UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DEL PIEMONTE ORIENTALE “A. AVOGADRO” Dipartimento di Medicina Traslazionale in collaborazione con Università Cattolica del Sacro Cuore e Università di Milano Bicocca MASTER IN SCIENZE DELLA PREVENZIONE MSP-ASPP ADVANCED SCHOOL OF PREVENTION AND HEALTH PROMOTION Analisi dell’efficiacia di interventi volti a migliorare le abitudini alimentari e l’attività fisica quali fattori di rischio in campo oncologico con particolare riguardo ai tumori intestinali ed al tumore della mammella. Giancarlo FARAGLI Anno accademico 2012-2013 Indice Abstract pag. 2 Capitolo 1 Introduzione pag. 3 Capitolo 2 Materiali e metodi pag. 8 Capitolo 3 I tumori della mammella e del colon retto pag. 9 Capitolo 4 I fattori di rischio del tumore della mammella pag. 14 Capitolo 5 I fattori di rischio dei tumori del colon retto pag. 16 Capitolo 6 Alimentazione e cancro pag. 18 Capitolo 7 Attività fisica e cancro pag. 24 Capitolo 8 Risultati pag. 26 Capitolo 9 Discussione e conclusioni pag. 30 I. Ringraziamenti pag. 32 II. Bibliografia pag. 33 -1- Abstract Obiettivi: Lo studio ha lo scopo di analizzare l’efficacia di interventi volti a migliorare le abitudini alimentari e l’attività fisica quali fattori di rischio in campo oncologico, con particolare riguardo ai tumori intestinali ed al tumore della mammella. Materiali e metodi: per questo studio sono stati utilizzati i dati provenienti dall’analisi della letteratura derivante dall’interrogazione di PubMed, della Cochrane Library e dai risultati del più grande Studio europeo (EPIC) oltre che di altri Studi messi in atto in Italia ed in altri Paesi. Sono stati selezionati i dati a partire dal 2009 ad oggi. Gli argomenti presi in considerazione fanno riferimento al tipo di alimentazione oppure all’attività fisica come fattori di rischio (o di protezione) rispetto all’insorgenza del cancro del colon retto o della mammella. Sono stati valutati i fattori di rischio per entrambe le patologie e successivamente studiate le implicazioni rispetto ai due tipi di tumore; sono stati scelti l’alimentazione e l’attività fisica in quanto pare maggiormente e più realisticamente intervenire per una programmazione successiva di interventi di promozione della salute e di cambio delle abitudini da parte della popolazione interessata. Risultati: appare scontata una relazione diretta tra l’alimentazione ed i due tipi di patologia neoplastica presi in considerazione; vale egualmente per l’attività fisica. Sono state individuate possibili associazioni tra fattori legati alla dieta e lo sviluppo di tumori; sono stati anche individuati i meccanismi biologici con i quali l’insorgenza del cancro parrebbe essere legata, sia per il colon che per la mammella. Anche il ruolo dell’obesità, inducente Sindrome Metabolica, parrebbe implicato nella genesi del cancro, da sola o associata all’adiposità addominale. L’attività fisica ha una ripercussione su diverse funzioni biologiche che possono influenzare direttamente il rischio di cancro; non solo per l’insorgenza, ma anche per la prevenzione delle recidive. La riduzione del rischio varia tra il 20-30% fino al 40% sia per il cancro del colon che per quello della mammella. Conclusioni: lo studio ha confermato la relazione diretta esistente tra l’alimentazione, l’attività fisica ed i tumori dell’intestino e della mammella. Ha messo in evidenza i meccanismi biologici con i quali tali interazioni avvengono. Tutti gli studi esaminati e presi in considerazione hanno messo in evidenza come siano da ritenersi efficaci gli interventi con i quali si cerca di modificare gli atteggiamenti ed i comportamenti legati alle abitudini alimentari e/o all’implementazione della giusta quantità di attività fisica. Ciò è significativo e dotato di evidenza scientifica sia per i tumori intestinali che per quelli della mammella. Il lavoro rappresenta la base di partenza per l’implementazione di un progetto di sensibilizzazione e monitoraggio della popolazione afferente agli screening oncologici, all’interno del territorio della nostra ASL. Le donne che afferiscono alla prevenzione dei tumori della mammella e gli uomini e le donne che afferiscono a quella dei tumori intestinali, potranno cogliere il momento utile e propizio (teacheable moments) per approfittare di un intervento di promozione della salute loro dedicato. -2- Capitolo 1 Introduzione Epidemiologia LA RIVOLUZIONE EPIDEMIOLOGICA DEL XX SECOLO ITALIA, DATI DI MORTALITÀ GREZZI 1407 500 Decessi per 100.000 A partire dal secolo scorso è cominciata, nei Paesi maggiormente industrializzati, la cosiddetta “transizione epidemiologica” che ha determinato il passaggio da uno scenario in cui le principali cause di morte e di disabilità erano da attribuirsi alle malattie infettive, ad uno in cui l’importanza di queste ultime è andata sempre più diminuendo con il contemporaneo aumento di quella delle malattie non infettive. CARD + CER 400 300 TUM 200 100 RESP ACC DIG INF 0 1900 1910 1920 1930 1940 1950 1960 1970 1980 1990 EMS 2000 S. De Flora, A. Quaglia, C. Bennicelli e M. Vercelli, FASEB J., 2005 modificato da G. Faragli , 2006 Con caratteristiche simili, il processo si sta ora ripetendo in tutti quei Paesi che stanno lentamente incrementando il proprio sviluppo socio-economico. Proprio in questi giorni AIOM ed AIRTUM hanno presentato la mappa dei dati aggiornati rispetto ai tumori nel nostro Paese: persiste lo squilibrio territoriale Nord-Sud con il paradosso del Settentrione più colpito e del Meridione meno brillante nella sopravvivenza che si attenua ma non scompare: ogni giorno in Italia si scoprono circa 1.000 nuovi casi di cancro. Si stima che nel nostro Paese, nel corso dell’anno, ammaleranno di cancro circa 364.000 italiani, 2.000 in più rispetto al 2012 (56% maschi e 44% femmine). Tutto ciò anche se negli ultimi anni sono complessivamente migliorate le percentuali di guarigione: il 61% delle donne ed il 42% degli uomini è vivo a cinque anni dalla diagnosi. Quasi il 70% dei tumori infatti, potrebbe essere prevenuto o quantomeno diagnosticato in tempo se tutti adottassero stili di vita corretti ed aderissero alle campagne di screening promosse e proposte dalle Regioni italiane. Incidenza Nel corso della vita circa un uomo su 2 ed una donna su 3 ammalerà di tumore. Il tumore in assoluto più frequente (ad eccezione di quello della cute) è quello del colon retto (14%) seguito dal tumore della mammella (13%), della prostata (11% solo nel sesso maschile) e del polmone (11%). Ad esclusione dei carcinomi della cute, i cinque tumori più frequentemente diagnosticati fra gli uomini sono il tumore della prostata (20%), il tumore del polmone (15%), il tumore del colon retto (14%), il tumore della vescica (10%) e quello dello stomaco (5%); e tra le donne, il tumore della mammella (29%), il tumore del colon retto (14%), il tumore del polmone (6%), il tumore del corpo dell’utero (5%) e quello della tiroide (5%). L’incidenza dei tumori aumenta tra gli uomini ed è stabile invece tra le donne, mentre il contemporaneo invecchiamento della popolazione porta inevitabilmente ad un aumento consistente delle nuove diagnosi. L’Italia presenta una frequenza di neoplasie sia per gli uomini che per le donne, molto simile a quella dei Paesi del Nord Europa o degli Stati Uniti. Mortalità I decessi dovuti a tumori maligni sono stati quasi 175.000 nel corso del 2012 (99.000 uomini e 76.000 donne). La mortalità per tumore è in riduzione in entrambi i sessi, anche se l’invecchiamento della popolazione tende a nascondere questo fenomeno. -3- Tab 1.1 –Tipi di tumori più frequentemente diagnosticati in Italia Tab2.1 - Tabella delle prime cinque cause di morte in Italia Sopravvivenza La sopravvivenza dopo la diagnosi di tumore appare come uno dei principali indicatori che permette di valutare la gravità della malattia sulla base di studi epidemiologici e l’efficacia del sistema sanitario. La sopravvivenza è fortemente influenzata dalla diagnosi precoce e dalla terapia. Nel primo caso, la maggiore possibilità di diagnosi precoce e conseguentemente di terapie efficaci è fortemente in relazione ai Programmi di screening (mammella, cervice uterina e colon retto); nel secondo caso l’incremento della sopravvivenza è dovuto agli sviluppi delle terapie oncologiche, come ad esempio la recente introduzione di molecole a bersaglio molecolare. La sopravvivenza libera da malattia a cinque anni dalla diagnosi è pertanto divenuto un indicatore ampiamente entrato nell’uso comune. In Italia la sopravvivenza dei malati di tumore continua ad aumentare, ma al Sud è di 4-10 punti percentuali più bassa che al Centro-Nord. Se si considera l’insieme di tutti i tumori (esclusi quelli di vescica e cute), la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi dei malati oncologici in Italia è pari al 50% per gli uomini e al 60% per le donne. Questo dato è superiore alla media europea ed è simile a quello registrato nei Paesi scandinavi, mentre è inferiore a quello degli Stati del Nord America. Tra il 1990 e il 2007 il periodo di permanenza in vita dei malati di cancro in Italia è aumentato del 14% per gli uomini e del 9% per le donne. Questo importante miglioramento permane anche a distanza di 10 e 15 anni dalla diagnosi. La sopravvivenza a 5 anni per i tumori di maggiore impatto sociale mostra che a fianco di neoplasie a buona prognosi permangono ancora tumori a prognosi infausta: la sopravvivenza è alta per alcune sedi tumorali quali tiroide (94%), mammella della donna (87%), prostata (89%), cervice uterina (61%) e colon-retto (58%); -4- è inferiore al 50% per le leucemie considerate nel loro insieme (43%) e per il tumore dello stomaco (29%); ed è al di sotto del 20% per fegato (14%) e polmone (13%). Negli uomini la sopravvivenza a 5 anni è di circa 10 punti percentuali più bassa rispetto a quella delle donne. Nella gran parte dei tumori maligni la sopravvivenza appare inversamente proporzionale all’età. Prevalenza La prevalenza corrisponde al numero di persone che, nella popolazione generale hanno avuto una diagnosi di tumore. E’ condizionata sia dalla frequenza con cui ci si ammala sia dalla durata della malattia (sopravvivenza). In Italia circa il 4% della popolazione (2.250.000 persone) sono risultati affetti da tumore. Il 44% è rappresentato da uomini ed il 56% da donne. Tra gli uomini, ai primi cinque posti per frequenza ci sono soggetti con precedente diagnosi di tumore della prostata (22%), vescica (18%), colon retto (15%), tumori della testa e del collo (9%) e polmone (6%). Tra le donne il tumore della mammella è di gran lunga il più rappresentato (42%), seguito da colon retto (12%), corpo dell’utero (7%), tiroide (5%) e cervice uterina (4%). La probabilità di ammalare dipende da un’infinità di fattori, dalla frequenza della malattia alla predisposizione genetica; certamente dalla presenza di particolari fattori di rischio anche legati agli stili di vita delle singole persone. Particolare rilevanza riveste, peraltro, lo Studio relativo all’analisi dell’andamento della mortalità per alcune cause tumorali (totali e specifiche) nella ASL della Provincia di Alessandria, codificate secondo la IX° Revisione dell'International Classification of Diseases e condotto “ad hoc” per le esigenze di questo Master ASPP - Advanced School of Prevention and health Promotion dal Dr. Claudio Rabagliati, Coordinatore del Piano Locale della Prevenzione della ASL AL. Sono stati presi in considerazione i dati relativi alla mortalità generale per tumori, con particolare riferimento a quelli del colon retto e della mammella. Sulla base di questo importante studio, la mortalità locale per tumori maligni nella popolazione totale della ASL AL risulta maggiore in modo statisticamente significativo nel periodo complessivo 1992-2003 (102,36) e nel solo anno 2006 (103,13), seppure non significativamente, rispetto alla corrispondente media regionale, sia per i maschi che per le femmine. Il trend della mortalità locale per tumori maligni nella popolazione della ASL AL indica un modico peggioramento nel tempo ed un progressivo aggravamento per il sesso femminile, con valori non significativi di poco inferiori o in linea rispetto alle medie regionali (+ 2,4% di mortalità specifica tra gli estremi del periodo 1992-2003). La mortalità locale per tumori del colon retto nella popolazione totale della ASL AL risulta superiore per le femmine, non significativamente, nel periodo complessivo 1992-2003 (100,87) e inferiore, in modo statisticamente significativo, nel solo anno 2006 (77,24), rispetto alla corrispondente media regionale. La mortalità locale per tumori della mammella nella popolazione femminile della ASL AL risulta minore, non significativamente, nel periodo complessivo 1992-2003 (96,86) e superiore nel solo anno 2006 (119,38), in modo statisticamente significativo, rispetto alla corrispondente media regionale. -5- Nello specifico, prendendo in considerazione le patologie di maggiore interesse per questo studio, i dati appaiono i seguenti: TUMORI DEL COLON RETTO Maschi e Femmine (Totale) La mortalità locale per tumori del colon retto nella popolazione totale della ASL AL evidenzia un eccesso di eventi rispetto alla corrispondente media regionale, in modo non statisticamente significativo, nel solo periodo 1992-1994 (106,00). Al contrario, gli indicatori di confronto utilizzati indicano una mortalità locale totale inferiore a quella media piemontese nei periodi 1995-97 (98,178), 1998-2000 (99,38), 2001-03 (96,91) e nel solo anno 2006 (77,24), in quest’ultimo caso in modo statisticamente significativo. Pertanto, il trend della mortalità locale per tumori del colon retto nella popolazione totale della ASL AL indica un andamento decrescente nel tempo, passando da valori superiori rispetto alle medie regionali a valori costantemente inferiori (- 8,6% di mortalità specifica tra gli estremi del periodo 1992-2003). Il trend della mortalità locale per tumori del colon retto nella popolazione maschile della ASL AL mostra un andamento in diminuzione nel tempo, con valori inferiori rispetto alle medie regionali, risultando mediamente in decrescita (- 5,2% di mortalità specifica tra gli estremi del periodo 1992-2003). Il trend della mortalità locale per tumori del colon retto nella popolazione femminile della ASL AL mostra un costante andamento decrescente nel tempo, con valori sempre inferiori, seppure non significativi, rispetto alle medie regionali (- 12,0% di mortalità specifica tra gli estremi del periodo 1992-2003). TUMORI DELLA MAMMELLA Femmine La mortalità locale per tumori della mammella nella popolazione femminile della ASL AL indica un eccesso non significativo di eventi rispetto alla corrispondente media regionale nei periodi 199597 (103,03) e 2001-03 (102,43) e nel solo anno 2006 (119,38), questa volta in modo statisticamente significativo. Al contrario, gli indicatori di confronto utilizzati indicano una mortalità locale femminile inferiore a quella media piemontese nel periodo 1992-1994 (93,27) e, in modo statisticamente significativo, nel triennio 1998-2000 (88,57). Tuttavia,il trend della mortalità locale per tumori della mammella nella popolazione femminile della ASL AL mostra un andamento in crescita nel tempo, pur con alternanza di valori inferiori a valori superiori rispetto alle medie regionali (+ 9,8% di mortalità specifica tra gli estremi del periodo 1992-2003). Sulla base di questi dati e di quanto presente in letteratura, è stato preso in considerazione il rapporto tra i vari fattori di rischio e due delle principali patologie neoplastiche epidemiologicamente rilevanti: il cancro della mammella e quello del colon retto. E’ stata effettuata un’attenta disamina di tutti i fattori di rischio connessi alle patologie su menzionate e tra questi sono stati scelti l’attività fisica e la dieta, che appaiono maggiormente significativi tra quelli riguardanti gli stili di vita delle nostre popolazioni. I molti dati presenti in letteratura scientifica permettono di prendere visione di alcuni studi che dimostrano che il 35% dei tumori è dovuto all’alimentazione e che esiste una relazione diretta, importante e significativa tra l’attività fisica e l’insorgenza del cancro. Tra i primi, se non i primi ad effettuare studi sui rapporti tra alimentazione e cancro sono stati Richard Doll e Richard Peto nel 1981. -6- Secondo i loro studi, il 30% dei tumori è dovuto al fumo di sigarette, il 35% all’alimentazione, il 35% all’inquinamento atmosferico, agli agenti tossici ed alle radiazioni. Da questi studi risulterebbe anche che il 4% dei tumori è dovuto all’obesità ed il 10% all’obesità associata al fumo. Il rapporto tra alimentazione e tumori appare quindi certo. In questo contesto ci sono dei fattori sicuramente modificabili, quali la dieta, l’obesità ed il sovrappeso, il consumo di alcool, il fumo, la mancanza di attività fisica. E’ parso quindi necessario mettere in atto una revisione della letteratura, concentrando l’analisi su due aspetti specifici, comuni ai due tipi di tumore presi in considerazione e cioè l’alimentazione e la scarsa attività fisica, intesi quali fattori di rischio per entrambe le neoplasie. Scopo della ricerca è quello di esplorare la letteratura esistente relativamente a modelli di intervento, sostenibilità, esportabilità ed efficacia di interventi di promozione di stili di vita sani e coerenti (corretta alimentazione e giusta attività fisica) rivolti a particolari gruppi di popolazione particolarmente a rischio per tumori del colon e della mammella. L’obiettivo della tesi è quello di analizzare la corretta correlazione tra alcuni fattori di rischio ( nella fattispecie la dieta e l’attività fisica) intesi quali fattori di rischio/protettivi in campo oncologico, con particolare riguardo ai tumori dell’intestino e della mammella e verificare l’efficacia di interventi giudicati efficaci nel migliorare le abitudini alimentari e nello stimolare l’attività fisica, nella popolazione e/o in soggetti a rischio di ammalare di tumore. In caso di evidenza scientifica consolidata, si potrà procedere all’implementazione di interventi sensibili (teacheable moments), alle donne che affluiscono ai servizi di prevenzione per il tumore della mammella ed ai cittadini (maschi e femmine) che affluiscono ai servizi di prevenzione per i tumori dell’intestino, all’interno del Dipartimento di Prevenzione oncologica dell’ASL AL con relativa valutazione del rapporto costo/beneficio. -7- Capitolo 2 Materiali e metodi Sono state prese in considerazione le varie revisioni sistematiche presenti sull’argomento, attraverso l’interrogazione di banche dati (PubMed) selezionando “Alimentazione ed attività fisica come fattori protettivi per i tumori intestinali e della mammella” ed ancora PubMed su quanto pubblicato in base ai risultati dell’indagine europea EPIC, filtrata solo per i tumori dell’intestino e della mammella. Oltre a PubMed, la ricerca è stata fatta anche sulla Cochrane Library. Da PubMed è stato fatto un primo screening su 487 titoli di cui 98 selezionati a far data dal 2009 ad oggi. Gli argomenti presi in considerazione fanno riferimento al tipo di alimentazione (consumo di carni rosse, grassi, alcool, fibre, calcio o magnesio assunti con la dieta) oppure l’attività fisica come fattori che possono avere effetto sull’insorgenza delle neoplasie del colon retto, compresi gli adenomi. Una piccola parte dei lavori visionati considera anche l’effetto di questi fattori nel decorso della patologia, in soggetti già malati. Altri studi prendono in considerazione anche i polimorfismi genetici; non valutati in questo studio. Le revisioni Cochrane sono solamente tre: Bourke 2013, Jin 2012 e Weingarden 2008; oltre a queste, un’altra ulteriore revisione è presente (Asano TK et al, Dietary fibre for the prevention of colorectal adenomas and carcinomas, del 2002 che però non è più stata aggiornata dal novembre 2001. -8- Capitolo 3 I tumori della mammella e del colon retto Il riferimento specifico è rivolto a due tumori tra i più frequenti per distribuzione e per mortalità, rappresentati dal carcinoma della mammella e dai tumori del colon retto. Il tumore più frequente è quello del colon retto, con oltre 54.000 nuove diagnosi, seguito da mammella (48.000 nuovi casi), polmone (38.000 casi) e prostata (36.000 casi). Il rischio teorico di morire di cancro nel corso della vita interessa un uomo ogni tre ed una donna ogni sei. Si stima che nel corso dell’anno i decessi causati da tumore saranno circa 173.000 (175.000 nel 2012), confermando quindi il calo progressivo che tra il 1996 ed il 2007 è stato del 17% per gli uomini e del 10% nelle donne. Cresce del 10% la percentuale degli uomini guariti a 5 anni dall’individuazione della neoplasia. La sopravvivenza a 5 anni viene raggiunta dal 57% dei casi. Il miglioramento dei tassi di guarigione è molto evidente in neoplasie frequenti come quelle della prostata (91%), della mammella (87%), e del colon retto (64% per gli uomini e 63% per le donne), mentre sono, invece, ancora piuttosto basse le corrispondenti percentuali nelle persone con cancro del polmone (14% uomini e 18% donne) e del pancreas (7% e 9%). Di contro, il tasso di nuovi casi/anno (incidenza) per il totale dei tumori è più elevato del 26%. L’incidenza del tumore della mammella è di circa 37.000 nuovi casi all’anno in Italia. Colpisce una donna su 10 e, nel sesso femminile rappresenta il 25% di tutti i tumori. E’ la prima causa di mortalità per tumore nel sesso femminile, con un tasso di mortalità del 16% di tutti i decessi per causa oncologica ed un rischio di morte pari ad un decesso ogni 50 donne. I tassi di incidenza sono discretamente omogenei tra le varie aree italiane: i più bassi sono più facilmente osservabili nelle aree del Sud Italia, essendo in parte riconducibili alla diversa diffusione dei programmi di screening mammografico. Tabella 2.1 Tassi di incidenza e mortalità per tumore della mammella Circa la metà dei casi si concentra in Europa e nel Nord America mentre è assai inferiore nei Paesi in via di sviluppo, con picchi di incidenza in Olanda e negli Stati Uniti. Attualmente non esiste ancora una reale prevenzione primaria per il carcinoma della mammella: gli studi sulla farmaco prevenzione sono in una avanzata fase di sviluppo, ma sono utilizzati prevalentemente, per ora, con lo scopo di ridurre il rischio di insorgenza del tumore sulla seconda mammella. Tab. 2.3 – Andamento per area geografica -9- Tab. 2.2 – Dati di sopravvivenza del tumore della mammella - 10 - Parrebbe che un’opportuna attività fisica rappresenti un ruolo protettivo, così come un maggior consumo di frutta e verdura. Per quanto riguarda il colon retto, i tumori di questo segmento corporeo rappresentano la quarta neoplasia più frequente tra gli uomini (11.3% del totale dei tumori) e la terza più frequente tra le donne (11.5% del totale). Incidenza per fasce d’età Carcinoma del seno, tasso standardizzato per età e popolazione mondiale, sesso femminile, 1988-1993 450 400 350 America del nord Europa Mondo Asia centrale Asia sud-est 300 250 200 150 100 50 Tra le cause di morte per tumore, quella del colon retto risulta la seconda in ordine di frequenza sia per gli uomini (10.4% di tutti i decessi oncologici) sia per le donne (12.4%). 0 15-44 45-54 55-64 65+ Tab. 2.4 – Incidenza per fascia d’età Anche in questo caso, analizzando l’andamento nel tempo, accanto ad una tendenza all’aumento dell’incidenza, si osserva un calo progressivo della mortalità. Tra le cause di morte per tumore, quella del colon retto risulta la seconda in ordine di frequenza sia per gli uomini (10.4% di tutti i decessi oncologici) sia per le donne (12.4%). Anche in questo caso, analizzando l’andamento nel tempo, accanto ad una tendenza all’aumento dell’incidenza, si osserva un calo progressivo della mortalità. Nell’area controllata dai Registri Tumori di popolazione, sono stati diagnosticati in media ogni anno 88,8 casi di tumore del colon retto ogni 100.000 uomini e 70,3 casi ogni 100.000 donne. Le stime per l’Italia indicano che ogni anno il numero dei nuovi casi diagnosticati ammonta a 20.457 tra i maschi e 17.276 quelli tra le femmine. Il rischio di incorrere in una diagnosi di tumore del colon retto nel corso della vita (0-74 anni) è di 50.9‰ fra i maschi (un caso ogni 20 uomini) e di 31,3 ‰ tra le femmine (un caso ogni 32 donne), mentre il rischio di morire è del 17,3 ‰ per i maschi e del 10 ‰ tra le femmine. L’incidenza del K del colon retto mostra in Italia una forte variabilità geografica: le aree con i tassi più elevati hanno valori doppi rispetto a quelle con i tassi più bassi (Sud ed Isole), sia nei maschi che nelle femmine. La sopravvivenza ad un anno dalla diagnosi presenta un tasso relativo pari al 79% per gli uomini e del 77% per le donne. Questo valore scende al 57% per i maschi ed al 58% per le femmine quando sono trascorsi 5 anni dalla diagnosi. Diverse anche le percentuali di sopravvivenza in funzione dell’età ad un anno dalla diagnosi: un adulto di 15-44 anni ha l’86% di possibilità di salvarsi, mentre un anziano over 75 solo il 68%. A cinque anni dalla diagnosi, i tassi diminuiscono drasticamente: l’adulto fino a 44 anni presenta un tasso di sopravvivenza del 65% e l’anziano over 75 del 49%. Il rischio generico di ammalare di cancro colorettale in Italia è valutato, in termini di rischio cumulativo, in circa il 6% ed appare sostanzialmente correlato all’età: comincia, infatti, ad essere rilevante attorno ai 50 anni (raro fino ai 40 anni ove spesso è associato ad una componente genetica) ed aumenta progressivamente fino a raggiungere il picco verso i 70 anni, con un graduale spostamento dai tratti distali a quelli prossimali del colon. Si intende per rischio generico il rischio relativo ad una popolazione con età superiore ai 50 anni, in assenza di altri fattori di rischio oltre all’età stessa. - 11 - Tab. 2.5 Tassi standardizzati relativi al tumore del colon retto, nei maschi e nelle femmine - 12 - Tab. 2.6 – Dati di sopravvivenza del tumore del colon retto - 13 - Capitolo 4 I fattori di rischio del tumore della mammella. La maggior parte dei fattori che aumentano il rischio di sviluppo di questo tumore sono legati alle modificazioni ormonali che avvengono nella donna durante l’arco della sua vita, ma anche per influenze di tipo ambientale e per lo stile di vita assunto dalla donna stessa. Possono essere così riassunti: Età: l’incidenza del tumore aumenta rapidamente con l’età durante il periodo fertile raddoppiando ogni 10 anni fino alla menopausa. Successivamente cresce ad una velocità inferiore. Il rischio si modifica in rapporto all’età: i tassi di incidenza aumentano esponenzialmente fin verso i 50 anni, quindi subiscono una pausa, forse addirittura una lieve riduzione, per poi riprendere a crescere, ma con un tasso inferiore, subito dopo l’età della menopausa. Familiarità e genetica. Negli ultimi anni, sono stati identificati almeno 5 geni responsabili della trasmissione ereditaria del tumore mammario. Essi si chiamano BRCA1, BRCA2, P53, PTEN, ATM. Una loro mutazione, che viene trasmessa di generazione in generazione da madre a figlia, è responsabile della maggior parte dei tumori ereditari. La maggior parte di essi è dovuta alla mutazione di BRCA1 e BRCA2, che conferiscono un rischio di carcinoma mammario del 60-90%. Altro fattore di rischio è rappresentato dal numero di parenti di 1° grado con tumori della mammella. Fattori riproduttivi ed ormonali: la comparsa precoce della prima mestruazione (menarca) e l’entrata tardiva in menopausa (dopo i 55 anni) sono altri due fattori predisponenti. La maternità invece, sembra avere un ruolo protettivo: le donne che hanno partorito presentano un rischio inferiore del 25% rispetto a quelle che non hanno avuto figli ed il rischio è tanto minore quanto più precocemente è avvenuto il primo parto. Il rischio subisce un aumento transitorio dopo il parto, distribuito lungo un periodo variabile da 3 a 15 anni, per divenire poi inferiore rispetto a quello delle donne che non hanno mai partorito. Al contrario, l’allattamento ed il numero di aborti non sembrano interferire sul rischio. I fattori di rischio legati alla vita riproduttiva della donna possono essere spiegati dal fatto che il tumore del seno è sensibile agli ormoni estrogeni, che influenzano la sua crescita. Un menarca precoce ed una menopausa tardiva, nonché il periodo immediatamente dopo il parto, espongono la donna ad un contatto con i suoi estrogeni per molti anni in più rispetto a chi ha avuto un menarca tardivo ed una menopausa precoce e proprio per questo il rischio di tumore aumenta. Il rischio aumenta, altresì, a causa della terapia ormonale sostitutiva con associazione di estrogeni e progestinici, in età perimenopausale ed in menopausa, se protratta per più di 5 anni. Fig. 3.1 – Interazione dei fattori di rischio per tumore della mammella Stile di vita: una dieta ricca di vegetali, frutta e fibre, ed una attività fisica regolare sembra riescano a far diminuire il rischio di tumore mammario. Il consumo di sostanze alcooliche, una dieta ricca di grassi saturi e di proteine soprattutto animali, oltre all’abitudine al fumo, invece, lo aumenterebbero. Obesità e sovrappeso in menopausa, malattia diabetica: aumentano il rischio di sviluppare il tumore. Tra gli altri fattori di rischio ambientali troviamo terapie ormonali prolungate per la menopausa, come già specificato; uso precoce e prolungato di contraccettivi orali; dieta grassa in pubertà; scarsa - 14 - attività fisica in età giovanile; iperestrogenismo ed iperprolattinemia; tumore dell’ovaio o dell’endometrio. Tab. 3.1 – I dati piemontesi - 15 - Capitolo 5 I fattori di rischio dei tumori del colon retto. Gli studi epidemiologici hanno fornito negli ultimi decenni prove suggestive anche se non definitive sul ruolo di alcuni fattori nell’eziologia dei tumori del colon retto. In particolare alcuni fattori parrebbero associati ad un aumentato rischio di tumore del colon retto: Uso eccessivo di alcool: non esiste una correlazione diretta tra cancro colo rettale e consumo di bevande alcooliche; in una metanalisi che prendeva in considerazione otto studi di coorte, il RR per un consumo giornaliero pari a 45 gr, rispetto ai non bevitori era 1,41 (CI = 95%; 1,16-1,72). Studi di Steinmetz & Potter e successivamente di Jacobs, di tipo caso controllo evidenziano una relazione positiva tra consumo di alcool e grandi tumori intestinali. Altri cinque studi hanno riportato un’associazione positiva tra assunzione di alcool e adenomi colo rettali, mettendo altresì in evidenza come l’assunzione stessa potrebbe agire nella fase di promozione della sequenza adenoma-carcinoma. Infine, un ampio studio di coorte ha messo in evidenza una correlazione dose-risposta tra assunzione di alcool e morte da cancro colo rettale, con un RR di 1,2 (CI = 95% ; 1,0-1,5) per quattro o più bicchieri al giorno rispetto ai non bevitori. Inoltre, le numerose bevande alcooliche apportano oltre 1.200 composti (tra cui fenoli, alcol superiori, nitrosammine ed aldeidi) che potrebbero avere un ulteriore ruolo indipendente dall’alcool. Fumo di sigaretta: la maggior parte degli studi caso controllo tra esposizione al fumo di sigarette e la presenza di adenomi hanno evidenziato un rischio alto per i fumatori (Kritchevsky). Nel Nurses ‘Health Study, il periodo di induzione minima per il cancro sembra essere di almeno 35 anni. Parimenti nelle Health Professionals Follow-up Study, una storia di fumo è stata associata alla presenza di adenomi piccoli e di medie dimensioni, con un periodo di incubazione pari a quello precedente. Nel Cancer Prevention Study II, un ampio studio di coorte, i tassi di mortalità per CCR erano maggiori tra i fumatori correnti, intermedi tra gli ex fumatori e più bassi nei non fumatori, pur con aumento del rischio osservato dopo 20 anni di fumo, sia negli uomini che nelle donne. Un aumento, invece, molto significativo, del 50% rispetto ai non fumatori è stato correlato con coloro che fumano più di un pacchetto di sigarette al giorno. In numerosi studi e metanalisi, l’associazione tra il fumo di sigaretta ed il CCR è sempre presente, anche se maggiormente significativa per il cancro del retto rispetto a quello del colon. Un rischio più elevato è stato evidenziato invece nei fumatori abituali di pipa o di sigaro, con un RR rispettivamente di 4,7 e 2,8, che parrebbe legato all’ingestione di saliva contenente composti cancerogeni quali le aril amine. Obesità: poiché negli studi epidemiologici è difficile separare l’effetto dell’introito calorico rispetto all’attività fisica e ad alimenti e nutrienti fonti di calorie, le prove di una relazione positiva con il rischio di CCR sono suggestive ma non decisive, mentre sembrano molto più convincenti gli studi effettuati sugli animali. Da alcuni di questi studi emerge che i soggetti con elevato indice di massa corporea, avrebbero un rischio all’incirca doppio di sviluppare la neoplasia, rispetto a quelli con indice nella norma. Tale dato non sempre viene confermato. Un rischio di 2,1 per i maschi e di 1,6 per le femmine è stato riscontrato nei soggetti appartenenti ai quantili più elevati di statura, in modo del tutto indipendente dal peso. Dieta: alti tassi di cancro del colon sono presenti nelle popolazioni con alta assunzione di grassi totali; dato confermato anche negli animali da esperimento. Patologie e trattamenti pregressi: la colite ulcerosa è una malattia certamente correlata con il CCR con un rischio che tende ad aumentare in funzione della durata della malattia ed alla sua estensione locale; qualche volta anche in presenza di colangite sclerosante. Una metanalisi evidenzia come la colecistectomia potrebbe far aumentare il rischio del tumore colo rettale in 33 studi caso controllo considerati (RR = 1,34 ; CI =95% ; 1,14-1,57); maggiore per il colon prossimale ed almeno a distanza di 10 anni dall’avvenuta colecistectomia. - 16 - Genetica e familiarità: non è facile riconoscere il ruolo della familiarità rispetto all’esposizione ambientale, tuttavia dagli studi caso controllo si rileva in modo abbastanza frequente un rischio più elevato di almeno 3, 4 volte nei parenti di primo grado dei pazienti con CCR. Esiste una variabilità individuale su base genetica, del patrimonio enzimatico coinvolto nei processi epatici ed intestinali che interferisce con i meccanismi di attivazione - inattivazione di cancerogeni di origine alimentare, come avverrebbe per i prodotti di cottura delle proteine (arilamine). Sotto questo aspetto, la rapidissima evoluzione della genetica e della biologia molecolare applicate anche all’epidemiologia, costituisce certamente un’interessantissima area di ricerca che promette grandi novità su alcuni del fattori di rischio del tumore colo rettale. Esistono anche alcuni fattori che parrebbero invece associati ad un ridotto rischio di tumore del colon retto Attività fisica: esiste una consistente linea di evidenza che una maggiore attività fisica parrebbe avere un grande effetto protettivo sul CCR. Ciò emerge sia da studi che valutano l’attività fisica lavorativa che quella nel tempo libero ed in totale. L’effetto protettivo è maggiormente evidente in coloro che praticano attività fisica in modo regolare e nell’arco di tutta la vita, rispetto a coloro che la praticano da meno anni. L’effetto sarebbe evidente soprattutto per il colon distale, meno per il retto. La riduzione del RR, mediamente espresso da molti studi e meta analisi varia tra 0,53 e 0,76, con CI in entrambi i casi del 95%, con risultati sovrapponibili per gli uomini e per le donne. FANS: una serie di farmaci antiinfiammatori non steroidei, in particolare l’aspirina, sarebbero associati ad una riduzione dell’incidenza del CCR, così come per tumori in altre sedi. L’influenza di tali farmaci sul metabolismo delle prostaglandine, potrebbe spiegare una loro azione sulla regolazione della proliferazione cellulare e sui meccanismi di difesa immunitari. Questa evidenza del rapporto tra Fans e CCR viene giudicata molto interessante e promettente, fino a suggerirne un uso clinico per la prevenzione. Tab. 4.1 – I dati piemontesi - 17 - Capitolo 6 Alimentazione e cancro La letteratura scientifica esaminata è sufficientemente ricca al proposito e pare quindi possibile costruire alcune riflessioni su due aspetti molto importanti che emergono in quasi tutti gli studi presi in considerazione: il rapporto di stretta correlazione tra l’alimentazione ed il cancro e quello tra l’attività fisica ed il cancro, dapprima in senso generale, successivamente nei dettagli, rispetto al tumore della mammella ed a quello del colon retto. Sono passati ormai quasi trent’anni da quando si è cominciato a studiare, a livello mondiale, il rapporto tra cibo e cancro e la valutazione che attribuisce ad una buona dieta la possibilità di evitare almeno il 30-40% di tutti i tumori. Tra i primi a mettere in atto studi sui rapporti tra alimentazione e cancro sono stati Peto & Doll nei primi anni ’80. Secondo i loro studi, il 30% dei tumori è dovuto al fumo di sigaretta, il 35% all’alimentazione, il 35% all’inquinamento atmosferico, agli agenti tossici ed alle radiazioni. Il 4% dipenderebbe anche dall’obesità ed il 10% all’obesità associata al fumo. Fig. 5.1 – Rapporti tra determinanti e prevenzione dei tumori I dati dell’OMS mettono in evidenza come ogni anno più di 10 milioni di persone, nel mondo, si ammalano di cancro e come almeno 3-4 milioni avrebbero potuto evitare la malattia se negli anni precedenti avessero mangiato in modo corretto, comunque in modo diverso dalle proprie abitudini alimentari. Non importa se le evidenze risultano completamente reali o approssimative: il rapporto tra alimentazione scorretta e cancro è comunque certo. Una delle prove più solide fornite dagli studi epidemiologico-statistici, definiti “ecologici” o di “correlazione geografica”, è rappresentata dal confronto inerente l’incidenza delle malattie tumorali nelle diverse aree geografiche in grado di porre in evidenza differenze tra loro significative. Ad esempio, il tumore del colon negli USA è 10 volte più diffuso che in Nigeria, con un importante fattore di responsabilità correlato al cibo; altra evidenza è rappresentata dal fatto che forti differenze nell’incidenza del cancro sono state riscontrate tra le popolazioni indigene che non hanno mai lasciato il paese d’origine e gli emigranti. I Nigeriani che vivono in Africa, ad esempio, contraggono molti meno tumori del colon, del retto e del fegato dei Nigeriani emigrati negli Stati Uniti, dove lo stile di vita è di tipo occidentale e la frequenza dei tumori è diversa rispetto a quella che si verifica nella madre patria. Gli studi scientifici escludono che la causa delle differenze esistenti tra una regione e l’altra sia attribuibile alla razza o a fattori non verificabili, mentre dimostrano che la maggiore o minore diffusione del cancro dipende in larga misura dal tipo di vita e alimentazione nei diversi paesi. Fig. 5.2 – Rapporto tra obesità e cancro - 18 - Anche all’interno del nostro Paese, nelle regioni del Nord, maggiormente industrializzate, il cancro ha complessivamente una frequenza doppia rispetto al meridione ed alle isole, soprattutto a causa delle diverse abitudini alimentari.Ho già precisato che circa il 30% di tutte le forme di tumore nei Paesi industrializzati è ricollegabile a fattori nutrizionali, collocando la dieta scorretta al secondo posto, dopo il tabagismo, tra le cause di cancro prevenibili. In generale, un bilancio calorico positivo, con successivo accumulo di tessuto adiposo ed il conseguente aumento di peso, misurabile attraverso l’indice di massa corporea e la circonferenza addominale, rappresenta un fattore di rischio per numerosi tumori, tra cui quelli del colon retto e della mammella. In Italia almeno 4 abitanti su 10 sono in sovrappeso o francamente obesi, con tassi più elevati nelle Regioni meridionali e con una tendenza all’aumento in questi ultimi anni, non risparmiando neppure i bambini. Il Codice europeo contro il cancro, riporta raccomandazioni specifiche su come si possano prevenire i tumori, oltre ad altre malattie, proprio attraverso l’alimentazione e l’attività fisica. Alcuni stili di vita possono avere un impatto enorme sul rischio di essere colpiti da un tumore ed anche sul rischio di avere una recidiva una volta che il tumore sia stato asportato. Tab. 5.1 Dieta e rischio di cancro al colon retto Il Fondo mondiale per la ricerca sul cancro, afferma addirittura che nel caso dei tumori dell’apparato gastroenterico, il collegamento stretto tra tumore e dieta supera abbondantemente il 30% dichiarato, arrivando addirittura al 70%! Numerosi studi epidemiologici hanno dimostrato che il consumo regolare di frutta e verdura è costantemente associato ad un rischio più basso di sviluppare la malattia oncologica. Queste osservazioni sono confermate da numerosi studi sperimentali sia in vitro sia su animali, in cui la somministrazione di molecole estratte da vegetali ha permesso di indurre la morte delle cellule tumorali ed il blocco della crescita di diversi tumori. Questi studi suggeriscono che frutta e verdura, oltre ad essere una fonte di vitamine e minerali, contengono molecole che possono rappresentare un’arma efficace nel contrastare lo sviluppo del cancro. Queste molecole, chiamate composti fitochimici, sono presenti in grande quantità in molti alimenti e bevande consumate dagli esseri umani. Se seguiamo una dieta giornaliera contenente un mix di frutta, verdura e bevande come il thè verde, piuttosto che il vino rosso in quantità moderata, assumiamo da 1 a 2 grammi di queste sostanze che appartengono ad alcune famiglie chimiche ben definite, come i polifenoli (flavonoidi, isoflavoni, catechine, ect), i composti dello zolfo (isotiocianati, solfuri di allile) ed i terpeni (carotenoidi, monoterpeni). Gli alimenti contenenti grandi quantità di queste molecole hanno proprietà terapeutiche simili a quelle di farmaci di origine sintetica, tanto che vengono chiamati “alimenti funzionali”. Combattere lo sviluppo del cancro attraverso la dieta significa, dunque, utilizzare gli alimenti ricchi di molecole antitumorali per creare un ambiente ostile alle cellule cancerogene, bombardare quotidianamente i micro tumori ed, infine, impedirne la crescita. Se la dieta contiene troppi alimenti dannosi o pochi alimenti protettivi quali frutta e verdura, i tumori latenti si trovano in un ambiente più favorevole alla crescita e rischiano di trasformarsi in cancro conclamato. Viceversa, se la dieta è ricca di alimenti protettivi e comprende solo pochi alimenti pericolosi, i micro tumori non riescono a crescere sufficientemente ed il rischio di sviluppare il cancro è inferiore. - 19 - Sulla base dei dati scientifici attualmente disponibili inerenti i potenziali fattori antitumorali dei composti alimentari, è possibile definire una dieta costituita prevalentemente da alimenti fonti straordinarie di composti fitochimici antitumorali. Questo è un aspetto importante perché la presenza di differenti classi di molecole antitumorali consente di prevenire lo sviluppo del cancro interferendo con diversi processi cellulari coinvolti nella progressione della malattia. Nessun alimento da solo contiene tutte le molecole antitumorali che possono influenzare tutti questi processi: da qui l’importanza di integrare una grande varietà di alimenti nella dieta. Ad esempio, il consumo di alcuni vegetali della famiglia delle Crucifere aiuta l’organismo ad eliminare le sostanze cancerogene, riducendo, quindi, la loro capacità di causare mutazioni nel DNA e promuovere lo sviluppo di cellule tumorali. In maniera paritaria, il consumo di altre sostanze (thè verde, soia, ect) previene la formazione di nuovi vasi sanguigni (effetto antiangiogenetico) che sono necessari per la crescita dei tumori in fase iniziale. L’adozione di un’alimentazione corretta, quindi, è senz’altro utile per contrastare e prevenire lo sviluppo del cancro e la sua progressione. Tra gli alimenti considerati cancerogeni: carne di vitello, insaccati e salumi vari: un alto consumo parrebbe implicato nell’aumento di rischio per i tumori del colon retto, della mammella, del pancreas e della prostata; alcool: consumare più di 2 bicchieri di birra al giorno aumenta il rischio di ammalare di tumore della bocca, della faringe e dell’esofago, contribuendo ad aumentare ulteriormente il rischio se il soggetto è fumatore; la combinazione alcool tabacco è, infatti, da considerare particolarmente dannosa; grassi: i cibi ricchi di grassi entrano nel processo di riproduzione delle cellule maligne, in special modo nelle prime fasi di formazione del tumore, perché è nelle prime fasi che la cellula ha necessità di un maggior apporto di grassi come fonte di energia per la sua crescita; il cancro maggiormente correlato al consumo eccessivo di grassi saturi è proprio quello del colon, unitamente a quello della mammella; dolcificanti artificiali: gli studi sono ancora molto controversi: sarebbero necessarie quantità industriali; conservanti: anche in questo caso gli studi sono ancora controversi, tuttavia c’è molta attenzione al problema; nitriti, nitrati e nitrosamine: sono tutte sostanze ad elevato potere cancerogeno di cui non si conosce ancora bene il meccanismo d’azione con cui danneggiano le cellule. La dieta, quindi, rimane uno dei più importanti campi di intervento nella prevenzione dei tumori (è stato stimato che i fattori di rischio dietetici siano responsabili di oltre l’80% dei casi di cancro all’intestino, alla mammella ed alla prostata), ma anche delle altre patologie degenerative tipiche della civiltà moderna. Tab. 5.2 – Rapporto tra alimentazione e prevenzione. Appare sempre più fondata l’ipotesi secondo cui la dieta vegetariana abbia un ruolo protettivo nei confronti del tumore mammario, non tanto per il suo basso contenuto in grassi e calorie, ma per il suo contenuto, nettamente superiore a quello delle diete tradizionali, in fitoestrogeni presenti soprattutto nella soia, nei cereali e nella frutta secca. - 20 - Per quanto riguarda il tumore al colon, alcuni studi mostrano come le diete ricche di frutta e verdure siano associate ad un minor rischio oncogenetico, mentre le diete ad alto contenuto di carni trasformate e/o carni rosse siano associate ad un rischio maggiore. 90.000 donne sono state esaminate per un periodo di circa 14 anni, dal 1989 fino al 2003. Gli esperti sono arrivati alla conclusione che un incremento del consumo di carni rosse da parte di donne con età compresa tra i 20 ed i 46 anni porta ad un rischio maggiore di sviluppare una forma di tumore del seno di tipo ormono sensibile, a causa di un aumento di ormoni nell’organismo. Tab. 5.3 – Alimentazione e cancro Diversi studi hanno evidenziato che il calcio, la Vitamina D o la combinazione di entrambi i fattori possono contribuire a proteggere da un cancro colo rettale. Il consiglio più opportuno per ridurre il rischio di cancro al colon, dal punto di vista alimentare, può essere così riassunto: Aumentare l’intensità e la durata dell’attività fisica. Limitare l’assunzione di carni trasformate e rosse. Mantenere i livelli di calcio ai valori raccomandati. Mangiare più frutta e verdura. Fig. 5.3 – Rapporti tra dieta e cancro mammario Evitare l’obesità. Evitare l’eccesso di alcool. Tra gli altri fattori predisponenti all’insorgenza di un tumore e già descritti da Peto & Doll, ricordo: le citochine infiammatorie, che sono una classe eterogenea di proteine prodotte da diversi tipi di cellule, solitamente in risposta ad uno stimolo; i fattori di crescita cellulari, quindi l’IGF-1 cioè Insulin Growth Factor-1; l’aumento dell’angiogenesi, ovvero l’aumento della formazione di nuovi vasi mediata dai fattori di crescita vascolare (VEGF, vascular endothelial growth factor). Il processo può essere stimolato da un eccesso di insulina provocato da un aumento di glicemia in relazione all’eccesso di carboidrati e nel caso del diabete di tipo 2. Il livello di VEGF è collegato alla glicemia basale ed all’emoglobina glicata. L’iperinsulinemia favorisce anche la sintesi di altri fattori di crescita cellulare come l’IGF-1. Aumenterebbe in questo modo il rischio di insorgenza dei tumori dell’intestino, del pancreas, della mammella e dell’endometrio. i radicali liberi, che si formano nelle cellule, nei processi di ossidazione per produrre energia. Un radicale libero è costituito da un atomo o da una molecola con atomi particolarmente reattivi, in quanto manca un elettrone in una delle orbite esterne: nel tentativo di stabilizzarsi e di tornare - 21 - Fig. 5.4 – Il danno dei radicali liberi equilibrio tende a catturare l’elettrone mancante da una qualsiasi molecola con la quale viene a contatto. A questo punto, però, diventa instabile quest’ultima ed in questo modo si crea una reazione a catena che potrà essere limitata o arrestata solo dalla presenza di antiossidanti. Il processo appena descritto, però, crea un danno alle cellule ed alle membrane delle cellule stesse. L’acido arachidonico, un omega 6 che viene prodotto dal nostro organismo, favorisce i processi infiammatori e la formazione di radicali liberi. Il 90% proviene dalla nostra alimentazione. Lo stile di vita conta più dei geni, nel senso che i fattori comportamentali e lo stile di vita sono più importanti dei fattori genetici nel determinare il tumore. Molti lavori, tra cui alcuni italiani, hanno messo in evidenza la positiva associazione tra cancro mammario e consumo di latticini, in special modo tra formaggi grassi e latte intero ed il possibile effetto protettivo derivato dalla riduzione del consumo di grassi totali a meno del 30%, di grassi saturi animali a meno del 10% e di proteine animali a meno del 10%. F. Berrino dell’IST di Milano, a questo proposito afferma che non esiste un solo studio che dimostri l’utilità di una forte assunzione di latte o latticini dopo la menopausa, nel senso che non risulta veritiero che le donne che ne consumano di più subiscano meno fratture: sono noti anche i motivi della mancata protezione. Le donne in menopausa, dunque, dovrebbero assumere calcio prevalentemente dai vegetali: ce n’è a sufficienza nelle noci, nelle mandorle, nei cavoli e nei legumi. Anche prima della menopausa, l’assunzione di questi alimenti contribuirebbe a sviluppare una buona densità ossea. Per quanto riguarda, nello specifico, il tumore del colon, due ricercatori italiani, D’Errico e Moschetta dell’Istituto Mario Negri di Milano hanno addirittura cercato di chiarire alcuni dei possibili meccanismi attraverso i quali la dieta può influenzare la formazione di un cancro nell’intestino. Tale lavoro è pubblicato sulla Rivista “Cellular and Molecular Life Sciences” Fig. 5.6 – Storia naturale del tumore del colon retto L’epitelio che ricopre l’intestino ha una struttura particolare: la superficie interna è costituita da una serie di sporgenze, i villi, che servono ad aumentare la superficie di assorbimento. Alla base dei villi sono ubicate delle ghiandole chiamate cripte che contengono, tra l’altro anche le stam cells totipotenti che successivamente daranno origine alle cellule epiteliali vere e proprie e si muoveranno lungo i villi fino a raggiungere la loro posizione definitiva sulla superficie dell’epitelio Fig. 5.7 – I processi di DNA Repair La regolazione ed il mantenimento di questa struttura viene garantita da una serie di molecole, i fattori trascrizionali, che regolano l’espressione di geni specifici. Tra questi il gene Wnt pare giochi un ruolo di primo piano all’interno di questi processi, nel senso che eventuali mutazioni che vengono nella catena di - 22 - eventi regolata da Wnt contribuiscono in maniera decisiva all’insorgenza del tumore colo rettale. Fig. 5.7 – I processi di DNA Repair Il rapporto tra il gene Wnt e l’alimentazione è garantito dal fatto che Wnt interagisce con una famiglia di molecole conosciute come recettori nucleari che agiscono come veri e propri sensori di segnali che arrivano dalla dieta e che sono in grado di trasformare gli stimoli di tipo nutrizionale ed ormonale in messaggi che attivano o bloccano addirittura l’espressione genica. Ed è proprio su questi recettori nucleari e sulla descrizione del loro ruolo nei processi di formazione del cancro del colon ed anche di mantenimento dell’integrità della struttura dell’epitelio intestinale che si basa il lavoro pubblicato. In questo modo viene esplicitata la comprensione dei meccanismi molecolari alla base della trasformazione delle cellule intestinali nel loro viaggio dalla base alla cima del villo, con possibilità di nuove e moderne implicazioni di ricerca relativamente alle tecniche di diagnostica precoce. CRESCITA DELLA MASSA NEOPLASTICA Divisioni cellulari No. Di cellule 0 10 0 10-9 10 1 10-8 10 2 10-7 10 3 10-6 10 4 10-5 10 5 -4 10 6 5 10 15 Fig. 5.8 – Il processo di cancerogenesi 20 25 30 35 40 Peso (g) PROCESSO DI CANCEROGENESI Dose espositiva TOSSICOCINETICA E METABOLISMO Dose cellulare DANNO E RIPARO DEL DNA Dose farmacologica Dose bersaglio STRATEGIE DI INTERVENTO Ambiente e stile di vita Dose molecolare INIZIAZIONE (giorni - settimane) PREVENZIONE PRIMARIA PROMOZIONE (anni - decenni) Organismo ospite (chemio prevenzione) 10 -3 10 10 7 10-2 10 8 10-1 10 9 10 0 1010 10 1 1011 10 2 10 12 10 3 TUMORE BENIGNO PROGRESSIONE (~ 1 anno) PREVENZIONE SECONDARIA CANCRO INVASIONE METASTASI C H E M I O P R E V E N Z I O N E TERAPIA, RIABILITAZIONE e PREVENZIONE TERZIARIA MASSA NEOPLASTICA S. De Flora et al., Mutat. Res. 480–481, 9–22, 2001 - 23 - Capitolo 7 Attività fisica e cancro L’attività fisica, oltre ad avere un ruolo protettivo nei confronti delle malattie cardiovascolari, del diabete e dell’obesità, è utile per contrastare l’insorgenza di altre malattie importanti come il decadimento senile, la depressione, la disfunzione erettile dell’anziano, ma anche per combattere l’insorgenza di alcuni tumori, nello specifico quello della mammella e del colon. L’OMS, nel suo WH Report porta a conoscenza che l’inattività fisica sarebbe alla base di quasi due milioni di morti all’anno e del 10-16% dei casi di cancro alla mammella ed al colon. Un recente studio pubblicato nel 2004 evidenzia come su oltre 100.000 donne seguite per 24 anni, il 31% delle morti premature totali ed il 21% di quelle dovute a tumori tra le non fumatrici erano correlate al sovrappeso ed all’inattività fisica. In Italia, almeno il 40% della popolazione non svolge attività fisica. Fig. 6.1 – Attività fisica a tutte le età L’importanza dell’attività fisica è data dall’influenza su numerose funzioni dell’organismo umano, potenzialmente correlate con il rischio d’insorgenza dei tumori: dalla funzionalità del sistema cardiovascolare e respiratorio alla motilità intestinale; dalla produzione di ormoni al bilancio energetico, alla funzionalità del sistema immunitario, fino alla produzione di antiossidanti ed alla riparazione del DNA. L’associazione fra inattività e cancro del colon è quella più forte e meglio documentata. Gli effetti negativi della sedentarietà riescono in parte a spiegare la maggior frequenza del cancro del colon nelle nazioni industrializzate e nelle aree urbane. Già nel 1995 uno studio su oltre 47.000 sanitari americani di sesso maschile ha messo in evidenza un’associazione inversa tra sedentarietà e cancro del colon (con dimezzamento del rischio nei soggetti attivi) e tra sovrappeso e cancro del colon, particolarmente marcata in presenza di una distribuzione addominale del grasso, con un rischio relativo pari a 0.53. Questa associazione è stata confermata da studi successivi. Maggiormente controversa pare l’associazione con il cancro del retto, ma un recente studio su 952 soggetti di entrambi i sessi ha evidenziato una marcata riduzione del rischio, particolarmente nei soggetti che praticano attività fisica intensa. Anche il rischio di carcinoma della mammella si riduce del 14-30% con l’attività fisica, con una correlazione dose-risposta, anche se l’associazione è minore rispetto a quella del cancro al colon. Tra i meccanismi proposti per spiegare l’effetto protettivo, la riduzione del grasso corporeo con conseguente produzione di estrogeni a partire dagli androgeni e la riduzione dell’insulina e di altre proteine circolanti che influenzano la disponibilità di estrogeni ed insulina. Questo effetto protettivo, peraltro, si riscontra anche nelle donne in terapia ormonale sostitutiva. Un aspetto che potrebbe valere la pena di affrontare potrebbe essere quello rappresentato dal possibile ruolo di confondimento dovuto all’esposizione ad altri fattori di rischio come dieta scorretta, uso di alcool e tabacco e predisposizione genetica. - 24 - Per non parlare dell’importante ruolo che l’attività fisica avrebbe nel trattamento e nella riabilitazione dei pazienti affetti da tumore, contribuendo a ridurre la sensazione di affaticamento, migliorando l’efficienza fisica ed influendo positivamente sulla qualità della vita oltre nel contrastare la depressione e la progressione di eventuali altre patologie. Secondo le stime dell’OMS l’attività fisica insufficiente è il quarto fattore di rischio di mortalità. Ogni anno sono attribuibili alla scarsa attività fisica oltre 3 milioni di decessi e 32,1 milioni d i disability- adjusted life year (DALY) che rappresentano il 2,1 dei DALY totali. Un adeguato programma di movimento potrebbe, addirittura, avere un ruolo nella prevenzione delle recidive e nell’incremento della sopravvivenza dei pazienti oncologici, anche grazie alla stimolazione del sistema immunitario. Sedici soggetti, sopravvissuti al cancro, che avevano appena terminato la chemioterapia hanno partecipato ad un programma studio di fitness della durata di tre mesi. Il programma era tarato appositamente per ogni individuo ed ha permesso di monitorare alcuni parametri ematochimici tra cui le cellule T del sistema immunitario, prima, durante le 12 settimane del trattamento e dopo aver terminato il ciclo. L’analisi ha messo in evidenza come una gran parte delle cellule T sono state modificate in una forma più efficace per combattere le malattie, chiamate cellule T “naive”. Il significato potrebbe essere rappresentato dal fatto che l’attività fisica contribuisca a fare in modo che l’organismo si sbarazzi delle T cells che non sono utili, per fare spazio a quelle che, invece, rappresentano una risorsa utile per l’organismo stesso. Ciò vale ovviamente sia per i malati di cancro che per i soggetti sani, con grande interesse sotto il profilo della medicina preventiva. Già nel 1980 l’ipotesi che l’esercizio fisico potesse essere d’aiuto nella prevenzione del cancro, ha cominciato a ricevere le giuste attenzioni. Gli studi hanno messo in evidenza come la relazione tra attività fisica e cancro, attraverso l’esercizio fisico, abbia una ripercussione su diverse funzioni biologiche che possono influenzare direttamente il rischio di cancro. Questi effetti includono le trasformazioni di: Capacità cardiovascolare Equilibrio energetico Capacità polmonari Funzioni immunitarie Motilità intestinale Difese antiossidanti Livelli ormonali Riparazione del DNA Lo studio, pubblicato su BMJ 12 anni or sono, rimane assolutamente attuale ed ulteriori studi hanno confermato quanto osservato. Oltre cento studi epidemiologici sul ruolo dell’attività fisica e la prevenzione del cancro, sono stati pubblicati ed hanno mostrato chiaramente come le donne e gli uomini attivi fisicamente abbiano una riduzione del 30-40% del rischio di sviluppare il cancro del colon rispetto a persone non attive. Per quanto riguarda il cancro della mammella esistono prove abbastanza chiare che le donne fisicamente attive hanno una riduzione del 20-30% del rischio rispetto a quelle inattive. Parrebbe anche che 30-60 minuti al giorno di moderata attività fisica siano sufficienti per diminuire il rischio di cancro al seno. - 25 - Capitolo 8 Risultati Quanto è consistente la correlazione tra l’attività fisica e/o la dieta e l’insorgenza del cancro? Come si correla, nello specifico, rispetto ai tumori della mammella e dell’intestino? Per quanto riguarda il tumore della mammella, una recente revisione sistematica di 19 studi di coorte e 29 studi caso-controllo, ha preso in considerazione proprio la relazione tra l’attività fisica ed il carcinoma della mammella, concludendo che ad ogni età le donne che effettuano attività fisica regolare, presenterebbero una riduzione del Rischio Relativo pari al 15-20% di sviluppare tale tumore. L’effetto sembrerebbe maggiore nel periodo post-menopausale rispetto a quello dell’età fertile e sarebbe proporzionale alla quantità, con una riduzione del rischio relativo del 6% per ogni ora/settimana di attività fisica svolta, purchè l’esercizio fisico venga protratto nel tempo. L’efficacia dell’attività fisica non sembra dipendere dal BMI. Già una precedente revisione era giunta a conclusioni similari (un’attività fisica di 2-7 ore/settimana durante l’adolescenza sembra ridurre il rischio del 20%). Anche dal punto di vista della prevenzione secondaria, uno studio di coorte condotto su 2.987 donne con tumore della mammella agli stadi da I a III, ha messo in evidenza come attività fisica di tipo aerobico effettuata per 3-5 ore alla settimana (camminata a passo moderato) dimezzerebbe il Rischio Relativo di morte per K mammario. Nelle donne che la praticano per più di tre ore alla settimana, vi sarebbe una riduzione del Rischio Assoluto del 4% a 5 anni e del 6% a 10 anni, nei confronti di quelle che camminano meno di un’ora alla settimana. Non una viene percepita correlazione tra quantità di svolta e riduzione del rischio. attività Per quanto concerne le recidive, l’attività fisica ne diminuirebbe il rischio, tuttavia non in modo proporzionale rispetto alla quantità di attività svolta. Uno studio di coorte su 1.490 donne con diagnosi di tumore alla mammella agli stadi I-III, ha valutato l’impatto della dieta, dell’obesità e dell’attività fisica sulla sopravvivenza dopo la diagnosi di cancro. Dallo studio emerge che un consumo di 5 o più porzioni al giorno di frutta e verdura associato a 30 minuti di semplice camminata al giorno, per almeno 6 giorni alla settimana, porterebbero a dimezzare il Rischio Relativo di mortalità in maniera indipendente dall’indice di massa corporea. Secondo una revisione sistematica che ha incluso esclusivamente 14 RCT, l’attività fisica in donne con tumore al seno (sempre agli stadi I-III) è un intervento efficace per migliorare la qualità della vita, la funzionalità cardiorespiratoria e psico-fisica. - 26 - Gli Autori sono tuttavia cauti nel raccomandare l’attività fisica per questi scopi a tutte le donne con tumore perché queste conclusioni sono basate su pochi studi metodologicamente deboli e su un numero limitato di donne (717). Non in tutti gli studi sarebbero stati indagati in modo sistematico gli effetti avversi, mentre sarebbe opportuno approfondirli e monitorarli in maniera più approfondita. Un’altra revisione di 9 studi randomizzati e non randomizzati, che hanno interessato 452 donne, ha studiato l’effetto dell’esercizio fisico esclusivamente in donne in terapia adiuvante (chemioterapia o radioterapia), sempre per cancro della mammella. Appare evidente come l’attività fisica migliora la funzionalità cardio-respiratoria aiutando a riacquistare la capacità di compiere le attività abituali che spesso vengono compromesse dai trattamenti farmacologici. Le prove per altri outcomes considerati dalla revisione appaiono, invece, limitate (fatigue, recupero del peso, qualità della vita, depressione, funzione immunitaria, umore, forza, ansietà, disturbi del sonno e nausea). La “fatigue” è un effetto collaterale comune del cancro e dei suoi trattamenti, potenzialmente di lunga durata: può durare mesi o anni. Si intende con questo termine un complesso di sintomi che porta ad una riduzione dell’energia fisica, delle capacità mentali e con riflessi anche sulla situazione psicologica. Trattare quindi la fatigue correlata al cancro è un punto cruciale perché coloro che ne soffrono possono essere meno inclini a continuare le terapie antitumorali. Mentre in passato le persone malate di cancro che soffrivano di fatigue venivano invitate a riposare, ora la tendenza è esattamente opposta, avendo notato che questa indicazione risulta dannosa proprio perché lunghi periodi di inattività possono portare ad atrofia muscolare e possono addirittura aumentare la stanchezza. Diverso sarebbe alternare riposo ed attività fisica che porterebbe benefici certi. Fig. 7.1 Correlazione tra Fatigue e cancro Nel 2008 una prima revisione sistematica, con pochi studi all’attivo, ha messo in evidenza alcuni benefici dell’attività fisica sulla fatigue nel cancro. Un aggiornamento recente che aggiunge altri 28 studi, complessivamente 56 con oltre 4.000 persone incluse, mette in evidenza come i soggetti affetti da tumori solidi beneficino dell’esercizio aerobico: ad esempio, camminare oppure andare in bicicletta, sia durante che dopo il trattamento. Le “prove di efficacia” derivate dalla letteratura suggeriscono che l’esercizio fisico può essere utile per ridurre la fatigue correlata al cancro: in questo senso deve essere considerato come una delle componenti di una strategia per gestire questa condizione, naturalmente da associare ad altri interventi e ad una formazione specifica. La revisione aggiornata fornisce pertanto una risposta più precisa, mostrando in particolare che l’esercizio fisico di tipo aerobico può essere utile sia durante che dopo il trattamento contro il cancro. Rispetto alla patologia intestinale, parimenti, in termini di prevenzione primaria pare opportuno segnalare la metanalisi del 2004 su 19 studi di coorte che ha messo in evidenza come l’attività fisica ridurrebbe il Rischio Relativo di cancro del colon del 22% negli uomini e del 29% nelle donne; così pure, nei vari studi caso-controllo si è riscontrato un effetto protettivo dell’attività fisica, mentre eguali risultati non sarebbero riscontrabili nel cancro del retto.Nei 9 studi (7 di coorte - 27 - e 2 caso-controllo) condotti in periodi successivi su popolazioni americane, europee, giapponesi e cinesi, l’influenza dell’attività fisica parrebbe essere diversa tra il sesso maschile e quello femminile. In sei studi su 9 è stata confermata la riduzione del rischio del cancro al colon negli uomini, mentre nelle donne non compaiono significative differenze. La terapia ormonale sostitutiva potrebbe mascherare l’effetto benefico dell’attività fisica nella riduzione del tumore del colon. Infatti, la TOS è un fattore protettivo del cancro del colon, anche se in modo modesto. Al fine di comprendere meglio questo fenomeno, è stato condotto uno studio su insegnanti donne in California, di cui il 59% in post menopausa ed il 74% in TOS. Lo studio ha messo in evidenza come l’attività fisica all’interno della popolazione complessiva non diminuiva il rischio di tumore al colon. L’analisi per sottogruppi mostra che nel gruppo di donne che non hanno mai fatto uso di TOS, quelle che facevano attività fisica per almeno 4 ore alla settimana avevano una riduzione del Rischio Relativo pari al 49% rispetto a chi ne faceva meno di mezz’ora alla settimana. Tuttavia, tale ipotesi non è stata confermata da un successivo studio americano condotto sempre solo su soggetti di sesso femminile. Fig. 7.2 …Il concetto di Buona salute! Lo studio più importante riguardante la quantità di attività fisica efficace è uno studio di coorte svolto in Europa chiamato EPIC, nato per indagare l’associazione tra dieta, stili di vita, fattori genetici ed ambientali ed il rischio di specifici tipi di cancro. Lo studio ha arruolato circa 520.000 persone in 10 Paesi europei ed in 23 Centri. Si tratta di uno studio prospettico e di coorte ed i soggetti interessati avevano età compresa tra i 39 ed i 69 anni. Lo studio ha identificato finora 25.000 casi di cancro nei partecipanti ed ha identificato alcune possibili associazioni tra fattori legati alla dieta e lo sviluppo di tumori. In Italia sono state seguite per cinque anni più di 30mila donne e sono stati individuati 318 casi di tumore alla mammella, correlati alle abitudini alimentari. I dati in possesso dei ricercatori hanno permesso di esprimere una chiara relazione tra consumo di grassi saturi e tumore. Per i singoli alimenti, la correlazione appare particolarmente evidente per le uova, ricche di colesterolo; il meccanismo biologico alla base dell’insorgenza del cancro parrebbe essere legata all’aumento degli ormoni sessuali: i grassi ingeriti accrescono la resistenza insulinica, e questo fa sì che aumenti la produzione di ormoni sessuali nell’ovaio. A loro volta, un incremento di questi ormoni farebbe aumentare il rischio di sviluppare il tumore al seno. Dallo studio europeo emerge ulteriormente un forte ruolo protettivo delle verdure crude a foglia. Lo studio mette anche in guardia dall’eccessivo consumo di alcool oltre che di fumo ed obesità. Lo studio EPIC conferma che un consumo elevato di frutta riduce l’incidenza del tumore del polmone, in modo indipendente rispetto ai danni da fumo, che rimane il fattore di rischio n°1 in assoluto per tale patologia. Un’alimentazione ad alto contenuto di fibre vegetali e di pesce, per esempio, ha un effetto protetivo rispetto al tumore del colon retto mentre, al contrario, il consumo di carni rosse ne aumenta il rischio. - 28 - Fig. 7.3 Sindrome Metabolica Altri risultati dello Studio EPIC: l’obesità da sola o associata ad obesità addominale è associata genericamente ad un aumento della mortalità generale e, nello specifico, assume un ruolo prognostico sfavorevole anche perché considerata concausa nell’insorgenza della Sindrome metabolica. Un altro studio recente è quello denominato Diana 5, randomizzato e controllato, per valutare l’efficacia della dieta e dell’attività fisica nella riduzione del rischio in donne con un cancro al seno ad alto rischio di recidive, sulla base dei loro parametri ormonali e/o metabolici. Lo studio si pone due obiettivi: ridurre il rischio di recidiva attraverso l’incremento dell’attività fisica, il controllo del peso e la promozione di uno stile alimentare a basso contenuto calorico e glicemico e valutare l’effetto della modificazione degli stili di vita attraverso la combinazione di dieta ed attività fisica sulla sindrome metabolica e su altre patologie come il diabete, la dislipidemia e la sindrome climaterica. I primi risultati sarebbero molto incoraggianti; lo studio si prefigge tuttavia di coinvolgere almeno 2.000 donne malate di cancro alla mammella. Fig. 7.4 - Incidenza e recidive del cancro mammario Una altro studio prospettico importante, effettuato in provincia di Varese su circa 11.000 donne sane, tra il1987 ed il 1992 è lo Studio ORDET, che ha studiato il rapporto tra ormoni e dieta nell’eziologia del tumore della mammella, con lo scopo di valutare: • il ruolo dei livelli dei fattori ormonali, metabolici ed in genere biomolecolari sull'insorgenza del tumore alla mammella; • l'influenza delle abitudini alimentari sul tumore della mammella e le possibili interazioni tra questi due fattori; • se differenti sottotipi molecolari del carcinoma della mammella (ER, PR, HER-2, p53, recettore per gli androgeni, recettore dell'IGF-I ed di altri fattori di crescita, e l'attivazione del NF-kappa B) sono associati a differenti pathway eziologiche (principalmente quelle influenzate da ormoni, profili metabolici, dieta e antropometria). L'osservazione della coorte è ormai ventennale ed ha fornito informazioni molto interessanti raccolte con strumenti validati su antropometria, dieta, stile di vita, confermando la netta relazione tra l’alimentazione, gli stili di vita e l’insorgenza del cancro. Lo Studio COS (Case Only Study) è uno studio internazionale sull’interazione tra fattori genetici ed ambientali nell’insorgenza di cancro mammario in giovani donne, entro i 40 anni. Sono coinvolte 3.123 donne di cui 1.600 italiane. Lo studio ha dimostrato che il consumo di latte e derivati aumenterebbe il rischio mentre il consumo frequente di crucifere rappresenterebbe un fattore protettivo. Lo studio COS 2 (italiano) si propone di modificare, attraverso la dieta, il sistema anomalo che regola la crescita tumorale. Anche “The Cina Study”, condotto da Colin e Thomas Campbell, mette in evidenza il rapporto tra alimentazione (particolarmente proteine di origine animale) e patologia degenerativa. - 29 - Capitolo 9 Discussione e Conclusioni L’attività fisica riduce il rischio di cancro intestinale Molti studi di tutto il mondo hanno studiato il legame tra attività fisica e cancro all’intestino. L’evidenza mostra che le persone che svolgono attività fisica possono ridurre il loro rischio di sviluppare il cancro del colon di circa il 25%. Lo stesso effetto non è confermato sui tumori del retto. L’attività fisica può ridurre il rischio di cancro intestinale in molti modi, principalmente regolarizzando i movimenti intestinali e quindi favorendo il passaggio rapido di sostanze cancerogene presenti nel cibo, verso la fase escretiva. L’attività fisica riduce i livelli di insulina, di alcuni ormoni e di alcuni fattori di crescita, che a livelli elevati possono rappresentare un fattore favorente la crescita tumorale. L’attività fisica modifica i livelli delle prostaglandine, coinvolte nei processi infiammatori, le quali sono coinvolte nei processi infiammatori; in questo modo la moltiplicazione cellulare avviene più lentamente, stimolando la minor possibilità di incorrere in errori di replicazione cellulare. L’attività fisica riduce il rischio di cancro mammario Combinando i risultati di 31 studi su attività fisica e cancro alla mammella, si è potuto osservare che le donne che avevano svolto maggiormente attività fisica presentavano un rischio di ammalare diminuito del 12% rispetto alle donne meno attive. L’analisi ha mostrato che per ogni 2 ore a settimana di attività, di tipo moderato o parzialmente vigoroso, ma sempre aerobico, il rischio di cancro al seno scende del 5%. Questo dato è confermato anche da EPIC. L’attività fisica ridurrebbe il livello di estrogeni circolanti e di insulina circolante. La dieta corretta riduce il rischio di cancro intestinale e di cancro mammario L’alimentazione riveste un ruolo fondamentale nella eziopatogenesi del cancro gastrointestinale. Una dieta ricca di grassi e povera di vegetali è associata al cancro. Si stima che tra 40 e i 60% dei tumori potrebbe essere evitato con una dieta congrua L’alimentazione è fondamentale per l’energia necessarie per vivere ma un eccesso può determinare squilibri rappresentati da - infiammazione; radicali liberi; sostanze tossiche; stress ossidativo; acidi grassi Sono proprio questi squilibri che rivestono un ruolo anche se non ancora ben chiaro nella eziopatogenesi del cancro dell’apparato digerente e del colon retto in particolare. Recenti ricerche confermano come la nutrizione possa influenzare i fenomeni infiammatori infatti diete ricche di grassi,carboidrati, alcol e povere di fibre ed omega3 aumentano i processi infiammatori dell’organismo. I radicali liberi sono prodotti di “scarto” che si formano naturalmente all’interno delle cellule del corpo quando l’ossigeno viene utilizzato nei processi metabolici (ossidazione). - se sono in quantità minima, aiutano il sistema immunitario nell'eliminazione dei germi e nella difesa dai batteri; se presenti in quantità eccessiva possono causare gravi danni ai processi dell’organismo. Sono i veri distruttori delle strutture cellulari e responsabili dell’invecchiamento, dell’aterosclerosi, delle malattie degenerative, del cancro. - 30 - L’aumento nell’organismo delle sostanze dannose determina processi di ossidazione (stress ossidativi) che sono la causa di molte malattie tra cui le neoplasie. -Acidi grassi: sono importanti nella genesi del cancro per la possibilità di veicolare i cancerogeni e favorire la formazione di radicali liberi La modalità con cui agiscono non è nota ma sarebbe mediata da un aumentata sintesi di colesterolo e acidi biliari che causerebbero un danno alle cellule del colon con la partecipazione dei batteri che convertono queste sostanze in potenzialmente tossiche . Particolarmente dannosi i grassi saturi e soprattutto i trans Gli acidi grassi trans (cosiddetti per la posizione di carbonio, idrogeno, ossigeno) si formano dai grassi insaturi a causa delle alte temperature per processi di idrogenazione e raffinazione degli oli vegetali. Si formano anche nello stomaco dei ruminanti a causa dell'azione di batteri per cui una piccola quantità di grassi trans è presente nel latte, nei prodotti caseari, nella carne dei ruminanti.(notare l'arretratezza della suddivisione fra carne rossa e bianca: nella carne di cavallo,cinghiale, maiale, carni rosse, non ci sono grassi trans perché non sono ruminanti!) Fortunatamente oltre ad infiammazione, stress ossidativi e radicali liberi nel cibo sono present i numerosi principi protettivi Le sostanze antiossidanti che neutralizzano l’azione delle sostanze cancerogene I principali antiossidanti sono i Polifenoli contenuti in uva e vino; olive e olio extravergine da oliva, The,cioccolato nero fondente Ravanello,cavolfiore,broccoli,barbabietola rossa, cavolo pomodori, aglio Tutti gli studi esaminati e presi in considerazione hanno messo in evidenza come siano da ritenersi efficaci gli interventi con i quali si interviene per cercare di modificare gli atteggiamenti ed i comportamenti non congrui relativamente alle abitudini alimentari ed all’implementazione di attività fisica appropriata al fine di incidere significativamente nella riduzione del rischio di ammalare di tumore del colon o della mammella. Lo studio ha comportato un enorme lavoro di ricerca bibliografica sulle Banche Dati dichiarate e su riviste specifiche relativamente agli argomenti trattati. Certamente lo studio presenta una validità interna soddisfacente, comunque tale da giustificare l’implementazione di progetti interni rivolti a migliorare la qualità della vita della popolazione di riferimento. Il lavoro mette in risalto una grande evidenza scientifica, necessaria per l’implementazione di “teacheable moments” da programmare nel prossimo futuro nella nostra Azienda Sanitaria. Rispetto alla possibilità reale di mettere in atto un progetto di sensibilizzazione e monitoraggio della popolazione afferente agli Screening oncologici all’interno del nostro territorio, sono già in atto manifestazioni culturali tali da garantire una parte di quota finanziaria necessaria per l’avvio del progetto stesso. Parimenti, qualora all’interno del percorso previsto dalla struttura del Master, qualche altro candidato proponesse attività di ricerca simili o comunque percorribili, varrà certamente la pena di unire le risorse e rendere ancora più corposo lo spettro di osservazione. - 31 - Ringraziamenti Un ringraziamento calorosissimo a tutti i Docenti del Master che si sono prodigati per la buona riuscita di tutto il percorso culturale; un ringraziamento di vero cuore al Discussant Dr. Claudio Rabagliati che, amico fraterno di vecchia data, ha provveduto a mettere in atto tutto lo studio epidemiologico relativo alle patologie esaminate, all’interno della nostra ASL, rendendo molto attuali e congrui, oltre che centrati sul territorio di riferimento, i dati presi in considerazione per questa ricerca; un ringraziamento speciale al Collega epidemiologo Dr. Alessandro Rivetti del SEREMI di Alessandria, per il grande aiuto relativo al lavoro di ricerca bibliografica sulle tematiche di interesse specifico. un ringraziamento al Dr. Silvano Santoro del DORS per l’interessamento e la prima ricerca bibliografica che mi ha consentito l’inquadramento degli argomenti da trattare. - 32 - Bibliografia Alexander, D. 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