All`origine delle rocce: i segreti del paleomagnetismo

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All’origine delle rocce: i segreti del paleomagnetismo
Cara roccia, dimmi come sono orientati i tuoi cristalli magnetici e ti dirò quando, in che condizioni e in che parte del
mondo ti sei formata. Non è magia, bensì una disciplina nota ai geologi con il nome di paleomagnetismo. Ogni roccia,
infatti, custodisce in sé una sorta di archivio di informazioni sulla propria nascita, storia ed evoluzione. Ma cerchiamo di
capire in che lingua sono scritte queste banche dati e come possiamo tradurle e interpretarle.
Il campo magnetico terrestre
Il nucleo esterno della Terra, quello più vicino alla superficie, più fluido, è caratterizzato dalla presenza di correnti
convettive di ferro, nichel e altri elementi più leggeri. Queste correnti generano un campo magnetico – il campo
magnetico terrestre – che può essere considerato un dipolo. Per semplificare: il campo magnetico terrestre può essere
paragonato a quello generato da una grossa calamita posta al centro della terra, il cui asse e - di conseguenza - i cui poli
sono in continuo movimento, con un’inclinazione di circa 11.5° rispetto all’asse di rotazione terrestre.
Il nome che gli scienziati hanno dato a questo dipolo è GAD (Geocentric Axial Dipole) e per convenzione le sue linee di
flusso puntano al polo Nord (vedi la figura seguente). Tuttavia, studiando la magnetizzazione delle rocce che
compongono le dorsali oceaniche, gli scienziati hanno scoperto che il campo magnetico terrestre ha invertito il proprio
segno (polarità normale e polarità inversa) diverse volte nella storia geologica del pianeta (con una frequenza da 0 a 4-5
inversioni magnetiche ogni milione di anni).
Campo magnetico terrestre
I minerali magnetici
I minerali rispondono in modo diverso alle sollecitazioni di un campo magnetico e sono stati per questo suddivisi in
minerali diamagnetici (come ad esempio il quarzo), paramagnetici (come il calcio) e ferromagnetici (come l’ematite).
Mentre le prime due categorie hanno un’intensità di magnetizzazione piuttosto ridotta che ritorna a zero una volta che il
campo magnetico è rimosso, le sostanze ferromagnetiche hanno la capacità di “registrare” nel loro fabric la direzione del
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campo magnetico ad esse applicato. Ed è proprio quest’ultima caratteristica - nota anche come magnetizzazione
permanente - a renderle particolarmente interessanti agli occhi del paleomagnetologo.
Quando un campo magnetico esterno (nel nostro caso, il campo magnetico terrestre) viene applicato a un materiale
ferromagnetico, le unità magnetiche che lo compongono tenderanno via via ad allinearsi parallelamente al campo
applicato e, quindi, parallelamente tra loro. In questo modo, il corpo in questione (nel nostro caso, la roccia) acquisisce
una magnetizzazione che, nelle sostanze ferromagnetiche, persiste anche alla rimozione del campo magnetico esterno
applicato. Quando una roccia si forma – ad esempio dal magma che si raffredda o dai sedimenti - i minerali
ferromagnetici che la compongono si orientano statisticamente secondo le linee di flusso del campo magnetico terrestre
presente in quel momento, “memorizzandone” la direzione e l’intensità. Ne consegue che dalla magnetizzazione delle
rocce possiamo ricavare una serie in indizi sulle condizioni, il luogo e la data in cui si è formata una roccia.
Cristallo di magnetite
Cosa ci raccontano i cristalli magnetici delle rocce?
Uno dei più noti contributi del paleomagnetismo alla storia della scienza è quello relativo all’elaborazione della teoria
dell’espansione dei fondali oceanici, la stessa che ha portato a capire che le dorsali che tagliano in due gli oceani
tracciano il confine tra due placche divergenti. Intorno alla metà del secolo scorso, gli scienziati osservarono che la
polarità magnetica (normale o inversa) delle rocce che compongono i fondi degli oceani varia in modo simmetrico sui
due lati di una dorsale oceanica. A partire da questo dato i geologi hanno ipotizzato che gli oceani si espandessero
proprio in corrispondenza delle dorsali e che lì avvenisse l’emissione di basalti e la formazione di nuova crosta oceanica.
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Confermata questa ipotesi, gli oceani sono diventati dei veri e propri “registri” delle inversioni del campo magnetico
terrestre e, in un certo senso, dei calendari (Guarda il video).
https://youtu.be/o_6j2HQc634
Ma non è tutto qui. Perché i cristalli magnetici, oltre a dirci se una roccia si è formata in un periodo di polarità normale o
inversa, sono anche in grado di dirci – sulla base della propria orientazione – la latitudine a cui le rocce stesse si sono
formate. A seconda della direzione del fabric magnetico di una roccia siamo quindi in grado di ricostruire i suoi
spostamenti in direzione nord-sud. Si tratta di informazioni preziose, che hanno permesso di affinare, insieme ad altre
discipline, le nostre conoscenze sulla teoria della deriva dei continenti e sulla storia geologica e climatica del pianeta.
Flusso di lava
Infine, il paleomagnetismo può darci informazioni importantissime sulle direzioni dei flussi (magmatici, ignimbritici,
torbiditici, etc.) che hanno portato alla formazione delle rocce. L’orientazione del fabric magnetico di una roccia può infatti
essere determinata dall’azione dei flussi che agiscono sulle particelle di un sedimento o di un magma prima che questi si
trasformino, appunto, in roccia. Questo significa che nel microscopico mondo dei cristalli è conservata una sorta di
“autobiografia” della roccia, scritta dai fenomeni dinamici che l’hanno formata e interpretabile attraverso lo studio
dell’orientazione preferenziale dei minerali ferromagnetici.
A seconda delle direzioni che assumono, i cristalli magnetici delle rocce ci restituiscono importantissimi indizi sulle
condizioni in cui le rocce stesse si sono formate. Al geologo l’arduo compito di raccoglierli, metterli insieme
e…interpretarli!
A cura di Anna Pellizzone
Per saperne di più
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https://sites.google.com/site/paleomagnetismlab/paleomag