Spazi e identità sessuate fra norma e trasgressione nella città antica. Gabriella Seveso – docente di Storia della pedagogia – Univerista’ di Milano-Bicocca Nella Grecia antica, già in epoca omerica, inizia a comparire anche in forma molto chiara una rappresentazione dello spazio connessa con le identità e i ruoli di genere. Tale rappresentazione vede contrapporre in maniera netta uno spazio pubblico, maschile, a uno spazio privato, femminile: le persone possono abitare questi spazi con precise identità di genere a cui sono connessi ruoli, tabù, divieti. Sia l’Iliade che l’Odissea più di una volta descrivono lo spazio degli eroi prima di partire in battaglia. Questi spazi assumono anche forte coloritura simbolica: per esempio, quando Ettore, eroe per eccellenza, si appresta a scendere in campo per affrontare Achille nel duello fatale, è significativo che attraversi tutte le stanze delle donne. (Iliade, VI, 247-254; 258; 263-264). Questa stessa connessione fra spazi, ruoli e identità di genere è ancora più esplicita nell’ Odissea, quando Telemaco, finalmente cresciuto, ammonisce la madre: “Su, torna alle tue stanze e pensa all’opere tue,/ telaio e fuso; e alle ancelle comanda/ di badare al lavoro e al canto pensino gli uomini/ tutti, e io sopra tutti , mio qui in casa è il comando”/. Lei stupefatta tornò alle sue stanze”(Odissea, I, 356-361). Pur essendoci alcune eccezioni, in questa concezione, lo spazio delle donne generalmente può essere solo interno, nascosto, controllato. In caso contrario, esso è uno spazio selvaggio, inquietante, pericoloso, lontano dal mondo civile e dagli esseri umani: esempi di questo spazio “altro”, deviante, sono rappresentati dai luoghi abitati e controllati da esseri femminili “incivili” (ovvero non appartenenti al consorzio umano), quali Circe (Odissea, X, 211212) o Calipso: “un bosco intorno alla grotta cresceva, lussureggiante:/ ontano, pioppo e cipresso odoroso./ Qui uccelli dall’ampie ali facevano il nido/ […]/ le cornacchie marine a cui piace la vita del mare./ Si distendeva intorno alla grotta profonda/ una vite domestica, florida, feconda di grappoli./ quattro polle sgorgavano in fila, di limpida acqua…” (Odissea, V, 63-70). In epoca classica, questa divisione degli spazi, sia pubblici sia privati, nonché la corrispondente divisione dei ruoli e delle identità sessuali si sistematizza. Le testimonianze di ciò sono molteplici. Nelle tragedie di Euripide, sovente compare l’idea che l’unico spazio concesso alle donne “rispettabili”è quello domestico, come appare chiaro ne Gli eraclidi, e ancor di più dalle celebri parole pronunciate da Andromaca ne Le Troiane: “C’è un settore dove una donna, che si meriti o no il discredito, si attira una cattiva reputazione automaticamente, e cioè il non restarsene tra le quattro mura. Io non uscivo mai fuori, ho respinto quel desiderio.” (645-648). Fanno eco a questa descrizione estremamente significativa, le frasi di condanna nei confronti delle spartane, ree di uscire di casa, pronunciate da Peleo nella Andromaca (595-60). Il mondo greco resta infatti un mondo in cui gli spazi delle donne e quelli degli uomini, almeno nella cultura ufficiale, sono perfettamente divisi e connotati. La narrazione di Erodoto, a questo proposito, che, con atteggiamento di notevole curiosità etnografica, descrive altri popoli, testimonia anche della persistenza della concezione greca: “Gli Egiziani in conformità appunto, del clima che è diverso che altrove e del Nilo che offre caratteristiche insolite agli altri fiumi, in generale hanno adottato usi e costumi tutti contrari a quelli degli altri uomini. Tra loro, sono le donne che vanno al mercato e praticano il commercio. Gli uomini, invece, rimangono a casa e tessono e nel tessere”(Storie,II, 34).La suddivisione dello spazio e la necessità che le donne abitino solo spazi chiusi emerge con chiarezza anche dalle graffianti commedie di Aristofane, che, anzi, sovente usa toni di biasimo nei confronti di situazioni in cui questi divieti sono trasgrediti (La festa delle donne, 410-414; 418-423). La testimonianza di Lisia, a questo proposito, ci mostra come gli spazi fossero definiti non solo nella suddivisione fra pubblico e privato, ma anche all’interno della casa stessa, con assegnazione delle parti più inaccessibili alle donne: “io possiedo – sostiene l’accusatore - una casetta a due piani, che ha il piano superiore disposto in modo uguale a quello inferiore, rispettivamente per il gineceo e per le stanze degli uomini. Quando ci nacque il bambino, lo allattava la madre; e per non farle correre rischi nello scendere le scale quando doveva lavarlo, io andai a vivere al piano di sopra e le donne al piano di sotto” (Per l’uccisione di Eratostene, 9-10). Il processo si conclude con l’assoluzione del marito che ha ucciso l’amante della moglie cogliendolo in camera da letto, e dimostra quanto la concezione e l’organizzazione dello spazio fosse funzionale al controllo delle condotte sessuali delle donne. Un’ultima testimonianza di epoca classica ci pare altrettanto significativa perché riconnette la suddivisione degli spazi non solo alle condotte sessuali, ma anche alle specifiche funzioni economiche e sociali di uomini e donne, e tenta di proporne una giustificazione fondata sulla costituzione fisica: “di luoghi al chiuso ha bisogno l’allevamento dei neonati, di luoghi al chiuso ha bisogno la preparazione degli alimenti tratti dal raccolto e allo stesso modo anche la confezione delle vesti di lana. Poiché questi due tipi di occupazioni, quelle che si svolgono dentro e quelle che si svolgono fuori, hanno bisogno di lavoro e di impegno, il dio dispose subito, come mi sembra, la natura della donna per i lavori e le incombenze di dentro, quella dell’uomo invece per i lavori e le incombenze di fuori… le assegnò anche un amore per i piccoli maggiore che al maschio” (Senofonte, Economico, VII, 21-22; 24) E’ necessario, però, a conclusione di questo excursus sull’età classica, ricordare come la suddivisione degli spazi nel mondo greco fosse connessa con le identità e i ruoli di genere, ma non con l’orientamento sessuale: l’omosessualità, poteva essere, per un uomo, una scelta parallela all’eterosessualità: l’idea che vi fossero relazioni sessuali fra individui di sesso maschile non era ritenuta deprecabile. In età arcaica e all’inizio dell’età classica, inoltre, la pederastia, che non era omosessualita’ ma comunque relazione anche sessuale fra un adulto e un ragazzo, era un legame riconosciuto come formativo. Accanto ad una codificazione sistematica degli spazi, dei ruoli, delle identità, nel mondo greco persistono pratiche e tradizioni di pensiero che lasciano trasparire una visione differente rispetto a quella veicolata dalla cultura ufficiale. Innanzitutto, all’interno dei racconti mitici che riguardano i personaggi più noti, compaiono situazioni e occasioni in cui sopravvive un’idea più complessa, di mescolanza, di spazi e di identità. Curiosa, a questo proposito, risulta la figura dell’indovino per eccellenza Tiresia, che secondo le narrazioni mitiche, vive un’esistenza lunghissima essendo alternativamente per sette anni maschio e per sette anni femmina: questa esistenza sessualmente mutevole gli permette di conoscere le molteplici vicende umane e divine e di partecipare ai principali avvenimenti che riguardano dèi ed eroi. Al di là di queste rappresentazioni mitiche, è interessante rilevare come, nel mondo greco antico, vi fossero numerose occasioni che ribadivano indirettamente la molteplicità dell’identità sessuata e sovente tali occasioni si presentavano come dispositivi formativi. In particolare, alcune cerimonie e alcuni riti di iniziazione si presentano come significativi a questo riguardo. Ad Atene, ad esempio, durante le feste delle Oscoforie, celebrate nel mese di Panepsione (ottobre/novembre), feste connesse con la vendemmia, il momento culminante previsto dal cerimoniale era costituito da una processione che, partita dal santuario di Dioniso, si dirigeva verso il tempi di Atena Scirade presso il Falero, ed era preceduta da due ragazzi travestiti da fanciulle che recavano un tralcio di vite carico di grappoli. Secondo altre versioni, questo rito di travestimento va comunque riconnesso con la divinità di Atena Sciras (il cui culto e il cui tempio si trovano geograficamente al di fuori della città), divinità cui sono legate molte vicende o riti di travestitismo. A questo proposito è interessante ricordare che durante le feste Scire, descritte ne Le donne al parlamento di Aristofane, le donne si travestono da uomini e cercano di rivestirne le funzioni; e ancora, Plutarco, nella Vita di Solone, narra di come gli ateniesi riuscirono ad impadronirsi di Salamina (ovvero della località di Sciras) solo travestendosi da donne. Quale che sia la spiegazione fornita dai commentatori antichi, è da sottolineare come, in un luogo percepito come esterno alle mura della polis (a tal punto da avere una sua storia), si svolgono rituali che richiamano la molteplicità dell’identità sessuale degli individui. Resta interessante il dato della consapevolezza e della drammatizzazione di questa identità sessuale complessa e multiforme, drammatizzazione consentita però al di fuori delle mura della polis. Un discorso analogo è possibile riguardo ad alcuni rituali di iniziazione femminile quali le Brauronie: si tratta di un periodo di tempo durante il quale le ragazzine di circa dieci anni vivendo al di fuori della città, presso il santuario di Artemide a Brauron, vestendo pelli di orse, tagliandosi i capelli quasi rasati e vestendo delle tuniche molto corte: questo abbigliamento rimanda ad una sorta di mascolinizzazione e di drammatizzazione di un’identità mascolina che poi deve lasciar posto all’identità femminile “ufficiale” che le ragazzine rivestivano al termine di questo percorso. Alcuni riti di travestitismo erano ovviamente presenti anche in altre città greche: a Festo, si svolgevano le Ecidisie, feste che prevedevamo il travestitismo in ricordo di un mito che narrava di una fanciulla che era divenuta ragazzo. Si tratta sempre di racconti che richiamano il travestitismo o il mutamento di identità sessuale nello spazio esterno alla città. Ad un’analoga contrapposizione, fra spazio cittadino, civile, ordinato, con ruoli e identità definite e spazio incolto, esterno, con identità e ruoli molteplici, mutevoli, complessi, rimandano riti e paradigmi di pensiero che, nel mondo greco antico, sono connessi con le religioni misteriche. Innanzitutto, tutte queste tradizioni vengono fatte risalire, dai commentatori antichi, a regioni lontane, a spazi differenti rispetto a quelli delle città greche. Per quanto riguarda il dionisismo, per esempio, appare chiara la derivazione orientale, presente anche nella rappresentazione che propone Euripide nella tragedia Le baccanti; anche l’orfismo si rifà alla figura del fondatore Orfeo, mitico musico, proveniente dalla regione della Tracia, che per l’immaginario greco incarna l’alterità. I misteri di Samotracia, a loro volta, nascono e si diffondono a partire da questa regione che “era un confine, dove nel corso del tempo, prima le civiltà preelleniche e poi quella greca, avevano incontrato il mondo orientale: un fertile incrocio di culture” (P. Scarpi, 2002, vol. II, p. 5). Oltre che originari di regioni “altre”, i riti misterici si svolgevano anche in uno spazio esterno, differente rispetto alla città: i misteri eleusini, ad esempio, ad Eleusi, che “rappresentava per Atene l’<alterità> dove si annullavano le differenze tra i cittadini e nello stesso tempo tra gli uomini e gli dei e dove la città periodicamente si rifondava.”(Id., ibidem, p. 9). I riti dionisiaci, per antonomasia, d’altro canto, si svolgevano all’esterno della città, nello spazio selvaggio, (Le baccanti, 683-686; 692-706). A questa collocazione in uno “spazio altro” rispetto alla cultura ufficiale, fa da controcanto il sovvertimento dei ruoli di genere e/o dei ruoli e delle identità sessuali che all’interno di questi riti risulta più o meno marcato. Nel caso dei misteri eleusini, possiamo parlare soprattutto di un sovvertimento dei ruoli di genere/sociali, poiché a tali misteri sono ammesse anche le donne con parità di accesso e di ruolo. Nel caso, invece, dei riti dionisiaci, si evince un richiamo ad identità sessuali complesse e mutevoli: Dioniso è per antonomasia il dio androgino ed enigmatico, che riunisce in sé molte nature “doppie” (dio/uomo; greco/straniero), ma soprattutto la natura femminile e maschile, presentandosi con un aspetto volutamente ambiguo e chiedendo a* su* seguaci di dimenticare l’ordine stabilito e la divisone fra maschile e femminile, come appare evidente da numerosi passi de Le baccanti (352-353; 821-822). Il richiamo all’androginia originaria è molto presente anche nei testi e nei riti che fondano l’orfismo e non a caso, proprio riprendendo questa tradizione, Platone nel Simposio richiamerà questa condizione come costitutiva dell’essere umano. Questi paradigmi religiosi e questi riti, insieme alle feste, e allo spazio del teatro, collocandosi al di fuori dello spazio ufficiale, civile, della città probabilmente non mirano a sovvertirne l’ordine, ma certamente propongono una sorta di rottura degli schemi e degli stereotipi, e il parziale affrancamento da questi stessi schemi. Essi generalmente costituiscono dispositivi formativi e pedagogici, o in quanto sottolineano il momento di passaggio da un’età ad un’altra, o in quanto collocano l’individuo all’interno di un’iniziazione religiosa e in uno spazio sacro. Essi dimostrano come, nel mondo greco, è avvenuta una sistematica codificazione dello spazio e delle identità e dei ruoli, attraverso la rigida contrapposizione pubblico/privato, maschile/femminile, ma è anche rimasta vitale, proprio in cornici formative, una tradizione che sottolineava la molteplicità, l’indeterminatezza, l’enigmaticità dell’essere umano e della sua identità sessuale e il permanere, all’interno di ciascun individuo, di un margine di tale ambiguità. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE 1. Aristofane, La festa delle donne trad. it. G. Paduano, Milano, Rizzoli, 1983 Id., Le donne all’Assemblea, trad. it. M. Vetta, Milano, Mondadori, 1994 Id., Le rane, trad. it. B. Marzullo, Roma-Bari, Laterza, 1990 Erodoto, Storie, trad. it. L. Annibaletto, Milano, Mondadori,1956 Euripide, Le tragedie, voll.I-III, trad. it. F. M. Pontani, Torino, Einaudi, 2007 Lisia, Orazioni, voll. I- II, trad. it. E. Medda, Milano, Rizzoli, 1997 Omero, Iliade, trad. it. R. Calzecchi Onesti, Torino, Einaudi,1963 Id., Odissea, trad. it. R. Calzecchi Onesti, Torino, Einaudi,1969 Platone, Simposio, in Opere complete, vol III, trad. it. P. Pucci, Roma- Bari, Laterza, 2003 Senofonte, Economico, trad. it. G. Daverio Rocchi, Milano, Rizzoli,1991 2. Scarpi P. ( a cura di) (2002),Le religioni dei misteri, Vol. I e II, Milano, Mondadori Seveso G. (2010), L’educazione delle bambine nella Grecia antica, Milano, Angeli