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Re Lear
Saggio
di Ian Johnston
Re Lear
Conversazione tra
Sanguineti e Sciaccaluga
Storia della meraviglia
L’agente segreto
Il settimo sigillo
Hellzapoppin
Foyer della Corte
Incontri, proiezioni, letture
Teatro documento
Incontri al Ducale
Maurizio Giammusso
Compagnie ospiti
Tutti gli spettacoli
da novembre a marzo
I l c a r t e l l o n e d e l l o S t a b i l e s ’i n a u g u r a c o n l a p r o d u z i o n e d i u n g r a n d e c l a s s i c o d i S h a k e s p e a r e t r a d o t t o d a E d o a r d o S a n g u i n e t i
RE LEAR E LE STAGIONI DELLA VITA
Con Re Lear di William Shakespeare, lo spettacolo che
apre alla Corte la stagione
2008/2009 del Teatro Stabile
di Genova, vi invitiamo ad
entrare in una cattedrale in
cui è scolpita, dipinta, riprodotta con le parole di un
grandissimo poeta non solo
la vita di un vecchio uomo
che diviene pazzo, ma quelle
delle donne e degli uomini
che gli stanno attorno,
anch’esse sospese fra avventura e follia, fra comprensibile e inafferrabile, com’è la
vita di ognuno di noi.
Per raccontare una storia
così alta bisogna che la
Compagnia che la propone
sia al meglio delle sue possibilità: e oggi il Teatro Stabile
di Genova, giunto al suo
nono Shakespeare in 58 anni di vita, pensa o almeno
spera che le condizioni per
questo viaggio ci siano tutte:
un regista, Marco Sciaccaluga, profondo conoscitore
dell’opera del drammaturgo
inglese e al tempo stesso sensibilissimo direttore di attori; un protagonista, Eros Pagni, in stato di grazia, al culmine di una carriera che
l’ha portato ad essere fra i
maggiori attori italiani; una
Compagnia Stabile cresciuta
tutta in casa, coesa, con una
comune e forte idea di teatro; un traduttore quale
Edoardo Sanguineti che ha
accettato la scommessa di
riprodurre della lingua di
Shakespeare la sua originale forza scenica prima ancora che letteraria, e infine
una scenografa come Valeria Manari che ha saputo
creare per questo grande
racconto un contenitore che
è tenda barbarica, ma anche
circo, ed anche palcoscenico
elisabettiano, cioè mondo.
È compito o gioco del pubblico adesso vedere e ascoltare
la nostra storia e portarsi a
casa, ognuno, il suo Lear, il
suo fool, la sua Cordelia, il
loro sguardo sulla vita.
E poi, nella stagione che inizia, questo giornale vi parla
di Storia della meraviglia,
spet tacolo d’apertura del
Duse, realizzato con la nostra collaborazione da due
importanti artisti liguri
Carlo Repetti
(continua a pag.7)
ALLA CORTE, CON EROS PAGNI PROTAGONISTA “STORIA DELLA MERAVIGLIA” AL DUSE
La stagione al Teatro Duse si
apre giovedì 16 ottobre con
Storia della meraviglia: novità italiana, prodotta dall’A.T.I.D. in collaborazione
con lo Stabile di Genova, che
nasce dall’incontro tra uno
scrittore, giornalista e affabulatore (Maurizio Maggiani), e un drammaturgo, cantante e produttore (Gian
Piero Alloisio), i quali hanno
messo insieme le loro energie e le loro caratteristiche
professionali per collaborare
e confrontarsi intorno a un
progetto artistico che ha portato contemporaneamente
alla realizzazione di una rappresentazione teatrale e di
un cd che ne raccoglie le canzoni in una suite musicale.
Maggiani e Alloisio hanno
scritto un testo di cui sono
anche interpreti, accompagnati sul palcoscenico dal
chitarrista Gianni Martini e
dal percussionista Claudio
Andolfi. La proposta è quella di un viaggio nella “meravigliosa” storia degli uomini,
nelle viscere spazio-temporali dei centri storici di tante
città, insieme antiche e moderne: da Genova a Gerusalemme, da Stalingrado a Tuzla o all’antica Troia. Le tappe
di questo itinerario nella
“storia della meraviglia” sono
scandite dalle canzoni. Ognuna introduce un tema che la
prosa poi sviluppa in forma
di racconto. Il tutto accompagnato dalle fotografie di
Maggiani e nello spazio scenico ideato da Liliana Iadeluca.
E r o s Pa g n i c o n A l i c e A r c u r i , F i o r e n z a P i e r i , M a s s i m o M e s c i u l a m , O r i e t t a N o t a r i ( f o t o d i M a rc e l l o N o r b e r t h )
Re Lear di William Shakespeare, interpretato da
Eros Pagni, è lo spettacolo che inaugura alla
Corte la stagione di produzione del Teatro Stabile
di Genova. «Nel nostro vasto repertorio mancava, fra gli otto Shakespeare messi in scena, un
titolo fondamentale quale Re Lear» dice Carlo
Repetti. «Ora, grazie a Eros Pagni e alla nuova
compagnia stabile fatta di attori tutti formatisi da
noi, questo traguardo è diventato possibile». Re
Lear si avvale della regia di Marco Sciaccaluga e
si propone come una rigorosa e moderna rilettura della tragedia scespiriana, di cui viene portata
in primo piano la dimensione di una storia arcaica, ambientata in un mondo barbarico e attraversata dalle grandi passioni primordiali che stanno
alla radice dell’umanità di ogni tempo. Il tutto
fondato su un vitale e raffinato uso del linguaggio, che trova nella nuova versione italiana commissionata a Edoardo Sanguineti (in versi e in
prosa, come l’originale) un prezioso fondamento
drammaturgico. Accanto a Eros Pagni, nel ruolo
del re di Britannia che precipita nella pazzia dopo
di aver deciso di dividere il proprio regno tra le
figlie, sono in scena Alice Arcuri, Gianluca Gobbi,
Maurizio Lastrico, Massimo Mesciulam, Orietta
Notari, Aldo Ottobrino, Enzo Paci, Nicola Pannelli, Fiorenza Pieri, Vito Saccinto, Federico Vanni, e ancora - impegnati in più ruoli - Pier Luigi
Pasino, Massimo Cagnina, Fabrizio Careddu, Michele Di Siena, Marco Pieralisi. Scene e costumi
di Valeria Manari, musiche di Andrea Nicolini,
luci di Sandro Sussi, fonica di Claudio Torlai.
“IL SETTIMO SIGILLO” AL DUSE
Dal teatro al cinema e ritorno. Nato come
testo teatrale nel 1955 con il titolo di
Pittura su legno, Il settimo sigillo è diventato un anno dopo, su sceneggiatura
dello stesso regista svedese, Ingmar
Bergman, un celebre film che, premiato
al Festival di Cannes, ha poi trionfato sugli
schermi internazionali. Ora quella sceneggiatura, adeguatamente adattata al
palcoscenico, torna a vivere nella tradizionale “esercitazione” che il Teatro Stabile
propone a gennaio – ingresso libero –
con gli allievi della Scuola di Recitazione
dello Stabile, guidati da Massimo
Mesciulam. La storia è nota. Di ritorno
dalla crociata in una patria devastata
dalla peste, il cavaliere Antonius Block
trova ad attenderlo la Morte, ma riesce a
rinviarne l’azione sfidandola a scacchi.
Nel viaggio che ne consegue il Cavaliere
impara molte cose sulla felicità e sul
rapporto tra l’uomo e la fede, di fronte
alla caducità della vita. Nate alcuni anni
fa come lavoro “aperto al pubblico” della
Scuola di Recitazione, le “esercitazioni”
hanno progressivamente assunto un’esplicita valenza laboratoriale, sino a
diventare una componente significativa
del lavoro produttivo del Teatro Stabile
di Genova. Anche l’esercitazione su Il
settimo sigillo si svolge a ingresso libero
sino a esaurimento dei posti con rappresentazioni tutte le sere da mercoledì 7 al
pomeriggio di domenica 11 gennaio e
con repliche alla mattina concordate
con l’Ufficio Rapporti con il Pubblico.
Maurizio Maggiani e Gian Piero Alloisio in una scena dello spettacolo (foto di Mauro Corazza)
IL RITORNO DI “L’AGENTE SEGRETO” DI CONRAD
L’agente segreto di Joseph
Conrad (Józef Teodor Konrad
Korzeniowski, 1857-1924) torna sul palcoscenico della Corte,
in una tappa della tournée che
lo porta quest’anno sui principali palcoscenici nazionali, permettendo così anche al pubblico genovese che non lo ha ancora visto (o lo vuole rivedere) di
assistere a uno spettacolo con il
quale lo Stabile prosegue nella
sua originale ricerca drammaturgica e nella valorizzazione di
una compagnia composta in
prevalenza da giovani attori.
Scritto da Conrad agli inizi degli
anni Venti, riducendo per la
scena il suo omonimo romanzo,
L’agente segreto trae spunto da
un fatto di cronaca (l’attentato
all’Osservatorio di Greenwich
del 15 febbraio 1894) per parlare di un tema tragicamente
attuale: il terrorismo e l’appa-
rente “normalità” dietro la quale si nascondono le sue trame.
Messo in scena da Marco Sciaccaluga, lo spettacolo si avvale
dell’interpretazione di un affiatato gruppo di attori, formatisi
tutti alla Scuola di Recitazione
dello Stabile: Roberto Alinghieri
(che sostituisce Aleksandar
Cvjetkovic), Alice Arcuri, Marco Avogadro, Fabrizio Careddu,
Alberto Giusta, Gianluca Gobbi,
Orietta Notari, Nicola Pannelli,
Fiorenza Pieri, Vito Saccinto e
Federico Vanni. Le scene e i costumi sono firmati da Valeria Manari, le musiche da Andrea Nicolini e le luci da Sandro Sussi.
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2 l Re Lear
Sappiate che noi abbiamo diviso/ in tre il nostro
Infelice che io sono, io non posso sollevare
Soffiate, venti, e rompete le vostre guance! Infuriate!
Diciamo quello che sentiamo, non quello che convie-
regno; ed è nostra ferma intenzione/ scuotere
il mio cuore alla mia bocca: io amo vostra maestà
Soffiate!/ Voi cateratte e uragani, scaricatevi/ finché
ne dire./I più vecchi hanno sopportato di più: noi
tutte le cure e gli affari via dalla nostra età.
in armonia con il mio vincolo; né più né meno.
non avete annegato i nostri campanili.
che siamo giovani/ mai vedremo così tanto.
LEAR – ATTO PRIMO, SCENA PRIMA
CORDELIA – ATTO PRIMO, SCENA PRIMA
LEAR – ATTO TERZO, SCENA SECONDA
EDGAR – ATTO QUINTO, SCENA SECONDA
La favola antica delle passioni
S h a k e s p e a r e
Re Lear è, in primo luogo, la
storia di un vecchio che, passo
dopo passo, da uno status di
enorme potere, ruolo, ricchezza, responsabilità e sicurezza,
precipita in un terribile isolamento dal consesso umano,
dalla sua famiglia e dalla natura stessa, soffre per essere privato della sua stessa identità e
alla fine di questa esperienza
diventa pazzo. In nessuna altra opera dell’ingegno umano
(neppure in Edipo o in Macbeth) ci è dato di assistere con
tanta intensità emotiva al passaggio dalla magnificenza alla
totale disperazione. Intensità
esaltata dal fatto che la storia
di Lear è raddoppiata da quella molto simile del Duca di
Gloucester.
La struttura narrativa di Re
Lear contiene ovvie similitudini con le vecchie leggende
r a c c o n t a
ve. Da una parte, ci sono coloro (come Kent, Cordelia, il Fool,
Edgar, Gloucester e alla fine
anche Albany) che cercano di
assistere Lear e si sforzano di
opporsi alle forze che intendono umiliarlo; dall’altra, invece,
c’è il gruppo di personaggi
costituito da coloro il cui atteggiamento verso il prossimo è in
grande parte determinato dal
desiderio di usarlo a proprio
vantaggio (Regan, Goneril, Cornovaglia, Edmund, Oswald).
Per costoro, il valore tradizionale di lealtà è solo una convenzione sorpassata che intralcia la loro egoistica smania di
potere. Pertanto, essi sono
pronti a violare i legami tradizionali (quelli tra padre e figlio
o tra marito e moglie o tra il re
e il suo suddito) allo scopo di
perseguire i propri obiettivi.
Al termine della tragedia,
i l
ottobre 2008 | marzo 2009
accade infine che le forze contrapposte si siano eliminate
quasi completamente a vicenda. Ma coloro che restano in
vita hanno ormai molto poco
da dire. Diversamente da
quanto avviene in altre tragedie scespiriane, nel finale di Re
Lear non si leva una voce chiara e autorevole (come, ad esempio, quella di Fortebraccio
o di Malcolm) per ristabilire
l’ordine, né alla fine è presente
un senso di ricomposizione
che lasci presagire una salutare rigenerazione. Qualsiasi
cosa possa accadere dopo è
quindi lasciata alla nostra
immaginazione.
d e l l a
v i t a
il quale Hannah Arendt ha
coniato l’espressione “la banalità del male”. I nostri continui
tentativi di demonizzare questi
personaggi cercando di renderli, per quanto possibile, fuori
dall’ordinario e mostruosi, non
sono che un sintomo del nostro
disagio a riconoscerne l’assoluta normalità.
Le forze del bene
Eros Pagni con Vito Saccinto nella scena della tempesta. Sotto Nicola Pannelli e Orietta Notari
Le forze del male
popolari: «C’era una volta un
vecchio che aveva tre figlie.
Due di loro lo disprezzavano
ma la più piccola lo amava moltissimo. Un giorno il vecchio
decise di mettere alla prova il
loro amore»... e così via.
Ma qui non ci si trova di fronte
a un singolo vecchio (per
quanto sia importante quel
punto di vista), si ha a che fare
con gli esseri umani in senso
generale.
Lo scontro che sta al centro
della tragedia (a parte quello
dominante che si svolge nella
mente stessa di Lear) avviene
poi tra personaggi che vedono
il mondo da diverse prospetti-
p a l c o s c e n i c o
Re Lear rappresenta il culmine di un tema frequente in
Shakespeare: l’idea che le
forze del male per agire efficacemente si nutrano delle inadempienze volontarie, dell’ignoranza o della negligenza
nei confronti di responsabilità
che nel consesso umano
dovrebbero garantire la giustizia. È come se il crollo progressivo dell’ordine morale che
regge la vita dovesse sempre
iniziare da una grave omissione da parte di coloro che quest’ordine sono preposti a mantenere. La breccia può avere
origine nell’egoismo, nell’ignoranza, nella narcisistica sopravvalutazione della propria
importanza. Ciò che conta è
che, una volta aperta la breccia, coloro che in generale
hanno facoltà di intervenire
nell’ordine morale, hanno l’opportunità di infrangere le regole consolidate. Tuttavia in questo caso la visione del male
assume nuove forme. Il male in
Re Lear non è una presenza
metafisica, come in Macbeth,
né si personifica nell’immagine
di un diavolo che scorrazza
sulla terra, come in Riccardo
III. Uno dei nodi centrali di
questa tragedia deriva dalla
sensazione che il male sia qual-
cosa di assolutamente ordinario che riposa nel cuore della
gente che ci circonda, e che
mai sospetteremmo capace di
azioni malvagie e che, in altre
circostanze, probabilmente non
si consegnerebbe mai al male.
In fin dei conti Regan e Goneril
non sono streghe. La loro
caratteristica principale è, per
certi versi, l’assoluta normalità. Sono donne ambiziose che
aspettano da molto tempo di
entrare in possesso del potere
che spetta loro per eredità. E,
una volta ottenuto il potere,
sono impazienti di usarlo per il
proprio immediato interesse.
Identico è il comportamento di
Edmund. Lui non è una persona diabolicamente perversa
come Riccardo di Gloucester.
È una persona normale che
vuole farsi strada nel mondo e
che è disposto a sacrificare le
antiche tradizioni sociali per
procurarsi dei vantaggi. Non ci
tiene a essere crudele con il
prossimo o a uccidere per il
gusto di farlo, ma, nel realizzare le sue ambizioni, non intende essere ostacolato da remore
di sorta quali obblighi, rispetto,
virtù o legami di sangue.
Convinto che, nella vita umana, manchi l’azione di controllo di qualsiasi componente metafisica o morale, Edmund
pensa che il suo compito sia
costruirsi con il materiale a
disposizione una vita che risponda ai suoi desideri. E, poiché per la maggioranza di noi
questa appare un’inclinazione
del tutto naturale, in principio
non facciamo troppa fatica a
riconoscere la logicità del
punto di vista di Edmund, il
quale si considera altrettanto
intelligente e capace del fratello maggiore, e pertanto non è
per niente disposto a consentire che le tradizioni che faranno
del fratello un duca lasciando
lui ai margini, per il solo motivo di essere nato quattordici
mesi dopo Edgar, possano
influire sulle sue scelte.
Parte della potenza inquietante di Re Lear deriva dal fatto
che Edmund, Goneril, Regan e
Cornovaglia all’inizio sono
delle persone normali. Proprio
per questo, la tragedia ci porta
a considerare come il male più
turpe nasca da qualcosa che ci
sta molto vicino e che forse
abbiamo avvertito anche noi
stessi. Nel ventesimo secolo ci
siamo abituati a questa visione
del male, organizzato, perpetrato e giustificato da gente
comune che all’inizio forse intendeva semplicemente “farsi
strada nella vita”. L’esempio
più noto è Adolf Eichmann per
Il modo in cui Shakespeare fa
risalire le origini del male a
taluni comportamenti e consuetudini comuni si rispecchia
anche in come egli tratta i personaggi che vi si contrappongono. In altre parole, la tragedia esplora anche la “banalità
del bene”, nel senso che l’opposizione al male nasce da soggetti normali che noi tutti possiamo incontrare per la strada.
Se Cordelia viene presentata
come simbolo della bontà per
antonomasia, altri personaggi come Gloucester o come Edgar e Kent - manifestano un
impegno attivo nell’affermazione del bene con rischi notevoli
per la propria vita.
Il loro comportamento suggerisce che non è affatto scontato che in questo mondo il bene
trionfi sul male. Non c’è nessun disegno provvidenziale
che garantisca che alla fine
l’ordine verrà ristabilito, nessuna superiore giustizia divina
che raddrizzerà i torti se solo
saremo pazienti. Domina invece l’idea che il male può essere contrastato solo se persone
attive, intelligenti, coraggiose
e ingegnose sono disposte a
mettere in gioco le loro vite
per arginare il trionfo di coloro
che vorrebbero usare il prossimo come strumento nella loro
brama di potere.
In questo senso Re Lear proprio perché presenta una visione particolarmente cupa dell’esistenza umana, scuote molte delle convinzioni, alle quali
pur ci aggrappiamo nell’illusione di dare un significato alla
nostra vita.
Ian Johnston
(dal saggio pubblicato nel volume
che accompagna lo spettacolo,
traduzione di
Giuliana Manganelli)
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Re Lear l 3
Conversazione tra Edoardo Sanguineti e Marco Sciaccaluga
“Feuilleton” sublime
di avventura e follia
SCIACCALUGA Quando Carlo Repetti ha ritenuto che ci fossero
finalmente le condizioni per
affrontare l’impresa titanica di
mettere in scena Re Lear, sia
lui che io abbiamo iniziato questo viaggio con la radicata e
radicale speranza che tu potessi accettare di farne la traduzione. E questo non solo perché
già Don Giovanni, L’illusione
comica e tutto il tuo lavoro con
Benno Besson ci avevano dato
esperienza di quanto nuovo
possa riuscire un testo classico
da te tradotto, ma anche perché avevamo la netta consapevolezza che Re Lear, come del
resto credo tutta l’opera di
Shakespeare, avesse assoluto
bisogno di essere liberato da
tutte quelle incrostazioni che si
sono accumulate sul testo per
l’abitudine dei traduttori di far
ricorso a quello che io chiamo
lo “spieghese”: cioè, di tradurre
non solamente quello che Shakespeare ha scritto, ma anche
la spiegazione di ciò che di
quelle parole e di quei versi si
crede di aver capito.
SANGUINETI Posto davanti al
problema della traduzione, io
me la cavo sempre sostenendo
che in realtà tradurre è far
scrittura. E quindi è sempre
travestire. A volte, il travestimento può essere portato anche al limite della totale riscrittura. Ma questo è solo uno dei
poli entro il quale si manifesta
l’attività del traduttore. L’altro
polo è costituito da una sorta di
superstizione della fedeltà: anch’essa ovviamente legittima,
ma in fin dei conti sempre venata d’ipocrisia. Comunque, è nel
contesto di questi due poli che
una traduzione non può che
muoversi. Poi, quando si tratta
davvero di grandi testi, caratterizzati da grande complessità
linguistica e concettuale, può
accadere di trovarsi presi “naturalmente” in un meccanismo,
dal quale nasce un sentimento,
in fin dei conti piacevole, di
perdita della libertà. Si ha, cioè,
l’impressione di non poter fare
che così.
SCIACCALUGA Come dice Peter
Brook, un capolavoro come Re
Fe d e r i co Va n n i e G i a n l u c a G o b b i in un momento dello spettacolo
Lear «lo si può mettere in scena – e quindi anche tradurre –
soltanto in un modo: quello giusto»; ma questo è evidentemente un paradosso, perché ogni
interpretazione è, almeno dal
mio punto di vista, il massimo
di assunzione della libertà. Il
teatro è lo spazio della libertà.
Ma dove finisce la libertà e
comincia l’arbitrio nell’attività
di un interprete o di un traduttore? Quando io sono alla prese
con un testo, per quanto enigmatico esso sia, accade sempre
che questo comincia a parlarmi
e, all’interno della mia esperienza del mondo, arriva il momento in cui comprendo (o
credo di comprendere) che
certe cose sono “arbitrarie” e
altre invece forse non lo sono,
appartenendo pertanto di diritto al mio lavoro d’interprete.
SANGUINETI Un’impressione generale che ho ricavato dal lavoro su Re Lear è che questa
grande tragedia sia fondamentalmente un “feuilleton”. Sublime, ma pur sempre un “feuilleton”. E questa è, in fin dei
conti, una considerazione valida per tutto Shakespeare.
Credo che una chiave per accostarsi a Shakespeare sia proprio
anche nell’accettare questo suo
continuo “romanzamento” della
vita e della realtà.
SCIACCALUGA È vero, ma credo
vada anche sottolineato che
così facendo Shakespeare, o
almeno l’autore di Re Lear,
evoca sul palcoscenico un’umanità in un certo senso emblematica e molto lontana dal
nostro quotidiano: un’umanità
che ha ancora l’ossessivo desiderio di concettualizzare le questioni che riguardano l’esistenza, cercando contemporaneamente di inventare le parole
giuste per definirle. Quello di Re
Lear è un mondo affascinante:
insieme barbarico e coltivatissimo. Un mondo di persone che
inventano la realtà e cercano gli
strumenti per interpretarla.
SANGUINETI Shakespeare gioca
sull’ambivalenza tra “la vita è
teatro” e “il teatro è vita”. Ma la
sua non è una filosofia, è solo
un fatto. Lo spettatore non
deve mai dimenticare che
siamo a teatro. Shakespeare fa
solo del teatro e il pubblico
deve essere continuamente
ributtato di fronte a questo
fatto. La cosa affascinante è che
da una simile circostanza, in fin
dei conti banale, nasce un’immensa metafora.
SCIACCALUGA Shakespeare fa un
teatro che parla dell’uomo e
che non ha nulla di psicologico.
Anche i monologhi dei suoi personaggi non sono mai dei soliloqui, ma un diretto rivolgersi al
pubblico. E se un personaggio
si rivolge al pubblico lo fa perché chiede il suo parere in proposito. Credo che quando si ha
l’umiltà di accettare che il teatro scespiriano è una forma immediata ed elementare di co-
municazione si comincia a capire quali sono i sentieri dove non
ci si deve avventurare.
SANGUINETI Ma se il mondo è
teatro significa che la vita è una
buffonata, una follia? Ne consegue forse che questa follia è un
orribile delirio o che l’esistere è
caratterizzato da una grottesca
insensatezza? Nel tradurre Re
Lear ho sentito molto questa
continua ambiguità tra simmetria e speculazione, per un
discorso rivolto a un pubblico
che, proprio perché gestualmente coatto, ne era direttamente coinvolto.
SCIACCALUGA Il tragico e il grottesco sono strettamente correlati in Re Lear. E spero che,
anche in virtù di un attore
come Pagni, così meravigliosamente predisposto al tragicomico, questo tipico tono scespiriano emerga con grande forza
dal nostro spettacolo.
SANGUINETI A Shakespeare non
importa nulla del rapporto tra
grottesco e verità o tra bene e
male. Egli non era portatore di
alcuna idea etica, aveva solo
un’idea di teatro. Punto e basta.
Probabilmente era il pubblico
che moralizzava, ma questo in
fin dei conti non lo riguardava
direttamente. Il rifiuto del
moralismo è un paradigma
assoluto del marasma totale
che per Shakespeare è la vita.
SCIACCALUGA Shakespeare ha la
capacità straordinaria di essere
universale specializzando al
massimo il suo sguardo sugli
esseri umani. Non c’è autore
che meglio di lui sappia concentrare lo sguardo sull’uomo,
visto nel bene e nel male, e
nello stesso tempo parlare del
mondo intero.
SANGUINETI Perché in fondo per
lui non si tratta di esseri umani,
ma soltanto di attori. Estremizzando, mi sento di dire che
Shakespeare, così come non
pensa al bene e al male, non
pensa neppure all’uomo in sé.
Egli è integralmente un autore
di teatro.
a cura di Aldo Viganò
(estratto dalla conversazione
pubblicata nel volume che
accompagna lo spettacolo)
Lo Stabile in tournée
Il Teatro Stabile di Genova sarà in
tournée nel 2008/2009 con cinque
spettacoli: tre prodotti nella scorsa stagione (India, L’agente segreto e La famiglia dell’antiquario) e altri due che,
subito dopo il debutto genovese, iniziano già da quest’anno il loro viaggio per
l’Italia (Re Lear e L’anima buona del
Sezuan). Il primo a mettersi in viaggio è
stato lo spettacolo con Mara Baronti e la
regia di Alfonso Santagata, India, che
già a settembre era a Carrara e sarà poi,
tra le numerose altre piazze, anche a
Milano (dal 13 al 25 gennaio), Torino
(dal 28 gennaio al 1° febbraio), Roma
(dal 3 al 7 febbraio). Subito dopo le rappresentazioni al Teatro della Corte,
anche Re Lear parte per una prima
tournée italiana, che porterà Eros Pagni
e gli altri interpreti della tragedia scespiriana, messa in scena da Marco
Sciaccaluga, sui palcoscenici di Trento
(Teatro Sociale) dal 5 al 9 novembre,
Roma (Teatro Eliseo) dall’11 al 30
novembre, Padova (Teatro Verdi) dal 2
al 7 dicembre, Bologna (Arena del Sole)
dal 9 al 14 dicembre, Correggio (Teatro
Asioli) 16 e 17 dicembre, Modena
(Teatro Storchi) dal 18 al 21 dicembre.
Molto intensa anche la tournée di
L’agente segreto che, dopo aver ottenuto il premio Flaiano per la migliore
regia (Marco Sciaccaluga) della stagione 2007/2008, sarà riallestito quest’anno con la stessa compagnia formata da
attori cresciuti alla Scuola dello Stabile
di Genova e con l’unica sostituzione di
Roberto Alinghieri nel ruolo che era di
Aleksandar Cvjetkovic, per essere ad
Alessandria (Teatro Comunale) 12 gennaio, Prato (Teatro Metastasio) dal 14 al
18 gennaio, Ancona (Teatro delle Muse)
“RE LEAR” SULLO SCHERMO
Mercoledì 15 ottobre – ore 16
King Lear (1971)
di Peter Brook
Mercoledì 22 ottobre – ore 16
Karol Lir (1970)
di Grigorij Kozincev
VERSIONE ITALIANA
VERSIONE ORIGINALE CON SOTTOTITOLI IN INGLESE
Il film che il grande regista inglese ha messo in
scena per l’interpretazione di Paul Scofield,
da lui già diretto sul palcoscenico londinese.
La tragedia è ambientata nella steppa dal regista
russo, il quale con la complicità di Pasternak ne
fa un grande spettacolo di passioni e di popolo.
Giovedì 16 ottobre – ore 16
Ran (1984)
di Akira Kurosawa
Giovedì 23 ottobre – ore 16
King Lear (1987)
di Jean-Luc Godard
VERSIONE ITALIANA
VERSIONE ITALIANA
Il regista giapponese sposta l’azione al tempo
dei samurai, dove un sovrano ha deciso di
dividere il proprio regno tra i tre figli maschi.
L’alfiere della “nouvelle vague” francese gioca
con la trama e i personaggi del capolavoro
scespiriano: tra narrazione e avanguardia.
Proiezioni nel Foyer della Corte. Introduzioni di Marco Salotti. Ingresso Libero
lo diretto dal catalano Lluís Pasqual,
dopo i successi, anche internazionali
(da Barcellona e Madrid a Bogotà),
della scorsa stagione e le nominations
(migliore spettacolo, migliore regia) e i
premi (migliori costumi e migliori
musiche) ottenuti agli Olimpici del
dal 28 gennaio al 1° febbraio, Trieste
(Teatro Rossetti) dal 4 all’8 febbraio,
Brescia (Teatro Sociale) dal 10 al 15 febbraio, Palermo (Teatro Biondo) dal 18
febbraio al 1° marzo. E proprio da
marzo inizierà a viaggiare anche La
famiglia dell’antiquario. Lo spettaco-
Teatro 2008, torna a vivere per il secondo anno in tournée a Vicenza (Teatro
Comunale) 14 e 15 marzo, Torino (Le
Limonaie) dal 17 al 22 marzo, Roma
(Teatro Argentina) dal 24 marzo al 5
aprile, Catania (Teatro Verga) dal 21
aprile al 10 maggio. Subito dopo le rappresentazioni genovesi, infine, anche
Mariangela Melato, protagonista di
L’anima buona del Sezuan per la regia
di Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani,
partirà con la compagnia dello Stabile
per una breve tournée di fine stagione
che, per quest’anno, toccherà solo le
piazze di Napoli (Teatro Diana) dal 17
aprile al 3 maggio e Roma (Teatro
Argentina) dal 5 al 17 maggio.
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4 l Storia della meraviglia
L’agente segreto
Canzoni, storie, profezie
Il settimo sigillo l 5
CONRAD E IL TERRORISMO
A scacchi con la Morte DAL FILM ALLA SCENA
Il capolavoro di Ingmar Bergman
“ S t o r i a d e l l a m e r a v i g l i a ” i n s c e n a a l D u s e d a g i o v e d ì 1 6 o t t o b r e Attualità del testo teatrale del grande romanziere messo in scena per la prima volta in Italia dallo Stabile Massimo Mesciulam parla dell’esercitazione su “Il settimo sigillo”
M a u r i z i o M a g g i a n i e G i a n P i e r o A l l o i s i o p a r l a n o d e l l o s p e t t a c o l o “L’agente segreto” torna al Teatro della Corte dopo aver ottenuto il Premio Flaiano per la migliore regia che sarà in scena al Teatro Duse da mercoledì 7 a domenica 11 gennaio
Sul palcoscenico del Duse,
dove stanno mettendo a punto
Storia della meraviglia, Maurizio Maggiani e Gian Piero Alloisio vivono con passione e allegria questa loro prima esperienza comune. «Tutto è nato
dall’insistenza di Gian Piero a
trascinarmi in questa avventura» dice Maggiani. «In realtà –
specifica Alloisio – io l’avevo
cercato per coinvolgerlo in un
altro progetto intorno ad alcuni inediti di cantautori genovesi. Quando l’ho incontrato la
prima volta, lui aveva appena
finito di scrivere Mi sono perso
a Genova. Me ne ha dato le
bozze. Ho iniziato a leggere... e
sulle prime dieci pagine ho
scritto subito tre canzoni. Da
queste è nato lo spettacolo».
«L’arma vincente è stata comunque la sua coinvolgente
vitalità: è questa che mi ha trascinato in un mondo che non è
GIAN PIERO ALLOISIO
Nato a Ovada nel 1956, genovese d’adozione, esordisce nel 1975 con il disco Dietro le
sbarre. Nel 1980 scrive con Gaber, Guccini e
Luporini lo spettacolo Ultimi viaggi di
Gulliver. Dal 1981 al 1996 scrive con Giorgio
Gaber per Ombretta Colli (Una donna tutta
sbagliata; Aiuto! Sono una donna di successo;
Donne in amore), Arturo Brachetti (In principio Arturo), Claudio Lolli (Dolci promesse di
guerra). È autore di canzoni anche per
Guccini, Finardi e Gaber-Jannacci. È tra i fondatori del Teatro della Tosse, per i cui spettacoli itineranti ha scritto prosa e canzoni. Nel
2004 fonda la “Mega Compagnia dei
Misteri”, teatro itinerante di massa con cui
partecipa a numerosi festival. Per Paolo
Graziosi scrive il dramma storico I Templari,
ultimo atto. Vincitore di vari Biglietti d’Oro, è
direttore artistico del Carnevale di Viareggio.
il mio» dice Maggiani. «Tanto
che, alla fine, di quel punto di
partenza sono rimaste sole le
tracce, perché è nato qualcosa
di completamente nuovo, che,
parafrasando, potrei intitolare:
“Mi sono perso nella Storia”. La
musica di Alloisio ha dato a
tutta l’operazione una fecondità che di per sé la letteratura
non ha e non può avere, perché la pubblicazione di un libro
inesorabilmente cristallizza l’esperienza». «Ma questo accade
– lo interrompe Alloisio – perché le canzoni non sono mai di
qualcuno: né di chi le fa, né di
chi le sente. La canzone evoca
sempre un fatto sociale, uno
stare insieme». E in Storia
della meraviglia le canzoni
sono dodici nuove, più ciò che
è restato del progetto originale
degli inediti dei cantautori, da
Bindi a Fossati.
Con la collaborazione del Teatro Stabile di Genova, è nato
così uno spettacolo che racconta, in forma vitale, il fascino
del presente; ma anche la
Storia dalla quale questo presente è scaturito. In uno spazio
teatrale che ricorda Genova
(come le fotografie di Maggiani
proiettate sul grande schermo), ma anche tante altre città
antiche o moderne come Stalingrado o Tuzla, Troia o Gerusalemme, alle quali si è aggiunta strada facendo anche New
York prepotentemente evocata
dallo sconquasso finanziario
che sta sconvolgendo il globo
terrestre. «Nel corso delle prove – dice Maggiani – abbiamo
cambiato i testi continuamente
e forse ancora li cambieremo
durante le repliche, perché io
non sono né un attore né un
interprete, ma resto solo un
narratore, che parla di quello
che conosce». «Ciò su cui ci
siamo accordati sin dall’inizio
– spiega Alloisio – sono i fatti
essenziali. Tutto il resto viene
di conseguenza: improvvisazione compresa». È nato così uno
spettacolo in cui l’osservazione
personale si mescola di continuo con uno sguardo aperto
all’universale: «Perché il tema
del nostro spettacolo – azzarda
Maggiani – è che noi non abbiamo alcuna intenzione di
sopravvivere alla fine della
Storia: vogliamo invece avere
abbastanza energia per stare al
MAURIZIO MAGGIANI
Nato a Castelnuovo Magra nel 1951, ha
pubblicato con Feltrinelli Vi ho già tutti
sognato una volta (1990), Felice alla guerra
(1992), màuri màuri (1996), Il coraggio del
pettirosso (1995, premi Viareggio-Répaci e
Campiello 1995), La regina disadorna (1998,
premi Alassio e Stresa per la Narrativa
1999), È stata una vertigine (2002, premio
letterario Scrivere per amore 2003, finalista premio Chiara), Il viaggiatore notturno
(2005, premi Ernest Hemingway, Parco
della Maiella e Strega 2005), Mi sono perso
a Genova (2007, mostra fotografica e libro).
Ha condotto più di 80 puntate televisive di
La storia siamo noi (RAI2). Tiene una rubrica
quotidiana su «Il Secolo XIX». Tradotto in
dieci lingue, è l’unico scrittore italiano ad
aver vinto tutti i maggiori premi letterari.
U n a s ce n a d i L’ a g e n t e s e g r e t o co n A l i c e A r c u r i e N i c o l a Pa n n e l l i ( f o t o d i M a r c e l l o N o r b e r t h )
S o t t o Marco Avogadro, Vito Saccinto, Gianluca Gobbi e Nicola Pannelli i n u n a s c e n a d e l l o s p e t t a c o l o
Ugo Mursia, primo editore italiano delle opere dello
scrittore anglo-polacco, ricorda che «nella sua nota
d’autore Conrad indica come fonte di ispirazione
per L’agente segreto la lettura di un libro di memorie di un alto funzionario di polizia» che aveva seguito il caso dell’attentato all’Osservatorio astronomico
di Greenwich, tragicamente conclusosi con la morte
di colui che vi stava portando la bomba. Nascono
così, da un fatto di cronaca, dapprima il romanzo e
poi l’omonimo testo teatrale che lo Stabile di Genova ha messo in scena per la prima volta in Italia.
Come annota Marco Sciaccaluga, che per la regia di
questo spettacolo ha ottenuto il Premio Ennio
Flaiano: «È veramente sorprendente il silenzio che
si è creato intorno a quest’opera che risulta così pulsante di vita e così capace di parlare in modo lancinante del presente e del futuro». Ma, nella scorsa
stagione, è stata proprio la novità di questo testo,
scritto più di ottant’anni fa, che ha affascinato il
pubblico e la critica, che insieme hanno dimostrato
di condividere il giudizio di un celebre intellettuale
inglese del primo Novecento (Arnold Bennett), il
quale proprio a proposito di L’agente segreto scrisse: «Il testo è estremamente interessante sia dal
punto di vista drammatico, sia in tutti i suoi risvolti
psicologici. Ti prende completamente».
L A
C R I T I C A
«Tutto l’allestimento è encomiabile.
E speriamo che il successo in sala
incoraggi altri recuperi».
LA STAMPA
«Uno dei “colpi” più azzeccati, sia
per il soggetto, incredibilmente d’attualità,
sia per la realizzazione sul palcoscenico».
AVVENIRE
«Una densità da thriller cinematografico,
che la regia di Marco Sciaccaluga ha colto
ed espresso con commovente verità».
LIBERO
«Le capacità di questa compagnia di attori,
che non ha niente da invidiare alla grande
compagnia dello Stabile negli anni Settanta,
offrono al testo di Conrad un’ottima
recitazione, in cui ogni personaggio
è delineato con cura e approfondimento».
IL GIORNALE
«Parole profetiche sul terrorismo: coraggiose, nei modi di un thriller che non disdegna
l’accosto finale al grand-guignol».
IL SECOLO XIX
Il settimo sigillo, adattamento
teatrale del celebre film di
Ingmar Bergman, andrà in scena al Duse, in forma di esercitazione, da mercoledì 7 a domenica 11 gennaio. La regia è
affidata a Massimo Mesciulam,
attore dello Stabile e insegnante della Scuola di Recitazione
del Teatro, da cui provengono
anche tutti i protagonisti dello
spettacolo. Gli interpreti di Il
settimo sigillo sono, infatti, gli
allievi che frequentano l’ultimo
anno di Qualificazione, i quali si
misureranno in quella che è
diventata una vera e propria
forma di laboratorio teatrale
della Scuola e dello Stabile di
Genova. Ed è con questo atteggiamento di ricerca e, quindi, di libertà che Mesciulam
affronta la messa in scena dell’opera di Ingmar Bergman.
Perché avete scelto questo testo?
Tanti anni fa avevo già usato a
scuola, per esercizio, qualche
scena del Settimo sigillo e
quest’anno, insieme con la
direzione del Teatro, abbiamo
pensato di riprenderlo integralmente per l’ormai tradizionale
esercitazione aperta al pubblico. È interessante sperimentare classici che sono molto venerati al punto che quasi non si
osa rappresentarli, con la più
assoluta libertà di interpretare
e di ricreare, come avviene in
questo caso. Il fine è doppio:
soddisfare la curiosità di mettere in scena con occhio “innocente” un testo senza sentire il
peso della tradizione, come se
fosse sconosciuto, e continuare
la ricerca sulla recitazione che
si fa nella Scuola, che cerca di
essere l’espressione di una specifica idea di teatro, e di saperla
concretamente comunicare.
Grazie alla direzione dello Stabile, infatti, si è stabilita una continuità fra il lavoro della Scuola
e gli spettacoli prodotti, e questo significa anche dare continuità a questa idea di teatro.
Che tipo di lavoro ha fatto per
adattare al teatro la sceneggiatura
del Settimo sigillo?
Il settimo sigillo non nasce
subito come sceneggiatura di
un film. Prima Bergman aveva
scritto un testo teatrale, Pittura su legno, pensato proprio
per una scuola di recitazione.
Nell’adattamento ho tenuto conto di alcuni elementi del testo
teatrale che ha dato origine al
Federica Sandrini, Gabriele Gallinari, Sarah Nicolucci, Andreapietro Anselmi, Viviana Strambelli,
Cristiano Dessì, Giuseppe Amato, Davide Mancini, Elena Gigliotti interpreti dello spettacolo
film, benché anche la sceneggiatura abbia un’affabulazione
che si presta alla recitazione
teatrale. Sono curioso e mi affascina, però, cimentarmi con
la messa in in scena di questo
testo, “dimenticandomi” del film.
Cosa l’ha attratta di più del testo?
Il settimo sigillo mi interessa
perché mette in scena ciò che
di più alto e di più basso c’è
nell’uomo. Se dedicassi lo spettacolo a qualcuno, lo dedicherei
a tutte le vittime dell’oscurantismo e dell’oppressione del potere che ha usato il sacro per
dominare sui propri simili. Il
protagonista del Settimo sigillo è un uomo che ha perso la
fede, pur tornando dalle crociate o, forse, proprio per questo; ma nel testo di Bergman
c’è l’idea che, anche in questo
spazio feroce che è l’umanità, il
mistero entra nella vita degli
uomini dall’esterno e, per questo strano prodigio, è possibile
amare, provare compassione,
avere fiducia.
Ha già pensato a come sarà l’allestimento dello spettacolo?
Ci sono testi che mi suggeriscono già un’immagine dentro
la quale far vivere gli attori, ma
in questo caso non ho ancora le
idee chiare, anche perché non
abbiamo ancora iniziato le prove vere e proprie. La prima immagine che mi viene in mente è
certamente quella di un palcoscenico spoglio, secondo l’idea
di teatro propria delle esercitazioni, che non sono la versione
abbozzata di uno spettacolo da
completare ma rappresentano,
appunto, una precisa idea di teatro. Naturalmente in questo spettacolo ci sarà la scacchiera come oggetto di scena, visto che
la partita a scacchi fra il Ca-
valiere e la Morte è un elemento centrale del racconto, mentre
non ho ancora deciso se inserire
o meno una colonna sonora.
Preparare uno spettacolo con gli
allievi della Scuola è molto diverso
dal lavoro che si fa con attori professionisti?
Non c’è nessuna differenza.
Questa è la prima volta che, per
un’esercitazione del Teatro Stabile, gli interpreti sono tutti allievi della scuola. Gli altri anni,
infatti, c’era sempre almeno un
professionista ed era interessante il confronto fra attori con più
esperienza ed altri all’esordio.
Ma, di fatto, non c’è nessuna differenza, perché i nostri ragazzi
hanno già imparato a essere
molto professionali. Io stesso
chiedo sovente ai miei allievi di
comportarsi con me, come se
fossero loro gli insegnanti, perché non c’è niente che s’impari
meglio di ciò che s’insegna.
Vuole comunicare un’idea o un
messaggio preciso con questo spettacolo?
Io preferisco che siano gli
spettatori ad attribuire un significato, un’idea a quello che
vedono, e spero che ciascuno
veda qualcosa di diverso.
Credo che uno spettacolo sia
riuscito quando fa venire in
mente qualcosa a chi guarda,
ma non a tutti la stessa cosa.
Secondo lei c’è il rischio che questo
testo possa apparire “datato” agli
spettatori di oggi?
Niente affatto, come tutti i
classici anche Il settimo sigillo
ha il carattere dell’universalità.
Il rapporto dell’uomo con il male assoluto, con la morte, con il
sacro, con il prodigioso è un
tema universale.
a cura di
Annamaria Coluccia
A
M a u r i z i o M a g g i a n i e G i a n P i e ro A l l o i s i o i n d u e m o m e nt i d e l l o s p e t t a co l o
passo con il suo infinito scorrere. E sappiamo che, solo finché
si guarda il mondo con meraviglia e stupore, si può essere
sicuri che la Storia non è finita». «Da qui – aggiunge Alloisio
– la concretezza, e quindi
anche l’assoluta teatralità, del
nostro spettacolo che, attraverso le canzoni come attraverso le parole, parla sempre
di cose, di spazi e di persone: il
nostro non è un discorso che
vuole spiegare il mondo, ma è
solo una sua possibile rappresentazione».
Uno spettacolo che racconta
incontri, relazioni tra esseri
umani, alcuni dei quali anche
riconoscibili da parte dei genovesi. Ma la meraviglia evocata
sin dal titolo dal vostro spettacolo è solo un sentimento o
anche una forma di conoscenza? «Credo entrambe le cose»
– dice Alloisio – «Con la consapevolezza però che solo la conoscenza di sé e degli altri
rende meravigliosi gli uomini e
la storia. Rivalutare come noi
facciamo a teatro in senso epico (con le canzoni e con l’affabulazione) certe persone che
abitano o hanno abitato questa
o altre città, le rende automaticamente oggetto di meraviglia». «Poi – aggiunge Maggiani
– spero che attraverso il racconto di fatti quotidiani riusciremo a restituire anche qualche elemento di profezia. Entrambi siamo convinti, infatti,
che, anche se questo non è
certo il tempo di Isaia, il mondo attuale abbia più che mai
bisogno di un po’ di profezia: e
i personaggi, gli esseri umani,
che evochiamo diventano i
nostri profeti».
Il tutto in uno spettacolo dove
il rapporto tra la parola e la
musica avviene soprattutto per
associazione. «Mi piacerebbe
che il pubblico uscisse da
Storia della meraviglia con
la consapevolezza che, anche
se viviamo in tempi terribili,
negli anni della fine dell’Impero, dobbiamo pur sempre
meritarci il meraviglioso privilegio di abitare nel nostro tempo» dice Maggiani, e Alloisio
aggiunge: «Ed è proprio questa
speranza che fa dello spettacolo, che pur parla anche di lutti
e di dolore, un invito a vivere
con gioia il presente».
A. V.
L’ambientazione è nel XIV secolo,
in un paese devastato dalla Peste
Nera. Il cavaliere Antonius Block e
il suo scudiero Jons ritornano
dopo dieci anni dalla Crociata.
Sulla spiaggia, il Cavaliere incontra
la Morte che è venuta a reclamarlo, ma il Cavaliere ottiene una
sospensione dell’esecuzione sfidando la Morte a scacchi. Il
Cavaliere e lo Scudiero s’imbattono, strada facendo, nel carro in cui
dormono il giocoliere Jof, sua
moglie Mia, il piccolo Mikael e il
loro amico Skat. Jof è un sognatore. Al mattino presto vede la
Vergine Maria camminare in un
giardino di rose. Il Cavaliere e lo
Scudiero giungono a una chiesa.
Mentre Block va a pregare, l’ateo
Jons parla con il pittore della chiesa, i cui affreschi ritraggono la
danza della morte e penitenti che
si fustigano. La Morte ha preso il
posto del confessore e inganna il
Cavaliere per farsi rivelare la sua
strategia nel gioco degli scacchi.
Block esprime la sua frustrazione
nei confronti di un Dio che non gli
parla. Fuori, una giovane donna,
condannata a essere bruciata sul
rogo come strega, è legata ai
ceppi. Più tardi, il Cavaliere e lo
Scudiero incontrano un’altra giovane, che si unisce a loro per il
resto del viaggio. Alla taverna, Jof,
Mia e Skat stanno recitando. Skat
è fuggito con Lisa, la moglie del
fabbro Plog, ma l’adultera ben
presto lo abbandona per tornare
dal marito. Dopo un finto suicidio,
Skat muore sul serio perché la
Morte abbatte l’albero dove egli
ha trovato riparo per la notte. Il
Cavaliere e lo Scudiero ritrovano
la famiglia del giocoliere. Mia offre
loro latte e fragole. Il Cavaliere
parte per riprendere il gioco con la
Morte e, insieme ai suoi compagni
di viaggio, s’imbatte nella giovane
strega che sta per essere bruciata
e le dà un sedativo per alleviarne
la paura e il dolore. Il Cavaliere ha
ancora un incontro con la Morte
alla scacchiera. Jof li vede e scappa con la sua famiglia. Il Cavaliere
fa cadere gli scacchi per distrarre
la Morte, la quale se ne accorge e
gli annuncia lo scacco matto al
loro prossimo incontro. Più tardi,
quella notte, il Cavaliere e i suoi
compagni giungono al castello
accolti dalla moglie del Cavaliere.
Lei prepara la cena e legge loro
dal Libro delle Rivelazioni. Un
colpo alla porta annuncia la
Morte. All’alba, Jof vede la Morte
che conduce gli abitanti del
castello in una danza di morte. Jof,
Mia e il loro bambino camminano
verso il nuovo giorno.
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Hellzapoppin nel foyer della Corte
INCONTRI,
P R O I E Z I O N I , C O N F E R E N Z E , D I B AT T I T I , C O N V E R S A Z I O N I C O N I P R O TA G O N I S T I I N S C E N A A L L O
Letture montaliane
in ricordo di Franco Croce
Nato per iniziativa dell’Assessorato alla Cultura della Provincia
di Genova, in collaborazione con il DIRAS dell’Università di
Genova, il ciclo di “Letture montaliane” avrà un prologo lunedì
20 ottobre (ore 21) al Teatro Duse con introduzione di Giulio
Ferroni e letture di Eros Pagni, per proseguire poi nel foyer
della Corte con un ciclo d’incontri, organizzato “In onore di
Franco Croce”, che prevede l’intervento di nove docenti
dell’Università di Genova che sono stati suoi allievi e che nel
suo metodo di lavoro si rispecchiano. In base al programma
qui a fianco pubblicato, interverranno i professori Vittorio
Coletti, Enrico Testa, Giorgio Bertone, Luigi Surdich, Alberto
Beniscelli, Quinto Marini, Massimo Bacigalupo, Stefano Verdino
e Franco Contorbia. Le letture delle poesie di Montale saranno
fatte dagli allievi della Scuola di Recitazione dello Stabile,
coordinati dalla direttrice della scuola Anna Laura Messeri.
Incontri per i cento anni
del fumetto italiano
Alla fine di dicembre del 2008 ricorre il centenario della uscita del primo numero del settimanale “Il Corriere dei Piccoli”.
Nacque così il “fumetto” italiano. In occasione di questo anniversario, la Fondazione Novaro propone nel foyer della Corte
una serie d’incontri finalizzati a valorizzare il contributo non
affatto marginale fornito da artisti, autori e editori che hanno
attivamente lavorato a Genova e in Liguria. Con il programma qui a fianco specificato, sarà l’occasione per ripercorrere
una storia lunga un secolo che ha visto nascere in Liguria
nuove testate (Lo Scolaro, Cow Boy, Sgt. Kirk), manifestazioni
internazionali (Salone di Bordighera, Le tre Giornate del
Fumetto, Mostra dei Cartoonists), oltre a importanti narratori
e artisti di fama nazionale, quali Rubino, Berardi, Bottaro,
Milazzo e altri ancora. Il progetto prevede quattro tappe storiche e una conclusione in forma di Tavola Rotonda aperta
alle prospettive future.
Con l’avvio della nuova Stagione,
riprendono anche gli appuntamenti di Hellzapoppin nel foyer
della Corte. Ed è il nono anno
consecutivo che questo spazio diventa una piazza aperta alla città,
con tutta una serie d’iniziative
organizzate in collaborazione con
associazioni, case editrici e artisti
operanti in città. S’inizia il 14 ottobre con l’inaugurazione della
mostra dei disegni che Franco Balan ha appositamente creato per
la brochure stagionale dello Stabile. Si prosegue, quindi, con cicli
di proiezioni (Re Lear sullo schermo - vedi programma a pag. 3),
letture (Letture montaliane in
onore di Franco Croce), conferenze illustrate (in collaborazione
con la Fondazione Mario Novaro,
per i 100 anni del fumetto italiano) e con gli incontri dedicati a
Jorge Amado e i cantastorie della Liguria, a cura dell’Associazione “L’incantevole aprile”. Poi,
ci sono le presentazioni di libri
dedicati al teatro e ai suoi personaggi; mentre, per iniziativa dell’Associazione Amici del Teatro,
riprenderanno anche gli appuntamenti con gli attori, in base a
un calendario che verrà presto
reso pubblico e che prevede la
conversazione di Umberto Basevi
con i protagonisti della stagione
di produzione e di ospitalità del
Teatro Stabile. Il tutto a ingresso
libero e sovente in collaborazione
con la nuova gestione della Libreria del Teatro: con l’intento di
far vivere il foyer della Corte
anche nelle ore pomeridiane,
quando in sala non c’è spettacolo.
S TA B I L E
Il calendario degli appuntamenti da ottobre a febbraio
Mercoledì 29 ottobre – ore 17, 30
Non volevo fare la maestra conversazione con Anna Laura Messeri
Presentazione del libro di Renzo Trotta, edito da Natrusso Communication
Con l’Autore e l’Editore, interviene Anna Laura Messeri
introduce Giuliana Manganelli
Venerdì 23 gennaio – ore 17.30
Cento anni del fumetto italiano
Fumetto & moschetto (1935 | 1945)
Relazione di Piero Pruzzo
in collaborazione con la Fondazione Mario Novaro
Mercoledì 5 novembre – ore 17, 30
Montale: in onore di Franco Croce relatore Vittorio Coletti
a cura dell’Assessorato alla Cultura della Provincia di Genova
Letture degli allievi della Scuola di Recitazione dello Stabile
Mercoledì 28 gennaio – ore 17, 30
Montale: in onore di Franco Croce relatore Massimo Bacigalupo
a cura dell’Assessorato alla Cultura della Provincia di Genova
Letture degli allievi della Scuola di Recitazione dello Stabile
Mercoledì 12 novembre – ore 17, 30
Montale: in onore di Franco Croce relatore Enrico Testa
a cura dell’Assessorato alla Cultura della Provincia di Genova
Letture degli allievi della Scuola di Recitazione dello Stabile
Venerdì 30 gennaio – ore 17.30
Cento anni del fumetto italiano
Il Salone di Bordighera (1945 | 1970)
Relazione di Gianni Bono
in collaborazione con la Fondazione Mario Novaro
Mercoledì 19 novembre – ore 17, 30
Montale: in onore di Franco Croce relatore Giorgio Bertone
a cura dell’Assessorato alla Cultura della Provincia di Genova
Letture degli allievi della Scuola di Recitazione dello Stabile
Mercoledì 26 novembre – ore 17, 30
Montale: in onore di Franco Croce relatore Luigi Surdich
a cura dell’Assessorato alla Cultura della Provincia di Genova
Letture degli allievi della Scuola di Recitazione dello Stabile
Venerdì 12 dicembre – ore 17
Jorge Amado e i cantastorie della Liguria
“Ubaldo e... Draghin”
a cura dell’Associazione Culturale “L’incantevole aprile”
Mercoledì 14 gennaio – ore 17, 30
Montale: in onore di Franco Croce relatore Alberto Beniscelli
a cura dell’Assessorato alla Cultura della Provincia di Genova
Letture degli allievi della Scuola di Recitazione dello Stabile
Venerdì 16 gennaio – ore 17.30
Cento anni del fumetto italiano
La stagione del “Corriere dei Piccoli” (1908 | 1934)
Relazione di Claudio Bertieri
in collaborazione con la Fondazione Mario Novaro
Mercoledì 21 gennaio – ore 17, 30
Montale: in onore di Franco Croce relatore Quinto Marini
a cura dell’Assessorato alla Cultura della Provincia di Genova
Letture degli allievi della Scuola di Recitazione dello Stabile
Mercoledì 4 febbraio – ore 17, 30
Montale: in onore di Franco Croce relatore Stefano Verdino
a cura dell’Assessorato alla Cultura della Provincia di Genova
Letture degli allievi della Scuola di Recitazione dello Stabile
Venerdì 6 febbraio – ore 17.30
Cento anni del fumetto italiano
I comics all’Università (1971 | 2008)
Relazione di Pino Boero
in collaborazione con la Fondazione Mario Novaro
Mercoledì 11 febbraio – ore 17, 30
Montale: in onore di Franco Croce relatore Franco Contorbia
a cura dell’Assessorato alla Cultura della Provincia di Genova
Letture degli allievi della Scuola di Recitazione dello Stabile
Venerdì 13 febbraio – ore 17.30
Cento anni del fumetto italiano
Conclusioni e prospettive
Incontro coordinato da Ferruccio Giromini
in collaborazione con la Fondazione Mario Novaro
Venerdì 20 febbraio – ore 17
Jorge Amado e i cantastorie della Liguria
“Gatto Tigrato e miss Rondinella”
a cura dell’Associazione Culturale “L’incantevole aprile”
I N G R E S S O
L I B E R O
Datasiel al servizio del
Sistema Liguria
Soluzioni informatiche
innovative per il cittadino.
collegati al territorio
[Datasiel e Regione Liguria]
collegati al futuro
www.datasiel.net
ottobre 2008 | marzo 2009
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Quando allo Stabile è in scena la Storia
Te s t i m o n i , s t u d i o s i e i n te l l e t t u a l i p a r l a n o d e l l a s t a g i o n e d e l “ Te at ro d o c u m e n to” n e g l i a n n i ‘ 6 0 e ‘ 7 0
Savona, 1927. Genova, 1900.
Italia, 1943. Berlino 1919. Sono
le date simbolo di una serie di
spettacoli, coi quali lo Stabile di
Genova si impegna a riflettere
su momenti importanti della
storia del Novecento. Lo fa con
strumenti un po’ diversi dal
solito: non la drammaturgia dei
sentimenti, l’intreccio consueto
di un personaggio e del suo
mondo; ma il tentativo di resuscitare direttamente dai documenti temi storico-politici, suscitando dunque non tanto l’accordo emotivo degli spettatori,
quanto la conoscenza e la critica. Fra la fine degli anni Sessanta e i primi Settanta questo sarà uno dei filoni più caratteristici dei cartelloni genovesi,
insieme ad altri diversissimi
(Goldoni, Pirandello, Brecht, i
Classici) con i quali compone
un mosaico avvincente.
Il processo di Savona
Settembre 1927: Filippo Turati,
il vecchio leader socialista, è
riparato in Francia con l’aiuto
di Ferruccio Parri, Carlo
Rosselli, Ettore Albini (critico
drammatico dell’“Avanti!”).
Con Turati è fuggito il savonese
Sandro Pertini. Il loro motoscafo è partito da una località
della riviera di Ponente, che si
chiama Pesci Vivi. Ora a
Savona si celebra il processo
per il delitto di “espatrio politico”. Sul banco degli imputati
Parri, Rosselli, Albini, il comandante Oxilia, che guidava il motoscafo ed altri. Ecco il tema e
il fuoco dello spettacolo con il
Il processo di Savona. Prima rappresentazione 25 febbraio 1965
quale il Teatro Stabile di Genova arriva puntuale all’appuntamento con il ventennale della
Resistenza. Affidato alla regia
di Paolo Giuranna il testo va in
scena al Chiabrera di Savona
appena rinnovato; sono presenti Pertini, Parri, l’avvocato
Luzzati e le sorelle Rosselli, che
in un singolare gioco di rispecchiamenti ascoltano il Luzzati
interpretato da Glauco Mauri, il
Parri di Mario Erpichini, il
Rosselli di Gianfranco Ombuen
e il Pertini di Alberto Rosselli.
Stabile rievoca uno dei momenti più forti e nobili della vita della città. Lo sciopero fu
deciso la sera di mercoledì 19
dicembre 1900: la mattina il
prefetto aveva chiuso arbitrariamente la Camera del Lavoro.
Prima settemila portuali, poi
altri tredicimila fra tipografi,
edili, tranvieri, operai di Sampierdarena e Sestri incrociarono le braccia nella città che si
avviava a diventare uno dei
maggiori poli industriali italiani. Le truppe furono consegna-
8 settembre
I risultati raggiunti con Il processo di Savona e Cinque
giorni al porto spingono Chiesa e Squarzina a insistere ancora sul filone del “Teatro-storico-dialettico” e a tentare nella
stagione 1970-71 un’impresa
ancora più ambiziosa con lo
Cinque giorni al porto
Dicembre 1923, il fascismo è al
potere da pochi mesi. In un’aula del Politecnico di Torino il
giovane Piero Gobetti sfida il
suo professore d’economia Luigi Einaudi a fare un corso sullo
sciopero generale dei portuali
di Genova, al quale - ventitré
anni prima - il professore ha
assistito come inviato de “La
Stampa”. Comincia così Cinque giorni al porto, il grande
spettacolo con il quale lo
palcoscenico
e foyer
Cinque giorni al por to. Prima rappresentazione 1 aprile 1969
CALENDARIO DEGLI INCONTRI
A CURA DEL MUSEO DELL’ATTORE
Ministero Beni e Attività Culturali
PALAZZO DUCALE SALA DEL MINOR CONSIGLIO
soci fondatori
LUNEDÌ 10 NOVEMBRE 2008 ore 21
COMUNE DI GENOVA
Cinque giorni al porto
PROVINCIA DI GENOVA
relatori Sergio Cofferati, Luca Borzani
REGIONE LIGURIA
LUNEDÌ 1° DICEMBRE 2008 ore 18
sostenitore
te in caserma, ma non ci fu
alcuna violenza. E il pomeriggio di domenica 23 il Governo
dovette cedere e consentire la
riapertura della Camera del
Lavoro, la prima in Italia, fondata cinque anni prima. Due
anteprime si svolsero al porto
nella “Sala della Chiamata”;
una terza a Cà de Pitta Officina
Guglielminetti AMT. Mentre si
vive in Italia “l’autunno caldo”,
il teatro fa da specchio ai suoi
spettatori, che per quelle tre
sere sono gli stessi operai, figli
forse, o nipoti degli scioperanti
del 1900, che reagiscono con
appassionati, interminabili applausi, in un coinvolgimento
evidente.
con il contributo di
spettacolo 8 settembre, una
proposta di Enzo de Bernart e
Ruggero Zangrandi, che all’argomento ha già dedicato libri
importanti. Squarzina fa suo il
progetto e ne diventa coautore,
dando forma drammaturgica
alla pagina vergognosa della
storia d’Italia: la fuga del re, di
Badoglio e dei generali dello
stato maggiore, con il conseguente sfascio delle forze
Rosa Luxemburg. Prima rappresentazione 12 febbraio 1976
armate e l’abbandono di un
popolo intero alle rappresaglie
tedesche. Ne esce una formidabile giostra di tetri fantocci: il
piccolo re (l’attore genovese
Daniele Chiapparino), Badoglio come immerso in una sonnolenta ambiguità (Gianni
Galavotti), poi tutti gli altri: dal
generale Castellano (Eros Pagni), l’uomo della firma dell’armistizio a Cassibile, Ambrosio
(Camillo Milli), a Carboni
(Omero Antonutti) l’unico che
voleva difendere Roma, a
Caviglia (Guido Lazzarini), a
Roatta (Adolfo Fenoglio), a
Acquarone (Alvise Battain).
Con un espediente allora inedito, il pubblico entra nel vivo
dello spettacolo nel momento
in cui un intervistatore volante
(Antonello Pischedda) gira in
platea armato di telecamera e
microfono (la sera della “prima” genovese viene intervistato anche l’onorevole Antonello
Trombadori).
Rosa Luxemburg
Anche questa volta c’è una
folla di attori in scena, almeno
venti per una quarantina di
personaggi, quasi tutti devono
sobbarcarsi più di un ruolo,
compreso Omero Antonutti
che è un Lenin molto somigliante e Karl Liebknecht, ispiratore della fallita insurrezione
“spartachista” del 1919. I nove
quadri del dramma vanno dall’ultima decade dell’800 al giorno del sacrificio. La carriera
Rosa Luxemburg
relatori Marta Vincenzi, Giulietto Chiesa
numero 26 • ottobre 2008 | marzo 2009
Edizioni Teatro Stabile di Genova piazza Borgo Pila, 42 • 16129 Genova
www. teatrostabilegenova.it
Presidente Prof. Eugenio Pallestrini
Direzione: Carlo Repetti direttore, Marco Sciaccaluga condirettore
Direttore responsabile Aldo Viganò
Collaborazione Annamaria Coluccia
Segretaria di redazione Monica Speziotto
Autorizzazione del Tribunale di Genova n° 34 del 17/11/2000
Progetto grafico:
art: Bruna Arena, Genova (22208)
Stampa: Scuola Tipografica Sorriso Francescano s.r.l., Ge
LUNEDÌ 19 GENNAIO 2009 ore 18
Il processo di Savona
relatori Giuseppe Pericu, Paolo Battifora
LUNEDÌ 16 FEBBRAIO 2009 ore 18
8 settembre
relatori Antonio Gibelli, Marcello Veneziani
introduce Eugenio Pallestrini
8 settembre. Prima rappresentazione 13 marzo 1971
...e allora cambia!
estratto dal volume
Il Teatro di Genova. Una biografia
(segue da pag. 1)
quali Maurizio Maggiani e
Gian Piero Alloisio, che raccontano e cantano lo stupore
nello scoprire le storie, le persone più semplici, quelle che
spesso vivono in città antiche
quali Genova, Gerusalemme,
Stalingrado, Tuzla, Troia.
E infine vi presentiamo lo
spettacolo che segna il nostro
tenace avanzare nella formazione dei giovani attori
che faranno il futuro di questo Teatro: a Massimo Mesciulam, appassionato pedagogo teatrale, è affidato infatti il compito di realizzare,
con gli allievi del 3° anno
della nostra Scuola, una
“mise en espace” di un capolavoro di Ingmar Bergman,
Il settimo sigillo, favola sulla
caducità della vita e sul rapporto fra l’uomo e la fede.
Carlo Repetti
www.amorchio.it
Stufo dei vecchi sistemi?
della ebrea-polacca Luxemburg comincia a 18 anni, quando lascia Varsavia dentro un
carro di fieno per sfuggire agli
sbirri dello Zar. Ha Marx nella
bisaccia e, in nome di Marx, si
mette frequentemente in polemica con gli stessi compagni di
strada. A interpretare questa
donna aggressiva, ironica, polemica è Adriana Asti. Le ultime
prove si svolgono nella Sala
della Chiamata, al Porto. Il
clima è di vivissima attesa, con
qualche nuvola all’orizzonte.
«Ci attendono con il fucile puntato», scriverà Faggi. «Troppa
politica, si grida da destra,
manca la politica, si strilla da
sinistra, e così via». Una contestazione arriva anche dall’ultra
sinistra e lascia una fastidiosa
testimonianza in una scritta di
vernice che per molto tempo
campeggerà sul muro di fronte
al Teatro Duse: «Borghesi, giù
le mani da Rosa».
Maurizio Giammusso
Il nuovo modo
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Quotidiano
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di cultura
e tempo libero
in Liguria
ottobre 2008 | marzo 2009
TGE22208_Giornale26.qxp:TGE22208_Giornale26.qxp
15-10-2008
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spettacoli ospiti
Noccioline
di Fausto Paravidino
Duse, 4 - 16 novembre
regia di Valerio Binasco
Non hanno pietà né di se stessi, né degli altri.
Sono condannati a uno scontro senza fine.
Con Massimo Popolizio, Maria Paiato e
Manuela Mandracchia.
dal 4 novembre 2008 al 15 marzo 2009
Dall’omonimo romanzo di Forster, l’impossibile ricerca di dialogo tra due culture storicamente molto diverse: quella inglese e quella
indiana, nell’età del colonialismo. Con Giulia
Lazzarini e Sandro Lombardi.
Il sindaco
del rione Sanità
di Eduardo De Filippo
Corte, 13 - 18 gennaio
regia di Carlo Giuffré
Esiliato
di Mario Jorio
Duse, 28 gennaio - 1 febbraio
regia di Mario Jorio
Il misantropo
di Molière
Duse, 10 - 21 dicembre
regia di Alberto Giusta
Ventitré sequenze, brevi come fumetti, per
inquadrare una società. Tra comicità e tragedia. Da Charlie Brown al G8 di Genova: un
ritratto generazionale, commissionato dal
Royal National Theatre di Londra a un autore
formatosi alla Scuola dello Stabile di Genova.
Il romanzo di Ferrara
Uno dei capolavori di Molière e del teatro di
tutti i tempi. Una magnifica pittura della
società mondana, leggera del Seicento francese, messa in scena e interpretata da una
compagnia di giovani, formatisi tutti alla
Scuola dello Stabile di Genova.
di Tullio Kezich da Giorgio Bassani
Corte, 5 - 9 novembre
regia di Piero Maccarinelli
Ferrara 1946. Nel segno di Giorgio Bassani da Il giardino dei Finzi Contini a le Cinque storie ferraresi - Tullio Kezich porta ora sul palcoscenico in forma di flash-back, con una compagnia di giovani attori, la tragedia delle
leggi razziali e delle deportazioni naziste.
Platonov
Con Franco Branciaroli, un capolavoro di
grande attualità: una riflessione sul conflitto
tra scienza e potere, tra etica e ricerca, tra
responsabilità civile e salvezza. La vita di
Galilei dal tempo dell’insegnamento a
Padova agli ultimi anni vissuti forzatamente
in “ritiro” a Firenze: un’esistenza densa di
entusiasmi, paure, sconfitte, intuizioni.
Peccato che sia
una sgualdrina
di Thomas Bernhard
Duse, 19 - 30 novembre
regia di Piero Maccarinelli
Un fratello e due sorelle. Senza mai nominarlo, Bernhard parla di Wittgenstein e del teatro. I tre fratelli cercano nel passato le ragioni
del loro malessere esistenziale. Si feriscono
con le parole e con le parole si consolano.
ottobre 2008 | marzo 2009
Raccolta indifferenziata
di Francesca Duranti e Mario Bagnara
Duse, 14 - 18 gennaio
regia di Laura Sicignano
Tullio Solenghi evoca con malinconica allegria la fine di un’epoca e, metaforicamente,
mette in scena il mondo di chi non ce la fa
perché è troppo dura e se non ti sporchi le
mani resti indietro. Nell’epoca dello share e
dell’auditel, come può andare avanti una piccola emittente auto gestita?
di Eduardo De Filippo
Corte, 24 febbraio - 1 marzo
regia di Francesco Rosi
Scherzi
Una commedia dai dialoghi ironici e brillanti, votata a tingersi ben presto di “giallo”.
Scritto dalla romanziera Francesca Duranti in
collaborazione con Mario Bagnara, un crescendo di colpi di scena e di frecciate sociali
che si consumano sotto lo sguardo indifferente di un’enigmatica donna delle pulizie,
silenziosa e inesorabile come il Fato.
Quattro atti unici di Anton Cechov per la comicità di Zuzzurro & Gaspare: L’orso, Tragico
controvoglia, Il tabacco fa male e La domanda
di matrimonio. Un modo intelligente per trascorrere le feste natalizie a teatro.
di Carlo Goldoni
Corte, 6 - 11 gennaio
regia di Antonio Calenda
La bella utopia
di Moni Ovadia
Corte, 5 - 8 febbraio
regia di Moni Ovadia
di Renato Sarti e Franco Però
Duse, 21 - 25 gennaio
regia di Franco Però
di Anton Cechov
Corte, 27 dicembre - 1 gennaio
regia di Massimo Chiesa
di Luigi Pirandello
Corte, 3 - 7 dicembre
regia di Egisto Marcucci
e Elisabetta Courir
Il West e la famiglia americana. Scontro tra
due fratelli sullo sfondo di una società in
rapido cambiamento. L’opera più nota del
drammaturgo, sceneggiatore e attore statunitense Sam Shepard, messa in scena da Sergio
Maifredi con Jurij Ferrini e Corrado d’Elia.
È vietato digiunare
in spiaggia
Ritratto di Danilo Dolci in Sicilia. Uno spettacolo civile, raccontato con struttura dichiaratamente brechtiana e nel ricordo del teatro
dei pupi. Con un autorevole rappresentante
del mondo civile, politico e culturale chiamato ogni sera sul palcoscenico a leggere l’arringa pronunciata da Piero Calamandrei in
difesa di Danilo Dolci.
Amleto
di William Shakespeare
Corte, 10 - 22 febbraio
regia di Pietro Carriglio
Gomorra
di Roberto Saviano e Mario Gelardi
Corte, 27 gennaio - 1 febbraio
regia di Mario Gelardi
Una storia che nasce da un piccolo fatto di cronaca e diventa metafora della società italiana
nell’immediato dopoguerra. Con Lina Sastri e
Luca De Filippo, in uno spettacolo diretto da un
maestro del cinema impegnato italiano,
Francesco Rosi, che al teatro di Eduardo si era
già accostato di recente con l’applaudita
messa in scena di Napoli milionaria! .
Mein Kampf
«Un titolo ironico per evocare quella che fu la
più epica utopia di redenzione mai concepita
dell’essere umano, senza fare appello al trascendente: il comunismo» annota Moni
Ovadia. Uno spettacolo di canzoni, musiche,
tracce poetiche, confessioni, icone, immagini
per raccontare con umorismo ebraico la tragedia sovietica.
Il giuoco delle parti
Lui, lei e l’amante; infine un colpo di pistola.
La storia di un triangolo amoroso, tra tragedia e commedia. Anche una riflessione critica sull’essenza stessa del teatro borghese del
primo ‘900. L’umorismo di Pirandello per la
recitazione di Geppy Gleijeses, Marianella
Bargilli e Luciano Virgilio.
di Sam Shepard
Duse, 3 - 8 febbraio
regia di Sergio Maifredi
di Brian Friel
Corte, 16 - 21 dicembre
regia di Andrea De Rosa
Un caso clinico singolare. Il difficile riadattamento alla vita, di una cieca che riacquista la
vista a quarant’anni. Lo spettatore, immerso
nella prima parte della rappresentazione nel
buio totale, rivive il faticoso cammino della
protagonista. Una storia avvincente con
Umberto Orsini e Valentina Sperlì.
Carlo Cecchi accosta in un unico appuntamento due atti unici in cui il teatro mette in scena
se stesso e che testimoniano la fortissima
teatralità dei loro autori, personalità estremamente rappresentative della drammaturgia
europea del Novecento: l’austriaco Thomas
Bernhard e il napoletano Eduardo De Filippo.
Vero West
Filumena Marturano
I due gemelli veneziani
Ritter, Dene, Voss
Opera della piena maturità di Eduardo, con al
centro un personaggio vivo, vero che affonda
le proprie radici nella realtà. Sotto la pratica
da capocamorra, Antonio è un idealista, un
protettore dei deboli, una specie di Robin
Hood che toglie ai ricchi per dare ai poveri.
Diretto e interpretato da Carlo Giuffré.
Tra narrazione e ricerca. Il viaggio nell’esistenza della Creatura di Frankenstein è punteggiato dal confronto con i tanti personaggi che
racchiude in sé. E il suo primo incontro non
può essere che con Pinocchio: come lui nato
da un padre, ma non da una madre.
Molly Sweeney
di Thomas Bernhard
e di Eduardo De Filippo
Duse, 2 - 7 dicembre
regia di Carlo Cecchi
di John Ford
Corte, 18 - 23 novembre
regia di Luca De Fusco
Una grande storia d’amore, come in Romeo e
Giulietta, solo che questa volta a impedire
l’amore di due teenagers non è una causa
esterna, ma una legge di natura. Giovanni e
Annabella sono infatti fratello e sorella e il
tabù dell’incesto incombe minaccioso su
tutta la tragedia.
di Sabina Negri
Duse, 17 - 22 febbraio
regia di Marcello Cotugno
Claus Peymann
Sik-Sik
di Anton Cechov
Corte, 11 - 16 novembre
regia di Nanni Garella
Sullo sfondo della contrapposizione sociale e
culturale tra la crisi della nobiltà terriera e la
nascita della borghesia mercantile. La parabola esistenziale di un dongiovanni di provincia, al quale Alessandro Haber offre un’intepretazione come sempre molto personale.
L’ultima radio
Vita di Galileo
di Bertolt Brecht
Corte, 25 - 30 novembre
regia di Antonio Calenda
Petruzzelli segue le orme ideali di Mario
Rigoni Stern sui sentieri dei monti e degli
altipiani dove lo scrittore amava camminare
in silenzio. E, così facendo, porta sul palcoscenico uno spettacolo che ha «l’andamento
di una passeggiata nel bosco privo di ogni
artificio o di certo naturalismo narrativo».
di George Tabori
Duse, 24 febbraio - 1 marzo
regia di Egisto Marcucci e Elisabetta Courir
L’improbabile, ma verosimile, incontro del
giovane Adolf Hitler, aspirante pittore, con un
venditore di libri ebreo nella grande Vienna
avviata alla prima Guerra Mondiale.
Umorismo ebraico, nero e spietato, alternato
a improvvisi squarci poetici: il passato e il
presente uniti dalla capacità di ridere di tutto,
anche delle situazioni più disperate. Con
Marcello Bartoli e Dario Cantarelli.
La badante
Un classico sempre contemporaneo. Un testo
dalla straordinaria complessità di situazioni e
dall’incomparabile ricchezza di personaggi
che abitano ormai il nostro immaginario collettivo. La misteriosa verità del teatro. Con Luca Lazzareschi, Galatea Ranzi e Nello Mascia.
di Cesare Lievi
Duse, 10 - 15 marzo
regia di Cesare Lievi
Con il cielo e le selve
Passaggio in India
di Santha Rama Rau da E. M. Forster
Corte, 9 - 14 dicembre
regia di Federico Tiezzi
Capolavoro della scrittura comica, eccezionale virtuosismo sul classico tema dello sdoppiamento di persona. Massimo Dapporto
assume su di sé il duplice e opposto ruolo
goldoniano di Tonino e Zanetto: i due gemelli che con carattere e motivazioni molto differenti giungono a Verona in cerca di fortuna.
Dal romanzo-reportage di Roberto Saviano.
Storia della camorra napoletana raccontata
da un cronista e testimone, interpretato da
Ivan Castiglione. Uno spettacolo che - dice il
coautore e regista Mario Gelardi - «è come
una sventagliata di kalaschnikov; ma è anche
il racconto di una città sempre in costruzione
o sempre in decadenza».
di Mario Rigoni Stern
Duse, 11 - 15 febbraio
regia di Pino Petruzzelli
Una famiglia borghese come ce ne sono
tante, non solo in Italia. Una donna anziana e
due figli presi dalle urgenze della loro vita
privata. Una badante che viene dall’Est. Un
racconto “giallo” con finale a sorpresa.
Ludovica Modugno protagonista di una
“novità” capace di parlare del contemporaneo.