UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DEL PIEMONTE ORIENTALE “A. AVOGADRO”
Dipartimento di Medicina Traslazionale
in collaborazione con
Università Cattolica del Sacro Cuore e Università di Milano Bicocca
MASTER IN SCIENZE DELLA PREVENZIONE MSP-ASPP
ADVANCED SCHOOL OF PREVENTION AND HEALTH PROMOTION
Analisi dell’efficiacia di interventi volti a migliorare le
abitudini alimentari e l’attività fisica quali fattori di
rischio in campo oncologico con particolare riguardo ai
tumori intestinali ed al tumore della mammella.
Giancarlo FARAGLI
Anno accademico 2012-2013
Indice
Abstract
pag. 2
Capitolo 1
Introduzione
pag. 3
Capitolo 2
Materiali e metodi
pag. 8
Capitolo 3
I tumori della mammella e del colon retto
pag. 9
Capitolo 4
I fattori di rischio del tumore della mammella
pag. 14
Capitolo 5
I fattori di rischio dei tumori del colon retto
pag. 16
Capitolo 6
Alimentazione e cancro
pag. 18
Capitolo 7
Attività fisica e cancro
pag. 24
Capitolo 8
Risultati
pag. 26
Capitolo 9
Discussione e conclusioni
pag. 30
I.
Ringraziamenti
pag. 32
II.
Bibliografia
pag. 33
-1-
Abstract
Obiettivi: Lo studio ha lo scopo di analizzare l’efficacia di interventi volti a migliorare le abitudini
alimentari e l’attività fisica quali fattori di rischio in campo oncologico, con particolare riguardo ai
tumori intestinali ed al tumore della mammella.
Materiali e metodi: per questo studio sono stati utilizzati i dati provenienti dall’analisi della
letteratura derivante dall’interrogazione di PubMed, della Cochrane Library e dai risultati del più
grande Studio europeo (EPIC) oltre che di altri Studi messi in atto in Italia ed in altri Paesi. Sono
stati selezionati i dati a partire dal 2009 ad oggi.
Gli argomenti presi in considerazione fanno riferimento al tipo di alimentazione oppure all’attività
fisica come fattori di rischio (o di protezione) rispetto all’insorgenza del cancro del colon retto o
della mammella.
Sono stati valutati i fattori di rischio per entrambe le patologie e successivamente studiate le
implicazioni rispetto ai due tipi di tumore; sono stati scelti l’alimentazione e l’attività fisica in
quanto pare maggiormente e più realisticamente intervenire per una programmazione successiva di
interventi di promozione della salute e di cambio delle abitudini da parte della popolazione
interessata.
Risultati: appare scontata una relazione diretta tra l’alimentazione ed i due tipi di patologia
neoplastica presi in considerazione; vale egualmente per l’attività fisica.
Sono state individuate possibili associazioni tra fattori legati alla dieta e lo sviluppo di tumori; sono
stati anche individuati i meccanismi biologici con i quali l’insorgenza del cancro parrebbe essere
legata, sia per il colon che per la mammella. Anche il ruolo dell’obesità, inducente Sindrome
Metabolica, parrebbe implicato nella genesi del cancro, da sola o associata all’adiposità
addominale.
L’attività fisica ha una ripercussione su diverse funzioni biologiche che possono influenzare
direttamente il rischio di cancro; non solo per l’insorgenza, ma anche per la prevenzione delle
recidive.
La riduzione del rischio varia tra il 20-30% fino al 40% sia per il cancro del colon che per quello
della mammella.
Conclusioni: lo studio ha confermato la relazione diretta esistente tra l’alimentazione, l’attività
fisica ed i tumori dell’intestino e della mammella. Ha messo in evidenza i meccanismi biologici con
i quali tali interazioni avvengono.
Tutti gli studi esaminati e presi in considerazione hanno messo in evidenza come siano da ritenersi
efficaci gli interventi con i quali si cerca di modificare gli atteggiamenti ed i comportamenti legati
alle abitudini alimentari e/o all’implementazione della giusta quantità di attività fisica.
Ciò è significativo e dotato di evidenza scientifica sia per i tumori intestinali che per quelli della
mammella.
Il lavoro rappresenta la base di partenza per l’implementazione di un progetto di sensibilizzazione e
monitoraggio della popolazione afferente agli screening oncologici, all’interno del territorio della
nostra ASL.
Le donne che afferiscono alla prevenzione dei tumori della mammella e gli uomini e le donne che
afferiscono a quella dei tumori intestinali, potranno cogliere il momento utile e propizio (teacheable
moments) per approfittare di un intervento di promozione della salute loro dedicato.
-2-
Capitolo 1
Introduzione
Epidemiologia
LA RIVOLUZIONE EPIDEMIOLOGICA DEL XX SECOLO
ITALIA, DATI DI MORTALITÀ GREZZI
1407
500
Decessi per 100.000
A partire dal secolo scorso è cominciata, nei Paesi
maggiormente industrializzati, la cosiddetta “transizione
epidemiologica” che ha determinato il passaggio da uno scenario
in cui le principali cause di morte e di disabilità erano da
attribuirsi alle malattie infettive, ad uno in cui l’importanza di
queste ultime è andata sempre più diminuendo con il
contemporaneo aumento di quella delle malattie non infettive.
CARD + CER
400
300
TUM
200
100
RESP
ACC
DIG
INF
0
1900
1910
1920
1930
1940
1950
1960
1970
1980
1990
EMS
2000
S. De Flora, A. Quaglia, C. Bennicelli e M. Vercelli, FASEB J., 2005
modificato da G. Faragli , 2006
Con caratteristiche simili, il processo si sta ora ripetendo in tutti
quei Paesi che stanno lentamente incrementando il proprio sviluppo socio-economico.
Proprio in questi giorni AIOM ed AIRTUM hanno presentato la mappa dei dati aggiornati rispetto
ai tumori nel nostro Paese: persiste lo squilibrio territoriale Nord-Sud con il paradosso del
Settentrione più colpito e del Meridione meno brillante nella sopravvivenza che si attenua ma non
scompare: ogni giorno in Italia si scoprono circa 1.000 nuovi casi di cancro.
Si stima che nel nostro Paese, nel corso dell’anno, ammaleranno di cancro circa 364.000 italiani,
2.000 in più rispetto al 2012 (56% maschi e 44% femmine).
Tutto ciò anche se negli ultimi anni sono complessivamente migliorate le percentuali di guarigione:
il 61% delle donne ed il 42% degli uomini è vivo a cinque anni dalla diagnosi. Quasi il 70% dei
tumori infatti, potrebbe essere prevenuto o quantomeno diagnosticato in tempo se tutti adottassero
stili di vita corretti ed aderissero alle campagne di screening promosse e proposte dalle Regioni
italiane.
Incidenza
Nel corso della vita circa un uomo su 2 ed una donna su 3 ammalerà di tumore.
Il tumore in assoluto più frequente (ad eccezione di quello della cute) è quello del colon retto (14%)
seguito dal tumore della mammella (13%), della prostata (11% solo nel sesso maschile) e del
polmone (11%).
Ad esclusione dei carcinomi della cute, i cinque tumori più frequentemente diagnosticati fra gli
uomini sono il tumore della prostata (20%), il tumore del polmone (15%), il tumore del colon retto
(14%), il tumore della vescica (10%) e quello dello stomaco (5%); e tra le donne, il tumore della
mammella (29%), il tumore del colon retto (14%), il tumore del polmone (6%), il tumore del corpo
dell’utero (5%) e quello della tiroide (5%).
L’incidenza dei tumori aumenta tra gli uomini ed è stabile invece tra le donne, mentre il
contemporaneo invecchiamento della popolazione porta inevitabilmente ad un aumento consistente
delle nuove diagnosi.
L’Italia presenta una frequenza di neoplasie sia per gli uomini che per le donne, molto simile a
quella dei Paesi del Nord Europa o degli Stati Uniti.
Mortalità
I decessi dovuti a tumori maligni sono stati quasi 175.000 nel corso del 2012 (99.000 uomini e
76.000 donne).
La mortalità per tumore è in riduzione in entrambi i sessi, anche se l’invecchiamento della
popolazione tende a nascondere questo fenomeno.
-3-
Tab 1.1 –Tipi di tumori più frequentemente diagnosticati in Italia
Tab2.1 - Tabella delle prime cinque cause di morte in Italia
Sopravvivenza
La sopravvivenza dopo la diagnosi di tumore appare come uno dei principali indicatori che permette
di valutare la gravità della malattia sulla base di studi epidemiologici e l’efficacia del sistema
sanitario. La sopravvivenza è fortemente influenzata dalla diagnosi precoce e dalla terapia.
Nel primo caso, la maggiore possibilità di diagnosi precoce e conseguentemente di terapie efficaci è
fortemente in relazione ai Programmi di screening (mammella, cervice uterina e colon retto); nel
secondo caso l’incremento della sopravvivenza è dovuto agli sviluppi delle terapie oncologiche,
come ad esempio la recente introduzione di molecole a bersaglio molecolare.
La sopravvivenza libera da malattia a cinque anni dalla diagnosi è pertanto divenuto un indicatore
ampiamente entrato nell’uso comune. In Italia la sopravvivenza dei malati di tumore continua ad
aumentare, ma al Sud è di 4-10 punti percentuali più bassa che al Centro-Nord.
Se si considera l’insieme di tutti i tumori (esclusi quelli di vescica e cute), la sopravvivenza a 5 anni
dalla diagnosi dei malati oncologici in Italia è pari al 50% per gli uomini e al 60% per le donne.
Questo dato è superiore alla media europea ed è simile a quello registrato nei Paesi scandinavi,
mentre è inferiore a quello degli Stati del Nord America.
Tra il 1990 e il 2007 il periodo di permanenza in vita dei malati di cancro in Italia è aumentato del
14% per gli uomini e del 9% per le donne. Questo importante miglioramento permane anche a
distanza di 10 e 15 anni dalla diagnosi.
La sopravvivenza a 5 anni per i tumori di maggiore impatto sociale mostra che a fianco di neoplasie
a buona prognosi permangono ancora tumori a prognosi infausta:

la sopravvivenza è alta per alcune sedi tumorali quali tiroide (94%), mammella della donna
(87%), prostata (89%), cervice uterina (61%) e colon-retto (58%);
-4-

è inferiore al 50% per le leucemie considerate nel loro insieme (43%) e per il tumore dello
stomaco (29%);

ed è al di sotto del 20% per fegato (14%) e polmone (13%).
Negli uomini la sopravvivenza a 5 anni è di circa 10 punti percentuali più bassa rispetto a quella
delle donne. Nella gran parte dei tumori maligni la sopravvivenza appare inversamente
proporzionale all’età.
Prevalenza
La prevalenza corrisponde al numero di persone che, nella popolazione generale hanno avuto una
diagnosi di tumore.
E’ condizionata sia dalla frequenza con cui ci si ammala sia dalla durata della malattia
(sopravvivenza).
In Italia circa il 4% della popolazione (2.250.000 persone) sono risultati affetti da tumore. Il 44% è
rappresentato da uomini ed il 56% da donne.
Tra gli uomini, ai primi cinque posti per frequenza ci sono soggetti con precedente diagnosi di
tumore della prostata (22%), vescica (18%), colon retto (15%), tumori della testa e del collo (9%) e
polmone (6%).
Tra le donne il tumore della mammella è di gran lunga il più rappresentato (42%), seguito da colon
retto (12%), corpo dell’utero (7%), tiroide (5%) e cervice uterina (4%).
La probabilità di ammalare dipende da un’infinità di fattori, dalla frequenza della malattia
alla predisposizione genetica; certamente dalla presenza di particolari fattori di rischio anche
legati agli stili di vita delle singole persone.
Particolare rilevanza riveste, peraltro, lo Studio relativo all’analisi dell’andamento della
mortalità per alcune cause tumorali (totali e specifiche) nella ASL della Provincia di
Alessandria, codificate secondo la IX° Revisione dell'International Classification of Diseases e
condotto “ad hoc” per le esigenze di questo Master ASPP - Advanced School of Prevention and
health Promotion dal Dr. Claudio Rabagliati, Coordinatore del Piano Locale della Prevenzione
della ASL AL.
Sono stati presi in considerazione i dati relativi alla mortalità generale per tumori, con
particolare riferimento a quelli del colon retto e della mammella.
Sulla base di questo importante studio, la mortalità locale per tumori maligni nella popolazione
totale della ASL AL risulta maggiore in modo statisticamente significativo nel periodo
complessivo 1992-2003 (102,36) e nel solo anno 2006 (103,13), seppure non significativamente,
rispetto alla corrispondente media regionale, sia per i maschi che per le femmine.
Il trend della mortalità locale per tumori maligni nella popolazione della ASL AL indica un
modico peggioramento nel tempo ed un progressivo aggravamento per il sesso femminile, con
valori non significativi di poco inferiori o in linea rispetto alle medie regionali (+ 2,4% di
mortalità specifica tra gli estremi del periodo 1992-2003).
La mortalità locale per tumori del colon retto nella popolazione totale della ASL AL risulta
superiore per le femmine, non significativamente, nel periodo complessivo 1992-2003 (100,87) e
inferiore, in modo statisticamente significativo, nel solo anno 2006 (77,24), rispetto alla
corrispondente media regionale.
La mortalità locale per tumori della mammella nella popolazione femminile della ASL AL risulta
minore, non significativamente, nel periodo complessivo 1992-2003 (96,86) e superiore nel solo
anno 2006 (119,38), in modo statisticamente significativo, rispetto alla corrispondente media
regionale.
-5-
Nello specifico, prendendo in considerazione le patologie di maggiore interesse per questo studio, i
dati appaiono i seguenti:
TUMORI DEL COLON RETTO Maschi e Femmine (Totale)
La mortalità locale per tumori del colon retto nella popolazione totale della ASL AL evidenzia un
eccesso di eventi rispetto alla corrispondente media regionale, in modo non statisticamente
significativo, nel solo periodo 1992-1994 (106,00).
Al contrario, gli indicatori di confronto utilizzati indicano una mortalità locale totale inferiore a
quella media piemontese nei periodi 1995-97 (98,178), 1998-2000 (99,38), 2001-03 (96,91) e nel
solo anno 2006 (77,24), in quest’ultimo caso in modo statisticamente significativo.
Pertanto, il trend della mortalità locale per tumori del colon retto nella popolazione totale
della ASL AL indica un andamento decrescente nel tempo, passando da valori superiori
rispetto alle medie regionali a valori costantemente inferiori (- 8,6% di mortalità specifica tra
gli estremi del periodo 1992-2003).
Il trend della mortalità locale per tumori del colon retto nella popolazione maschile della ASL AL
mostra un andamento in diminuzione nel tempo, con valori inferiori rispetto alle medie regionali,
risultando mediamente in decrescita (- 5,2% di mortalità specifica tra gli estremi del periodo
1992-2003).
Il trend della mortalità locale per tumori del colon retto nella popolazione femminile della ASL
AL mostra un costante andamento decrescente nel tempo, con valori sempre inferiori, seppure
non significativi, rispetto alle medie regionali (- 12,0% di mortalità specifica tra gli estremi del
periodo 1992-2003).
TUMORI DELLA MAMMELLA Femmine
La mortalità locale per tumori della mammella nella popolazione femminile della ASL AL indica
un eccesso non significativo di eventi rispetto alla corrispondente media regionale nei periodi 199597 (103,03) e 2001-03 (102,43) e nel solo anno 2006 (119,38), questa volta in modo
statisticamente significativo.
Al contrario, gli indicatori di confronto utilizzati indicano una mortalità locale femminile inferiore
a quella media piemontese nel periodo 1992-1994 (93,27) e, in modo statisticamente
significativo, nel triennio 1998-2000 (88,57).
Tuttavia,il trend della mortalità locale per tumori della mammella nella popolazione femminile
della ASL AL mostra un andamento in crescita nel tempo, pur con alternanza di valori inferiori a
valori superiori rispetto alle medie regionali (+ 9,8% di mortalità specifica tra gli estremi del
periodo 1992-2003).
Sulla base di questi dati e di quanto presente in letteratura, è stato preso in considerazione il
rapporto tra i vari fattori di rischio e due delle principali patologie neoplastiche
epidemiologicamente rilevanti: il cancro della mammella e quello del colon retto.
E’ stata effettuata un’attenta disamina di tutti i fattori di rischio connessi alle patologie su
menzionate e tra questi sono stati scelti l’attività fisica e la dieta, che appaiono maggiormente
significativi tra quelli riguardanti gli stili di vita delle nostre popolazioni.
I molti dati presenti in letteratura scientifica permettono di prendere visione di alcuni studi che
dimostrano che il 35% dei tumori è dovuto all’alimentazione e che esiste una relazione diretta,
importante e significativa tra l’attività fisica e l’insorgenza del cancro.
Tra i primi, se non i primi ad effettuare studi sui rapporti tra alimentazione e cancro sono stati
Richard Doll e Richard Peto nel 1981.
-6-
Secondo i loro studi, il 30% dei tumori è dovuto al fumo di sigarette, il 35% all’alimentazione, il
35% all’inquinamento atmosferico, agli agenti tossici ed alle radiazioni.
Da questi studi risulterebbe anche che il 4% dei tumori è dovuto all’obesità ed il 10% all’obesità
associata al fumo.
Il rapporto tra alimentazione e tumori appare quindi certo. In questo contesto ci sono dei fattori
sicuramente modificabili, quali la dieta, l’obesità ed il sovrappeso, il consumo di alcool, il fumo, la
mancanza di attività fisica.
E’ parso quindi necessario mettere in atto una revisione della letteratura, concentrando l’analisi su
due aspetti specifici, comuni ai due tipi di tumore presi in considerazione e cioè l’alimentazione e la
scarsa attività fisica, intesi quali fattori di rischio per entrambe le neoplasie.
Scopo della ricerca è quello di esplorare la letteratura esistente relativamente a modelli di
intervento, sostenibilità, esportabilità ed efficacia di interventi di promozione di stili di vita sani e
coerenti (corretta alimentazione e giusta attività fisica) rivolti a particolari gruppi di popolazione
particolarmente a rischio per tumori del colon e della mammella.
L’obiettivo della tesi è quello di analizzare la corretta correlazione tra alcuni fattori di rischio ( nella
fattispecie la dieta e l’attività fisica) intesi quali fattori di rischio/protettivi in campo oncologico,
con particolare riguardo ai tumori dell’intestino e della mammella e verificare l’efficacia di
interventi giudicati efficaci nel migliorare le abitudini alimentari e nello stimolare l’attività fisica,
nella popolazione e/o in soggetti a rischio di ammalare di tumore.
In caso di evidenza scientifica consolidata, si potrà procedere all’implementazione di interventi
sensibili (teacheable moments), alle donne che affluiscono ai servizi di prevenzione per il tumore
della mammella ed ai cittadini (maschi e femmine) che affluiscono ai servizi di prevenzione per i
tumori dell’intestino, all’interno del Dipartimento di Prevenzione oncologica dell’ASL AL con
relativa valutazione del rapporto costo/beneficio.
-7-
Capitolo 2
Materiali e metodi
Sono state prese in considerazione le varie revisioni sistematiche presenti sull’argomento, attraverso
l’interrogazione di banche dati (PubMed) selezionando “Alimentazione ed attività fisica come
fattori protettivi per i tumori intestinali e della mammella” ed ancora PubMed su quanto pubblicato
in base ai risultati dell’indagine europea EPIC, filtrata solo per i tumori dell’intestino e della
mammella.
Oltre a PubMed, la ricerca è stata fatta anche sulla Cochrane Library.
Da PubMed è stato fatto un primo screening su 487 titoli di cui 98 selezionati a far data dal 2009 ad
oggi.
Gli argomenti presi in considerazione fanno riferimento al tipo di alimentazione (consumo di carni
rosse, grassi, alcool, fibre, calcio o magnesio assunti con la dieta) oppure l’attività fisica come
fattori che possono avere effetto sull’insorgenza delle neoplasie del colon retto, compresi gli
adenomi.
Una piccola parte dei lavori visionati considera anche l’effetto di questi fattori nel decorso della
patologia, in soggetti già malati.
Altri studi prendono in considerazione anche i polimorfismi genetici; non valutati in questo studio.
Le revisioni Cochrane sono solamente tre: Bourke 2013, Jin 2012 e Weingarden 2008; oltre a
queste, un’altra ulteriore revisione è presente (Asano TK et al, Dietary fibre for the prevention of
colorectal adenomas and carcinomas, del 2002 che però non è più stata aggiornata dal novembre
2001.
-8-
Capitolo 3
I tumori della mammella e del colon retto
Il riferimento specifico è rivolto a due tumori tra i più frequenti per distribuzione e per mortalità,
rappresentati dal carcinoma della mammella e dai tumori del colon retto.
Il tumore più frequente è quello del colon retto, con oltre 54.000 nuove diagnosi, seguito da
mammella (48.000 nuovi casi), polmone (38.000 casi) e prostata (36.000 casi).
Il rischio teorico di morire di cancro nel corso della vita interessa un uomo ogni tre ed una donna
ogni sei. Si stima che nel corso dell’anno i decessi causati da tumore saranno circa 173.000
(175.000 nel 2012), confermando quindi il calo progressivo che tra il 1996 ed il 2007 è stato del
17% per gli uomini e del 10% nelle donne.
Cresce del 10% la percentuale degli uomini guariti a 5 anni dall’individuazione della neoplasia.
La sopravvivenza a 5 anni viene raggiunta dal 57% dei casi.
Il miglioramento dei tassi di guarigione è molto evidente in neoplasie frequenti come quelle della
prostata (91%), della mammella (87%), e del colon retto (64% per gli uomini e 63% per le donne),
mentre sono, invece, ancora piuttosto basse le corrispondenti percentuali nelle persone con cancro
del polmone (14% uomini e 18% donne) e del pancreas (7% e 9%).
Di contro, il tasso di nuovi casi/anno (incidenza) per il totale dei tumori è più elevato del 26%.
L’incidenza del tumore della mammella è di circa 37.000 nuovi casi all’anno in Italia.
Colpisce una donna su 10 e, nel sesso femminile rappresenta il 25% di tutti i tumori.
E’ la prima causa di mortalità per tumore nel sesso
femminile, con un tasso di mortalità del 16% di
tutti i decessi per causa oncologica ed un rischio di
morte pari ad un decesso ogni 50 donne.
I tassi di incidenza sono discretamente omogenei
tra le varie aree italiane: i più bassi sono più
facilmente osservabili nelle aree del Sud Italia,
essendo in parte riconducibili alla diversa
diffusione
dei programmi
di
screening
mammografico.
Tabella 2.1 Tassi di incidenza e mortalità per tumore della mammella
Circa la metà dei casi si concentra in Europa e nel Nord America mentre è assai inferiore nei Paesi
in via di sviluppo, con picchi di incidenza in Olanda e negli Stati Uniti.
Attualmente non esiste ancora una reale
prevenzione primaria per il carcinoma della
mammella: gli studi sulla farmaco prevenzione
sono in una avanzata fase di sviluppo, ma sono
utilizzati prevalentemente, per ora, con lo scopo di
ridurre il rischio di insorgenza del tumore sulla
seconda mammella.
Tab. 2.3 – Andamento per area geografica
-9-
Tab. 2.2 – Dati di sopravvivenza del tumore della mammella
- 10 -
Parrebbe che un’opportuna attività fisica rappresenti un ruolo
protettivo, così come un maggior consumo di frutta e
verdura.
Per quanto riguarda il colon retto, i tumori di questo
segmento corporeo rappresentano la quarta neoplasia più
frequente tra gli uomini (11.3% del totale dei tumori) e la
terza più frequente tra le donne (11.5% del totale).
Incidenza per fasce d’età
Carcinoma del seno, tasso standardizzato per età e popolazione mondiale,
sesso femminile, 1988-1993
450
400
350
America del nord
Europa
Mondo
Asia centrale
Asia sud-est
300
250
200
150
100
50
Tra le cause di morte per tumore, quella del colon retto
risulta la seconda in ordine di frequenza sia per gli uomini
(10.4% di tutti i decessi oncologici) sia per le donne (12.4%).
0
15-44
45-54
55-64
65+
Tab. 2.4 – Incidenza per fascia d’età
Anche in questo caso, analizzando l’andamento nel tempo, accanto ad una tendenza all’aumento
dell’incidenza, si osserva un calo progressivo della mortalità.
Tra le cause di morte per tumore, quella del colon retto risulta la seconda in ordine di frequenza sia
per gli uomini (10.4% di tutti i decessi oncologici) sia per le donne (12.4%).
Anche in questo caso, analizzando l’andamento nel tempo, accanto ad una tendenza all’aumento
dell’incidenza, si osserva un calo progressivo della mortalità.
Nell’area controllata dai Registri Tumori di popolazione, sono stati diagnosticati in media ogni anno
88,8 casi di tumore del colon retto ogni 100.000 uomini e 70,3 casi ogni 100.000 donne.
Le stime per l’Italia indicano che ogni anno il numero dei nuovi casi diagnosticati ammonta a
20.457 tra i maschi e 17.276 quelli tra le femmine.
Il rischio di incorrere in una diagnosi di tumore del colon retto nel corso della vita (0-74 anni) è di
50.9‰ fra i maschi (un caso ogni 20 uomini) e di 31,3 ‰ tra le femmine (un caso ogni 32 donne),
mentre il rischio di morire è del 17,3 ‰ per i maschi e del 10 ‰ tra le femmine.
L’incidenza del K del colon retto mostra in Italia una forte variabilità geografica: le aree con i tassi
più elevati hanno valori doppi rispetto a quelle con i tassi più bassi (Sud ed Isole), sia nei maschi
che nelle femmine.
La sopravvivenza ad un anno dalla diagnosi presenta un tasso relativo pari al 79% per gli uomini e
del 77% per le donne.
Questo valore scende al 57% per i maschi ed al 58% per le femmine quando sono trascorsi 5 anni
dalla diagnosi.
Diverse anche le percentuali di sopravvivenza in funzione dell’età ad un anno dalla diagnosi: un
adulto di 15-44 anni ha l’86% di possibilità di salvarsi, mentre un anziano over 75 solo il 68%.
A cinque anni dalla diagnosi, i tassi diminuiscono drasticamente: l’adulto fino a 44 anni presenta un
tasso di sopravvivenza del 65% e l’anziano over 75 del 49%.
Il rischio generico di ammalare di cancro colorettale in Italia è valutato, in termini di rischio
cumulativo, in circa il 6% ed appare sostanzialmente correlato all’età: comincia, infatti, ad essere
rilevante attorno ai 50 anni (raro fino ai 40 anni ove spesso è associato ad una componente genetica)
ed aumenta progressivamente fino a raggiungere il picco verso i 70 anni, con un graduale
spostamento dai tratti distali a quelli prossimali del colon.
Si intende per rischio generico il rischio relativo ad una popolazione con età superiore ai 50 anni, in
assenza di altri fattori di rischio oltre all’età stessa.
- 11 -
Tab. 2.5 Tassi standardizzati relativi al tumore del colon retto, nei maschi e nelle femmine
- 12 -
Tab. 2.6 – Dati di sopravvivenza del tumore del colon retto
- 13 -
Capitolo 4
I fattori di rischio del tumore della mammella.
La maggior parte dei fattori che aumentano il rischio di sviluppo di questo tumore sono legati alle
modificazioni ormonali che avvengono nella donna durante l’arco della sua vita, ma anche per
influenze di tipo ambientale e per lo stile di vita assunto dalla donna stessa.
Possono essere così riassunti:
Età: l’incidenza del tumore aumenta rapidamente con l’età durante il periodo fertile raddoppiando
ogni 10 anni fino alla menopausa. Successivamente cresce ad una velocità inferiore.
Il rischio si modifica in rapporto all’età: i tassi di incidenza aumentano esponenzialmente fin verso i
50 anni, quindi subiscono una pausa, forse addirittura una lieve riduzione, per poi riprendere a
crescere, ma con un tasso inferiore, subito dopo l’età della menopausa.
Familiarità e genetica. Negli ultimi anni, sono stati identificati almeno 5 geni responsabili della
trasmissione ereditaria del tumore mammario. Essi si chiamano BRCA1, BRCA2, P53, PTEN,
ATM. Una loro mutazione, che viene trasmessa di generazione in generazione da madre a figlia, è
responsabile della maggior parte dei tumori ereditari. La maggior parte di essi è dovuta alla
mutazione di BRCA1 e BRCA2, che conferiscono un rischio di carcinoma mammario del 60-90%.
Altro fattore di rischio è rappresentato dal numero di parenti di 1° grado con tumori della
mammella.
Fattori riproduttivi ed ormonali: la comparsa precoce della prima mestruazione (menarca) e
l’entrata tardiva in menopausa (dopo i 55 anni) sono altri due fattori predisponenti. La maternità
invece, sembra avere un ruolo protettivo: le donne che hanno partorito presentano un rischio
inferiore del 25% rispetto a quelle che non hanno avuto figli ed il rischio è tanto minore quanto più
precocemente è avvenuto il primo parto. Il rischio subisce un aumento transitorio dopo il parto,
distribuito lungo un periodo variabile da 3 a 15 anni, per divenire poi inferiore rispetto a quello
delle donne che non hanno mai partorito. Al contrario, l’allattamento ed il numero di aborti non
sembrano interferire sul rischio. I fattori di rischio legati alla vita riproduttiva della donna possono
essere spiegati dal fatto che il tumore del seno è sensibile agli ormoni estrogeni, che influenzano la
sua crescita. Un menarca precoce ed una menopausa tardiva, nonché il periodo immediatamente
dopo il parto, espongono la donna ad
un contatto con i suoi estrogeni per
molti anni in più rispetto a chi ha
avuto un menarca tardivo ed una
menopausa precoce e proprio per
questo il rischio di tumore aumenta.
Il rischio aumenta, altresì, a causa
della terapia ormonale sostitutiva
con associazione di estrogeni e
progestinici, in età perimenopausale
ed in menopausa, se protratta per più
di 5 anni.
Fig. 3.1 – Interazione dei fattori di
rischio per tumore della mammella
Stile di vita: una dieta ricca di vegetali, frutta e fibre, ed una attività fisica regolare sembra riescano
a far diminuire il rischio di tumore mammario. Il consumo di sostanze alcooliche, una dieta ricca di
grassi saturi e di proteine soprattutto animali, oltre all’abitudine al fumo, invece, lo aumenterebbero.
Obesità e sovrappeso in menopausa, malattia diabetica: aumentano il rischio di sviluppare il
tumore.
Tra gli altri fattori di rischio ambientali troviamo terapie ormonali prolungate per la menopausa,
come già specificato; uso precoce e prolungato di contraccettivi orali; dieta grassa in pubertà; scarsa
- 14 -
attività fisica in età giovanile; iperestrogenismo ed iperprolattinemia; tumore dell’ovaio o
dell’endometrio.
Tab. 3.1 – I dati piemontesi
- 15 -
Capitolo 5
I fattori di rischio dei tumori del colon retto.
Gli studi epidemiologici hanno fornito negli ultimi decenni prove suggestive anche se non definitive
sul ruolo di alcuni fattori nell’eziologia dei tumori del colon retto.
In particolare alcuni fattori parrebbero associati ad un aumentato rischio di tumore del colon
retto:
Uso eccessivo di alcool: non esiste una correlazione diretta tra cancro colo rettale e consumo di
bevande alcooliche; in una metanalisi che prendeva in considerazione otto studi di coorte, il RR per
un consumo giornaliero pari a 45 gr, rispetto ai non bevitori era 1,41 (CI = 95%; 1,16-1,72).
Studi di Steinmetz & Potter e successivamente di Jacobs, di tipo caso controllo evidenziano una
relazione positiva tra consumo di alcool e grandi tumori intestinali.
Altri cinque studi hanno riportato un’associazione positiva tra assunzione di alcool e adenomi colo
rettali, mettendo altresì in evidenza come l’assunzione stessa potrebbe agire nella fase di
promozione della sequenza adenoma-carcinoma.
Infine, un ampio studio di coorte ha messo in evidenza una correlazione dose-risposta tra
assunzione di alcool e morte da cancro colo rettale, con un RR di 1,2 (CI = 95% ; 1,0-1,5) per
quattro o più bicchieri al giorno rispetto ai non bevitori. Inoltre, le numerose bevande alcooliche
apportano oltre 1.200 composti (tra cui fenoli, alcol superiori, nitrosammine ed aldeidi) che
potrebbero avere un ulteriore ruolo indipendente dall’alcool.
Fumo di sigaretta: la maggior parte degli studi caso controllo tra esposizione al fumo di sigarette e
la presenza di adenomi hanno evidenziato un rischio alto per i fumatori (Kritchevsky).
Nel Nurses ‘Health Study, il periodo di induzione minima per il cancro sembra essere di almeno 35
anni. Parimenti nelle Health Professionals Follow-up Study, una storia di fumo è stata associata alla
presenza di adenomi piccoli e di medie dimensioni, con un periodo di incubazione pari a quello
precedente. Nel Cancer Prevention Study II, un ampio studio di coorte, i tassi di mortalità per CCR
erano maggiori tra i fumatori correnti, intermedi tra gli ex fumatori e più bassi nei non fumatori, pur
con aumento del rischio osservato dopo 20 anni di fumo, sia negli uomini che nelle donne. Un
aumento, invece, molto significativo, del 50% rispetto ai non fumatori è stato correlato con coloro
che fumano più di un pacchetto di sigarette al giorno. In numerosi studi e metanalisi, l’associazione
tra il fumo di sigaretta ed il CCR è sempre presente, anche se maggiormente significativa per il
cancro del retto rispetto a quello del colon.
Un rischio più elevato è stato evidenziato invece nei fumatori abituali di pipa o di sigaro, con un RR
rispettivamente di 4,7 e 2,8, che parrebbe legato all’ingestione di saliva contenente composti
cancerogeni quali le aril amine.
Obesità: poiché negli studi epidemiologici è difficile separare l’effetto dell’introito calorico rispetto
all’attività fisica e ad alimenti e nutrienti fonti di calorie, le prove di una relazione positiva con il
rischio di CCR sono suggestive ma non decisive, mentre sembrano molto più convincenti gli studi
effettuati sugli animali. Da alcuni di questi studi emerge che i soggetti con elevato indice di massa
corporea, avrebbero un rischio all’incirca doppio di sviluppare la neoplasia, rispetto a quelli con
indice nella norma. Tale dato non sempre viene confermato.
Un rischio di 2,1 per i maschi e di 1,6 per le femmine è stato riscontrato nei soggetti appartenenti ai
quantili più elevati di statura, in modo del tutto indipendente dal peso.
Dieta: alti tassi di cancro del colon sono presenti nelle popolazioni con alta assunzione di grassi
totali; dato confermato anche negli animali da esperimento.
Patologie e trattamenti pregressi: la colite ulcerosa è una malattia certamente correlata con il CCR
con un rischio che tende ad aumentare in funzione della durata della malattia ed alla sua estensione
locale; qualche volta anche in presenza di colangite sclerosante.
Una metanalisi evidenzia come la colecistectomia potrebbe far aumentare il rischio del tumore colo
rettale in 33 studi caso controllo considerati (RR = 1,34 ; CI =95% ; 1,14-1,57); maggiore per il
colon prossimale ed almeno a distanza di 10 anni dall’avvenuta colecistectomia.
- 16 -
Genetica e familiarità: non è facile riconoscere il ruolo della familiarità rispetto all’esposizione
ambientale, tuttavia dagli studi caso controllo si rileva in modo abbastanza frequente un rischio più
elevato di almeno 3, 4 volte nei parenti di primo grado dei pazienti con CCR.
Esiste una variabilità individuale su base genetica, del patrimonio enzimatico coinvolto nei processi
epatici ed intestinali che interferisce con i meccanismi di attivazione - inattivazione di cancerogeni
di origine alimentare, come avverrebbe per i prodotti di cottura delle proteine (arilamine).
Sotto questo aspetto, la rapidissima evoluzione della genetica e della biologia molecolare applicate
anche all’epidemiologia, costituisce certamente un’interessantissima area di ricerca che promette
grandi novità su alcuni del fattori di rischio del tumore colo rettale.
Esistono anche alcuni fattori che parrebbero invece associati ad un ridotto rischio di tumore del
colon retto
Attività fisica: esiste una consistente linea di evidenza che una
maggiore attività fisica parrebbe avere un grande effetto
protettivo sul CCR. Ciò emerge sia da studi che valutano
l’attività fisica lavorativa che quella nel tempo libero ed in
totale.
L’effetto protettivo è maggiormente evidente in coloro che
praticano attività fisica in modo regolare e nell’arco di tutta la
vita, rispetto a coloro che la praticano da meno anni. L’effetto
sarebbe evidente soprattutto per il colon distale, meno per il retto.
La riduzione del RR, mediamente espresso da molti studi e meta analisi varia tra 0,53 e 0,76, con CI
in entrambi i casi del 95%, con risultati sovrapponibili per gli uomini e per le donne.
FANS: una serie di farmaci antiinfiammatori non steroidei, in particolare l’aspirina, sarebbero
associati ad una riduzione dell’incidenza del CCR, così come per tumori in altre sedi.
L’influenza di tali farmaci sul metabolismo delle prostaglandine, potrebbe spiegare una loro azione
sulla regolazione della proliferazione cellulare e sui meccanismi di difesa immunitari. Questa
evidenza del rapporto tra Fans e CCR viene giudicata molto interessante e promettente, fino a
suggerirne un uso clinico per la prevenzione.
Tab. 4.1 – I dati piemontesi
- 17 -
Capitolo 6
Alimentazione e cancro
La letteratura scientifica esaminata è sufficientemente ricca al proposito e pare quindi possibile
costruire alcune riflessioni su due aspetti molto importanti che emergono in quasi tutti gli studi presi
in considerazione: il rapporto di stretta correlazione tra l’alimentazione ed il cancro e quello tra
l’attività fisica ed il cancro, dapprima in senso generale, successivamente nei dettagli, rispetto al
tumore della mammella ed a quello del colon retto.
Sono passati ormai quasi trent’anni da quando si è cominciato a
studiare, a livello mondiale, il rapporto tra cibo e cancro e la
valutazione che attribuisce ad una buona dieta la possibilità di
evitare almeno il 30-40% di tutti i tumori.
Tra i primi a mettere in atto studi sui rapporti tra alimentazione
e cancro sono stati Peto & Doll nei primi anni ’80. Secondo i
loro studi, il 30% dei tumori è dovuto al fumo di sigaretta, il
35% all’alimentazione, il 35% all’inquinamento atmosferico,
agli agenti tossici ed alle radiazioni.
Il 4% dipenderebbe anche dall’obesità ed il 10% all’obesità
associata al fumo.
Fig. 5.1 – Rapporti tra determinanti e prevenzione dei tumori
I dati dell’OMS mettono in evidenza come ogni anno più di 10 milioni di persone, nel mondo, si
ammalano di cancro e come almeno 3-4 milioni avrebbero potuto evitare la malattia se negli anni
precedenti avessero mangiato in modo corretto, comunque in modo diverso dalle proprie abitudini
alimentari.
Non importa se le evidenze risultano completamente reali o approssimative: il rapporto tra
alimentazione scorretta e cancro è comunque certo.
Una delle prove più solide fornite dagli studi epidemiologico-statistici, definiti “ecologici” o di
“correlazione geografica”, è rappresentata dal confronto inerente l’incidenza delle malattie tumorali
nelle diverse aree geografiche in grado di porre in evidenza differenze tra loro significative.
Ad esempio, il tumore del colon negli USA è 10 volte più diffuso che in Nigeria, con un importante
fattore di responsabilità correlato al cibo; altra evidenza è rappresentata dal fatto che forti differenze
nell’incidenza del cancro sono state riscontrate tra le popolazioni indigene che non hanno mai
lasciato il paese d’origine e gli emigranti. I
Nigeriani che vivono in Africa, ad esempio,
contraggono molti meno tumori del colon, del
retto e del fegato dei Nigeriani emigrati negli
Stati Uniti, dove lo stile di vita è di tipo
occidentale e la frequenza dei tumori è diversa
rispetto a quella che si verifica nella madre patria.
Gli studi scientifici escludono che la causa delle
differenze esistenti tra una regione e l’altra sia
attribuibile alla razza o a fattori non verificabili,
mentre dimostrano che la maggiore o minore
diffusione del cancro dipende in larga misura dal
tipo di vita e alimentazione nei diversi paesi.
Fig. 5.2 – Rapporto tra obesità e cancro
- 18 -
Anche all’interno del nostro Paese, nelle regioni del Nord, maggiormente industrializzate, il cancro
ha complessivamente una frequenza doppia rispetto al meridione ed alle isole, soprattutto a causa
delle diverse abitudini alimentari.Ho già precisato che circa il 30% di tutte le forme di tumore nei
Paesi industrializzati è ricollegabile a fattori nutrizionali, collocando la dieta scorretta al secondo
posto, dopo il tabagismo, tra le cause di cancro prevenibili.
In generale, un bilancio calorico positivo, con successivo accumulo di tessuto adiposo ed il
conseguente aumento di peso, misurabile attraverso l’indice di massa corporea e la circonferenza
addominale, rappresenta un fattore di rischio per numerosi tumori, tra cui quelli del colon retto e
della mammella.
In Italia almeno 4 abitanti su 10 sono in sovrappeso o francamente obesi, con tassi più elevati nelle
Regioni meridionali e con una tendenza all’aumento in questi ultimi anni, non risparmiando
neppure i bambini.
Il Codice europeo contro il cancro, riporta
raccomandazioni specifiche su come si possano
prevenire i tumori, oltre ad altre malattie, proprio
attraverso l’alimentazione e l’attività fisica. Alcuni
stili di vita possono avere un impatto enorme sul
rischio di essere colpiti da un tumore ed anche sul
rischio di avere una recidiva una volta che il tumore
sia stato asportato.
Tab. 5.1 Dieta e rischio di cancro al colon retto
Il Fondo mondiale per la ricerca sul cancro, afferma addirittura che nel caso dei tumori
dell’apparato gastroenterico, il collegamento stretto tra tumore e dieta supera abbondantemente il
30% dichiarato, arrivando addirittura al 70%! Numerosi studi epidemiologici hanno dimostrato che
il consumo regolare di frutta e verdura è costantemente associato ad un rischio più basso di
sviluppare la malattia oncologica. Queste osservazioni sono confermate da numerosi studi
sperimentali sia in vitro sia su animali, in cui la somministrazione di molecole estratte da vegetali
ha permesso di indurre la morte delle cellule tumorali ed il blocco della crescita di diversi tumori.
Questi studi suggeriscono che frutta e verdura, oltre ad essere una fonte di vitamine e minerali,
contengono molecole che possono rappresentare un’arma efficace nel contrastare lo sviluppo del
cancro. Queste molecole, chiamate composti fitochimici, sono presenti in grande quantità in molti
alimenti e bevande consumate dagli esseri umani. Se seguiamo una dieta giornaliera contenente un
mix di frutta, verdura e bevande come il thè verde, piuttosto che il vino rosso in quantità moderata,
assumiamo da 1 a 2 grammi di queste sostanze che appartengono ad alcune famiglie chimiche ben
definite, come i polifenoli (flavonoidi, isoflavoni, catechine, ect), i composti dello zolfo
(isotiocianati, solfuri di allile) ed i terpeni (carotenoidi, monoterpeni). Gli alimenti contenenti
grandi quantità di queste molecole hanno proprietà terapeutiche simili a quelle di farmaci di origine
sintetica, tanto che vengono chiamati “alimenti funzionali”.
Combattere lo sviluppo del cancro attraverso la dieta significa, dunque, utilizzare gli alimenti ricchi
di molecole antitumorali per creare un ambiente ostile alle cellule cancerogene, bombardare
quotidianamente i micro tumori ed, infine, impedirne la crescita. Se la dieta contiene troppi alimenti
dannosi o pochi alimenti protettivi quali frutta e verdura, i tumori latenti si trovano in un ambiente
più favorevole alla crescita e rischiano di trasformarsi in cancro conclamato. Viceversa, se la dieta è
ricca di alimenti protettivi e comprende solo pochi alimenti pericolosi, i micro tumori non riescono
a crescere sufficientemente ed il rischio di sviluppare il cancro è inferiore.
- 19 -
Sulla base dei dati scientifici attualmente disponibili inerenti i potenziali fattori antitumorali dei
composti alimentari, è possibile definire una dieta costituita prevalentemente da alimenti fonti
straordinarie di composti fitochimici antitumorali.
Questo è un aspetto importante perché la presenza di differenti classi di molecole antitumorali
consente di prevenire lo sviluppo del cancro interferendo con diversi processi cellulari coinvolti
nella progressione della malattia. Nessun alimento da solo contiene tutte le molecole antitumorali
che possono influenzare tutti questi processi: da qui l’importanza di integrare una grande varietà di
alimenti nella dieta. Ad esempio, il consumo di alcuni vegetali della famiglia delle Crucifere aiuta
l’organismo ad eliminare le sostanze cancerogene, riducendo, quindi, la loro capacità di causare
mutazioni nel DNA e promuovere lo sviluppo di cellule tumorali. In maniera paritaria, il consumo
di altre sostanze (thè verde, soia, ect) previene la formazione di nuovi vasi sanguigni (effetto
antiangiogenetico) che sono necessari per la crescita dei tumori in fase iniziale.
L’adozione di un’alimentazione corretta, quindi, è senz’altro utile per contrastare e prevenire lo
sviluppo del cancro e la sua progressione.
Tra gli alimenti considerati cancerogeni:
carne di vitello, insaccati e salumi vari: un alto consumo parrebbe implicato nell’aumento di
rischio per i tumori del colon retto, della mammella, del pancreas e della prostata;
alcool: consumare più di 2 bicchieri di birra al giorno aumenta il rischio di ammalare di tumore
della bocca, della faringe e dell’esofago, contribuendo ad aumentare ulteriormente il rischio se il
soggetto è fumatore; la combinazione alcool tabacco è, infatti, da considerare particolarmente
dannosa;
grassi: i cibi ricchi di grassi entrano nel processo di riproduzione delle cellule maligne, in special
modo nelle prime fasi di formazione del tumore, perché è nelle prime fasi che la cellula ha necessità
di un maggior apporto di grassi come fonte di energia per la sua crescita; il cancro maggiormente
correlato al consumo eccessivo di grassi saturi è proprio quello del colon, unitamente a quello della
mammella;
dolcificanti artificiali: gli studi sono ancora molto controversi: sarebbero necessarie quantità
industriali;
conservanti: anche in questo caso gli studi sono ancora controversi, tuttavia c’è molta attenzione al
problema;
nitriti, nitrati e nitrosamine: sono tutte sostanze ad elevato potere cancerogeno di cui non si
conosce ancora bene il meccanismo d’azione con cui danneggiano le cellule.
La dieta, quindi, rimane uno dei più importanti campi
di intervento nella prevenzione dei tumori (è stato
stimato che i fattori di rischio dietetici siano
responsabili di oltre l’80% dei casi di cancro
all’intestino, alla mammella ed alla prostata), ma
anche delle altre patologie degenerative tipiche della
civiltà moderna.
Tab. 5.2 – Rapporto tra alimentazione e prevenzione.
Appare sempre più fondata l’ipotesi secondo cui la dieta vegetariana abbia un ruolo protettivo nei
confronti del tumore mammario, non tanto per il suo basso contenuto in grassi e calorie, ma per il
suo contenuto, nettamente superiore a quello delle diete tradizionali, in fitoestrogeni presenti
soprattutto nella soia, nei cereali e nella frutta secca.
- 20 -
Per quanto riguarda il tumore al colon, alcuni studi mostrano come le diete ricche di frutta e verdure
siano associate ad un minor rischio oncogenetico,
mentre le diete ad alto contenuto di carni trasformate
e/o carni rosse siano associate ad un rischio maggiore.
90.000 donne sono state esaminate per un periodo di
circa 14 anni, dal 1989 fino al 2003. Gli esperti sono
arrivati alla conclusione che un incremento del
consumo di carni rosse da parte di donne con età
compresa tra i 20 ed i 46 anni porta ad un rischio
maggiore di sviluppare una forma di tumore del seno di
tipo ormono sensibile, a causa di un aumento di ormoni
nell’organismo.
Tab. 5.3 – Alimentazione e cancro
Diversi studi hanno evidenziato che il calcio, la Vitamina
D o la combinazione di entrambi i fattori possono
contribuire a proteggere da un cancro colo rettale.
Il consiglio più opportuno per ridurre il rischio di cancro al
colon, dal punto di vista alimentare, può essere così
riassunto:
Aumentare l’intensità e la durata dell’attività fisica.
Limitare l’assunzione di carni trasformate e rosse.
Mantenere i livelli di calcio ai valori raccomandati.
Mangiare più frutta e verdura.
Fig. 5.3 – Rapporti tra dieta e cancro mammario
Evitare l’obesità.
Evitare l’eccesso di alcool.
Tra gli altri fattori predisponenti all’insorgenza di un tumore e già descritti da Peto & Doll, ricordo:
le citochine infiammatorie, che sono una classe eterogenea di proteine prodotte da
diversi tipi di cellule, solitamente in risposta ad uno stimolo;
i fattori di crescita cellulari, quindi l’IGF-1 cioè Insulin Growth Factor-1;
l’aumento dell’angiogenesi, ovvero l’aumento della formazione di nuovi vasi mediata
dai fattori di crescita vascolare (VEGF, vascular endothelial growth factor). Il processo
può essere stimolato da un eccesso di insulina provocato da un aumento di glicemia in
relazione all’eccesso di carboidrati e nel caso del diabete di tipo 2. Il livello di VEGF è
collegato alla glicemia basale ed all’emoglobina glicata. L’iperinsulinemia favorisce
anche la sintesi di altri fattori di crescita cellulare
come l’IGF-1. Aumenterebbe in questo modo il
rischio di insorgenza dei tumori dell’intestino, del
pancreas, della mammella e dell’endometrio.
i radicali liberi, che si formano nelle cellule, nei
processi di ossidazione per produrre energia. Un
radicale libero è costituito da un atomo o da una
molecola con atomi particolarmente reattivi, in
quanto manca un elettrone in una delle orbite
esterne: nel tentativo di stabilizzarsi e di tornare
- 21 -
Fig. 5.4 – Il danno dei radicali liberi
equilibrio tende a catturare l’elettrone mancante da una qualsiasi molecola con la quale
viene a contatto. A questo punto, però, diventa instabile quest’ultima ed in questo modo
si crea una reazione a catena che potrà essere limitata o arrestata solo dalla presenza di
antiossidanti. Il processo appena descritto, però, crea un danno alle cellule ed alle
membrane delle cellule stesse.
L’acido arachidonico, un omega 6 che viene prodotto dal nostro organismo, favorisce i
processi infiammatori e la formazione di radicali liberi. Il 90% proviene dalla nostra
alimentazione.
Lo stile di vita conta più dei geni, nel senso che i fattori comportamentali e lo stile di vita sono più
importanti dei fattori genetici nel determinare il tumore.
Molti lavori, tra cui alcuni italiani, hanno messo in evidenza la positiva associazione tra cancro
mammario e consumo di latticini, in special modo tra formaggi grassi e latte intero ed il possibile
effetto protettivo derivato dalla riduzione del consumo di grassi totali a meno del 30%, di grassi
saturi animali a meno del 10% e di proteine animali a meno del 10%.
F. Berrino dell’IST di Milano, a questo proposito afferma che non esiste un solo studio che dimostri
l’utilità di una forte assunzione di latte o latticini dopo la menopausa, nel senso che non risulta
veritiero che le donne che ne consumano di più subiscano meno fratture: sono noti anche i motivi
della mancata protezione. Le donne in menopausa, dunque, dovrebbero assumere calcio
prevalentemente dai vegetali: ce n’è a sufficienza nelle noci, nelle mandorle, nei cavoli e nei
legumi. Anche prima della menopausa, l’assunzione di questi alimenti contribuirebbe a sviluppare
una buona densità ossea.
Per quanto riguarda, nello specifico, il tumore del colon, due ricercatori italiani, D’Errico e
Moschetta dell’Istituto Mario Negri di Milano hanno addirittura cercato di chiarire alcuni dei
possibili meccanismi attraverso i quali la dieta può
influenzare la formazione di un cancro
nell’intestino. Tale lavoro è pubblicato sulla
Rivista “Cellular and Molecular Life Sciences”
Fig. 5.6 – Storia naturale del tumore del colon
retto
L’epitelio che ricopre l’intestino ha una struttura
particolare: la superficie interna è costituita da una serie di sporgenze, i villi, che servono ad
aumentare la superficie di assorbimento. Alla base dei villi sono ubicate delle ghiandole chiamate
cripte che contengono, tra l’altro anche le stam cells
totipotenti che successivamente daranno origine alle cellule
epiteliali vere e proprie e si muoveranno lungo i villi fino a
raggiungere la loro posizione definitiva sulla superficie
dell’epitelio
Fig. 5.7 – I processi di DNA Repair
La regolazione ed il mantenimento di questa struttura viene
garantita da una serie di molecole, i fattori trascrizionali,
che regolano l’espressione di geni specifici. Tra questi il gene Wnt pare giochi un ruolo di primo
piano all’interno di questi processi, nel senso che eventuali mutazioni che vengono nella catena di
- 22 -
eventi regolata da Wnt contribuiscono in maniera decisiva all’insorgenza del tumore colo rettale.
Fig. 5.7 – I processi di DNA Repair
Il rapporto tra il gene Wnt e l’alimentazione è garantito dal fatto che Wnt interagisce con una
famiglia di molecole conosciute come recettori nucleari che agiscono come veri e propri sensori di
segnali che arrivano dalla dieta e che sono in grado di trasformare gli stimoli di tipo nutrizionale ed
ormonale in messaggi che attivano o bloccano addirittura l’espressione genica.
Ed è proprio su questi recettori nucleari e sulla descrizione del loro ruolo nei processi di formazione
del cancro del colon ed anche di mantenimento dell’integrità della struttura dell’epitelio intestinale
che si basa il lavoro pubblicato.
In questo modo viene esplicitata la comprensione dei meccanismi molecolari alla base della
trasformazione delle cellule intestinali nel loro viaggio dalla base alla cima del villo, con possibilità
di nuove e moderne implicazioni di ricerca relativamente alle tecniche di diagnostica precoce.
CRESCITA DELLA
MASSA NEOPLASTICA
Divisioni
cellulari
No. Di
cellule
0
10 0
10-9
10 1
10-8
10 2
10-7
10 3
10-6
10 4
10-5
10
5
-4
10
6
5
10
15
Fig. 5.8 – Il processo di cancerogenesi
20
25
30
35
40
Peso
(g)
PROCESSO DI
CANCEROGENESI
Dose espositiva
TOSSICOCINETICA
E METABOLISMO
Dose cellulare
DANNO E RIPARO
DEL DNA
Dose farmacologica
Dose bersaglio
STRATEGIE DI
INTERVENTO
Ambiente e
stile di vita
Dose molecolare
INIZIAZIONE
(giorni - settimane)
PREVENZIONE
PRIMARIA
PROMOZIONE
(anni - decenni)
Organismo
ospite (chemio prevenzione)
10
-3
10
10 7
10-2
10 8
10-1
10 9
10
0
1010
10
1
1011
10
2
10 12
10
3
TUMORE BENIGNO
PROGRESSIONE
(~ 1 anno)
PREVENZIONE
SECONDARIA
CANCRO
INVASIONE
METASTASI
C
H
E
M
I
O
P
R
E
V
E
N
Z
I
O
N
E
TERAPIA,
RIABILITAZIONE e
PREVENZIONE
TERZIARIA
MASSA NEOPLASTICA
S. De Flora et al., Mutat. Res. 480–481, 9–22, 2001
- 23 -
Capitolo 7
Attività fisica e cancro
L’attività fisica, oltre ad avere un ruolo protettivo nei confronti delle malattie cardiovascolari, del
diabete e dell’obesità, è utile per contrastare l’insorgenza di altre malattie importanti come il
decadimento senile, la depressione, la disfunzione erettile dell’anziano, ma anche per combattere
l’insorgenza di alcuni tumori, nello specifico quello della mammella e del colon.
L’OMS, nel suo WH Report porta a conoscenza che l’inattività fisica sarebbe alla base di quasi due
milioni di morti all’anno e del 10-16% dei casi di cancro alla mammella ed al colon.
Un recente studio pubblicato nel 2004 evidenzia come su
oltre 100.000 donne seguite per 24 anni, il 31% delle morti
premature totali ed il 21% di quelle dovute a tumori tra le
non fumatrici erano correlate al sovrappeso ed all’inattività
fisica.
In Italia, almeno il 40% della popolazione non svolge
attività fisica.
Fig. 6.1 – Attività fisica a tutte le età
L’importanza dell’attività fisica è data dall’influenza su numerose funzioni dell’organismo umano,
potenzialmente correlate con il rischio d’insorgenza dei tumori: dalla funzionalità del sistema
cardiovascolare e respiratorio alla motilità intestinale; dalla produzione di ormoni al bilancio
energetico, alla funzionalità del sistema immunitario, fino alla produzione di antiossidanti ed alla
riparazione del DNA.
L’associazione fra inattività e cancro del colon è quella più forte e meglio documentata.
Gli effetti negativi della sedentarietà riescono in parte a spiegare la maggior frequenza del cancro
del colon nelle nazioni industrializzate e nelle aree urbane.
Già nel 1995 uno studio su oltre 47.000 sanitari americani di sesso maschile ha messo in evidenza
un’associazione inversa tra sedentarietà e cancro del colon (con dimezzamento del rischio nei
soggetti attivi) e tra sovrappeso e cancro del colon, particolarmente marcata in presenza di una
distribuzione addominale del grasso, con un rischio relativo pari a 0.53.
Questa associazione è stata confermata da studi successivi.
Maggiormente controversa pare l’associazione con il cancro del retto, ma un recente studio su 952
soggetti di entrambi i sessi ha evidenziato una marcata riduzione del rischio, particolarmente nei
soggetti che praticano attività fisica intensa.
Anche il rischio di carcinoma della mammella si riduce del 14-30% con l’attività fisica, con una
correlazione dose-risposta, anche se l’associazione è minore rispetto a quella del cancro al colon.
Tra i meccanismi proposti per spiegare l’effetto protettivo, la riduzione del grasso corporeo con
conseguente produzione di estrogeni a partire dagli androgeni e la riduzione dell’insulina e di altre
proteine circolanti che influenzano la disponibilità di estrogeni ed insulina.
Questo effetto protettivo, peraltro, si riscontra anche nelle donne in terapia ormonale sostitutiva.
Un aspetto che potrebbe valere la pena di affrontare potrebbe essere quello rappresentato dal
possibile ruolo di confondimento dovuto all’esposizione ad altri fattori di rischio come dieta
scorretta, uso di alcool e tabacco e predisposizione genetica.
- 24 -
Per non parlare dell’importante ruolo che l’attività fisica avrebbe nel trattamento e nella
riabilitazione dei pazienti affetti da tumore, contribuendo a ridurre la sensazione di affaticamento,
migliorando l’efficienza fisica ed influendo positivamente sulla qualità della vita oltre nel
contrastare la depressione e la progressione di eventuali altre patologie.
Secondo le stime dell’OMS l’attività fisica insufficiente è il quarto fattore di rischio di mortalità.
Ogni anno sono attribuibili alla scarsa attività fisica oltre 3 milioni di decessi e 32,1 milioni d i
disability- adjusted life year (DALY) che rappresentano il 2,1 dei DALY totali.
Un adeguato programma di movimento potrebbe, addirittura, avere un ruolo nella prevenzione delle
recidive e nell’incremento della sopravvivenza dei pazienti oncologici, anche grazie alla
stimolazione del sistema immunitario.
Sedici soggetti, sopravvissuti al cancro, che avevano appena terminato la chemioterapia hanno
partecipato ad un programma studio di fitness della durata di tre mesi. Il programma era tarato
appositamente per ogni individuo ed ha permesso di monitorare alcuni parametri ematochimici tra
cui le cellule T del sistema immunitario, prima, durante le 12 settimane del trattamento e dopo aver
terminato il ciclo.
L’analisi ha messo in evidenza come una gran parte delle cellule T sono state modificate in una
forma più efficace per combattere le malattie, chiamate cellule T “naive”. Il significato potrebbe
essere rappresentato dal fatto che l’attività fisica contribuisca a fare in modo che l’organismo si
sbarazzi delle T cells che non sono utili, per fare spazio a quelle che, invece, rappresentano una
risorsa utile per l’organismo stesso. Ciò vale ovviamente sia per i malati di cancro che per i soggetti
sani, con grande interesse sotto il profilo della medicina preventiva.
Già nel 1980 l’ipotesi che l’esercizio fisico potesse essere d’aiuto nella prevenzione del cancro, ha
cominciato a ricevere le giuste attenzioni.
Gli studi hanno messo in evidenza come la relazione tra attività fisica e cancro, attraverso
l’esercizio fisico, abbia una ripercussione su diverse funzioni biologiche che possono influenzare
direttamente il rischio di cancro.
Questi effetti includono le trasformazioni di:
Capacità cardiovascolare
Equilibrio energetico
Capacità polmonari
Funzioni immunitarie
Motilità intestinale
Difese antiossidanti
Livelli ormonali
Riparazione del DNA
Lo studio, pubblicato su BMJ 12 anni or sono, rimane assolutamente attuale ed ulteriori studi hanno
confermato quanto osservato.
Oltre cento studi epidemiologici sul ruolo dell’attività fisica e la prevenzione del cancro, sono stati
pubblicati ed hanno mostrato chiaramente come le donne e gli uomini attivi fisicamente abbiano
una riduzione del 30-40% del rischio di sviluppare il cancro del colon rispetto a persone non attive.
Per quanto riguarda il cancro della mammella esistono prove abbastanza chiare che le donne
fisicamente attive hanno una riduzione del 20-30% del rischio rispetto a quelle inattive.
Parrebbe anche che 30-60 minuti al giorno di moderata attività fisica siano sufficienti per diminuire
il rischio di cancro al seno.
- 25 -
Capitolo 8
Risultati
Quanto è consistente la correlazione tra l’attività fisica e/o la dieta e l’insorgenza del cancro?
Come si correla, nello specifico, rispetto ai tumori della mammella e dell’intestino?
Per quanto riguarda il tumore della mammella, una recente revisione sistematica di 19 studi di
coorte e 29 studi caso-controllo, ha preso in considerazione proprio la relazione tra l’attività fisica
ed il carcinoma della mammella, concludendo che ad ogni età le donne che effettuano attività fisica
regolare, presenterebbero una riduzione del Rischio Relativo pari al 15-20% di sviluppare tale
tumore. L’effetto sembrerebbe maggiore nel periodo post-menopausale rispetto a quello dell’età
fertile e sarebbe proporzionale alla quantità, con una riduzione del rischio relativo del 6% per ogni
ora/settimana di attività fisica svolta, purchè l’esercizio fisico venga protratto nel tempo.
L’efficacia dell’attività fisica non sembra dipendere dal BMI.
Già una precedente revisione era giunta a conclusioni similari
(un’attività fisica di 2-7 ore/settimana durante l’adolescenza
sembra ridurre il rischio del 20%).
Anche dal punto di vista della prevenzione secondaria, uno
studio di coorte condotto su 2.987 donne con tumore della
mammella agli stadi da I a III, ha messo in evidenza come attività fisica di tipo aerobico effettuata
per 3-5 ore alla settimana (camminata a passo moderato) dimezzerebbe il Rischio Relativo di morte
per K mammario. Nelle donne che la praticano per più di tre ore alla settimana, vi sarebbe una
riduzione del Rischio Assoluto del 4% a 5 anni e del 6% a 10 anni, nei confronti di quelle che
camminano
meno
di un’ora alla
settimana.
Non
una
viene percepita
correlazione tra
quantità
di
svolta
e
riduzione
del
rischio.
attività
Per
quanto
concerne
le
recidive, l’attività fisica ne diminuirebbe il rischio, tuttavia non in modo proporzionale rispetto alla
quantità di attività svolta.
Uno studio di coorte su 1.490 donne con diagnosi di tumore alla mammella agli stadi I-III, ha
valutato l’impatto della dieta, dell’obesità e dell’attività fisica sulla sopravvivenza dopo la diagnosi
di cancro.
Dallo studio emerge che un consumo di 5 o più porzioni al giorno
di frutta e verdura associato a 30 minuti di semplice camminata al
giorno, per almeno 6 giorni alla settimana, porterebbero a
dimezzare il Rischio Relativo di mortalità in maniera indipendente
dall’indice di massa corporea.
Secondo una revisione sistematica che ha incluso esclusivamente
14 RCT, l’attività fisica in donne con tumore al seno (sempre agli
stadi I-III) è un intervento efficace per migliorare la qualità della vita, la funzionalità cardiorespiratoria e psico-fisica.
- 26 -
Gli Autori sono tuttavia cauti nel raccomandare l’attività fisica per questi scopi a tutte le donne con
tumore perché queste conclusioni sono basate su pochi studi metodologicamente deboli e su un
numero limitato di donne (717).
Non in tutti gli studi sarebbero stati indagati in modo sistematico gli effetti avversi, mentre sarebbe
opportuno approfondirli e monitorarli in maniera più approfondita.
Un’altra revisione di 9 studi randomizzati e non randomizzati, che hanno interessato 452 donne, ha
studiato l’effetto dell’esercizio fisico esclusivamente in donne in terapia adiuvante (chemioterapia o
radioterapia), sempre per cancro della mammella. Appare evidente come l’attività fisica migliora la
funzionalità cardio-respiratoria aiutando a riacquistare la capacità di compiere le attività abituali che
spesso vengono compromesse dai trattamenti farmacologici.
Le prove per altri outcomes considerati dalla revisione appaiono, invece, limitate (fatigue, recupero
del peso, qualità della vita, depressione, funzione immunitaria, umore, forza, ansietà, disturbi del
sonno e nausea).
La “fatigue” è un effetto collaterale comune del cancro e dei suoi trattamenti, potenzialmente di
lunga durata: può durare mesi o anni.
Si intende con questo termine un complesso di sintomi che porta ad una riduzione dell’energia
fisica, delle capacità mentali e con riflessi anche sulla situazione psicologica.
Trattare quindi la fatigue correlata al cancro è un punto cruciale perché coloro che ne soffrono
possono essere meno inclini a continuare le terapie
antitumorali.
Mentre in passato le persone malate di cancro che
soffrivano di fatigue venivano invitate a riposare, ora
la tendenza è esattamente opposta, avendo notato che
questa indicazione risulta dannosa proprio perché
lunghi periodi di inattività possono portare ad atrofia
muscolare e possono addirittura aumentare la
stanchezza. Diverso sarebbe alternare riposo ed attività
fisica che porterebbe benefici certi.
Fig. 7.1 Correlazione tra Fatigue e cancro
Nel 2008 una prima revisione sistematica, con pochi studi all’attivo, ha messo in evidenza alcuni
benefici dell’attività fisica sulla fatigue nel cancro. Un aggiornamento recente che aggiunge altri 28
studi, complessivamente 56 con oltre 4.000 persone incluse, mette in evidenza come i soggetti
affetti da tumori solidi beneficino dell’esercizio aerobico: ad esempio, camminare oppure andare in
bicicletta, sia durante che dopo il trattamento.
Le “prove di efficacia” derivate dalla letteratura suggeriscono che l’esercizio fisico può essere utile
per ridurre la fatigue correlata al cancro: in questo senso deve essere considerato come una delle
componenti di una strategia per gestire questa condizione, naturalmente da associare ad altri
interventi e ad una formazione specifica.
La revisione aggiornata fornisce pertanto una risposta più precisa, mostrando in particolare che
l’esercizio fisico di tipo aerobico può essere utile sia durante che dopo il trattamento contro il
cancro.
Rispetto alla patologia intestinale, parimenti, in termini di prevenzione primaria pare opportuno
segnalare la metanalisi del 2004 su 19 studi di coorte che ha messo in evidenza come l’attività
fisica ridurrebbe il Rischio Relativo di cancro del colon del 22% negli uomini e del 29% nelle
donne; così pure, nei vari studi caso-controllo si è riscontrato un effetto protettivo dell’attività
fisica, mentre eguali risultati non sarebbero riscontrabili nel cancro del retto.Nei 9 studi (7 di coorte
- 27 -
e 2 caso-controllo) condotti in periodi successivi su popolazioni americane, europee, giapponesi e
cinesi, l’influenza dell’attività fisica parrebbe essere diversa tra il sesso maschile e quello
femminile. In sei studi su 9 è stata confermata la riduzione del rischio del cancro al colon negli
uomini, mentre nelle donne non compaiono significative differenze. La terapia ormonale sostitutiva
potrebbe mascherare l’effetto benefico dell’attività fisica nella riduzione del tumore del colon.
Infatti, la TOS è un fattore protettivo del cancro del colon, anche se in modo modesto.
Al fine di comprendere meglio questo fenomeno, è stato condotto uno studio su insegnanti donne in
California, di cui il 59% in post menopausa ed il 74% in TOS.
Lo studio ha messo in evidenza come l’attività fisica all’interno della popolazione complessiva non
diminuiva il rischio di tumore al colon. L’analisi
per sottogruppi mostra che nel gruppo di donne
che non hanno mai fatto uso di TOS, quelle che
facevano attività fisica per almeno 4 ore alla
settimana avevano una riduzione del Rischio
Relativo pari al 49% rispetto a chi ne faceva
meno di mezz’ora alla settimana. Tuttavia, tale
ipotesi non è stata confermata da un successivo
studio americano condotto sempre solo su
soggetti di sesso femminile.
Fig. 7.2 …Il concetto di Buona salute!
Lo studio più importante riguardante la quantità di attività fisica efficace è uno studio di coorte
svolto in Europa chiamato EPIC, nato per indagare l’associazione tra dieta, stili di vita, fattori
genetici ed ambientali ed il rischio di specifici tipi di cancro.
Lo studio ha arruolato circa 520.000 persone in 10 Paesi europei ed in 23 Centri. Si tratta di uno
studio prospettico e di coorte ed i soggetti interessati avevano età compresa tra i 39 ed i 69 anni.
Lo studio ha identificato finora 25.000 casi di cancro nei partecipanti ed ha identificato alcune
possibili associazioni tra fattori legati alla dieta e lo sviluppo di tumori.
In Italia sono state seguite per cinque anni più di 30mila donne e sono stati individuati 318 casi di
tumore alla mammella, correlati alle abitudini alimentari. I dati in possesso dei ricercatori hanno
permesso di esprimere una chiara relazione tra consumo di grassi saturi e tumore.
Per i singoli alimenti, la correlazione appare particolarmente evidente per le uova, ricche di
colesterolo; il meccanismo biologico alla base dell’insorgenza del cancro parrebbe essere legata
all’aumento degli ormoni sessuali: i grassi ingeriti accrescono la resistenza insulinica, e questo fa sì
che aumenti la produzione di ormoni sessuali nell’ovaio. A loro volta, un incremento di questi
ormoni farebbe aumentare il rischio di sviluppare il tumore al seno.
Dallo studio europeo emerge ulteriormente un forte ruolo protettivo delle verdure crude a foglia.
Lo studio mette anche in guardia dall’eccessivo consumo di
alcool oltre che di fumo ed obesità.
Lo studio EPIC conferma che un consumo elevato di frutta
riduce l’incidenza del tumore del polmone, in modo
indipendente rispetto ai danni da fumo, che rimane il fattore
di rischio n°1 in assoluto per tale patologia.
Un’alimentazione ad alto contenuto di fibre vegetali e di
pesce, per esempio, ha un effetto protetivo rispetto al tumore
del colon retto mentre, al contrario, il consumo di carni rosse
ne aumenta il rischio.
- 28 -
Fig. 7.3 Sindrome Metabolica
Altri risultati dello Studio EPIC: l’obesità da sola o associata ad obesità addominale è associata
genericamente ad un aumento della mortalità generale e, nello specifico, assume un ruolo
prognostico sfavorevole anche perché considerata concausa nell’insorgenza della Sindrome
metabolica.
Un altro studio recente è quello denominato Diana 5, randomizzato e controllato, per valutare
l’efficacia della dieta e dell’attività fisica nella riduzione del rischio in donne con un cancro al
seno ad alto rischio di recidive, sulla base dei loro parametri ormonali e/o metabolici.
Lo studio si pone due obiettivi: ridurre il rischio di recidiva attraverso l’incremento dell’attività
fisica, il controllo del peso e la promozione di uno stile alimentare a basso contenuto calorico e
glicemico e valutare l’effetto della modificazione degli stili di vita attraverso la combinazione di
dieta ed attività fisica sulla sindrome metabolica e su altre patologie come il diabete, la dislipidemia
e la sindrome climaterica.
I primi risultati sarebbero molto incoraggianti; lo studio si
prefigge tuttavia di coinvolgere almeno 2.000 donne malate
di cancro alla mammella.
Fig. 7.4 - Incidenza e recidive del cancro mammario
Una altro studio prospettico importante, effettuato in
provincia di Varese su circa 11.000 donne sane, tra il1987
ed il 1992 è lo Studio ORDET, che ha studiato il rapporto tra ormoni e dieta nell’eziologia del
tumore della mammella, con lo scopo di valutare:
• il ruolo dei livelli dei fattori ormonali, metabolici ed in genere biomolecolari sull'insorgenza del
tumore alla mammella;
• l'influenza delle abitudini alimentari sul tumore della mammella e le possibili interazioni tra questi
due fattori;
• se differenti sottotipi molecolari del carcinoma della mammella (ER, PR, HER-2, p53, recettore
per gli androgeni, recettore dell'IGF-I ed di altri fattori di crescita, e l'attivazione del NF-kappa B)
sono associati a differenti pathway eziologiche (principalmente quelle influenzate da ormoni, profili
metabolici, dieta e antropometria).
L'osservazione della coorte è ormai ventennale ed ha fornito informazioni molto interessanti
raccolte con strumenti validati su antropometria, dieta, stile di vita, confermando la netta relazione
tra l’alimentazione, gli stili di vita e l’insorgenza del cancro.
Lo Studio COS (Case Only Study) è uno studio internazionale sull’interazione tra fattori genetici
ed ambientali nell’insorgenza di cancro mammario in giovani donne, entro i 40 anni. Sono
coinvolte 3.123 donne di cui 1.600 italiane.
Lo studio ha dimostrato che il consumo di latte e derivati aumenterebbe il rischio mentre il consumo
frequente di crucifere rappresenterebbe un fattore protettivo.
Lo studio COS 2 (italiano) si propone di modificare, attraverso la dieta, il sistema anomalo che
regola la crescita tumorale.
Anche “The Cina Study”, condotto da Colin e Thomas Campbell, mette in evidenza il rapporto tra
alimentazione (particolarmente proteine di origine animale) e patologia degenerativa.
- 29 -
Capitolo 9
Discussione e Conclusioni
L’attività fisica riduce il rischio di cancro intestinale
Molti studi di tutto il mondo hanno studiato il legame tra attività fisica e cancro all’intestino.
L’evidenza mostra che le persone che svolgono attività fisica possono ridurre il loro rischio di
sviluppare il cancro del colon di circa il 25%. Lo stesso effetto non è confermato sui tumori del
retto.
L’attività fisica può ridurre il rischio di cancro intestinale in molti modi, principalmente
regolarizzando i movimenti intestinali e quindi favorendo il passaggio rapido di sostanze
cancerogene presenti nel cibo, verso la fase escretiva.
L’attività fisica riduce i livelli di insulina, di alcuni ormoni e di alcuni fattori di crescita, che a livelli
elevati possono rappresentare un fattore favorente la crescita tumorale.
L’attività fisica modifica i livelli delle prostaglandine, coinvolte nei processi infiammatori, le quali
sono coinvolte nei processi infiammatori; in questo modo la moltiplicazione cellulare avviene più
lentamente, stimolando la minor possibilità di incorrere in errori di replicazione cellulare.
L’attività fisica riduce il rischio di cancro mammario
Combinando i risultati di 31 studi su attività fisica e cancro alla mammella, si è potuto osservare che
le donne che avevano svolto maggiormente attività fisica presentavano un rischio di ammalare
diminuito del 12% rispetto alle donne meno attive. L’analisi ha mostrato che per ogni 2 ore a
settimana di attività, di tipo moderato o parzialmente vigoroso, ma sempre aerobico, il rischio di
cancro al seno scende del 5%.
Questo dato è confermato anche da EPIC.
L’attività fisica ridurrebbe il livello di estrogeni circolanti e di insulina circolante.
La dieta corretta riduce il rischio di cancro intestinale e di cancro mammario
L’alimentazione riveste un ruolo fondamentale nella eziopatogenesi del cancro gastrointestinale.
Una dieta ricca di grassi e povera di vegetali è associata al cancro.
Si stima che tra 40 e i 60% dei tumori potrebbe essere evitato con una dieta congrua
L’alimentazione è fondamentale per l’energia necessarie per vivere ma un eccesso può determinare
squilibri rappresentati da
- infiammazione; radicali liberi; sostanze tossiche; stress ossidativo; acidi grassi
Sono proprio questi squilibri che rivestono un ruolo anche se non ancora ben chiaro nella
eziopatogenesi del cancro dell’apparato digerente e del colon retto in particolare.
Recenti ricerche confermano come la nutrizione possa influenzare i fenomeni infiammatori infatti
diete ricche di grassi,carboidrati, alcol e povere di fibre ed omega3 aumentano i processi
infiammatori dell’organismo.
I radicali liberi sono prodotti di “scarto” che si formano naturalmente all’interno delle cellule del
corpo quando l’ossigeno viene utilizzato nei processi metabolici (ossidazione).
-
se sono in quantità minima, aiutano il sistema immunitario nell'eliminazione dei germi e
nella difesa dai batteri;
se presenti in quantità eccessiva possono causare gravi danni ai processi dell’organismo.
Sono i veri distruttori delle strutture cellulari e responsabili dell’invecchiamento,
dell’aterosclerosi, delle malattie degenerative, del cancro.
- 30 -
L’aumento nell’organismo delle sostanze dannose determina processi di ossidazione (stress
ossidativi) che sono la causa di molte malattie tra cui le neoplasie.
-Acidi grassi: sono importanti nella genesi del cancro per la possibilità di veicolare i cancerogeni e
favorire la formazione di radicali liberi
La modalità con cui agiscono non è nota ma sarebbe mediata da un aumentata sintesi di colesterolo
e acidi biliari che causerebbero un danno alle cellule del colon con la partecipazione dei batteri che
convertono queste sostanze in potenzialmente tossiche .
Particolarmente dannosi i grassi saturi e soprattutto i trans
Gli acidi grassi trans (cosiddetti per la posizione di carbonio, idrogeno, ossigeno) si formano dai
grassi insaturi a causa delle alte temperature per processi di idrogenazione e raffinazione degli oli
vegetali.
Si formano anche nello stomaco dei ruminanti a causa dell'azione di batteri per cui una piccola
quantità di grassi trans è presente nel latte, nei prodotti caseari, nella carne dei ruminanti.(notare
l'arretratezza della suddivisione fra carne rossa e bianca: nella carne di cavallo,cinghiale, maiale,
carni rosse, non ci sono grassi trans perché non sono ruminanti!)
Fortunatamente oltre ad infiammazione, stress ossidativi e radicali liberi nel cibo sono present i
numerosi principi protettivi Le sostanze antiossidanti che neutralizzano l’azione delle sostanze
cancerogene
I principali antiossidanti sono i Polifenoli contenuti in
 uva e vino;
 olive e olio extravergine da oliva,
 The,cioccolato nero fondente
 Ravanello,cavolfiore,broccoli,barbabietola rossa, cavolo
 pomodori,
 aglio
Tutti gli studi esaminati e presi in considerazione hanno messo in evidenza come siano da ritenersi
efficaci gli interventi con i quali si interviene per cercare di modificare gli atteggiamenti ed i
comportamenti non congrui relativamente alle abitudini alimentari ed all’implementazione di
attività fisica appropriata al fine di incidere significativamente nella riduzione del rischio di
ammalare di tumore del colon o della mammella.
Lo studio ha comportato un enorme lavoro di ricerca bibliografica sulle Banche Dati dichiarate e su
riviste specifiche relativamente agli argomenti trattati.
Certamente lo studio presenta una validità interna soddisfacente, comunque tale da giustificare
l’implementazione di progetti interni rivolti a migliorare la qualità della vita della popolazione di
riferimento.
Il lavoro mette in risalto una grande evidenza scientifica, necessaria per l’implementazione di
“teacheable moments” da programmare nel prossimo futuro nella nostra Azienda Sanitaria.
Rispetto alla possibilità reale di mettere in atto un progetto di sensibilizzazione e monitoraggio della
popolazione afferente agli Screening oncologici all’interno del nostro territorio, sono già in atto
manifestazioni culturali tali da garantire una parte di quota finanziaria necessaria per l’avvio del
progetto stesso.
Parimenti, qualora all’interno del percorso previsto dalla struttura del Master, qualche altro
candidato proponesse attività di ricerca simili o comunque percorribili, varrà certamente la pena di
unire le risorse e rendere ancora più corposo lo spettro di osservazione.
- 31 -
Ringraziamenti
 Un ringraziamento calorosissimo a tutti i Docenti del Master che si sono
prodigati per la buona riuscita di tutto il percorso culturale;
 un ringraziamento di vero cuore al Discussant Dr. Claudio Rabagliati che,
amico fraterno di vecchia data, ha provveduto a mettere in atto tutto lo studio
epidemiologico relativo alle patologie esaminate, all’interno della nostra ASL,
rendendo molto attuali e congrui, oltre che centrati sul territorio di riferimento,
i dati presi in considerazione per questa ricerca;
 un ringraziamento speciale al Collega epidemiologo Dr. Alessandro Rivetti del
SEREMI di Alessandria, per il grande aiuto relativo al lavoro di ricerca
bibliografica sulle tematiche di interesse specifico.
 un ringraziamento al Dr. Silvano Santoro del DORS per l’interessamento e la
prima ricerca bibliografica che mi ha consentito l’inquadramento degli
argomenti da trattare.
- 32 -
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