uno stimolo neutro come il suono della campanella dopo
vari tentativi i cani cominciavano a sviluppare una risponda condizionata ovvero la salivazione
al solo suono della campanella anche senza la presenza del cibo al contrario di Pavlon Skinner
sviluppo in condizionamento operante analizzo che una risposta casuale viene ripetuta se ad
essa viene associato uno stimolo gradevole (rinforzo positivo) mentre viene estinta se
accostato uno stimolo sgradevole (rinforzo negativo) l’apprendimento avviene attraverso
tentativi ed errori. L’esperimento di Skinner avviene all’interno di una Skinner Box dotata di
una leva che pressata erogava del cibo l’animale era libero di circolare nella gabbia in modo
che abbia la possibilità di incontrare casualmente la leva dopo vari giri il topo comincia a
premere la leva per caso facendo cosi cadere il cibo, cosi il topo apprende il comportamento e
preme la leva di proposito per mangiare, il cibo in questo caso si pone come un rinforzo
positivo che inizialmente viene messo in atto per caso ma che viene riprodotto in quanto
appreso, tale condizionamento fu definito da Skinner operante in quanto e basato sull’agire e
sull’operare.
Gli psicologi sociali era d’accordo con l’idea che il comportamento è influenzato da stimoli
esterni e quindi con le teorie S-R in particolar modo con l’opera di Allport basata su una
metodologia di laboratorio il cui obbiettivo era far accettare la psicologia sociale come vera
scienza sia da parte della psicologia generale sia dalle altre discipline in questa prospettiva
l’’ambiente sociale e analizzato come frammentato per tanto le azioni del gruppo non vengono
considerate la somma delle azioni dei singoli individui mentre l’individuo viene visto come reale
il gruppo essendo basato sulla relazione tra gli individui viene visto come pura astrazione non
esiste quindi una psicologia dei gruppi che non sia una psicologia degli individui. Gli psicologi
sociali spiegano il cambiamento degli atteggiamenti sulla base dei principi del rinforzo e
dell’associazionismo secondo il condizionamento classico o operante per cui se ad un luogo
viene associata una esperienza positiva avranno un atteggiamento positivo per cui
trasferiranno le loro emozioni da un evento ad un altro se invece hanno ricevuto una punizione
si tenderà a rifiutare la persona o l’evento negativo. Il funzionamento della pubblicità può
essere spiegato in questi termini per far cambiare atteggiamento su u prodotto questo viene
accostato con una situazione piacevole e rilassante oppure vengono offerti piccoli doni se lo si
acquista, cosi le persone vengono condizionate ed apprendono l’atteggiamento più conveniente
per i venditori cosi i mass media mostrano automobili guidate da belle ragazze o biscotti uguali
ma consumati da allegre famiglie mentre nei supermercati vengono promessi regali e viene
trasmette una musica rilassante che induce sensazioni piacevoli che saranno collegate ai
prodotti. Anche la semplice esposizione a uno stimo può far si che venga giudicato piacevole
secondo l’effetto esposizione (mere exposure effect) la ripetuta esposizione a uno stimolo che
sia uno spot pubblicitario o un presentatore o un polito ne innalza il fascino e l’appeal
cambiando l’atteggiamento in positivo verso di esso per provare questo effetto Zajonc ha
mostrato a degli studenti delle fotografie di volti alcune per 25 volte altre per uno o due e noto
che più un volto era proposto più era definito gradevole tuttavia le nostre valutazioni possono
essere influenzata anche da stimoli subliminali. Nel 1957 fu condotta una campagna di
persuasione subliminale durante la proiezione di un film venivano proiettate sullo schermo per
una frazione di secondi frasi come “mangia pop-corn” “bevi coca-cola” questi messaggi
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subliminali hanno prodotto un aumento del 18% nelle vendite di bevande e del 50 % nella
vendita dei pop-corn da altri studi è emerso che se una marca veniva associata in via
subliminale a immagini positive il giudizio positivo si trasferiva per un periodo lungo alla marca
sponsorizzata inoltre le persone preferiscono stimoli che hanno visto più spesso in quanto il
vedere spesso una persona o un oggetto porta a un loro riconoscimento e a ritenerli familiari e
vengono percepite più simili a se stessi tuttavia l’effetto esposizione ha i suoi limiti in quanto è
vero che la gradevolezza dello stimolo aumenta con la familiarità ma nel caso in cui esiste una
valutazione negativa precedente l’esposizione non porta ad un cambiamento, esiste un livello
ottimale di esposizione in quanto la sovraesposizione produce noia e atteggiamenti negativi
Gorn e Goldberg hanno trovato che uno spot di un gelato era gradito ai bambini se veniva visto
3 volte mentre non produceva effetto positivo se era proiettato o troppo poco 1 volta o troppo
5 volte. La pubblicità utilizza i principi dell’esposizione della sovraesposizione e della
persuasione subliminale cosi prima un spot viene proposto in tv e sui giornali per renderlo
familiare dopo viene sospeso per evitare il fastidio o un eccesso di esposizione. Per i
comportamentisti gli atteggiamenti politici possono essere spiegati attraverso processi
irrazionali che si possono apprendere con gli stessi meccanismi utilizzati per altri
apprendimenti come l’associazione il rinforzo o l imitazione secondo quest’ottica gli
atteggiamenti si formano sulla base di processi che fanno leva sul trasferimento di emozioni e
affetti da un oggetto ad un altro che non hanno niente a che fare con meccanismi cognitivi
come la valutazione o la capacità di considerare diversi punti di vista per verificare il distacco
dai meccanismi cognitivi Irving Lorge he condotto un esperimento :
• I Fase: I soggetti erano invitati a leggere alcune frasi come “ penso che una piccola
rivoluzioni sia una buona cosa e che nel mondo politico possa essere considerata
necessario ”ogni affermazione veniva poi attribuita al politici famosi come Jefferson o
Lenin.
• II Fase: Veniva chiesto se fossero d’accordo con le affermazioni e di esprimere in che
modo valutavano i gruppi politici a cui appartenevamo i personaggi a cui erano
attribuite le frasi
Ne è emerso che il grado d’accordo con l’affermazione dipendeva dai soggetti a cui era
attribuita, la stessa frase poteva avere un atteggiamento positivo se attribuita a jefferson ed
un atteggiamento negativo se era attribuita a lenin per Lorge la risposta degli individui alle
ideologie politiche e totalmente cieca e dipende dalle associazione che vengono fatte in
maniera passiva con degli elementi che non hanno niente a che fare con il contenuto di ciò
che si valuta. Questo approccio e in linea con quello spiega come l’incremento di vendite di un
prodotto se viene associato ad attori o atleti famosi. Alcuni anni dopo Solomon Asch diede un
interpretazione diversa dell’esperimento di Lorge mostrando che è vero che le persone
cambiano atteggiamento in funzione della persona che ha detto o fatto qualcosa ma non per
un cieco associazionismo ma perché la persona che viene associata all’oggetto cambia il
significato globale dell’oggetto stesso Asch invoca il meccanismo cognitivo-percettivo che
secondo la Gestalt regola la percezione del mondo inanimato e cha si che non reagiamo ai
singoli elementi ma ad un campo nella sua totalità che fornisce significati alle singole parti, e
allo stesso tempo un singolo elemento può cambiare l intera figura x Asch gli atteggiamenti e
le ideologie politiche sono guidati da credenze e ragionamenti sulla validità e autorevolezza di
chi cerca di modificare il nostro atteggiamento e a allo stesso tempo fornisce un significato
preciso alla situazione. Noto inoltre che nell’esperimento di Lorge i soggetti solo
apparentemente erano esposti alla stesso stimolo in quanti in realtà le frasi venendo attribuite
ad autori diversi cambiavano l’intero stimolo infatti i soggetti non reagivano al significato delle
parole ma a chi le ha pronunciate, cosi Asch replico l’esperimento e chiese ai soggetti non solo
di esperire il grado di accordo come le affermazioni ma di scrivere che cosa secondo loro
significano ne emerse che la stessa frase se era associata a Lenin sviluppava l’idea di una
rivoluzione violenta se invece veniva associata a Jefferson si sviluppava un significato diverso
in termini di cambiamenti delle idee politiche.
Lo studio dell’aggressività
L ottica comportamentista e stata utilizzata per studiare l ‘aggressività la quale viene
ricondotta dagli psicologi alle influenze ambientali ed al cattivo esempio degli altri, il compito
della società è quello di educare l’essere umano attraverso rinforzi positivi come premi e voti o
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rinforzi negativi come le punizioni verso condotte accettabili far si che gli individui seguano le
norme morali e le regole della società Gli adulti plasmano il comportamento umano attraverso
l’effetto modeling o meglio modellamento un bambino alla nascita e visto come se fosse
argilla ovvero che abbia la capacità di assumere qualsiasi forma. Gli psicologi sociali si resero
che non è possibile misurare il comportamento senza considerare i sentimenti e le percezioni,
gli stimoli vengono letti uno dopo l'altro e la loro influenza è mediata dal modo in cui vengono
interpretati dagli individui o dai gruppo. A partire dagli anni 40 si sviluppa la social learning
theories (l’apprendimento sociale che include nell’analisi dei fenomeni la considerazione delle
variabili tra stimolo e risposta, la mediazione dell’organismo nel decodificare gli stimoli secondo
un modello che viene detto stimolo-organismo-risposta. Per Bandura l apprendimento non
avviene solo tramite il condizionamento classico ed operante ma anche attraverso l’imitazione
che sua basa sull’osservazione del comportamento altrui come modelli da imitare producendo
quindi l’effetto modeling nei suo esperimenti prova che l imitazione e più operante se
l’organismo è in uno stato di frustrazione per non aver raggiunto uno scopo. Una persona
attraverso l’osservazione può ricavare delle regole generale quindi subire un modellamento
astratto. Nell’apprendimento sociale può avere un ruolo importante il rinforzo quando si pone
come rinforzo vicariante cioè un rinforzo che viene associalo al comportamento e non più alla
risposta del soggetto ad esempio un ragazzo osservando il comportamento di un idolo ne può
ricavare la convinzioni che quel comportamento e desiderabile in quanto porta a diventare
famosi, la desiderabilità sociale diventa co si un rinforzo del modello anche l’aggressività e
vista come il risultato dell’imitazione in quanto assistere ad un atto violento implica un
apprendimento che portano un imitazione immediata. In un esperimento chiamato Bobo Doll
vennero formati 3 gruppi di bambini ad uno fu data la possibilità di guardare un adulto che
picchiava la bombola di gomma (bobo doll), un altro vedeva un adulto che giocava
tranquillamente con dei giocattoli mentre il terzo gruppo era lasciato libero di giocare senza
assistere ad alcune evento, nella seconda fase i bambini erano sottoposti ad un evento
frustante (togliere un giocattolo) ed infine nella terza fase i bambini furono introdotti in stanze
con diversi giochi tra cui la bobo doll i bambini del primo gruppo si scagliavano con violenza
non solo contro la bambola ma con tutti i giocattoli indirizzando atti di violenza a cui non aveva
assistito in precedenza sviluppando quindi una violenza più generalizzata e non imitativa
mentre i bambini degli altri 2 gruppi sono aggressivi in maniera inferiore. Bandura esplora le
connessioni tra realtà e fiction e le differenze derivante dal vedere una violenza premiata o
punita anche in questo esperimento i bambini erano divisi in 3 gruppi il primo vedeva una
persona dal vero, il secondo una filmata e il terzo una persona travestita da un personaggio dei
fumetti che si scatenavano contro la bobo doll, il modello piu imitato fu quello costituito dalla
persona filmata in un altro esperimento venivano mostrati episodi di violenza premiata ed altri
puniti i soggetti imitavano i comportamenti che erano stati premiati. Le condotto antisociali
sarebbero indotte dall’imitazione di modelli violenti cosi figli che hanno genitori aggressivi
saranno aggressivi in quanto la punizione se da un lato fa si che i figli smettano di mettere in
atto un comportamento contemporaneamente forniscono un modello di aggressività. Bandura
pone il problema dei rapporti tra violenza e media in particolare tra aggressività e tv e
l'influenza che quest'ultima ha sul comportamento aggressivo . Negli stati Uniti i bambini
trascorrono circa 3 ore e mezza a davanti la tv in questo tempo vedono 33 azioni violente
Huesmann ed Eron analizzando le reazioni di un gruppo formato da 22enni notaro che se i
soggetti avevano assistiti a scene violente intorno agli 8 anni risultavano tra coloro che prima
dei 30 anni era condannato per qualche crimine violento tuttavia questi studi non provano che
la televisione o i film sono la causa principale ed unica delle violenze mostrano solo un loro
incremento. Berkowit mostra che il solo vedere delle armi attiva pensieri aggressivi e abbiano
quindi un effetto scatenante, molte volte vedere scene di violenza porta ad attenuare le nostre
percezioni sviluppando quindi una desensibilizzazione che porta all'indifferenza. Cline Crofs e
Crourrier hanno mostrato che i ragazzi che assistono alla violenza in televisione mostrano
segni di attivazione fisiologica quando guardano un incontro di pugilato allo stesso modo
vedere al cinema scene di stupro porta ad essere indifferenti nei riguardi delle donne. Passare
molto tempo davanti la televisione porta anche a credere che il mondo reale sia identico a
quello rappresentato nella finzione e siccome le violenze rappresentate sono maggiori, le
persone sono portate ad immaginare i luoghi come pericolosi hanno paura di essere vittime di
assalti ed aggressioni. L’influenza dei film può essere ricondotta ad un meccanismo eccitatorio
di base ovvero, non sarebbe lo spettacolo violento a causare la violenza ma bensì l’arousal
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ovvero l’eccitazione.Secondo la teoria dell’attivazione-dislocazione di Zillmann qualsiasi sia la
fonte dell’attivazione questa può essere trasferita ad altre cause ad esempio se dopo aver visto
un film violento riceviamo una provocazione si avrà una reazione più violenta. Per bandura la
frustrazione è lo stato mediatore tra imitazione e aggressione per Dollard la frustrazione e
l’evento scatenante del comportamento aggressivo intendendo la frustrazione come qualcosa
che deriva dall’impossibilità di raggiungere i propri scopi. Siamo parlando della Teoria della
frustrazione aggressività formulata da Dollard che cercava di coniugare le interpretazioni
freudiane dell’aggressività con i presupposti delle teorie dell’apprendimento animale Freud
sostiene che i processi di socializzazioni implicano un accumulo di frustrazioni in quanto essere
costretti da bambini ad essere totalmente dipendenti dalla proprio madre e dover reprimere i
propri bisogni corporali produce frustrazione che si traduce in energie negativa che si tramuta
in aggressività cosi è stato sperimentato che se a dei topi venivano somministrati degli shock
elettrici questi assumevano una postura di attacco aggredendo gli altri topi allo stesso modo gli
essere umani rispondo alla frustrazione dei loro desideri con una rabbia cieca e irrazionale con
un impulso incontrollabile a commettere aggressioni, per Dollar il legame frustrazioneaggressività può essere regolato da due meccanismi:
• Di tipo emotivo definito spostamento
• Di tipo comportamentale definito Ridirezione
Molte volte l’aggressività non è diretta verso la fonte della frustrazione ma verso bersagli più
sicuri, più deboli o addirittura verso se stessi. Dollard prende in considerazione un aggressività
di natura impulsiva una violenza che e determinata da precursori che non sono sotto il
controllo dell’individuo le prove sperimentali che confermano questa teoria sono diverse tra cui
la macchina per la somministrazione degli shock (shock-learning technique) messa a punto da
Buss nell’esperimento dei soggetti erano convocati per lo studio sugli effetti delle punizioni
sull’apprendimento vennero somministrate scosse elettriche d’intensità maggiore ogni volta gli
allievi sbagliavano le risposte naturalmente sia gli allievi che le scosse erano falsi ma colore
che agivano come insegnati credevano fosse tutto vero. La misura dell’aggressività era data
dall’intensità degli shock e dalla resistenza dei soggetti a portare avanti l’esperimento, un
esperimento che prevedeva di infliggere consapevolmente dolore ad un altro essere umano da
questo esperimento emerse che se i soggetti erano stati prima insultati infliggevano più shock
e per un periodo più lungo . La connessione frustrazione-aggressività e stata riscontrata anche
degli studi di Hovland e Sears dove le frustrazioni derivate da depressione economica portava
uno spostamento di rabbia e una ridirezione del comportamento aggressivo da fonti non
facilmente identificabili a quelle fasce più deboli della popolazione come è avvenuto negli tati
uniti tra il 1882 e il 1932 la depressione economica aveva portato un aumento del pregiudizio
nei riguardi della popolazione nera, i pregiudizi potevano aumentare a seguito di frustrazioni
indotte artificialmente. Tuttavia il modello di Dollard è stato criticato da Berkowitz il quale
sosteneva che qualunque sentimento negativo può indurre aggressività quest’ultima non può
essere ricondotta solo alla rabbia ma anche al dolore o alla paura, in esperimento mostrò che
se a dei soggetti veniva indotto dolore facendo tenere le mani in acqua fredda esprimevano
giudizi negativi sul lavoro fatto dagli altri mostrandosi particolarmente irritabili. Berkowitz
avanza l’ipotesi che la presenza di armi promuova azioni volente causata dalla sola visione
dell’’arma che porta per associazioni pensieri aggressivi e violenti effetto definito Weapon
effect ne emerge il ruolo che svolgono gli stimoli segnale provvisti di connotazione aggressive
anche al di la dell’umore del soggetto. Il caldo e il Freddo se eccessivi possono portare ad un
comportamento violento i fratelli Anderson analizzando gli omicidi tra il 1980 e il 1982 in Texas
notarono che il numero più alto di delitti era commesso nei giorni più caldi, anche i rumori
forti, i cattivi odori o l’affollamento possono innescare violenza.
La dislocazione dell’eccitazione
La teoria dell’eccitazione di Zillman sostiene che il comportamento aggressivo viene attuato
prevalentemente quando un individuo si trova in uno stato di attivazione, eccitazione in
quando se un individuo in condizioni di arousal (eccitazione) si ibatte in qualcuno che lo
provoca e probabile che trasferisce l’eccitazione dovuta all’attivazione alla nuova condizione
reagendo con maggiore aggressività. Il modello di Zillmann sostenendo che l’arousal produce
sempre un emozione si mette in contrasto con la teoria di Stanley Schachter e Singer secondo
cui le emozioni dipendono da come interpretiamo ed etichettiamo il nostro eccitamento , in un
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esperimento dei soggetti venivano attivati attraverso iniezioni di adrenalina un gruppo era a
conoscenza che le loro emozioni potevano essere causate dal farmaco ad altri fu detto che i
farmaco non avrebbe avuto effetti, cosi all’interno di una camera furono introdotte due
persone una che si mostrava euforica e l altra che aveva atteggiamenti ostili, mentre il primo
gruppo non modificarono il loro comportamento, il secondo gruppo si mostro invece arrabbiati
con la persona ostile e divertiti con quella euforica riconducendo la loro eccitazione no al
farmaco ma alle le persone che si trovavano di fronte. Successivamente Zillmann noto che il
comportamento aggressivo è più frequente se gli individui non hanno informazioni sul loro
stato di attivazione mentre quando l individuo è consapevole della causa dell’attivazione non
assiste ad un aumento dell’aggressività non si ha un trasferimento dell’emozione.
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Capitolo 3
PSICOLOGIA DELLA GESTALT, COGNITIVISMO E MENTE SOCIALE
Negli Stati Uniti intorno agli anni 40 si sviluppa la Gestalt Psicologie o meglio la psicologia della
forma che apre la strada all’elaborazione percettivo - cognitivo degli stimoli. La nascita vera è
propria può essere collegata nel 1912 anno in cui viene pubblicato l’articolo di Max Wertheimer
sul movimento stroboscopio ovvero quel movimento illusorio che nasce dalla progressione
rapida di figure questa teoria fu utilizzata per spiegare i fenomeni della percezione visiva. La
teoria della Gestalt ponendo l’enfasi sui fenomeni per come vengono percepiti e vissuti
dall’individuo si rileva un paradigma potente per l’interpretazione di tutto l’assetto cognitivo
dell’individuo principalmente rifiutano l’assetto dei comportamentisti secondo cui la mente è
una tabula rasa il principio su cui si basano e che il tutto è piu della somma delle parti. Per
spiegare i meccanismi della percezione della totalità vengono sviluppate 2 leggi:
• La legge della formazione non additiva della totalità, che considera il tutto non solo la
somma di elementi che si aggiungono l’uno all’altro, i singoli elementi non solo ricevono
un significato diverso della totalità ma hanno loro stessi una funzione strutturante in
quanto concorrono a determinare il significato della totalità.
• Legge della pregnanza sostiene che il campo percettivo si segmenta in modo che
risultino unità armoniche ed equilibrate costituite da parti che si appartengono e che
stanno bene insieme definita anche legge della buona forma.
I gestalisti affermano che esiste una corrispondenza di forme tra il mondo fisico e il mondo
psichico una sorta di isomorfismo, gli eventi psichici che corrispondono alla percezione si una
parola hanno qualcosa in comune con eventi psichici che corrispondono alla percezione di un
paesaggio. La percezione e vista come una ricostruzione interna all’individuo della realtà
ambientale, questa iterazione e regolata da principi organizzativi come la legge della chiusura
,somiglianza ,continuità vicinanza e destino comune.
• La legge del destino comune prevede che lo spostamento di alcuni elementi comportino
il cambiamento dell’intero campo percettivo tuttavia se la configurazione viene spostata
in blocco la forma percepita non subisce modifiche
• La tendenza alla chiusura di strutture aperte (legge della pregnanza) fa si che in un
campo visivo sia possibile vedere delle configurazioni che non esistono ma che sono il
risultato di una nostra organizzazione percettiva (triangolo di Kenizsa)
La rigidità percettiva è la tendenza a non analizzare le singole unità che costituiscono la figura,
ad esempio una volta riconosciuta una figura su uno sfondo sarà difficile percepirne una altra (
Figure Ambigue Visi-Vaso). Su questa base Kohler inizio diversi esperimenti basati
sull’osservazione degli scimpanzè posti in diverse situazioni, ed evidenzia la teoria della Gestalt
per ciò che riguarda il funzionamento della mente, la soluzione ad un problema o meglio il
pensiero produttivo non avviene per tentativi ed errori come affermavano i comportamentisti
ma attraverso un atto mentale che porta a relazionare gli elementi presenti in modo da
ristrutturarli cognitivamente, cosi se uno scimpanzè veniva chiuso in una gabbia dalla quale
era difficile raggiungere il cibo in quanto posto fuori lo scimpanzè afferrando un bastone dentro
la gabbia risolve il problema attirando il cibo a se in questo caso si parla di Insight o meglio
illuminazione la capacità di attribuire ad un oggetto una funzione diversa. In ambito sociale, la
difficoltà del pensiero a modificarsi anche di fronte ad esperienze contrarie e riconducibile a un
rigidità mentale che rende difficile il riconoscimento delle figure ambigue.
Lewin e la teoria del Campo
Lewin sviluppa invece la Teoria del campo, con il termine campo intende la totalità dei fatti
coesistenti a un dato momento nella loro interdipendenza e può essere :
• Spazio di vita
• Spazio fisico e sociale
• Spazio di confine dove il mondo interno ed esterno si incontrano creando
interdipendenza.
Secondo quest’ approccio gestalista il gruppo è qualcosa di più o meglio di diverso della
somma dei suoi membri ha struttura propria e relazioni particolari con gli altri gruppi, quello
che lo costituisce e l interdipendenza che può definirsi totalità dinamica, in questa definizione
riecheggia un destino comune studiata gia dalla prima generazione della Gestalt da questa
tradizione lewin da vita alla teoria del campo secondo cui l’oggetto di studio della psicologia
non deve essere l’individuo isolato ma il raporto con l’ambiente e con le forze sociali a cui
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appartiene. Lewin analizza i diversi tipi di leadership partendo dall’idea che ogni elemento
inserito in un campo fa ruotare tutti gli altri elementi di conseguenza leadership diverse
producono variazioni nelle relazione tra i partecipanti.
• Leadership Democratica: Basata su una collaborazione reciproca e sulla
valorizzazione del contributo individuale, porta il gruppo a procedere verso i suoi scopi
prendendo decisioni collettive.
• Leadership Autoritaria: Basata sull’imposizione della volontà di chi conduce il lavoro
con continui rimproveri verso chi commette errori produceva inizialmente un gruppo
efficace anche se a lungo andare si sviluppavano frustrazioni e reazioni aggressive.
• Leadership Lassista: Eccessivamente permessiva, porta i membri del gruppo a
disinteressarsi del lavoro e a sviluppare ostilità creando gruppi più piccoli
Lewin analizzo che il potere autoritario era riconducibile ad una guida troppo forte che per
lungo tempo creava conflitto d’altro canto una guida debole porta confusione ed improduttività
per questo afferma che il regime democratico è quello più valido in quanto fissa le regole, e
basato sulla competenza ed sviluppa solidarietà tra i membri e quindi l’efficienza nella
prestazione. Tra il 1935 e il 1944 Lewin mette a punto il suo approccio teorico-metodologico
della ricerca-azione, la sua concezione originale permetteva contemporaneamente di fare
ricerca e di intervenire nella realtà sociale.
L’origine sociale della cognizione
L’approccio di Lewin consente di tener conto dal punto di vista teorico e metodologico che il
comportamento e le convinzioni degli individui sono determinati dal loro modo di interpretare
la realtà, sono le influenze sociali a strutturare le interpretazione e i comportamenti. Negli anni
60 gli allievi di Lewin sviluppano diverse miniteorie il loro approccio puo essere definitivo
cognitivista per alcuni, l origine della social cognition ovvero lo studio dell’origine sociale della
cognizione e fissata al 1946 anno in cui furono pubblicate le ricerche di Asch. Vengono inoltre
studiati i meccanismi che analizzano come le persone rintracciano le cause del loro
comportamento e di quello degli altri detta teoria dell’attribuzione e quello che viene detto
modello della covarazione che studia le strategia mentali che portano a inferire dal
comportamento degli altri le loro disposizioni stabili le loro caratteristiche personali, quella che
viene detta teorie dell’inferenza corrispondente.
Il cognitivismo: Da Neisser al costruttivismo
Neisser nel 1967 pubblica Psicologia Cognitiva proponendo una teoria che analizza il
funzionamento della mente umana in termini di elaborazioni delle informazioni , vengono cosi
individuati i meccanismi, le strutture, i processi che fanno da sfondo all’immagazzinamento
delle informazioni in entrata e alla loro trasformazione ed organizzazione , le informazioni
possono venire dai sensi, dalla memoria o dalle conoscenze. L’attività cognitiva è l’attività del
conoscere, l’acquisizione, l’organizzazione e l’uso della conoscenza al contrario, la memoria o la
percezione sono strumenti che permettono l’acquisizione della conoscenza. Il principio base è
che la capacità di elaborare le informazioni è limitata rispetto alla quantità delle informazioni
del mondo per tanto gli individui trattengono ed elaborano solo una parte degli stimoli
utilizzando strategie e categorie.
Chomsky nel 1959 sviluppa un nuovo approccio allo studio del comportamento verbale,
analizzando i processi mentali che portano alla capacità di parlare, che è alla base
dell’acquisizione delle varie lingue del pianeta. Chomsky parte con l’analizzare il fenomeno dei
bambini che durante le prime fasi dello sviluppo del linguaggio fanno lo stesso errore, usano il
participio passata in maniera impropria (ho aprito /ho aperto) si tratta di un errore causato da
ipercorrettismo, il bambino applica in maniera esagerata la regola questo errore mette in
discussione l’ottica comportamentista secondo la quale il linguaggio viene appreso attraverso
condizionamenti e rinforzi da parte degli adulti tuttavia nessun adulto si sognerebbe di
incoraggiare errori come ho aprito. Chomsky individua una serie di regole che danno vita ad
un dispositivo mentale a base innata il LAD. Il LAD da origine alla grammatica generativa,
l’acquisizione di regole durante lo sviluppo consente al bambino di comporre un numero infinito
di frasi. La capacità di parlare non deriva dall’imitazione del comportamento verbale ma al
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contrario da predisposizioni innate che consentono l’acquisizione della lingua, nasce cosi la
PSICOLINGUISTICA.
Miller, Galanter e Priban si autodefiniscono comportamenti soggettivi in quanto se pur
partendo da una matrice comportamentista in realtà se ne allontano tentando di trovare un
unità di misura che sostituisca il modello Stimolo- Risposta, si sviluppa cosi il TOTE che cerca
di spiegare il funzionamento della mente umana in termini di feedback, l individuo viene visto
come un elaboratore di informazioni, secondo cui:
1. Il comportamento inizia: Operante
2. Si Verificano e si organizzano le informazioni : Test
3. Finisce il comportamento: Exit
4. Verifica il raggiungimento degli scopi: Secondo Test
Nel costruttivismo la mente viene vista come dotata di capacità di costruzione, anche se per
alcuni studiosi si tratta di un costruttivismo limitato ad un processo di assimilazione dei dati
provenienti della realtà circostante mente per altri ai processi si assimilazione si accompagna
una vera e propria rielaborazione delle informazioni in entrata. La psicologia sociale americana
cerca di analizzare il modo in cui gli stimoli sociali sono trattati ed elaborati dalla mente
umana, secondo i costruttivisti, quando un individuo elabora un informazione non la
immagazzina come un unità isolata conservando la forma intatta ma al contrario la assimila in
una rete di informazioni e conoscenze per tanto un nuova informazione può essere collegata a
conoscenze gia possedute. Viene superata l idea della Gestalt che individua come caratteristica
del pensiero produttivo solo la capacità si ristrutturare i dati ma non di modificarli.
Piaget analizza lo sviluppo intellettuale in termini di un adattamento ambientale che porta il
bambino dall’ uso di riflessi ad azioni più complesse fino ad un pensiero simbolico.
L’epistemologia genetica studia i problemi relativi allo sviluppo della conoscenza nella storia
dell’umanità, l’intelligenza è vista come adattamento mentale che ha come fine il
mantenimento di un equilibrio tra le nuove conoscenze e quelle gia possedute, le nuove
conoscenze vengono assimilate negli schemi mentali, che si accomodano all’informazioni in
entrata e si modificano, questo duplice processo ASSIMILAZIONE-ACCOMODAMENTO implica
una continua riorganizzazione della menta che da vita alla trasformazione delle strutture e
degli schemi. Gli schemi rappresenta gli organizzatori delle conoscenze costruiti prima
attraverso l’azione nella fase senso- motoria poi attraverso il primo stadio dell’intelligenza, poi
attaverso operazioni mentali concrete nella fase pre-operatoria e operatoria-concreta ed infine
si svolge in maniera astratta e forma nel periodo del pensiero formale.
Gli psicologi sociali cognitivisti.
I processi di elaborazione delle informazioni possono essere vincolati da sistemi rigidi come gli
stereotipi che portano ad interpretazioni errate e pregiudiziali. Gli psicologi sociali si rendono
conto che il comportamento non può essere considerato solo un elaborazione di informazioni in
quanto le strategie cognitive sono influenzate dalle relazioni con gli altri,dalle nostre
aspettative e dall’appartenenza ad un gruppo .
Bruner, Vygotskij e la psicologia sociale
Bruner concepisce il comportamento umano come guidato da scopi, piani e strutture di
attuazione e da particolare importanza all’influenza della cultura sullo sviluppo mentale,
secondo Bruner, a modificarsi non è solo la struttura delle informazioni ma sono i sistemi stessi
di codifica a subire dei mutamenti a seguito dell’influenza del linguaggio e del pensiero. Di
particolar rilievo è la sua concezione della categorie mentali per categoria, si intende il
raggruppamento di duo o più oggetti diversi che sono trattati allo stesso modo, l appartenenza
ad una categoria è determinata da attributi necessari e sufficienti degli oggetti, le categorie
sono quindi chiare arbitrarie e basate sulla cultura.
Il processo di categorizzazione favorisce un economia cognitiva in quanto consente di andare
oltre l informazione data, questo processo è reso possibile dal :
• Format: il quale implica una conoscenza sociale comune da parte degli individui che
partecipano all’interazione basata su ripetitività, convenzionalità e prevedibilità (es il
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gioco il gioco del cucù è un formati in quanto è caratterizzata da una previsione da
parte di entrambi i partecipanti sul comportamento da attuare e da una ritualizzazione
ovvero un copione condiviso)
Andare oltre l informazione data caratterizza l’approccio dei psicologi sociali che si occuperanno
schemi e script.
Vygotskij studia il ruolo della cultura e della storia nella genesi e nello sviluppo delle funzioni
psichiche, quest’ultime per evolversi hanno bisogno di un contesto di iterazione sociale il
centro d’interesse diventa quindi il linguaggio inteso come modalità di comunicazione,
quest’ultimo permette lo sviluppo di funzioni superiori come il pensiero.
Moscovici analizza le rappresentazioni sociali della realtà riprendendo Duekheim anche se si
differenzia da quest’ultimo in quanto enfatizza il processo che fa si che le idee collettive
(costruite all’interno di un iterazione ) si trasformano in elementi cognitivi che guidano la
costruzione della realtà sociale.
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Capitolo 4
APPROCCIO EVOLUZIONISTICO, BASI INNATE E PSICOLOGIA SOCIALE.
Le basi innate del comportamento
Finora appare evidente:
1. Gli psicologi sociali si occupano di analizzare fenomeni specifici, rintracciando le cause
immediate .
2. Il comportamento sociale viene studiato in termini di influenze sociali e alle sue
connessioni alle basi biologiche ed evoluzionistiche.
Alla fine dell’800 la teoria dell’evoluzione aveva influenzato la psicologia generale anche la
psicologia sociale.
Charles Darwin andrebbe considerato come il psicologo sociale x eccellenza visto che l’essere
umano appartiene a una specie animale sociale. Inoltre nelle sue opere sottolinea la necessità
dell’uomo non solo di adattarsi all’ambiente fisico ma anche sociale. La teoria evoluzionistica di
Darwin diviene oggetto di critiche e il suo contributo viene ignorato. Il filosofo e sociologo
inglese Spencer interpreta i principi dell’evoluzione e diffonde la teoria di Darwin.
Hinde etologo ,nella sua opera ha reso chiari i termini in cui considerare le predisposizioni
genetiche e come esse vadano considerate nella loro continua interazione con l’ambiente.
L’attualità e l’utilità dell’approccio evoluzionistico sono legate all’interpretazione dei principi
darwiniani da la scuola inglese dell’etologia con a capo Timbergh e che ha come maggior
esponente Hinde . All’interno di questa prospettiva è importante l’opera BOLWLBY che utilizza
i concetti evoluzionistici degli etologi x formulare la teoria dell’attaccamento.
Lorenz è il capostipite della scuola tedesca dell’etologia. Le posizioni della scuola tedesca sono
condivise dalla sociobiologia movimento che fa a capo a Wilson, sia l’etologia e la sociobiologia
interpretano le radici evoluzionistiche del comportamento e parlano del controllo rigido che
hanno sulla condotta i fattori genetici. La scuola inglese invece parla di propensioni a base
innata che x attuarsi deve interagire con l’ambiente quindi deve avvenire una continua
interazione organismo – ambiente.
Evoluzione naturale
Darwin nell’Origine della specie afferma che gli esseri umani condividono le stesse origini con
gli altri esseri viventi e che le varie forme di vita sono il prodotto dell’evoluzione. L’evoluzione è
un processo di cambiamento molto lungo, questo lungo processo è avvenuto attraverso un
meccanismo di selezione naturale che ha fatto in modo che sopravvivessero quegli individui
con caratteristiche più adatte alla vita. La selezione selezione opera in modo da mantenere
quelle caratteristiche che meglio contribuiscono alla riproduzione e al successo riproduttivo.
Per quanto riguarda l’uomo per esempio la paura del buio, la paura degli estranei che
compaiono indipendentemente dall’apprendimento nei primi mesi di vita sono paure irrazionali
dell’infanzia e sono il risultato di adattamenti al tipo di ambiente in cui vivevano i nostri
progenitori.
• I 4 perchè di Tinbergen
Utilizzare un approccio etologico significa affiancare ai 2 quesiti che sono, casualità immediata
e l’ontogenesi altri 2 quesiti, cause ultime e uno relativo alla filogenesi. Per “cause ultime” si
intende la funzione biologia del fenomeno che si sta osservando, il suo significato adattivo
ovvero il contributo che esso ha dato alla sopravvivenza. Per ”filogenesi” si intende lo sviluppo
di una certa struttura o comportamento hanno avuto nella storia della specie.
Si tratta di dare risposta a 4 perchè sono stati utilizzati x la prima volta di Timbergen, i 4
perché sono:
1. Concetto di selezione naturale;
2. I modelli esplicativi delle motivazioni sottostanti il comportamento;
3. Il ruolo che hanno l’istinti e le basi innate;
4. Il modo di intendere il rapporto individuo e società.
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Selezione di gruppo, selezione individuale e selezione del gene.
Gli individui spesso mettono in atto dei comportamenti a favore degli altri che implicano costi
elevati x se stessi e che possono mettere in repentaglio perfino la loro vita. Gli etologi solo in
questi casi parlano di comportamento altruistico. Gli atti altruistici comprendono azioni di
varie, che vanno dal fare dei favori a i membri della propria stessa famiglia o ad amici.
ES: Alcuni uccelli all’arrivo del predatore di un rapace ,lanciano un grido di allarme per
avvisare i conspecifici del pericolo, allarme che fa si che gli uccelli dello stormo se ne scappino
via, dall’altro produce la morte di chi lo emette in quanto richiama l ‘attenzione dell’uccello
rapace.
• La scuola tedesca dell’etologia interpreta questi atti come determinanti nella selezione
gruppo. Gli individui che hanno un comportamento altruistico contribuiscono ad
evolvere quei comportamenti che assicurano la sopravvivenza e la riproduzione della
specie.
•
La scuola Inglese dell’etologia- Smith fa notare che se il comportamento altruistico
fosse a vantaggio solo degli altri , e non di chi lo mette in atto, esso potrebbe favorire
gli individui che sono abili ad imbrogliare ,(ad esempio quelli che fanno finta di avere
bisogno di aiuto)in questo caso porterebbe danno a chi lo produce e nn procura alcun
vantaggio alla specie.
Hamilton:interpreta la selezione in termini di selezione individuale, ovvero si sarebbero diffusi
solo quei
comportamenti che contribuiscono alla propagazione del gene dell’individuo.
HAMILTON introduce il concetto di selezione parentale ,per spiegare la tendenza a favorire i
propri figli e poi i propri consanguinei , e fa notare che la selezione potrebbe aver favorito all’
evoluzione di un comportamento svantaggioso per chi lo produce se
a beneficiarne sono i
consanguinei.
Es: Le api operaie sono il prodotto di un unico accoppiamento dell’ape regina con un maschio
e quindi sono tutte dotate dello stesso patrimonio genetico, aiutando l’ape regina nell’allevare
le api-sorelle assicurano a se stesse la possibilità di diffondere i propri geni.
Infine il comportamento altruistico è un comportamento egoistico ,in quanto è un atto che
favorisce il patrimonio genetico di chi lo mette in atto.
L’altruismo reciproco
Gli episodi in cui un individuo aiuta un altro completamente estraneo sono difficili. A spiegare
questo fenomeno e Trivers – ha invocato il principio dell’altruismo reciproco. L’altruismo
reciproco è alla base delle alleanze. Spesso la possibilità di essere contraccambiati spinge
verso la produzione di comportamenti cooperativi. Secondo Alexelrod, il gene del
comportamento altruistico si sarebbe prima selezionato sulla base del principio della selezione
parentale. Pressioni selettive avrebbero favorito i comportamenti di contraccambio
di
reciprocità dell’altruismo. L’altruismo si sarebbe cosi esteso agli individui non consanguinei. Un
comportamento altruistico a favore degli estranei si realizza malgrado il rischio x la vita di chi
lo compie , trova giustificazione nella messa in atto di propensioni che si sono evolute in
contesti in cui gli estranei erano membri della stessa famiglia estesa e possibili alleati in
futuro, individui quindi in grado di contraccambiare.
La selezione parentale
Un interpretazione in termini di selezione individuale, e in particolare parentale, è quella che
caratterizza il modo in cui viene letto il comportamento di cura nei riguardi dei piccoli da parte
dei genitori, e in particolare della madre. Nella nostra specie in maniera analoga la tendenza a
formare legami affettivi molto stretti con i propri figli, e a prendersene cura finchè questi non
diventano autonomi. Si tratta di un adattamento che gli esseri umani condividono con gli altri
mammiferi ovvero con quelle specie che ai primordi vivono in ambienti pericolosi e generano
una prole poco numerosa I sacrifici delle madri e i genitori in generale per il bene dei figli
possono quindi essere letti come esempi di comportamenti altruistici che si sono selezionati
sulla base del principio della selezione parentelare.
17
3.4 Investimento parentale, relazione di coppia e complesso coadatto.
La teoria evoluzionistica parte dal presupposto che le caratteristiche anatomiche, fisiologiche, e
comportamentali degli individui, a qualsiasi specie essi appartengono formino un complesso
coadatto . Questo vuol dire che da un lato che ogni cambiamento in una caratteristica
produce effetti
sulle altre ,dall’altro che l’adattività di ciascun elemento è correlata
all’adattività degli altri. La fisiologia dell’uomo e della donna sono diverse e sono quindi
correlate a comportamenti sia riproduttivi sia sociali differenti proprio perché formano un
diverso complesso coadattato. Ai diversi meccanismi fisiologici corrispondono caratteristiche
anatomiche diverse che sono anche esse frutto della selezione naturale.
Monogamia-Poligamia
E’ ipotizzabile che prima che si consolidasse la posizione eretta i maschi praticassero la
poligamia. Questo nn esclude che a seconda delle opportunità ambientali, sulla base di quelle
che vengono dette strategie condizionali nn si sia selezionata x entrambi i sessi, e non solo x le
femmine, anche una predisposizione a formare legami monogamici. Infatti date le
caratteristiche anatomiche e fisiologiche femminili, quali la struttura corporea minuta e
debole, l’investimento femminile nell’allevare figli non era sufficiente a farli sopravvivere e
crescere in condizioni ottimali. Il successo riproduttivo di una femmina era assicurato non solo
dal suo prendersi cura dei piccoli ma anche della presenza di un maschio che ci facesse carico
di proteggere lei e i suoi figli dai pericoli e che provvedesse al loro mantenimento . le
differenze fisiologiche e anatomiche tra i 2 sessi implicano che i maschi possono avere piu
accoppiamenti con più femmine e una grande quantità di figli, promuovendo il proprio successo
riproduttivo. Di qui la loro tendenza all’infedeltà. Viceversa x una femmina che può partorire un
numero limitato di figli.
La scelta del patner
Le diverse strategie riproduttive spiegano tutta una serie di differenze maschio-femmina nelle
scelte ,nel comportamento sociale e nella sfera emozionale. Le donne scelgono come partener
uomini più alti, piu anziani, che abbiano uno status sociale elevato e che sono affidabili. Gli
uomini hanno una tendenza a scegliere come partener donne più giovani e belle e essere
promiscui e ad avere relazioni plurime e a mantenere un legame monogamico.
L’infedeltà maschile e quella femminile
Il perché biologico dell’infedeltà maschile: si tratterebbe di una strategia riproduttiva
funzionale alla propagazione del patrimonio genetico .Ma anche le donne sono infedeli. Nella
nostra specie può essere vantaggioso avere legami alternativi con altri uomini, cui avere
legami alternativi con gli altri uomini ,cui eventualmente fa credere di essere i padri dei propri
figli garantendosi quindi un nuovo compagno in caso di perdita di quello presente. Inoltre può
essere vantaggioso x una donna farmi fecondare di nascosto da un maschio portatore di geni
migliori di quelli del partener. Il compagno stabile, può essere stato scelto per la sua idonietà
ad assicurare risorse economiche più che un buon patrimonio genetico. Le differenze
dell’infedeltà maschile e femminile consistono nella tendenza da parte degli uomini a
sbandierare le loro relazioni , e nell’accuratezza delle donne nel nascondere le loro relazioni
parallele. Inoltre la gelosia maschile è legata alla possibilità che la propria compagna abbia altri
legami sessuali che implicherebbe la possibilità di allevare figli non propri, mentre nella
femmina è legata all’ipotesi che il proprio partener abbia un altro legame affettivo il che
implicherebbe il trasferimento di risorse su un’ altra donna.
Modelli esplicativi del comportamento e il concetto di istinto.
LORENZ, nei suoi scritti sull’aggressività e in particolare in Il cosiddetto male ,sostiene che il
comportamento aggressivo sia, una risposta rimasta nel nostro patrimonio genetico della
specie. L’aggressività sarebbe da ricondurre a un istinto presente alla nascita in tutte le specie
animali. A spiegare il meccanismo che da conto del manifestarsi della condotta aggressiva,
Lorenz invoca un modello analogo a quello di Freud :si formerebbe nell’individuo un accumulo
spontaneo di energia, pronta a scaricarsi appena possibile. La motivazione a mettere in atto un
comportamento sarebbe quindi da ricondurre a una pressione interna da parte di una energia
che comunque deve defluire all’esterno secondo un modello che viene per l’appunto detto
modello idraulico del comportamento o modello energetico della motivazione.
18
Aggressività intraspecifica e aggressività interspecifica
Lorenz distingue:
l’aggressività intraspecifica-che fa da sfondo al comportamento aggressivo messo in atto
tra i membri della stessa specie
l’aggressività interspecifica-quella che si trova tra i membri appartenenti a specie diverse.
Quando la competizione e tra individui della stessa specie i conflitti si risolvono con la
sottomissione di uno dei contendenti, con la messa in atto di comportamenti
ritualizzanti(inginocchiarsi, buttarsi x terra ecc…)la cui funzione è quella di fermare la violenza.
Lorenz riconduce questi comportamenti alla selezione di gruppo. La scuola inglese dell’etologia,
interpreta l aggressività non solo come la predisposizione a essere aggressivi all’ interno della
selezione individuale ,ma tiene conto del fatto che l’esibizione del comportamento aggressivo è
il frutto di una valutazione, dei costi e dei benefici che esso comporta, x l’individuo sia a livello
sociale sia a livello biologico.
L’Interazione organismo –ambiente
X la scuola inglese dell’etologia ,il comportamento non viene ricondotto a un istinto destinato a
rimanere immutabile nell’ arco di vita. La dicotomia innato/acquisito viene superata all’interno
di una concezione del comportamento in termini del risultato di una continua interazione tra
organismo-ambiente. THORPE ha studiato il canto dei fringuelli, è riuscito a dimostrare che se
alla nascita, negli individui di questa specie è gia presente una forma di canto perché questo
diventi il canto tipico della specie è necessario che i piccoli siano esposti al canto dei loro
conspecifici. La stessa cosa accade nella nostra specie, la predisposizione ad acquisire il
linguaggio ha base innata ma affinché essa dia luogo alla capacità di parlare la lingua di
appartenenza e necessario che i piccoli interagiscono con gli altri esseri umani.
Dall’adattività alla disattività
L’ambiente al quale si sono adattate le caratteristiche della nostra specie è, cambiato .ma a
causa della lunghezza dei tempi dell’evoluzione, potremmo essere portatori di propensioni
comportamentali che erano allora vantaggiose e che ora potrebbero essere inutili e dannosi. E’
da tener presente che non vi è un rapporto univoco tra propensione innata e comportamento,
e che alcuni comportamenti potrebbero essere ricondotti a un insieme di spinte biologiche.
La paura per l’estraneo
Ad esempio la paura dell’estraneo e un tipo di angoscia che si manifesta nei bambini tra i 6 e
gli 8 mesi ovvero in cui riescono ad allontanarsi dalla madre. Secondo gli etologi si tratta di
una comportamento adattivo ,frutto della selezione naturale, in quanto ai primordi della specie
umana avere paura a assicurava la sopravvivenza. Le condizioni ambientali ora sono cambiati
e la paura dell’estraneo in un bambino 6-8 mesi non ha più alcuna utilità ai fini della
sopravvivenza dei piccoli, eppure essa continua a manifestarsi.
Etica di piccolo gruppo, stereotipi sociali e pregiudizi
La propensione ad avere pura degli estranei, ha tuttora senso x gli adulti che si trovano in
particolari situazioni, e può portare a comportamenti disadattivi. Essa intersecandosi con altre
propensioni ,fa da sfondo alla violenza, alle guerre, agli stereotipi sociali e più in generale a
quell’atteggiamento sfavorevole verso gruppi diversi che viene detto pregiudizio. A gli inizi
della specie i gruppi sociali erano piccoli, formati da pochi individui .ogni azione compiuta verso
i membri del proprio gruppo contribuiva all’inclusive fitness di chi compiva l’atto altruistico. L’
altruismo reciproco verso i membri del proprio gruppo viene chiamato dagli etologi etica di
piccolo gruppo. Da un punto di vista evoluzionistico utilizzare degli stereotipi x discriminare
gli individui di ciascun gruppo sulla base delle differenze, potrebbe avere avuto ai primordi
della specie, la funzione di rendere più rapido l’apprendimento della propria appartenenza
sociale.
Pseudospeciazione culturale
La violenza intergruppi a cui assistiamo oggi a delle radici antiche nel piccolo gruppo. Essa è
caratterizzata da un alta propensione x la specie umana e percepisce coloro che appartengono
ad altri gruppi o culture come membri di un’altra specie, questo fenomeno viene detto dagli
etologi pseudospeciazione culturale.
Individui, relazione e cultura le basi biologiche della società
Diversa la posizione della scuola inglese e delle scuola tedesca dell’etologia per quanto
riguarda il rapporto individuo e società. Lorenz interpreta la società come in continua lotta con
19
l’individuo. Eibl-Eibesfeldt ne parla in termini di corsetto ortopedico ,un busto che deve
contenere gli istinti negativi degli individui. Compito della società è quello di impedire che
vengono messe in atto quelle spinte istintive ,di tipo aggressivo. Hinde sostiene che vi è una
continua dialettica tra individuo e società costituito dalle relazioni interpersonali. Gli esseri
umani hanno modo attraverso le relazioni di imporre comportamenti e valori che
contribuiscono non solo al loro benessere ma anche al loro interesse biologico. Ed è in questo
senso che è possibile parlare di basi biologiche della società.
Norme sociali e la doppia morale
Questa dialettica spiega perché, nella maggior parte della società, esiste una doppia morale a
regolare l’infedeltà maschile e femminile ,e perché l’atteggiamento culturale verso la
promiscuità è differenziato in base ai sessi. L’infedeltà degli uomini può essere sbandierata è
considerata come indice di virilità mentre l’infedeltà femminile viene condannata .Accettando le
norme sociali i maschi e le femmine assicurano a se stessi, il loro inclusive fitness(successo
riproduttivo).
Il codice penale
Le norme e le leggi del codice civile e di quello penale riflettono i bisogni biologici degli esseri
umani e la continua dialettica tra individui e società. In passato uccidere per salvare il proprio
onore era giustificato o portava riduzioni di pena. Il significato biologico di questa approvazione
sociale va rintracciato nel fatto che l’adulterio mette un uomo a rischio di allevare prole non
sua e che pertanto va tutelato nei suoi interessi. Il cambiamento di questa legge è stato di
recente e potrebbe essere ricondotto al fatto che le donne oggigiorno riescono a mantenere se
stesse e i loro figli, e che gli uomini hanno la possibilità di disconoscere la paternità e inoltre
hanno anche la possibilità del divorzio.
Filogenesi dei sistemi sociali L’organizzazione del gruppo e l’origine della dittatura
Chance sostiene che nei primati è possibile individuare 2 sistemi ,uno che da luogo a una
Struttura di gruppo in termini agonici e uno che da al gruppo una configurazione in termini
edonici. Questi 2 sistemi sono da ricondurre a propensioni a base innata a dare risposte ad
ambienti carichi di stimoli emozionali.
Il sistema agonico fa riferimento a una organizzazione del gruppo rigida e gerarchica. Le
gerarchie sono determinate dall’attenzione che i subordinati prestano a gli individui dominanti,
secondo un meccanismo che viene detto struttura dell’attenzione. Questo meccanismo se da
una parte assicura la coesione del gruppo, dall’altra implica una continua tensione e attivazione
emotiva: gli individui Chance sostiene che nelle organizzazioni sociali dei primati è possibile
individuare 2 sistemi , uno che da dominanti devono di continuo monitorare i subordinati ed
assicurarsi attraverso la minaccia che questi non tentino di scalare la gerarchia.
Sistema edonico che è proprio dell’organizzazione sociale degli scimpanzè. In questi gruppi
gli individui formano una rete di relazioni sociali ispirate alla collaborazione e al sostegno
reciproco. I leader sono gli per lo più anziani ,non necessariamente aggressivi. Nella specie
umana sono presenti entrambi le modalità. Gli studi di Lewin per esempio provano che tipi
diversi di leaderschip sono collegati alla struttura del gruppo e possono determinare interazioni
più o meno aggressive tra gli individui.
20
Capitolo 5
PERCEZIONE SOCIALE ATTRIBUZIONE E GIUDIZI
La percezione sociale
La social cognition si occupa sia delle percezioni che gli individui hanno di se stessi e degli
altri, sia delle teorie ingenue che essi utilizzano x giustificare tali percezioni. Gli psicologi sociali
che conducono le loro ricerche all’interno di questa prospettiva analizzano, la capacità di fare
inferenze su tutto ciò che concerne l’ambiente sociale. Vari sono i presupposti da cui partano
questi studiosi:
• L’essere umano è visto come scienziato ingenuo, cioè come individuo che cerca di
comprendere e prevedere gli eventi, anche se le capacità sono compresse da quelli che
vengono considerati limiti dell’apparato percettivo.
• Per altri, gli individui sono semplici elaborati di dati. La formazione delle imprezzioni di
personalità viene interpretata, come il risultato di un’analisi oggettiva di dati.
• L’essere umano è considerato come un avaro cognitivo , cioè un individuo che x
risparmiare le sue risorse cognitive utilizza scorciatoie di pensiero, dette euristiche.
• Infine vi è la prospettiva che vede l’uomo come coerente e razionale.
“Top-down” e “bottom-up”
Secondo la psicologia della Gestalt la percezione visiva è guidata da principi organizzativi innati
come la somiglianza, la buona forma, la coerenza. Questi stessi principi sono invocati dagli
psicologi sociali, per da conto di come vengono organizzate le informazioni di natura sociale e
del processo costruttivo che fa si che dalla conoscenza di pochi dati, si traggono inferenze che
aiutano a dare un significato coerente al mondo sociale secondo un meccanismo detto topdown. Diversa è la posizione del cognitivismo, che da importanza ai dati obiettivi
nell’elaborazione delle informazioni nel processo di categorizzazione degli eventi, x il quale si
ipotizza un meccanismo detto bottom-up, in cui si arriva a una organizzazione superiore dei
dati partendo dalla base.
Le impressioni di personalità tra percezione e cognizione
2.1 Il modello configurazionale di Asch e la social cognition
Asch sostiene che quando si osserva una persona o quando si ascolta la descrizione che viene
fatta da qualcuno l’impressione che se ne ricava non è il risultato delle semplici caratteristiche
osservate. I dati di cui si dispone sono abbastanza limitati vengono invece messi al servizio di
un bisogno di formare una rappresentazione dell’altro che abbia coerenza. Questo bisogno fa si
che le informazioni relative alla personalità subiscono un processo di interazione dinamica. La
personalità di colui ci sta di fronte o che ci viene descritto, nn solo è costituita da una serie di
tratti singoli, ma contribuisce a creare una configurazione, una gestalt , che si pone come un
contesto in grado di modificare il significato dei tratti considerati. Le persone quindi nn si
limitano a ricevere informazioni, ma giungono a costruire il proprio mondo sociale attraverso
l’elaborazione di informazioni che provengo dalla realtà esterna.
Il signor X e l’effetto della centralità
Asch chiede di valutare la personalità di un ipotetico signor X dopo aver letto una lista di
aggettivi che ne descrive i tratti. Dopo la lettura dei tratti ai soggetti vengono proposte 18
coppie bipolari di aggettivi ed essi vengono invitati a scegliere gli aggettivi che meglio
descrivono la personalità di quella persona. Dai risultati emerge come la semplice variazione di
un tratto “ caldo- freddo” modifichi l’impressione della personalità. Infatti coloro che avevano
letto la lista in cui vi era il tratto caldo descrivevano il signor x come generoso, socievole ecc..
mentre coloro che leggevano la lista in cui compariva il tratto freddo lo descrivevano come
ostinato, riservato ecc..
La personalità come buona forma
Questo esperimento mostra come nel processo do formazione delle impressioni di personalità
agiscono delle forze unificanti che fanno si che i singoli elementi vadano a costituire una buona
forma. Asch inoltre dimostra come alcuni tratti si pongono come centrali e altri come periferici.
21
L’effetto cambio di significato
Da ulteriori esperimenti è emerso come non solo come una singola unità può contribuire a dar
luogo a una configurazione dotata di significato ma anche come un singolo tratto può
acquistare significati diversi a secondo del contesto in cui è inserito.
L’effetto Primacy
L’ordine temporale con cui vengono ricevute le informazioni è fondamentale perché può
influenzare fortemente la valutazione della personalità di un individuo. Questo fenomeno viene
detto effetto primacy o effetto d’ordine.
L’effetto Recency
Meno importante x formazione dell’impressione sono gli ultimi tratti presenti nella lista, questo
fenomeno viene detto effetto recency o effetto recenza. Questo accade perché la formazione
delle impressioni fa appello soprattutto alla memoria a lungo termine. Dagli studi della
memoria appare come nei compiti di rievocazione immediata sono le ultime info a essere
ricordate con più facilità ,nei compiti di rievocazione a lungo termine sono le prime
informazioni a essere ricordare più facilmente.
Il modello algebrico di Anderson
Anderson forma un modello, detto algebrico, il quale interpreta la formazione delle impressioni
della personalità come il risultato di un’elaborazione di dati. La valutazione della personalità è il
risultato della combinazione algebrica di tratti ,secondo Anderson in ogni cultura i tratti della
personalità hanno valutazioni, positive e negative, traducibili in punteggi. L’ impressione
globale è data proprio dalla somma di questi punteggi. Le valutazioni inoltre cambiano in
funzione del contesto sociale in cui la persona viene collocata e dei tratti, pertanto possono
avere valutazioni diverse a seconda dell’importanza che essi hanno nel particolare contesto in
cui la persona è valutata. Anderson nn spiega xke il tratto “intelligente” ,possa avere un
significato positivo se associato al tratto “caldo” e viceversa negativo se viene associato al
tratto “freddo”. Questa variazione viene spiegata bene da Asch, in cui i tratti centrali possono,
dar luogo a diverse sfumature di significato dei tratti periferici, secondo un processo detto
effetto alone.
Qualità espressive e rapporti strutturali tra gli elementi fisiognomici
Dagli esperimenti di Brunswih e Reiter emerge che nelle configurazioni dei volti esistono dei
tratti che orientano le valutazioni degli individui sulla personalità degli altri. Da questi studi è
emerso che alcune strutture incorporano certe qualità espressive e che determinati caratteri
espressivi sono legati ai rapporti strutturali tra gli elementi fisiognomici. Infatti guardando il
volto di una persona, siamo portati a giudicarla “ intelligente” o “autorevole” ecc..
Bruner e le teorie implicite della personalità
Gli esseri umani possiedono ,delle teorie implicite della personalità, le quali influenzano
l’elaborazione dell’informazione sociale ,teorie che li portano a comportarsi come scienziati
ingenui. Nn solo la costituzione fisica di una persona ma anche gli elementi esterni, quali
occhiali o la barba, contribuiscono ad attribuire alle persone caratteristiche diverse. Lo stesso
volto, in quattro condizioni diverse( con barba, occhiali, senza occhiali, senza barba) provoca
impressioni diverse. Questo processo di ipersemplificazione della realtà si avvale della
tendenza a inserire le informazioni in modelli o categorie già possedute.
La positività pregiudiziale
Nel valutare gli altri siamo guidati da una sorta di positività pregiudiziale – quella che Sears
chiama positivity bias – un atteggiamento che ci porta ad attribuire alle persone caratteristiche
più positive che negative. Boucher e Osgood hanno chiamato principio di Polianna, ovvero gli
esseri umani stanno meglio se si sentono circondati da cose, persone o eventi positivi.
Le teorie dell’attribuzione e Heider
Heider nel libro, Psicologia delle relazioni interpersonali, in cui delinea quella che viene detta
teoria dell’attribuzione, all’interno del quale cerca di dar conto del modo in cui le persone
interpretano le ragioni, le cause degli avvenimenti del loro mondo sociale.
Dal comportamento ai tratti di personalità
Egli sostiene che come nella percezione visiva noi riusciamo a rintracciare negli oggetti una
costanza, ovvero delle caratteristiche immutevoli.
Il comportamento “V.S” La situazione
Heider
fa notare , che tutti noi nel cercare di inferire la personalità degli altri dal
comportamento, dobbiamo affrontare continuamente il problema costituito da fatto che il
22
comportamento è sempre messo in atto in una situazione specifica. Quindi x capire la
personalità, dobbiamo fare i conti con la situazione in cui è prodotto il comportamento.
I processi attribuzionali, l’inferenza delle cause e il modello tridimensionale di
Weiner
Uno dei modi x dare senso ai propri comportamenti, è cercare di trovare le ragioni profonde,
cercando di inferire sulle cause che stanno dietro le condotte. Si tratta di processi mentali che
regolano il modo in cui le persone attribuiscono il comportamento a singoli, e che pertanto
vengono detti processi attribuzionali.
1.Il locus della causalità- Nell’ interpretare i comportamenti degli altri, nell’inferire le cause
che stanno dietro le condotte ,gli esseri umani cercano di risalire continuamente al locus della
causalità. Un forte dilemma persona/situazione caratterizza quello che viene detto processo di
attribuzione casuale, ovvero le persone cercano la causa del comportamento sia nella persona
che l’ha messo in atto e in questo caso si parla di causa interna- o se essa è da rintracciare
nella situazione si parla di causa esterna.
2.Stabilità /instabilità Alcune cause interne sono stabili( personalità, abilità ecc.) mentre
altre instabili (l’umore ecc). Le cause esterne sono instabili( il tempo , la fortuna) o stabili( le
leggi).
3.La controllabilità Nel giudicare gli eventi ci muoviamo all’interno di un modello
tridimensionale, che secondo quanto affermato da Weimar alla stabilità e al locus aggiunge la
controllabilità come criterio di valutazione del modo in cui la dinamica persona v.s situazione
influenza gli eventi. Il modo in cui tendiamo ad individuare le cause degli eventi che si
verificano nel corso della nostra esperienza influenzano le nostre aspettative riguardo il
conseguimento di un successo o insuccesso. Secondo Abramson, Saligman, Teasdale è
possibile parlare di uno stile attributivo, ovvero di uno schema stabile di attribuzioni che viene
utilizzato da un individuo quale modello conferire un senso a ogni evento della realtà.
La teoria dell’inferenza corrispondente
Jones e Keith sostengono che gli individui, quando devono giudicare le altre persone, si basano
sul comportamento messo in atto spontaneamente ,e sono molto bravi a individuare gli atti
che sono intenzionali. L’intenzione può, essere suddivisa in 2 componenti: la conoscenza e la
capacità. Jones e Davis cercano di ricostruire i percorsi mentali che portano a individuare le
intenzioni, che spingono gli altri ad agire in un dato modo in una data situazione.
La desiderabilità sociale
Il principio della desiderabilità sociale: quanto più una persona si comporta secondo modi non
desiderabili e non accettabili, da un punto di vista sociale, in una determinata situazione, e
quanto più questi potrebbero portare una danno, tanto più se ne puo dedurre che quel
comportamento a delle sue caratteristiche di personalità durature.
La libertà scelta
Un altro modo x inferire la personalità di qualcuno si basa sul riuscire a capire se il
comportamento è dato da una libera scelta dell’attore o se non è da ricondurre da vincoli
collegati alla situazione. Ad es, se in un dibattito sulla guerra in Serbia degli studenti
esprimono liberamente le loro opinioni pacifiste, è possibile inferire che si tratta di persone non
vogliono la violenza, ma se ci accorgiamo che è stato loro chiesto dal partito politico di
appartenenza di esprimere queste posizioni, non possono essere fatte delle inferenze sul loro
reale atteggiamento.
I ruoli sociali
Esistono dei comportamenti che corrispondono a dei ruoli sociali o che corrispondono alle
nostre aspettative. Se vediamo un prete fare l’elemosina, nn ne deduciamo che si tratta di
una persona particolarmente generosa, perché quel comportamento fa parte del suo ruolo. Ma
se lo sentiamo difendere il diritto sulle donne all’aborto, ne deduciamo che si tratta di una
persona molto aperta.
23
Il modello della covarazione di
Kelley analizza il modo in cui le cause covariano con gli effetti ,a questo scopo si valuta se a
una data causa è associata sempre un particolare effetto in molte situazioni diverse, e se
quell’effetto non si produce in assenza di quella causa, attribuiamo l’effetto a quella causa.
Valutiamo le informazioni di cui disponiamo lungo tre dimensioni, ovvero controlliamo se è
possibile rintracciare lo stesso effetto
1.al di la degli oggetti stimolo
2.al di la delle persone
3.al di la dei contesti
E attribuiamo le cause analizzando ogni dimensione una dopo l’altra:
1.ci chiediamo se quello stimolo produce sempre quell’evento ne valutiamo quindi la distintività
2. ci chiediamo se quello stimolo produce sempre quelle reazioni in quella persona, quindi la
coerenza nel tempo
3. valutiamo se quello stimolo produce lo stesso effetto anche ad altre persone, ne analizziamo
il consenso
Secondo Kelly , riconduciamo un comportamento a una causa esterna se arriviamo alla
conclusione che ci troviamo di fronte, per esso, a un alto grado di distintività , un alto grado di
coerenza e un alto grado di consenso. Se ritroviamo una bassa distintività, un basso
consenso, ma un’alta coerenza nel tempo, allora la causa è da rintracciare in fattori interni.
I “biases ” nei processi attribuzionali
Il modello di Jones e Davis e quello di Kelley affermano che gli individui utilizzano strategie
cognitive di tipo razionale: partano da ciò che osservano per arrivare a individuare le
disposizioni stabili o rintracciare spiegazioni che siano a carico della situazione. Da una serie di
ricerche condotte tra la fine degli anni 60 e gli inizi degli anni 70 emerge che l’assetto
psicologico di ciascuno di noi cerca di avere una comprensione del mondo che sia la più
coerente ma anche la più possibile, ricorrere a spiegazioni casuali secondo modalità rapide,
provochi errori sistematici quando si cerca di fare inferenze circa il cosa provoca cosa. Può
accadere inoltre che si sia vittime di distorsioni a base motivazionale.
L’errore fondamentale di attribuzione
I primi a richiamare l ‘attenzione sul modo in cui le persone deviano dalla norma nei loro
processi di attribuzione sono stati Jones e Nisbett , i quali hanno fatto notare come vi siano
delle differenze tra quello che noi pensiamo delle nostre azioni e il modo in cui ci poniamo nei
confronti degli altri, e come esista una tendenza ad attribuire il proprio comportamento a
fattori situazionali e quello degli altri a fattori disposizionali. Questo modo di distorcere la realtà
nell’interpretare il comportamento degli altri è stato chiamato da Ross errore fondamentale di
attribuzione, errore che porta a ritenere che il comportamento degli altri sia da ricondurre a
cause interne piuttosto che a cause esterne, legate alla situazione.
Le caratteristiche disposizionali
Associare il comportamento degli altri più a caratteristiche disposizionali che situazionali
sembrerebbe avvenire in maniera inconsapevole e automatica. Heider sostiene che ciascuno di
noi è portato a prestare più attenzione alla persona che mette in atto il comportamento e
ignorare la situazione in cui viene prodotto. Alcuni studiosi fanno notare che alcuni elementi
legati alla situazione possono essere difficili da individuare e quindi non vengono utilizzati x
spiegare il comportamento degli altri, oppure come si possa avere un bias di falso consenso,
ovvero pensare che gli altri si stanno comportando come ci comporteremmo noi in quella
stessa situazione.
Distorsioni cognitive ed effetto salienza nella percezione del self
Perché attribuiamo il nostro comportamento a fattori esterni? Una spiegazione può essere
rintracciata nel fatto che l’attore possiede molte più informazioni su se stesso rispetto colui che
ci osserva. Un’altra spiegazione fa riferimento all’effetto salienza: colui che ci osserva è
focalizzato sull’altro e il comportamento dell’altro sono i suoi movimenti, le caratteristiche
fisiche a essere salienti, la figura fa passare in secondo piano lo sfondo, la situazione
,quell’insieme di condizioni esterne all’individuo che potrebbero avere un peso sulla condotta
Distorsioni motivazionali nelle percezione del self
In ciascuno di noi è presente il rischio a incorrere errori sistematici di giudizio sulla base di
spinte motivazionali ,tra questi la tendenza a distorcere la realtà a causa di una forte
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motivazione a considerare noi stessi positivamente e a ricorrere a un’attribuzione pregiudiziale
che sia al servizio della nostra immagine, errore che viene detto self-serving bias di
attribuzione.
• IL” SELF-SERVING BIAS”DI ATTRIBUZIONE
Quando bisogna individuare le causa di un evento che ci ha visti protagonisti può scattare un
meccanismo di difesa che fa si che noi lo interpretiamo in maniera tale da mantenere il più alto
possibile il livello di autostima. X questo ,i successi vengono attribuiti a cause interne e gli
insuccessi a cause esterne: gli atleti attribuiscono la loro vittoria alla loro bravura, mentre se
perdono danno la colpa al gioco sporco degli avversari, all’arbitro ecc..
• “SELF-SERVING BIAS”E RELAZIONI INTIME
All’interno della relazione di coppia, questo stile attributivo sembrerebbe , correlato alla
soddisfazione del rapporto. Quando la relazione è conflittuale, ciascun partener tende ad
attribuire a se stesso i contributi positivi e all’altro quelli negativi. Nelle relazioni poco
soddisfacenti la causa dei fatti negativi e attribuita a caratteristiche interne e stabili del
coniuge, mentre i comportamenti positivi del partener vengono ricondotti a cause esterne e
instabili.
• “GROUP-SERVING BIAS”
Esiste un sef-serving bias di gruppo ,infatti si può parlare di un’attribuzione pregiudiziale di
gruppo o dell’etnia di appartenenza, la quale fa si che i membri del proprio gruppo riconducano
a cause interne i comportamenti positivi dell’ingroup e quelli negativi dell’autogroup ,e
attribuiscono a cause esterne comportamenti negativi dei membri del proprio gruppo e quelli
positivi dell’altro gruppo.
AL DI SOPRA DELLA MEDIA
La tendenza a percepire se stessi positivamente con delle caratteristiche superiori alla media.
OTTIMISMO IRREALISTICO E ILLUSIONE DI INVULNERABILITA’
La maggior parte delle persone sono caratterizzare da un ottimismo irrealistico e da un
illusione di essere invulnerabili , quindi credono di essere immuni da malattie, che vivranno a
lungo che il loro matrimonio durerà ecc..
FALSO CONSENSO E FALSA UNICITA’
Ciascuno di noi crede che gli altri abbiano le nostre stesse opinioni e che i nostri insuccessi o i
nostri comportamenti negativi siano preoccupazioni di tutti. Delle ricerche hanno poi
dimostrato che quando ci confrontiamo con gli altri per ciò che concerne le abilità e i successi
questa tendenza viene meno e
diventiamo vittime di quello che viene detto effetto della falsa unicità: crediamo che gli altri
mettano i nostri stessi comportamenti se questi sono negativi, ma x ciò che riguarda i
comportamenti positivi e le abilità pensiamo di essere unici.
IL BISOGNO DI AUTOACCRESCIMENTO
Secondo Taylor e Brown si tratta di una motivazione frutto della selezione naturale, la quale ha
avuto, un valore di sopravvivenza in quanto consentiva un migliore adattamento: il selfserving bias infatti consente di essere più sereni e soddisfatti. Infatti le persone con problemi
di autostima e depresse hanno un giudizio di sé equilibrato , basato sul ricordo delle proprie
caratteristiche positive e negative. La depressione inoltre porta a prendersi la responsabilità di
un fallimento e ad adottare uno stile attributivo che nn è al servizio del self.
UN MONDO GIUSTO E L’ILLUSIONE DEL CONTROLLO
Questo tipo di illusione fa credere di essere padroni del proprio destino, e che gli altri siano
responsabili delle loro sfortune. Learn ha suggerito che le persone hanno bisogno di credere in
un mondo giusto, in cui tutti hanno ciò che si meritano, perché cosi possono mantenere
l’illusione di controllare gli eventi.
25
8. EURISTICHE DI GIUDIZIO
Le euristiche di giudizio sono delle scorciatoie mentali le quali vengono utilizzate per prendere
delle decisioni, o esprimere delle opinioni in situazioni complesse.
• L’EURISTICA DELLA DISPONIBILITA’
Quando viene emesso un giudizio sulla probabilità o sulla frequenza di un evento, utilizzando
le informazioni che vengono più rapidamente alla mente, e facendo delle inferenze su quei dati
che vengono recuperate più facilmente, si parla di euristica della disponibilità. Per esempio, se
a una persona priva di informazioni statistiche quale sia la percentuale dei disoccupati nel loro
paese, accade che questa persona cercherà di risolvere questo problema utilizzando
inconsapevolmente delle euristiche di disponibilità. Quindi penserà quanti disoccupati conosce
,più e il numero di disoccupati di sua conoscenza ,tanto più sarà la percentuale stimata in caso
contrario tenderà a sottovalutare il numero dei disoccupati.
• L’EURISTICA DELLA SIMULAZIONE
Quando ci troviamo nella condizione di dover mettere un giudizio sulle probabili reazioni di
un’altra persona di fronte a un evento ,avviene una simulazione, nell’immaginazione delle
possibili reazioni emotive ,in questo caso si parla di euristica della simulazione.
• L’EURSTICA DELLA RAPPRESENTATIVITA’
Questa scorciatoia fa leva sulla compatibilità dell’informazione di cui si dispone allo schema
mentale in possesso. Quindi il giudizio emesso si basa , sul calcolo delle probabilità che una
certa persona o evento rientrino in una data categoria.
• L’EURISTICA DI ANCORAGGIO
Spesso le persone cercano un punto di riferimento da cui partire. Ad esempio se chiediamo a
un amico che a scelto una materia simile alla nostra, come gli è sembrato il suo esame e
utilizziamo il suo parere come un’ancora, sulla quale prendere delle decisioni e fare delle
previsioni sul voto che potremmo prendere, questo tipo di scorciatoia viene detta euristica di
ancoraggio. Si tratta di una stima di quanto un giudizio si avvicina a un punto di partenza.
26
Capitolo 6
Atteggiamenti e comunicazione persuasiva
1.LA TEORIA DELL’EQUILIBRIO COGNITIVO
Negli anni 40 vengono formulate le cosiddette teorie della coerenza cognitiva, come la teoria
dell’equilibrio cognitivo di Heider e la teoria della dissonanza cognitiva di Festinger. Nello
specifico Heider richiama l’attenzione su come gli individui siano spinti da forze interne
motivazionali a tenere in equilibrio le proprie cognizioni relative a un oggetto o a più oggetti.
Questa spinta fa si che cerchi di creare una condizione di coerenza cognitiva quando x qualche
motivo questo equilibrio si rompe.
RELAZIONI INTERPERSONALI COME CONFIGURAZIONI TRIADICHE
Heider fa riferimento a delle valutazioni di tipo affettivo-emotivo, che per lo più riguardano le
nostre relazioni interpersonali, in particolare le nostre relazioni intime e sottolinea come queste
costituiscono delle configurazioni che x lo più sono triadiche. Le relazioni infatti sono costituite
da un atteggiamento verso un'altra persona, un atteggiamento verso un oggetto e la
percezione del modo in cui l’altra persona valuta quel particolare oggetto. Questi 3 elementi
possono essere in equilibrio è costituire una buona forma, oppure ritrovarsi in equilibrio
precario. La situazione di disequilibrio viene a creare una forte sensazione di disagio. Zajonc e
Burnstein hanno chiesto a dei soggetti di imparare a memoria e poi rievocare descrizioni di
relazioni triade persona-persona-oggetto era in equilibrio e altre dove era disequilibrata. Dai
risultati emerge che vengono ricordate più le triadi equilibrate perché è più facile ricordare ciò
che è dotato di significato. Quindi il nostro sistema cognitivo è equilibrato quando ci piace
qualcuno coi nostri stessi gusti è squilibrato in caso contrario.
IL PRINCIPIO DELLO SFORZO MINORE
Le ricerche hanno dimostrato che il passaggio da un sistema squilibrato a uno equilibrato
avviene attraverso secondo il principio dello sforzo minore, ovvero secondo percorsi che
riducono i cambiamenti e che diano la maggiore possibilità di mantenere le relazioni in corso.
LA COERENZA TRA EFFETTI E COGNIZIONI
Le persone cercano di avere delle coerenze cognitive che siano coerenti con quello che
provano, con i loro effetti , e fanno di tutto in modo che non vi siano incongruenze tra quello
che pensano e ciò che sentono. Rosenberg ha condotto un esperimento volto a provare come
un cambiamento nella valutazione emotiva di un evento segua un cambiamento nell’assetto
cognitivo, nelle relazioni relativo a esso. In una prima fase, a dei soggetti bianchi venne
chiesto di esprimere le loro valutazioni dei soggetti neri e cosa pensavano dei rapporti bianchi
e neri e alla possibilità di un’integrazione tra i 2 gruppi. La seconda fase i soggetti furono
ipnotizzati , e durante l’ipnosi fu loro suggerito che essi avevano l’atteggiamento opposto a
quello che avevano manifestato: quelli che avevano un atteggiamento negativo nei riguardi dei
neri fu detto che erano favorevoli ( e viceversa). Nella terza fase i soggetti furono risvegliati e
interrogati sul loro atteggiamento nei riguardi dei neri e sulla loro integrazione. Coloro che si
erano espressi precedentemente contro i neri avevano portato argomentazioni razionali a
sostegno della loro avversione all’integrazione, durante l’ipnosi
l’introduzione a un atteggiamento favorevole ai neri cominciarono a esprimere argomenti a
favore dell’integrazione.
2.LE TEORIA DELLA DISSONANZA COGNITIVA
Quando diciamo o facciamo qualcosa verso la quale abbiamo atteggiamenti contraddittori o che
sono in contraddizione con le nostre valutazioni emotive, si crea dentro di noi una dissonanza,
uno squilibro cognitivo che procura una sorta di eccitamento spiacevole, che si cercherà di
ridurre modificando i nostri comportamenti, i nostri atteggiamenti, valutazioni emotive o
credenze.
Leon Festinger
formula la teoria della dissonanza cognitiva. Secondo questo modello
l’incoerenza atteggiamento-comportamento è riconducibile a 2 condizioni:
27
1. Prendere decisioni in condizione di libertà di scelta;
2. Mettere in atto comportamenti contrari ai nostri atteggiamenti.
La dissonanza post- decisionale . Es. se dobbiamo scegliere tra 2 lavori uno piacevole ma
poco redditizio e uno noioso ma che non corrisponde ai propri interessi ma che da la
possibilità di guadagnare più soldi . Qualsiasi sarà la decisione presa ci troveremo di fronte a
una condizione di dissonanza post- decisionale perchè il soggetto si troverà nella situazione di
rinunciare a qualcosa che gli piace come ( i soldi nel 1 caso ,e gli interessi nel 2 caso) e
accettare qualcosa che non corrisponde ai suoi desideri.
Comportamenti controattitudinali . Es. se una persona fuma molto perché gli piace ma sa
che il fumo fa venire il cancro. In questo caso il suo comportamento si può definire
contrattitudinale, e mette l’individuo in una condizione di dissonanza.
La riduzione della dissonanza post-decisionale
Brehm ha dimostrato empiricamente la tendenza a valutare positivamente le cose che
vengono scelte è da ricondurre al fatto che si ha bisogno di ridurre la condizione di dissonanza.
In una prima fase dell’esperimento , delle ragazze furono mostrati otto prodotti ed è stato
chiesto loro quale preferivano. In una seconda fase , venivano mostrati 2 degli otto oggetti ,e
veniva detto che potevano sceglierne uno. Nella terza fase, veniva loro chiesto di indicare il
grado di preferenza x ciascuno oggetto. Dai risultati di questo studio è emerso una tendenza a
valutare in termini più positivi l’oggetto scelto e più negativi gli altri.
La riduzione della dissonanza per i comportamenti contro attitudinali
Un modo x ridurre la dissonanza, quando vi è una discrepanza tra comportamento e
atteggiamento consiste nel cercare di raccogliere più informazioni possibili . La motivazione a
ridurre la dissonanza fa si che si cerchino in maniera attiva informazioni che siano pertinenti
con l’atteggiamento e si ignorino quelle che risultano dissonanti, questo processo viene detto
di esposizione selettiva. In un esperimento di Frey e Rosch dei soggetti avevano il compito di
valutare le competenze di un amministratore e decidere se confermalo o meno nella sua
mansione, dopo aver letto una relazione sul suo operato. Dopo aver espresso il loro giudizio, i
soggetti ricevevano altre informazioni sull’amministratore alcune di tipo favorevole e altre di
tipo negativo. Dai risultati emerse che i soggetti preferivano le nuove informazioni che più
erano conformi con il loro giudizio espresso nella prima fase. L’effetto dell’esposizione selettiva
fu maggiore nei soggetti a cui era stato detto che non avrebbero potuto cambiare valutazione.
2.1LA GIUSTIFICAZIONE INSUFFICENTE:20 DOLLARI PER MENZOGNA
L’accordo Forzato
Festinger e Carlsmith hanno condotto, un esperimento che prova come il mutamento nelle
proprie convinzioni avviene più facilmente se si riceve una ricompensa piccola piuttosto che
una grande, quando si ci trova in una situazione detta di accordo forzato.
Es. a un campione di soggetti costituito da studenti universitari fu assegnato un compito
ripetitivo e noioso della durata di 1 ora, dopodiché fu loro detto che lo scopo era valutare
l’effetto delle aspettative sulle prestazioni e che avrebbero ricevuto un compenso( ad alcuni
furono promessi 20dollari e ad altri1 dollaro)se
fossero stati disposti a dire a gli altri soggetti in attesa, che avevano partecipato a un
esperimento molto divertente.
Tutti i soggetti accettarono di mentire, ma coloro che avevo ricevuto solo un dollaro, quando fu
chiesto loro di valutare la gradevolezza dell’esperimento in una scala da -5 a +5, mostrarono
di avere cambiato atteggiamento al riguardo e lo valutavano in positivo al contrario di coloro
che avevano ricevuto 20 dollari che continuavano a valutarlo in termini negativi.
Secondo Festinger ,aver ricevuto 20 dollari giustificava la menzogna e riduceva la dissonanza
tra dire che il compito era piacevole e il pensare che era noioso a differenza di chi aveva
ricevuto un dollaro in cui la tensione della dissonanza era maggiore perché non poteva essere
ritenuto una giustificazione sufficiente x mentire.
28
IL PRINCIPIO DELLA GIUSTIFICAZIONE INSUFFICENTE da conto del cambiamento di
atteggiamento nel ridurre la dissonanza non solo se la giustificazione è un premio o una
promessa di un incentivo positivo ma anche se è una punizione ,o una minaccia; ovvero si
produce un cambiamento nell’atteggiamento quando una persona fa qualcosa contro le sue
convinzioni, ma il cambiamento è minore quanto più la persona ha paura di ricevere una
grossa punizione. Aronson e Carlsmith a un gruppo di sei bambini hanno mostrato ,in una
prima fase ,cinque giocattoli, e hanno chiesto loro di dire quale preferivano. In una seconda
fase hanno proibito di giocare proprio con il giocattolo scelto, ricorrendo x metà a una minaccia
leggera e per l’altra metà a una minaccia pesante. In una fase successiva i bambini sono stati
lasciati soli ed è stato osservato il loro comportamento. Nessuno dei bambini ha utilizzato il
giocattolo proibito x giocare .Quando è stato chiesto nuovamente le loro preferenze verso i
giocattoli e emerso che i bambini che avevano avuto la minaccia lieve trovavano il giocattolo
proibito meno attraente ,e lo valutavano negativamente, mentre esso continuava a essere
proibito di quelli che erano stati minacciati in modo pesante.
L’INTERNALIZZAZIONE DEL SENSO MORALE
L’internalizzazione del senso morale , sono che le punizioni severe che impediscono agli altri di
fare quello che noi nn vogliamo che facciano, ma non fanno si che essi non continuano a
essere tentati da ciò che è proibito; mentre una minaccia lieve che non implichi una punizione
fa si che il comportamento sbagliato non venga messo in atto ed elimina la tentazione a
trasgredire.
LA LIBERA SCELTA
Una giustificazione sufficiente x ridurre la dissonanza e quindi di far diminuire la probabilità di
mutare l’atteggiamento che fa da sfondo a un comportamento contro attitudinale, è la qualità
di libertà di scelta che gli individui pensano di avere nel mettere in atto un comportamento. In
un esperimento Linder, Cooper e Jones dei soggetti furono invitati a sostenere ,opinioni diverse
dalle proprie su determinati fatti politici, e fu detto loro che erano liberi di rifiutarsi di farlo; ad
altri non fu data liberà di scelta. I risultati mostrano che coloro che avevano avuto la possibilità
di scegliere ,modificarono in seguito quello che pensavano, mentre quelli che non avevano
avuto scelta non cambiarono le loro idee. Mettere in atto un comportamento contrario alle
proprie opinioni , sapendo che si è liberi di comportarsi in un modo piuttosto che in un altro,
produce quindi maggiore dissonanza e quindi maggiore cambiamento di ciò che pensa.
3.LA TEORIA DELL’AUTOPERCEZIONE
Secondo Bem noi deduciamo i nostri atteggiamenti dai nostri comportamenti, lui elabora la
teoria dell’autopercezione. Bem ipotizza che la sensazione di poter accedere direttamente ai
propri atteggiamenti sia illusoria in quanto la conoscenza di noi stessi ma anche quella degli
altri si basi su processi di tipo attribuzionale.
4.GLI ATTEGGIAMENTI
Gli atteggiamenti sono costituiti da più parti, vi è in essi:
•
•
•
Una componente cognitiva
Una componente emotivo-effettiva
Una componente comportamentale
Gli atteggiamenti quindi possono essere analizzati attraverso un modello tripartico, dove ogni
componente può esprimere la positività e la negatività dell’atteggiamento.
Becker ha dimostrato che queste componenti sono distinte le une dalle altre, ma che
nonostante ciò esiste tra di esse una forte concordanza.
Allport in linea con il modello della social learning theories, sottolinea l’importanza delle
esperienze passate nella formazione degli atteggiamenti. Per lui un atteggiamento è “uno stato
di prontezza mentale e neurologica, organizzato dall’esperienza che influenza le risposte
dell’individuo”.
Kretch e Crutchfield sostengono che l’atteggiamento è “un’organizzazione durevole d processi
motivazionali, emozionali, percettivi, cognitivi dell’individuo”.
29
LA TEORIA DELLA COERENZA COGNITIVA
Le teorie della coerenza cognitiva si pongono all’interno dell’approccio cognitivista. Esse
richiamano l’attenzione sul fatto che le persone si sforzano di avere cognizioni coerenti tra loro
e mantenere in equilibrio quelle tre parti che costituiscono gli atteggiamenti in modo da
evitare tensioni e contraddizioni, pongono in discussione il neocomportamentismo secondo cui
sono le nostre credenze a guidare i nostri comportamenti. Festinger prova che sono i nostri
comportamenti a influenzare i nostri atteggiamenti, quello che pensiamo, quello che proviamo.
5.LA CONCORADANZA TRA ATTEGGIAMENTI E COMPORTAMENTO E LA TEORIA
DELL’AZIONE RAGIONATA
Molti studiosi considerano l’atteggiamento come una struttura cognitiva che fa parte della
memoria a lungo termine.
LA TEORIA DEL GIUDIZIO SOCIALE
Esistono dei meccanismi di distorsione nella percezione e nella valutazione delle informazioni
del proprio atteggiamento provate da una serie di ricerche all’interno di quella che è la teoria
del giudizio sociale di Hovland e Sherif.
(ricerca)Es. A dei soggetti vennero lette delle dichiarazioni sfavorevoli nei confronti dei neri.
Coloro che in precedenza avevano manifestato atteggiamenti positivi nei riguardi della
popolazione di colore le giudicarono più contrarie , di quanto non facessero coloro le cui
posizioni verso le minoranze erano neutre.
Inoltre è stato provato che gli atteggiamenti guidano il recupero delle informazioni presenti in
memoria, facendo in modo che sia più facile ricordare le informazioni che confermano le
convinzioni sociali piuttosto quelli che li contraddicono.
RELAZIONE TRA ATTEGGIAMENTO E COMPORTAMENTO
Wicker ha preso in considerazione la possibilità di prevedere il comportamento sulla base degli
atteggiamenti, ed è emerso che non vi è alcun legame tra atteggiamento e comportamento.
Uno degli studi più citati sull’assenza di rapporto tra atteggiamento e comportamento è quello
che è stato condotto agli inizi degli anni 30 da LaPiere . In quell’epoca molti americani avevano
dei forti pregiudizi contro gli asiatici,
LaPiere intraprese un viaggio di 6 mesi i vari paesi degli Stati Uniti in compagnia di una coppia
di cinesi ,aspettandosi che i suoi amici non sarebbero stati accettati negli alberghi e nei
ristoranti. Accade invece che solo uno dei 200 alberghi non li accetta e quando sei mesi dopo,
LaPiere scrisse ai proprietari dei vari locali dove si era recato insieme ai suoi amici cinesi ,
domandando se avrebbero accettato come clienti degli asiatici ,il 92% degli alberghi e
ristoranti rispose in modo negativo ,mostrando quindi un atteggiamento in contrato con il
comportamento effettivo.
LA TEORIA DELL’AZIONE RAGIONATA
AJzen e Fischbein hanno mostrato che sia il comportamento sia gli atteggiamenti sono
caratterizzati da 4 elementi:
1. L’azione
2. L’oggetto
3. Il contesto
4. Il tempo
Essi tentarono di specificare poi i fattori che possono dimostrare il rapporto tra atteggiamentocomportamento ,formulando la teoria dell’azione ragionata. Secondo il loro pensiero le persone
si comportano in maniera razionale sulla base dei loro intenzioni consce che allora volta si
fondano su un calcolo degli effetti del loro comportamento. Il modello dell’azione ragionata ha
avuto un grandissimo successo presso gli psicologi sociali ,perché attribuisce agli atteggiamenti
un ruolo determinante nella messa in atto del comportamento.
6.A COSA SERVONO GLI ATTEGGIAMENTI
Gli atteggiamenti hanno varie funzioni, in particolare hanno:
30
1. Una funzione di adattamento sociale: aiutando a definire i gruppi sociali ,contribuendo
all’adattamento degli individui all’interno del loro gruppo di appartenenza.
2. Una funzione di definizione del Self :offrono la possibilità di rafforzare la propria identità
personale, di definire il proprio Sé rispetto a gli altri individui.
3. Una funzione di espressione dei valori: dato che con i nostri atteggiamenti difendiamo i
nostri valori etici.
4. Una funzione ego- difensiva: utilizzati x controllare l’ansia derivata dai conflitti interni
.Gli atteggiamenti di difesa nei confronti di chi è diverso per etnia, religione o colore
della pelle hanno la funzione di coprire la paura che suscita chi non è simile a noi.
5. Una funzione conoscitiva: che come gli schemi, le categorie si pongono come strutture
che regolano l’elaborazione delle informazioni.
7.COMUNICAZIONE E STRATEGIE DI CAMBIAMENTO DEGLI ATTEGGIAMENTI
Il cambiamento di atteggiamento può venire attraverso 2 strategie:
•
Strategie passive: vengono utilizzati indici superficiali, come
dell’associazione tra quanto viene proposto ed eventi o persone gradevoli.
•
Strategie attive: le teorie dell’approccio cognitivista cercano di spiegare gli effetti dei messaggi
persuasivi sugli atteggiamenti.
tener
conto
LA TEORIA DELLA RISPOSTA COGNITIVA E LA TEORIA DELL’ASPETTATIVA-VALORE
•
•
Secondo la Teoria della risposta cognitiva di Greenwald, , la formazione e il cambiamento
degli atteggiamenti è riconducibile a elaborazioni cognitive , relative a cosa e positivo e
cosa è negativo in un atteggiamento. Queste reazioni determinano dei cambiamenti di
atteggiamento e adottare un punto di vista vantaggioso.
La teoria dell’aspettativa- valore afferma che nell’adottare un atteggiamento gli individui
ottimizzano l’utilità dei vari esiti previsti tra cui anche il valore e l’aspettativa.
IL MODELLO DELLA PROBABILITA DELL’ELABORAZIONE: UN MODELLO DUALE
Il modello della probabilità duale di Cacioppo e Petty mettono in evidenza come le persone
utilizzano entrambe le strategie , quelle di tipo attivo e di tipo passivo. E come esse attuino
percorsi diversi nell’accedere ai messaggi persuasivi.
• Il percorso centrale della persuasione viene utilizzato dagli individui per esaminare il
messaggio nel suo contenuto, cercando di ricordare quello che già sanno.
• Il percorso periferico della persuasione ,si basa sugli aspetti semplici e superficiali della
comunicazione.
Petty e Cacioppo utilizzano il termine elaborazione per indicare che la persona che ascolta il
messaggio elabora cioè riflette sulle informazioni. La possibilità che l’ascoltatore usi un
percorso piuttosto che un altro dipende da diversi fattori di tipo individuale ,tra cui la
motivazione e l’abilità.
Cacioppo e Petty hanno messo a punto una scala per misurare il bisogno di cognizione e hanno
trovato che le persone con un alto bisogno di cognizione , di fronte a un messaggio persuasivo
tendono a percorrere
la via centrale della persuasione mostrandosi sensibile alle
argomentazioni. Quelle con basso bisogno di cognizione si fermano a gli indici superficiali e
periferici del messaggio. La via periferica viene utilizzata nel momento in cui l’ascoltatore a
una scarsa capacità cognitiva ,se non è abbastanza motivato o se il messaggio è
incomprensibile. L’umore è fondamentale infatti influenza sia le motivazioni e le capacità
cognitive .Il buon umore porta ad accettare la comunicazione persuasiva sia perchè si associa
il proprio stato al messaggio, sia perché lo si ritiene conseguenza del messaggio, sia perché il
buono umore fa in modo che non si presti attenzione al messaggio. L’umore negativo invece
trova nella situazione qualche problema e motiva la persona all’analisi e sceglie quindi la via
centrale della persuasione. Gli esiti dei
percorsi sono differenti, il cambiamento di
31
atteggiamento dal percorso centrale della persuasione. Il percorso periferico invece porta a un
cambiamento che non esclude ulteriori modifiche da parte di altre comunicazioni persuasive .
Chaiken, parla di elaborazione sistematica per far riferimento alle argomentazioni presenti
nella comunicazione persuasiva , e di elaborazione basata su euristiche utilizzate come
affermano Petty e Cacioppo quando non si ha una forte motivazione a conoscere il senso di ciò
che viene proposto o scarse capacità cognitive.
8.LE COMPONENTI DELLA COMUNICAZIONE
Dagli studi di Hovland emerge che la persuasione è un sistema regolato da una serie di
componenti che fanno parte della comunicazione. Quindi deve tener presenti :
• Gli stimoli esterni tra cui la fonte, il messaggio l’oggetto, la situazione.
• Valutare le caratteristiche dell’audience
• Spettro delle risposte che può avere l’audience
Stimoli esterni:
La fonte cioè colui che emette il messaggio deve essere il più credibile possibile ,tanto viene
ritenuto più esperto dell’argomento e degno di fiducia. Invece una argomentazione da una
fonte poco credibile è in grado di produrre quello che viene detto “sleeper effect”: influenza
meno l’ascoltatore al momento ,ma a distanza di tempo produce lo stesso effetto di una fonte
considerata credibile ed è ugualmente persuasivo. Secondo Pratkanis questo fenomeno
potrebbe essere dovuto al decadimento differenziale, nella memoria, della fonte e del
messaggio,
perché dopo aver ascoltato il messaggio sia un cambiamento di atteggiamento minore, perché
la fonte viene considerata irrilevante, con il passare del tempo la fonte viene dimenticata
mentre il ricordo del messaggio viene mantenuto e si ha un vero e proprio cambiamento di
atteggiamento.
Il messaggio: rappresenta la comunicazione. La comunicazione deve essere persuasiva
quindi il messaggio deve essere comprensibile , articolato in argomentazioni certe che
utilizzano domande retoriche e ripetizioni. Inoltre le ripetizioni sono utili quando l’ascoltatore è
disposto a pensare alle ragioni di ciò che viene detto, inoltre può anche accadere che quando
un messaggio viene ripetuto troppo spesso può provocare noia e portare al rifiuto degli
argomenti. Inoltre per quanto riguarda la paura non è stato dimostrato che la comunicazione
diventa più convincente tanto più si spaventa l’ascoltatore. Janis e Feshbah hanno mostrato
che alla fine di produrre un diverso atteggiamento e comportamento, un messaggio che si basa
su una paura a bassa intensità è più efficace di quello ad alta intensità, questo perché quando
gli ascoltatori vengono spaventati molto, la loro reazione alla paura li porta a distogliere
l’attenzione rivolta al contenuto del messaggio.
•
L’audience: si tratta delle persone che ricevono il messaggio. L’audience può essere
più o meno predisposto ad essere d’accordo con il messaggio ovviamente in funzione
del suo atteggiamento iniziale. La predisposizione iniziale a essere d’accordo con il
messaggio persuasivo fa scattare meccanismi di percezione selettiva e memorizzazione
selettiva, in questo modo si distinguono alcune argomentazioni e si ricordano solo
alcune cose.
•
Le risposte dell’audience: si tratta di quelle risposte che il messaggio persuasivo
produce. Chi emette un messaggio intende indurre un cambiamento di atteggiamento.
L’inevitabile tensione che produce il messaggio persuasivo ,il quale contrasta con la
nostra posizione attuale se non si risolve con un cambiamento di atteggiamento può
portare ad esempio, a screditare la fonte. Gli attacchi alla credibilità della fonte vengono
utilizzati in tutte le comunicazioni persuasive, nei dibattiti politici, nei tribunali, nelle
discussioni e anche da parte di chi vuole allontanare l’audience dagli avversari.
32
Screditare , la fonte della comunicazione è un modo efficace
prodotta da un messaggio non in linea con le nostre credenze.
per ridurre la tensione
LE COMUNICAZIONI DI MASSA COME STRUMENTI DI STRATEGIA BELLICA.
Groebel ha condotto un’analisi sul nesso tra la guerra e le comunicazioni di massa, mostrando
come la televisione può essere considerata come uno strumento di strategia militare
utilizzando una comunicazione persuasiva, finalizzata alla creazione dell’immagine del nemico.
Quando i media , in accordo con i governi vogliono spingere i cittadini ad entrate in guerra
contro paesi o etnie rivali, creano un’immagine stereotipata, negativa delle caratteristiche
,delle altre persone o degli altri gruppi. Lo scopo di una comunicazione persuasiva bellica non è
solo quello di fare entrare in guerra i cittadini ma anche quello di giustificare la violenza.
33
Capitolo 7
Categorizzazione e stereotipi
La psicologia sociale che si richiama ai modelli cognitivisti e in particolare a Neisser, da il nome
di schema, come un insieme strutturato e organizzato di conoscenze, il quale fa da guida
nell’elaborazione dell’informazione sociale e nell’ interpretazione dell’ambiente, e influenza i
processi di percezione di attenzione , di codifica, di memoria e di inferenza. La psicologia
sociale che si richiama ai modelli cognitivisti, e in particolare a Neisser, da il nome di schema.
Esistono vari tipi di schemi:
Schemi di eventi. Le persone vengono guidate da schemi anche nel loro agire nel mondo
sociale. Tutti possediamo quelli che Schank e Abelson chiamano schemi di eventi, ovvero dei
veri e propri copioni, degli “script” che regolano, intere sequenze di comportamento. Su
questa base ciascuno di noi possiede delle strutture di conoscenza, per es. “sa” qual è la
sequenza corretta delle azioni da compiere in un ristorante (sedersi, chiedere il menù
,ordinare, mangiare, pagare).
• Schemi di persone. Possediamo, schemi di persone che fanno si che degli altri
ricordiamo meglio i dettagli che sono congruenti con le aspettative che abbiamo nei loro
riguardi(si pensi a come interpretiamo in maniera diversa le informazioni relative a una
persona a seconda se a prima vista l abbiamo classificata come estroversa, come colta).
• Schemi del self. Abbiamo schemi del self che ci portano a organizzare in un modo o in
un altro le descrizioni di noi stessi.
• Schemi di ruolo. Siamo, poi, guidati da schemi di ruolo, ovvero da concetti astratti su
quello che è il comportamento previsto per una persona nel momento in cui ricopre una
certa posizione all’interno del gruppo sociale(una madre, da cui ci si aspetta un
comportamento amorevole e comprensivo, un professore da cui ci si aspetta serietà).
Zimbardo ha dimostrato, fino a che punto gli schemi di ruolo hanno il potere di determinare il
comportamento. Questo studioso si era chiesto se la brutalità che caratterizza le prigioni sia da
ricondurre al fatto che i detenuti sono incontrollabili o che le guardie sono molto violente e
prevenute. Il quesito, era: sono le persone che rendono brutali i contesti in cui si trovano, o
sono i contesti, che rendono gli individui violenti? Zimbardo invitò alcuni studenti, a passare
qualche giorno in una prigione finta, che lui aveva fatto costruire, e assegnò ad alcuni la parte
del detenuto, ad altri il ruolo di guardia carceraria. Dopo un primo giorno in cui ognuno
“recitava” la parte che corrispondeva al proprio ruolo, le guardie e i prigionieri cominciarono a
essere presi dalla situazione. Le “guardie” cominciarono a trattare con disprezzo i “detenuti” e i
“prigionieri” cominciarono a ribellarsi, cosi Zimbardo fu costretto a interrompere, dopo solo sei
giorni, l’esperimento di simulazione di ruoli che avrebbe dovuto durare due settimane!
2 L’ATTIVAZIONE DEGLI SCHEMI
LA
SALIENZA
Ma cosa ci porta a usare uno schema piuttosto che un altro nell’interpretare il comportamento
di un’altra persona? Ancora una volta siamo guidati da principi che regolano la percezione
visiva degli oggetti.
Tra le leggi della percezione
del mondo fisico, quella che interviene nella percezione sociale è quella che viene detta figurasfondo. Questo principio prevede che siamo portati a dirigere la nostra attenzione agli aspetti
che sono in rilievo, la figura quindi, rispetto a ciò che fa da sfondo. In ambito sociale a guidare
le nostre impressioni degli altri e a far scattare l’utilizzo di uno schema piuttosto che un altro
sono per l’appunto i tratti salienti, quelli più evidenti. La salienza, è determinata dalla
luminosità, la rumorosità, il movimento o la novità dello stimolo.
EFFETTO “PRIMACY”
Sembrerebbe inoltre che siano le prime informazioni relative all’altro a far si che si attivi uno
schema piuttosto che un altro. Il meccanismo invocato in questo caso viene detto effetto
“primacy”. Se al momento di conoscere una persona, ci viene detto che essa sta per
presentarsi a un concorso per diventare avvocato, nella nostra mente si attiverà uno schema
che porterà a elaborare le informazioni relative al comportamento dell’altro in funzione del
fatto che quello è ,o non è, il modo di fare proprio un giurista .
EFFETTO “PRIMING”
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Una volta arrivati, gli schemi guidano l’interpretazione delle informazioni nelle situazioni nuove
immediatamente successive. Questo meccanismo, che viene detto effetto “priming” da conto
dei risultati di un famoso esperimento di Higgins, Rholes e Jones: due gruppi di soggetti
venivano testati in due compiti apparentemente indipendenti. Un compito prevedeva che
ascoltassero e memorizzassero termini quali avventuroso, sicuro di sé, indipendente, tenace;
l’altro che memorizzassero parole come incurante, presuntuoso, distaccato, ostinato. In una
fase successiva ascoltavano la descrizione di una persona ipotetica della quale veniva detto,
con tono ambiguo, che era molto sicura di sé, disponibile a intraprendere attività rischiose. A
questo punto veniva loro chiesto di esprimere un giudizio positivo o negativo della persona.
Colore che, avevano memorizzato dei tratti di tipo positivo diedero una valutazione positiva
della personalità, in quanto i termini positivi appena memorizzati avevano portato
all’attivazione di uno schema positivo, che ebbe per l’appunto un effetto priming sul giudizio, li
dove la lettura previa di tratti negativi portò invece a un priming categoriale di tipo diverso, di
valenza negativa, che indusse a una valutazione negativa.
LE PROFEZIE AUTOAVVERANTESI E LA CONFERMA DELLE IPOTESI
Gli schemi possono far si che l’ambiente, sia esso sociale sia fisico, corrisponda allo schema
che ne abbiamo. Quando si dice e si teme che la Borsa crolli, la Borsa crolla davvero, in
quanto sulla base dello schema dell’andamento dei mercati finanziari, tutti si affrettano a
vendere le azioni, facendo si che la profezia si autoavveri. Qualcosa di simile succede anche nei
rapporti con le persone. Tanke e Berscheid hanno mostrato a degli studenti la foto di una
donna bella e quelle di una donna brutta e hanno chiesto loro di fare con queste una
conversazione telefonica. Ebbene, il loro modo di conversare era caldo se credevano di parlare
con la donna bella (in realtà pero le ragazze con cui parlavano erano scelte in maniera casuale
e non corrispondevano alle foto). Ma ancora più interessante, le donne che venivano trattate
come se fossero belle, si comportavano di conseguenza e parlavano in maniera più seduttiva,
erano più simpatiche e socievoli. Naturalmente non tutti si comportarono in modo da
confermare le aspettative. Ely e Swann hanno mostrato che questo accade solo quando la
persona che viene giudicata ha un’opinione di se stessa oscillante e incerta. Non vi è dubbio,
che negli esseri umani è presente una tendenza a cercare di confermare le proprie ipotesi.
La credenza crea la realtà: questo processo, è per lo più interpretato come il risultato di una
ricerca selettiva di informazioni che confermino le ipotesi.
La memoria costruttiva: le ipotesi troverebbero conferma, anche se vengono raccolte prove
che le contraddicono, perché innescherebbero un processo di memoria costruttiva.
3. STEREOTIPI E SCHEMI DI GRUPPO: LE BASI COGNITIVE
Nelle nostre relazioni con gli altri siamo guidati da schemi di gruppo, che fanno si che vengono
attribuiti tratti specifici a gruppi particolari di individui sulla base di idee preconcette: le donne,
emotive; gli anziani, deboli, dipendenti; i giovani, forti, entusiasti. Questi schemi possono
divenire rigidi al cambiamento, malgrado esperienze dirette di tipo contrario , dando cosi luogo
agli stereotipi, un termine che dobbiamo a un giornalista di nome Lippmann. Il quale per primo
vide un’analogia, tra le immagini rigide e semplificate usate nei calchi di stampa e la tendenza
da parte dei gruppi a far uso di forti processi di semplificazione nella percezione degli altri
gruppi. Egli suggeri quindi di utilizzare il termine stereotipo per indicare questo tipo di
semplificazione rigida della realtà ravvisabile nell’opinione pubblica. I meccanismi cognitivi di
semplificazione, fanno si che nel momento un cui il membro di un gruppo venga percepito un
tratto singolo, questo viene visto come parte di una struttura sottostante, che corrisponde alla
categorizzazione dell’intero gruppo. Lo schema di gruppo non solo influenzerà i processi di
codifica, di memoria delle informazioni e di inferenza, ma porterà a cogliere segnali di pigrizia
; in tutti gli aspetti del comportamento di quella persona. Inoltre, lo stereotipo, influenza anche
l’attenzione e la percezione. Ma cosa accade se si disconferma uno stereotipo? Ecco scatta
nella nostra mente un’immediata tendenza a considerare quella persona come parte di un
sottogruppo , si da proteggere lo stereotipo della sua falsificazione.
PREGIUDIZI, PROCESSI DI CATEGORIZZAZIONE E DINAMICHE RELAZIONALI
I processi di categorizzazione sociale, possono essere visti in un duplice aspetto: da una parte
li possiamo considerare adattivi, ovvero l’esito della selezione naturale, in quanto consentono,
di formarsi un’impressione rapida degli altri e di reagire a essi in maniera appropriata;
dall’altra che avevano un senso nel nostro passato evoluzionistico, possono portare nel mondo
odierno alla messa in atto di comportamenti o di modalità di pensiero disadattive. Gli stereotipi
possono essere considerati infatti, la componente cognitiva dell’antagonismo tra i gruppi: sono
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le impressioni che le persone si formano dei gruppi diversi dal proprio e che mediano il
rapporto conoscitivo con essi; sono le rappresentazioni mentali che emergono dal raggruppare
gli individui sulla base dei fattori che li accomunano (aspetto fisico, valori ). Tutte queste
capacità di raggruppare le persone sulla base di qualche elemento comune porta a tralasciare
gli aspetti che le rendono uniche, differenti una dall’altra, cosi che queste rappresentazioni
cognitive risentono dell’effetto omogeneità del gruppo esterno e dell’effetto presunta similarità
del
gruppo
interno,
che,
caratterizzano
i
rapporti
tra
gruppi
diversi.
Gli stereotipi sono, categorizzazioni sociale talmente approssimative a dar luogo a impressioni
distorte dalle persone che appartengono al gruppo sociale che vediamo in termini stereotipici,
diventando, cosi, la base dei pregiudizi, ovvero di quegli atteggiamenti, che pur in assenza di
dati empirici, sono ingiustificatamente sfavorevoli verso chi appartiene a determinati gruppi
sociali.
LA DISCRIMINAZIONE SOCIALE
Alla base di stereotipi e pregiudizi è possibile rintracciare categorizzazioni basate su concetti
quali la razza o l’appartenenza etnica, la religione, il sesso, ecc. Il razzismo e l’etnocentrismo
portano a vedere i membri della popolazione di colore come pigri, non molto intelligenti, i
pregiudizi religiosi fanno si che gli ebrei vengano visti come ambiziosi, avari e come abbiamo
visto nella Seconda guerra mondiale, i pregiudizi sessuali e di genere spingono a vedere le
donne come deboli, incapaci di comandare. Gli stereotipi implicano un processo di
discriminazione, il quale si articola in :
• Comportamenti e atteggiamenti discriminativi contro il gruppo verso il quale si nutre
pregiudizio.
• Una discriminazione speculare a favore del gruppo di appartenenza
I processi cognitivi di categorizzazione sociale si tramutano quindi in dinamiche relazionali tra
i gruppi.
4.LA FORMAZIONE DEGLI STEREOTIPI
I RUOLI SOCIALI
Gli stereotipi non sono del tutto arbitrari, ma hanno alla loro base le esperienze che facciamo
nella nostra vita di relazione con le persone che appartengono a diversi gruppi sociali e
riflettono i ruoli sociali svolti attualmente o in passato da quei gruppi. In ogni società, può
essere rintracciato uno stereotipo comune: il gruppo che occupa il gradino socioeconomico più
basso, a qualsiasi etnia esso appartenga, viene considerato pigro, ignorante. Negli Stati Uniti
questo stereotipo è stato applicato prima agli immigrati irlandesi, poi a quelli italiani. Quando
la posizione di un gruppo migliora, cambiano gli stereotipi a esso relativi. I ruoli sociali
spiegano anche gli stereotipi di genere, quelli che portano a considerare le donne sensibili,
emotive, dipendenti, e gli uomini aggressivi, duri e dominanti. Le donne hanno, per secoli,
svolto il ruolo di custodi del focolare domestico mentre gli uomini sono stati sempre impegnati
in occupazioni fuori casa.
L’ERRORE DI CORRISPONDENZA
I ruoli sociali di un gruppo limitano e delimitano i comportamenti che vengono messi in atto
dai suoi membri. Poiché accade per lo più che, le persone di un gruppo interagiscono con
quelle di un altro quando queste ricoprono un determinato ruolo sociale, e quindi quando il
loro comportamento è influenzato da quel particolare ruolo. Attraverso un meccanismo
cognitivo che viene detto errore di corrispondenza, infatti, i comportamenti associati ai ruoli
vengono attribuiti a caratteristiche di personalità dei singoli individui che appartengono a quel
gruppo.
5 IL FUNZIONAMENTO DEGLI SCHEMI DI GRUPPO
Peraltro, gli stereotipi, sono regolati dagli stessi meccanismi che sottendono il funzionamento
degli schemi che abbiamo visto in precedenza: le informazioni nuove che non siano in linea
con lo stereotipo vengono con facilità rifiutate o dimenticate. Le informazioni ambigue
vengono interpretate in modo da essere congruenti con l’immagine mentale che si ha di un
certo gruppo.
STEREOTIPI E PROFEZIE AUTOAVVERANTESI
Lo stereotipo, non solo influenza le nostre credenze su un dato gruppo, ma si pone in termini
di profezia autoavveratesi. Se crediamo che i genovesi siano avari, ci comportiamo nei loro
riguardi come se ci aspettassimo in ogni momento che essi cerchino di risparmiare e cosi
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facendo aumentiamo la probabilità che essi si comportino in modo da confermare lo stereotipo
che li riguarda.
L’AUTOCONSAPEVOLEZZA
Peraltro l’autoconsapevolezza di far parte di una minoranza e il saper che questa possiede
certi tratti con determinate caratteristiche è in sintesi, la consapevolezza di essere diversi,
portano a percepire gli altri come pronti a reagire alla propria diversità. Kleck e Strenta hanno
trovato la consapevolezza di essere portatori di un difetto fisico altera la percezione del
comportamento degli altri nei propri riguardi. Se a delle donne veniva dipinta una falsa
cicatrice sul viso, dicendo loro che scopo dell’esperimento era registrare il modo in cui gli altri
si comportavano nei riguardi di chi aveva un alterazione facciale, esse riportavano di essere
state trattate con tensione e con un atteggiamento di superiorità. Le donne dell’esperimento,
percepivano negli altri un comportamento prevenuto. L’autoconsapevolezza di essere diversi
può portare, a relazioni tese tra le persone che appartengono al gruppo maggioritario e a
quelle del gruppo minoritario, anche se entrambi gli interlocutori hanno intenzione di non
essere influenzati dalla diversità.
LA CORRELAZIONE ILLUSORIA
Nei nostri processi di elaborazione delle informazioni siamo portati a prestare più attenzione a
quelle che sono le caratteristiche insolite, salienti degli individui. Questa tendenza fa da
sfondo alla formazione degli stereotipi. Per un meccanismo cognitivo che è stato scoperto dai
fratelli Chapman e siamo inoltre portati a ritenere che se due eventi insoliti, poco frequenti e
pertanto distintivi, si verificano per alcune volte nello stesso tempo, questi sono correlati.
Questo effetto condivisione di distintività sembrerebbe dar conto del fatto che tendiamo a
ritenere associate le caratteristiche che percepiamo come insolite, infrequenti e distintivi,
secondo un meccanismo che Hamilton definisce correlazione illusoria. Se in gruppo siete
l’unica persona del vostro sesso, sarete notato, e diventerete oggetto di attenzione da parte
degli altri, in quanto la vostra diversità vi rende molto visibile. Per dimostrare che questo
meccanismo funziona quando si emettono giudizi fra i gruppi, Hamilton e Gifford chiesero a
dei soggetti di leggere una serie di frasi. Le frasi erano tutte di questo tipo: “ Joe, un membro
del gruppo A, ha ceduto il posto a una vecchia signora nella metropolitana”, “Bob, un membro
del gruppo B, ha gettato dei rifiuti per terra”. Si trattava, in pratica, di frasi che descrivevano
comportamenti socialmente desiderabili o riprovevoli. I comportamenti furono attribuiti ai
singoli individui in modo che non vi fosse alcuna correlazione tra l’appartenenza di un gruppo
e la qualità dell’azione. Ebbene , quando ai soggetti fu chiesto di esprimere un giudizio sui due
gruppi, essi assegnarono le azioni devianti al gruppo B e quelle positive al gruppo A, ovvero
videro una correlazione (illusoria) tra le azioni negative.
STEREOTIPI E MEZZI DI COMUNICAZIONE DI MASSA
I mass media, riflettono proprio questo fenomeno e lo amplificano. Quando un omosessuale
uccide qualcuno, la notizia viene riportata evidenziando l’omosessualità dell’assassino, mentre
se l’omicidio è commesso da un eterosessuale, no si fa alcun riferimento alla sue inclinazioni
sessuali. Quando Mark Chapman sparò a John Lennon, fu riportato che si trattata di un malato
di mente, proprio perché la pazzia è un tratto insolito e suscita curiosità e inquietudine.
REMARE CONTRO GLI STEREOTIPI
Sembrerebbe quindi, che gli stereotipi vengano attivati automaticamente e vengano
mantenuti attraverso meccanismi difficili da disinnescare. Eppure da una serie di studi emerge
che non è proprio cosi, e che anche se in una fase iniziale nel rapporto con gli altri si
innescano certo stereotipi, non è detto che il comportamento prodotto sia in linea con essi.
L’avere una visione egalitaria del mondo, per esempio, porta a sentirsi a disagio nel confronto
con una propria iniziale impressione di tipo stereotipo e ha come conseguenza un
cambiamento nel comportamento successivo.
6 STEREOTIPI E PREGIUDIZI IN ETA’ INFANTILE
Ma a che età gli individui cominciano a valutare chi appartiene a gruppi diversi dal proprio
attraverso stereotipi e pregiudizi? Dagli studi di Brown e Aboud emerge già dall’età di 3 anni i
bambini hanno idee pregiudiziali riguardo ai gruppi etnici diversi da quello di appartenenza,
anche se atteggiamenti discriminatori veri e propri emergono a partire dai 4 anni. Da questa
età in poi, i piccoli mostrano una preferenza verso che riconosco come simili. L’acquisizione
della capacità di pensare attraverso processi di categorizzazione sociale fa si, che intorno ai 6
anni i bambini possono utilizzare degli stereotipi nell’interpretazione degli eventi. Sagar e
Schofield, per esempio, hanno trovato che in questa fascia di età lo stereotipo di razza guida il
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modo in cui vengono giudicate le azioni degli altri. La tendenza all’utilizzo di categorie rigide
per definire i comportamenti degli altri si attenua poi tra i 7 e 9 anni, tanto che a questa età i
bambini riescono ormai a giudicare sulle base delle caratteristiche personali.
7 L’APPROCCIO MOTIVAZIONALE E DINAMICO ALLE RELAZIONI INTERETNICHE E AL
PREGIUDIZIO
Al di là di quelle cognitive, è possibile rintracciare anche altre motivazioni alla base della
messa in atto di comportamenti pregiudiziali. Hovland e Sears hanno trovato, per esempio,
nel sud degli Stati Uniti , esisteva una correlazione inversa tra il prezzo del cotone e il numero
dei linciaggi che avevano come vittime i neri e hanno ipotizzato che l’aggressione tra i gruppi
potesse essere ricondotta alla frustrazione dovuta al peggioramento delle condizioni di vita.
Prendendo spunto dalla teoria della frustrazione di Dollard e colleghi, i due studiosi
interpretarono la violenza verso i neri in termini di spostamento dell’aggressività, verso dei
capri espiatori: ovvero, dato che l’aggressività non poteva essere indirizzata alla fonte di
frustrazione, essa veniva spostata su bersagli più accessibili e deboli. I tentativi di trovare
conferma a questa teoria del pregiudizio, nota come teoria del capo espiatorio, tuttavia, non
sempre hanno portato a risultati che vanno nella stessa direzione.
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Capitolo 8
L’IDENTITA’ SOCIALE TRA “INGROUP” E” OUTGROUP”
L’IDENTITA’ SOCIALE E LA COSTRUZIONE DEL SE
Mead aveva sottolineato come il senso che noi abbiamo di noi stessi passa attraverso il senso
della nostra appartenenza a un gruppo, ma si deve a Tajfel la dimostrazione empirica che le
persone definiscono il loro concetto di se in termini di affiliazione di gruppo, e che nel momento
in cui cio avviene l’identita’ sociale che ne deriva ha implicazioni anche per i rapporti
intergruppi. Tajfel, nel formulare quella che viene detta teoria dell’identità sociale analizza
nelle sue componenti più profonde come si deve intendere l’appartenenza al gruppo. Per Tajfel
“un’ gruppo” non necessariamente implica una condivisione esplicita di particolari scopi. Inoltre
lui richiama l’attenzione sulla propensione degli esseri umani a raggruppare le persone in
categorie sociali sulla base di specifici elementi quali il sesso, razza, l’ età. Perfino il concetto
che le persone hanno di se stesse è influenzato, dai senso di identificazione con i vari gruppi
cui appartengono. Self è pertanto costituito da un miscuglio di identità sociali, che derivano dai
gruppi sociali più o meno allargati cui ciascuno appartiene – quelli che i sociologi chiamano
gruppi secondari, ed identità personali, che derivano sia nell’appartenere ai gruppi più privati,
caratterizzati dal fatto che i membri sono legati da vincoli di natura emotiva e interagiscono più
direttamente – quelli che vengono detti gruppi primari. L’identità sociale fa, quindi, riferimento
a quegli aspetti del concetto di se che derivano dalla consapevolezza di appartenere a
determinati gruppi. E fa si che “l’io” si trasformi in “noi”.
PROCESSI DI AUTOCATEGORIZZAZIONE E CATEGORIZZAZIONE SOCIALE
Considerare se stessi come componenti di un gruppo e quindi il frutto di un processo di
autocategorizzazione, simile ai processi di categorizzazione sociale che caratterizzano la
percezione di chi appartiene a gruppi diversi dal proprio. Questi processi portano a
raggruppare gli individui sulla base di caratteristiche socialmente significative per loro stessi o
per gli altri e ha enfatizzare ciò che rende simili coloro che fanno parte dello stesso gruppo, ciò
che li rendi diversi dai membri degli altri gruppi. Tajfel e Wilkes hanno dato evidenza empirica
a quest’aspetto particolare del funzionamento della nostra mente attraverso un famoso
esperimento con il quale hanno mostrato come nel momento in cui si impone un’etichetta
anche ad una semplice serie di stimoli costituiti da oggetti fisici, cosi che alcuni cadono in una
classe e altri cadono in un'altra classe, il processo di categorizzazione che ne deriva porta a
magnificare le differenze tra gli elementi che appartengono alle due classi, ovvero vengono
percepite come accentuate le differenze tra le categorie; allo stesso tempo viene magnificata la
percezione della somiglianza tra gli elementi che appartengono alla stessa categoria: ad alcuni
soggetti furono mostrate alcune linee di lunghezza diverse; le linee più brevi furono etichettate
come A , quelle più lunghe come B. Successivamente questi soggetti furono invitati a valutare
la lunghezza delle linee all’interno di ciascuna categoria. A un gruppo di controllo vennero
mostrate le stesse linee, ma senza etichettatura. Da questo studio emerse che i soggetti cui
erano state mostrate le linee etichettate furono influenzati nella loro valutazione da questa sia
pure elementare categorizzazione: la linea A più lunga venne giudicata di gran lunga inferiore
per lunghezza alla linea B più breve; inoltre la differenza tra le linee all’interno di ciascuna
categoria venne di molto sottovalutata. Queste valutazioni basate su processi di differenze
intercategoriali e di assimilazione intracategoriale non si manifestarono nel gruppo di controllo.
I processi cognitivi di categorizzazione sociale e di autocategorizzazione conducono, a
esagerare le similarità all’interno dei gruppi e a esagerare al massimo le differenze tra i gruppi.
Il gruppo fornisce, quindi, un significato alla vita degli individui, sia per ciò che riguarda la loro
vita all’interno di un gruppo specifico (quello che viene detto l’ingroup),sia per ciò che concerne
i loro rapporti con chi appartiene a un gruppo diverso (l’outgroup).
DALL’AUTOCATEGORIZZAZIONE ALLA DEPERSONALIZZAZIONE
Secondo la teoria dell’autocategorizzazione di Turner, gli individui, utilizzano livelli diversi di
astrazione quando categorizzano i se stessi e gli altri all’interno delle diverse categorie sociali:
possono procedere a un’autocategorizzazione di se stessi in termini di esseri umani, ricorrendo
cosi a un livello sovraordinato di categorizzazione che li porta ad acquisire una generica
identità umana, utilizzando un livello intermedio di categorizzazione che porta all’acquisizione
di una identità sociale specifica ; possono essere regolati da una identità personale, utilizzando
cosi un livello subordinato di autocategorizzazione. Tuttavia, nel momento in cui una persona
categorizza se stessa come membro di un gruppo, scatta un’assimilazione del Sé a quello che
viene considerato il prototipo del proprio gruppo che porterà a una depersonalizzazione del Sé,
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ovvero non solo si percepirà come differente dai membri dell’outgroup e allo stesso tempo
simile a quelli dell’ingroup ma addirittura si può percepire come intercambiabile con questi. La
depersonalizzazione, è particolarmente evidente quando una persona adotta una identità
particolarmente adeguata al contesto sociale cosi da porsi come identità sociale saliente.
Provate a chiedervi “chi sono?” ed elencate su un foglio dieci frasi che vi descrivono. Vi
accorgerete, come è accaduto a Kuhn e McPartland in un loro studio, che le risposte fanno
riferimento più alla caratteristiche dei gruppi sociali cui sentite di appartenere che a
caratteristiche individuali, più alla propria etnia o paese di appartenenza. Frasi del tipo “sono
italiana”, “sono donna”, “sono alta”, “sono una studentessa”. La nostra identità è quindi legata,
in larga parte, funzione delle nostre appartenenze ai vari gruppi sociali. La definizione di “chi
sono” implica una definizione di “chi non sono”. Il gruppo che include “noi” (ingroup) esclude
“il loro” (outgroup). Il “noi” fa scatenare un senso di appartenenza, mentre “il loro” fa
riferimento a un gruppo di persone che vengono percepite come diverse, con poco o niente in
comune con l’ingroup.
2. L’EFFETTO OMOGENEITA’ DEL GRUPPO ESTERNO E L’EFFETTO ASSUNZIONE DI SIMILARITA’
Il gruppo esterno, viene percepito, come costituito da individui che sono pressappoco tutti
uguali secondo quello che viene detto effetto omogeneità del gruppo esterno. Questa tendenza
a considerare gli altri gruppi come una massa anonima, potrebbe essere ricondotta al fatto che
noi conosciamo meglio coloro che appartengono al nostro stesso gruppo e che abbiamo quindi
maggiore possibilità di riscontrare, quelle differenze inevitabili tra un individuo e un altro;
oppure potrebbe essere dovuta al fatto che prestiamo poca attenzione a coloro che, in quanto
appartenenti a gruppi estranei, e per i quali non vale la pena sprecare tempo ed energia
mentale; oppure al fatto che sono obiettivamente poche le opportunità di interagire con i
gruppi esterni. I processi di categorizzazione sociale sono, quindi, sufficienti da a soli a far
ritenere il gruppo esterno come più omogeneo rispetto al gruppo interno. L’identità sociale, i
processi di autocategorizzazione in termini di “noi” inducono, una sorta di effetto assunzione di
similarità che, ci fa ritenere che condividiamo molti dei gusti e delle opinioni di chi appartiene
al nostro gruppo, tuttavia, che vi sia una tendenza a percepire i membri dell’ ingroup come
dotati di personalità più multidimensionali rispetto a coloro che fanno parte dell’outgroup, cosi
che non impedisce di vedere se stessi come unici e irripetibili.
3. IL “GROUP-SERVING BIAS” DI ATTRIBUZIONE
I membri del proprio gruppo, vengono visti come dotati di caratteristiche più gradevoli rispetto
ai gruppi estranei. Nei processi di attribuzione causale opererebbe quindi un bias, un
pregiudizio funzionale di mantenimento di buona immagine del gruppo di appartenenza, simile
a quello che opera a livello personale, quel self-serving bias di attribuzione che ci porta a
spiegarci i nostri comportamenti in termini di cause stabili tutte le volte che questi possano
contribuire a una sopravvalutazione del Self. In altri termini, nel momento in cui riteniamo di
far parte di un gruppo determinato, pensiamo che i termini di quel gruppo condividano le
nostre caratteristiche, e in quanto simili a noi non possono essere migliori degli altri! L’opposto
di quello che diceva G. Marx: “non vorrei far parte di un club che accetta me come suo
membro”. Vari sono gli esperimenti che dimostrano quello appena detto. Per esempio Allen ha
trovato che se dividevano dei soggetti in gruppi sulla base delle loro preferenze artistiche,
questi assumevano che i membri del proprio gruppo fossero simili a loro anche per ciò che
concerneva altri interessi; in altri termini assumevano una similarità in dimensioni che non
avevano niente a che fare con ciò che aveva portato alla loro differenziazione in gruppi diversi.
Da una ricerca di Taylor e Jaggi emerge poi come, nel ricercare le cause dei comportamenti,
operano quei processi attribuzionali distorti, funzionali alla buona immagine del gruppo di
appartenenza. Considerare il proprio gruppo migliore degli altri contribuisce, quindi, a costruire
e a mantenere un’identità sociale positiva che influenza il nostro livello di autostima e
l’immagine che abbiamo di noi stessi.
4. IL PARADIGMA DEI GRUPPI MINIMI E L’INGROUP BIAS
I processi di categorizzazione degli individui portano a processi di confronto sociale che
determinano atteggiamenti favorevoli verso i membri del proprio gruppo e sfavorevoli verso i
gruppi esterni. Tajfel ha dimostrato che è sufficiente rendersi conto di far parte di gruppi
diversi, pensare a se stessi in termini di “noi” vs “loro”, per promuovere quello che viene detto
ingroup bias, o effetto favoritismo verso l’ingroup, un atteggiamento pregiudiziale che porta a
favorire i membri del proprio gruppo a scapito di chi appartiene a gruppi diversi, i quali,
vengono valutati in termini negativi.
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LA VARIABILE MINIMA
In una serie di esperimenti condotti in Gran Bretagna con Billing, Tajfel ha creato una
co9ndizione ormai nota come paradigma dei gruppi minimi: dei giovani studenti venivano
assegnati in maniera del tutto arbitraria a due gruppi diversi sulla base di una variabile minima
(il lancio della moneta). Ebbene, da questi studi emerge che anche in una condizione in cui la
distinzione tra i gruppi era del tutto artificiale, dividere i soggetti in due gruppi portava
l’individuo a un processo cognitivo di categorizzazione, cosi che essi si percepivano come
persone di un gruppo in opposizione a quelle dell’altro gruppo sociale, processo che induceva
a favorire i membri del gruppo cui si era stati assegnanti, ovvero coloro che erano ormai
considerati parti dell’ingroup , a scapito di quelli che erano stati collocati nell’altro gruppo e
che era considerato l’outgroup . in un primo esperimento la situazione di intergruppi fu creata
sulla base di condizioni assolutamente aleatorie. Degli studenti inglesi, di età compresa tra 14
e 16 anni, vennero assegnati a due gruppi diversi in base al lancio di una monetina. La
divisione dei gruppi venne, poi, comunicata ai singoli soggetti individualmente, facendo in
modo che ciascun soggetto sapesse della propria appartenenza a un gruppo o a un altro ma
non sapesse a quale gruppo appartenevano i propri compagni. Dopo essere stati assegnati a
un gruppo, a tutti i soggetti fu data la possibilità di distribuire 15 punti, corrispondenti a delle
piccole somme di denaro, a due altri ragazzi che venivano indicati in maniera anonima. Dai
risultati emerse che tutti i ragazzi tendevano a favorire il loro gruppo a scapito dell’altro. Dei
15 punti di cui disponevano, i soggetti, infatti, ne assegnarono una media superiore al gruppo
di appartenenza, e una media inferiore all’altro gruppo.
NORMA SOCIALE O CONFRONTO SOCIALE?
In un primo momento, Tajfel e colleghi pensarono che i soggetti operassero a favore del
proprio gruppo per applicare una norma sociale che vuole che, si aiuti a chi appartiene al
proprio gruppo. Ulteriori esperimenti provarono, che i favoritismi verso l’ingroup non sono
riconducibili solo al desiderio di assicurare risorse al proprio gruppo di appartenenza. Nelle
situazioni di intergruppi minimi i soggetti di Tajfel cercavano soprattutto di far si che il proprio
gruppo risultasse superiore a quello esterno, anche se questo comportava, per l’ingroup, una
perdita di risorse in termini assoluti. Rekm e Lilli hanno trovato, a esempio, che se facevamo
indossare delle magliette arancioni ai componenti di una squadra di pallamano tutti diventano
molto più aggressivi nei riguardi dell’altra squadra. Questi risultati mettono in discussione tutta
una serie di altre ipotesi che spiegano l’origine dei conflitti tra gruppi diversi. Rabbie e Korwitz,
per esempio, partendo dalla concettualizzazione di gruppo che aveva formulato Lewin ( in
gruppo è definito meglio come una totalità dinamica) avevano ipotizzato che per creare un
sentimento di gruppo sia essenziale avere la percezione di un destino comune. Per provare
quest’ipotesi i due studiosi convocarono nel loro laboratorio 8 soggetti per volta, tra di loro
estranei, e comunicarono loro che, per pure ragioni, erano stati divisi in modo casuale in due
gruppi, uno identificabile con targhette di colore blu, e l’altro con targhette di colore verde. Gli
sperimentatori crearono poi delle condizioni sperimentali in cui i gruppi subivano in maniera
esplicita un “destino comune”, ovvero veniva detto loro che per la partecipazione
all’esperimento erano a disposizione solo 4 radio transistor, per cui solo uno dei due gruppi
poteva essere premiato e che la assegnazione sarebbe stata in maniera casuale. Ad altri
soggetti l’esperienza di gruppo si limitava all’essere assegnati dallo sperimentatore a “quelli
verdi” o a “quelli blu”, ma non implicava alcun interdipendenza. In una fase successiva i
soggetti vennero invitati a esprimere le loro impressioni sia sui membri dei proprio gruppo, che
su quelli dell’altro gruppo. Emerse dai risultati che le valutazioni fatte da ciascuno erano
influenzate dall’affiliazione a un gruppo piuttosto che a un altro. Sembrerebbe quindi che un
unico processo cognitivo, basti per provocare negli individui un comportamento che discrimini
l’outgroup e favorisce ingroup.
Doise parla di un processo di differenziazione categoriale:
dalla categorizzazione prendono l’avvio giudizi di valore, rappresentazioni mentali delle
relazioni tra i gruppi e i comportamenti di differenziazione sociale che sono connessi gli uni agli
altri all’interno di una dinamica discriminativa.
5.LE TEORIE DELLA DEPRIVAZIONE RELATIVA E DEL CONFLITTO REALISTICO
Con i loro studi Tajfel e Turner hanno mostrato quindi che noi giudichiamo il prestigio o il
valore del nostro gruppo soprattutto ponendolo al confronto con altri gruppi, riprendendo per
questo l’assunto della teoria del confronto sociale di Festinger. Questa idea fa da sfondo anche
a quella che viene detta la teoria della deprivazione relativa: gli individui continuano a
competere, perché provano insoddisfazione se gli altri si trovano in condizioni migliori. Si
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utilizza il confronto con gli altri come metro per valutare l’adeguatezza di ciò che abbiamo.
Questo fa si che a livello individuale proviamo una deprivazione relativa egoistica quando
otteniamo possediamo meno risorse o meno successo degli altri. Mentre quando il nostro
gruppo non raggiunge traguardi che ci aspettavamo, proviamo una deprivazione relativa
fraterna. La teoria dell’identità sociale mette, pertanto, in discussione quella che viene detta la
teoria del conflitto realistico, la quale sostiene che è la scarsità di risorse a determinare conflitti
tra i gruppi.
6. L’ESPERIMENTO DI ROBBERS CAVE E GLI SCOPI SOVRAORDINATI
Sherif, basandosi su una serie di esperimenti condotti con la moglie tra il 1949 e il 1954 su un
gruppo di adolescenti che aveva passato due settimane in un campo estivo, in una località di
nome Robbers Cave, mostra inoltre come nel confronto tra l’ingroup e l’ outgroup possono
emergere degli scopi competitivi, e che, nel momento in cui gli interessi di un gruppo entrano
in conflitto con quelli di un altro gruppo, è molto probabile che ciascun gruppo assuma un
atteggiamento ostile, che sviluppi atteggiamenti, preconcetti e che si arrivi a un conflitto
intergruppi. Gli Sherif, cercarono di mostrare che nel momento in cui si riescono a creare delle
condizioni che fanno si che l’interesse di due gruppi diversi coincidono, ovvero quando i due
gruppi si trovano a perseguire degli scopi sovraordinati, i membri di entrambi i gruppi adottano
un atteggiamento cooperativo nei confronti uno dell’altro. Lo studio di Sherif, noto come
l’esperiemento di Robbers Cave, comprendeva tre fasi: in una si analizzava la formazione del
gruppo; nell’ altra l’emergere del conflitto di gruppo, nella terza si focalizzava sui fattori che
portavano alla riduzione del conflitto. I ragazzi che partecipavano al campo estivo furono
selezionati accuratamente in modo da formare un campione omogeneo di soggetti di circa 12
anni, di razza bianca, provenienti da famiglie stabili, senza problemi psicologiche. Nessuno dei
ragazzi si conosceva prima di arrivare al campo.
-Nella prima settimana i psicologi procedettero alla formazione del gruppo : dopo aver
osservato i rapporti di simpatia spontanea che si creavano tra i ragazzi, gli organizzatori
formarono due gruppi distinti. Nel primo periodo i due gruppi furono coinvolti in varie attività
che potessero favorire la loro coesione. Ben presto emerse un leader e ciascun gruppo si diede
un nome.
-Appena i due gruppi scoprirono l’uno l’esistenza dell’altro i ragazzi cominciarono a suggerire ai
sorveglianti del campo di organizzare delle sfide e delle competizioni. A questo punto gli
sperimentatori procedettero alla creazione della competizione intergruppi: organizzarono un
torneo con tiro alla fune, caccie al tesoro e promisero a ciascun membro del gruppo vincente
un coltellino tascabile ai perdenti invece nulla. Si creò cosi un conflitto di interessi tra i due
gruppi. I gruppi erano, passati da una condizione di indipendenza reciproca, a una di
interdipendenza negativa, in cui un gruppo guadagnava quello che l’altro gruppo perdeva. In
questa fase il comportamento dei gruppi cambiò: mentre dapprima i ragazzi si erano trattati
con indifferenza ( o con simpatia ) in questa fase si trasformarono in due bande rivali,
acclamando i propri compagni e insultando gli avversari
-In una terza fase, gli sperimentatori procedettero a creare delle condizioni che potessero
ridurre il conflitto: in un primo stadio si cercò di ridurre la tensione incrementando i concetti e
creando occasioni di conoscenza reciproca, furono create situazioni piacevoli di interazione
(cinema, pranzi insieme). Questi occasioni, tuttavia, servirono solo ad acuire i conflitti: i pranzi
si trasformavano in guerre di rifiuti e ogni momento di concetto faceva aumentare i dissidi. La
semplice conoscenza non era quindi sufficiente a superare l’ostilità tra i gruppi. Si crearono,
allora, una seria di scopi sovraordinati, ovvero scopi che era interesse di entrambi i gruppi
perseguire, ma che non era possibile raggiugere se non attraverso gli sforzi congiunti di
entrambi. Si fece in modo, per esempio, che si rompesse il camion sul quale i ragazzi stavano
tornando al campo, quasi all’ora di pranzo, cosi che i ragazzi, per poter andare a mangiare
(uno scopo sovraordinato) , furono “costretti” a cooperare per far ripartire l’autocarro: tutti e
due i gruppi si misero a tirare una corda alla quale avevano legato il paraurti anteriore,
collaborando gli uni con gli altri. E fu dopo questo episodio, che i due gruppi si mostrarono
meno aggressivi gli uni verso gli altri e misero in atto meno favoritismi verso l’ingroup. In
conclusione, gli esperimenti di Sherif mostrano che gli individui cambiano il loro
comportamento in funzione delle loro relazioni e che i conflitti tra gruppi non possono essere
ricondotti ai tratti di personalità dei singoli individui, ne esseri spiegati e ridotti alla somma dei
rapporti interpersonali tra i membri di gruppi diversi. I successivi esperimenti di Tajfel, infatti,
che abbiamo visto sopra, sono riusciti a individuare quelle che sono le determinanti di base
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della discriminazione tra gruppi diversi e a mostrare che la competizione intergruppi è
riscontrabile anche quando non sono in gioco risorse materiali.
7. IL MODELLO DELLA COMPLESSITA’ DELL’IDENTITA SOCIALE
Ma cosa accade quando un individuo si ritrova a vivere in contesti in cui la sua appartenenza
non può essere ricondotta a un unico gruppo? Nelle squadre di calcio, per esempio, sono
presenti giocatori di provenienza regionale o nazionale diverse. Un brasiliano che giochi nella
nazionale italiana si definirà come italiano, brasiliano o giocatore? La teoria di Tajfel porterebbe
a ritenere che la sua identità non può derivare dalla sua nazionalità. La teoria della complessità
dell’identità sociale elaborata da Tetlock richiama l’attenzione su come ciascuno di noi abbia in
effetti una propria rappresentazione dei rapporti esistenti tra i gruppi cui sente di appartenere;
il senso della propria identità passa dal grado secondo cui ciascuno ritiene che questi gruppi
possano sovrapporsi. Quando non è possibile che i gruppi cui si appartiene si sovrappongono
completamente, emerge una identità più complessa e articolata. Prendiamo il caso degli italiani
e dei cattolici. Si tratta di due gruppi che in larga parte si sovrappongono, ma non sempre.
Non tutti gli italiani sono cattolici e viceversa. Coloro che ritengono che i due gruppi si
sovrappongono completamente, finiranno con l’avere una identità sociale poco complessa,
colore che invece sono consapevoli del fatto che all’interno del gruppo degli italiani possano
esserci individui non cattolici e non credenti accettano la differenziazione presente nell’ingroup
e finiscono con l’avere un identità sociale complessa. Un notevole peso hanno poi i valori del
gruppo di appartenenza, cosi che nelle culture dove sia presente una ideologia integrazionista,
ovvero che incoraggia lo scambio tra gruppi nell’accettazione delle diversità, sono più presenti
individui con una identità complessa mentre nelle culture caratterizzate da ideologie di tipo
assimilazionista, ovvero li dove una cultura dominante impone i propri costumi ed esercita
pressioni.
8. LA RIDUZIONE DEL CONFLITTO TRA I GRUPPI
Ma è possibile ridurre la discriminazione tra gruppi diversi e il conflitto che ne deriva? I risultati
dell’esperimento di Sherif e colleghi sui ragazzi di Robbers Cave delineano, alcune delle
strategie che possano portare a relazioni positive tra gruppi diversi. Se gli interessi entrano in
conflitto emerge la competizione. Queste strategie si rivelarono inutili. Le occasioni di contatto,
invece di diminuirli, aumentarono i conflitti al punto che ogni momento di incontro fece
aumentare i dissidi. In altri termini, la semplice conoscenza non si rivelò sufficiente a far
superare lo l’ostilità tra i gruppi. Fu a questo punto che Sherif decise di provare una nuova
strategia. Ipotizzò che introdurre degli scopi sovraordinati creare delle situazioni in cui i ragazzi
fossero costretti ad avere obiettivi comuni, avrebbe portato a una riduzione dei conflitti. Il
paranigma che fa da sfondo a questo modo di vedere il superamento del conflitto intergruppi
e, quello gestaltista. Per coloro che sostengono la teoria del contatto, gli stereotipi, i pregiudizi
infatti si fondono sulle strutture della nostra mente che portano non solo a trascurare le
informazioni incongruenti con gli schemi di gruppo già in nostro possesso, ma anche a recepire
più facilmente quelle che li confermano. Il delitto di Erba, per esempio, può essere considerato
un prototipo di contatto diretto può esacerbare stereotipi e conflittualità preesistenti, cosi che
una coppia può massacrare la famiglia di un immigrato su una base di una intolleranza
irriducibile verso usi e costumi ritenuti diversi da quelli del proprio gruppo di appartenenza.
Per alcuni studiosi il contatto può essere efficace nella misura in cui avviene a un livello
individuale, personalizzato. Secondo questo approccio, che viene detto modello della
personalizzazione, nel momento in cui si favoriscono le relazioni tra i singoli individui, viene
meno la tendenza a subire l’effetto omogeneità dell’ingroup, ovvero si riduce la tendenza a
pensare che le persone di gruppi diversi dal proprio siano tutti uguali. Secondo Hewstone e
Brown propongono quello che viene detto modello dell’identità sociale distinta, il quale prende
le mosse della teoria dell’identità sociale di Tajfel e richiama l’attenzione su come sia
essenziale, per la riduzione del pregiudizio, che ogni gruppo mantenga i propri confini, ma su
come sia altrettanto essenziale che si faccia il modo che da una interdipendenza negativa tra
gruppi diversi si passi a una interdipendenza positiva. Diversa è la posizione di un gruppo di
studiosi i quali sottolineano che il mantenere un identità sociale non farebbe che promuovere le
ostilità intergruppo piuttosto che ridurle. Essi sostengono per tanto che la migliore strategia
per il controllo del conflitto è cercare di ridurre la differenziazione fra i gruppi a favorire una
comune identità di gruppo. A tal fine si dovrebbero creare delle condizioni che possano far
emergere un nuovo processo di identificazione e di appartenenza , ovvero un processo in
grado di accomunare sia l’ingroup sia l’outgroup all’interno di una categoria superordinata. In
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altri termini, affinché una interdipendenza positiva possa esser realizzata si dovrebbe venire a
creare un identità condivisa sovraordinata la quale dovrebbe precedere o emergere
simultaneamente a scopi sovraordinati.
Capitolo 9
Dinamiche di gruppo e leadership
La tematica principale della psicologia sociale è il comportamento degli individuo quando si
trovano all’interno del loro gruppo di appartenenza e l’influenza che gli altri possono avere sui
singoli. E’ importante capire cosa intendono gli psicologi sociali per gruppo sociale di
appartenenza, secondo i principi della Gestalt si può parlare di gruppo quando gli individui che
lo compongono hanno tra di loro interazione ovvero quando vi è un interdipendenza cosi da
cogliere il destino comune che lega i suoi membri. Questa definizione esemplifica la nozione di
Lewin il quale definisce un gruppo come un entità collettiva diversa da quella individuale e
qualcosa di più ed e differente dalla semplice addizioni dei singoli membri in quanto il tutto non
è solo la somma delle parti cosi come la totalità ha grazie alle singole parti un significato
specifico. Solo se gli individui percepiscono il destino comune costituiranno un insieme, non è
quindi la somiglianza o la differenze a definire l appartenenza ad un gruppo ma bensì
l’interdipendenza cosi i passeggeri di un aereo se non interagiscono non possono essere definiti
come un gruppo tuttavia è difficile mantenere questa definizione in termini rigidi, Tajfel mostra
con il suo paradigma dei gruppi minimi come i processi di categorizzazione possono scattare
con variabili minime e far sentire le persone parti di un gruppo , tuttavia gli individui si sentono
appartenenti ad un gruppo al quale sono stati assegnati casualmente o in quanto condividono
la stessa tifoseria al punto che gli individui acquisiscono il sento della propria identità
attraverso l’appartenenza, così si può definire gruppo anche un insieme di persone che di fatto
non interagiscono tra di loro. Proviamo ad analizzare cosa non sarebbe un gruppo per Lewin e
cosa lo è per Tajfler, se raggruppiamo le persone in base al sesso, all’età o alla professione per
Lewin non è un gruppo ma categoria sociale, tuttavia per Tajfler le persone di queste categorie
potrebbero sentirsi un gruppo sviluppando quindi un identità sociale. Se raggruppiamo le
persone che assistono ad un evento parliamo di pubblico tuttavia non è detto che si conoscono
o che interagiscono tuttavia puo essere definito gruppo, allo stesso modo le persone che si
trovano in una situazione comune e a stretto contatto senza avere un legame parliamo di folla
o di aggregati (Folla per entrare allo stadio) in questo caso ne Lewin ne Tajfler parlerebbero di
gruppo. Possiamo trovare una definizione accettabile secondo cui il gruppo sociale è
caratterizzato dall’interazione tra i membri o la potenzialità di farlo ma soprattutto è
caratterizzato dalla dipendenza dall’altro. Un team, una squadra, un gruppo di lavoro o un
circolo sportivo sono gruppi sociali perché le persone interagiscono con regolarità, anche una
famiglia e un gruppo sociale ma di dimensioni più ristrette e con interazione intime e informali
collegati da vincoli di sangue, al contrario, le istituzioni o le organizzazioni formali sono gruppi
sociali allargati in cui anche se i membri non interagiscono hanno la possibilità di farlo.
Le dimensioni del gruppo e i ruoli
I gruppo variano in termini di:
• Grandezza
• Durata
• Scopi
• Valori
Sia che essi siano formali o informali, sono strutturati in maniera da permettere ai singoli di
raggiungere scopi individuali e collettivi attraverso una ripartizioni di compiti, adottando quindi
ruoli diversi. Perfino i bambini nella scuola materna, dopo pochi incontri decidono il leader, i
posti e i ruoli di ognuno. La struttura sociale di un gruppo si basa sul fatto che gli individui
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abbiano al suo interno uno status ovvero una posizione che viene valutata dagli altri membri.
Secondo la teoria delle aspettative circa lo stato questa collocazione viene a seguito delle
aspettative del gruppo sulle competenze
sulle abilità dei singoli necessarie per il
raggiungimento degli scopi, questo non esclude l’utilizzo di caratteristiche come avere una
posture eretta, una voce ferma, forza decisione e domando Nel momento in nasce il gruppo si
strutturano le normi sociali che regolano i comportamenti, le responsabilità gli obblighi e i
diritti, le norme quindi fanno si che ad ogni posizione corrisponda un ruolo sociale.
Secondo Levine e Moreland è tuttavia possibile rintracciare ruoli fissi:
• Il nuovo arrivato: Da cui ci sia aspetta un comportamento passivo, conformista,
ansioso per farsi accettare.
• Il capo Espiatorio: Membro su cui si proiettano le parti negative di sé
• Il leader : Il quale deve essere :
1. Socioemozionale: deve creare un atmosfera armonio e coesa tenendo conto
dei sentimenti individuali
2. Centrato sul compito: deve preoccuparsi del raggiungimento del gruppo degli
obbiettivi prefissati.
La Leadership
Bales e Staler descrivono dettagliatamente i due stili di leadership
• I leader socioemozionali: Centrati sulle relazioni sui bisogni emotivi dei membri
allentando le tensioni i conflitti e chiedendo opinioni e suggerimenti amicali. Richiama
lo stile di leadership democratica di Lewin.
• I leader Centrati sul compito: Si rifà ad un leader autoritario mettendo in atto
comportamenti finalizzati solo al raggiungimento dello scopo prefissato impartendo
comandi e rispetto delle regole. Tuttavia i membri del gruppo manifesteranno tensione,
antagonismo ed ostilità.
Barbara Hold riscontro che già nel gruppi di bambini in età prescolare emerge un leader che
solitamente è il bambino che :
• Aiuta, conforta e protegge
• Prende iniziative nuove
• Organizza giochi
• Divide le sue cose con gli altri
• E’ più inventivo
Merei notò che in un nuovo gruppo diventano leader i bambini che all’inizio sono in grado di
adattarsi e ce solo in seguito cominciano a proporre nuovi giochi.
Queste caratteristiche che includono la capacità di gestire le relazioni e le abilità nei compiti
specifici sono riscontrate come fattori associati alla leadership tuttavia non è possibile
individuare tratti di personalità specifici che conducono in individuo a diventare capo anche se
emergono alcune correlazioni che fanno riferimento ai BIG FIVE quali l’estroversione, la
coscienziosità la stabilità emotiva l’apertura e la leadership. In ogni caso hanno più probabilità
di diventate leader coloro che sono più intelligenti, più forti che sanno gestire i rapporti
interpersonali e coloro che sono più motivati. Sembrerebbe inoltre che le persone che riescono
a riscuotere più fiducia attraverso un carisma personale diventino leader in quanto un leader
carismatico ha una visione più precisa degli obbiettivi, ha a capacità di renderli chiari
attraverso un linguaggio semplice tuttavia un forte carisma può portare il gruppo alla morte
come il caso di Jim Jones che convinse i partecipanti di una setta religiosa a operare un suicidio
collettivo. Tutte queste caratteristiche sono utili a definire un leader ma nessuna di esse e
sufficiente per diventare leader in quanto quest’ultimo e il risultato di un incrocio tra
caratteristiche dell’individuo e della situazione.Da una metanalisi di Judge, Piccolo e Ilies
appare che sia uno stile di leadership basato sulla considerazione delle persone sia uno stile
basato sul compito sono correlati dalla situazione con l’organizzazioni e le performance del
gruppo cosi il primo stile e associato all’efficacia lavorativa e alla soddisfazione dei membri
mentre il secondo e collegato a situazioni diverse. Fiedler analizza la forte interazione tra
leader e caratteristiche della situazione, nel suo modello di contingenza ha mostrato che un
leader efficace è il risultato dell’incrocio tra un leader sociemozionale e un leader centrato sul
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compito e sul controllo. Il controllo è dato dalla sicurezza del leader nel riuscire a svolgere il
suo compito sulla base:
• Delle qualità delle relazioni
• Della strutturazione del compito in termini di chiarezza
• Del livello di potere nel controllare gli altri.
Sembrerebbe che sia in sia in situazioni di un controllo molto basso o di un controllo molto alto
lo stile di leadership che porta al massimo dell’efficienza è quello centrato sul compito, al
contrario se invece il controllo e moderato si assiste ad un leader di tipo socioemozionale. Se è
vero che il leader influenza i membri del gruppo è altrettanto vero che i membri influenzano il
leader con le loro aspettative e le richiesti. La teoria della leadership viene definita
transazionale per enfatizzare la bidirezionalità dell’influenza leader-membri del gruppo.
Hollander mostra che il leader viene legittimato in 4 situazioni :
• Se viene scentro dai membri e non imposto dall’esterno
• Se sa conformarsi inizialmente con le norme del gruppo
• Se mostra abilità e competenze specifiche
• Se sa identificarsi con il gruppo.
Recentemente si è analizzato un altro modello di leadership, quello trasformazionale.
Il leader trasformazionale è colui che riesce a influenzare i membri del gruppo nel
trascendere gli interessi personali e motivarli nel perseguire mete comuni. La leadership
trasformazionale si caratterizza per 4 dimensioni:
• L’ influenza idealizzata: fa riferimento alla competenza e all’affidabilità del leader (
carisma)
• La motivazione all’ispirazione : Capacità del leader di orientare le mete del gruppo
in termini emozionali
• La stimolazione intellettuale: Tendenza ad incoraggiare i membri per renderli
indipendenti e creativi
• La considerazione individualizzate: Capacità del leader di comprendere i bisogni
personali
Il leader empowering si caratterizza per alcune modalità nella gestione delle relazioni con i
membri del gruppo tali modalità sono:
• Porsi come esempio per i membri
• Coinvolgere i membri nell’assunzione delle decisioni
• Insegnare, informare
• Mostrare interesse per le difficoltà dei membri nel gruppo
Anche le caratteristiche della situazioni giocano un ruolo importante della definizione del
leader, all interno di un gruppo è più probabile che a diventare leader sia colui che ha più
possibilità di interagire e comunicare con un numero maggiore di persone rispetto agli altri
solitamente all’ interno di un gruppo 1 o 2 persone parlano molto di più rispetto agli altri. Bales
e Slater hanno riscontrando che i membri di un gruppo indirizzavano le loro richieste e si
rivolgevano più al leader che al resto del gruppo assegnando quindi al leader un ruolo centrale
in quanto si occupa di ricevere e trasmettere più comunicazioni a tutto il gruppo questo deriva
da una propensione a base innata che tende a rivolgere la propria attenzione verso il più
dominante.
Reti di comunicazione e produttività
Nella vita quotidiana la comunicazione è regolata da una vera e propria rete di comunicazione.
Bavelas e Leavitt hanno proposto un modello che descrive le strutture dei gruppi in cui gli
scambi comunicativi avvengono attraverso canali formali, le reti possono variare da un
massimo di centralizzazione come la struttura a ruota dove una persona posta al centro riceve
i messaggi e li invia agli altri membri ad un massimo di apertura come la struttura a cerchio
dove ognuno è libero di comunicare con gli altri. Piu la rete è centralizzata più efficiente è la
prestazione anche se la soddisfazione del gruppo tende a diminuire. Shaw ha mostrato che nei
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compiti difficili e preferibile la struttura a cerchio in modo tale che lo scambio di informazioni
tra tutti porti ad una soluzione più veloce e semplice. Secondo gli studi di Steiner, nei compiti
difficili l utilizzo di una comunicazione a cerchio inizialmente aiuta al raggiungimento della
soluzione ma dopo un certo periodo le reti centralizzate portano a prestazioni migliori anche
nei compiti diffidi per cui quest’ultimi sono in una prima fase facilitati dalla comunicazione a
cerchio che in una seconda fase viene sostituita con una comunicazione centralizzata. Sembra
quindi che la rete centralizzata dove esiste una leadership centrata al compito sia più efficace il
rischio tuttavia è che si passi da un leader centrato al compito ad un leader autoritario
provando quindi malcontento e insoddisfazioni nel gruppo.
L’obbedienza distruttiva.
Per parlare di leadership bisogna sottolineare che affinché funzioni, è necessario che le persone
obbediscono, gli essere umani sono abituati ad obbedire a chi detiene l’autorità, solo
rispettando le leggi, i divieti e gli ordini una società può funzionare. L’obbedienza ha alla sua
base la consapevolezza che chi detiene legittimamente il potere ha l’autorità e il diritto di
chiederci di obbedire quanto tuttavia ci chiedono qualcosa che va contro la nostra morale di
parlerà di obbedienza distruttiva.
Esperimento: Milgram convocò in laboratorio 40 volontari tra i 20 e i 50 anni, ad ogni uno fu
presentato lo sperimentatore e un altro soggetto (complice di Milgram) e fu riferito che in
coppia dovevano partecipare ad uno studio sulle punizioni, il soggetto vero rappresentava
l’insegnante mentre il complice l ‘alunno che veniva legato in una stanza con degli elettrodi
nelle braccia. Il compito dell’insegnate era quello di infliggere scosse elettriche tramite la shock
machine con intensità diverse dal 15 a 450 volt. L’insegna prima fu posto ad una scossa i 45
volt in modo da comprendere il dolore dell’allievo, ogni volta che si infliggeva la scossa l’allievo
emetteva gridi di dolore e supplicava di smetterla dopo poco tempo gli insegnati cominciavano
a mostrare segni di stress come sudorazione o nervosismo, segni che mostravano il conflitto
tra le pressioni della situazioni e la preoccupazioni verso la vittima. L’esperimento terminava
quando il soggetto si rifiutava di andare avanti o quando somministrava tre volte una scarica
intensa. Con questo esperimento Milgram prova che l’autorità legittima può indurre una
persona normale anche a commettere crimini distruttivi, una spiegazione può essere che gli
individui vengono spinti ad obbedire in quanto pensando che le autorità siano degne di fiducia.
La propensione ad obbedire è a base innate in quanto funzionale a mantenere il gruppo coeso.
Milgram studio le condizioni che potevano variare dell’obbedienza degli individui tra cui:
• La distanza : la distanza sia fisica che emotiva risultò importante in quanto il non
vedere la vittima faceva aumentare l’obbedienza mentre vedere il dolore provocato
riduceva l’obbedienza.
• La presenza fisica dello sperimentatore: La presenza fisica dello sperimentatore e il
percepirlo come un autorità legittima facevano variare la disponibilità ad obbedire cosi,
se lo sperimentatore si faceva sostituire da un assistente i soggetti che rifiutavano di
continuare erano pari al 80%.
• Il comportamento degli altri: Anche il comportamento degli altri incide
sull’obbedienza infatti la presenza di altri insegnanti(complici) che si rifiutavano di
continuare dopo aver somministrato scariche di 150 volt si faceva si che solo il 10 % dei
soggetti veri portava a termine l’esperimento. Se al contrario il soggetto vero era
associato da un insegnate (complice) che andava avanti a somministrare gli scock
l’esperimento veniva portato alla fine per il 92% dei casi.
• La percezione della propria responsabilità: Sostiene che nell’eseguire gli ordini si
ha una sorta si spostamento dell’agente del tipo non sono responsabile perché mi è
stato ordinato l’obbedienza a ordini immorali riduce il senso della responsabilità
Strategie di potere sociale: il potere dei singoli
Non solo l’autorità ha il potere di farci obbedire, Raven è riuscito con i collaboratori (French e
Raver) a classificare le forme di potere, e le risorse che i singoli utilizzano per poter influenzare
gli altri:
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Il potere di ricompensa: Si basa sulla possibilità o sulla capacità di offrire una
ricompensa che non deve essere per forza materiale ma anche un cenno di
approvazione o un sorriso.
Il potere coercitivo: Simile a quello della ricompensa ma di valenza negativa al suo
interno troviamo punizioni e minacce che possono essere sia fisiche che simboliche
come un cenno di disapprovazione.
Il potere da competenza: gli individui si fanno influenzare da esperti in quanto
pensano che abbiano più conoscenze in un determinato campo come nel caso del
medico
Il potere dell’informazione: il potere dell’informazione ha qualcosa in comune con il
potere da competenza anche se ne differisce per alcuni aspetti in quanto il primo si
basa sulla credibilità e sulle competenze mentre il secondo viene utilizzando quando si
cerca di influenzare gli altri con argomentazioni logiche e informazioni funzionali ad
influenzare l altra persona ( chiedere ad un collega di fare l’esame prima perché se no
si perde l’autobus? L’esito dipende dalla capacita dell’individuo di influenza l'altro.
Il potere di riferimento: quando ci piace qualcuno gli diamo inconsapevolmente il
potere di influenzarci, più grande è l’identificazione, maggiore sarà l’influenza, l
identificazione può essere volontaria ad esempio ragazza che si vestono e truccano
come i loro idoli oppure involontario quando si compra un prodotto solo perché e
sponsorizzato da un personaggio famoso
Il potere legittimo: Sono molte le situazioni, le persone che hanno l’autorità di
chiedere comportamenti specifici. Si parla di potere legittimo quando si basa su valori di
una cultura, di una società oppure derivare dalla struttura sociale o del gruppo in
generale esso si fonda su valori e norme interiorizzate e quindi non richiede il ricordo a
premi o punizioni.
Capitolo 10
L’influenza degli altri: dal conformismo alla produttività di gruppo
Un aspetto di cui si è occupata la psicologia sociale è stato il Conformismo nelle sue varie
accezioni.
Il conformismo è quell’atteggiamento che ci spinge a conformarci con gli altri o per nostro
volere o perché ne siamo costretti , dovendo condividere la società in cui si vive; per questo il
conformismo può essere
• Conformismo pubblico- acquiescenza : quando ci si conforma perché non si può fare
altrimenti
• Adesione interiore- internalizzazione delle norme: conformismo volontario.
Ci si chiede sempre perché siamo in balia degli altri e la risposta che la psicologia sociale ha
dato è che il gruppo a cui si appartiene ha il potere di cambiare i singoli individui che, in altre
circostanze sarebbero stati ‘’ se stessi’’, oppure li cambia in senso positivo in quanto il gruppo
di appartenenza rappresenta il loro mondo, persone con cui riescono a sentirsi amati e stimati.
A tal proposito sono stati fatti diversi esperimenti:
• Triplet parla di facilitazione sociale ovvero davanti agli altri riusciamo a svolgere i nostri
compiti, essendo questi compiti facili
• Pessin parla di inibizione sociale ovvero davanti agli altri non riusciamo a svolgere i
nostri compiti in quanto questi risultano compiti difficili
• Zajonc sostiene che la presenza degli altri è positiva solo su coloro che sono preparati
nel loro ambito d’azione
48
•
Ringelmann parla infine di inerzia sociale ovvero quando si è in gruppo si tende a non
impegnarsi perché si pensa che comunque vadano le cose, il compito da svolgere verrà
compensato dall’impegno degli altri.
Nel momento in cui ci si trova ad interagire all’interno di un gruppo dunque, non solo si
conforma l’atteggiamento ma anche le opinioni dei singoli finiscono con l’influenzarsi a vicenda
e, formare così un atteggiamento conformista sì ma anche norme sociali.
Sherif fu uno degli psicologi sociali che a proposito del conformismo sosteneva che, l’individuo
confronta il proprio giudizio con quello altrui, abbandonando il proprio per adeguarsi a quello
del gruppo dunque arrivando ad un compromesso che possiamo definire norma sociale o come
preferisce l’autore ad una norma di gruppo.
Dunque possiamo vedere come l’interazione sociale porti le persone a far confluire i loro punti
di vista individuali in una norma comune e condivisa da tutti.
Ci si è posti anche il dubbio se, questa conformità di atteggiamento e idee sia solo relativo a
situazioni di ambiguità, in cui gli individui singolarmente non riescono a dare una risposta
limpida e corretta : attraverso degli esperimenti è stato riscontrato che, con una media di una
su tre delle volte,i soggetti presi in esame sceglievano di seguire il senso comune pur essendo
consapevoli che la loro risposta fosse quella giusta e quella del gruppo sbagliata.
Ciò sta ad indicare, secondo l’esperimento di Asch, che la gente preferisce conformarsi alla
maggioranza pur essendo questa maggioranza in contrasto con il proprio modo d’essere, per
paura di non essere accettato.
Infatti quando si esprime un giudizio di fronte agli altri ci si preoccupa sempre di due aspetti: il
primo è che la nostra opinione sia giusta e corretta; il secondo è che gli altri si formino una
buona impressione di noi e ci approvino.
Dobbiamo poi aggiungere che l nostra percezione della realtà dipende sì dai nostri sensi ma
anche dalle informazioni che riceviamo dagli altri, sul mondo che ci circonda per questo
dobbiamo esser certi che la nostra visione coincida con quella altrui. Accettare il giudizio altrui
significa quindi conformarsi alla maggioranza poiché si ha l’idea che gli altri abbiano maggiori
informazioni rispetto a noi e questa viene definita influenza dell’informazione.
Per quanto riguarda invece la pressione normativa, questa spiega che le persone si
conformano alla maggioranza solo per non creare antipatie, rifiuto o per non essere derise.
In un gruppo due sono i modi di conformità:
• Il primo riguarda l’interesse reale a far partecipare alle proprie idee tutti i componenti;
• Il secondo , conformare tutti per poi non accettare coloro che ugualmente si oppongono
al gruppo.
Per quanto riguarda il primo punto bisogna aggiungere che ciò è possibile attraverso quattro
punti fondamentale:
• Desiderio di compiere un’azione efficace
• Bisogno di costruire e mantenere relazioni
•
Bisogno di gestire il concetto di sé
• Bisogno di capire.
Ritornando alla pressione alla quale un gruppo si sottopone, possiamo distinguere :
• La pressione informazionale , che porta all’ adesione interiore, ovvero cambiamo le
nostre opinioni in base alle informazioni provenienti dagli altri;
• La pressione normativa, che porta all’ acquiescenza o conformismo pubblico, ovvero ci
conformiamo solo perché ne siamo costretti.
La conformità dipende anche dalla coesione , grandezza e unanimità del gruppo.
Moscovici si rese conto che non è solo la conformità a rivoluzionare il comportamento sociale
bensì, la minoranza.
Prendendo esempio da Galileo per le scienze e da Picasso per l’arte, egli studiò come la
minoranza può effettivamente esercitare la sua influenza , soprattutto attraverso la coerenza
di quest’ultima, dunque possiamo distinguere due tipi di coerenza:
49
•
•
Coerenza diacronica, i membri della minoranza devono essere coerenti nelle loro
posizioni a livello intraindividuale cioè anche dinanzi alla maggioranza;
Coesione sincronica, i membri della minoranza devono essere coerenti tra di loro, cioè a
livello interindividuale.
Inoltre la minoranza porta alla conversione , ovvero al cambiamento profondo e permanente
rispetto invece alla maggioranza che comporta solo un cambiamento superficiale e
momentaneo.
Nemeth a tal proposito parlò di pensiero divergente: quando la minoranza induce il singolo
individuo ad attivarsi mentalmente e trovare soluzioni nuove e creative attraverso appunto un
pensiero divergente, diverso e proprio mentre, la maggioranza utilizza un pensiero
convergente ( tutti devono pensare la stessa cosa).
In questo frangente è stata puntata l’attenzione su come realmente cambiano le dinamiche di
un gruppo , impegnate in una discussione , influenzano il punto di vista individuale e sui
processi decisionali, cioè su come realmente cambiano il modo in cui anche individualmente le
persone appartenenti allo stesso gruppo pensano una decisione piuttosto che un’altra e non
solo perché la maggioranza pensa in quel determinato modo.
Si è posti questa domanda anche per capire se le decisione della maggioranza rispecchino il ‘’
giusto ‘’ perché fornite di più informazioni o perché si ci conforma alla maggioranza per paura
di non essere accettati.
Stoner a questo punto cercò di dimostrare che i gruppi non prendono decisioni più moderate
rispetto ai singoli individui ma che, spesso sono propensi addirittura al rischio e ciò viene
definito dal nostro studioso attrazione del rischio che, alla fine del suo esperimento risultò 9 su
10 persone del gruppo atte al rischio.
Da altri studi invece si è arrivati alla conclusione che all’interno del gruppo vi sia la cosiddetta
polarizzazione di gruppo, ovvero il rafforzamento da parte dell’intero gruppo di una decisione
già persa in considerazione in precedenza ma, rafforzata o verso il polo positivo o verso il polo
negativo.
Su questo aspetto vi sono due interpretazioni:
• La prima sostiene che la polarizzazione di gruppo si indirizza su argomentazioni
persuasive;
• La seconda sostiene il confronto sociale , tenendo conto sia dell’influenza informazionale
che le pressioni normative.
Janis successivamente parla di pensiero gruppale , ovvero quel pensiero che spinge il singolo a
seguire il pensiero del gruppo nonostante magari sia sbagliato, per il semplice motivo di
appartenere a quel gruppo e di evitare dunque di andare contro la maggioranza.
A tal proposito ci si è chiesti se le dinamiche interne di un gruppo si ripercuotono sulla
produttività del gruppo stesso.
Steiner sostenne anche che la produttività dipenda non solo dalle sue dinamiche ma anche
dalla natura del compito, infatti innanzitutto bisogna:
• Ripartire il compito: suddividere il compito in maniera chiara tra le persone del gruppo
•
Quantità / qualità del gruppo: la quantità del compito e quindi del lavoro da svolgere
determina la qualità della prestazione
• Input individuale / prodotto del gruppo: la prestazione di un gruppo è sempre frutto
della somma della collaborazione dei singoli membri per cui il prodotto del gruppo è in
relazione al contributo di ogni componente che svolge compiti additivi , ossia utili per il
fine ultimo cioè il prodotto.
Esistono anche compiti disgiunti che prevedono che la produttività del gruppo sia in funzione
delle sole competenze dei singoli tra le quali il gruppo opera le sue scelte.
Questo modello permette di fare delle supposizioni sulla produttività di un gruppo e consente
anche di analizzare il processo attraverso cui si svolgono azioni che all’apparenza sembrano
semplici, scontate e automatiche.
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Capitolo 11
Aggressività e Altruismo
Aggressività e altruismo , secondo gli studiosi, sono delle variabilità ipotetiche che si traducono
in comportamenti che i singoli individui adottano in base a determinati fattori, caratteristiche di
chi svolge l’azione di chi la riceve e in quale contesto tali atteggiamenti si manifestano.
Aggressività
Un comportamento aggressivo è quell’azione che provoca un danno sulla base di un’intenzione
in tal senso da parte di chi lo mette in atto. Gli psicologi considerano dunque aggressivo tutto
ciò che danneggia intenzionalmente l’altro e, non solo dal punto di vista fisico.
Attili e Hinde hanno individuato due tendenze:
- Essere assertivo, assertività specifica
- Essere violento, aggressività per sé.
Ciò per rintracciare le motivazioni reali dell’aggressività che, secondo gli studiosi possiamo
ricondurli a sistemi neuronali e ormonali differenti, tra uomo e donna e tra un individuo e un
altro.
Possiamo parlare, secondo gli psicologi di:
- Aggressione strumentale, o ostilità specifica, comportamento aggressivo messo in atto a
freddo , premeditando l’azione, riconducibile ad una motivazione di affermazione di se stessi.
- Aggressione ostile, comportamento aggressivo che sembra avere come unico scopo quello di
creare danno, con l’unica motivazione di tipo generale ad essere violenti( aggressività per sé).
La violenza invece si può distinguere in:
- Violenza emotiva, una violenza impulsiva legata più alle relazioni intime, con lo scopo di far
del male all’altro perché si percepisce un offesa intenzionale da parte dell’altro e per il qual
motivo può anche definirsi violenza difensiva.
- Violenza criminale, riferita agli atti delinquenziali
- Violenza dissociale, legata all’assertività in quanto ricerca l’approvazione di un gruppo
specifico (mafia)
- Violenza bizzarra crimini di tipo psicopatologico.
Possiamo distinguere anche diversi tipi di comportamento aggressivo che da quello criminale a
quello umano:
- Aggressività predatoria , caratterizzata dall’assenza di segnali di minaccia e viene perpetrata
in silenzio, per soddisfare i bisogni di cibo e la sopravvivenza
- Violenza interetnica caratterizza le lotte tra gruppi diversi
- Aggressività irritativa nelle altre specie, si manifesta quando gli animali sono in uno stato di
rabbia, paura, dolore e quindi attaccano
- Aggressività irritativa e aggressività impulsiva nella specie umana, si riconduce
all’aggressività emotiva, senza differenza tra uomo e donna ed è stata quella più studiata
- Aggressività difensiva nelle diverse specie, quando l’animale che viene attaccato assume
degli atteggiamenti che gli salveranno la vita o lo faranno morire ( fuggire o simulare la morte,
se sono della stessa specie tenderà ad avere degli atteggiamenti di rappacificazione o di
sottomissione)
- Aggressività difensiva nella specie umana, l’uomo se si sente minacciato risponde ritorsioni
fisiche mentre la donna verbali ma comunque sia non vi sono differenze sostanziali tra uomo e
donna
Possiamo poi distinguere l’aggressività tra maschi, l’aggressività da stimoli sessuali e
l’aggressività materna :
- Aggressività tra maschi nelle altre specie, l’aggressività messa in atto dagli animali di sesso
maschile e caratterizzata da processi di negoziazione tra i contendenti quali mettono in atto
segnali di sottomissione che definiscono lo strutturarsi di gerarchie di dominanza e
impediscono la morte dell’avversario
- Aggressività tra maschi nella specie umana, l’aggressività è più presente nell’uomo rispetto
alle donne ed è prevalentemente di tipo fisico
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- Aggressività materna, è collegata allo stato ormonale in cui si trova la donna dopo il parto. È
dunque quel comportamento presente nelle donne che rivolgono a coloro i quali vogliono far
del male ai propri piccoli.
Tutte le azioni violente però, non vengono innescate solo da fattori interni all’individuo ma,
anche a fattori socioculturali che possono ridurre o ampliare l’attivazione di tali atteggiamenti o
che possono addirittura dare significati diversi al comportamento. Dunque per essere percepito
come comportamento violento deve rispondere a delle norme sociali:
- Infrazione delle norme sociali, quando gli atti compiuti sono ritenuti illegittimi
- Reciprocità, Gouldnec parla della legge della reciprocità cioè se un individuo pensa di essere
vittima di una violenza,ritiene di essere giustificato se ricambia tale violenza,
- Accettabilità della violenza se commessa dai maschi, spesso si accetta l’atto violento perché
si presuppone sia un tratto di mascolinità,
- Norma della privacy familiare, si tende a giustificare e ad accettare le violenze all’interno
delle pereto domestiche
- Violenza intergruppo, la norma vuole che la violenza debba essere controllata all’interno del
gruppo e che sia accettata se il bersaglio non ne fa parte
- Violenza nel gruppo, si basa su meccanismi psicologici che fanno sì che un’azione non
accettabile a livello individuale diventi un comportamento collettivo del quale il singolo membro
non è pienamente responsabile.
Col parlare dell’influenza sociale siamo arrivati a parlare anche della violenza collettiva, ovvero
quella violenza la cui responsabilità è rintracciabile sull’intero gruppo anche se l’azione venga
compiuta da un singolo componente. Per cui tali azioni possono anche essere cruenti.
Emerge così all’interno di un gruppo quella che noi definiamo la teoria della norma emergente,
ovvero la formazione di nuove norme, per le quali i membri del gruppo adottano un
determinato comportamento perché richiesto dalla nuova norma, come prova di coraggio.
Altruismo
È quel comportamento che si manifesta in maniera volontaria e senza aspettativa alcuna da
parte di chi compie l’azione, di ricevere vantaggini conseguenza di ciò.
Spesso però, tali azioni sono spinte da intenzioni diverse ed è per questo che è stato studiato il
comportamento pro sociale , ovvero quel comportamento che spinge una persona a compiere
quell’atto per un senso di approvazione e quindi per una motivazione di tipo egoistica. In tal
senso è stata elaborata la teoria dello scambio sociale: ci si comporta così prendendo in
considerazione i benefici che ne derivano.
Dunque la motivazione che ci spinge ad intervenire nei confronti di chi si trova in difficoltà
deriva da un processo decisionale che implica:
- La percezione del bisogno dell’altro
- La considerazione della propria responsabilità
- La valutazione dei costi e dei benefici che aiutare comporta
- La decisione relativa a cosa fare per portare aiuto.
La decisione di portare aiuto, che si tratti di un’azione altruistica o di un’azione pro sociale, è
influenzata anche da fattori legati alla situazione o al contesto in cui le persone so trovano per
questo possiamo parlare di :
- effetto astanti, ci si astiene dal dare aiuto per la presenza o meno di altre persone in quanto,
esser da soli ci spingerà ad agire mentre, la presenza degli altri inibirà la nostra intenzione
- diffusione di responsabilità, dipende dalla presenza degli altri cioè, se in quella determinata
situazione sono presenti anche gli altri, non sentiremo la responsabilità di dover intervenire noi
in prima persona.
I comportamenti d’aiuto richiedono anche precise norme sociali:
- Norma della responsabilità
- Reciprocità ( aiutare chi ci aiuta)
- Giustizia sociale ( dare a tutti lo stesso aiuto, sia in qualità che in quantità)
Dobbiamo inoltre dire che non esistono dei tratti di personalità standard per classificare coloro
che danno aiuto poiché, decidiamo di prestare aiuto a coloro i quali, secondo le nostre
considerazioni, meritano il nostro aiuto: a chi perde il lavoro, a chi ha problemi di salute etc..
Infine, per valutare questi due aspetti opposti del comportamento umano e animale, quali
l’altruismo e l’aggressività, tre sono state le teorie che se ne sono occupate per definirle al
meglio:
- Il comportamentismo e la social learning theory, si rifà all’apprendimento sociale , secondo il
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quale l’atteggiamento aggressivo viene determinato dall’imitazione immediata o dislocata nel
tempo di spettacoli violenti al cinema o in tv, a seconda delle condizioni ambientali favorevoli
allo scatenamento del modello appreso, inducendo dunque alle condotte aggressive; per
quanto riguarda il comportamento altruistico, l comportamentismo ritiene che si diventa
altruisti solo a seguito di pressioni esterne
- L’approccio evoluzionistico della scuola inglese dell’etologia: i modelli cibernetici, sostiene che
il comportamento sia l’esito di una continua interazione tra organismo e ambiente e quindi
interpretano le condotte in termini di risposte , dovute sì all’attivazione di sistemi
comportamentali innati ma, anche a seguito di processi di elaborazione delle informazioni che
provengono dall’ambiente circostante e per questo vengono definiti modelli cibernetici del
comportamento
Capitolo 12
Sviluppo umano, attaccamento e sistemi sociali complessi
Utilizzare un approccio evoluzionistico significa tener conto dei continui processi di interazione
tra organismo e ambiente e di non trascurare il peso delle esperienze di ciascun individuo
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durante il suo arco di vita. Sono queste esperienze ,infatti, che fanno sì che le predisposizioni a
base innata trovino attuazione secondo certe traiettorie e non secondo altre e, sulla base di
quanto appena detto , Bowlby , pschiatra inglese , cerca di dare una spiegazione sia dei
fenomeni individuali sia delle strutture sociali.
Egli sostenne infatti, che tutto sta alla base di un sistema di attaccamento da parte degli
individui.
Bowlby mostra , attraverso la comparazione con altre specie animali, come alla base dell’
‘’amore filiale’’ ci sia una motivazione primaria di contatto sociale, il quale è funzionale alla
sopravvivenza più del cibo di scaricare sulla madre-oggetto l’energia accumulata.
Rifacendosi a tale tesi, egli riprende il tema dell’imprinting per spiegare come un individuo
cerca conforto protezione e contatto con una figura che dia la sicurezza e le cure che ricerca.
È proprio da qui che tutto ha inizio.
- Accade così infatti che, i bambini che abbiano sperimentato una madre sensibile al loro
bisogno primario di contatto, bambini di tipo B, se si trovano in una situazione di disagio, si
avvicinano ad essa per farsi confortare e, saranno in grado di esplorare aspetti nuovi
dell’ambiente che li circonda.
- Se invece i bambini fanno esperienza di una madre che rifiuta il loro bisogno di affetto e di
contatto, saranno bambini insicuri o di tipo A , bambini dunque evitanti,ansiosi che,
denunciano assenza di emozioni ed evitano qualsiasi contatto con la madre e successivamente
con gli altri adulti.
- Ci sono poi quei bambini detti coercitivi-ambivalenti o di tipo C, che cercano conforto
avvicinandosi alla madre ma, appena la madre si avvicina , rifuggono il contatto e possono
addirittura esprimere rabbia nei suoi confronti.
Quando i bisogni primari quindi vengono soddisfatti , l’essere umano forma un modello
mentale del Sé come di una persona degna di aiuto e di amore e, un modello mentale della
sua figura di attaccamento e poi, per estensione , degli altri in termini di persone affidabili e
pronte ad aiutare in caso di necessità. Queste rappresentazioni mentali hanno alla base
l’aspettativa che in caso di pericolo la propria figura di attaccamento sia disponibile ad
accorrere. Speculare a questa aspettativa si consolida la previsione che si sarà capaci di
affrontare le difficoltà.
I bambini caratterizzati da modelli operativi interni di tipo B, sono più socievoli con i coetanei
e più autonomi , da adulti sanno essere autonomi e ben disposti ad intraprendere nuove
attività, responsabilità e relazioni.
I bambini di tipo A hanno una rappresentazione di se stessi come privi di valore e tendono a
rimanere isolati e sono disorganizzati nel loro comportamento al punto tale che da adulti i loro
legami saranno costituiti solo da freddezza e incapacità di risolvere e fronteggiare i problemi.
I bambini di tipo c si rappresentano come individui vulnerabili motivo per il quale da adulti
avranno difficoltà nell’instaurare relazioni con gli altri.
Le relazioni dunque, dipendono dal modello di attaccamento che si è stabilito in età infantile.
Da ricerche effettuate in questo campo è emerso ,infatti, che gli individui ricercano partner il
cui stile sia simile al proprio per paura di legarsi e di non saper affrontare i possibili problemi
che potrebbero insorgere.
Il ruolo che può avere l’attaccamento nel modulare le attribuzioni delle cause degli eventi
quindi è essenziale: le persone sicure riconducono le cause degli eventi a fattori interni mentre
le persone insicure e ambivalenti attribuiscono le cause a fattori esterni.
Dunque possiamo concludere dicendo che, l’atteggiamento di ogni singolo individuo dipende
sia da fattori interni che da fattori socioculturali di cui si fa esperienza nell’arco della propria
esistenza.
Capitolo 13
Metodi di ricerca in psicologica sociale
La psicologia sociale è una disciplina destinata allo studio sistematico dell'interazione umana e
delle sua basi psicologiche. Lo scopo principale della ricerca è sviluppare nuove teorie, modelli
e costrutti che possano spiegare e prevedere meglio i comportamenti ed i fenomeni degli
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essere umani al interno del loro ambiente.
La ricerca psicosociale ha 3 obiettivi:
1. L’ ideazione di nuovi costrutti teorici che aiutino a comprendere la realtà circostante e a
darle senso. Il ricercatore traduce ciò che ha affermato in forme teoriche in modo da
spiegare meglio gli aspetti della realtà. Questo insieme di affermazioni costituirà il
costrutto teorico che faciliterà l interpretazione di comportamenti analoghi a quelli
osservati.
2. Sottoporre a verifica empirica le neonata teoria. Questa fase è abbastanza delicata
poiché deve essere dimostrata la fondatezza e l' efficacia di una teoria.
3. Trasformazione del costrutto teorico in qualcosa di concreto. Una volte che la teoria
viene formulata e successivamente verificata, il compito del ri cercatore è rendere
accessibili ad altri studiosi le ricerche compiute tramite la pubblicazione dei risultati
raggiunti.
I metodi e gli strumenti di ricerca che il ricercatore può utilizzare sono molteplici e divisi in due
macrocategorie: metodi quantitativi e qualitativi.
La ricerca quantitativa
La ricerca quantitativa prevede una raccolta di dati completi ed oggettivi, costituiti da variabili
numeriche, in modo da consentire un esame accurato ed obiettivo. Il ricercatore deve essere in
grado di controllare le variabili in gioco in modo da poterle misurare. Gli strumenti di misura
utilizzati, sottoposti a studi di validazione e attendibilità, hanno lo scopo di raccogliere il
massimo delle informazioni rilevanti per l'indagine. Lo scopo principale è quello di raccogliere
dati numerici e oggettivi per sottoporli ad analisi statistiche.
La ricerca qualitativa
Ha lo scopo di studiare un determinato fenomeno comprendendo i soggetti che ne sono
implicati. Lo scopo è quello di ottenere dai soggetti intervistati, il maggior numero di
informazioni(anche se costituiscono il parere personale)di un singolo individuo. L’attenzione
non viene posta al numero dei partecipanti ma al grado di accuratezza dei materiale che questi
forniscono durante lo studio.
2.IL PROCESSO DELLA RICERCA
Il metodo che viene utilizzato durante lo svolgimento di ricerche si basa su principi rigorosi e
procedure che vengono impiegate per sviluppare domande, raccogliere dati e giungere a
conclusioni. L’applicazione del metodo scientifico prevede che il ricercatore procedo attraverso
un percorso diviso in fasi. Le più importanti secondo Pedon sono:
L individuazione del problema oggetto di indagine
Punto di partenza di un progetto di ricerca è la definizione del problema che diverrà oggetto di
indagine scientifica. Gli ambiti più rilevanti da cui il ricercatore dovrà attingere per selezionare i
problemi da approfondire sono:
• interessi personali del ricercatore--->essi aiutano a porsi problemi ed a orientarsi nella
ricerca;
•
eventi paradossali o dovuti al caso--->come fanno notare Pedon e Gnisci la storia della
scienza è piena di risorse importanti avvenute per caso(come ad es. la scoperta della
penicellina e dei macachi, i cosiddetti nueroni a specchio).
•
teorie e risultati di altre ricerche--->alcune teorie, per la loro complessità sono stimolo
di nuovi approfondimenti scientifici di fatto generano continuamente nuovi problemi,
che i ricercatori possono decidere di indagare(teoria della Gestalt e teoria dell’
attaccamento di Bowlby).
Formulazione delle ipotesi
Lo studioso una volta stabilito l obiettivo della ricerca, dovrà delineare i confini teorici entro cui
vuole muoversi. E' necessario che egli individui un fenomeno specifico che intende
approfondire e un framework teorico. Successivamente vengono formulate le ipotesi della
55
ricerca, che possono essere definite come affermazioni portate avanti dal ricercatore per
anticipare un determinato fenomeno. A questo punto verranno costruite delle categorie di
analisi all'interno delle quali includere i comportamenti e si procederà alla formulazione
attenta e scrupolosa delle loro definizioni operazionali, cosicché diversi osservatori che valutino
il medesimo fenomeno possano trovare un accordo e un certo fenomeno possa essere
giudicato allo stesso modo anche se valutato in modi differenti.
Pianificazione delle procedure sperimentali
Una volta individuato il problema da approfondire il ricercatore deve compiere una serie del
scelte per tratteggiare il disegno di ricerca.
Una ricerca può essere: descrittiva ,correlazionale o sperimentale.
-indagine descrittiva--->utilizzata quando non si conosce una fenomeno e se ne vogliono
individuare le caratteristiche peculiari. E' il tipo di ricerca utilizzato per descrivere i diversi
aspetti di un comportamento o fenomeno psicologico.
-studi correlazionali--->usati per cercare relazioni esistenti tra variabili.
Da uno studio correlazionale possono emergere tre tipologie di risultati:
• correlazione positiva: le due variabili aumentano o diminuiscono contemporaneamente;
•
correlazione negativa: all'aumentare di una variabile corrisponde il diminuire dell'altra;
•
nessuna correlazione: assenza di qualsiasi relazione tra le due variabili.
-ricerca sperimentale--->usata x dimostrare i rapporti di causalità tra le variabili. I metodi
sperimentali possono essere utilizzati per determinare la reale natura del rapporto.
Raccolta dei dati
Dopo aver scelto il metodo di indagine, si può iniziare la fase di raccolta dei dati. L’attenzione
del ricercatore è orientata principalmente alla scelta degli strumenti di misura e alla loro
somministrazione
CAMPIONAMENTO--->scelta dei soggetti che parteciperanno alla ricerca.
Il campionamento può essere distinto in due tipologie:
*campionamento probabilistico: dalla popolazione generale vengono estratti alcuni soggetti
considerando la probabilità che gli individui stessi appartengano al campione;
°campionamento casuale semplice: soggetti estratti in modo casuale dalla popolazione in
riferimento. Ogni individuo ha la medesima probabilità di essere selezionato dalla popolazione;
°campionamento casuale stratificato: utilizzato per costruire campioni sperimentali. Consiste
nell'estrazione di soggetti da sottopopolazioni aventi caratteristiche comuni, quali la posizione
geografica ,l’età, il sesso, la razza, lo stato socio-economico ecc...
°campionamento a grappolo: utilizzato per popolazioni molto ampie. Consiste nell'estrazione
non di singole unità separatamente ,ma di sottogruppi, detti grappoli ,rappresentativi ognuno
dell'intera popolazione .I grappoli possono essere: regioni, comuni, città, quartieri ecc..
*campionamento non probabilistico: usato nell'ambito della ricerca descrittiva. Tra i metodi più
utilizzati troviamo quello della scelta ragionata, che si basa sull’ esperienza e sulle opinioni
dello sperimentatore, che autonomamente sceglie le persone da intervistare.
-SELEZIONE E PREPARAZIONE DEGLI STRUMENTI DI MISURA
Dopo aver selezionato i partecipanti, il passo successivo è quello della selezione dei test da
somministrare.La selezione deve tener conto di almeno due aspetti:
-attinenza con le ipotesi formulate;
-selezione del tipo di variabili da studiare.
Gli strumenti devono essere validi ed attendibili(test compresi).Un test risulta valido ,quando
dopo essere stato sottoposto a specifiche analisi statistiche dimostra di valutare effettivamente
la teoria che si propone di misurare.
Un test risulta attendibile ,quando ,produce costantemente risultati coerenti ed accurati. Il
concetto di attendibilità si riferisce all’ affidabilità della misurazione di un dato fenomeno.
La scelta dei test deve tener conto delle variabili che vengono misurate .Alle variabili
concernenti caratteristiche, qualità o condizioni di oggetti, eventi, stati d'animo, o di individui,
sono di norma assegnati dei valori numerici che possono essere collegati lungo delle scale.
Queste scale in ordine di accuratezza sono:
• Scala nominale :metodo per classificare qualitativamente gli oggetti e gli individui
56
studiati in categorie omogenee e distinte le une dalle altre.
•
Scala ordinale: permette una misurazione che consente di mantenere ed elaborare
una quantità di info superiore a quella nominale. Tale scala offre la possibilità consente
di ordinare le classi in modo crescente o decrescente a seconda di quanto gli elementi
che ne fanno parte possiedano una determinata caratteristica. Il valore numerico
attribuito alle classi ha la sola proprietà di connotare la relazione di ordine tra diverse
quantità e non rappresenta la quantità effettiva della caratteristica osservata
•
Scala a intervalli equivalenti :oltra a godere della proprietà possedute nelle scale
precedenti, permette di comparare matematicamente le differenze tra i soggetti. Essa è
concepita in modo tale che a distanze numericamente uguali sulla scala coincidano
distanze uguali nella modalità di esprimere la caratteristica osservata. In questa scala vi
è la mancanza del valore <<zero>> . Nonostante abbia certi limiti può essere
considerata a tutti gli effetti una scala di misura e permette di effettuare tutte le
operazioni matematiche sugli intervalli tra valori.
•
Scala a rapporti equivalenti: mantenere tutte le proprietà di quella a intervalli con il
vantaggio di possedere uno zero assoluto in cui il fenomeno o la caratteristica presa in
esame è assente del tutto o nulla. Sui singoli valori della scala possono essere svolte
tutte le operazioni matematiche, senza complicazioni tra i valori stessi.
-SOMMINISTRAZIONE DEGLI STRUMENTI DI MISURA
Una volta individuati i test, prima di somministrarli, il ricercatore deve che tutte le procedure
rispettino le norme etiche(di correttezza) che nell’ambito della psicologia in generale dettate
dall'Associazione Italiana di Psicologia .Il soggetto sottoposto al test deve porre la firma del
consenso informato .Il ricercatore deve garantire la privacy di tutti i partecipanti alla ricerca,
infatti vi è la possibilità di rendere il test anonimo .
Analisi dei dati
Una volta conclusa la fase della rilevazione ed effettuata la raccolta dei dati si dovrà procede
con l utilizzo di analisi statistiche. Tali analisi possono confermare o confutare le ipotesi ,ma
possono anche indicare se i risultati ottenuti sono statisticamente significativi.
Utilizzando la statistica psicometrica i ricercatori possono riassumere i dati ,analizzare i risultati
e trarre conclusioni sulla base delle evidenze emerse. I metodi statistici di analisi utilizzati
dipendono dal tipo di dati raccolti.
Interpretazione dei risultati ottenuti e la loro pubblicazione
La fase finale ha lo scopo di accettare se le ipotesi di partenza siano state confermate o meno
,ma anche di commentare l andamento dei risultati emersi. Il ricercatore deve interpretare il
resoconto sterile dei risultati e deve anche comunicare gli esiti dell'indagine che ha condotto
per renderla replicabile al altri ricercatori, questo passaggio viene effettuato attraverso la
stesura d un rapporto finale, elaborato sotto forma di articolo scientifico .Se non viene
divulgata, la ricerca non può contribuire ad accrescere le conoscenze scientifiche. I risultati
saranno divulgati e condivisi in generale con la comunità scientifica e in particolare con gli
studiosi dell'argomento trattato. Nella stesura dell'articolo per prima cosa si dovrà delineare il
contesto storico nel quale è nata l idea di svolgere la ricerca, le motivazioni, l’ipotesi iniziale, le
attese dello studio, i metodi adottati, le tecniche statistiche impiegate .Inoltre devono essere
illustrate le variabili dell'esperimento ,la loro relazione e quale ruolo esse hanno svolto durante
lo studio.Dopo aver chiarito tutti i dettagli si dovrà spiegare come le informazioni ricavate sono
state analizzate e infine si commenteranno i risultati emersi. Ogni passo compiuto nella ricerca
dovrebbe essere chiarito nel dettaglio e spiegato in modo approfondito. Per concludere ogni
fase del processo è fondamentale per incrementare la conoscenza scientifica .
Capitolo 14
Come misurare gli atteggiamenti
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Nella ricerca sociale si esamino proprietà individuali che non sono osservabili come credenze,
stereotipi ,rappresentazioni sociali e schemi cognitivi . Gli atteggiamenti secondo Rosenberg e
Hovland sono costituiti da tre componenti :
• Cognitiva
• Emotiva
• Comportamentali
Gli studi degli atteggiamenti sono importanti per comprendere in che modo gli individui
esprimono valutazioni affettiva positive o negative verso persone, oggetti e situazioni. Gli
atteggiamenti sono elementi astratti non direttamente osservabili i ricercatori si resero conto
che potevano osservare ed entrare in contatto con i comportamenti manifesti e attraverso
questi potevano dedurre le spinte motivazionali cognitivi ed emotive si è quindi ritenuto
possibile rilevare e misurare gli atteggiamenti analizzando le opinioni, le credenze e i
sentimenti espressi in determinate situazioni. A partire dagli anni 30 si inizio a lavorare per la
costruzioni di scale per la misurazione degli atteggiamenti. L’idea base su cui si fondano le
teorie è che le risposte date dagli individui a una serie di domande su un atteggiamento
possano essere organizzate e confrontate tra loro, si è ritenuto vantaggioso utilizzare per la
misurazione procedure dirette che consideranoo l’atteggiamento sociale come una variabile
unidimensionale di tipo affettivo-valutativo organizzata su un continuum al fine di definire la
direzione dell’atteggiamento e il grado ovvero l ‘intensità della valutazione. Gli strumenti
utilizzati sono le scale multi-item unidimensionali tra cui :
• La scala di Thurstone
• La scala di liker
• Lo scalogramma di Guttman
• Il differenziale semantico
La scala di Thurstone a intervalli equivalenti
Il metodo di Trustone risulta laborioso e si articola in 6 fasi :
1. Realizzazione del pool item : Nella prima fase s raccoglie un numero elevato di
affermazioni e quesiti che esprimano atteggiamenti verso un specifico oggetto, possono
essere ricavati da conoscenze, esperienze, oppure da studi precedenti. Ogni
affermazione deve essere un item chiaro e non fraintendibile e deve andare da
atteggiamenti sfavorevoli a quelli favorevoli.
2. Valutazione degli item : Nella seconda fase si reclutano dei giudici per valutare gli
item raccolti, esaminano tutte le affermazioni e le ordinano in una scala di 11 passi dal
piu favorevole a quello negativo
3. Stima dei valori scalati : Nella terza fase in base ai punteggi assegnati dai giudici, si
determina una media aritmetica, la mediana e la deviazione standard e infine si
individua il valore scalare per ogni affermazione
4. Individuazione degli item : si selezionano gli item 20-30 che comportano la scala
definitiva in modo che vi sia almeno un item per ogni valore della scala disponendoli ad
intervalli uguali per questo viene definita scala a intervalli equivalenti.
5. Somministrazione della scala: si sottopone la scala agli individui che devono mettere
una crocietta in corrispondenza degli item con cui si trova d’accordo,
6. Lo scoring: il punteggio complessivo di un atteggiamento è determinato calcolando la
media dei valori di ciascun item per il quale i soggetti hanno espresso l’accordo
La tecnica di Thurstone risulta dispendiosa in termini di denaro e tempo e presenta anche limiti
intrinseci innanzitutto l’affidabilità della scala viene delegata a dei giudici che tuttavia possono
influenzare con le loro opinioni o i loro atteggiamenti personali senza riflettere quelli della
popolazione inoltre il test si fonda sull’unica indicazione accordo o disaccordo senza cogliere
l’intensità dell’uno e dell’altro.
Lo scalogramma di Guttman
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Il metodo dello scalogramma sviluppato da Guttman fu utilizzato per la prima volta
sull’esercito per studiare e misurare il morale, lo spirito e gli atteggiamenti dei soldati. Il
criterio teorico di costruzione della scala è quello di ricavare una sola dimensione
dell’atteggiamento che si vuole studiare e utilizzarla sia per ordinare la sequenza delle
domande sia per individuare posizioni di ciascun individuo, infatti secondo Guttman se la scala
è costruita correttamente, è sufficiente sapere quante risposte affermative un soggetto abbia
dato per determinare quali siano tali risposte, e sia il grado d’accordo con l’oggetto
d’atteggiamento preso in esame. La logica è quella di selezionare un insieme di item ordinati in
modo tale che se un intervistato è d’accordo con l’asserzione di un item dovra trovarsi
d’accordo anche con gli item precedenti.
La costruzione di questo tipo di scala avviene attraverso 3 tappe:
1. Formulazione degli item : Il ricercatore in base argomento formula un numero di
item monotoni (unidirezionali) che esprimono l’atteggiamento ai vari livelli d’intensità
2. Classificazione degli item e individuazione di rispondenti inaffidabili: Una vola
individuati gli item vengono sottoposti a dei giudici per valutare l’effettiva connessione
degli item. Se la scala proposta è effettivamente unidimensionale si dovrebbe produrre
una scala perfetta e dare un origine a uno scalogramma privo di errori in cui tutti gli
item posseggono una proprietà cumulativa. Tale proprietà dovrebbe garantire che se
un soggetto esprime il suo accordo con l’ultima affermazione della scala si trovi
d’accordo con le dichiarazioni precedenti, viceversa se un individuo avendo accettato
un affermazione non ne accetta una precedente si tratterà di un errore e quindi non
sarà considerato come valido.
3. Attribuzione degli score e individuazione degli errori: Dopo la somministrazione lo
scoring dello scalogramma di Guttman avviene calcolando per ogni soggetto la somma
degli item con cui si dichiara d’accordo. In altri termini se un individuo totalizza un
punteggio di 6 si intende che oltre a trovarsi d’accordo con la sesta affermazione
concorda implicitamente anche con le cinque affermazioni antecedenti. Se un soggetto
da una risposta negativa entro una sequenze di risposte positive tale evenienze e
dovuta ad un errore o all’influenza di una variabile esterna al tal riguardo una scala di
tipo Guttman può ritenersi valida quando un coefficiente d riproducibilità e maggiore di
0.90 ovvero si ritiene accettabile solo nel caso vi sia una 10% di risposte non attese.
La scala Likert
Likert nel 1932 ha ideato un metodo per la realizzazione di scale atte a misurare gli
atteggiamenti che ha denominato method of summated reting (metodo dei punteggi
sommati) L’intento principale di misurare opinioni, attitudini e atteggiamenti in modo più
agevole e veloce e con minor investimento di energie e denaro , questa scala si fonda
sull’assunto teorico che l’atteggiamento nei confronti di un determinato oggetto possa essere
considerato un continuum unidimensionali che va da un livello minimo a uno massimo
d’accordo sul quale i diversi soggetti si collocano in base al totale delle risposte date agli item,
Rispetto alla scala di Guttman e a quelle progettate da Thurstone che prevedono una modalità
di risposta (si/no accordo/disaccordo) la tipologia di likert consente ai soggetti di declinare il
loro punto di vista secondo un continuum che viene considerata da moltissimi studioso molto
vantaggiosa.
La creazione di questa scala e caratterizzata da 4 fasi:
1. Realizzazione del pool di item: I ricercatori formulano un numero elevato di
affermazioni connesse con l’oggetto d’indagine. Tali affermazioni potranno essere sia
favorevoli che sfavorevoli, quelle che non dovranno essere inserite saranno affermazioni
ambigue. In questa fase iniziale la scala prevede item sia favorevoli che sfavorevoli ma
anche l’inserimento di un item inverso, per item inverso si intende quando la sua
polarità rispetto all’oggetto viene capovolta. La presenza di tali item risulta di primaria
importanza poiché contribuisce al controllo di alcuni biases attribuibili ai soggetti
rispondenti come la desiderabilità sociale e l’acquiescenza. La prima fa riferimento
alla tendenza a fornire risposte false al fine di ostentare un buon adattamento al proprio
mondo sociale e di mostrarsi sotto una luce favorevole, la seconda è associata alla
tendenza a dichiararsi d’accordo con ciascuna affermazione del test esperimento un
altro valore di accordo.
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2. Somministrazione preliminare e controllata delle domande: L’intero pool di
domande viene somministrato a un campione limitato aventi medesime caratteristiche.
Gli intervistati devono esprimere il loro accordo/ disaccordo per ciascun item servendosi
di una scala solitamente 5-7. Le alternative si articolano da un massimo di disaccordo a
un massimo di accordo passando per tutte le posizioni intermedie chiaramente un
punteggio alto corrisponde ad un atteggiamento favorevole e viceversa
3. Analisi e selezione degli item: In questa fase si valuta se le affermazioni formulate
sono effettivamente coerenti tra loro e riconducibili all’atteggiamento preso in esame,
nel caso in cui gli item non siano in linea vengono eliminati. Per fare questo inizialmente
viene attribuito un punteggio a ciascun item e se calcolano media e deviazione standard
per ogni singolo item successivamente assumendo che i soggetti riportano un punteggio
elevato debbano riportare i punteggi elevati in ciascun item e viene calcolata la
correlazione tra punteggio ottenuto per ogni affermazione e punteggio totale. Viene
inoltre analizzata la coerenza interna ovvero se gli item misurano la medesima variabile
attraverso l’indice alfa di Cronbach.
4. Definizione della scala definitiva. Gli item migliori vengono selezionati e
costituiscono la scala definitiva, quest’ultima può essere utilizzata direttamente sulla
popolazione target assumendo che i soggetti che totalizzano valori alti sono coloro che
si riconoscono maggiormente con l’atteggiamento preso in considerazione. Un
alternativa può essere la somministrazione della scala a un ampio campione
rappresentativo della popolazione che si vuole studiare al fine di individuare dei valori
medi normativi. Concludendo si può afferma che questo tipo di scala e più semplice ed
agevole risulta quindi vantaggioso ed efficace da questo deriva la straordinaria
diffusione tuttavia il suo punto debole sta nel fatto che si definisce scontata la capacità
del soggetto di proiettare i propri punti di vista nelle poche categorie di risposta.
Il differenziale semantico
Il differenziale semantico nasce negli anni 50 dalle ricerche del team di Charles E. Osgood che
elaborarono un metodo capace di misurare il significato connotativo di un stimolo. Il significato
attribuito a un concetto stimolo viene esaminato come la risultante di due componenti
indipendenti, la prima chiamata denotativa o descrittiva si riferisce agli elementi oggettivi e
superficiali riscontrabili negli individui, la seconda viene definita connotativa riguarda aspetti
più soggettivi collegati alle reazione emotive e affettive che ogni stimolo evoca a livello
personale. Il differenziale semantico è una tecnica capace di rilevare gli aspetti connotativi del
significato che gli individui attribuiscono agli eventi senza l’utilizzo di domande esplicite e
dirette. Si basa sulle associazioni che l’intervistato stabilisce tri il concetto astratto oggetto di
studio e altri proposti in modo standardizzato. Osgood, Suci, e Tannenbaum testarono questa
metodologia dopo aver somministrato diverse scale ad un ampio campione di soggetti e
svolsero della analisi fattoriali. I risultato evidenziarono che le risposte potevano essere
composte in una struttura multidimensionale a tre fattori che potevano essere ricondotti a
valutazione, potenza e attività. La costruzione di questo strumento di misura prevede che un
concetto astratto sia valutato in base a un certo numero di aggettivi bipolari ( vecchio/giovane,
buono/cattivo) risultando quindi semplice e poco costosa e può essere suddivida in 3 fasi:
1. Scelta dei concetti/stimoli: Osgood e colleghi ritenevano che il differenziale
semantico potesse essere idoneo per misurare e qualificare i significati di elementi
come oggetti, parole, eventi, stimoli oppure forme o colori. I ricercatori devono
selezionare gli stimoli che vogliono proporre ai soggetti intervistati tenendo conto della
pertinenza agli obbietti in quanto devono essere rappresentativi del fenomeno che si
intende studiare.
2. Selezione delle coppie di aggettivi bipolari: Nella fase di progettazione è necessario
individuare per prima cosa quali coppie di aggettivi bipolari inserire, la scelta degli
aggettivi è orientata ad alcuni principi essenziali tra cui :
• Alto livello di familiarità
• Alto grado di attinenza con gli stimoli
• Un effettiva bipolarità
• Un bilanciamento globale: l’insieme delle coppie non deve creare uno
squilibrio negli oggettivi.
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3 Determinazione dei passi della scala. In questa fase di stabilisce in quanti passi sarà
articolata la scala, il differenziale semantico prevede una scala bipolare a 5 o 7 passi
tuttavia non esiste una regola che stabilisce quante alternative di scelta vi debbano essere
o il numero dei valori intermedi tra un aggettivo e l ‘altro. La decisione spessa al ricercatore
che deve considerare 2 fattori :
• Scegliere un numero di passi pari o dispari: Solitamente si prediligono i
numeri dispari in modo la sviluppare una posizione neutra che i numero pari non
permettono in quanto induco ad una scelta o da un lato o dall’altro
• Scegliere il numero di passi minore o maggiore di 7: Un ampia gamma di
alternative maggiori a 7 consente di differenziare meglio gli intervistati sulla
base delle loro risposte tuttavia la medesima scelta in casi particolari (bambini o
anziani) potrebbe risultare negativa perché induce confusione nei soggetti
La misurazione dell’atteggiamento di un individuo avviene sommando i punteggi della scala di
attribuzione, ogni scala ha un polo negativo (corrisponde al valore 1) e un polo positivo
(corrisponde al valore 7) per cui i punteggi più elevati mostrano atteggiamenti favorevoli.
Come misurare il pregiudizio
Il pregiudizio è stato da sempre oggetto dii studio poiché è correlato a questioni interculturali.
Tale coinvolgimento è più intenso dal secondo dopoguerra in poi quando i gruppi di
maggioranza cominciarono a sviluppare comportamenti discriminatori nei confronti delle
minoranze etniche. La psicologia sociale a partire da Allport si è sempre occupata di valutare,
analizzare ed interpretare le dinamiche dei gruppo e di quei fattori che determinao il
favoritismo verso l ingroup e la discriminazione verso outgroup. Vi è la consapevolezzo che tali
fenomeni possono essere esaminati a livelli differenti , gli stereotipi sociali e i pregiudizi. La
Piere analizzo che se si esamina un atteggiamento espresso verbalmente può emergere che le
persone si dichiarano egualitarie e non pregiudizievoli tuttavia se invece si misura attraverso
l’osservazione del comportamento si può notare che provano imbarazzo nel passare del tempo
con una persone di colore, tale discrepanza può avvenire simultaneamente infatti un individuo
si può dichiarare disponibile verso le minoranze etniche a in realtà può comunicare con segni
non verbali un ostilità. Le questioni da analizzare sono due la prima riguarda in che misura è
realmente possibile valutare il reale grado di pregiudizio degli individui la seconda è legata alla
scelta degli strumenti più appropriati per analizzare il pregiudizio nei vari contesti. Importante
e considerare quando i soggetti sottoposti alla valutazione hanno la possibilità di controllare le
proprie risposte e quanto possono prevedere gli scopi dello sperimentatore. Uno studio
condotto da Schuman e colleghi ha confermato che forme espliciti di pregiudizio contro i neri
sono diventate più rare negli stati uniti, nella ricerca è stato necessario operare una distinzione
fra pregiudizio esplicito e pregiudizio implicito. Il modo più semplice per misurare il pregiudizio
esplicito è quello di chiedere direttamente il pensiero tale approccio viene usato nei questionari
self report e nelle scale di razzismo, questi strumenti sono composti da una serie di domande
inizialmente la validità stava nel fatto che le persone non avevo difficoltà nel dichiarare le loro
convinzioni verso l’ outgroup uno dei primi questionari per misurare il pregiudizio raziale è la
scala di razzismo simbolico messa a punto da Kinder e Seard e poi modificata da Henry e
Sears. Negli ultimi decenni la situazione si modifico radicalmente in quanto la desiderabilità
sociale e propensione a dare risposte false
fa si che nei sondaggi il pregiudizio e la
discriminazione è discendente ma in realtà nei comportamenti attuari rimaneva diffusa tale
contraddizione mette in crisi il seal-report un'altra aspetto da sottolineare e che le persone
possono non essere coscienti del loro grado di pregiudizio e non si rendano conto di
discriminare le minoranze. Jones e Sigall allo scopo di limitare le distorsioni svilupparono una
tecnica ingegnosa capace di aggirare il soggetto, tecnica detta del falso canale
d’informazione. Tale tecnica prevedeva che i soggetti mentre rispondevano alle domande
erano collegati a delle macchine in realtà inattive che veniva presentati come capaci di
individuare risposte false e ingannevoli , tale tecnica anche se basata sull’ inganno risulto
efficace. Tra i moderni self-report ve ne è uno in grado di misurare sia gli aspetti manifesti che
quelli più sottili del pregiudizio, si tratta della scala di pregiudizio sottile e manifesto
ideata da Pettigrew e Meertens la quale, si fonda su una concezione bidimensionale che costa
di un pregiudizio manifesto che corrisponde ad un pregiudizio rigido e un pregiudizio sottile che
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si caratterizza per una valutazione sofisticata dell’outgroup che a che fare con modi e usanze
normali . Questo strumento risulto utile per misurare in modo accurato e affidabile il
pregiudizio possedendo preigi come praticità economicità e bassa intrusività. Dopo gli anni 70
per valutare e misurare il pregiudizio in modo eficare tentarono di annullare o minimizzare la
tendenza degli individui a controllare le risposte . Per analizzare in modo indiretto come un
gruppo viene percepito o favori i ricercatori hanno a disposizione varie metodologie tra cui:
• L’osservazione del comportamento: Avviene in situazioni sperimentali ed è la
metodologia più semplice. Le misure comportamentali possono essere divise in
comportamenti sociali e comportamenti non verbali che sono più sottili come la distanza
o il contatto visivo. Da un lato queste misure sono sia implicite che esplicite, dall’altro si
evidenza una contraddizione tra un risposta verbale e una risposta non verbale.
• L’analisi del comportamento verbale: Tale valutazione prende in considerazione la
frequenza delle interruzioni, le frasi, le parole ricorrenti gli errori nel discorso, o
l’eccessiva semplificazione.
• Pregiudizio Linguistico intergruppi: si basa sull’idea che il linguaggio utilizzato
all’interno dei gruppo è in grado di esprimere stili pregiudizievoli sull’outgrouop e stili di
sostegno verso l’ingroup . Tale rappresentazioni linguistiche tendono ad essere
formulate in maniera astratta al contrario se le codifiche negative sono verso l ingroup
vengono codificate in termini concreti.
• Valori Fisiologici: Il pregiudizio può essere rilevato anche attraverso l’osservazioni di
eventuali modificazioni fisiologiche come movimenti oculari o reazioni epidermiche ad
esempio interagire con un membro di un outgroup puo portare ad un aumento del
battito cardiaco o ad una attività muscolare facciale in generale questa misurazione è
molto affidabile.
Tra le misure implicite ci sono le misure cognitive e le misure fisiologiche. Per quanto riguarda
la tipologia cognitiva il pregiudizio è misurato implicitamente attraverso la risoluzione dei
compiti che non richiedono in interpretazioni in quanto si basano su risposte automatiche. Si è
riscontrato che individui giudicano sempre tenendo conto delle categorie anche quanto la
risoluzione del compito non e legata all’appartenenza ad una di essa cosi si cerca di analizzare
le dimensioni implicite degli schemi attraverso i tempo di reazione, si parte dall’assunto che le
conoscenze degli individui siano dei complessi reticoli tra di loro associati e che l ‘attivazione di
un reticolo porti l ‘attivazione di tutti e quindi anche degli attributi stereotipici
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