STORIA DI ROMA
‘’È più facile trovare uomini desiderosi di morire che
uomini disposti a soffrire con pazienza’’
Caio Giulio Cesare
FONDAZIONE DI ROMA
Secondo la leggenda Roma fu fondata il 21
Aprile del 753 a.C. da Romolo, un uomo che
veniva dalla vicina città di Alba Longa. Al
momento della fondazione Romolo
tracciò, sempre secondo la leggenda, un
solco rituale intorno al colle Palatino(uno dei
sette colli che si trovano vicino al fiume
Tevere, nel Lazio). Remo, fratello gemello di
Romolo, Indignato per non essere stato lui
a fondare la nuova città, decise di superare
il solco con tutte le armi addosso. Romolo
aveva vietato a chiunque di superare il solco
armato e quindi uccise Remo sebbene fosse
il fratello. Cominciò con questo fratricidio la
storia di Roma.
I SETTE RE DI ROMA:
Secondo la tradizione dal 753 a.C.al 509 a.C. Roma fu governata
da sette re:
-Romolo: figlio di un dio e discendente di madre troiana. Ha
tutte le caratteristiche del fondatore mitico e ciò lega Roma al
volere divino.
-Numa Pompilio: successore di Romolo. Creatore della religione
romana e rappresentante del ruolo religioso degli antichi sovrani.
-Tullo Ostilio: Conquistatore della città vicina di Alba Longa e
quindi colui che rincarna il valore militare.
-Anco Marzio: A lui è attribuita l’estensione del dominio di Roma
fino alla foce del Tevere dove sfruttò le sue saline. Il sale era una
ricchezza all’epoca perché con esso si mantenevano gli alimenti.
-Tarquinio Prisco : primo re di Roma ad essere di origine Etrusca.
-Servio Tullio: grazie a lui Roma visse un periodo di grande
prosperità. Prosciugò una zona paludosa ai piedi del Palatino e la
pavimentò creando così il foro, cioè una grande piazza che sarà
poi il centro della vita politica della città. Fece costruire poi un
grande canale per la rete fognaria che immetteva tutte le acque
di scarico nel Tevere, la cloaca massima. Infine fece erigere le
prime mura della città, lunghe circa sette chilometri. Con una
riforma politica creò un’ altra assemblea cittadina, i comizi
centuriati.
- Tarquinio il Superbo: ultimo re di Roma. Suo figlio, Sesto
Tarquinio, nel 509 a.C. violentò la giovane Lucrezia (che in
seguito si suicidò)e ciò scatenò uno scandalo che finì con l’esilio
del re e di suo figlio dalla città. Proprio nello stesso anno
(509 a.C.) a Roma nacque la repubblica, che cambiò in modo
profondo la fisionomia della città.
SUDDIVISIONE DELLA SOCIETA’ ROMANA
IN EPOCA ARCAICA:
All’inizio la società romana era divisa in 3 tribù e in famiglie. Ogni
tribù era divisa in 10 curie e tutte le curie insieme formavano
l’assemblea cittadina più antica della città, i comizi curiati.
Famiglia: era l’insieme di tutte le persone che vivevano sotto lo
stesso tetto(schiavi e servi compresi). Tutti i suoi membri
sottostavano al potere del pater familias che esercitava una
autorità assoluta. Quelli che si univano ad una famiglia senza
però sottostare al potere del pater familias erano detti clienti.
Famiglie che discendevano da un capostipite comune formavano
una gens. I membri più anziani delle gens originarie sedevano
nel consiglio che nominava il re e lo appoggiava, il senato.
-Senato: da senex, cioè vecchio. Letteralmente «consiglio degli
anziani» all’epoca della monarchia.
PATRIZI E PLEBEI
Con l’aumento della popolazione, Roma si ritrovò sempre con più
abitanti stranieri. Proprio questo aumento della popolazione
contribuì alla affermazione della più evidente divisione della
popolazione romana, quella fra patrizi e plebei.
-Patrizi: erano probabilmente i patres, cioè gli esponenti delle
famiglie romane originarie. Erano anche i proprietari della
maggior parte delle terre.
-Plebei: erano i cittadini che si erano aggiunti successivamente
alla popolazione della città e anche i contadini delle terre
conquistate.
RELIGIONE
Il culto più importante e tradizionale a Roma era
quello del lupo. Nel periodo monarchico il
sovrano fu anche sommo sacerdote. Esso era
affiancato dal collegio dei pontefici il cui
massimo esponente era il pontefice massimo.
Nello stesso periodo nacque la triade delle
divinità principali: Giove; Giunone e Minerva.
Altri culti erano quelli dell’interpretazione del
volo degli uccelli e della lettura delle viscere
degli animali, i sacerdoti di questi culti erano gli
àuguri. I romani erano devoti anche agli
antenati.
LA REPUBBLICA
Res pubblica: ‘’cosa del popolo ’’
L'età repubblicana è il periodo che va dal 509 al 27 a.C. Essa nacque a
seguito di contrasti interni che portarono alla fine della supremazia
della componente etrusca sulla città e al parallelo decadere delle
istituzioni monarchiche. L’elemento etrusco venne completamente
estromesso dalla civiltà romana dopo la battaglia di Cuma del 474 a.C.
Quella della Repubblica rappresentò una fase lunga, complessa e
decisiva della storia romana: costituì un periodo di enormi
trasformazioni per Roma, che da piccola città stato quale era divenne,
la capitale di un vasto e complesso Stato, formato da una miriade di
popoli e civiltà differenti, avviato a segnare in modo decisivo la storia
dell'Occidente e del Mediterraneo. Nell'età repubblicana il potere era
attribuito a due consoli(in carica 1 anno) che venivano eletti nei comizi
centuriati. In casi eccezionali veniva eletto un dittatore in carica per 6
mesi. Durante questo periodo si rivoluzionò anche il senato(che con la
repubblica passò da 100 membri a tutti i magistrati che avevano
concluso il loro mandato) che inizialmente comprendeva solo i patrizi.
Esso venne trasformato grazie all'inserimento di membri plebei.
Nel 494 a.C. la secessione della plebe(ritiro dei plebei sul colle
Aventino) guidata da Menenio Agrippa diede luogo all'elezione dei
Tribuni della plebe, i quali godevano dell'inviolabilità personale e del
diritto di voto sulle deliberazioni dei magistrati patrizi e rappresentavano
per i plebei il punto di riferimento politico nei conflitti contro i patrizi. I
tribuni della plebe venivano eletti dalle assemblee dei plebei chiamate
concilia plebis. I tribuni della plebe prendevano decisioni indipendenti
dal volere dei consoli e queste deliberazioni si chiamavano plebisciti.
LE PRIME LEGGI
I pontefici(esclusivamente patrizi) per ritorsione incaricarono 10 uomini(
i decemviri)di formulare delle leggi scritte sfavorevoli ai plebei. Queste
leggi furono incise su 12 tavole che furono esposte nel foro. Queste leggi
regolavano in modo molto preciso anche lo svolgimento dei processi.
Anche se i romani andavano fieri del loro ordinamento giuridico alcune
leggi potevano cambiare col tempo e addirittura a favore dei plebei.
LEGGI CHE SUBENTRARONO DOPO LE
PRIME LEGGI DELLE 12 TAVOLE
-Legge Canuleia(445 a.C.):questa legge abolì il divieto(creato dai
patrizi)di contrarre matrimoni fra patrizi e plebei.
-Leggi Liciniae Sexitiae(367 a.C.):essendosi trascinate a lungo le
tensioni fra patrizi e plebei perché i primi volevano escludere i secondi
dalla magistratura suprema, i due tribuni della plebe, Caio Licinio e
Lucio Sestio, dal 377 a.C. bloccarono l’elezione dei consoli
costringendo Roma più volte a eleggere un dittatore. Con queste leggi
si trovò un accordo perché esse prevedevano che uno dei consoli
potesse essere plebeo. Successivamente venne istituita una nuova
assemblea, i comizi tributi.
-Legge Ortensia(287 a.C.):questa legge stabilì che le decisioni
prese dalla concilia plebis avessero valore di legge per tutta la città di
Roma.
LE MAGISTRATURE
L’amministrazione della res pubblica si completò poi con la creazione
di nuove magistrature(oltre al senato e al consolato).
-I questori: coloro che amministravano il denaro pubblico proveniente
dalle tasse e si occupavano delle paghe dei soldati.
-gli edili: coloro che controllavano i mercati, i teatri, i luoghi pubblici, i
giochi e l’ordine pubblico.
-i pretori: coloro che decidevano sulle liti giudiziarie fra i cittadini.
-i censori: eletti ogni 5 anni, erano coloro che avevano il compito
delicato di verificare il censo dei cittadini . successivamente saranno
coloro che aggiorneranno l’elenco dei senatori.
Nel 300 a.C. anche le cariche di pontefici e àuguri verranno aperte ai
plebei. Ormai non c’era più la distinzione fra plebei e patrizi e si creò
quindi un nuovo ceto dominante, la nobilitas, cioè i patrizi e i plebei
più ricchi.
Sul fronte militare
Dopo la nascita della repubblica Roma condusse molte lotte contro i latini
e gli etruschi. Nel 493 a.C. si alleò con i latini e con essi intraprese delle
battaglie contro i vicini volsci , sabini e equi. Subito dopo che questa
alleanza aveva vinto questi ultimi arrivarono da nord dei gruppi di celti(i
galli per i romani) che giunsero in breve tempo alle porte di Roma. Nella
battaglia del fiume Allia del 386 a.C. l’esercito romano fu messo in fuga
dalla brutalità dei celti e questi ultimi assediarono e saccheggiarono Roma
a lungo. Alla fine se ne andarono in cambio di un riscatto in oro. Roma
combatte anche tre guerre contro un altro popolo rude e bellicoso , i
sanniti. Nella seconda guerra sannitica, la sconfitta subita dai romani
presso le Forche Caudine ne rivoluzionò la suddivisione dell’esercito.
Infatti vennero creati i manipoli ossia gruppi di soldati di due centurie
ciascuno(200 uomini). Con la vittoria dei romani presso Sentino i romani
sconfissero definitivamente i sanniti e conquistarono il centro Italia. Roma
arrivò a scontrarsi con le città della Magna Grecia e con la potente
Taranto: con il pretesto di soccorrere la città di Turi, minacciata, Roma
violò intenzionalmente un patto stipulato con Taranto nel 303 a.C.,
scatenando la guerra. Nel 281 a.C. Roma combatté anche contro Pirro che
però non poté fare nulla contro la grande legione romana e cosi dovette
tornare in Grecia mentre Roma riuscì a sottomettere il sud Italia.
Prima guerra punica
Queste guerre furono chiamate puniche in quanto i romani
chiamavano i cartaginesi ‘’punici’’. I Romani vennero in contatto con
i Cartaginesi, che rappresentavano in quel momento la maggior
potenza del Mediterraneo occidentale. Nel 264 a.C. Roma intraprese
una grande campagna appunto contro l'esercito Cartaginese per il
controllo del commercio sul Mediterraneo. La prima guerra punica
scoppiò a causa delle forti rivalità politiche ed economiche tra le due
potenze, questa guerra scoppiò in Italia Meridionale. Dopo una prima
fase di scontri terrestri, dove i Romani risultarono vincitori, Roma
decise di sfidare i Cartaginesi sul mare, che ne avevano il dominio
assoluto, e, approntata un'imponente flotta, sconfisse i nemici a
Milazzo nel 260 a.C. Nel tentativo di infliggere una sconfitta decisiva a
Cartagine, il console Marco Attilio Regolo, sconfitta la flotta nemica a
Capo Ecnomo nel 256 a.C., sbarcò in Africa, non molto distante dalla
stessa Cartagine, ma fu però sconfitto nel 255 a.C. dall’esercito
cartaginese guidato dallo spartano Santippo. Una flotta fu inviata per
soccorrerlo ma naufragò a causa di una tempesta presso la Sicilia.
La guerra proseguì a lungo e divenne una guerra logorante per
entrambi i contendenti. Le famiglie più ricche di Roma decisero
di finanziare la costruzione di una nuova flotta e grazie al loro
contributo i romani vinsero i cartaginesi nella battaglia navale
delle isole Egadi nel 241 a.C. Essendo stremata dalla lunga lotta,
Cartagine dovette chiedere la pace. Le condizioni di pace furono
pesanti per Cartagine: doveva versare un grande tributo,
rinunciare completamente alla Sicilia e alla navigazione nel
Tirreno. Roma avendo conquistato la Sicilia cominciò a sfruttarne
intensamente il territorio per i rifornimenti agricoli. In breve
divenne un territorio totalmente sottomesso che doveva dare un
tributo annuale a Roma. La Sicilia divenne la prima provincia
romana.
SECONDA GUERRA PUNICA
Mentre i Romani erano impegnati nelle lotte contro gli Illiri e i
Galli, i Cartaginesi progettavano una rivincita affidando la
gestione dei progetti ad Amilcare Barca il quale escogitava la
conquista delle zone interne della Spagna. Per dar vita a valide
truppe era indispensabile la disponibilità di denaro, rinvenuto
dallo sfruttamento dell'argento delle miniere spagnole. Quando
morì Amilcare gli successe suo genero Asdrubale che conquistò
una vasta zona della Spagna. Il governo romano fu inquietato dai
successi di Asdrubale, e quindi costretto a stipulare un accordo
secondo il quale i cartaginesi non avrebbero dovuto estendere i
proprio dominio oltre il fiume Ebro. Alla morte di Asdrubale la
conduzione delle missioni di conquista fu affidata ad Annibale,
figlio di Amilcare. Annibale dunque desiderava suscitare nei
Romani una reazione, attaccando una sua alleata: Sagunto.
Roma considerò quest'incursione un atto volutamente ostile contro di
essa e perciò, dopo aver ricevuto il rifiuto della consegna di Annibale,
gli dichiarò guerra. Iniziò la concretizzazione del suo progetto,
marciando oltre l'Ebro, valicando le Alpi e raggiungendo la pianura
padana. Qui ottenne l'alleanza dei Galli, grazie ai quali poté
riorganizzare l'esercito, decimato durante il viaggio. Con i Galli
Cartagine sconfisse Roma lungo il Trebbia ed il Ticino. Cercando di
frenare l'avanzata punica i romani ancora una volta vennero sconfitti
sul Lago Trasimeno. Annibale continuò la sua marcia per l'Italia
attraverso il Mezzogiorno, sperando nella coalizione delle popolazioni
locali. Nel frattempo a Roma venne eletto un dittatore: Quinto Fabio
Massimo, il quale suggeriva una tattica di logoramento, organizzata
mediante attacchi improvvisi. La sua permanenza, però fu breve; e la
conduzione delle lotte fu affidata a due consoli: Emilio Paolo e
Terenzio Varrone , i quali subirono la sconfitta a Canne. I deceduti
romani furono tantissimi, compreso Paolo e altri senatori. La
situazione dopo la battaglia di Canne molte città dell'Italia
meridionale, vista l'abilità dei Cartaginesi, si allearono con Annibale.
Il teatro decisivo della guerra fu la Spagna. Qui un esercito
romano guidato dai due fratelli Scipione aveva impegnato i
cartaginesi in molte battaglie che rallentarono molto il rinforzo
dell’esercito di Annibale in Italia. Entrambi morirono in battaglia
e allora l’esercito fu messo sotto il comando di un figlio omonimo
di uno dei due fratelli, Publio Cornelio Scipione. In soli 4 anni
esso sottrae tutti i possedimenti cartaginesi in Spagna. Rientrò in
Italia e decise di portare la guerra in Africa. Nel 204 a.C. sbarcò
vicino a Cartagine e avviò le trattative. Nel 202 a.C. Annibale
torna in Africa per affrontare l’esercito di Scipione. Lo scontro
decisivo avvenne nei dintorni di Zama. Questa fu uno copia
ribaltata della battaglia di Canne perché i romani si erano alleati
coi Numidi ,che avevano una cavalleria invincibile (nella battaglia
di Canne erano stati al servizio di Cartagine). Annibale perse
tutto l’esercito e quindi la guerra che durava da 16 anni. Le
condizioni di pace furono durissime: il ritiro di tutta la flotta e la
consegna degli elefanti , pagare una indennità di 10000 talenti,
abbandonare i territori dei Numidi e non intraprendere alcuna
guerra(nemmeno difensiva)senza il consenso di Roma.
LA TERZA GUERRA PUNICA
Dal 205 a.C. al 168 a.C. Roma combatte le guerre macedoniche e alla
fine di esse la Macedonia fu divisa in 4 stati e 1000 greci furono
deportati a Roma perché appartenenti alla lega achea. Dal 149 a.C.
al 146 a.C. Roma combatte la terza guerra punica che finisce con la
distruzione di Cartagine nel 146 a.C. Nello stesso anno in Grecia le
truppe romane radono al suolo Corinto. In poco tempo Roma era
diventata la potenza più grande dell’epoca imponendosi anche come
dominatrice sul mare.
Scontri politici e sociali:
Nel 133 a.C. Tiberio Sempronio Gracco viene eletto tribuno della plebe, e subito vara
una legge per la distribuzione di porzioni di territorio a tutta la plebe e ai veterani di
guerra. Quando nello stesso anno Roma eredita il regno di Pergamo e il suo tesoro,
Gracco chiede subito che esso sia diviso fra tutta la plebe ma tutto ciò risulta invano.
A causa di questa sua tendenza ad agevolare la plebe nello stesso anno del suo
insediamento Tiberio Sempronio Gracco viene ucciso dai sostenitori dei suoi nemici.
Al suo posto viene eletto suo fratello, Gaio Sempronio Gracco. Il suo insediamento
come tribuno della plebe dura dal 123 a.C. al 121 a.C. Esso seguirà sempre gli ideali
del fratello e cercherà di completare i suoi progetti per una plebe più considerata. A
causa di una forte opposizione del senato il potere viene consegnato ai consoli e nei
tumulti scatenati da questo brusco passaggio di potere Gaio Sempronio Gracco viene
assassinato. Nel 108 a.C. viene eletto console Gaio Mario, importante militare e
politico che sarà eletto console per ben 7 volte, il suo ultimo mandato scade nel 86
a.C. Esso rinnova il metodo di reclutamento dei soldati in quanto essi erano diminuiti
in modo brusco dopo le numerose perdite delle guerre puniche. Pompeo come Gaio
Mario fu un politico ma soprattutto un comandante romano. Tra il 73 a.C. e il 71 a.C.
il gladiatore Spartaco si ribella con i suoi compagni gladiatori a Roma. Dopo
sanguinose battaglie contro le truppe romane i superstiti vengono massacrati in
Etruria proprio dal comandante romano Pompeo che fa crocifiggere i loro cadaveri
lungo la Via Appia. Pompeo era appena tornato da una vittoriosa campagna militare
in Spagna.
CAIO GIULIO CESARE
Una vittoria importantissima sarà quella del console e futuro dittatore
romano Giulio Cesare che sconfigge nel 51 a.C. il comandante dei galli
Vercingetorige ad Alesia conquistando cosi la Gallia dopo una lunga e
intensa campagna militare. Gaio Giulio Cesare nacque nel 100 a.C. e fu
un console, scrittore ,capo militare, oratore e anche dittatore romano.
Con la conquista della Gallia estese il dominio romano fino al Reno e
all’oceano atlantico. Riuscì cosi a invadere per la prima volta la
Germania e la Britannia e a combattere in Spagna, Grecia, Egitto,
Ponto e Africa. Cesare sarà poi assassinato il 15 Marzo del 44 a.C. da
altri consoli in quanto esso era ormai diventato un dittatore. Nel 42
a.C. coloro che uccisero Cesare(cesaricidi) furono a loro volta uccisi a
Filippi. Nel 27 a.C. ,dopo lunghi scontri politici per il controllo del
potere, viene proclamato il primo imperatore romano, Ottaviano, che
verrà in seguito chiamato Augusto. Un avvenimento importante si
compì intorno all’anno 0 in Palestina(colonia romana), la nascita di
Gesù Cristo, re dei Giudei e figlio di Dio per i cristiani. Egli sarà poi
condannato a morte per crocifissione dagli stessi romani intorno al 30
d.C.
ETA’ IMPERIALE
Età imperiale (27 a.C. (proclamazione di Ottaviano come "augusto") e il 476 d.C.). Il maggiore
sviluppo urbanistico e monumentale dell’impero romano si ebbe nell'età imperiale. Con
Augusto la città, che aveva ormai una popolazione di circa un milione di abitanti[7], venne
divisa in 14 regioni. Venne istituito il corpo dei vigiles, con compiti di vigili del fuoco e polizia
urbana, e vennero delimitate le rive e l'alveo del Tevere, con la creazione di nuovi acquedotti.
SI completarono alcuni degli interventi di Cesare e si avviarono nuovi grandi progetti
urbanistici, che sebbene non avessero la grandiosità e la radicalità di quelli cesariani, si
raccordarono direttamente ad essi, a partire dalla costruzione di un nuovo Foro di Augusto e
dalla regolarizzazione della piazza del Foro Romano con la costruzione del tempio del Divo
Giulio e della basilica Giulia e il rifacimento della basilica Emilia. L'antica sede della vita politica
cittadina diventava così una piazza monumentale acquistando il suo aspetto definitivo. Con
l'aiuto di Agrippa, suo amico e consigliere, Augusto si occupò anche della sistemazione del
Campo Marzio, che si andò arricchendo di edifici pubblici e monumenti. Nella zona più
periferica venne costruito il suo mausoleo al quale erano inoltre simbolicamente collegati un
grande orologio solare, che usava un obelisco come gnomone, e l'Ara Pacis. Le Terme di
Agrippa furono le prime terme pubbliche della città. Nell'area del Circo Flaminio venne
costruito il teatro dedicato al nipote Marcello, in prossimità del ricostruito Portico di Ottavia,
dedicato in nome della sorella Ottavia, madre di Marcello, e del tempio di Apollo Sosiano. A
queste opere va aggiunto un teatro, le biblioteche aperte al pubblico e il restauro o la
costruzione di ben 82 santuari: Augusto affermò di aver trovato una città di mattoni e di
lasciarla di marmo.
I e II secolo d.C.
Nel 64, sotto il regno di Nerone uno spaventoso incendio quasi rase al suolo l'intera città,
distruggendo interamente tre delle zone augustee e danneggiandone gravemente sette,
lasciandone integre solo quattro. Per favorire un'ordinata ricostruzione e impedire le condizioni
che favorivano il diffondersi degli incendi, venne emanato un nuovo piano regolatore, attuato
però solo in parte, come riporta Tacito, tramite la realizzazione di strade più larghe, affiancate da
portici, senza pareti in comune tra gli edifici, di altezza limitata e con un uso quasi bandito di
materiali infiammabili, sostituiti da pietra e mattoni. Approfittando della distruzione Nerone
costruì la sua Domus Aurea, che occupò gli spazi compresi tra Celio, Esquilino (Oppio) e Palatino
con un'enorme villa, segno tangibile delle mire autocratiche dell'imperatore. Altri edifici pubblici
neroniani furono il mercato del Celio (Macellum Magnum) e le Terme di Nerone del Campo
Marzio, la cui pianta regolare e simmetrica fece da modello per tutti gli edifici termali futuri,
inaugurando la tipologia di terme "imperiali". Dopo la morte di Nerone, gli imperatori flavi,
restituirono ad uso pubblico parte degli spazi occupati dalla sua residenza, costruendo le terme di
Tito sul colle Oppio (forse adattate dalle terme private di Nerone), restituendo il tempio del Divo
Claudio, già trasformato in ninfeo, e innalzando il Colosseo, sul sito del lago artificiale dei giardini.
Venne tenuto per uso privato solo il breve settore della Domus Titi. Sotto i flavi ebbero luogo altri
incendi, come l'incendio del Campidoglio del 69 e quello del Campo Marzio e Campidoglio
dell'80. La città venne ricostruita erigendo, tra l'altro, il tempio della Pace (decorato dalle statue
che Nerone aveva raccolto in Grecia e in Asia Minore) e i palazzi imperiali del Palatino ("Domus
Flavia" e "Domus Augustana"). Nel 73 Vespasiano e Tito si presero una magistratura repubblicana
ormai quasi dimenticata, quella di censore, con l'obiettivo di ampliare pomerium (il confine sacro
della città) e iniziare una generale ristrutturazione urbanistica.
Domiziano proseguì l'opera dei suoi predecessori, ricostruendo integralmente, dopo l'incendio
dell'80 il Campidoglio e il Campo Marzio. Tra i nuovi edifici fece costruire il Foro Transitorio (poi
inaugurato da Nerva, dal quale prese anche il nome), l'arco di Tito il Tempio di Vespasiano e Tito,
lo Stadio di Domiziano, oggi ricalcato da piazza Navona, l'Odeon e la Porticus Divorum. L'edificio
più grandioso fu il nuovo palazzo sul Palatino, dimora ufficiale degli imperatori fino alla fine
dell'Impero. Sotto Traiano si registrò la massima espansione dell'Impero romano e entro il II
secolo Roma raggiunse la massima espansione demografica. L'imperatore completò la serie dei
Fori Imperiali con la grande piazza del Foro di Traiano (il foro imperiale più grande, che dovette
richiedere la distruzione di numerosi edifici tra Quirinale e Campidoglio, come il venerando
Atrium Libertatis), nel quale venne collocata la celebre Colonna coclide e il contiguo complesso
dei Mercati di Traiano. Vennero inoltre costruite le terme sul colle Oppio, le prime nelle quali si
riscontra definitamente il tipo che venne poi ripreso dalle terme di Caracalla e di Diocleziano. Ad
Adriano e Antonino Pio si deve il picco dell'attività edilizia. Dal 123 si registra l'uso di indicare sul
mattoni la data consolare, segno di un'attività delle fornaci particolarmente intensa. Ad Adriano e
ai suoi immediati successori si devono il Pantheon nel suo attuale aspetto e la costruzione di un
Mausoleo, oggi trasformato in Castel Sant'Angelo, il tempio di Adriano, inserito più tardi nel
palazzo della Borsa, il tempio di Antonino e Faustina nel Foro Romano, la Colonna antonina,
dedicata a Antonino Pio e Faustina. La Villa Adriana fu una vera e propria reggia suburbana. Ma
ancora più importante fu la costruzione di interi quartieri con insulae a più piani, come nella VII
regione ad est della Via Lata: l'idea dell'aspetto di queste zone si può avere dagli scavi di Ostia
antica, presso l'antico porto di Roma. Dopo l'incendio del 191, sotto Commodo, iniziò una nuova
fase di lavori, curati dalla dinastia dei Severi: fu ricostruito il Tempio della Pace, gli Horrea
piperiana, il Portico di Ottavia; si aggiunse un'ala al palazzo imperiale sul Palatino, con una nuova
facciata monumentale verso la Via Appia, il Septizodium; furono innalzati l'arco di Settimio Severo
e le terme di Caracalla, l'edificio più imponente e tra i meglio conservati della Roma imperiale.
Sempre all'epoca di Caracalla venne costruito quello che forse era il tempio più grandioso della
città, il Serapeo sul Quirinale. La pianta marmorea incisa sotto Settimio Severo su un muro del
Tempio della Pace e in parte pervenutaci ci dà una rappresentazione planimetrica della Roma di
quegli anni.
L’ANARCHIA MILITARE
Il secolo postumo alla morte di Alessandro Severo determinò la sconfitta dell'idea di
impero concepita dalle e praticata dalle dinastie Giulio-Claudia e Antonina. Alla base di
tale idea vi era la concezione dell’impero come collaborazione tra il sommo potere,
gestito dall’imperatore, l’organo militare e tutte le magistrature che reggevano e
amministravano la società. Nei primi due secoli di età imperiale, la contrapposizione
tra il potere delegato alle forze militari e quello delegato alle forze politiche aveva
contribuito a rendere stabile la reggenza del governo e dell’impero, forti anche delle
ricchezze derivanti dalle numerose campagne di conquista territoriale intraprese da
Roma. Nel III secolo d.C., tuttavia, l’esercito venne impiegato per la difesa dei confini
dei territori conquistati venendo meno alla funzione conquistatrice e colonizzatrice
che lo aveva nei secoli precedenti caratterizzato. Con il passare del tempo, l’apparato
militare delle legioni divenne un peso gravoso per le casse dello stato e un
“ridimensionamento spese” fu determinante per il dilagare dell’anarchia. Nei quasi
cinquant'anni di anarchia militare si succedettero ben 21 imperatori tutti acclamati
dall'esercito e, in gran parte, morti assassinati. Nello stesso periodo l’impero dovette
affrontare diverse invasioni (Goti, Franchi, Alemanni, Marcomanni) provenienti da
nord. Fu solo grazie all’intervento di una dinastia di imperatori originari della
Dalmazia, che, intorno al 270 d.C., l’impero, giunto ormai a un passo dal suo tramonto,
seppe redimersi e riacquistare potere.
L’EPOCA MASSIMINIANA
Nel 235 salì al potere Massimino di Tracia: egli vantava umilissimi
origini e il suo nome, come del resto la sua carriera furono e sono
indissolubilmente legate all’esercito. Indice del suo distacco dal potere
detenuto dal senato è in fatto che la sua nomina a imperatore non sia
stata da lui notificata allo stesso senato se non dopo un lungo periodo.
Durante il suo regno egli definì chiaramente i confini sul Danubio, da
tempo affidati al caso. Nel 238 le province africane (un "feudo" di
nobili senatori) in rivolta contro la politica fiscale di Massimino, volta a
compiacere l'esercito, elessero nuovo imperatore: Gordiano I, il quale
affiancò alla guida dell'impero suo figlio Gordiano II. Dopo pochi mesi,
tuttavia, lo stesso Giordano verrà assassinato da un gruppo di uomini
fedeli a Massimino. Alla luce dei fatti svoltisi, il Senato elesse due nuovi
imperatori: Balbino e Pupieno, il quale sconfiggerà in maniera
definitiva Massimino e nominerà suo successore Gordiano III.
TENSIONI CON LA PERSIA
Poco dopo essere stato nominato imperatore dall'esercito con il consenso del Senato, Gordiano
III decise di affrontare l'impero persiano, rinato sotto la nuova dinastia dei Sasanidi. Gordiano III
affiancò come proprio consigliere il prefetto Temesiteo. Tuttavia morì durante il conflitto e venne
sostituito da Giunio Filippo, figlio di un cittadino romano dell'Arabia. Nel 244 il prefetto Giunio
Filippo, chiamato Filippo l'Arabo per le sue origini, tradì il suo imperatore e ne prese il posto,
affrettandosi a stipulare una pace con i Persiani. Poi raggiunse immediatamente la zona del
Danubio per affrontare e sconfiggere i Carpi. Filippo l'Arabo è ricordato come l'imperatore che
organizzò e celebrò, nel 248, i giochi e gli spettacoli per i mille anni della fondazione di Roma. Nel
249 Filippo l'Arabo morì in battaglia (o venne forse assassinato dai propri uomini), mentre si
scontrava nei pressi di Verona con Decio, proclamato imperatore dalle legioni pannoniche. Nel
249 divenne, quindi, imperatore Decio. Egli avviò una feroce repressione verso i cristiani: questo
soprattutto per una politica di rafforzamento dell'autorità imperiale attraverso il culto
dell'Imperatore, collante fondamentale per un Impero che stava crollando. Morirà assassinato,
mentre combatteva contro i Goti in Mesia, dal suo luogotenente, Treboniano Gallo. Era il 251
quando Gaio Vibio Treboniano Gallo venne proclamato imperatore, ma anch'egli morirà
assassinato dal suo luogotenente Emiliano due anni dopo, in Mesia. L'incarico di imperatore di
Emiliano durò solo tre mesi. Gli succedette Valeriano. Appena eletto, Valeriano nomina Augusto
d'Occidente suo figlio Gallieno, mentre per sé manterrà il controllo della parte orientale, dove
dovette affrontare i Goti. Dopo averli sconfitti, nel 260, cominciò una guerra contro il regno
persiano, ma Valeriano cadde prigioniero del re dei persiani, Sapore, lasciando tutto l'impero al
figlio Gallieno.
LE OPERE DI GALLIENO
Gallieno, divenuto imperatore, troverà difficoltà a mantenere il
territorio unito. Nella zona occidentale è nato il Regnum Gallicum, di
cui Postumo è il re. Nelle zone orientali, un certo Macriano, un
ufficiale dell'esercito stanziato in Oriente, cercava di prendere il
potere. Gallieno allora chiese aiuto a Settimio Odenato, un notabile
di Palmira, città carovaniera, punto di incontro tra l'Impero romano e
le zone interne dell'Asia. In cambio Odenato ottenne una specie di
sovranità sulla parte orientale dell'Impero, ricevendo il titolo di Dux
Orientis, questo però porterà alla nascita di una nuova potenza, il
Regno di Palmira, a causa dell'ambizione della moglie di Odenato,
Zenobia. In campo amministrativo Gallieno decise di reclutare i
comandanti delle legioni non più solo tra i senatori, ma anche dagli
equites o da semplici militari di umili origini la cui carriera era legata
all'esercito. Gallieno morì assassinato nel 268 da ufficiali illirici.
LA QUESTIONE GALLICA
Nel 268 fu imperatore di nuovo un militare: Claudio
II detto il Gotico, proveniente dalle zone illiriche.
Nelle zone balcaniche si impegnò nell'arginare le
incursioni gotiche. Morì a Sirmio a causa della peste
che in quegli anni falciò l'Illiria. Nel 270 divenne
imperatore Aureliano. Intanto i due regni di Gallia e
Palmira erano passati rispettivamente a Pio Tetrico
e a Zenobia. Primo obiettivo di Aureliano fu la
riconquista di Palmira, che avvenne tra il 271 e il
273. Tornando in Occidente riconquisterà anche il
regno gallico, riunificando l'Impero romano e
guadagnandosi il titolo di restitutor orbis.
UN PERIODO PROSPERO
Numeriano fu imperatore dal 283 al 284. Riuscì a dare
vita ad un brevissimo periodo di recupero economico e
culturale, inaugurando più di 50 giorni di festività un po'
dappertutto nell'impero, da Nimes a Roma, da Olympia
ad Antiochia. Carino fu imperatore dal 284 al 285. Dopo
circa mezzo secolo di instabilità, salì al potere il generale
illirico Gaio Aurelio Valerio Diocleziano, che riorganizzò il
potere imperiale istituendo la tetrarchia, ovvero una
suddivisione dell'impero in quattro parti, due affidate agli
augusti (Massimiano e lo stesso Diocleziano) e due
affidate ai cesari (Costanzo Cloro e Galerio), che erano
anche i successori designati.
IL FALLIMENTO DELLA
TETRARCHIA
La tetrarchia sembrò un buon compromesso per la distribuzione del potere, il
sistema, però, non resse, e quando Diocleziano si ritirò a vita privata
scoppiarono nuove lotte per il potere, dalle quali uscì vincitore Costantino,
figlio di Costanzo Cloro. La crisi del III secolo venne in qualche modo frenata
da questo imperatore, grazie all'istituzione della tetrarchia, un regime
collegiale di due Augusti e due Cesari che amministravano l'Impero. Le
province furono accresciute in numero e riunite in diocesi. In questa
circostanza anche l'Italia venne suddivisa in province. Più in generale si
verificò in questi anni una progressiva marginalizzazione delle aree più
antiche dell'impero a vantaggio dell'Oriente, forte di tradizioni civiche più
antiche e di un'economia mercantile maggiormente consolidata, assai più
prospero quanto a politica, amministrazione e cultura. In definitiva, la grande
crisi del III secolo aveva finito per sviluppare una monarchia assoluta
(Dominato), fondata su un esercito violento e una burocrazia invadente. Della
vecchia aristocrazia senatoria che aveva guidato insieme al Principe l'Impero
restavano soltanto gli ozii culturali, l'immane ricchezza e gli enormi privilegi
rispetto alla massa del popolo, ma il potere ormai era nelle mani della corte
imperiale e dei militari
LA POLITICA DI
DIOCLEZIANO
Diocleziano, inoltre, per meglio sottolineare
l'incontestabilità e la sacralità del proprio potere,
evitando così le continue usurpazioni che avevano
provocato la grave crisi politico-militare del III
secolo, decise di evidenziare la distanza fra sé ed il
resto dei sudditi, introducendo rituali di
divinizzazione dell'imperatore tipicamente orientali,
Il problema più grave per la stabilità dell'Impero
rimase, però, quello di una regolare successione,
che né Diocleziano con il sistema tetrarchico né
Costantino I con il ritorno al sistema dinastico
riuscirono a risolvere.
UNA POLITICA ECONOMICA
FALLIMENTARE
In ambito economico-finanziario, né Diocleziano né
Costantino riuscirono a risolvere i problemi che
assillavano da tempo l'Impero, ovvero l'inflazione
galoppante e la pressione fiscale oppressiva: l'editto
sui prezzi massimi stabilito nel 301 da Diocleziano
per calmierare le merci in vendita sul mercato si
rivelò fallimentare, mentre Costantino con
l'introduzione del solidus riuscì a stabilizzare il
valore della moneta forte, preservando il potere
d'acquisto dei ceti più ricchi, ma a scapito di quello
dei ceti più poveri, che furono abbandonati a se
stessi.
UNA STRUTTURA POLITICA
PRECARIA
La struttura dell'Impero romano si era ormai evoluta, ai tempi di
Diocleziano, in una specie di dualismo tra la città di Roma,
amministrata dal Senato, e l'Imperatore, che invece percorreva
l'impero e ne ampliava o difendeva i confini. Il rapporto tra Roma e
l'Impero era ambivalente: se l'Urbe era il punto di riferimento ideale
della "Romània", in ogni caso il potere assoluto era ormai passato al
monarca o dominus, l'Imperatore, che spostava il suo luogo di
comando a seconda delle esigenze militari dell'Impero. Ormai era
chiaro il decadimento di Roma come centro nevralgico dell'Impero. Il
nuovo sistema tetrarchico si rivelò efficace per la stabilità dell'impero e
rese possibile agli augusti di celebrare i vicennalia, ossia i vent'anni di
regno, come non era più successo dai tempi di Antonino Pio. Restava
da mettere alla prova il meccanismo della successione: il 1º maggio del
305 Diocleziano e Massimiano abdicarono, ma la tetrarchia si rivelerà
un fallimento politico, generando una nuova ondata di guerre civili.
COSTANTINO, L’UNICO
IMPERATORE
Con la morte di Costanzo Cloro (25 luglio del 306), il
sistema andò in crisi, portando ad una nuova guerra
civile. Alla fine, dopo undici anni in cui l'Impero
romano fu retto da due soli Augusti, Costantino e
Licinio, si giunse allo scontro finale, quando nel 324,
Licinio, assediato a Nicomedia, decise di
consegnarsi al rivale, il quale lo mandò in esilio
come privato cittadino a Tessalonica (messo a
morte l'anno successivo). Costantino era ora l'unico
padrone del mondo romano.
COSTANTINO,
L’IMPERATORE CRISTIANO
Tra i vari editti emanati da Costantino, uno dei più celebri e
significativi è senza dubbio quello del 313. Tale editto metteva
fine alle persecuzioni ai cristiani e garantiva ad essi la libertà di
culto. Va però detto che Costantino morì da cristiano ma visse da
pagano. La madre, imperatrice Elena, dichiarò apertamente la
propria fede cristiana e, supportata economicamente dal figlio si
fece carico di condurre a Roma le reliquie della Croce. La donna,
inoltre, trovando il figlio in punto di morte ne dispose il
battesimo.
All’editto di Costantino, si sostituirà quello del 348
dell’imperatore Teodosio che fa del cristianesimo la religione
unica dell’impero.
LA DIVISIONE DELL’IMPERO
• L'anno successivo il nuovo imperatore d'Occidente ed Oriente partecipò al
Concilio di Nicea I Nel 324 iniziano invece i lavori per la fondazione della
nuova capitale, Costantinopoli. La fase dalla riunificazione imperiale alla
morte di Costantino il Grande (avvenuta nel 337), vide l'imperatore
cristiano riordinare l'amministrazione interna e religiosa, oltre a
consolidare l'intero sistema difensivo. Il 18 settembre 335, Costantino
elevò il nipote Dalmazio al rango di cesare, assegnandogli la Thracia,
l'Achaea e la Macedonia, con probabile capitale a Naisso e compito
principale la difesa di quelle province contro i Goti, che le minacciavano di
incursioni. Costantino divise così di fatto l'impero in quattro parti, tre per i
figli e una per il nipote. palesando così la propria preferenza per l'accesso
della linea dinastica diretta al trono. Nel settembre del 337 i tre cesari,
Costantino II Costante e Magnezio, si riunirono a Sirmio in Pannonia, dove
il 9 settembre furono acclamati imperatori dall'esercito e si spartirono
l'Impero. La divisione del potere tra i tre fratelli durò poco: Costantino II
morì nel 340, mentre cercava di rovesciare Costante I; nel 350 Costante fu
rovesciato dall'usurpatore Magnenzio, e poco dopo Costanzo II divenne
unico imperatore (dal 353), riunificando ancora una volta l'Impero.
LE RIFORME DI
VALENTINIANO
Nel 361 venne proclamato Augusto Giuliano, Cesare in Gallia. Il suo
governo durò solo tre anni, eppure ebbe grande importanza, sia per il
tentativo di ristabilire un sistema religioso politeistico (per questo sarà
detto l'Apostata), sia per la campagna militare condotta contro i
Sasanidi. Nel 364 viene incoronato imperatore Valentiniano I;
quest'ultimo, su richiesta dell'esercito, nominò un collega (il fratello
Valente) a cui assegnò la parte orientale dell'Impero. Valentiniano si
dimostrò comunque un buon governante: egli infatti mise fine a molti
degli abusi che avvenivano ai tempi di Costanzo, promulgò alcune leggi
a favore del popolo (condannò l'esposizione dei neonati e istituì nei
quattordici quartieri di Roma altrettanti medici), e favorì
l'insegnamento della retorica, una scienza ormai in declino. Inoltre
ottenne anche alcuni successi contro i Barbari, ma morì durante queste
campagne militari nel 375.
L’ARRIVO DEI GOTI
Venne nominato successore di Valentiniano in Occidente
il figlio Graziano. Frattanto orde di germani (soprattutto
Goti), pressati dagli Unni, chiesero ai Romani di potersi
stanziare in territorio romano. I Romani accettarono a
condizione che i Barbari consegnassero tutte le loro armi
e si separassero dai figli. Una volta entrati in territorio
romano, i Goti subirono tali maltrattamenti da ribellarsi e
scontratisi con l'Imperatore Valente, ottennero un grande
successo presso Adrianopoli, una delle peggiori disfatte
per i Romani. Alla fine l'Imperatore Teodosio I (successore
di Valente in oriente) fu costretto a riconoscere i Goti
come federati.
L’INIZIO DELLA FINE
L'inizio del declino avvenne quando i Visigoti, condotti dal loro re
Alarico I, attaccarono l'Impero d'Occidente, venendo però sconfitti dal
generale Stilicone; il richiamo di molte truppe poste a difesa della
Gallia, resosi necessario per affrontare la minaccia gota, facilitò
l'attraversamento del Reno, avvenuto il 31 dicembre del 406, da parte
di molte popolazioni germaniche (Alani, Vandali, Suebi) che dilagarono
nelle diocesi galliche e, fatta eccezione per i Burgundi stanziatisi lungo
il corso del Reno, si stanziarono in Spagna (409). Negli anni successivi la
situazione si fece ancora più grave con l'insurrezione delle province
galliche che elessero vari usurpatori (406-411), l'assassinio di Stilicone
(408), il distacco della Britannia dall'Impero (410) e il sacco di Roma a
opera dei Goti di Alarico (410), che venne percepito come un
avvenimento tragico e quasi un'anticipazione della fine dell'Impero.
UNA NUOVA SPERANZA
Il generale Flavio Costanzo tentò di risollevare le
sorti dell'Impero con parziali successi: sconfisse
gli usurpatori nelle Gallie ripristinando la
concordia interna, giunse a un accordo con i
Visigoti concedendo loro lo stanziamento in
Aquitania (418) e li usò come Foederati per
combattere Vandali e Alani in Spagna.
LA QUESTIONE AFRICANA
Dopo i primi successi della coalizione romano-visigota in
Spagna (416-418), tuttavia, i Vandali e gli Alani si unirono
in un'unica coalizione che riuscì a recuperare la Spagna
meridionale per poi abbandonarla invadendo l'Africa
(429). Nel 439 Cartagine fu conquistata dai Vandali
condotti dal re Genserico. La perdita dell'Africa
settentrionale fu un duro colpo per l'Impero non solo
perché essa costituiva il granaio dell'Impero ma anche per
il gettito fiscale che produceva. Nel 442 Genserico accettò
di restituire ai Romani le Mauritanie e parte della
Numidia, ma queste province non erano molto
produttive, a maggior ragione dopo essere state
devastate dai Vandali.
L’OPERA DEL GENERALE
FABIO EZIO
Nel frattempo nelle Gallie emergeva la figura del generale
Flavio Ezio, uno degli ultimi grandi generali romani;
questi, con l'aiuto dei suoi alleati Unni, riuscì a contenere
le pretese espansionistiche di Visigoti e Burgundi in Gallia
e a recuperare l'Armorica, che si era staccata dall'Impero
essendo in quella regione insorti i contadini briganti (i
cosiddetti Bagaudi). Non poté però evitare, in Spagna, la
perdita di Betica e Cartaginense, che finirono in mano
sveva. L'unica provincia spagnola rimasta in mano
imperiale era la Tarraconense, dove tuttavia erano insorti
i Bagaudi, creando ulteriori difficoltà al governo centrale.
LA MINACCIA DEGLI UNNI
Negli anni 440 tuttavia l'aiuto degli Unni venne meno a causa
dell'ascesa al trono di Attila (e di suo fratello): Attila, dopo
aver attaccato più volte l'Impero orientale costringendolo a
pagare pesanti tributi, all'inizio degli anni 450 si volse contro
la metà occidentale venendo però sconfitto in Gallia dal
generale Ezio; Attila tentò l'invasione dell'Italia l'anno
successivo ma anch'essa si risolse in un fallimento sostanziale.
Dopo il decesso di Attila l'Impero unno cessò di essere una
temibile minaccia e finì per disgregarsi. Dopo la sconfitta di
Attila e gli assassinii del generale Ezio e dell'Imperatore
Valentiniano III, i Vandali ripresero l'offensiva conquistando
tutta l'Africa romano-occidentale, la Sicilia, la Sardegna e le
Baleari, e saccheggiando Roma (455).
L’ORIENTE IN SOCCORSO
DELL’OCCIDENTE
Il generale romano di origini germane Ricimero assunse il
potere, eleggendo imperatori fantoccio che egli manovrava da
dietro le quinte. Era chiaro che per mantenere in vita l'Impero
d'Occidente bisognava sconfiggere i Vandali e a questo fine
l'Imperatore d'Oriente Leone allestì una mastodontica
spedizione, in coalizione con l'Occidente, contro i Vandali nel
468. Prima della spedizione, Leone I costrinse Ricimero ad
accettare come nuovo Imperatore d'Occidente il "greco"
Antemio. La spedizione si rivelò però un disastro e non poté
essere ritentata, perché l'Impero d'Oriente non aveva più soldi
per allestirne un'altra. In seguito al fallimento della guerra di
riconquista dell'Africa, si realizzò il disfacimento di ciò che
restava dell'Impero d'Occidente.
LA FINE DI ROMA
Il re dei Visigoti Eurico attaccò ciò che rimaneva dei
possedimenti romani in Gallia, spingendosi fino alla Loira a
Nord e fino alla Provenza a est, mentre anche la maggior parte
della Spagna veniva sottomessa dalle armi visigote. Anche i
Burgundi si espansero nella valle del Rodano, mentre in Italia,
dopo la caduta dell'Impero unno, numerosi germani
migrarono in territorio imperiale arruolandosi nell'esercito
romano: tra questi vi era Odoacre. Nel 476 i soldati germani
arruolatisi nell'esercito romano pretesero dall'Imperatore 1/3
delle terre e di fronte al rifiuto si rivoltarono deponendo
l'ultimo Imperatore d'Occidente, il poco meno che ventenne
Romolo Augusto. Tutta l'Italia era in mano a Odoacre, il capo
dei rivoltosi, che mandò le insegne Imperiali all'imperatore
d'Oriente Zenone.
Odoacre richiedeva che il suo controllo sull'Italia fosse formalmente
riconosciuto dall'Impero, mentre Giulio Nepote gli chiedeva aiuto per riavere il
trono. Zenone garantì a Odoacre il titolo di patrizio e Nepote fu dichiarato
formalmente imperatore; tuttavia, Nepote non ritornò mai dalla Dalmazia,
anche se Odoacre fece coniare monete col suo nome. Dopo la morte di Nepote
nel 480, Zenone rivendicò la Dalmazia per l'Oriente. Odoacre attaccò la
Dalmazia, e la guerra finì con la conquista dell'Italia da parte di Teodorico il
Grande, Re degli Ostrogoti, sotto l'autorità di Zenone.Rimaneva però in mani
"romane" ancora la parte settentrionale della Gallia, che nel 461 si era resa
indipendente dal governo centrale ed era governata da Siagro; quest'ultimo
territorio ancora in mano romano-occidentale, detto comunemente Dominio di
Soissons, cadde solo nel 486 per mano dei Franchi. La fine dell'impero
occidentale rappresentò la fine dell'unità romana del bacino mediterraneo (il
cosiddetto mare nostrum) e privò la romanità superstite dell'antica patria. La
perdita di Roma costituì un evento di capitale importanza che segnò il tramonto
definitivo di un mondo.
GRAZIE PER LA VISIONE
Ricercona eseguita da:
Fonti consultate:
-wikipedia
-libro “storia civile di Roma” ( Giobbe Gentili)
- cronologia.leonardo.it (storia di Roma cronologia)
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