l`organo a canne - Mafalda Baccaro

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Corso di Laurea di II Livello in Discipline Musicali
indirizzo: ORGANO - curriculum: SOLISTICO
Tesi di Laurea
Storia ed Estetica della Musica
L’Organo a Canne:
la Grande Macchina Celeste
Relatore
Chiar.mo M° Galliano Ciliberti
Laureanda
Mafalda Baccaro
Anno Accademico 2010/2011
1
“L’organo è l’unico strumento sul quale è possibile mantenere una nota tanto a
lungo da produrre un’impressione di tempo e di eternità”.
(Olivier Messiaen)
PREMESSA
2
L’idea di una tesi, che avesse come titolo: “L’organo a canne: la
Grande Macchina Celeste”, si è formata man mano che sviluppavo i
miei studi di Storia ed Estetica della Musica. Nel corso della II
annualità, sviluppando il tema dell’utopia in musica, mi sono lasciata
affascinare dalla “teoria dell’armonia delle sfere”, nella quale l’organo
a canne - per la sua grandezza ed imponenza, per le complicate
tecniche costruttive, per la sua storia e la storia del temperamento, per
la sua diffusione mondiale, per la sua peculiare caratteristica timbrica
e per le sue più varie forme e dimensioni, per essere un capolavoro
dell’ingegno umano – riveste un ruolo considerevole.
La tradizione attribuisce a Pitagora la capacità di aver udito per primo
la sinfonia planetaria, trovando una stretta somiglianza tra i suoni
delle sfere celesti e quelli dei colpi di un martello su un’incudine.
Gaffurio e Zarlino erano certi che, già molto prima di lui, altri
avessero equiparato i suoni prodotti
dal martello sull’incudine
all’armonia divina. Nel testo biblico a cui i due teorici fanno
riferimento, è scritto:
“Il fratello si chiamava Iubal: egli fu il padre di tutti
i suonatori di cetra e flauto (secondo altre
traduzioni, il flauto diventa l’organo). Zilla a sua
3
volta partorì Tubalkain, il fabbro, padre di quanti
lavorano il rame e il ferro. Iubal e Tubalkain erano
quindi fratellastri, l’uno musico, l’altro fabbro”.
(Genesi, Cap. 4).
Per gli antichi Greci, c’era un nesso fortissimo tra il nostro sistema
solare
e
la
scala
musicale. In essa, i suoni
più acuti appartenevano
a Saturno e al Cielo delle
stelle fisse. Il Sole, al
centro del cosmo corrisponde alla nota centrale che unisce i due
tetracordi per formare la scala.
Nel Medioevo, l’armonia delle sfere trova pieno appoggio nel Salmo
18, che recita: "I cieli cantano la gloria di Dio e l’opera delle sue mani
annunzia il firmamento". Dio, si afferma, ha creato l’universo grazie
all’intreccio di matematica, geometria e musica, riconosciute come
“la triade sapienziale”.
4
La Chiesa Cattolica, nel Cinquecento, comincia a venerare Santa
Cecilia e la elegge “patrona dei musicisti”, sebbene la celebrata
martire romana forse non sapesse neanche
suonare. Raffaello Sanzio, nell’Estasi di Santa
Cecilia1,
raffronta
la
perfezione
musica
celestiale degli angeli con la caducità e
l’imperfezione della natura umana, che si
deduce dalle canne che stanno per cadere
dall’organo tra strumenti rotti. Tra questi ultimi
giacciono i simboli dell’astrologia: a sinistra, il triangolo (il trigono,
aspetto astrologico benefico), su cui vi è un flauto diritto
(l’opposizione, aspetto malefico); a destra, dei tamburelli e piatti (la
congiunzione, aspetto benefico).
Anche per Raffaello, nel Rinascimento, Dio resta Geometra e Musico
supremo.
1
Raffaello Sanzio, “Estasi di Santa Cecilia”, olio su tavola, poi su tela (236 × 149 cm), 1514,
conservato nella Pinacoteca Nazionale di Bologna.
5
Sul frontespizio di un'opera di un famoso gesuita, “Musurgia
universalis, sive ars magna
consoni
et
dissoni”
di
Athanasius Kircher (Geisa,
1602 – Roma, 1680) agli
angeli è affidata l'esecuzione di un coro a 36 voci, che celebra
l'armonia celeste e la struttura armonica della creazione.
Secondo Kircher, la nascita armoniosa del
mondo ha origine da un organo cosmico.
L'ordine del cosmo cristiano è sintetizzato nella “teoria dei quattro
elementi”, cui l’organo si ispira: è nato come Hydraulis, per evolversi
in uno strumento ad aria, che è costruito con materiali della terra e le
cui canne si proiettano con forza verso il Creatore, Dio, l’Unico Sole,
il fuoco inestinguibile.
6
L'armonia delle sfere assume con Keplero
un carattere più marcato. Egli osserva le
orbite ellittiche descritte dai pianeti con
diverse velocità e distingue pianeti lenti e pianeti veloci. Secondo la
sua teoria, ogni pianeta produce una musica durante il suo moto di
rivoluzione, il cui suono più grave corrisponde alla velocità minima
percorsa e quello più acuto alla massima. Il pentagramma non è altro
che la struttura armonica del cosmo: l'ampiezza degli intervalli (tra la
nota più grave e quella più acuta) è direttamente proporzionale
all'eccentricità dei pianeti, ossia il rapporto della distanza tra i due
fuochi.
A fine Rinascimento, il teosofo e alchimista
inglese
Robert
Fludd
rappresenta
un
monocordo in cui le sfere dei quattro elementi,
dei pianeti e degli angeli sono disposte
verticalmente,
in
una
sorta
di
ordine
gerarchico, mentre la mano di Dio accorda lo
strumento.
7
Un secolo prima di Fludd, Franchino
Gaffurio, aveva disposto i pianeti
intorno a un'irreale corda musicale.
Nel 1492, anno della scoperta dell’America,
Gaffurio, per il trattato “Theorica musice
Franchini Gafurii laudensis”, disegnò una
tavola in cui era raffigurato un organo a canne
costruito secondo precisi parametri matematici
e geometrici.
Secondo Tolomeo, la perfezione armonica dei cieli si riflette nelle tre
consonanze interne al cerchio dello zodiaco, nel quale le proporzioni
musicali scaturiscono dal rapporto tra gli archi sottesi al diametro,
8
corrispondente all'intervallo di ottava, ai
lati del triangolo,
corrispondente alla quinta, e del quadrato, corrispondente alla quarta.
Leonardo, nel 1490 circa, aveva racchiuso l’uomo all’interno di un
cerchio e di un quadrato concentrici,
secondo precisi rapporti
geometrici.
Si fa sempre più forte l’analogia tra la perfezione della creazione
sintetizzata nella bellezza e nell’armonia del corpo umano e
l’equilibrio dei suoni.
9
L’incisione affianco fa da copertina al
“Traité de l’Eau de Vieou Anatomie
théorique du Vin, divisé en trois livres.
Composez autrefois par feu Me. I. Brouart
Médecin”, stampato a Parigi da Jacques de
Senlecques, nel 1646. Ancora una volta
l’organo, con le canne numerate è accostato
ai simboli dei pianeti iscritti nei segni delle congiunzioni o
opposizioni astrali.
10
In quest’altra illustrazione del medesimo tipografo parigino, appare, in
abito monacale, colui che era allora definito il “Filosofo Occidentale”,
rappresentato Basilio Valentino; nell’altra metà, o forse sarebbe
meglio dire all’opposto, in proporzioni più ridotte, c’è il greco Ermete
Trismegisto, il “Filosofo Orientale”. Le canne d’organo, in ordine
crescente, sono contrassegnate dai simboli dei pianeti e dei metalli. Al
di sopra dell’organo, si legge: “Psallite Domino in chordis et organo”,
ossia: “Cantate al Signore con le corde e con l’organo”, dal Salmo
150. Lo stesso Salmo, l’ultimo del libro biblico, invita a dare lode al
Signore nel suo santuario con il suono di vari strumenti. Ecco il testo
del Salmo in latino:
Laudate Dominum in sanctis eius.
Laudate eum in firmamento virtutis eius.
Laudate eum in virtutibus eius.
Laudate eum secundum multitudinemmagnitudinis eius.
Laudate eum in sono tubae.
Laudate eum in psalterio et cithara.
Laudate eum in tympano et choro.
Laudate eum in chordis et organo.
Laudate eum in cymbalis bene sonantibus.
Laudate eum in cymbalis iubilationis.
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Omnis spiritus laudet Dominum!
L'armonia delle sfere ci impone una meditazione su cosa siamo, da
dove proveniamo e verso quale misterioso futuro siamo diretti. Tale
meditazione ci spinge ad osservare quale grande capacità creativa
abbia l’Uomo, o abbia ricevuto da Dio, nel momento in cui è in grado
di inventare e realizzare opere di alto ingegno, qual è l’Organo a
Canne. Nei capitoli di questa tesi, analizzando approfonditamente le
basi scientifiche e tecniche, le potenzialità espressive, le molteplicità
delle forme e dei prospetti, le varianti di temperamento, di tocco
organistico e quanto altro concerne questo grande strumento, spero di
restituire chiaramente al Lettore l’immagine di una Grande Macchina
Celeste.
12
1. L’ORGANO A CANNE
1.1 - L’organo a canne. 1.2 - I materiali
13
1.1 L’ORGANO A CANNE
L’organo (dal greco organon = strumento, attrezzo, utensile) è un
grandioso strumento musicale, risultato di una serie di competenze
artigianali:
falegnameria,
carpenteria,
metallurgia,
meccanica,
produzione e distribuzione dell’aria, intonazione e accordatura delle
canne.
Una definizione dell’organo potrebbe essere: strumento musicale nel
quale i suoni sono prodotti da canne alimentate da aria prodotta da una
manticeria e regolata per mezzo di tasti e di registri.
L’organo è costituito da diversi elementi:
1) Il complesso dei comandi (la consolle), che comprende: il/i
manuale/i,
la pedaliera, i registri, accessori (unioni delle
tastiere, tremolo);
2) le canne (labiali, o “ad anima”, aperte o tappate, e “ad ancia”,
con innumerevoli varietà di tipi, dimensioni, materiali);
3) la struttura (articolazione dello strumento in un unico corpo o
più “corpi d’organo”: Grand’Organo, Espressivo, Positivo,
Tergale, ecc…);
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4) la trasmissione (meccanica, pneumatico-tubolare, elettrica,
mista);
5) la manticeria (a cuneo o a lanterna);
6) il/i somiere/i (a tiro, a vento);
7) la cassa e il prospetto (amalgamare e orientare i suoni,
disposizione delle canne a seconda dell’intonazione e del
temperamento desiderato).
1.2 I MATERIALI
Diversi sono anche i materiali impiegati nella costruzione di un
organo.
1.2.1 IL LEGNO
Il somiere, che serve a contenere l’aria a forte pressione che, alla
pressione dei tasti, sarà inviata nelle canne per la produzione dei
suoni, è di solito in legno di noce; dello stesso legno sono di solito
anche le leve dei tasti, le stecche di sostegno del somiere, i tasti della
pedaliera.
Un tempo le canne di legno erano costruite in legno di cipresso.
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L’abete è il legno più largamente impiegato: la cassa, le leve dei tasti,
il “fondo” dei somieri, le canne prismatiche, le “tavole di
catenacciatura”, sono di solito di questo pregiato materiale.
Non di rado, altri tipi di legno costituiscono parti fondamentali dello
strumento: il pioppo, il salice, il rovere, il faggio, il castagno, il bosso,
il palissandro, l’ebano.
1.2.2 I METALLI
Lo stagno è il metallo preferito per la realizzazione delle canne di
facciata, ma anche per le canne del Ripieno. Alcune scuole o famiglie
di organari utilizzavano e utilizzano lo stagno per alcuni registri
solistici e per alcuni registri ad ancia. Talvolta, lo stagno è utilizzato in
lega con il piombo.
Il piombo, scuro e opaco, non si presta bene per le canne di facciata,
perciò lo si preferisce per le canne interne. È il metallo più malleabile,
che meglio si presta ad essere lavorato, ma se non in lega con altri
metalli, facilmente deformabile.
L’ottone si usa per la “lingua” delle canne ad ancia, talvolta anche per
la Tuba.
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In Toscana, la latta è stata spesso utilizzata in passato per le tube dei
registri ad ancia.
Lo zinco è il metallo presente all’epoca dell’inizio della decadenza
dell’organaria tradizionale; ultimamente, viene utilizzato per canne ad
anima di maggiore lunghezza.
In filo di ferro, ma anche di ottone, si realizzano i tiranti delle
trasmissioni e i “catenacci” delle meccaniche.
1.2.3 LE PELLI
La pelle d’agnello (soato) serve per le guarnizioni dei somieri, sui
ventilabri. Anticamente, si usava il cuoio, piuttosto che il legno o il
cartone, per il crivello, il piano forato che serve a tenere
perpendicolari le canne sul somiere.
La pelle di montone si usa spesso per i mantici.
1.2.4 IL CARTONE
Per quanto possa sembrare strano, il cartone era impiegato
abitualmente in Lombardia, nel ‘700, per il crivello, ma anche per le
tube dei registri ad ancia del tipo “regale”.
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1.2.5 OSSO E AVORIO
Materiali essenziali per ricoprire i tasti e per le ornamentazioni.
1.2.6 IL FELTRO
Tradizionalmente, il panno di feltro rosso, guarniva la parte anteriore
dei tasti a partire dal ‘400.
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2. FONICA DELL’ORGANO
2.1 - La Consolle. 2.2 - Le Canne. 2.3 - La Trasmissione.
2.4 - La Manticeria. 2.5 - I Somieri. 2.6 - I Registri.
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2.1 LA CONSOLLE
La Consolle contiene l’assieme delle Tastiere (Manuali), della
Pedaliera e dei Registri. Essa contiene anche le Placchette, o i Tiranti,
per inserire i registri, i Pedaletti, i Pistoncini, le Staffe, il Segnalatore
del crescendo. I tedeschi la chiamano Spieltsch (Tavola per suonare).
Il Congresso di Trento del 1929 stabilì che i Manuali dell’organo
debbano essere di 61 tasti (Do-Do, come facevano già i Serassi) e la
Pedaliera di 32 tasti (Do-Sol).
Le Placchette sono di solito disposte ad anfiteatro, dalla destra alla
sinistra dell’organista. Possono a volte essere di diversi colori, a
seconda che esse contengano indicazioni di registri di un Manuale o
della Pedaliera.
I Tiranti, invece, sono collocati verticalmente solo ad un lato negli
organi ad un Manuale (in genere negli organi antichi), ad entrambi i
lati negli organi a due Manuali. Per inserire un registro, bisogna tirare
in fuori il pomello che trascina il sistema di leve e di squadre collegate
al somiere. I Tiranti si usano soprattutto negli organi meccanici e sono
di derivazione francese e tedesca, più recentemente anche nella
trasmissione pneumatica.
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In alcuni organi vi sono dei Pistoncini con le indicazioni: PP, P, MF,
F, FF (dal pianissimo al fortissimo, oggi comandi trasformati in
combinazioni aggiustabili). Vi sono i Pistoncini che servono per
fissare le combinazioni (fissatori) e per togliere ogni combinazione
(annullatori).
La Pedaliera può essere a tasti retti o paralleli rispetto al piano della
tastiera (la più tradizionale, usata sin dai tempi di Bach), a ventaglio
(concava-radiale, detta anche tridentina), concava.
Le Unioni affiancano i Registri e servono per aggiungere ad un
manuale (o alla Pedaliera) i suoni dei registri di un altro manuale. Il
manuale che può contenere tutte le Unioni è il Grand’Organo. La
funzione più importante delle Unioni è il Tutti, che attiva tutti i
Registri. Negli organi a trasmissione meccanica si tratta di una leva
che si chiama Tiratutti.
I Pedaletti sono dei dispositivi che si azionano con i piedi. Possono
essere a pressione, ad incastro o a bilico. Essi servono per inserire le
Unioni o le combinazioni. Essi sono allocati sul frontalino che
sovrasta la Pedaliera, in modo tale da essere raggiunti facilmente dai
piedi dell’organista, senza intralciare il movimento sui pedali. I Pedali
21
a bilico sono meglio noti come Staffe: si tratta di una leva che accoglie
l’intera pianta del piede, che può spingerla in avanti o indietro. Le
Staffe permettono di aprire la cassa espressiva o chiuderla, o di
attivare il crescendo sugli altri Manuali. La staffa del crescendo deve
trovarsi allineata con il RE 15 del Pedale.
Un organo veramente completo, sintetizzando le scuole organarie
europee, deve avere almeno tre Manuali: il Grand’Organo, il
Recitativo Espressivo e il Positivo Espressivo (detto anche solo
Positivo, o Corale Espressivo). Il manuale su cui, grazie agli
accoppiamenti (Unioni), si centralizza tutta la forza dello strumento è
il Grand’Organo. Le canne dell’Organo Espressivo si trovano chiuse
in una cassa, detta per l’appunto cassa espressiva. Si tratta di una
cassa che ha un lato munito di griglie che si aprono e si chiudono con
un comando che viene azionato dal piede dell’organista su un’apposita
staffa. In questo modo, si possono dare al suono i coloriti del piano e
del forte. In un organo a tre manuali, anche il secondo manuale è
espressivo2.
2
A questo proposito occorre ricordare che l’organo italiano solo da circa un secolo ha sviluppato
l’idea di un organo a due o più manuali. Né i Serassi, né i Lingiardi, o il De Lorenzi, volevano
abbandonare la costruzione di organi a tastiera unica, con registri spezzati e con la pedaliera
monca, anzi essi giudicavano questi organi migliori di quelli europei. Tuttavia, vi sono aneddoti
22
Negli organi meccanici, la consolle non è un mobile a sé, ma si trova
in un varco sottostante il prospetto, perciò viene detta consolle a
finestra. La prima consolle staccata dalla cassa e rivolta al pubblico
apparve in Italia, all’esposizione di Torino, nel 1884, per opera
dell’organaro Gaetano Zanfretta di Verona.
Sono accessori della consolle: l’illuminazione, il leggìo, la panca, i
dispositivi elettrici ed elettronici (oggi si trovano organi con schede di
memoria che contengono centinaia di combinazioni aggiustabili, con
ingressi per chiavette USB, come l’organo Zanin del Conservatorio di
Monopoli, anno 2010).
2.2 LE CANNE
Su ciascun Registro risuona una serie di canne, che possono essere:
- ad anima o labiali,
che ci rivelano l’importanza, anzi addirittura la necessità, di uniformarsi all’organo europeo. Il più
significativo è il rifiuto di Camille Saint-Saёns (organista all’Eglise de la Magdeleine di Parigi), nel
1879, di suonare l’organo del Conservatorio di Milano, dichiarando di essere incapace di
maneggiare quel piccolo strumento a tastiera unica, registri spezzati e pedaliera minima. Ciò fu
raccontato da un testimone e provocò un’accesa polemica sulla Gazzetta della Lombardia.
L’episodio generò un movimento di riforma organaria, detto riforma ceciliana, dal nome di S.
Cecilia, patrona dei musicisti, di cui furono esponenti gli organisti M. E. Bossi e G. Tebaldini.
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- ad ancia o a lingua.
Il registro “risuona” nelle canne, perché esse sono per l’appunto solo il
corpo risonante; il corpo eccitante (l’elastico sonoro) è l’aria.
L’unità di misura lineare delle canne d’organo è il piede, una misura
inglese antica, pari a 32,484 cm. L’indicazione dei piedi di un registro
si riferisce alla prima canna (il Do più grave del Manuale, Do1, o della
Pedaliera a cui si riferisce). Questo vuol dire che la prima gigantesca
canna di un Registro di 32 piedi (registro che si può trovare al Pedale)
è alta più di 10 metri.
2.2.1 LE CANNE AD ANIMA O LABIALI
Le canne ad anima o labiali sono composte di tre parti essenziali:
piede, bocca e corpo.
L’aria fluisce dal somiere ed entra, attraverso l’imboccatura, nel piede
della canna con una pressione superiore a quella atmosferica,
attraversa la luce in forma di lama o di lingua (un taglio, o meglio una
stretta fessura praticata nel labbro inferiore) e va a frangersi contro il
labbro superiore, provocando una turbolenza dentro e fuori il corpo
della canna, dovuta all’opposizione della massa d’aria contenuta nel
24
corpo. Si genera un’oscillazione a carattere pendolare che è sempre
direttamente proporzionale:
- alla lunghezza della lama (altezza della bocca);
- all’elasticità della lingua (pressione dei mantici);
- allo spessore della lingua (larghezza della luce) 3.
La nota musicale emessa è legata alla lunghezza del tubo (corpo).
Infatti, modificando l’altezza della bocca, lasciando immutata la
lunghezza della canna, oppure aumentando lievemente la pressione,
non si altera l’intonazione musicale; mentre modificando la lunghezza
del tubo, lasciando intatta la lama, si modifica il tono. Ecco perché
l’intonazione si regola dal “riccio” di lama, posto dietro la canna, che
serve per accorciare il tubo sonoro.
Tutte le canne di prospetto sono labiali. Talvolta le canne di prospetto
non sono sonore, ma soltanto ornamentali. Le canne labiali possono
essere di metallo o di legno. Le prime sono cilindriche, le seconde
sono prismatiche.
3
A. Cavaillé-Coll ha formulato questa legge a seguito dei suoi esperimenti, descritti in “Etudes
expérimentales sur les tuyaux d’orgues”, in “Comptes rendus” (Paris, 1860), pag. 11.
25
A volte si trovano saldate, lateralmente alla bocca, due alette
rettangolari, chiamate orecchie o baffi, che costituiscono un ponte tra i
due labbri. Tra il piede e il corpo della canna, a livello del labbro
inferiore, viene saldata la lingua, detta anche anima, che determina la
turbolenza dell’aria all’interno della canna. Talvolta, l’anima può
essere incisa con minuti intagli, detti denti, che servono a creare
maggiore turbolenza all’interno del corpo della canna.
Le canne labiali hanno una caratteristica peculiare: il transitorio di
attacco (detto anche ictus). Il suono, prima di raggiungere il regime
stazionario, attraversa un periodo transitorio, nel quale non è ancora
definito, ma è in via di formazione. Questo fenomeno è dovuto alla
progressività di immissione dell’aria nella canna e ne rende più
spiccata la “pronuncia”. Nei sistemi meccanici il transitorio di attacco
dipende dal meccanismo di apertura della valvola che permette
l’afflusso del getto d’aria, quindi anche dal modo in cui viene
abbassato il tasto da chi suona lo strumento. L’effetto sonoro
risultante è una componente del timbro delle canne. Agli organari
barocchi piaceva molto la presenza di questi suoni transitori e
intonavano le loro canne in modo che producessero quel che in gergo
era detto sputo.
26
Ciò è dovuto al tipo di tecnica utilizzata dal somiere per dare aria alle
canne (vd. pag. 30).
2.2.2 LE CANNE AD ANCIA
Come le canne ad anima, anch’esse sono formate da tre parti: il piede,
una parte centrale e il risuonatore. Il piede ha le stesse forme e le
stesse funzioni delle canne ad anima.
La parte centrale, che contiene l’ancia fissata in una “noce” di
piombo, è costituita da più elementi:
- il canaletto, quasi sempre in ottone, a sostegno dell’ancia;
- l’ancia vera e propria, una linguetta leggermente incurvata, in
ottone, che batte contro i bordi del canaletto producendo il suono;
- l’accordatore, una gruccia di metallo che serve a bloccare l’ancia ad
una lunghezza modificabile, che permette di accordare la canna senza
doverla smontare;
- il risuonatore, in legno o in metallo (se si tratta di canne di facciata,
di stagno), un tubo di varie fogge, che determina il timbro della canna.
27
Il movimento elastico dell’ancia determina il movimento dell’aria e la
produzione del suono. Quindi, alla luce delle leggi della fisica
acustica, il numero delle oscillazioni è:
- inversamente proporzionale al quadrato della lunghezza
dell’ancia;
- direttamente proporzionale al suo spessore;
- indipendente dalla larghezza;
- direttamente proporzionale all’elasticità.
I cambiamenti della temperatura hanno un’influenza notevole sul
suono delle canne ad ancia. Se si scalda la canna, la nota prodotta
cresce di tono; se invece si scalda solo l’ancia, la nota cala. Nel primo
caso, l’aria contenuta nel tubo si riscalda e le sue vibrazioni
aumentano di frequenza; nel secondo caso, l’ancia si dilata, pertanto
aumenta di dimensioni e produce vibrazioni più lente. Le canne ad
ancia, generalmente, richiedono un’accordatura più frequente rispetto
alle canne ad anima; abitualmente, sono le ultime canne a dover essere
accordate prima di un concerto.
28
2.2.3 LE CANNE TAPPATE
Oltre alle canne descritte finora, dobbiamo spendere qualche
attenzione per le canne labiali. Siano esse in legno o in metallo, le
canne labiali sono aperte nella parte superiore, come si può dare per
scontato. Ma nell’organo vi possono anche essere canne tappate, cioè
chiuse nella parte superiore. In questa canne, l’aria che vibra nella
lunghezza del tubo, incontrato l’ostacolo del tappo, ritorna verso il
basso, compiendo il doppio del percorso che compirebbe in una canna
aperta. In questo modo, facendo suonare una canna tappata di 4 piedi,
si può sentire un suono di un’altezza pari a quello che si sentirebbe in
una canna aperta di 8 piedi. Per maggior chiarezza, la canna di un
registro di Bordone 8’, che è una canna tappata, è lunga 4’. Il timbro
di una canna tappata è più velato e oscuro, misterioso.
I Registri labiali di 8’ e 4’, corrispondenti a canne aperte o chiuse, con
esclusione dei Registri oscillanti, si dicono Registri di fondo, perché
formano la base del suono maestoso, piramidale, dell’organo.
29
2.2.4 DIAPASON
Generalmente, le canne labiali hanno forma cilindrica, eppure, da esse
si ottengono suoni di diverso timbro: i Flauti hanno un timbro molto
differente di Principali, come dalle Viole.
Ciò è dovuto principalmente alla differenza di Diapason (perché
intervengono anche altri fattori, come per esempio i baffi, la misura
della bocca, ecc.). Il Diapason è la larghezza della canna. Il Flauto ha
un diapason più largo del Principale. Il Principale, a sua volta, ha un
diapason più largo della Viola. Il diametro influisce sul timbro: un
diapason largo produce un timbro dolce; un diapason stretto, un
timbro aspro.
Il timbro assume una caratteristica nasale se invece la forma della
canna è strozzata (cioè il diametro superiore del corpo della canna è
più stretto di quello della parte inferiore); al contrario, nelle canne
cilindriche, il timbro risulta aperto. Per esempio, il Flauto a fuso
(Spitzflöte) ha un timbro più nasale e chiuso rispetto al semplice
registro di Flauto.
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2.2.5 LE CANNE ARMONICHE
Le canne armoniche sono canne in cui viene praticato un foro a metà
del corpo, se si vuole far produrre un suono all’ottava superiore, o in
altri punti, secondo la tabella di Cavaillé-Coll. Il vantaggio delle
canne armoniche sta nell’ottenere nuovi timbri. Considerato il costo
delle canne corrispondenti ai toni più gravi, le canne armoniche si
usano soprattutto per i suoni più acuti. Un Principale 8’, in cui venga
praticato un foro a metà corpo, produrrà un suono pari ad un
Principale di 4’, ma con un timbro più vicino al Flauto (perché, a
differenza di un registro reale di Principale 4’ è diverso il diapason,
cioè il diametro della canna). Facendo suonare la canna armonica, si
può ottenere, nell’esempio, un suono acuto di Flauto armonico più
delicato, meno stridente e fastidioso del Flauto reale.
2.2.6 IL “WERKPRINZIP”
L'aspetto
strutturale
dello
strumento
rispetta
il
cosiddetto
“Werkprinzip”, allorché ad ogni manuale e alla pedaliera corrisponde
una propria cassa di risonanza dimensionata secondo l'altezza dei
rispettivi Principali. Questo principio è una rielaborazione dell’organo
medievale ed è tipico dell’organo tedesco barocco.
31
2.3 LA TRASMISSIONE
Il collegamento tra consolle e canne avviene tramite la trasmissione,
cioè quel meccanismo mediante il quale si trasmette l’azione del dito
che preme il tasto alla valvola (ventilabro) che dà aria alla canna o alle
canne che devono suonare su quel tasto. La trasmissione può essere:
- meccanica (effettuata tramite fili di ferro);
- pneumatica (tramite tubi d’aria);
- elettrica (tramiti fili elettrici).
Si possono trovare organi con trasmissione mista, per esempio
trasmissione meccanico-pneumatica (meccanica per i tasti e
pneumatica per i registri), o elettrico-pneumatica.
Negli organi meccanici, per trasmettere il movimento c’è un sistema
di leve, cavi e bilancieri (la cosiddetta catenacciatura). L’organista
deve esercitare sui tasti una maggiore pressione all’aumentare del
numero dei registri che utilizza contemporaneamente. La leva Barker,
così denominata dal nome del suo inventore, l’inglese Carl Spackman
Barker (Bath 1806, Maidston 1879), con un sistema di differente
convoglio dell’aria compressa e di fasi ritmiche comandate nella fase
32
di manovra delle valvole, alleggerisce la pesantezza della tastiera
meccanica. Non tutti gli organisti apprezzano la leva Barker. Per
esempio, Tagliavini ritiene che l’appesantimento del tocco “sia un
contributo alla vivezza e alla personalità dell’esecuzione (…); un
fortissimo su un pianoforte da concerto esige senza dubbio uno sforzo
superiore a quello richiesto da tre manuali uniti in un grande organo
meccanico”4.
Il sistema della trasmissione pneumatica apparve intorno alla metà
dell’Ottocento. Si tratta di tubicini, che collegano i tasti alle valvole
che permettono di immettere aria nelle canne. Alla pressione del tasto,
l’aria entra a forte pressione nel relativo tubicino, azionando l’apertura
della valvola con cui comunica il tubo.
Con la trasmissione pneumatica si risolvono i problemi legati alla
pesantezza del tocco, che qui è leggerissimo, e si può montare la
consolle anche molto lontana dalle canne, in modo che l’organista
possa stare più vicino all’assemblea, o al pubblico, nel caso l’organo
si trovi in un Auditorium.
4
Tagliavini, L.V., Nuove vie dell’arte organaria italiana, in “L’Organo” (1961), n. 1-2, p.86.
33
Questo sistema di trasmissione ha però anche più di un inconveniente.
Uno è il ritardo di attacco del suono, poiché l’aria, per raggiungere la
pressione necessaria a far aprire le valvole, impiega del tempo che, per
quanto breve, può rendere difficoltosa l’esecuzione di brani molto
veloci.
Altri
sono le frequenti riparazioni che si rendono necessarie per
tenere l’organo in buono stato e che, in caso di perdite d’aria, alcune
parti dello strumento rimangono mute o, peggio ancora, si mettono a
suonare da sole.
All’inizio del XX secolo, con l’affermarsi dell’ingegneria elettrica, si
applicò all’organo la trasmissione elettrica: grazie a sottili fili di rame,
nei quali scorre corrente a bassa tensione (da 12 a 15 Volt circa)
scattano degli elettromagneti, agganciati ai tiranti delle valvole situate
sotto le canne.
L’avvento dell’elettricità ha reso possibile l’invenzione di congegni
che permettono all’organista di poter memorizzare combinazioni di
registri; ciò è stato determinante per la composizione di tutta una
letteratura organistica che si avvicinasse sensibilmente allo stile
sinfonico, con continui cambiamenti di timbri e colori.
34
L’organaria contemporanea impiega anche interfacce elettroniche
MIDI e si può parlare di organi a trasmissione informatica. Vi sono
organi, come quello della chiesa di Notre-Dame a Parigi, in cui un
computer gestisce le combinazioni e le unioni tra le varie tastiere.
2.4 LA MANTICERIA
La manticeria è quel complesso sistema di produzione, di raccolta e
distribuzione dell’aria compressa alle canne.
I mantici sono talvolta definiti come i polmoni dello strumento. La
grandezza e relativa capacità dei mantici è corrispondente al numero,
alle dimensioni e all’intonazione dei registri, all’esigenza di reggere il
Tutti, ma anche subordinata alla possibilità di perdite nelle condutture
e nelle valvole.
La costruzione dei mantici deve tener presente le proprietà dell’aria
fluente:
- la quantità, che è strettamente collegata alla capacità dei
serbatoi;
35
- la qualità o densità, che è collegata alla pressione che deve
mantenersi costante nei somieri (le casse in cui l’aria viene
convogliata, per essere distribuita alle canne).
La produzione del vento avviene in due modi:
- antico sistema di pompa a soffietto;
- moderno sistema di ventilatore a turbina.
Per la produzione del suono, occorre sapere cosa sia l’aria. L’aria
atmosferica è definita dalla chimica come la somma di cinque gas:
azoto al 78%, ossigeno al 21%, argon all’1%, vapore acqueo da 0,01 a
4%, anidride carbonica per circa 0,03%.
Inoltre, dobbiamo sapere che nell’aria, ad una temperatura di 16° e
alla pressione barometrica di 760 mm., il suono di diffonde alla
velocità di 340 metri al minuto secondo. A 0° di temperatura, i metri
si riducono a 330, mentre aumentano con temperature maggiori di 16°.
Se una chiesa è sovraffollata e poco ventilata, aumenterà la
temperatura dell’ambiente, per effetto di una maggiore percentuale di
anidride carbonica nell’aria e del suo grado di umidità. In questo caso,
pompe che prelevano aria (pulita e più leggera) da un locale separato e
36
ben asciutto, permetteranno una produzione esatta dei toni delle
canne, anche se non vi sarà una buona risonanza, perché comunque le
canne contengono un’aria ad una diversa temperatura, più pesante,
meno veloce nella vibrazione.
Al contrario, può succedere con un elettroventilatore: se una chiesa è
ben riscaldata, ma la ventola si trova in una camera più fredda, si
ottengono risultati indesiderati nell’intonazione delle canne.
È molto importante che pompa e ventilatore non assorbano polvere,
un grande nemico del buon funzionamento di un organo. Per questo è
bene applicare di filtri.
I mantici più comuni oggi sono del tipo a lanterna (movimento
verticale), ma esiste anche il mantice a cuneo (movimento con fulcro
laterale).
Per regolare bene il mantice, l’organaro deve conoscere cosa sia la
pressione atmosferica, come si misuri e quale pressione permetterà
all’aria di distribuire il vento nei somieri. Un abile organaro dovrebbe
sapere anche che è bene avere più mantici, uno per ogni somiere, per
dare aria ai diversi corpi d’organo.
37
Secondo l’Esperimento di Torricelli5, la pressione dell’aria, a livello
del mare, è di 1032, 84. Per il calcolo della pressione dei mantici il
valore viene arrotondato a 1033. A questo punto, con un manometro
ad acqua (anemometro), si controlla la differenza d’aria in millimetri
tra l’aria dei mantici e quella atmosferica: la cifra risultante è quella
che in termine organario è chiamata pressione. La pressione del
mantice si potrà regolare aggiungendo o togliendo peso di zavorra dal
mantice.
2.5 I SOMIERI
Un organo a canne può avere uno o più somieri, in relazione alla
quantità di manuali e alla pedaliera. L’origine etimologica del termine
si trova nel latino tabula summa (il coperchio del somiere, che gli
antichi Greci chiamavano invece canòn musikòs, da cui l’antico nome
canone, sinonimo di somiere).
5
La pressione atmosferica è il peso esercitato in qualsiasi punto dall’atmosfera terrestre. Il
valore della pressione atmosferica varia anche in funzione della temperatura e della quantità di
vapore acqueo contenuto nell'atmosfera e decresce con l'aumentare dell'altitudine, rispetto al
livello del mare, del punto in cui viene misurata. L’esperimento del Tubo di Torricelli consiste nel
riempire di mercurio un tubo lungo 1 m. e della sezione di 1 cm.2, sigillato a un'estremità; il tubo
viene posto, con l'apertura verso il basso tenuta chiusa in modo che non entri aria, in una
bacinella anch'essa piena di mercurio. A questo punto viene aperta l'estremità inferiore e si
constata che il tubo non si svuota e che il mercurio scende solo per un certo tratto. Torricelli
calcolò che il mercurio si fermava all’altezza di 76 cm. per effetto di una forza antagonista: quella
della pressione dell’atmosfera.
38
Il somiere è una cassa in cui avviene convogliata l’aria prodotta dal
mantice. Nel somiere, l’aria compressa viene distribuita alle canne in
modo che le canne maggiori non assorbano maggiore aria di quelle
minori. Deve essere costruito a regola d’arte per evitare sfiati e
mantenere una pressione regolare, per non danneggiare l’intonazione e
la velocità di distribuzione dell’aria.
Esistono due tipi di somieri:
- il somiere a vento, tipico dell’arte organaria italiana;
- il somiere a tiro, tipico dell’organo tedesco e del centro-Europa.
Il somiere a tiro è più facilmente asservibile dai comandi elettrici. I
somieri a vento, invece, sono più robusti, durevoli nel tempo e più
facili da riparare. L’organo Antegnati della chiesa di S. Giuseppe a
Brescia funziona perfettamente dopo circa 500 anni, con un somiere a
vento.
Parlando del transitorio di attacco udibile dalle canne labiali, ho
anticipato che ciò è dovuto principalmente alla tecnica utilizzata dal
somiere per inviare aria alle canne. Da un punto di vista tecnico,
infatti, il somiere può distinguersi in:
39
- somiere a canali per tasto;
- somiere a canali per registro.
Nel somiere a canali per tasto, l’aria è contenuta in un'unica cassa,
nella quale vi sono tanti canali longitudinali quante sono le note della
tastiera (per es. 61). Su ogni canale, negli appositi fori, sono montate
le canne corrispondenti a quel tono. Il canale è chiuso da una valvola
con molla, il ventilabro, che si manovra azionando il tasto
corrispondente. Fino a quel momento, non c’è aria nel canale: essa
entra con forza quando si apre il ventilabro. In questo modo
accadrebbe però che suonino contemporaneamente tutti i registri per
quel tono. Per evitare ciò, nel somiere, in corrispondenza longitudinale
alle diverse file di canne dei registri, viene inserita un'asse di legno
(per l’esattezza, una per ogni registro) su cui vi sono tanti fori quante
sono le canne corrispondenti alla fila di canne di un determinato
registro. Quest’asse fuoriesce da un lato e termina in un pomello
azionato dall'organista. Quando il registro è chiuso, cioè il pomello
non sporge, i fori che lasciano passare l’aria dal somiere alle canne
sono spostati rispetto all’imboccatura delle stesse, quindi l’aria non
può passare. Se invece l’organista “tira” il pomello, fa’ sì che i fori
coincidano e che l’aria passi dal somiere alle canne del registro
40
desiderato. Ovviamente occorrerà premere i tasti corrispondenti che
azioneranno l’apertura dei ventilabri per far suonare i diversi suoni.
Il somiere a canali per registro è una variante di quello a tiro, perché
vi sono tanti canali quanti sono i registri. Una volta inserito un
registro, il canale si riempie di aria compressa. Quando si abbassa un
tasto, l’aria entra con forte spinta nella canna e ciò potrebbe essere
visto come un difetto del sistema.
Il somiere a vento invece permette di evitare il fenomeno degli
strassuoni, che capitano di frequente negli organi aventi il somiere a
tiro.
A
causa dei
cambiamenti delle
condizioni
climatiche
(temperatura e umidità) il legno può dilatarsi o restringersi, oppure si
possono formare delle fessure tra il somiere e le assi scorrevoli con i
fori, di cui ho parlato poc’anzi. L’aria sfugge e si produce uno sfiato.
Per la verità lo strassuono può prodursi anche se il ventilabro è un po’
sporco di polvere e non chiude bene.
Altro vantaggio del somiere a vento è che i registri si azionano con
uno sforzo molto minore.
41
2.6 I REGISTRI
Per registro reale si intende una serie di canne di uguale struttura,
timbro e intensità, le cui dimensioni diminuiscono cromaticamente dal
primo all’ultimo tasto del manuale o della pedaliera.
Un manuale a 61 tasti avrà quindi una fila di 61 canne, che
suoneranno dal Do1 al Do61. Per essere più corretti, le canne
diminuiscono non solo di altezza, ma anche di diametro, secondo
precisi rapporti numerici. Il nome di ciascuna serie di canne è scritto
sul dispositivo che comanda la trasmissione di “via libera” dell’aria
dal somiere all’interno delle stesse, che viene azionato dall’organista.
Un tempo, gli organi potevano contenere dei registri spezzati, ovvero
un registro diviso in due mezzi-registri, per esempio Principale Bassi e
Principale Soprani. Aprendo insieme i due mezzi-registri, si otteneva
il registro completo. Il motivo delle presenza di questi registri spezzati
era dato dal fatto che i registri della prima metà del manuale (i suoni
più gravi, corrispondenti alle canne di maggiori dimensioni) erano i
più costosi, necessitavano di maggiore spazio sul somiere e di
maggiore aria per alimentarle. I Serassi montavano registri Soprani in
maggior numero rispetto ai registri Bassi. C’è anche una diversa
42
motivazione: un registro di Flautone Bassi 8’ poteva sostenere sia un
registro di Flauto Reale 8’ che un Flauto traverso 8’, o qualunque altro
tipo di Flauto.
In un registro di 8’, il Do25 del manuale corrispondente al Do3 ovvero
al Do centrale di un pianoforte. Il pianista ha come Do più grave il
Do0, mentre un organo a canne, se dotato di canne di 32 piedi, può
produrre un Do di un’ottava ancora più bassa. Il più acuto dei suoni
dell’organo è dato dal registro di Flauto 2’; pur esistendo registri di 1’,
accade infatti che salendo verso i suoni più acuti ad un certo punto si
avverta il tipico ritornello, cioè un salto indietro. Ciò per porre un
limite verso l’acuto, per la difficoltà, se non impossibilità, di costruire
canne di dimensioni ridottissime, che produrrebbero vibrazioni
acustiche ai confini con il campo di udibilità.
Per esempio, il Do1 del Registro del Principale, il registro base di un
organo a canne, corrisponde ad una canna di 230 cm. di lunghezza. La
canna corrispondente al Do1 del Registro del Principale 4’, è lunga la
metà, cioè 115 cm. Di questo passo, il Do1 del Registro del Principale
di 1/16’ corrisponde ad una canna di cm. 1,80. Poiché le dimensioni
43
regrediscono con l’aumentare dell’altezza dei suoni, possiamo
immaginare canne infinitamente piccole?
I registri si sviluppano in un organo a canne seguendo la progressione
naturale degli armonici. Un registro di 4’ ci darà su un tasto di un
registro di 8’ un suono all’ottava superiore; un registro di 2’ ci darà
l’intervallo di 15a. Per questo sugli organi antichi troviamo registri
denominati semplicemente Ottava, Decimaquinta, Vigesimaseconda,
Vigesimanona. Tutti i registri delle canne labiali in rapporto tra loro di
una o più ottave, dal registro di 32’ a quello di 8’ (talvolta anche di 4’)
costituiscono i registri di fondo.
Sono detti registri di mutazione quelli che invece non danno la nota
corrispondente al tasto, ma un suono mutato, cioè costituito da un
intervallo in quinta o in terza col suono fondamentale corrispondete al
tasto. I registri di mutazione possono essere di mutazione semplice, se
corrispondenti ad una sola fila di canne, o di mutazione composta, se
corrispondenti a più file di canne. I registri di mutazione non si usano
mai da soli, ma devono essere accoppiati su una base adeguata, i
registri di fondo, che sono la base della sintesi armonica.
44
I registri, combinati insieme danno differenti timbri e colori ai suoni.
Mettendo insieme i registri dello stesso piede, cioè mescolando i suoni
delle canne di stretto, medio e largo diapason, abbiamo un’amalgama
dei registri. Usando i registri secondo la proiezione verticale, o
piramidale, dei registri labiali, abbiamo il Ripieno, il Cornetto, la
Sesquialtera.
Le sonorità organistiche possono essere distinte in:
- Registri del primo gruppo (medio diapason): Principale e Ripieno.
- Registri del secondo gruppo (diametro largo): Flauti, Bordoni e
Corni.
- Registri del terzo gruppo (diametro stretto), detti anche Registri di
colore: Ance e Violeggianti.
2.6.1 REGISTRI DEL PRIMO GRUPPO: PRINCIPALI E
RIPIENO
Il Principale si può definire come “la voce dell’organo”. Il
suono, povero di armonici, naturalmente puro, può differenziarsi da
organaro ad organaro per intensità dell’intonazione, dovuto al taglio
delle canne. Un Principale degli Antegnati, con misure tendenti allo
45
stretto, è tenue e delicato, un Principale serassiano è più corposo, un
Callido ci dà un Principale dolce e velato, che può reggere anche la
piramide dei Flauti.
Al Pedale, il Principale è rappresentato dal registro di Contrabbasso
16’ e Subcontrabbasso 32’. Il registro di Ottava 4’ si lega benissimo
con il Principale, conferendo più chiarezza e brillantezza.
Il Ripieno italiano è la piramide fonica che esalta il “suono
fondamentale per mezzo di armonici artificiali in ottava e in quinta,
graduati in forza verso gli acuti”6. Si trovano tracce del Ripieno
italiano già agli inizi del 16007. Il Ripieno italiano inizia ad utilizzare
le file in quinta con la Decimanona, non con la Dodicesima del suono
fondamentale.
La Sesquialtera è una variante del Ripieno, registro di
mutazione composta; fa vibrare su due file di canne la 12a e la 17a del
suono fondamentale, (per esempio dato il suono fondamentale Do1,
sentiamo il Sol20 e il Mi29), oppure la 19a e la 24a del suono
fondamentale (cioè gli stessi Sol e Mi della composizione precedente
spostati un’ottava sopra). L’etimologia del registro è di radice latina:
6
7
Definizione data dal Comm. Giacomo Sizia, organologo, in vari Convegni e Congressi.
La voce Ripieno è già presente nel Transilvano, di Girolamo Diruta, 1609.
46
“sex(ta) qui(ntae est) altera”, cioè, la nota più alta è la sesta della
quinta (cioè ad intervallo di terza).
Il Ripieno italiano differisce da quello degli organi tedeschi
(Mixturen) e degli organi francesi (Plein Jeu). Anche questi registri di
fondano sul principio scientifico del ripieno, ma differiscono per
disposizione ed effetto.
Come registro di mutazione composta, il Ripieno raggruppa quattro
file di canne: la Decimanona, la Vigesimaseconda, la Vigesimasesta e
la Vigesimanona. Questo significa che il Ripieno non si può usare se
manca la base, il fondo, il suono fondamentale, che è il Principale 8’,
con la seria naturale degli armonici: l’Ottava, la Duodecima e la
Decimaquinta.
I Serassi si spingevano a file ancora più acute: la Trigesimaterza e la
Trigesimasesta. L’organaria italiana moderna ha invece abbandonato
le file più acute: a seguito del Congresso di Musica Sacra tenutosi a
Milano nel 1881, si è stabilito di non oltrepassare la Vigesimanona e
di abbandonare file che producono suoni così acuti da risultare striduli
e poco piacevoli. Negli organi più moderni, il Ripieno è suddiviso in
47
due registri: Ripieno acuto (26a, 29a, 33a, e 36a) e Ripieno grave (15a,
19a, 22a, 26a, oppure 12a, 15a, 19a, 22a).
2.6.2 REGISTRI DEL SECONDO GRUPPO: FLAUTI, BORDONI,
CORNI
I registri del secondo gruppo sono anche detti fondi di misura larga.
Sono accomunati dalla capacità di emettere suoni dal timbro scuro e
dall’attacco dolce. Ciò è dovuto al taglio delle canne (taglio a cono, a
tronco di cono, a imbuto, a cilindro con coperchio a caminetto, a
cilindro con coperchio a cono).
I registri corrispondenti a canne in legno hanno un suono più opaco,
quelli corrispondenti a canne in metallo producono suoni più brillanti
e con un transitorio d’attacco.
I Flauti sono complemento indispensabile alla sonorità dello
strumento e, nella complessità delle dimensioni, danno origine alla
piramide dei flauti, o piramide femminile. Tenuto conto che, nella
storia orchestrale, il flauto (diritto e traverso) è apparso solo nel XVII
secolo, si può ben dire che l’organo ha dato molto prima dignità a
questo strumento ritenuto popolaresco.
48
I Bordoni sono le tipiche canne tappate all’estremità superiore. Il loro
timbro è vellutato, misterioso, toccante.
I Corni (da non confondere con il Cornetto), sono registri conici e a
caminetto, che producono suoni ancor più attenuati e scuri delle canne
aperte. Tra questi registri, spiccano il Corno di notte e il Corno di
camoscio (Gëmshorn).
Il Cornetto è un registro che contiene l’armonico in terza ed ha avuto
origine in Francia. Fu introdotto in Italia da Hermans e Casparini. Il
registro può essere a tre file, fino anche a 5 file.
2.6.3 REGISTRI DEL TERZO GRUPPO: VIOLEGGIANTI,
OSCILLANTI, ANCE
I registri violeggianti, quelli oscillanti e le ance costituiscono questo
terzo gruppo di registri.
I primi hanno un timbro che richiama il suono degli strumenti a corde
sfregate da un archetto. Le canne, più strette di diametro, uniscono il
mordente delle ance con la dolcezza dei Flauti. Vi è tuttavia una
lentezza di attacco, che favorisce la produzione degli armonici
superiori. Sta proprio nella quantità degli armonici la differenza tra le
49
Viole di intonazione italiana e quelle d’oltralpe tipiche del XX secolo:
le Viole italiane pare quasi producano accordi, tanto si odono ben
distinti gli armonici, mentre le Viole più recenti, munite di freno,
orecchie, intagli, emettono un suono più raffinato e vibrato.
Alle Viole, si aggiungono i registri del Salicionale e della Dulciana.
Il Salicionale, nome proveniente da un antico flauto in legno di salice,
ha una bocca pari ad 1/5 della circonferenza della bocca di una Viola
da Gamba, mentre il corpo è più largo. Sembra di udire un amalgama
di Viola e Flauto.
La Dulciana, invece è un suono intermedio tra Viola e Principale.
Tra i registri del terzo gruppo, vi è un particolare tipo di registri, quelli
oscillanti. Per comprendere il fenomeno acustico che determina
l’effetto dell’ondulazione del suono, bisogna prima soffermarsi
sull’intonazione delle canne, che deve fare riferimento ad un suono
base: il corista.
Il diapason-corista fu stabilito ufficialmente durante un congresso
tenutosi a Londra nel 1939 e confermato dalla Convenzione Culturale
Europea del Consiglio d’Europa nel 1954, a Parigi.
50
La sua altezza fisica consiste nella frequenza di 440 Hertz (numero di
vibrazioni doppie compiute in un minuto secondo da un corpo elastico
posto in eccitazione, cioè in vibrazione), alla temperatura di 20°
Celsius, pari al La34 dell’organo a canne (La3 di un pianoforte).
Il corista8 è l’apparecchio acustico che dà la nota del diapason. Esso
può essere a forchetta d’acciaio o ad ancia. Il corista fu inventato a
Londra nel 1711 da John M. Schore, ma ogni Stato custodisce uno
strumento campione. In Italia, il corista-campione è custodito a
Torino, dall’Istituto Nazionale Elettrotecnico “Galileo Ferraris”. La
stessa frequenza è trasmessa continuamente nella rete telefonica
urbana.
Non vanno confuse l’intonazione con il temperamento, argomento su
cui sarà dedicato una più vasta trattazione in seguito.
Per ottenere l’ondulazione del suono bisogna sapere cosa sia il
fenomeno fisico-acustico del battimento, che si verifica quando si
sentono contemporaneamente due suoni aventi la stessa ampiezza e
due frequenze leggermente differenti tra loro, nel nostro caso,
8
Il corista fu in genere alto in Italia settentrionale fino a tutto il Seicento (durante il Settecento
poi gli strumenti vennero regolarmente abbassati), mentre in Italia meridionale (compresa Roma)
esso era basso (dalla fine dell'Ottocento gli strumenti vennero alzati).
51
bisognerà accordare un registro leggermente calante o crescente
rispetto a quello di riferimento (di solito è il Principale). I due suoni
daranno origine ad un’onda in cui la sovrapposizione determina una
fluttuazione lenta dell’intensità percepita, dando l’effetto finale di una
pulsazione regolare.
Ad eccezione del Fiffaro, tutti i registri oscillanti risalgono al secolo
scorso, quando la volontà di realizzare un organo "sinfonico" spinse
l’organaria a sperimentare nuovi “colori” timbrici.
L'unico registro oscillante che affonda le sue origini nell'antichità
dell'organo è la Voce Umana 8’ o Fiffaro. Si tratta di un registro
intonato sul Principale di 8’, rispetto al quale è accordato crescente.
Inoltre, le canne della Voce Umana sono simili, ma più strette del
Principale. Questo registro è particolarmente adatto a sottolineare
momenti di meditazione, come per esempio un Post Communio.
Il rischio nell’uso di questo registro è quello di avere l’impressione di
sentire uno strumento scordato: per questo motivo la Voce Umana va
suonata solo con il Principale 8’. È per questo motivo che viene
esclusa dal graduatore (crescendo). L’ultima considerazione su questo
registro sta nell’evidenziare che la Voce Umana italiana non è
52
l’equivalente della Voix Humaine, un registro ad ancia tipicamente
francese.
L'Unda Maris assomiglia alla Voce Umana, ma vi è una differenza
nello scarto tra le due frequenze simili sullo stesso tono, che rende i
battimenti più “lenti”, dando l’effetto di “onda marina”. Al contrario
della Voce Umana, le canne dell’Unda Maris sono di misura più larga.
Il registro dell'Unda Maris va accoppiato alla Dulciana 8’, rispetto
alla quale è accordata un poco più crescente.
In Franck e nella musica organistica romantica, è presente un
altro registro oscillante: la Voce Celeste 8’, che si accompagna al
Salicionale 8’. Si tratta di una fila di canne dello stesso timbro del
Salicionale, dal diametro più stretto, accordate crescenti. Gli organari
francesi prediligono un suono più robusto, accostando la Voce Celeste
alla Viola da Gamba: non è raro trovare un registro denominato Viola
Celeste negli organi francesi.
Raramente presente negli organi italiani è il Concerto Viole,
costituito da tre file di canne. La prima parte dal Do2, la seconda dal
Sol2 e la terza dal Do3. La caratteristica peculiare di questo registro sta
53
nella diversa accordatura: la prima fila e la terza sono accordate
giuste, mentre la seconda è crescente.
2.6.4 REGISTRI AD ANCIA: LE ANCE
I registri ad ancia non sono classificabili in famiglie, poiché ognuno
ha una sua propria caratteristica, sebbene si possa affermare che
esistono tre prototipi fondamentali:
1) Ance con padiglione conico a lunghezza reale (Tromba,
Clarone);
2) Ance con padiglione cilindrico, a lunghezza dimezzata
(Cromorno);
3) Ance con padiglione cilindrico, canne lunghe ¼ del normale
(Regale).
Le Ance possono, in base all’effetto sonoro, essere distinte anche in:
1) Ance squillanti;
2) Ance dolci;
3) Ance antiche.
Nelle canne ad ancia il suono è il risultato della vibrazione di una
sottile lamina di metallo che batte contro la canna al passaggio
54
dell'aria. Tale linguetta metallica si trova nel piede della canna, su un
canaletto, anch’esso metallico. E' importante sapere che il suono si
produce anche se la canna è privata della tuba. Una canna labiale non
può funzionare senza la parte superiore alla bocca (mancherebbe la
colonna d'aria da mettere in vibrazione); al contrario, in una canna ad
ancia basta solo il piede per produrre il suono. Nelle canne ad ancia,
sono le dimensioni della lamella metallica (ancia) a determinare
l'altezza del suono, non la lunghezza delle tube. Le tube servono
invece a dare ricchezza timbrica e forza al suono, ecco perché
vengono denominate risuonatori.
Le ance possono essere libere o battenti. Nel primo caso, l'ancia è
fissata da un lato, mentre dall'altro vibra liberamente nel canaletto; nel
secondo caso, invece, l'ancia batte contro i bordi del canaletto. I
registri ad ancia libera sono tipici degli organi antichi; in quelli
moderni prevalgono i registri ad ancia battente.
2.6.5 REGISTRI ITALIANI ED EUROPEI A CONFRONTO
L’Ottava 4’ corrisponde al francese Prestant, perché si presta bene ad
essere accoppiata al Principale 8’.
55
Dopo la 15a il Ripieno italiano inserisce la 19a, invece il Plenum
francese inserisce la 17a (1, 3/5), detta Tierce (dato il Do come
fondamentale, la Tierce corrisponde al Mi ad intervallo di 17a).
La 19a (con Do come fondamentale è un Sol) corrisponde al francese
Larigot.
Le canne del Principale, proprio perché canne di facciata, si chiamano
in francese Montre, in inglese Diapason.
Il Bordone si trova in tutti gli organi sotto diverse denominazioni. In
Inghilterra e Paesi Anglosassoni si chiama Stopped Diapason, in
Germania Gedackt, in Francia Bourdon ed in Spagna Tapado.
2.6.6 REGISTRI MECCANICI
Dobbiamo spendere, infine, qualche parola sui registri meccanici, che
non servono per produrre direttamente dei suoni, ma per combinare
tra loro le tastiere e permettere un amalgama dei suoni.
I primi organari ad inserire i registri meccanici furono i Serassi, che
costruivano organi che possedevano la Terza mano (una raddoppio dei
suoni all’ottava acuta), l’Unione tasto-pedale e l’Unione tastiere, in
quegli organi in cui avevano inserito due o tre manuali.
56
Negli organi moderni, vi sono vari tipi di accoppiamenti, per esempio:
G.O. al Ped., O.P. al Ped., Unione Manuali, eccetera. Abbiamo già
detto che il Manuale che incorpora la potenza dello strumento è il
Grand’Organo.
Un altro registro meccanico moderno è il Tremolo: l’effetto di rapide
pulsazioni si ottiene inserendo nella conduttura che porta il vento alle
canne una valvola a contrappeso che batte in modo ritmico l’aria
diretta ai somieri. Il Tremolo non va usato con i registri oscillanti, che
già possiedono la caratteristica di produrre suoni tremolanti, e va
accostato a registri dolci e con parsimonia.
57
3. ESTETICA DELLA REGISTRAZIONE
3.1 - Amalgami e contrasti. 3.2 - Alcuni esempi di registrazione.
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3.1 AMALGAMI E CONTRASTI
Un buon organista deve conoscere i principi tecnici, ma anche usare
con saggezza e creatività i registri.
L’organista svolge un’azione creativa attraverso la scelta della
registrazione; a differenza di un qualunque altro esecutore, egli non si
pone soltanto il problema di tradurre in musica i segni scritti e di
interpretare il pensiero di un compositore. L’organista deve ricercare e
far rivivere la concezione originale di una composizione, combinando
i registri in modo da ottenere la migliore sonorità per un brano
musicale.
L’organista compie un’azione ancora più delicata ed importante di
quella che compie un direttore d’orchestra. Quest’ultimo sa di poter
contare sugli strumenti musicali e sulla capacità professionale di chi li
suonerà; invece, l’organista ha davanti a sé una partitura ideale, che
deve tradurre in musica vera e propria.
L’organista è quindi più un creatore, che un esecutore.
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Per scegliere con saggezza i registri e combinarli insieme, l’organista
deve osservare se vi sono note del compositore, deve conoscere le
potenzialità foniche del proprio strumento ed il carattere del pezzo.
L’organo, potendo combinare insieme i registri, applica un altro
principio di fisica acustica, finora non contemplato: la sintesi acustica.
La sintesi consiste nel formare un timbro dato dalla somma di altri
timbri. Un classico esempio è il Ripieno, ma vi sono anche altre
possibilità di ottenere dei suoni per sintesi:
1) Amalgama su piano verticale, o piramidale;
2) Amalgama orizzontale (secondo il timbro);
a cui si oppongono suoni ottenuti per:
1) Contrasto di timbri;
2) Contrasti di altezza e intensità.
Nell’amalgama
verticale,
conoscendo
già
le
differenze
che
contraddistinguono i registri di fondo da quelli di mutazione,
l’organista sintetizza un suono sommando i registri di differente
“piede”, scurendo o schiarendo il timbro, a seconda che inserisca nella
piramide sonora registri flautati o violeggianti.
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Nell’amalgama orizzontale, si amalgamano i suoni all’unisono.
Il contrasto timbrico permette di assegnare ad un discorso a più parti il
proprio colore, per esempio per un bicinium, o per dare vita ad un
Corale di Bach.
Il contrasto di altezza e intensità si ottiene con il Ripieno, fino ad
arrivare al Tutti.
3.2 ALCUNI ESEMPI DI REGISTRAZIONE
Per un primo esempio di come vada scelta una combinazione di
registri, faccio riferimento alle opere organistiche di Domenico Zipoli
(1688-1726), su cui Luigi Ferdinando Tagliavini si è espresso con
competenza. Secondo Tagliavini, per interpretare al meglio le Suonate
d’Intavolatura per Organo e Cembalo, bisognerebbe conoscere
l’organo di cui dispose a Roma, nella Chiesa del Gesù, Domenico
Zipoli. Poiché purtroppo non è più conservato, ci riferiamo ad un
Hermans (l’organaro dello strumento di Zipoli) e alle annotazioni
scritte dal Compositore.
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Un Postcommunio va eseguito “co’ flauti”, scrive l’Autore; sulla base
di un organo Hermans della stessa epoca che si trova a Pistoia,
dovremmo utilizzare un Flauto coperto di 8 piedi e un Flauto in quinta
di 2, 2/3.
Per l’Elevazione, bisognerà utilizzare una registrazione espressiva e
delicata, quale quella ottenuta unendo il Principale 8’ alla Voce
Umana 8’, oppure Principale solo o Flauto coperto solo, con
l’aggiunta del Tremolo.
Per la musica del Rinascimento italiano, si può pensare al tipico
organo italiano dell’epoca, quale quello completato da Graziadio
Antegnati nel 1581 per la Chiesa di S. Giuseppe, a Brescia.
Quest’organo comprende solo Principali, Flauti e l’unione tastopedale; i suoni sono di una particolare dolcezza timbrica, dovuta ad
una bassa pressione, di circa 42 mm. Il Tutti è una versione raffinata
del Blockwerk medievale. L’unica vera innovazione apportata da
questo strumento consisteva nel Fiffaro, basato sul tremolo acustico.
Questo registro va usato insieme al Principale in brani lenti ed
espressivi come le “Toccate per la levatione” nei Fiori Musicali di
Frescobaldi, del 1635. Nella sua prefazione, Frescobaldi suggerisce
62
all’esecutore di entrare nel clima emotivo del brano, di ricorrere ad
una varietà di tempo “alla maniera della Madrigale”, di articolare i
passaggi rapidi e di ritardare le cadenze. Per la registrazione, le
Toccate fanno uso del suono pieno del Tutti. Per le Canzoni, dovendo
assecondare il loro spirito secolare di vivacità ritmica, sono
appropriati i Flauti e i Principali leggeri. Per i lenti e severi Ricercare,
con tutte quelle tecniche così “sapienti” di contrappunto dello stretto,
dell’inversione e dell’aumentazione, che sono alla base della fuga, è
bene usare esclusivamente altezze unisone di 8’, 4’ e 2’. Il pedale,
allora, si usava solo per note di lunga durata, specialmente nei brani
che usavano la tecnica dell’improvvisazione. Se proprio necessario, si
userà la sola unione tasto-pedale.
I primi esempi di un uso melodicamente indipendente del pedale si
trovano nella musica francese di J. Titelouze (1563-1633), in cui il
pedale era usato per il cantus firmus, con un Flauto di 8’ e registri ad
ancia.
Per la musica rinascimentale proveniente dall’Inghilterra, poiché
l’organo era solitamente un positivo con una dotazione di sei registri,
come si può desumere dal Mulliner Book, la principale fonte della
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musica organistica inglese del XVI secolo, si usino i registri della
piramide dei principali.
Per ben interpretare la musica spagnola del Rinascimento, bisogna
sapere che l’organo spagnolo si differenziò dalle caratteristiche degli
strumenti italiani e nordeuropei, sebbene la maggior parte degli
organari avesse origini italiane o olandesi. In quest’organo prevalgono
le misture, ance di coloritura, effetti giocosi, come tamburi, usignoli,
tremoli.
A riguardo della musica rinascimentale francese, occorre precisare che
l’organo risente dell’influsso della scuola fiamminga. Il mondo
timbrico si arricchisce del Petit Plein Jeu e del Grand Plein Jeu, cioè
di insiemi misti eseguiti sul Positivo o sul Grand’Organo. Unico
registro non fiammingo è la Tierce, a cui si aggiunsero presto basse de
Trompette, Cromorne en Taille, Récit de Nazard e Tierce en taille.
In Germania, J. S. Bach fu testimone dei grandi mutamenti delle idee
nell’ambito della registrazione. Il suo mondo sonoro era per lo più
quello del Werkprinzip. Egli suonò soprattutto su organi Silbermann,
che fondevano elementi dell’organo tedesco con elementi dell’organo
francese. Secondo C. Ph. E. Bach, suo padre non ebbe mai
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l’opportunità di suonare su un organo veramente eccellente. Per
eseguire un Preludio e Fuga di J. S. Bach, l’organista Arthur Wills
consiglia la seguente registrazione: per il Preludio una combinazione
basata su un timbro di Principale 16’, colorata con ance leggere di 16’
e di 8’; per la Fuga, si escludano le ance e i fondi da 16’, ma si
aggiunga un registro di mistura. Per il pedale, entrambi i movimenti
richiedono una combinazione con misture e ance di 16’, possibilmente
in accoppiamento con i manuali per dare unità timbrica. Le
trascrizioni di concerto fatte da Bach risentono della scrittura italiana
per strumenti ad arco.
Contemporaneo di Bach, G. F. Handel, che aveva studiato sugli organi
tedeschi ed era un vero virtuoso dell’organo, affermò che “tutto
quanto serve ad un organo buono e grande sono una tastiera, registri
interi e nessuno a mezzo”; per lui i registri ideali sono sette, che poi
corrispondono all’organo che ora si trova nella Great Packington
Church: Principale 8’, Principale tappato 8’, Ottava 4’, Duodecima,
Decimaquinta, Terza, Flauto in ottava.
La musica romantica per organo cerchi invece di imitare le sonorità
orchestrali. I compositori di scuola francese quali Franck, Widor,
65
Vierne, hanno chiamato in modo appropriato “sinfonie” i loro lavori.
Altri grandi come Guilmant, Dupré, Messiaen, pur nella loro libertà
espressiva, hanno seguito lo stile dei loro predecessori. Quando si
esegue musica della scuola romantica francese è utile tenere presenti:
- le caratteristiche timbriche dell’organo di Cavaillé-Coll (in
particolare quello della chiesa di St. Sulpice, costruito tra il
1857 e il 1862);
- la disposizione dei manuali;
- le indicazioni dinamiche in relazione al contesto di una data
registrazione.
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4. IL TOCCO ORGANISTICO
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Il tocco organistico è legato al tipo di trasmissione. Di solito, si usano
espressioni come “trasmissione leggera” e “trasmissione sensibile”.
Senza un meccanismo che possa offrire all’esecutore la possibilità di
controllare la velocità di attacco e il rilascio di un suono, le note
assumerebbero una monotona uniformità.
L’organista deve abituarsi a riconoscere la velocità alla quale si apre
la valvola e prendere confidenza con la relazione che lega il tocco con
la velocità di risposta sonora.
Un bravo organista non deve solo fare attenzione a ciò che fanno le
proprie dita, ma deve affinare la relazione tra tatto e udito.
Nell’organo a trasmissione pneumatica, come abbiamo già detto, vi è
un ritardo temporale nell’attacco del suono; negli organi elettronici, il
tocco quasi coincide con l’emissione sonora. Quando un organista che
ha suonato questi organi passa all’organo meccanico, questo
costituisce per lui una rivelazione, addirittura una “rieducazione”. Ciò
perché bisogna “rieducare” lo strumento più dotato di trasmissione
sensibile, lo strumento di controllo più preciso di qualunque altro:
l’orecchio.
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L’organista deve riconoscere la risposta sonora in relazione al
carattere dei singoli registri e dei registri in gruppo; deve saper dosare
il tocco a seconda del carattere della musica per cui è stata scelta una
certa registrazione; deve “fraseggiare”, dando un tocco diverso alle
note a seconda che esse siano all’inizio di una frase, al suo interno o a
chiusura di essa.
Sebbene risaputo, ad eccezione della tastiera, che è una caratteristica
comune, l’organo è notevolmente diverso dal pianoforte e dal
clavicembalo. La prima evidente differenza sta nel fatto che il corpo
vibrante non è una corda, ma aria in movimento, per cui la musica per
organo è più affine a quella vocale o per strumenti a fiato. Non per
niente, le prime fonti di musica organistica si ritrovano nel canto
gregoriano, nel bordone aggiunto al basso per sostenere il canto,
nell’elaborazione del cantus firmus, nelle trascrizioni di mottetti
vocali. Lo stile legato e il fraseggio, caratteristici della musica vocale,
sono alla base della tecnica esecutiva organistica.
F. Couperin diceva, parlando della tecnica clavicembalistica, che “un
legato cantabile deve essere conservato, qualunque cosa venga
eseguita”, questo perché il clavicembalo è generalmente considerato
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carente nella tenuta dei suoni. Tuttavia, per quanto perfetto, il legato
deve rispettare il respiro, quella necessaria articolazione per dare
senso ad una frase musicale. L’organizzazione ritmica si esprime
attraverso l’articolazione. Il tempo forte deve essere indicato
chiaramente, poiché da quello discende la gerarchia degli altri
movimenti all’interno della misura.
Nel pianoforte, la percussione dà l’accento ritmico: in un movimento
di quartine per battito, le quattro note possono avere senz’altro la
stessa durata: Nell’organo o nel clavicembalo, invece, per produrre
l’effetto dell’accento, sarà necessario prolungare il primo suono,
evitando ovviamente di cadere nell’errore di eseguire una quintina con
le prime due note unite da legatura di valore.
Se un cantante, pur in un passaggio fluido, darà alla propria voce una
certa varietà di timbro e di accento (a meno che non sia richiesto il
contrario), ciò vale anche per l’organista. Il legato organistico deve
essere “nitido” ed “equilibrato”. Riguardo al legato nitido, nel suo
“Die Kunst das Klavier zu spielen” del 1750, Friedrich Marpurg
spiega che questo modo di suonare può essere chiaramente compreso
se si pensa di dover eseguire una progressione di suoni utilizzando lo
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stesso dito: lasciare un tasto un attimo prima di premerne uno nuovo.
Si tratta di una modalità esecutiva che assomiglia molto alla tecnica
dell’arco-sciolto degli strumenti ad arco.
Una volta acquisita questa tecnica, l’organista dovrà poi considerare lo
stile dell’articolazione storicamente appropriato, che richiede anche
una diteggiatura appropriata.
Una particolare articolazione è quella della musica antica. Prima del
XVIII secolo, il pollice e il mignolo erano raramente usati. Una
diteggiatura “comoda” non è sempre filologicamente corretta.
Vi è anche una differenza di articolazione per la musica dei periodi
anteriore e posteriore al 1800. In Titelouze e Sweelinck le semicrome
devono essere lasciate libere ed avere vita propria all’interno di un
motivo o di una frase. Nella musica di Liszt, invece, essere avrebbero
più una funzione coloristica. Costituisce un caso a parte la musica di
Mendelssohn, che si pone a metà strada tra queste due possibilità. Le
tessiture di certe Sonate richiedono un’articolazione di genere
barocco. Per esempio, la Sonata in La maggiore contiene un
movimento che richiama la musica di J. S. Bach (vd. Fig. 1). Sempre
in questa Sonata, non vi sono indicazioni di fraseggio, ma piuttosto
71
legature di espressione e di articolazione uguali a quelle che si usano
per gli strumenti ad arco.
Nella musica del XIX secolo, l’impiego di imponenti linee melodiche
determinò la necessità di rendere omogenea la texture. Per questo, si
sviluppò la tecnica della sostituzione di dita.
Bisogna dire anche qualcosa riguardo l’uso dei Pedali. Nella musica
antica, lo stile detaché si applica anche alla pedaliera, per la quale è
consigliabile usare solo la punta del piede. Storicamente, la tecnica di
incrociamento dei piedi è stata introdotta solo nel 1750.
L’articolazione dipende, infine, da altri fattori, come il tempo che si
stabilisce di tenere per la musica o l’acustica dell’ambiente.
Il tocco è, per l’organista, una sfida costante, tenuto conto che non
esiste un organo a canne uguale ad un altro e che per ogni strumento
bisogna adottare la giusta tecnica.
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Fig. 1 – dall’Organ Sonata op. 65 n. 3 di F. Mendelssohn.
73
5. GRANDEZZA E PROSPETTO
DEGLI ORGANI ITALIANI
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La grandezza dello strumento, almeno in Italia, storicamente non è
stata determinata dal numero di registri o dei manuali, ma dalle misure
delle canne maggiori di facciata.
Per la collocazione si sono seguiti ragioni funzionali, acustiche e di
estetica architettonica.
Riconoscendo all’organo la prevalente
funzione di intonare i canti o alternarsi al coro che esegue il canto
gregoriano, lo strumento anticamente veniva collocato in prossimità o
all’interno delle cantorie. Altre volte, il corpo fonico (il complesso
delle canne) può trovarsi appeso al muro perimetrale della navata
unica o centrale, oppure ancora alle pareti laterali del presbiterio o
dietro al ciborio. In Veneto e Lombardia, durante i secc. XVIII e XIX,
l’organo era collocato a metà altezza tra pavimento e soffitto, in modo
da permetter al suono di diffondersi in maniera uniforme
nell’ambiente e giungere in maniera avvolgente alle orecchie dei
fedeli. Un tempo, l’architetto che costruiva la chiesa, prevedeva già
nella sua progettazione il luogo in cui sarebbe stato collocato l’organo
a canne.
Il prospetto ha subito mutazione a seconda degli stili architettonici, ma
anche del gusto musicale e dell’accordatura che l’organaro intendeva
75
dare alle canne. Non è un caso che le canne siano disposte a cuspide o
ad ali.
Gli organi del ‘400 e ‘500 sono di solito a campate; in facciata vi si
possono trovare delle canne finte, che non producono alcun suono, il
cui scopo era solo ornamentale. Queste canne venivano dette
“organetti morti” e sovrastavano le canne dei campi minori. Alcuni
organi del sec. XIX hanno mantenuto questo tipo di prospetto.
Del ‘600 sono tipici gli organi a 3 campate, sebbene vi siano
anticipazioni nel secolo precedente a Roma e a Cremona e
sopravvivenze fino all’800.
L’unica campata è propria del ‘700 e dell’800, anche se variamente
strutturata:
6. a cuspide unica (in Lombardia, seconda metà del ‘700);
7. a cuspide con ali (scuola veneziana del ‘700 e ‘800, struttura
praticata anche in Lombardia);
8. a tre cuspidi (Lombardia, prima metà dell’800).
Tradizionalmente, il prospetto dell’organo italiano, in ogni epoca, è
piatto, ma, influenzato dagli stili costruttivi d’oltralpe, spesso si può
76
trovare anche con prospetto inflesso (es. concavo-convessi, a 3 campi
convessi) specialmente in Liguria e in Toscana, ma talvolta anche a
Roma, in Abruzzo, in Puglia, solo nel ‘700.
In Italia già da epoca remota, non solo per influsso di organi stranieri,
si trovano organi articolati in più “corpi”. È interessante vedere la
collocazione in prospetto di registri ad ancia corrispondenti al pedale
in “torri di pedale”, praticata dai Serassi, dai Montesanti, dai
Lingiardi, dai Bossi.
L’estensione delle tastiere, così come le misure dei tasti, sono state
determinate dalle esigenze della prassi esecutiva. Gli organi antichi
potevano avere l’ottava corta, detta anche scavezza (o “in sesta”), cioè
priva dei primi quattro suoni cromatici (Do diesis, Mi bemolle, Fa
diesis, Sol diesis), con i suoni diatonici disposti in modo piuttosto
particolare: Do, Fa, Re, Sol, Mi , La, Si bemolle, Si, ecc.
La grandezza dei tasti prevede tasti corti e relativamente larghi, fino ai
primi decenni dell’800, allorché le dimensioni furono uniformate
“all’uso dei pianoforti di Vienna” (in Italia questo detto si usava
soprattutto in Lombardia, poiché il Regno Lombardo-Veneto faceva
parte dell’Impero austro-ungarico).
77
Il tipo di somiere preferito era tradizionalmente quello “a vento”,
documentato fin dalla seconda metà del ‘400 e praticato fino alla
prima metà del XX sec. Presso gli organari lombardi e toscani. La
Scuola Veneta del ‘700 cominciò a preferire il somiere “a tiro”, che
era l’unico tipo di somiere in uso nell’Italia meridionale. Negli organi
antichi si impiegava preferibilmente bassa pressione (sui 40/45 mm.
con i somieri “a vento”, sui 50/55 mm. con i somieri “a tiro”).
Nel 1500, ogni chiesa aveva il suo diapason. Esso poteva scendere
anche a 390 vibrazioni doppie al secondo. In genere, il diapason era
così basso perché gli organari, quando dovevano accordare lo
strumento, spesso risolvevano con una limatura delle canne, che, con
il tempo, rispetto all’epoca della loro installazione, si accorciavano,
dando suoni di diapason sempre più acuto. Non a caso, la musica sacra
del 1500 appare ai nostri cantanti di oggi molto difficile da eseguire
nei registri acuti.
Il corista fino a tutto il ‘600 era alto nell’Italia settentrionale (tanto che
nel futuro l’accordatura degli strumenti fu abbassata), mentre da Roma
in giù era basso (tanto che dal XIX secolo furono alzati).
78
Anche ai tempi in cui Mozart scriveva i suoi capolavori, il diapason
era all’incirca di 385 vibrazioni al secondo, il che vuoi dire che, a
confronto con un La di 440, esso era un tono e mezzo più basso di
quello che è il diapason attualmente in vigore (quindi è probabile che
il famoso FA della Regina della notte sia piuttosto un RE). I cantanti si
trovavano a loro agio cantando su di una tessitura più naturale e
comoda.
Il problema dei differenti diapason si pose nella metà del secolo
scorso, con l’avvento delle incisioni su disco delle performance delle
più importanti orchestre del mondo. Ci si accorse che tra l’orchestra di
Pietroburgo e alcune orchestre dell’Europa centrale c’era una
differenza di circa mezzo tono e per questa ragione più tardi si sentì la
necessità di uniformare il diapason. Nel 1885, a Vienna si tenne un
Congresso in cui si invitò il grande Giuseppe Verdi ad esprimere la
propria opinione. Il Nostro, con la passione che lo contraddistingueva,
ripeté che il diapason si fissasse sulle 430 frequenze semplici al
secondo.
L’aver portato il diapason a 430 e poi a 440, ha determinato negli
archi, che in tempi passati riuscivano a sostenere la pressione di una
taratura normale, la necessità di ricorrere a corde di plastica piuttosto
79
che a quelle di budello, perché le prime sono più resistenti, con la
conseguenza di dover rinunciare, però, a suoni più morbidi.
Quando si visitano organi antichi, può capitare di vedere delle
“aggiunte” alle canne, nella parte superiore del corpo: in fase di
restauro, l’organaro riporta al giusto diapason le canne, tagliate e
limate nel corso del tempo per accordarle.
Nel Rinascimento era tipico il temperamento del tono medio. Dalla
seconda metà dell’800, fu adottato il temperamento equabile. Ma sul
temperamento occorrerà soffermarsi ulteriormente.
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6. TEMPERAMENTO
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La cultura occidentale è legata al temperamento degli strumenti
musicali, poiché di questo ambito si sono interessate le scienze, la
religione, la filosofia, l’arte, l’economia, la politica (per quanto ciò
possa sembrare strano per il lettore).
Osservando la successione dei tasti bianchi e neri su un organo o su un
pianoforte, così come scrivendo le altezze dei suoni su un
pentagramma, si può ritenere che i suoni si succedano ad eguale
distanza (intervallo), come i gradini di una scala precisamente
/costruita.
Isaac Newton (Inghilterra, 1643-1727), alla ricerca ardente di un
misterioso sistema che reggesse l’universo, ebbe un’intuizione mentre
studiava il comportamento della luce mentre attraversava un prisma: i
colori in cui essa si divideva non erano equidistanti e pensò che ci
potesse essere qualcosa di simile anche per la successione dei suoni.
Per Newton, infatti, il problema delle accordature musicali, un
enigma che l’uomo si è posto sin da tempi antichissimi, era
strettamente legato alle leggi della natura, all’armonia dell’universo.
Dobbiamo quindi fare un salto in tempi più remoti.
82
Archita (430-348 a.C. – tarantino di scuola greca), teorizzò
un’intonazione naturale (detta erroneamente temperamento naturale),
secondo cui i suoni si succedevano nell’ordine naturale degli
armonici. Questo perché i suoni che udiamo non sono mai soli, ma
sempre accompagnati da suoni più acuti che determinano il timbro.
Intorno al 530 a.C., nell’antica Crotone, il filosofo e matematico
Pitagora, sfuggito all’invasione dei Persiani nell’Asia Minore,
elaborò una teoria della musica, basata sulle vibrazioni prodotte da
corpi elastici. Anche Pitagora, come più in là nel tempo pensò
Newton, riteneva che ci fosse un legame tra la musica e la voce
musicale degli dei. Egli fu il primo ad usare il termine cosmo (=
ordine) per definire l’ordine dell’universo. Altri pensatori prima di lui
erano avevano cercato di definire la materia elementare di cui era
costituito l’universo. Talete di Mileto (Aristotele pensava fosse il
fondatore della filosofia occidentale) riteneva che tale elemento fosse
l’acqua; Anassimene pensava fosse l’aria; Eraclito, il fuoco.
Pitagora, invece ritenne che l’elemento-base che regola la natura fosse
il numero.
83
L’idea che numero e suoni fossero collegati tra loro gli venne
casualmente, passando davanti ad un’officina in cui alcuni fabbri
stavano battendo i loro martelli contro le incudini, producendo dei
suoni che a volte erano assordanti e fastidiosi, altre volte, invece,
gradevoli e armoniosi. Fu così che decise di analizzare il fenomeno
acustico.
Egli osservò che i suoni che risuonavano in modo armonioso avessero
precisi rapporti numerici tra di loro (2:1, 3:2, 4:3, ecc.) ed arrivò a
formulare la “teoria delle sfere”.
L’armonia più gradevole era data da due toni ottenuti lasciando
vibrare una corda sonora per intero ed un’altra capace di vibrare
secondo il rapporto 2:1 (accorciandola di metà lunghezza, alla pari
tensione e forza con cui si produce la sollecitazione, la corda più corta
produce il doppio delle vibrazioni rispetto all’altra corda). I due toni,
uno più grave, l’altro più acuto sono tra loro ad un intervallo, che oggi
noi definiamo l’ottava.
E’ strano come la percezione visiva non sia pari a quella uditiva: se
due punti fossero posti ad una determinata distanza e poi uno lo si
avvicinasse secondo il rapporto 1,9:1, questa minima variazione
84
sarebbe tollerata dall’occhio, mentre ciò non avviene per l’orecchio: la
più elementare delle proporzioni musicali è proprio quella che tollera
meno variazioni!
Andando avanti secondo questo procedimento, cioè facendo vibrare
una corda secondo il rapporto 3:2, Pitagora ottenne un tono ad
intervallo di 5a (quindi se, per esempio, la corda più lunga fosse un
Do, con 2:1 si otteneva il Do più acuto di un’ottava, con 3:2 si
otteneva il Sol). Con il rapporto 4:3, si otteneva la 4a (nell’esempio, il
Fa).
Più in là nel tempo, Gioseffo Zarlino (Italia, 1517-1590) fissò
l’altezza dei suoni della scala diatonica, proseguendo la teoria fisiconumerica della scuola pitagorica.
Unisono
1:1
Seconda maggiore
9:8
Terza maggiore
5:4
Quarta giusta
4:3
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Quinta giusta
3:2
Sesta maggiore
5:3
Settima maggiore
15:8
Ottava
2:1
Nelle formule di Pitagora si nascondeva, tuttavia, un errore (di cui lui
era consapevole e che determinò il “culto pitagorico”), che assimilava
la musica alla relazione tra la diagonale e il lato di un quadrato. I
teoremi di Pitagora possono essere usati per calcolare qualunque
diagonale, ma non quella di un quadrato, il cui risultato è sempre un
numero irrazionale, che non si può esprimere con un numero intero,
ma con un numero che non ha un limite definibile.
Per comprendere meglio l’analogia con le proporzioni musicali,
immaginiamo ciò che fece Pitagora: egli produsse un suono (pari per
esempio ad un Do) su una corda e, spostando un ponticello mobile
secondo un rapporto di 2:1, ottenne lo stesso tono (un altro Do) più
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acuto e così oltre, fino ad ottenere una successione di sette ottave
consecutive giuste.
Su un’altra corda, applicando il rapporto 3:2, ottenne tanti intervalli di
quinta, fino ad arrivare di nuovo al Do. Le quinte ottenute erano
perfettamente consonanti, ma i due DO delle due diverse corde erano
fortemente dissonanti.
Da un punto di vista matematico, le ottave sono basate su multipli di
due, mentre le quinte su multipli di tre. Due e tre sono numeri primi
entrambi, non possono mai avere un multiplo in comune.
L’intonazione pitagorica, dunque, aveva dei vuoti che il tempo
avrebbe dovuto colmare.
Inoltre, il sistema di Pitagora andava bene, finché non si superavano i
limiti dell’ottava, con soli sette suoni.
Quando nella storia dal canto all’unisono si passò alla semplice
polifonia dell’organum, si cominciò a sentire la necessità di curare
l’intonazione, ma in Inghilterra, come aveva già scritto Giovanni
Diacono, si cantava “con voci grezze, che ruggivano come il tuono”.
Gli inglesi si muovevano su nuove armonie: le armonie di terza.
87
Le terze avevano fatto la loro prima comparsa in una raccolta di
musica per organo del 1300, noto come Codice di Robertsbridge: vi
sono alcuni brani in cui le terze procedono per moto parallelo.
Se in un intervallo di quinta, inseriamo un suono “intermedio” (la
terza), non otteniamo due terze uguali: una è una terza maggiore
(formata da 4 semitoni successivi), l’altra è una terza minore (3
semitoni successivi).
Se già le quinte in relazione alle ottave ponevano problemi di
intonazione, ancor più il problema si avverte intonando gli strumenti
con le terze. Il problema è tanto più grave, quanto si andavano
costruendo strumenti musicali a suono fisso (l’organo, per l’appunto),
poiché con la voce o con gli strumenti a corda, il problema era meno
grave.
Usando il sistema di accordatura di Pitagora, prendendo una corda che
produca il Do e costruendone una che sia in rapporto di 3:2
otterremmo il Sol. Otteniamo il Fa, con una corda in rapporto di 4:3.
Quindi cerchiamo di ottenere il Re, calcolando una quarta perfetta
sotto il Sol. Per ottenere il La, basterebbe applicare la formula di 3:2
sul Re. Ma il La è anche una terza maggiore di Fa, ossia in rapporto
88
con il Fa di 5:4. Però i due La non sono uguali. Come possiamo
determinare quindi il Mi (la
terza, armonicamente inserita
nell’accordo Do-Mi-Sol)?
Accordando uno strumento con il sistema tradizionale del circolo
delle quinte, si ottenevano terze spiacevoli e stridenti. Già per evitare
le formule pitagoriche, alcuni musicisti riorganizzarono l’accordatura
delle loro tastiere, sostituendo tasti ad intervalli di dodici parti uguali
dell’ottava: un sistema (il nostro temperamento moderno) che allora
risultò catastrofico, una violazione delle leggi naturali.
Ecco che arriva il termine “temperamento” (dal latino temperare =
unire nelle giuste proporzioni): l’uomo tempera, modifica, la natura,
cercando di arrivare all’utilità del sistema musicale. Il primo
interessante esperimento fu quello del temperamento mesotonico.
Costruire uno strumento a tastiera secondo l’intonazione giuste delle
quinte sarebbe stato un disastro, senza il tentativo del temperamento
mesotonico. Infatti, ottenendo le quinte giuste, per salti di quinta,
partendo dal Do avremmo:
Do – Sol – Re – La - Mi
89
Quest’ultimo Mi suona consonante rispetto al La, ma non è una terza
pura con il Do all’orecchio (perché non è un intervallo 5:4): essa è
leggermente più ampia di un microintervallo, chiamato comma
sintonico o comma di Didimo (pari ad 81/80). Se si manipolassero i
quattro intervalli che hanno permesso di arrivare al Mi, “limandoli” di
¼ di comma sintonico, avremmo delle quinte leggermente accorciate,
ma una terza perfettamente consonante.
Le quinte accorciate non lo sono così tanto da dare l’effetto di un
ululato (dovuto ai battimenti), ma c’è anche in questo temperamento
qualcosa che non “quadra”: continuando a ridurre di una piccolissima
frazione di comma tutte le quinte, si arriva a dover sistemare una
quinta di lupo (lupus), uno strano e brutto intervallo che bisogna
collocare in una qualche posizione per chiudere il cerchio dei dodici
toni (in genere questa quinta si trova tra il Sol# e il Mib).
La collocazione del lupus determina, nel temperamento mesotonico
(detto anche del tono medio), alcune tonalità che non si possono
suonare, tanto sono cacofoniche. Suonando una triade maggiore a
partire dal Do, il risultato è molto gradevole; suonando una triade
maggiore a partire dal Sol, il risultato è ancora molto buono; ma, basta
90
spostarsi più in alto di un semitono, a partire dal Lab, che il risultato è
sgradevole (quel Lab, abbiamo già detto è in realtà un Sol#, che forma
con il Mib una quinta insopportabile).
Il temperamento procede di pari passo con l’evoluzione della musica
corale, allorquando si passa dal canto gregoriano eseguito solo dalle
voci al canto accompagnato dall’organo, prima ancora di arrivare alla
polifonia. Padre Anselmo Susca, illustre gregorianista del quale sono
stata stretta collaboratrice a partire dal 2006 fino alla sua scomparsa,
avvenuta nell’ottobre del 2012, affermava che l’orecchio, portato a
riconoscere e ricercare le terze pure, come le quinte giuste, fa sì che il
cantore, laddove intoni il gregoriano partendo da un suono
determinato
sull’organo
(con
un
temperamento
diverso
dal
pitagorico), arrivi al suono finale leggermente crescente rispetto allo
stesso suono prodotto sullo strumento.
Il problema delle diverse regioni tonali fu superato da organi che
avevano tastiere con 17 o 19 tasti in un’ottava, come venne
documentato da Marin Mersenne9 (vd. Fig. 2).
9
Mersenne, Marin. Harmonie universelle. 1636.
91
Fig. 2 – La tastiera ideata da M. Mersenne.
La popolarità del tono medio coincise con lo sviluppo della pratica del
basso figurato e di un linguaggio basato su un sistema armonico
verticale, che si basava sulle tensioni create da dissonanze quali la
quarta diminuita Fa#-Sib, sul carattere melodico dato dalla
successione di semitoni a volte più larghi, altre più stretti.
I tasti spezzati permisero di tamponare alla carenza di enarmonicità,
offrendo varietà coloristiche differenti a seconda del livello di tonalità
e delle modulazioni. Ad esempio, una sesta napoletana in tonalità di
Do minore assume una colorazione drammatica, che non si può
ripetere con il temperamento equabile.
Andreas Werckmeister, organaro, organista e compositore di cui non
rimane praticamente alcun suo lavoro musicale, perfezionò il buon
temperamento, anzi ne formulò ben quattro tipi. Egli scoprì nel 1691
92
che un'accordatura ciclica che contenga cinque quinte mesotoniche e
sette quinte giuste (ossia "pitagoriche") chiude (quasi) perfettamente il
ciclo delle quinte e pertanto elimina la quinta del lupo, permettendo di
suonare in tutte le tonalità.
Prima di allora, possiamo immaginare che, prima di scrivere musica
per uno strumento da tasto, il grande Bach impostasse prima il
temperamento desiderato. L’obiettivo era quello di ottenere i rapporti
tra i suoni che egli voleva sentire, nel far sì che le melodie e le
armonie assecondassero la sua immaginazione creativa.
Molto recentemente, Bradley Lehman, un clavicembalista e
ricercatore americano, ha approfondito il temperamento bachiano e
interpretato uno “scarabocchio” del Compositore (vd. Fig. 3).
Il risultato della sua ricerca è stato registrato nel 2005. Il BBC
MUSIC MAGAZINE ha dato in quello stesso anno molto spazio ai
saggi dei questo studioso.
Lo “scarabocchio” in realtà rappresenta la descrizione simbolica
dell’accordatura ideale per Bach, applicabile a qualunque strumento
musicale, ovviamente.
93
Fig. 3 – Lo “scarabocchio” di J. S. Bach studiato da B. Lehman.
Quelli che Lehman definisce “scarabocchi”, Herman Keller10, studioso
tedesco scomparso nel 1967, li aveva trovati dei “graziosi arabeschi”,
privi di un significato.
L’evoluzione dell’arte musicale ha comportato l’evoluzione di diverse
formule di temperamento che purtroppo non possono convivere: se si
rispetta una formula non se ne può usare un’altra. Uno strumento a
note fisse, poi, deve essere assolutamente fedele ad un temperamento
in cui il maggior numero di combinazioni sonore deve risultare il più
possibile dolce e consonante.
10
Herman Keller, Dos Wohltemperìerte Klavier von Johann Sebastian Bach, 1965, BàrenreiterVerlag, Kassel
94
Ma se il temperamento equabile è la soluzione di tutti i problemi di
accordatura, dobbiamo capire come mai sono più di trecento anni che
se discute e quindi dobbiamo tornare a quel 1691, anno in cui il citato
Andreas Werckmeister pubblicò un'opera dal lunghissimo titolo:
“Musicalische
Temperatur
mathematischer
Unterrìcht
oder
wie
deutlicher
man
durch
und
wahrer
Anweisung
des
Monochordi ein Klavier, sonderlich die Orgel-Werke, Positive,
Regale, Spinetten, und dergleichenwol temperiert stimmen könne”
(Temperamento musicale, ovvero chiaro e autentico metodo
matematico col quale si può, seguendo le indicazioni del monocordo,
accordare in modo ben temperato una tastiera, in particolare organi,
positivi, regali, spinette, e simili). Con quel trattato era nato il
temperamento equabile!
Quando si parla di temperamento equabile, si torna sempre con il
pensiero alle tante volte in cui abbiamo sentito dire che “Il
Clavicembalo ben temperato” di Bach (1772) sia il tentativo o la
dimostrazione che si possa comporre musica in tutte le tonalità senza
il rischio di imbattersi in un lupus. Non tutti gli studiosi la pensano
così!
95
Il Keller sopra menzionato aveva analizzato il “Clavicembalo ben
temperato” ed era convinto che i 24 Preludi e Fughe fossero stati
scritti per clavicordo e non per clavicembalo. La convinzione era data
dal fatto che i celebri “24” non superano mai l’estensione Do1 – Do5,
mentre nelle “Suites pour le clavecin”, della stessa epoca, l’Autore
oltrepassa quei limiti. Il clavicordo, era, tra l’altro, uno strumento
ideale per lo studio, data la sua debole sonorità. Si instilla il dubbio
relativo al titolo dell’opera: non “Clavicembalo ben temperato”, ma
“Tastiera ben temperata”. Ciò è quanto afferma anche il teorico
musicale R. M. Bosanquet, il quale avanza l’ipotesi che Bach non
amasse il temperamento equabile, perché il titolo si riferisce a un
“buon temperamento”, che potrebbe essere anche un altro. Sempre
riguardo il titolo, si noti che se l’opera fosse stata da Bach intitolata
“Il Clavicembalo ben temperato”, in tedesco avremmo dovuto
leggere: “Das gleichwebende (oppure: gleichstufige) Clavier”11.
Inoltre bisogna anche notare la differente scrittura delle parole Clavier
e Klavier, quest’ultima traducibile come “pianoforte”.
11
http://www.initlabor.net/controeducare/dibenedetto-bach.html
96
Nel trattato “L’arte della composizione naturale della musica”,
Johann Philipp Kirnberger, allievo di Bach, cita un passo di una lettera
di Philipp Emanuel Bach, figlio di Johann Sebastian, in cui è scritto:
“Puoi anche gridarlo che i miei princìpi fondamentali, come
quelli del mio amato padre, sono anti-Rameau”
proprio perché sia chiaro a tutti che il Grande di Eisenach è contro
tutte le forme esagerate di razionalizzazione della musica.
Questo moderno temperamento equabile è dunque il compromesso
finale, con il quale si abbandonano tutte le proporzioni fissate
dall’antichità.
Le discussioni nel campo dell’estetica, a tutt’oggi vedono i musicisti e
i critici schierati in due opposte fazioni:
- alcuni lamentano la perdita dell’impatto emotivo della musica,
dovuto ad intervalli regolari, tutti uguali tra loro (in realtà anche il
temperamento equabile non è poi perfetto!); rimpiangono i poteri della
musica antica, capace di agire sulla psiche umana, dando impulsi
energici, snervanti o calmanti; ricordano che certi compositori
prediligevano non a caso determinate tonalità, capaci di imprimere un
carattere particolare alle loro opere;
97
- altri, invece, vedono nel temperamento equabile un cammino della
civiltà occidentale; una possibilità di adattamento della musica,
attraverso il trasporto di tonalità; un linguaggio universale.
98
7. SCHEMI FONICI
7.1 - Organo classico. 7.2 - Organo barocco. 7.3 - Organo
neoclassico. 7.4 - Organo romantico. 7.5 - Organo romanticoorchestrale. 7.6 - Organo sinfonico-eclettico.
99
7.1 SCHEMA FONICO DELL’ORGANO CLASSICO
Nell’organo classico, si raggiunge la completa estensione della
piramide maschile. Il Principale è la base del Ripieno, che raggiunge,
attraverso i vari piani sonori, la Trigesimasesta.
La piramide femminile si presenta con pochi registri: Flauto 8’, Flauto
12’, Flauto 15’.
Appare il Fiffaro (molto amato da Girolamo Frescobaldi, un registro
di combinazione che batte con il Principale.
Le Ance si riducono alla famiglia del Regale.
Il Pedale non ha un’autonoma registrazione.
La pedaliera è, il più delle volte, a scavezza (vd. Fig. 4).
Fig. 4 – Ottava scavezza e ottava normale a confronto.
100
7.2 SCHEMA FONICO DELL’ORGANO BAROCCO
La piramide maschile si conserva come nell’organo classico, mentre
la piramide femminile si avvale di nuovi registri, tra i quali quelli
corrispondenti a canne tappate e a camino.
L’organo si arricchisce anche sul piano armonico, con l’introduzione
di registri di mutazione composta, tra cui il Cornetto e la Sesquialtera
(le file in terza).
Il Fiffaro cambia denominazione e diventa Voce Umana. A questo
registro oscillante si aggiungono la Voce angelica e l’Unda Maris.
Appaiono, soprattutto nell’Italia del centro-sud, alcuni effetti
particolari, come l’Uccelliera, 3 o 4 piccolissime canne metalliche,
saldate tra loro e capovolte all’interno di una vaschetta ovale che si
riempiva con acqua. Produceva l’imitazione del cinguettìo degli
uccelli, ma bisognava stare attenti a riempire la vaschetta d’acqua
quando evaporava, per non sentire uno stridulo fischio. Oltre
all’Uccelliera, si potevano trovare registri di Zampogna e Rollanti.
Si arricchiscono i registri ad ancia, con vari tipi di Trombe, il Fagotto,
l’Oboe.
101
Il Pedale ha finalmente una registrazione autonoma, con Contrabbassi
e Bassi di 16’ e 8’.
7.3 SCHEMA FONICO DELL’ORGANO NEOCLASSICO
I registri dei Principali si tagliano un po’ più larghi e la piramide
femminile torna allo schema classico.
Le canne sono montate a cuspide. Le Ance sono poco numerose,
mentre si arricchisce di registri la Pedaliera.
7.4 SCHEMA FONICO DELL’ORGANO ROMANTICO
L’organo romantico aggiunge alle piramidi dei Principali e dei Flauti,
le Viole e tutti i registri di combinazione. Le Ance si moltiplicano su
tutti i manuali e sulla Pedaliera.
102
7.5
SCHEMA
FONICO
DELL’ORGANO
ROMANTICO-
ORCHESTRALE
Lo schema fonico di quest’organo è ben rappresentato dall’Organo
della Basilica di S. Giovanni in Laterano, a Roma, costruito da Nicola
Morettini, nel 1886, a tre tastiere di 56 note e pedaliera di 30.
La tavolozza dell'organo si adegua all'esigenza di riprodurre gli effetti
di
contrasto
dinamico,
di
differenziazione
timbrica
fra
accompagnamento e melodia, di caratterizzazione netta delle parti
tipica del linguaggio musicale ottocentesco.
7.6
SCHEMA
FONICO
DELL’ORGANO
SINFONICO-
ECLETTICO
Accrescono le qualificazioni del Principale, che può essere forte,
dolce, violino, eufonio, armonico, eccetera. Sono molto presenti i
registri attenuanti del Corno di camoscio, Dulciana, Principalino.
Oltre al Ripieno Italiano, compaiono le Misture, le Fourniture, le
Sesquialtere. Ci sono registri violeggianti e di combinazione, nonché
103
ance dai 16’ai 4’. In alcuni organi, al Pedale si può trovare un registro
di 64’.
Questo schema fonico è giustificato dall’ingresso dell’organo nel
panorama concertistico, trovandosi installato non solo nelle Chiese,
ma anche nelle grandi sale da concerto. All’organo sinfonico-eclettico
si ispira prevalentemente l’arte organaria degli Stati Uniti d’America.
7.6.1
LA
QUESTIONE
DELL’ORGANO
A
CANNE
NELL’AUDITORIO “PARCO DELLA MUSICA” DI ROMA
Purtroppo, l’Italia è ancora indietro rispetto al resto del mondo.
Purtroppo neanche il progetto del 1995, dell’Arch. Renzo Piano, con
la collaborazione di una commissione tecnica di cui fanno parte
Tagliavini e Carnini, riguardante la costruzione di un organo
nell’Auditorio
“Parco
della
Musica”
di
Roma,
ha
trovato
realizzazione.
Probabilmente, il posizionamento di corpi fonici separati, distanziati
in modo inadeguato, hanno portato alla decisione di Luciano Berio di
far bloccare (o perlomeno sospendere) il progetto, agli inizi del 2000.
Per la verità, i giornali dell’epoca hanno reso note altre motivazioni,
che nuocciono all’immagine di Berio, tra le quali l’aver trovato
104
inadeguato un organo a canne in un luogo non sacro e la sua presunta
antipatia nei confronti dell’organo. (vd. Fig. 5)
Fig. 5 – Il progetto dell’organo a canne nell’Auditorium “Parco della Musica”,
Roma.
105
8. PROGETTARE UN ORGANO
106
Per progettare un organo a canne:
3. L’ambientazione acustico-architettonica orienta le scelte della
trasmissione, del somiere e della composizione fonica.
4. I Registri del I gruppo devono prevalere sugli altri.
I Registri del II gruppo sono complementari a quelli del primo.
I Registri del III gruppo non devono essere per forza
complementari, se ne può anche fare a meno, senza che ciò
incida sulla qualità dello strumento.
5. Bisogna tenere presente che nei Registri di I gruppo, gli
armonici superiori danno colore al timbro, mentre il timbro già
ricco di Flauti e Bordoni può ottenere solo arricchimento
cromatico dagli armonici superiori (questo è un problema di
sintesi sonora).
Per i Registri del III gruppo, invece, il problema che si pone è di
colore/amalgama.
Per le Ance, si può accogliere dall’estero la collocazione delle
Trombe in posizione orizzontale.
6. Un organo di proporzioni limitate può fare a meno dei Registri
violeggianti.
107
7. Per i Registri oscillanti, ne potrà bastare solo uno in un piccolo
organo: in tal caso, si preferisca la classica Voce Umana
battente col Principale. Se se ne potesse aggiungere un altro, si
pensi al Registro della Voce Celeste.
In organi grandiosi, possono essere inseriti Concerto Viole,
oppure Voci Eteree.
8. Nella scelta dei Registri, si tengano presenti i repertori
organistici, senza eccedere nel tentativo di realizzare un organo
da concerto “universale”, che rischia di far perdere una precisa
fisionomia allo strumento.
Nella progettazione, occorre osservare attentamente l’ambiente. La
lunghezza, l’altezza e la larghezza della chiesa, il tipo di volta,
l’eventuale cupola, se vi è una o più navate, il transetto, i cornicioni,
pilastri e colonne, spigoli e mensole, la fattura dell’altare ed il suo
arredamento (dai candelabri alle tovaglie), statue, arazzi e tappezzerie,
porte, finestre, banchi, pavimentazione e, non in ultimo, l’elemento
umano determinano un’incidenza sul fenomeno della riflessione
sonora. L’ambiente si comporta come una cassa armonica o come una
colossale canna d’organo. I materiali assorbono energia acustica
oppure la restituiscono sotto forma di risonanza.
108
A volte possiamo provare l’effetto della riverberazione, che si ha
quando le nostre orecchie percepiscono il prolungamento del suono
originale anche dopo che la sorgente sonora si è spenta, finché tale
suono gradatamente non viene più udito. Tale fastidioso fenomeno
(tanto più fastidioso se si dovesse eseguire, in un ambiente con un
lungo periodo di riverberazione, della musica polifonica o molto
rapida, perché le note si accavallerebbero e l’ascolto diverrebbe
confuso) si può evitare con alcuni accorgimenti, per esempio
installando dei pannelli fonoassorbenti.
L’eco e il rimbombo sono fenomeni di riflessione particolarmente
fastidiosi, che di solito avvengono in ambienti grandi, vuoti, spogli,
dove le onde sonore non vengono assorbite e “rimbalzano”.
Occorre anche evitare le interferenze. Se due onde, quella diretta e
quella riflessa hanno lo stesso movimento vibratorio, incontrandosi si
annullano. Ciò può accadere specialmente con suoni molto bassi, che
hanno onde lunghe, come il Subbasso 16’: il suono che si propaga
incontra la propria onda riflessa, si annulla e scompare, per poi
comparire all’orecchio a breve distanza.
109
9. CONTRATTO E COLLAUDO
110
Il contratto, stipulato tra committente (es. Amministrazione
ecclesiastica, oppure un istituto o un privato) e l’organaro, redatto a
norma di legge, deve specificare, con descrizione analitica, sia la
componente fonica, che la struttura meccanica dello strumento. In
particolare deve riportare:
a) il numero dei corpi d’organo, cioè dei manuali e della pedaliera;
b) numero e disposizione dei Registri per ciascun corpo d’organo;
c) materiale usato per la costruzione delle canne, del somiere e dei
mantici;
d) specificazione delle Combinazioni, degli Annullatori, dei
Dispositivi di comando e degli accessori;
e) tipo di somiere;
f) sistema di trasmissione;
g) descrizione della Consolle;
h) descrizione del basamento;
i) eventuali lavori di ebanisteria;
j) tempi e modalità di consegna;
k) costo dello strumento e definizione delle modalità di
pagamento.
111
Il prezzo dell’organo è stabilito in base al numero dei Registri reali, al
valore funzionale delle canne (non solo il valore venale dei tubi
sonori, ma il complesso delle strutture e dei fattori che necessitano alle
canne per suonare).
Il collaudo (che non va sostituito o confuso con il Concerto di
Inaugurazione) consiste nel:
a) verificare l’esattezza delle definizioni contrattuali;
b) verificare l’impiego dei materiali utilizzati per la fabbricazione
delle canne, dei somieri e dei mantici;
c) esprimere
un
giudizio
sull’intonazione,
l’accordatura,
l’amalgama, pregi/difetti dei vari registri;
d) controllare la rispondenza sonora dell’ambiente; rilevare
eventuali difetti e definire quali sono imputabili all’organaro e
quali sono indipendenti dalle sue responsabilità;
e) valutare le funzionalità dello strumento in rapporto ai suoi
compiti (organo liturgico, da studio o da concerto).
Sarebbe buona norma che il collaudo sia fatto sia in fabbrica, sia dopo
il montaggio in loco. Progettisti e collaudatori devono essere scelti in
112
accordo tra i due contraenti e devono essere periti sia dell’arte
organaria, sia dell’estetica organistica.
113
10. MANUTENZIONE E RESTAURO
10.1 - Manutenzione ordinaria.
10.2 - Manutenzione straordinaria.
10.3 - Conservazione, restauro e ripristino di organi antichi.
114
10.1 MANUTENZIONE ORDINARIA
Per mantenere un organo a canne efficiente, è sufficiente usarlo
spesso. L’inattività dello strumento è la prima causa del suo
deterioramento. Sono “nemici” dell’organo i seguenti agenti:
10.1.1 LA POLVERE
Essa si deposita ovunque, ma è particolarmente dannosa se si deposita
sulla bocca delle canne (anima), nell’ancia e nelle valvole dei somieri,
in cui arriva trasportata dal flusso del vento. L’uso frequente dello
strumento tiene in movimento i meccanismi e, se non altro, allontana
la necessità di una manutenzione.
10.1.2 I RAGNI
Se l’organo non suona spesso, è piuttosto frequente che il
malfunzionamento dello strumento possa essere causato dalle
ragnatele, che i ragni possono tessere indisturbati. Le ragnatele
diventano luoghi dove si depositano detriti ed insetti morti, che
precipitando, possono otturare piccole canne.
115
10.1.3 I TOPI
I topi sono molto pericolosi per l’organo perché divorano pelli, rodono
le canne di legno e di piombo, che ha un sapore dolciastro. A volte,
cadono all’interno dei padiglioni delle Trombe, rimanendo incastrati,
morendo soffocati, determinando il blocco della vibrazione dell’ancia
ed emanando fetore.
Per tenerli lontano, si usano veleni, sostanze dall’odore repellente
come l’acido fenico, ma la prevenzione è il modo più conveniente per
evitare questo danno: si può provvedere all’isolamento ermetico delle
basi dell’organo e del pavimento.
10.1.4 I PIPISTRELLI
I pipistrelli alloggiano tra le canne d’organo poco suonate. Se poi si
dovessero rivestire con un telone, essi depositano i loro escrementi, i
quali, venendo a contatto con le parti dello strumento, le bruciano e
dissolvono chimicamente.
116
10.1.5 AGENTI XILOFAGI
Insetti e funghi xilofagi possono determinare gravi danni alle strutture
lignee, che devono essere disinfestate, onde evitare il degrado di casse
e strutture di abbellimento.
Detto ciò, tenuto conto che polvere e ragnatele sono agenti con cui
conviviamo abitualmente, è bene sapere come provvedere ad una
corretta ed usuale manutenzione. Per esempio: sarebbe bene effettuare
le pulizie ordinarie con aspiratore e stracci umidi, spazzare la chiesa
con della segatura bagnata che assorbe la polvere e ne facilita
l’eliminazione; questa pratica è efficace anche per la manutenzione di
dipinti e dorature.
Oltre che ben pulito, l’ambiente che ospita l’organo a canne deve
anche essere ben arieggiato: l’eccesso di umidità o di secco sono
dannosi sia per i somieri e i mantici, sia per le canne.
L’organo va anche preservato dalle correnti dirette e dei raggi del sole.
Infine, bisogna proteggere l’organo dai fulmini, che sono attirati dalla
notevole massa metallica o creano danni tramite i collegamenti
117
elettrici. Non sono rari incendi provocati da corto-circuito o danni
irreversibili alle schede-madri o di memoria di organi elettronici.
Oltre che delle canne, un buon organista deve preoccuparsi di tenere
pulita e in ordine anche la Consolle: togliere la polvere, ma anche
annullare le registrazioni dopo aver suonato e lasciare aperte le griglie
delle casse prima di chiudere lo strumento, per fare in modo che
l’atmosfera interna sia uguale a quella esterna.
10.2 MANUTENZIONE STRAORDINARIA
La manutenzione straordinaria prevede prima di tutto l’accordatura
delle Ance, che un organaro dovrebbe effettuare più volte all’anno.
La pulizia dalla polvere e dalle ragnatele andrebbe effettuata almeno
una volta ogni dieci anni e da un buon organaro. A volte, affidare
questo compito a dei mestieranti può determinare danni molto gravi
allo strumento.
L’organaro dovrà essere interpellato anche se si rilevano difetti o
guasti, prima che lo strumento diventi in suonabile.
118
Se l’organaro si trova molto lontano, le chiese e le istituzioni vicine
possono stipulare un contratto collettivo di manutenzione, di modo
che l’organaro si muova una sola volta per tutti, con notevole
riduzione delle spese.
10.3 CONSERVAZIONE, RESTAURO E RIPRISTINO DI
ORGANI ANTICHI
Restaurare un organo antico, significa coniugare la necessità di
conservarne l’integrità con l’esigenza di riportare lo strumento alla
funzionalità sonora.
Nel caso degli organi storici, per determinarne il valore bisogna tenere
presenti l’età dello strumento e il suo valore artistico.
Per “antico” si intende uno strumento che sia stato costruito tra il ‘500
e gli inizi del ‘900. Spesso è accaduto che, divenuto in suonabile per
incuria, per ignoranza l’organo sia stato pure mutilato, vendendone
alcune parti o modificando, anzi deformando, le canne. Oggi, ci si
rende conto a volte dei danni fatti e si cerca di salvare il salvabile.
Molti strumenti sono oggetto di interesse della Sovrintendenza dello
119
Stato ai Beni artistici e culturali. La legge 1° giugno 1939, n. 1089
ritiene che siano strumenti di pregio quelli costruiti da autori non più
viventi e costruiti da oltre 50 anni.
Il restauro comporta problemi di ordine tecnico ed estetico quando ne
è oggetto un organo meccanico con somiere a tiro o a vento. Il
restauratore dovrà cercare di scoprire se lo strumento abbia subito già
degli interventi o addirittura delle manomissioni riparabili o
irreparabili. In genere, vale la regola del ripristinare un organo così
com’era stato costruito in origine, perciò è il caso di sapere cosa non si
deve fare:
1) Non modificare il diapason-corista dei vecchi organi. Oggi si
applica il corista ufficiale di 440 vib. doppie al secondo, ma non
è sempre stato così. Nel tentativo di abbassare il tono, alcuni
restauratori poco abili hanno aumentato le lunghezze d’onda,
facendo “scorrere” le canne e aumentandole tutte di mezzo
tono. Venendo a mancare quindi la prima canna, la si è
ricostruita ex novo, quindi si sono tagliate le sommità delle
canne ancora eccedenti, intervenendo sulla resa sonora, che alla
fine dei lavori, risultava più dura e velata.
120
2) Non sostituire i registri.
3) Non modificare la pressione originaria, cioè non modificare
l’assetto dei somieri.
4) Non modificare le trasmissioni meccaniche (per es., non
aggiungere leve Barker, non sostituire le manette laterali dei
registri con bottoni frontali…).
5) Non alterare le misure delle bocche delle canne.
Ovviamente, il lavoro dell’organaro deve essere monitorato in tutte le
sue fasi. Devono essere eseguite delle fotografie che documentino lo
stato di conservazione dello strumento prima di qualunque intervento,
fotografie il più possibile dettagliate, che forniscano informazioni su
fratture, tarlature, fessure, stratificazione di interventi passati.
È importante sapere che si applica anche al restauro degli strumenti
musicali la “Carta Italiana del Restauro”, del 1932, che è stata redatta
dal Consiglio Superiore per le Antichità e Belle Arti. Rifacendosi a
questo documento, va sottolineato che:
1) bisogna lasciare inalterati tutti quegli elementi che hanno un unico
carattere storico-artistico, perché si possa mantenere il principio
121
dell’unità stilistica. Ciò, per esempio, può voler dire che non si
possono apportare modifiche alle strutture lignee o alle cantorie.
2) Se si aggiunge del nuovo materiale, questo deve integrarsi con lo
stile costruttivo, salvo che le aggiunte non diano informazioni sul
lavoro di restauro che è stato effettuato. Questo è il principio che si
applica alle aggiunte apportate alle canne metalliche: è sempre più
frequente che gli organari mostrino le aggiunte alle canne preesistenti,
piuttosto che sostituirle con altre del tutto nuove (vd. Tavv. 2 e 3).
122
11. CENNI DI STORIA ORGANARIA
123
Per restaurare un organo e portarlo così come poteva essere
all’origine, o per trovare ispirazione per la costruzione di un organo
“in stile”, è bene conoscere la storia organaria. Alcuni organari hanno
realizzato degli strumenti con delle caratteristiche peculiari.
Gli Antegnati (Brescia, 1500):
10. inserirono Registri della Piramide maggiore (i Principali di 8’,
la Decimaquinta, la Vigesimaseconda, la Vigesimanona, anche
la Trigesimasesta; come mutazioni la Decimanona, la
Vigesimasesta, la Trigesimaterza) e della Piramide minore (la
piramide dei Flauti);
11. non vollero usare la Terza;
12. non inserirono il Fiffaro (registri oscillanti);
13. usarono canne solo di stagno e di piombo (non usarono il
legno);
14. tagliarono le canne sempre a cilindro (escluse, ovviamente, le
canne coniche, a caminetto, tappate);
15. il pedale non aveva registri autonomi;
16. impiegarono solo somieri a vento (un ventilabro per ogni
canna).
124
Giovanni Battista Facchetti (Brescia, 1500):
17. contrabbassi in metallo;
18. non c’è il Fiffaro;
19. diversamente dagli Antegnati, raddoppiò i registri di Ripieno
(Principale compreso).
A metà del sec. XVI, si costruirono organi con il Positivo Tergale. Il
fiammingo Hay inserisce un Tromboncino (registro ad ancia).
Per quanto riguarda l’Organo barocco italiano, l’organaro Hermans
inserì nell’organo classico italiano due sonorità complementari
dell’organo nordico:
20. le mutazioni in Terza;
21. le ance squillanti.
Egli rispettò tuttavia:
22. il Ripieno a file separate;
23. registri a file multiple del Cornetto e della Sesquialtera.
Ammirato dai suoi contemporanei, durante la riforma ceciliana gli fu
rimproverato di aver creato l’organo da concerto (opposto dell’organo
liturgico).
125
Contemporaneo di Hermans, fu Casparini, che si impegnò per
rafforzare la qualità timbrica.
Entrambi svilupparono le piramidi foniche del Ripieno e del Cornetto.
Nell’organo barocco italiano, riassumendo:
24. troviamo l’intonazione con le quinte superiori e le terze;
25. l’organo è a manuale unico;
26. la base piramidale è di 8 piedi.
La Scuola Veneta del ‘700 ha come fondatore Pietro Nacchini
(attivo dal 1727). Egli:
27. migliorò
la
meccanica
(fu
il
primo
a
realizzare
la
catenacciatura);
28. realizzò il prospetto delle canne a campata piramidale e ad ali
laterali;
29. costruì la cassa a grande fornice;
30. usò solo il Principale alla base della piramide sonora.
Gli organi Callido mancano di ance, hanno piccole tastiere, non hanno
registri orchestrali. Una sola base, il Principale largo, fa da
126
fondamento sia alla Piramide maschile (dei Principali) sia alla
Piramide femminile (dei Flauti e Bordoni).
L’organo romantico segue gli stili propri delle Scuole Nazionali.
Quello italiano deve essere adatto a tradurre la musica melodicosentimentale e bandistico-marziale, ispirata dalla musica operistica di
Rossini, Verdi, Bellini, Donizetti.
Queste caratteristiche furono perfettamente espresse dai Serassi
(famiglia di costruttori). I Serassi progettarono organi a due e a tre
tastiere, ma restarono legati alla tastiera unica con registri spezzati.
Giuseppe Serassi, il pioniere della famiglia, criticava gli organi esteri.
Il somiere serassiano era a vento (poteva così raccogliere un gran
numero di registri di un solo manuale), mentre i somieri a tiro usati
fuori dall’Italia dovevano essere di proporzioni ridotte. Da qui la
necessità di avere più tastiere.
Nel periodo tardo-romantico fu inserita la leva Barker.
127
12. IL SIGNIFICATO SIMBOLICO DELL’ORGANO
NELLA STORIA
12.1 - Organo: strumento per la liturgia o strumento da
concerto? Cosa ci insegna la storia?
12.2 - L’organo nell’antichità.
12.3 - L’organo nel Medioevo.
12.4 - L’organo nell’Umanesimo e Rinascimento.
12.5 - L’organo nel Barocco.
12.6 - L’organo nel Romanticismo.
12.7 - L’organo dal Novecento fino a noi.
128
12.1 ORGANO: STRUMENTO PER LA LITURGIA O
STRUMENTO DA CONCERTO?
COSA CI INSEGNA LA STORIA?
Da molto tempo si dibatte intorno alla questione se l’organo debba
essere considerato prevalentemente uno strumento liturgico (“lo”
strumento liturgico per eccellenza) o se esso possa essere pienamente
considerato come strumento da concerto. Il dibattito è piuttosto
animato, e talvolta assume i contorni di una vera e propria polemica,
anche perché ingloba un’altra spinosa questione, quella che riguarda la
figura dell’organista: nel primo caso, egli sarebbe un “ministro” della
liturgia (e con ciò la Chiesa giustifica la volontarietà della sua
funzione, accettando anche che chi suoni durante le celebrazioni non
sia proprio uno specialista); nel secondo caso, invece, la figura
dell’organista-concertista
chiederebbe
un
riconoscimento
professionale e artistico.
Per cercare una risposta, senza entrare nella querelle, è preferibile
analizzare la storia e cercare in essa il significato simbolico che
l’organo a canne ha assunto nelle diverse epoche, per trarre un’idea
che possa rivelarsi utile anche ai nostri giorni.
129
12.2 L’ORGANO NELL’ANTICHITÀ
È ben nota l’origine dell’organo nell’antico ύδραυλις o ύδραυλος
(Hydraulis o Hydraulos, letteralmente: aulos che funziona con
l’acqua), inventato da Ctesibio di Alessandria nel III sec. a.C.
Erone di Alessandria e Vitruvio lo semplificarono e descrissero tra la
fine del II sec. e l’inizio del I sec. a.C.
Ci sono pervenute diverse raffigurazioni degli Pneumatika di Erone e
di Vitruvio su mosaici, bassorilievi, medaglie; due esemplari di organi
vitruviani sono venuti alla luce negli scavi di Pompei e nell’antica
Aquincum (nell’attuale Ungheria).
Schema dell’Hydraulis di Erone e di Vitruvio
La neonata Chiesa cristiana sfruttò il potenziale sonoro dell’antico
Hydraulos: San Gerolamo, nel 400 d.C., menziona un organo che si
130
trovava nel tempio di Gerusalemme, il cui suono poteva essere udito
fino al Monte degli Ulivi, distante quasi un miglio.
L’organo era diffuso anche nell’antica Roma, sebbene utilizzato per la
musica profana: i Romani se ne servivano per allietare banchetti, per
accompagnare danze. Secondo la tradizione - e probabilmente
secondo un’erronea interpretazione dell’antifona di Introito della
Messa del giorno della festa di Santa Cecilia, vissuta a Roma tra il II e
III sec. - la santa sarebbe divenuta martire, avrebbe cioè affrontato le
torture, mentre “cantava il suono dell’organo”: “Cantantibus organis,
Cecilia virgo in corde suo soli Domino decantabat dicens: fiat
Domine cor meum et corpus meum inmaculatum ut non confundar”.
Per questo motivo, Essa è raffigurata con un organo portativo ed è
divenuta la patrona dei musicisti (vd. Tav. 4).
12.3 L’ORGANO NEL MEDIOEVO
L’organo asseconda pienamente la concezione della musica
nell’ambito della concezione più ampia del sapere medievale.
Dall’inizio del V secolo, quasi a cavallo tra l’età antica e il Medioevo,
la Musica è inserita tra le “artes” o “disciplinae” (le “arti liberali”) e
131
appartiene al “quadrivium” insieme alla Geometria, all’Aritmetica e
all’Astronomia.
L’organo
mette
insieme
tecnica
e
filosofia,
conoscenze geometrico-matematiche e teologiche, lasciando presagire
che la liturgia celeste sia immagine della liturgia terrena.
La data più importante della storia dell’organo è l’anno 757: fu allora
che
l’imperatore
dell’Impero
Romano
d’Oriente,
Costantino
Copronimo, donò a Pipino il Breve, re dei Franchi, un organo. Ben 22
cronisti raccontarono nei loro scritti questo episodio, ritenuto,
evidentemente, di significativa importanza.
L’organo a canne, grazie a questo dono, entra a far parte della storia
culturale europea ed assume un significato simbolico che perdurerà
nel tempo: l’organo diventa simbolo del potere imperiale, segno di
regalità, potenza e raffinatezza.
Nell’anno 826, in età carolingia, avvenne un fatto interessante,
descritto dal cronista Eginardo: “Venne un certo prete di Venezia,
chiamato Giorgio, che affermava di saper costruire organi;
l’imperatore (Carlo Magno, n.d.r.) lo mandò ad Aquisgrana col suo
tesoriere Tancolfo ed impartì l’ordine che gli fosse messo a
132
disposizione tutto quanto era necessario per costruire lo strumento”.
Tale Giorgio è il primo organaro di cui si abbia notizia!
La corte dei re franchi, a partire da Pipino il Breve fino al IX secolo
circa, fu un centro importante sia perché si perfezionò la costruzione
degli organi (dall’arrivo dell’organo bizantino fino alla commissione
organaria fatta al prete Giorgio di Venezia), sia perché si avviarono
varie riforme liturgico-musicali, che compresero il riordino dei canti,
l’invio di cantori e antifonari da Roma, la diffusione del cantus planus
(mozarabico in Spagna e Portogallo, anglicano in Inghilterra,
gallicano in Francia) fino a determinare la fusione tra il canto romano
e quello gallicano, da cui derivò il canto gregoriano.
Quando dalle raccolte chiese romaniche, in cui il canto gregoriano
echeggiava incontrastato, si passò alle imponenti cattedrali gotiche,
mentre il canto evolveva verso la polifonia, si sentiva anche la
necessità di reggere il suono delle voci con uno strumento che fosse
anche in grado di sottolineare lo splendore dei cerimoniali. L’organo,
nel Medioevo, era largamente impiegato nella pratica musicale
liturgica per un duplice motivo: esso non solo consentiva l’esecuzione
di melodie o l’accompagnamento di canti monodici, favorendone
133
l’intonazione, ma poteva realizzare comodamente un bordone12, un
pedale fisso di una singola nota o di due note.
A quell’epoca le dimensioni degli organi erano molto contenute, in
quanto gli strumenti disponevano di poche canne. Ne esistevano di
due tipi, entrambi sprovvisti di pedaliera, che comparirà nel 1400
circa:
31. Organo portativo, munito di una cinghia che permetteva di
tenere lo strumento a tracolla o di imbracciarlo; mentre la mano
sinistra azionava il mantice, la mano destra agiva sulla
minuscola tastiera (vd. Tav. 5).
32. Organo positivo, così detto perché doveva essere posato su un
ripiano (tavolo, panca, ecc.). Più grande del portativo, il
positivo aveva una maggiore estensione e quindi un maggior
numero di canne. Più pesante ed ingombrante, si trovava
all’interno della chiesa e poteva essere spostato solo all’interno
della stessa. Esso necessitava di una persona diversa dal
musicista per azionare il mantice (vd. Tav. 5).
12
Il suono lungo del bordone aveva anche lo scopo di indurre alla meditazione e all’estasi. In
molte religioni è presente l’intonazione lunga e ripetuta di un unico suono. Si pensi
all’intonazione della parola “Om” contenuta nel canto “Om Namah Shivaya”, della religione
induista. “Om Namah Shivaya” è uno dei mantra più celebri e recitati. Questa formula sacra di
origine sanscrita descrive l’aspetto personale di Dio ed è traducibile come “Signore, sia fatta la
tua volontà”, oppure “Signore, mi abbandono a te”.
134
L’organo portativo era di dimensioni ridottissime, composta da una o
due file di canne con una base di circa 2’ e due ottave di estensione.
Le tastiere erano puramente diatoniche, poiché il sistema musica di
riferimento era quello degli Octoechos, con la presenza del solo Si
bemolle (l’unica alterazione esistente nel canto gregoriano). Con
l’uso delle trasposizioni e l’evolversi della musica ficta, furono
aggiunti gli altri tasti cromatici. I tasti erano diversi da quelli che si
svilupperanno nel Rinascimento ed erano molto simili a leve o a
bottoni appoggiati su dei bastoncini (pironi) che premevano
direttamente i ventilabri. Le canne potevano essere di piombo, di
rame, di legno, di tela inamidata o persino di cartone; erano tutte dello
stesso diametro (il che provocava sicuramente uno squilibrio nella
sonorità, che sarà stata chiara e delicata nel registro grave, rotonda e
piena nel registro acuto), non si sa se fossero esclusivamente aperte o
se si usassero anche canne tappate. La loro accordatura doveva essere,
quasi certamente, pitagorica, come ammetteva la teoria dell’epoca.
L’unico mantice, a cuneo, era posto verticalmente dietro al somiere,
privo di pesi regolatori, ed era regolato esclusivamente dalla mano
sinistra del suonatore. La mano destra, perciò, non poteva che eseguire
una polifonia all’interno dell’ottava e ciò era un bene, perché data
135
l’accordatura per quinte giuste, non si pregiudicava l’intonazione del
canto, che prevedeva come unica forma polifonica l’organum, per
quarte o quinte parallele. Tuttavia, l’autonomia del mantice era non
superiore a quella di un cantore: il tempo di ricarica era brevissimo,
ma la corsa del mantice era corta, perciò il portativo assecondava le
esigenze di respirazione dei cantori.
Dell’organo portativo si ritrova, in organi successivi, la presenza di
canne costruite con materiali diversi dai tradizionali legno o metallo.
Persino in grandi organi dell’età barocca si trovano interi registri
costruiti con materiali insoliti. Per esempio, il Flageolet 2’ del IV
manuale del grande organo Gabler di Weingarten è costruito con
tavolette d’avorio; il Regale dell’organo Bonatti di San Tommaso
Cantuariense, a Verona, è fatto con tubi di cartone.
Verso la fine del IX secolo, l’organo entrò stabilmente nelle chiese ed
è parte integrante delle celebrazioni liturgiche. Risale all’872 una
testimonianza di papa Giovanni VIII, il quale scrisse al vescovo di
Frisinga, in Baviera: “Ti prechiamo, inoltre, di portarci o inviarci un
ottimo organo con l’artista che lo sappia suonare, per l’insegnamento
dell’arte musicale”.
136
Nei monasteri, l’organo fu perfezionato, arrivando a raggiungere la
conformazione moderna intorno all’anno 1000.
La prima descrizione del Ripieno si trova in un manoscritto ebraico
dell’XI secolo: “Dietro ogni canna mettetene un’altra dell’altezza di
una quinta. Se non disponete di una quinta, mettete dietro una canna
più piccola della più piccola della prima fila. Così dietro la prima fila
disporrete effettivamente altre canne che risultano ciascuna la metà di
quelle della fila fondamentale sia in taglia che in lunghezza e in
larghezza. E secondo l’importanza dello strumento, ponete a fianco di
ogni canna delle quarte, delle quinte, delle ottave”.
L’organo acquista sempre più uno status, divenendo re incontrastato
rispetto agli altri strumenti e acquistando una posizione di rilievo
all’interno della liturgia: la sonorità solenne dello strumento lo rende il
più adatto a trasferire preghiere e invocazioni a Dio per suo tramite.
L’organo acquisisce un particolare significato simbolico: esso
rappresenta il riflesso terreno del Soggetto Musicale Celeste, cioè Dio.
Quale macchina complessa, nella quale tutti i meccanismi hanno un
unico scopo: emettere il suono, l’organo è come la Grande Macchina
Celeste, ovvero Dio secondo la cosmologia cristiana. Secondo questa
137
concezione, la musica ha origine in Dio stesso e l’armonia della natura
fa parte dell’ordine celeste. Le rappresentazioni iconografiche di
angeli musicanti o di cori angelici che lodano Dio rappresentano il
movimento incessante dei corpi celesti, che in cerchi concentrici
descrivono orbite intorno all’unico Sole (l’idea dei cerchi concentrici
sarà utilizzata da Dante Alighieri nella sua descrizione del Paradiso,
nella Divina Commedia). È questa la teoria dell’armonia delle sfere,
secondo cui
i pianeti
ruotano secondo velocità
esprimibili
numericamente, con gli stessi rapporti numerici che Pitagora utilizzò
per ottenere i suoni (2:1 l’ottava, 3:2 la quinta, 4:3 la quarta e così
via).
L’organo, con il Ripieno, con la piramide sonora data dalla
sommatoria fonica dei registri di 8’, 4’, 2’, 1’, con aggiunta di suoni
sempre più acuti al suono di base, rappresenta l’ascesa dell’uomo
verso Dio, è l’immagine sonora dell’harmonia mundi, delle
proporzioni celesti.
138
12.4 L’ORGANO NELL’UMANESIMO E RINASCIMENTO
Dal 1450 in avanti l’organo sviluppò principalmente il sistema
dell’unico blocco, il Blockwerk, in cui non si potevano inserire a
piacere le file di canne tramite i registri. Ciò rafforza proprio quanto
appena detto: l’organo poteva suonare sempre e soltanto con il
Ripieno, cioè con la sua sonorità massima, perché lo scopo principale
del suo esistere nella liturgia consisteva nel raccogliere il desiderio
dell’uomo di raggiungere Dio e di portare al cielo questa preghiera:
note e incenso si elevavano insieme! Se le canne suonavano insieme,
l’organo poteva ben simboleggiare l’unità totale della Chiesa, così
come nell’universo l’armonia delle sfere funziona perfettamente
quando ogni corpo celeste compie il suo movimento rotatorio senza
sottrarsi alle leggi cosmiche. E così come ciascun pianeta compie la
sua orbita senza invadere l’orbita di un altro, così organo e coro, due
entità diverse e distinte, erano manifestazioni separate della musica
divina.
L’organo, nel 1500, non rivestiva il ruolo di accompagnamento a cui
siamo abituati a pensare oggi. Esso, già rivestito di significati regali,
in quanto simbolo del potere imperiale bizantino, arriva a diventare
139
rappresentazione terrena della musica generata dalla macchina
cosmica. Il Ripieno o il Regale (introdotto intorno al 1450, con canne
ad ancia, senza registri labiali) sono il simbolo della vita ultraterrena.
La collocazione in alto rispetto al piano su cui è basata la chiesa, in
arditissime cantorie, non si spiega soltanto con la necessità di ottenere
una buona resa acustica, ma anche allo scopo di ricordare che l’organo
è musicalmente la voce di Dio, creatore dell’armonia universale.
L’organo, fiero e magnifico, doveva docère, delectare e movère
(secondo i tre gradi della persuasio retorica). La sua musica doveva
raggiungere l’intelletto, doveva provocare emozione e commuovere
intensamente
l’animo
umano.
Ciò
riusciva
perfettamente
nell’alternatim, cioè nella prassi di alternare l’organo al canto.
L’organo pleno avrebbe reso impossibile intendere le parole dei canti:
ve ne era già una stupenda testimonianza di ciò nel IX canto del
Purgatorio di Dante:
Io mi rivolsi attento al primo tuono,
e Te Deum Laudamus mi parea
udire in voce mista al dolce suono.
Tale imagine a punto mi rendea
ciò ch'io udiva, qual prender si suole
140
quando a cantar con organi si stea,
ch'or sì, or no s'intendon le parole.
(Purgatorio Canto IX, vv. 139-145)
Qui si legge chiaramente che era prassi, già dal XIII secolo, l’uso di
alternare le voci all’organo. In questo modo, si eseguivano quasi tutti i
canti dell’Ordinarium Missae (Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus e Agnus
Dei), il Magnificat e gli inni. Questa prassi si è protratta fino al
Concilio Vaticano II, permettendo nel frattempo che fosse composta
una ricca letteratura di versetti d’organo e di Messe in alternatim.
Con la concezione di organo inteso come macchina celestiale, si entrò
nel Rinascimento. Mentre gli Antegnati costruivano un organo nella
Chiesa di S. Giuseppe, a Brescia, che completeranno nel 1581,
applicando il principio dei registri separati e del ripieno italiano, la
prescrizione liturgico-normativa imponeva di dar via alla celebrazione
con il suono del ripieno, come è attestato da moltissime fonti teoriche
e musicali dell’epoca. Le famose “Toccate avanti la Messa” (come
quelle di Frescobaldi) erano, nel contempo, un espediente sonoro per
caratterizzare la solennità del rito che stava per iniziare e
141
un’introduzione regale alla liturgia terrena, ad immagine della liturgia
celeste.
Dal 1500 in poi l’arte organaria, specialmente quella italiana,
raggiunse il suo culmine artistico. Nella costruzione dell’organo
confluirono tutte le arti: lignea, pittorica, architettonica: Si costruirono
strumenti-capolavoro: complesse cantorie, portelle protettive delle
canne dipinte da grandi maestri, casse lignee con la scritta “soli Deo
gloria”, per non dimenticare mai quale legame tenesse unito l’organo
a Dio.
Si delinea a questo punto un nuovo significato simbolico dell’organo:
la prassi dell’alternatim, unitamente alla magnificenza strutturale
dell’organo, esprime la lode universale.
Nel Rinascimento, persino la disposizione delle canne assunse un
significato simbolico. Ricordando che uno dei compiti dell’organo era
il delectare, e che pertanto lo strumento doveva essere anche una
meravigliosa macchina ornamentale, si iniziarono a costruire organi
con canne capaci di oltrepassare gli 8 metri di altezza, arrivando a
produrre la profondità del Fa2.
142
Anche la disposizione delle canne di facciata doveva rimandare a
significati precisi. Le canne raggruppate in torri di diversa altezza (che
più tardi ispireranno gli organi transalpini costruiti secondo il
Werkprinzip) lasciarono il posto a forme e disposizioni che
ricordavano la classicità greca e latina. La cassa d’organo medievale
cedette il posto a una trabeazione lineare sormontata da timpano e
retta da colonne, come un tempio greco. Oppure, si cercava di
rappresentare la conformazione di un tempio cristiano, in cui le navate
centrale e laterali erano rappresentate dalle campate delle canne: di
maggiore altezza quella centrale, più basse ai lati. A dilettare ancor
più ci pensò l’arte lignea e pittorica: oltre i fregi dorati, sulla cassa si
potevano trovare statue di santi, angeli musicanti, simboli vari
attinenti alle letture bibliche. La fonica assecondava il diletto
attraverso nuove risorse timbriche: il Fiffaro, la Voce Umana, i Flauti
di diverse altezze e certi registri; pur tuttavia, all’organo non vi era
destinata una musica specifica (specialmente per quanto riguarda la
musica profana), ma una produzione destinata anche ad altri strumenti
da tasto. Persino la tecnica organistica non era poi così tanto differente
da quella clavicembalistica, sebbene, a partire dalla metà del
Cinquecento, esse si andarono sempre più precisando.
143
Durante il XV secolo, si fece un uso sempre più sistematico degli
intervalli di terza in accordi che non fossero di passaggio e poiché la
terza pitagorica non era molto consonante, si sentì la necessità di
accordare leggermente calanti le quinte, per favorire una più
verosimiglianza delle terze alle “vere” terze maggiori. Nel secolo
successivo, il temperamento mesotonico divenne il sistema di
temperamento adottato in organaria, sistema che perdurò per oltre un
secolo. Il temperamento mesotonico aveva tuttavia un difetto: non
chiudeva esattamente il ciclo delle quinte, lasciando una quinta molto
crescente (la “quinta di lupo”, usualmente tra le note Sol# e Mib).
La novità del temperamento e la normativa liturgica rinascimentale e
barocca si intrecciano, fino a definire forme musicali e perfino tonalità
adatte alle funzioni del docère e del delectare dell’organo.
Proprio per evitare urti sonori con le voci del coro, la messa si apre
con una Toccata iniziale; al posto del Graduale vi è una Canzone dopo
l’epistola, e alla fine si conclude con un virtuosistico Capriccio.
La Messa, però, ha soprattutto il compito di celebrare il Sacrificio di
Cristo, pertanto la musica dell’organo deve movere, cioè trasportare
affettivamente, deve sottolineare il momento più drammatico del
144
mistero eucaristico. Il cromatismo del Ricercare cromatico dopo il
Credo di Frescobaldi esprime proprio la sofferenza; la Toccata per
l’elevazione esprime invece “li duri et aspri tormenti della passione”,
con tutte le dissonanze, i passaggi aspri e con la scelta dei registri
oscillanti.
Compito dell’organo e dell’organista era quindi “commuovere”,
favorire la devozione, che non era allora un atteggiamento mistico,
intimo, ma l’apparizione pubblica e solenne della “Maestà Divina”. A
sottolineare ancora di più l’emozione di alcuni tempi liturgici c’era
l’uso di aprire o chiudere, a seconda delle necessità, le portelle di
protezione delle canne dell’organo, due ante montate ai lati della
cassa. Normalmente, durante l’uso dello strumento, le portelle
venivano aperte, ma, durante i tempi di Avvento e Quaresima esse
erano lasciate chiuse. Durante l’annuncio della Nascita o della
Resurrezione di Cristo, le portelle venivano aperte, con un impatto
emotivo non indifferente: a parte la migliore prestazione sonora
dell’organo, si potevano ammirare pregevoli raffigurazioni di angeli
musicanti, di colori e forme che rimandavano all’armonia delle sfere e
a tutti i simboli della Chiesa universale.
145
12.5 L’ORGANO NEL BAROCCO
Il XVII secolo rappresentò l’età d’oro dell’organo. Lo strumento
diventò sempre più espressivo, si potevano realizzare passaggi
virtuosistici, furono incrementati i registri solisti, si perfezionò il
colore timbrico. L’organo influenzò il lavoro di D. Buxtehude e di J.
S. Bach (1685-1750). Non è un caso che il più grande compositore del
periodo barocco fosse anche il più grande compositore di musica
organistica. Diceva M. Bukofzer, uno dei musicologi più competenti
in materia di musica barocca, che “in Germania era dato all’organo il
posto più alto nella gerarchia degli strumenti musicali”.
I principi di base dell’organo tedesco si svilupparono nel barocco,
arrivando al Werkprinzip, che seguì l’evoluzione naturale dell’organo
medievale. Alla cassa principale furono aggiunti il Positiv o tergale e
torri di pedale separate. I due manuali erano nello stesso tempo
bilanciati e contrastanti.
La musica di J. S. Bach sta all’organo come quella di L. van
Beethoven sta all’orchestra. Proprio Beethoven, giocando sul
significato letterale del cognome Bach, che in tedesco vuol dire
“ruscello”, disse che J. S. avrebbe dovuto “chiamarsi Oceano, non
146
Bach”. La musica di Bach abbonda di simboli tradotti in note. La
musicologa tedesca Helga Thoene parla di gematria musicale” in
Bach. La gematria è il metodo per decifrare il nome da un numero,
sommando i valori numerici delle lettere dell’alfabeto ebraico. In
effetti, il nome BACH è traducibile in B.A.C.H., ovvero in un
semplice motivo musicale dato dal si bemolle, la, do, si bequadro: lo
stesso Johann Sebastian usa quel motivo per rappresentare il peccato e
la caducità dell’uomo; molti altri compositori gli faranno omaggio,
utilizzando lo stesso motivo.
Sul manoscritto del Clavicembalo ben temperato Bach inserì uno
strano ghirigoro (vd.
pag. 132). Il musicologo e clavicembalista
americano, Bradley Lehman, lo ha studiato a fondo, scoprendo che in
realtà si tratta di un Codice di accordatura particolare con tre quinte
larghe (che rappresentano la Trinità), quattro quinte giuste (la Terra
con i quattro elementi fondamentali) e cinque quinte strette (l’essere
umano è stato creato il quinto giorno, è materia, formato da quattro
elementi ma possiede una “quintessenza”, che è la sua aspirazione alla
perfezione, ad essere vicino a Dio). Così anche una questione
meccanica come l’accordatura diventa per Bach il modo per ottenere
un buon temperamento, nel senso più largo del termine. Bach è il
147
musicista teologo per eccellenza: nella sua musica l’equilibrio tra etica
ed estetica, tra vitalità e spiritualità, tra empatia e oggettività, è tanto
perfetto da renderla capace di travalicare il tempo, lo spazio e la
cultura stessa dei suoi ascoltatori, cercando di raggiungere la
dimensione dell’assoluto. Il teologo protestante Karl Barth ha detto
una volta che in Paradiso, quando il buon Dio si trova in riunione con
gli spiriti eletti, si suona Bach; quando però si ritira con gli angeli, per
i suoi momenti privati, allora si suona Mozart.
Dopo la morte di Bach, nel 1750, la tendenza filosofica comune si
orientò sempre più sull’Uomo, mentre fino ad allora si concentrava su
Dio. Se era vero che l’organo era lo strumento di Dio, non ci può
sorprendere constatare che sia l’organo che il suo repertorio
intrapresero un cammino in discesa con la stessa velocità con cui ci si
distaccò dall’idea della presenza di Dio nell’animo umano. Lo stesso
Bach, compositore inebriato da Dio, venne per molto tempo
dimenticato.
In Francia, l’opera e la danza, influenzarono, durante il tardo barocco,
lo stile musicale. L’età dei lumi, l’ateismo dilagante, condannano in
blocco il medioevo quale età di fanatismo e oscurantismo religioso e
148
rifiutano il Cristianesimo, perché ritenuto causa di superstizioni e
limitativo della libertà dell’uomo. Joseph Ratzinger, futuro pontefice
della Chiesa cattolica, scrive tuttavia che l’Illuminismo, proclamando
tre ideali che appartengono alla fede cristiana (libertà, uguaglianza e
fraternità) di fatto ha riproposto i valori originali del Cristianesimo in
un periodo in cui esso era diventato semplice tradizione e religione di
Stato.
L’organo fu trascinato nel vortice degli eventi ed iniziò una fase di
declino: la Grande Macchina Celeste perse i suoi significati simbolici
e non fu più fonte di ispirazione per gli scultori lignei e per i pittori.
Le casse-cantorie si impoverirono, nonostante restasse curato l’aspetto
fonico dell’organo.
12.6 L’ORGANO NEL ROMANTICISMO
Se nel Rinascimento e nel Medioevo l’organo si era meritato il titolo
di “re degli strumenti” (il primo a dare questa definizione fu G. Diruta
ne “Il Transilvano” del 1609), agli inizi dell’Ottocento l’organo
abbandonò il suo ruolo liturgico e diventò, come alle origini, uno
strumento profano. L’organo a canne inglobò in sé un’intera orchestra
149
o una banda. Gli organari si lanciarono in nuove avventure: arricchire
i timbri fino a che l’organo non diventasse in grado di imitare gli
strumenti principali delle moderne orchestre romantiche. Gli organari
inserirono registri come il Corno Inglese, il Flauto Traversiere, il
Corno da caccia, la Bombarda, l’Eufonio.
L’organo romantico assunse un nuovo significato simbolico: la sua
musica era decorativa, pertanto l’organo non doveva più limitarsi ad
alternare il suo intervento al canto gregoriano. Il nostro strumento
lasciò il suo ruolo di sostegno alla liturgia, per contribuire al successo
del melodramma. Nel XIX secolo, si eseguivano all’organo
trascrizione da opere e di brani popolari.
12.7 L’ORGANO DAL NOVECENTO FINO A NOI
La continua evoluzione tecnologica ha portato l’organo sempre più
lontano dalla sua originale concezione basata sulla trasmissione
meccanica tra il tasto e la canna. La “freddezza” del suono elettronico
e digitale ha fatto desiderare agli organisti di tornare verso gli antichi
principi costruttivi dell’organo.
150
Alcuni critici ritengono che la musica moderna per organo sia orfana
di repertorio dalla fine dell’età barocca, altri invece ritengono che vi
siano opere di grande valore per l’orecchio moderno. Tuttavia,
l’organo è sempre meno “voce” dei fedeli nelle celebrazioni
liturgiche, soppiantato da, talvolta, inascoltabili schitarrate pop, ma
non riesce neanche ad apparire come strumento tecnologicamente
nuovo, tanto è fissa la sua identità liturgica nel comune pensiero.
Oggi l’organo è ritenuto quasi uno strumento “da museo”: molte
chiese dimenticano di averlo, lasciandogli il solo ruolo di “riempire
l’edificio”, un ruolo che non riesce neanche ad essere decorativo,
perché il tempo lascia inevitabilmente i suoi segni.
Gli organari americani si sono invece spinti verso l’organo eclettico,
sul quale sia possibile eseguire “qualsiasi cosa”, dall’organo di
William Hill per la Cattedrale di Ely agli organi di Harrison &
Harrison, gli organi eclettici si sono posti lo scopo di permettere
l’esecuzione di un repertorio vastissimo, per epoche e stili, basandosi
sulla somma di varie “copie storiche”.
L’organo, in America, è uno strumento che si presta a varie situazioni:
è strumento delle grandi hall per concerti a cui affluiscono migliaia di
151
persone, o strumento liturgico per le celebrazioni di rito ebraico e
cristiano. Un capitolo è interamente dedicato alla musica liturgica dei
neri.
Si rifletta sul fatto che storicamente l’organo ha finito per
simboleggiare il culto cristiano in modo tale che esso è impiegato
come strumento liturgico nel rito ebraico, ma non si trovano tracce di
esso in altri grandi religioni, come l’islam, ad esempio.
152
13. OLTRE I CONFINI EUROPEI:
L’ORGANO IN AMERICA
153
Desiderosi di convertire gli Indiani del Nuovo Mondo alla Cristianità,
i missionari spagnoli riconobbero il valore della musica nei riti e nelle
cerimonie religiose. Gli Indiani d’America apprendevano con
entusiasmo i canti e le teorie della Chiesa cattolica e si applicarono nel
suonare strumenti di origine europea.
Quasi un centinaio di anni prima della fondazione della colonia del
New England, gli Spagnoli istituirono la prima scuola di musica in
Messico. La prima risale al 1524 ed il fondatore fu Pedro de Gante. Vi
si insegnavano vari strumenti musicali, ma ad un certo punto fu
necessario fare ordine. C’è un documento di fine Cinquecento in cui si
dice espressamente:
“invitiamo tutto il clero ad installare organi dappertutto, così
che gli strumenti indecoroso e improprio possano essere banditi
dalla chiesa. L'organo è lo strumento adatto per l'uso liturgico e
vogliamo che esso diventi universale in Messico”.
Dagli inizi del 1700, molti organi furono importati dalla Francia, altri
dalla Germania. Si racconta che prima che la Messa avesse inizio, gli
organisti francesi suonassero “La Marseillaise”. Nelle chiese delle
colonie inglesi, l’organo non fu inserito fino alla metà del XIX secolo:
si preferivano il flauto, il clarinetto, il fagotto, il violoncello. Nelle
154
colonie del sud, in Virginia, in Carolina, in Georgia, si affermò invece
sempre più questo strumento proveniente dall’Europa. La vita nel sud
delle colonie inglesi, si svolgeva per lo più nelle immense piantagioni.
I proprietari amavano che i loro figli imparassero la musica e
richiedevano che un tutore avviasse i bambini ad una precoce
istruzione musicale, affinché si distinguessero dai figli della gente più
semplice. Le tastiere e gli organi in particolare diventarono i simboli
di una classe sociale in via di espansione economica.
La diffusione della Chiesa luterana e di quella evangelica
contribuirono alla diffusione dell’organo a canne.
Nel 1739, a New York fu costruito un organo per la Trinity Church.
L’organaro era Klemm. Sebbene le dimensioni fossero contenute,
l’organo aveva alcune particolari caratteristiche: un Cornet e una
Sesquialtera, ma anche mutazioni come il registro 13/5. I manuali del
G.O. e del Positivo (detto Choir) erano di 57 tasti ciascuno. In origine,
non c’era una pedaliera; nel 1824 fu aggiunto un Subbasso con 18 tasti
al pedale.
È datato 1756 l’organo costruito da Richard Bridge nella King’s
Chapel di Boston, nel Massachussetts. Si tratta di un organo a tre
155
manuali, con una varietà notevole di registri: piramide dei principali e
dei flauti, registri di mutazione e ance, anche allo Swell e al Choir.
La musica d’organo americana degli inizi dell’Ottocento era
fortemente influenza da quella inglese, che a sua volta era dominata da
Handel e Mendelssohn. Ma vi erano anche compositori come Samuel
Wesley e Sir Edward Elgar.
Lo stile inglese era alla base della Chiesa Episcopale, ma ben presto
esso si mescolò allo stile di Franck e dei suoi successori. Su questa
scia si formarono organisti come Charles Ives, celebre per le sue
Variations on “America” e Anton Heiller, tedesco trapiantato in
America.
Fig. 6 – L’organo di Atlantic City.
156
Oggi in America si trova l’organo più grande del mondo: è l’organo
della Convention Hall di Atlantic City negli Stati Uniti d’America
(vd. Fig. 6). Questo gigantesco strumento fu costruito negli anni Venti
del secolo scorso e ha un’enorme Consolle, sebbene il numero dei
registri sia inferiore ad altri organi. Il progetto fonico fu steso dal
Senatore Emersone L. Richards, che seguì tutte le fasi della
costruzione dello strumento. Per costruirlo, la Midmer-Losh Organ
Company dovette assumere oltre cento addetti e tre tra gli ingegneri
più accorsati dell’arte organaria americana. La ditta costruttrice
dovette anche installare una fabbrica organaria in loco, poiché non era
possibile trasportare le gigantesche canne da 32 o da 64 piedi.
Fig. 7 – Le canne dell’organo di Atlantic City.
157
L’organo fu installato in una sala che può ospitare 41.000 persone a
sedere. In questa sala la voce dell’organo risuona anche durante
Conventions politiche o durante le elezioni di Miss America, o
durante le premiazioni dei campioni del Football americano.
I 22 corpi d’organo, riuniti in 8 gruppi di canne sistemati in punti
diversi della sala, ospitano i registri più svariati e stravaganti, come
per esempio Orchestra Reeds Gallery, oppure Percussion Division,
comprendente Arpa, Marimba, Xilofono.
Il registro più basso è il Diaphone Profunda di 64’. I comandi manuali
della Consolle sono 1439. I registri reali sono 1255. Le canne sono
33.112.
I dispositivi elettrici occupano ben 12 stanze.
I turisti possono effettuare un “giro turistico dell’organo” e visitare
tutti i corpi d’organo, purché abbiano a disposizione un tempo di circa
cinque ore.
158
14. L’ORGANO NELLE CELERAZIONI LITURGICHE
DEI CRISTIANI NERI
159
Le radici africane della musica gospel nera si ritrovano nelle grida e
nella danza sacra, che caratterizzano la musica nelle chiese e nei
movimenti religiosi dei neri.
Il grande patrimonio di musica e di riti religiosi si traduce molto
spesso in una sorta di unione tra sacro e profano, tra spiritualità
africana e liturgia e stili di vita afroamericani. Nei riti religiosi dei
neri, si avverte la coscienza della presenza di un Dio immanente,
presente e vicino all’uomo.
Descrizioni di elementi basilari del culto dei neri sono state raccolte (e
sono ancora in corso di raccolta) da vari membri di gruppi pentecostali
e altri gruppi religiosi, sensibili alle questioni teologiche e pratiche
della liturgica.
Se è vero che tutta la musica religiosa ha una natura teandrica (si
pensi al simbolismo sacro nella musica di Bach), ciò si riscontra anche
nella musica religiosa dei neri: se inni e cantici sono prodotti
concretamente dalla bocca dell’uomo, è tuttavia lo Spirito che
suggerisce al cuore dell’uomo parole e sentimenti. Le danze hanno un
significato simbolico-escatologico: essa rappresenta il cammino
dell’uomo verso Dio e di Dio verso l’uomo.
160
In America esistono (aggiungerei: tuttora) due stili distinti di musica
liturgica cristiana: quella cristiana, di qualunque confessione, purché
“bianca” e quella “nera”. Per capirne il motivo, dobbiamo risalire
all’epoca della deportazione degli schiavi. I neri catturati in Africa,
prima di salire sulle navi, dovevano rinunciare alla loro religione,
abbracciando forzatamente la religione cristiana. Essi venivano
battezzati in loco, ma, una volta arrivati nel Nuovo Mondo,
ritrovavano nelle letture bibliche la loro storia. L’esodo dall’Egitto, la
deportazione in Babilonia, la Passione di Cristo erano affini alla loro
triste condizione di schiavitù. Molti passi biblici e salmi parlano di
“danza” dedicata a Dio. Eccone due a titolo esemplificativo:
“Quando i cavalli del faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri
furono entrati nel mare, il Signore fece tornare sopra di essi le
acque del mare, mentre gli Israeliti avevano camminato
sull’asciutto in mezzo al mare. Allora Maria, la profetessa,
sorella di Aronne, prese in mano un tamburello: dietro a lei
uscirono le donne con i tamburelli e le danze”.
Esodo 15, 19-20 (La Bibbia, Nuova versione CEI, 2009)
“Lodatelo con tamburelli e con danze, / lodatelo sulle corde e
sui flauti”…
Salmo 150, 4 (La Bibbia, Nuova versione CEI, 2009)
161
La musica nera, oggi, prevede un largo uso della musica organistica.
Affianco a versioni tradizionali dello svolgimento del rito religioso,
che si usano per lo più nelle feste solenni, vi sono anche versioni
informali, più tipiche dei nostri giorni. Nell’elenco dei brani che si
eseguono durante un rito religioso nelle chiese cristiane protestanti
nere, l’organo ha dei ruoli solistici, ma può accompagnare un coro o il
celebrante. Nell’elenco dei momenti liturgici di una celebrazione-tipo
(riportati a fine capitolo) gli interventi musicali sono riportati in
corsivo.
Nella musica organistica delle chiese protestanti, specialmente nelle
chiese nere, è dato grandissimo spazio all’improvvisazione. Il punto di
maggior interesse è il Sermone (che sostituisce il momento
dell’Eucarestia di una Messa cristiana cattolica), allorché il Celebrante
(Worship Leader, alla lettera: Capo del Culto), pronuncia il suo lungo
discorso per illuminare o ammonire i fedeli. Durante il Sermone,
stacchi di organo, o brevi interventi corali, rafforzano, rendono
maggiormente incisive le idee fondamentali. Il saper improvvisare
permette all’organista di calibrare il proprio intervento, che non deve
essere troppo lungo per non spezzare il filo logico del sermone, ma
neanche troppo breve da non riuscire ad enfatizzarne i contenuti.
162
La scelta della registrazione deve essere varia e deve procedere in un
crescendo sonoro, facendo sì che la fine del sermone coincida con il
Tutti.
Per quanto a noi europei possa sembrare strano, l’organo a canne è
strumento di sostegno alla danza spirituale, spesso accompagnata
anche dal battito delle mani.
Fig. 8 – L’organista Diane Bish accompagna
un coro gospel.
163
TRADITIONAL FORMAL VERSION
INFORMAL OR CONTEMPORARY
VERSION
Organ Prelude
Prelude (Organ or Other Keyboard)
Announcements
Processional (optional)
Introit
Choral Praise (Led by a Team of Musicians)
Processional (Choir and Clergy)
Prayer
Invocation
Welcome
Doxology
Announcements
Welcome by Worship Leader
Congregational Response
Reading of Scripture
Hymn of Praise inno di lode
Greeting and Communal Fellowship
with Embraces and Handshakes
Pastoral Prayer
Congregational Song of Praise
Choral Response
Reading of Scripture
Congregational Singing (canto fedeli)
Or Anthem, Spiritual, or Other Special
Music by Choir
Anthem, Spiritual, or Other Special Music by
Choir (inno, spiritual)
Offertory
Offertory
Offertory Music
Offertory Music
Doxology
Choral Response
Congregation Singing
Baptism (with Singings)
Sermon
Hymn of Consecration
Occasionally replaced by Drama
Sermon
or Special Music Offering
Seasonal Oratorio
or Other Art Form
Often Replaces Sermon
Closing Song
Closing Hymn
Benediction
Benediction
Recessional (occasionally)
Choral Response
Recessional
164
15. L’ORGANISTA LITURGICO OGGI
165
Nell’antica Grecia, la musica fu per la prima volta considerata forma
d’arte, capace di agire sugli stati emotivi. Per gli antichi filosofi, la
domanda principale riguardante l’estetica era: cos’è il bello?
Ai nostri giorni, invece, in cui tutto deve avere una ragion d’essere ed
una funzione, la domanda è: a cosa serve la musica?
Dovremmo
forse
staccarci
dalle
idee
consumistiche
che
accompagnano anche la fruizione e la composizione della musica e
rileggere il trattato Del bello e del sublime, scritto in epoca
alessandrina, da Cassio Longino. Sublime è ciò che porta all’estasi,
non ciò che si sforza di convincere; è il bello con valenza morale.
In un momento storico in cui i valori morali sono messi
continuamente in discussione, l’organista liturgico dovrebbe porsi il
fine non solo di farsi da tramite tra l’assemblea e Dio, traducendo in
espressione sonora l’espressione dei sentimenti, delle più profonde
preghiere dell’assemblea stessa, ma anche di fornire una possibilità di
crescita culturale, attraverso l’avvicinamento al “Re degli strumenti”,
come fu definito l’Organo a Canne da Diruta e da Mozart, e al Canto
Gregoriano, riconosciuto dalla Chiesa Cattolica come il “canto proprio
della liturgia romana”.
166
Così si esprime la Costituzione sulla Sacra Liturgia “Sacrosantum
Concilium”, del 4 dicembre 1963, firmata da Papa Paolo VI, in merito
al Canto Gregoriano e alla Musica Liturgica:
Canto gregoriano e polifonico
116. La Chiesa riconosce il canto gregoriano come canto proprio
della liturgia romana; perciò nelle azioni liturgiche, a parità di
condizioni, gli si riservi il posto principale. Gli altri generi di
musica sacra, e specialmente la polifonia, non si escludono
affatto dalla celebrazione dei divini uffici, purché rispondano
allo spirito dell'azione liturgica, a norma dell'art. 30.
117. Si conduca a termine l'edizione tipica dei libri di canto
gregoriano; anzi, si prepari un'edizione più critica dei libri già
editi dopo la riforma di S. Pio X. Conviene inoltre che si prepari
un'edizione che contenga melodie più semplici, ad uso delle
chiese più piccole.
Il canto gregoriano educa al controllo della propria emissione sonora,
sviluppa una certa flessibilità, fa adeguare la respirazione alla parola
da pronunciare, mette al centro il testo, più che la musica, ma la
musica non resta secondaria al testo cantato. È tradizione della chiesa
romana, ma è anche il canto liturgico più bello e dignitoso, che
rispetta la Parola proclamata, corrisponde al senso del mistero
celebrato.
167
L'organo e gli strumenti musicali
120. Nella Chiesa latina si abbia in grande onore l'organo a
canne, strumento musicale tradizionale, il cui suono è in grado
di aggiungere un notevole splendore alle cerimonie della Chiesa,
e di elevare potentemente gli animi a Dio e alle cose celesti.
Altri strumenti, poi, si possono ammettere nel culto divino, a
giudizio e
con il
consenso della competente
autorità
ecclesiastica territoriale, a norma degli articoli 22-2, 37 e 40,
purché siano adatti all'uso sacro o vi si possano adattare,
convengano alla dignità del tempio e favoriscano veramente
l'edificazione dei fedeli.
L’organo, come è affermato in più di un’enciclica, è ritenuto lo
strumento musicale più adatto alla liturgia. Forse per quella naturale
lontananza tra l’organista e la parte vibrante dello strumento, perché
aggiunge splendore, ma anche dolcezza alle cerimonie della chiesa.
Esso si fa “eco” dell’assoluto, è difatti figura allegorica della Santa
Chiesa di Dio: come le molteplici forme, le svariate composizioni
foniche danno una sola sonorità, così (parafrasando l’apostolo Paolo
nella prima lettera ai Corinzi 12,4) tanti sono i carismi, ma uno solo è
lo Spirito.
168
Padre Anselmo Susca ha descritto i ruoli dell’organo e dell’organista
con una bellissima immagine: l’organo è un altare e l’organista è un
sacerdote che raccoglie i sentimenti dei fedeli e li eleva a Dio.
L’organista quindi deve avere specifiche competenze musicali, tra le
quali una certa conoscenza del repertorio organistico, capacità di
improvvisazione, conoscenza delle esigenze liturgiche, per poter
assicurare decoro della sacra celebrazione, secondo la natura delle
varie parti della celebrazione, il tempo liturgico, la solennità di un rito.
Per esempio, non si deve confondere la Messa solenne, con la Messa
cantata o la Messa letta.
Pur tuttavia, tornando al fatto che l’organista può ritenersi una specie
di sacerdote, l’organista non deve sostituirsi al vero sacerdote e
l’organo non deve distogliere i fedeli dal vero altare. L’organista ci
riuscirà se farà sacrificio di se stesso, della tentazione di mostrare le
proprie abilità, la propria personalità.
È stato anche detto: se l’intervento musicale non apporta alla liturgia
maggiore vita spirituale, è meglio che taccia. Lo stesso Papa
Benedetto XVI lo ha ribadito: piuttosto che un brutto canto o una
musica inadeguata o mal suonata, meglio il silenzio. I brutti canti,
accompagnati dall’organista liturgico con semplici successioni
169
armoniche, solo perché ritenuti orecchiabili, non è vero che
coinvolgono di più l’assemblea. Di fatto, le chiese si svuotano, i
giovani trovano che i canti “pop” siano brutta musica pop.
Non è da poco anche elencare alcune responsabilità dell’organista
liturgico (che, ci si augura, sia un organista che abbia compiuto studi
completi dello strumento):
- Educare le nuove generazioni alla bella musica.
- Far ascoltare a chi la musica la ascolta solo la domenica durante
la messa un bel pezzo musicale.
- Educare all’ascolto e all’attenzione.
L’organista liturgico deve prendere coscienza che la sua musica può
diventare mediazione tra la Parola di Dio e il cuore dell’uomo,
travalicando la dotta disciplina esegetica o il moralismo. La musica è
la forma di linguaggio che ha come scopo l’infinito (parafrasando il
romantico Hoffmann), perciò l’intervento organistico durante una
celebrazione abbandona il puro tecnicismo per entrare nel misticismo.
La musica nella liturgia diventa preghiera e l’organista sintetizza la
preghiera del popolo di Dio. Egli rifugge gli effetti sbalorditivi del
concertismo e piega la sua musica al fiammeggiare degli aneliti, delle
agonie, delle ansie, ma anche dei desideri, dei sogni, delle gioie, che
170
ogni uomo prova durante la propria vita ed affida alla Grazia divina,
affinché con il suo intervento misericordioso trasformi ogni dolore in
Salvezza e moltiplichi la gioia per l’eternità.
171
Ringraziamenti
Il primo ottobre 2012, si è spento dopo una lunga sofferenza il mio caro Maestro e
padre spirituale Dom Anselmo Susca, monaco benedettino dell’Abbazia Madonna
della Scala di Noci, fondatore del Centro Studi di Musicologia Liturgica “Novum
Gaudium” e Vicario del nascente Conservatorio di Monopoli, all'epoca in cui il
M° Nino Rota dirigeva la sede centrale del conservatorio di Bari.
Dal 2006 fino alla sua morte, sono stata al
suo fianco come obbediente collaboratrice,
potendo oggi testimoniare direttamente la
sua bontà, la sua grande intelligenza, la sua
forza interiore che, nonostante la malattia,
gli ha permesso di tenere persino dei corsi
di canto gregoriano nel recente seminario
estivo da lui organizzato in abbazia.
Quante volte gli ho detto che avrei tanto
desiderato che esistesse una specie di “cavetto
USB” per fare un download di tutto ciò che lui
aveva nella sua mente e lui mi rispondeva:
"Bimba, puoi prendere da me tutto quello che
vuoi".
La parte della mia storia in cui è presente Padre
Anselmo è la parte più bella della mia vita.
Era un mio grande desiderio che nel giorno in cui
avrei sostenuto l’esame finale degli studi di
Laurea di II livello in Discipline Musicali,
indirizzo Organo Solistico, lui fosse fisicamente
presente e potesse ascoltarmi, per poi ringraziare
insieme la patrona dei musicisti Santa Cecilia,
rivolgendo alla santa il nostro canto dell’antifona gregoriana a lei dedicata e che
Padre Anselmo tanto amava. So che egli continua a farmi sentire la sua presenza
silenziosa.
A Padre Anselmo Susca è dedicato questo mio lavoro di tesi ed il mio esame
finale d’organo.
Desidero inoltre ringraziare tutti i docenti, in particolare il Relatore, Chiar.mo M°
Ciliberti, che nel corso delle sue lezioni ha aperto la mia mente verso nuovi
percorsi di studio e d’indagine nel campo della storia e dell’estetica della musica;
Padre Gregorio Santolla o.s.b. dell’Abbazia di Noci, per tutti i consigli ricevuti nel
corso dei miei studi; la mia famiglia, Giuseppe e i miei figli Eleonora, Giovanni e
Angela Maria, per avermi sopportata e supportata con il loro amore in questi anni
in cui ho sottratto loro del tempo per dedicarmi allo studio.
172
Bibliografia
Alighieri, Dante. Divina Commedia.
Bossi-Tebaldini. Metodo per organo. Milano: Carisch, 1893.
Cavaillé-Coll, Aristide. «Etudes expérimentales sur les tuyaux d'orgues.» Paris,
1860.
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Diruta, Girolamo. «Transilvano.» 1609.
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(collana "Nuovo Mondo"), 1963.
Isacoff, Stuart. Temperamento - Storia di un enigma musicale. Torino: EDT, 2005.
La Bibbia, Nuova versione CEI. Cinisello Balsamo (Milano): EDIZIONI SAN PAOLO,
s.r.l., 2009.
Mammarella, Alberto. L'antico organo Luciano D'Onofrio (1791). Pizzoferrato:
Parrocchia "San Domenico" di Pizzoferrato, 2003.
Mersenne, Marin. Harmonie universelle. 1636.
Mischiati, Oscar. «L'organo italiano tra storia e arte.» Quaderni, 1988: 30-39.
Moretti, Corrado. L'organo italiano. Monza: Casa Musicale Eco, 1973.
Peter Williams, Barbara Owen. The Organ. W W Norton & Co Inc, 1998.
173
Sizia, Giacomo. I grandi maestri dell'intonazione. Torino, 1928.
Sovik, E. A. Meeting House Essays. Liturgy Training Publications, 1991.
Tagliavini, Luigi Ferdinando. «Nuove vie dell'arte organaria italiana.» L'Organo,
1961: pag. 86.
Wilson Costen, Melva. In spirit and in truth: the music of African American
worship. Westminster John Knox Press, 2004.
Zanetti Roberto, La Musica Italiana, Busto Arsizio, Bramante Editrice, 1985.
Sitografia
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www.oradimusica.it/sitopub/seconda/organo/organo.pdf (per immagini relative
all’organo medievale)
http://it.wikipedia.org/wiki/Pagina_principale
http://www.olir.it/areetematiche/15/documents/SacrosanctumConcilium-It.PDF
174
Sommario
PREMESSA
pag. 2
1. L’ORGANO A CANNE
pag. 13
L’organo a canne. I materiali.
2. FONICA DELL’ORGANO
pag. 19
La Consolle. Le Canne. La Trasmissione. La Manticeria. I Somieri. I
Registri.
3. ESTETICA DELLA REGISTRAZIONE
pag. 58
Amalgami e contrasti. Alcuni esempi di registrazione.
4. IL TOCCO ORGANISTICO
pag. 67
5. GRANDEZZA E PROSPETTO
DEGLI ORGANI ITALIANI
pag. 74
6. TEMPERAMENTO
pag. 81
7. SCHEMI FONICI
pag. 99
Organo classico. Organo barocco.
Organoneoclassico. Organo romantico. Organo
romantico-orchestrale. Organo sinfonico-eclettico.
8. PROGETTARE UN ORGANO
pag. 106
9. CONTRATTO E COLLAUDO
pag. 110
175
10. MANUTENZIONE E RESTAURO
pag. 114
Manutenzione ordinaria.
Manutenzione straordinaria. Conservazione,
restauro e ripristino di organi antichi.
11. CENNI DI STORIA ORGANARIA
pag. 123
12. IL SIGNIFICATO SIMBOLICO DELL’ORGANO
NELLA STORIA
pag. 128
Organo: strumento per la liturgia o strumento da
concerto? Cosa ci insegna la storia?
L’organo nell’antichità. L’organo nel Medioevo.
L’organo nell’Umanesimo e Rinascimento.
L’organo nel Barocco. L’organo nel Romanticismo.
L’organo dal Novecento fino a noi.
13. OLTRE I CONFINI EUROPEI:
L’ORGANO IN AMERICA
pag. 153
14. L’ORGANO NELLE CELERAZIONI LITURGICHE
DEI CRISTIANI NERI
pag. 159
176
15. L’ORGANISTA LITURGICO OGGI
pag. 165
RINGRAZIAMENTI
pag. 172
BIBLIOGRAFIA
pag. 173
SITOGRAFIA
pag. 174
177
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