Chi dice pioppo dice pappo! “Chi dice pioppo dice pappo!” Un’affermazione che, specialmente a metà primavera, molti non avrebbero difficoltà a condividere, ma che non è del tutto corretta: si dovrebbe infatti dire “chi dice pioppa dice pappo”! Questo perché nel Populus, che è una essenza dioica (cioè con fiori maschili e femminili portati da piante differenti), unicamente le signore Pioppo sono preposte alla produzione della prole, cioè i piumosi semi che portano il nome di pappi, fastidiosi sì, ma anche affascinanti come una nevicata fuori stagione. Ma, dopo questo incipit, vediamo di conoscere più da vicino gli amici pioppi. A differenza di tante essenze immigrate, più o meno volontariamente, nel nostro paese questa è una specie autoctona e, nella mia infanzia, ha minato la mia fiducia nelle conoscenze arboree degli adulti. Vedendo infatti un albero maestoso dalla bianca corteccia sulla riva di un torrente, alla spontanea domanda “che albero è?” mi fu risposto “un pioppo”; ma sempre “un pioppo” mi risposero quando incontrammo due imponenti alberi colonnari ai lati di uno stradello di campagna e così quando, sulle rive del Po, notai dei filari perfettamente incolonnati di alberelli dalla corteccia grigio-verdastra. Come potevano alberi tanto diversi essere tutti pioppi? Di certo gli adulti mi stavano ingannando! Crescendo mi dovetti ricredere: non mi avevano ingannato (almeno non in questa occasione) avevano semplicemente omesso di specificare di che tipo di pioppo si trattasse. L’albero sulla riva del torrente era un pioppo bianco (Populus alba): così chiamato per il colore chiaro della corteccia e della pagina fogliare inferiore, causato dalla presenza di lanugine. Secondo la mitologia greca quest’albero, simbolo del dolore e del sacrificio, era nero e divenne bianco quando le fronde furono bagnate dal sudore di Ercole durante il combattimento contro Cerbero, il cane a tre teste custode dell’inferno. Pianta che in natura si trova facilmente lungo i corsi d’acqua, viene impiegata nei giardini a scopo ornamentale e nelle alberature stradali grazie alla resistenza all’inquinamento, dovuta alla peluria delle foglie che protegge gli stomi. Sempre ai margini delle strade troviamo frequentemente la seconda pianta citata: il colonnare ed imponente pioppo cipressino (Populus nigra var. italica), una varietà di pioppo nero (chiamato nero per la corteccia scura e probabilmente per distinguerlo da quello bianco) che può raggiungere la rispettabile altezza di 40 metri e che sta alla bassa emiliana come il cipresso sta alle colline toscane. Di questa essenza, che pare essersi generata da una mutazione spontanea del pioppo nero, non vengono mai utilizzati gli esemplari femminili per evitare la pioggia di pappi e troviamo sempre fieri esemplari maschili riprodotti per talea. O meglio, quasi sempre esemplari maschili: perché, a volte si trova fra gli altri un’inconfondibile “pioppa” cipressina che fa bella mostra di sé e dei suoi bianchi figlioli. Errore umano o ribellione del pioppo a questa costretta esistenza asessuata? Probabilmente si tratta della prima ipotesi, ma trovo più affascinante la seconda. Ultimo, non certo per l’importanza economica, è il pioppo che troviamo nelle coltivazioni sulle rive dei fiumi e che possiamo definire genericamente pioppo ibrido o canadese, trattandosi di varietà ottenute da incroci tra il pioppo nero e diversi pioppi americani (come ad es. il pioppo deltoides o l’angulata). Questi pioppi, generalmente sterili e riprodotti per talea, sono destinati prevalentemente alla produzione di legname per l’industria cartaria o per la fabbricazione di imballaggi. Esistono poi altri tipi di pioppo tra i quali non posso fare a meno di citare il particolarissimo pioppo tremulo (Populus tremula): le cui foglie, unite ai rami da un lungo picciolo compresso, fremono al minimo alito di vento, generando un tremolio che la credenza popolare attribuì al segreto rimorso della pianta per aver fornito (forse anche controvoglia) il legno con cui venne costruita la croce di Cristo.