Distinguere l`osservatore: un tentativo di interpretare Maturana

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Distinguere l'osservatore: un tentativo di interpretare Maturana
di Ernst von Glasersfeld
“Se non c'è l'altro, non c 'e nessun io. Se non
c'e', nessun io, non ci sarà nessuno a fare distinzioni”. Chuang-tsu, IV sec.
A. C. (*)
"Linguaggiare"(**) come occasionalmente spiega Maturana, serve, tra
le altre cose, ad orientare, nel senso di dirigere l'attenzione e di
conseguenza l'esperienza individuale degli altri, che è un modo per
incrementare lo sviluppo di "dominii consensuali" che, a loro volta, sono
i prerequisiti per lo sviluppo del linguaggio.
Sebbene la
frase (o, se si vuole il linguaggiare) con la quale ho qui iniziato sia quanto
meno una pallida imitazione dello stile di Maturana, rappresenta probabilmente
un importante aspetto del suo sistema: la circolarità che, in un modo o
nell'altro, rispunta ripetutamente.
Ritengo assolutamente indispensabile ripetersi diligentemente, ogni volta che
la si nota nella sua esposizione, che la circolarità negli scritti di Maturana
non è una svista (come lo sarebbe nella maggior parte dei tradizionali sistemi
della nostra filosofia occidentale). E, anzi, una condizione fondamentale,
deliberatamente scelta, che sorge direttamente dal modello autopoietico. Per
Maturana, l'organismo cognitivo è informazionalmente chiuso. Stabilito
che può, comunque, produrre descrizioni, cioè concetti, strutture
concettuali, teorie, ed, in ultimo, un quadro del suo mondo, è chiaro che può
far ciò solo usando costituenti che ha accumulato attraverso processi di
astrazione dal dominio della sua stessa esperienza. Questa intuizione, espressa
da Maturana con l'affermazione che tutti i dominii cognitivi sorgono
esclusivamente come risultato di operazioni di distinzione svolte
dall'organismo stesso, è uno dei punti della sua opera che ha attirato il mio
interessare al suo lavoro sin dalle prime letture.1
Sulla base di considerazioni lontane da quelle che indussero Maturana a
formulare l'idea biologica dell'autopoiesi, io sono giunto alla medesima
conclusione. Il mio pensiero (in parte abbreviato e idealizzato) ha seguito i
primi dubbi dei Pre-socratici attraverso Montaigne, Berkeley, Vico e Kant sino
al pragmatismo e infine alla "Scuola Operativa" di Ceccato e
all"'Epistemologia Genetica" di Piaget. Ciò può sembrare qui
irrilevante, ma siccome l'esposizione di Maturana fa raramente riferimento alla
filosofia tradizionale, sembra appropriato ricordare che un discreto numero
delle sue fondamentali affermazioni possono essere convalidate da correnti di
pensiero che, ogni tanto, sono rispuntate nella storia convenzionale
dell'epistemologia. Benché queste correnti di pensiero abbiano occasionalmente
irritato la disciplina filosofica ufficiale, esse non hanno mai avuto Un
effetto durevole e sono rimaste curiosità marginali. Il motivo di questa
trascuratezza è, direi, che tutta la storia occidentale delle idee fino ai
nostri giorni, ha considerato fondamentali due requisiti in ogni speculazione
epistemologica. II primo di questi requisiti chiede che, comunque si voglia
definire la "vera conoscenza", essa deve essere indipendente dal
soggetto conoscente. Secondo requisito è che la conoscenza va presa seriamente
solo se pretende di rappresentare, in un modo più o meno veritiero, un
mondo di "cose-in-sé".2
Nonostante gli scettici di tutte le epoche abbiano spiegato, con l'aiuto di
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argomentazioni logiche che entrambi questi requisiti non sono conseguibili,
essi si sono limitati ad osservare che la conoscenza assoluta era
impossibile. Solo pochi sono andati un passo oltre e hanno cercato di liberare
il concetto di conoscenza da quelle impossibili costruzioni in modo da poterlo
liberamente applicare a ciò che e' conseguibile all'interno del mondo
esperienziale del soggetto che agisce. Coloro che hanno compiuto questo passo
vennero etichettati "outsider" e, quindi, poterono essere ignorati
dai filosofi di professione.
Un mondo esperienziale chiuso
Non è qui mia
intenzione esaminare perché negli ultimi venti o trent'anni il clima filosofico
sia mutato. Il fatto è che oggi si possono difendere posizioni che comprendono
una visione relativistica senza venire subito tacciati di nichilismo o di
essere pericolosi eretici o similari.
E una fortuna per Maturana, e per noi, essere sopravvissuto alle ultime due
decadi nonostante la sua opposizione al dittatore reazionano cileno Pinochet.
Dico fortuna perché Maturana è indubbiamente uno di quei pensatori che, nei
secoli passati, sarebbero stati mandati al rogo senza ritrattazione.
In filosofia, la dominanza autoritaria del dogma realista (sia esso
materialistico o metafisico) e' stata sicuramente scossa sia dalla manifesta
inaffidabilità delle "verità" politiche e sociali, che dalla
rivoluzione nei modi di vedere della fisica. Ma l'avversione per i modelli di
cognizione che spiegano la conoscenza come organismo-dipendente e persino come
prodotto di un circuito chiuso di operazioni interne, non e' in alcun modo
scomparsa.
L'ampia mappa di flusso concettuale che Maturana spesso mostra alle sue
conferenze, ha, a sinistra (dal punto di vista del pubblico), la
classificazione della spiegazione con oggettività, e a destra la spiegazione senza
oggettività.3 Il fatto che quando descriviamo noi scegliamo di essere a
sinistra o a destra, è, secondo Maturana, una questione di emozione. Per ciò
che riguarda la conoscenza e il linguaggio, il lato sinistro deve aderire al
credo che la conoscenza catturare la realtà oggettiva e che il linguaggio può
riferirsi ad essa ed esprimerla. Il concetto di oggettività' che Maturana ha in
mente dipende da questo credo. Maturana stesso, se lo ho capito correttamente,
non lo condivide, e si pone inequivocabilmente sulla parte destra, dove
l'oggettività non è considerata ("messa in parentesi") e le sole
realtà possibili sono realtà generate (brought forth) dalle operazioni
di distinzione dell'osservatore.
Mi pare che il lato sinistro dello schema venne aggiunto soltanto per spiegare
fuorvianti percorsi della filosofia convenzionale e non ha la stessa funzione
didattica di quello destro. Che vada inteso in questo modo, non va messo in
discussione in quanto, mi pare, il fatto di credere nella possibilità di
acquisire la conoscenza circa una realtà oggettiva, o, come avrebbe detto Kant
di un mondo in sé, può venir demolito con le argomentazioni formulate dagli
scettici, senza dover ricorrere alla biologia o all'autopoiesi. Secondo me,
allora, resta la necessità di sostituire una nuova spiegazione per la relazione
tra la nostra conoscenza (cioè ogni struttura concettuale che usiamo con esito
positivo) ed il "medium" in cui ci troviamo a vivere. Questa nuova
spiegazione deve essere di quelle che non fanno assegnamento
sull'assunto di un isomorfismo che non può essere mai dimostrato.
In questo contesto è cruciale ricordare che Maturana intende descrivere e
spiegare tutti i fenomeni che sono chiamati "cognitivi" da un fondamento
biologico. In quanto il suo progetto ha esiti positivi, egli può
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permettersi di trascurare la teoria tradizionale della conoscenza e di
riferirsi ad essa solo allo scopo di enfatizzare la differenza del suo modo di
pensare. Scostandosi dalla storia della filosofia, comunque, corre il rischio
di essere frainteso da tutti quelli che hanno un concetto di cognizione ancora
legato all'idea generale di conoscenza. Maturana quindi Si ritrova spesso a
fronteggiare interpretazioni erronee dello stesso tipo di quelle che dovette
affrontare Piaget. Anch'egli infatti, nella sua teoria, ripeteva che la
cognizione non è un mezzo per acquisire la conoscenza di una realtà oggettiva,
ma serve all'organismo attivo per il suo adattamento al suo mondo
esperienziale.
Ciò che Maturana chiama "efficacia operazionale" corrisponde, nella
mia prospettiva costruttivista, a "viabilità"' e coincide nella
storia della filosofia allo slogan lanciato dai pragmatisti all'inizio del
secolo: "Vero è ciò che funziona". L"'efficacia operazionale"
di Maturana, comunque, riesce meglio, per quanto riguarda la sua applicazione,
del "funzionamento" dei Pragmatisti. Tutte le operazioni e la loro
efficacia, secondo la definizione di Maturana, stanno e debbono stare in un
dominio di descrizione determinato dalle distinzioni svolte dal particolare
osservatore. Il "funzionamento" dei Pragmatisti, al contrario,
induceva nella tentazione di cercare Un accesso ad Un mondo
"oggettivo", sulla base che certi modi di agire "funzionano"
mentre altri no. Il modello di Maturana frustra qualsiasi tentazione sin
dall’inizio in quanto chiarisce che "efficacia" è un giudizio
eseguito in un dominio di esperienza che è stato generato dall'attivià
di distinzione di un osservatore.4
La nascita dell'osservatore
Secondo me uno dei
punti difficili dell'edificio concettuale di Maturana è la sua asserzione,
spesso ripetuta, che anche I'osservatore può esser derivato, senza ulteriori
assunti, dalla sua formulazione delle condizioni biologiche di base che
governano le interazioni e l'attività linguistica dell'organismo autopoietico.
Mi ci è voluto più di un decennio per costruirmi un'interpretazione di questa
derivazione. Se la presento qui, lo faccio avvertendo chiaramente che è,
invero, una interpretazione personale che non vanta affatto di autenticità.
Secondo Maturana, tutta 1'attività linguistica o "languaging" ha
luogo "nella pressi di vita: noi esseri umani troviamo noi stessi come
sistemi viventi immersi in essa".5 "Languaging", per Maturana,
non significa trasmettere "informazioni" o fatti" di qualunque
genere, ma si riferisce ad un attività sociale che sorge da una coordinazione
di azioni accordate dal mutuo adattamento. Senza tale coordinazione di azione
non ci sarebbe possibilità di descrizione e, di conseguenza, nessun modo
per le distinzioni svolte da un attore, di diventare consce.
II diventare consapevoli delle distinzioni è chiamato osservare. Osservare se
stessi come attore delle distinzioni, quindi, è nè più meno che diventare
consci di sè. Maturana ha recentemente descritto ciò ben chiaramente:
...se accettiamo che ciò che distinguiamo dipende da ciò che facciamo, come fa
la fisica moderna, noi operiamo sotto l'assunto implicito che, come
osservatori, siamo dotati di razionalità, e che ciò non può nè ha bisogno di essere
spiegato. Allora, se riflettiamo sulle nostre esperienze come osservatori,
Scopriamo che la nostra esperienza è che troviamo noi stessi osservanti,
parlanti, o agenti, e che qualsiasi spiegazione o descrizione di ciò che
facciamo è secondaria alla nostra esperienza di trovare noi stessi nel fare ciò
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che facciamo.6
Il punto saliente in questo circolo chiuso è la condizione base che Maturana
ripete molto spesso, cioè che ciò che è osservato non sono cose, proprietà o
relazioni di un mondo che esiste "come tale", ma piuttosto i
risultati di distinzioni svolte dall'osservatore stesso. Di conseguenza, questi
risultati non hanno comunque esistenza senza l’attività di distinzione di
qualcuno. Proprio come disse Vico, primo pensatore costruttivista, il soggetto
cognitivo può conoscere solo fatti, e i fatti sono elementi fatti (latino:
facere) dal soggetto stesso. L'osservatore, cosi, sorge dai suoi stessi
modi e mezzi per descrivere, vale a dire, distinguendo sé stesso a. Qui,
allora, vedo davvero una connessione con Cartesio, ma non è la connessione con
il dualismo cartesiano menzionato da Volker Riegas nelle sue
"Conversazioni con Maturana". Cartesio intende sconfiggere lo
scetticismo usando il dubbio come strumento per separare tutto ciò che era dubbio
dalle verità certe che sperava dovessero rimanere. Alla fine del suo sforzo
scoprì che c'era solo una cosa di cui poteva essere certo, cioè' che era lui
stesso ad essere impegnato nella attività riflessiva di dubitazione. Siccome la
sua indagine era stata motivata dalla speranza che, malgrado le argomentazioni
degli scettici, si potesse trovare un modo per raggiungere la realtà ontica,
formulò, allora, la certezza del suo dubbio come principio ontologico: cogito
ergo sum.
Per Maturana questa formulazione non è accettabile precisamente perchè il
"sum" sostiene esistenza nel senso ontologico. Se Cartesio
avesse notato - come fa esplicitamente Maturana - che il dubitare di cui era
cosi certo poggiava necessariamente sulle distinzioni che lui stesso stava
facendo nel suo proprio mondo esperienziale, e non nella realta' ontica,
allora avrebbe detto: "distinguendo, io creo me stesso come
osservatore". Se ho capito il suo pensiero, Maturana potrebbe facilmente
accettare questa nuova formulazione del principio di Cartesio.
Dal mio punto di vista, Maturana fornisce, per cosi dire, la scala che una
coscienza deve ascendere per diventare un osservatore. Circa l'origine della
coscienza egli non dice nulla. Che io, in qualità di organismo vivente,
"trovi me stesso immerso nel linguaggio", significa per me, che ho la
capacità di trovare me stesso, e questa capacità, che implica una sorta
di riflessione, appartiene a ciò che io chiamo coscienza.
Rappresentazione e memoria
In "The
Bringing forth of Pathology", un articolo che Maturana ha recentemente
scritto con Carmen Luz Mendez e Fernando Coddou, c'è una sezione sul linguaggio
e sulle vane forme di conversazione. Due di queste forme sono descritte in
dettaglio:
Possiamo chiamare la prima, conversazioni di caratterizzazione se richiedono
aspettative su cui non si è stabilito Un accordo riguardo alle caratteristiche
dei partecipanti. Possiamo chiamare la seconda forma, conversazioni di accuse e
recriminazioni ingiustificate se richiedono lamentele circa le aspettative
inadempiute riguardo il comportamento del partecipanti che non si erano messi
d’accordo prima.7 (pag. 155)
Stabilito che Maturana, in diversi suoi scritti, rende ben chiaro che egli
considera inaccettabile il concetto generalmente collegato alla parola
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"rappresentazione", si può rimaner di primo acchito sorpresi
che nel passo soprariportato egli basi una discriminazione di conversazioni su
"aspettative". Nella mia analisi avere un'aspettativa significa usare
l'immaginazione per comporre mentalmente qualcosa dalle distinzioni effettuate
in precedenza nel flusso d'esperienza, ma non a disposizione nell'effettivo campo
percettuale presente. Immaginare una tale composizione, comunque, richiede
l'abilità di ri-presentare (re-present) almeno parti delle esperienze
passate. L'apparente contrapposizione comunque, scompare se si considera
che il vocabolo "rappresentazione" (representation) è usato per
designare parecchi concetti diversi, due dei qui in tedesco vengono designati
dai due vocaboli Darstellung e Vorstellung.8 Il primo
concetto viene alla mente ogni volta che non c'è un'indicazione specifica che
un altro viene inteso. Questo concetto è vicino alla nozione di
"immagine" e come tale implica la replica, in un modo formale o
fisico, di qualcos'altro categorizzato come "originale". Il secondo
concetto è vicino alla nozione di "costrutto concettuale" e la parola
tedesca "Vorstellung" è un termine centrale nelle opere dei filosofi
Kant e Schopenhauer. L' avversione di Maturana per il vocabolo "rappresentazione"
sorge dal fatto che, come Kant e Schopenhauer, egli esclude immagini
concettuali o repliche di una realtà oggettiva nel dominio cognitivo degli
organismi. Per contrasto, ri-presentazione (re-presentation) nel senso
piagetiano sono ripetizioni o ricostruzioni di elementi che erano stati
distinti nell'esperienza pregressa. Come ha spiegato Maturana alla Conferenza
ASC, nell'ottobre 1988, queste ri-presentazioni so no possibili solo in un
modello autopoietico.
Maturana, in quella sede, parlò di ri-vivere un'esperienza, e dal mio
punto di vista ciò coincide con il concetto di rappresentazione come
Vorstellung, senza cui non ci potrebbe essere riflessione. Da quella
angolatura, allora, diventa chiaro che, anche nell'organismo autopoietico,
"aspettative" non sono altro che ri-presentazioni di esperienze che
sono ora proiettate nella direzione del non ancora esperito.
Questa considerazione conduce ad un altra questione che spesso rimane irrisolta
nel contesto della teoria di Maturana: il problema della memoria e il
meccanismo che rende possibile il ricordare. Come ripete Maturana, anche in
questo contesto tutto ciò che uno può dire giace a livello di descrizioni,
livello determinato dal fatto che qualcuno effettua certe distinzioni e non
altre. Maturana scarta, come fa Heinz von Foerster, la nozione di un
"magazzino" in cui si possono depositare e conservare impressioni,
esperienze, azioni, relazioni, eccetera.
Concordo appieno con ciò. Comunque, dal mio punto di vista e tuttavia chiaro
che l'osservatore che descrive qualcosa come ri-vivente, deve avere qualche
indicazione che l'esperienza a cui si riferisce e una che è stata vissuta
almeno una volta in precedenza; e il capire questa ripetizione richiede un
meccanismo che assume il ruolo di ciò che, nel linguaggio comune si chiama "ricordare".
In un organismo autopoietico, ogni perturbazione, ogni esperienza, ogni evento
interiore cambia la struttura della rete che costituisce l'organismo. Questi
cambiamenti, ovviamente, non sono tutti dello stesso tipo. Alcuni potrebbero
essere la formazione di nuove connessioni e così di nuovi percorsi nella rete;
altri potrebbero essere ciò che potremmo chiamare "lubrificanti" o
facilitanti di un percorso preesistente. L'osservatore, che parla di ri-vivere,
deve essere in grado di distinguere un percorso generato per la prima volta da
uno che usa connessioni fatte in una qualche occasione precedente. Ciò
sembrerebbe necessario, a prescindere dal fatto che la descrizione concerna o
meno le operazioni di un altro organismo o l'osservatore stesso-a. Ma la
ripetizione di un'esperienza può essere accertata solo se l'osservatore è in
grado, almeno temporaneamente, di uscire dal flusso di esperienza, al fine di
distinguere l'uso di un sentiero già percorso dall'inizio di uno nuovo. Nella
mia terminologia ciò significa che l'osservatore deve essere capace di
riflessione.
Maturana chiarisce che nel suo modello tutto l'agire e tutto il comportamento
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di un organismo è interamente determinato dalla struttura e dall'organizzazione
dell'organismo; quindi non richiede riflessione. A livello di descrizioni,
comunque, dove ciò che può essere descritto è generato solamente dalle
operazioni di distinzione dell'osservatore, non si può, a mio avviso, fare a
meno della riflessione. Non mi risulta che Maturana dica altro a riguardo. Io,
comunque, presumo che l'osservatore genera la sua abilità di riflettere
semplicemente distinguendo se stesso-a come soggetto agente, osservante ed,
infine riflettente, in un particolare dominio di esperienza.
La realtà esclusa
Il problema riguardante l'origine dell'osservatore nella teoria di
Maturana viene risolto, secondo me, continuando a tenere a mente che non solo
l'intero mondo esperienziale deve essere considerato il prodotto di distinzioni
che uno si fa, ma anche che il flusso di esperienza è provocato dal proprio
distinguere se stessi quali osservatori. Ciò non è di certo una risposta
metafisica che pretende di spiegare la genesi di un'entità che
"esiste" come soggetto ontico capace di "conoscere" un
mondo ontico. Maturana fa della scienza e la fa prudentemente, in modo scientifico.
Ciò comporta che egli, nel suo modello, si astenga da surrettizzi assunti
metafisici che non possono essere giustificati perché sono inguistificabili
logicamente. Il Nostro ha espresso ciò in vari modi:
...un osservatore non ha basi operazionali per compiere qualsiasi affermazione
o richiesta circa gli oggetti, le entità o le relazioni come se esse
esistesseto indipendentemente da ciò che egli-ella fa.9
E nell'intervista con Riegas afferma "nulla può essere detto sulla
realtà trascendentale" (pag. 53). Questa posizione non è per nulla nuova.
La si può trovare in Vico, Kant, Schopenhauer e ultimamente in Richard Rorty.
Nuova, invece, è l'interpretazione biologica del mondo esperienziale che
dispone le circostanze sotto cui un osservatore può essere generato. Se la si
prende come ipotesi di lavoro, ha conseguenze di vasta portata per la nostra
relazione concettuale con il mondo esperienziale. Come tutti i modelli
scientifici, quello di Maturana, "spiega" il come del fenomeno
con cui esso ha a che fare - la genesi dell'osservatore - non il perché. Ciò
è di norma per la procedura scientifica. Per esempio, la fisica spiega come
succede che gli oggetti pesanti "cadono", per mezzo del concetto di
gravità; che i corpi celesti esercitano una forza gravitazionale, può
probabilmente venir ridotto alla curvatura dello spazio: ma perché lo spazio
debba essere curvo in un mondo ontico è una questione a cui il fisico non ha nè
necessita di una risposta esplicatoria - egli può semplicemente osservare che
l'assunto dello spazio curvo rende possibile alcuni calcoli e alcune predizioni
utili. Quei fisici che sono divenuti consapevoli dei fondamenti epistemologici
della loro scienza lo hanno affermato in modo chiaro, perché, come Maturana
hanno capito che sono i loro propri concetti, le loro proprie operazioni di
distinzione che generano il mondo esperienziale che essi descrivono nella loro
scienza.
Coerenza invece di fondamenti
All'inizio ho parlato della circolarità nella teoria di Maturana,
poi ho cercato di spiegare, dalla mia prospettiva, alcuni settori del circolo
concettuale. Se sono stato chiaro, dovrebbe essere ora facile smantellare una
delle maggiori obiezioni, provenienti da più parti, contro Maturana. La
formulazione precisa di Gerhard Roth può servire da esempio.
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Il concetto di una simile teoria ciclica sorge dal problema dei fondamenti e
dall'inizio. O si inizia con la spiegazione epistemologica concernente
l'osservatore, le condizioni e gli oggetti delle sue osservazioni (distinzioni
di oggetti, parti di sistema, eccetera) per raggiungere poi una teoria
costruttivista dei sistemi viventi; o si inizia con una spiegazione oggettiva
dell'organizzazione dei sistemi viventi che conduce poi ad una teoria del
cervello, dalla conoscenza, e infine ad una teoria dell'osservatore. Maturana
li tenta entrambi simultaneamente... Questa concezione è destinata a fallire
perché si incastra nella contraddizione tra l'approccio costruttivista e quello
oggettivista.10 (pag. 88)
Il problema dei fondamenti e quello dell'origine, come appare chiaramente già
da questo passo di critica introduttivo, sono secondo Roth intessuti uno con
l'altro. Ciò può essere adeguato nel caso delle tradizionali teorie sulla
conoscenza, ma nella critica a un'epistemologia che esclude esplicitamente la
conoscenza di un mondo in se oggettivo, io trovo tali interconnessioni
inammissibili.
Numerosi lettori di Maturana hanno criticato questa mancanza di fondamenti
ontologici. Interessante è che questa critica è identica a quella fatta da un
anonimo recensore di De antiguissima Italorum sapientia di Vico sul Giornale
dei letterati, nel 1711.11 Il recensore sosteneva che Vico aveva prodotto
un'eccellente esposizione della sua filosofia ma non aveva fornito una prova
della verità di questa sua filosofia.
Per il costruttivista che ha deliberatamente scartato la nozione che la
conoscenza debba corrispondere ad una "realtà"
ontologicamente indipendente, la richiesta di una simile prova è un assurdità,
perché non può fornirla senza contraddire la tesi centrale della sua filosofia,
cioè che la conoscenza non può e non è tenuta a rispecchiare un
mondo ontologico ma deve essere giudicata per il suo funzionare nel mondo
esperienziale e per la sua coerenza.
Maturana, ancor più esplicitamente di Vico, dice che la conoscenza si manifesta
nell"'azione efficace". Chiarisce inoltre che la sua teoria è
deliberatamente circolare. Quindi, è inappropriato richiedere un inizio. Un
cerchio è caratterizzato, tra le altre cose, dal fatto di non avere inizio.
Nell'edificio di Maturana ogni punto nasce da quello precedente - pressapoco
come quando nella spessa nebbia su un ghiacciaio alpino, si mette un piede
avanti all'altro senza veder mai cosa c'è davanti o dietro di esso; e come
succede a volte in una simile nebbia, dopo ore di cammino uno si rende conto di
camminare sui propri passi. Il fatto che uno abbia iniziato il cerchio in un
punto specifico potrebbe solamente essere percepito da un posto più
vantaggioso, se la nebbia si dissolve ed è possibile un'ampia visione. Ma la
nebbia che ostruisce la nostra vista della realtà ontica non può dissolversi,
perché, come già disse Kant, è inestricabilmente intessuta nei nostri modi e
mezzi esperienziali. Per questo motivo, un'indagine meticolosa come quella di
Maturana può soltanto dimostrare che indipendentemente da dove abbiamo iniziato
il cerchio, non possiamo nè arrivare ad una fine nè, retrocedendo sui nostri
passi, ad un inizio. Alla meglio potremmo probabilmente richiamare il punto da
noi distinto come un presupposto, all'inizio della nostra ricerca.
Se ogni cosa detta è detta da un osservatore-trice sulla base delle sue
operazioni di distinzione, questa deve essere considerata valida non soltanto
per i domini particolari del mondo esperienziale ma per tutto ciò che facciamo,
pensiamo o di cui discutiamo. Nella concezione del mondo di Maturana non si
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possono richiedere nè fondamenti ontologici esterni nè un inizio
"assoluto". Entrambe le richieste sono non solo prive di significato,
ma anche superflue.
"Fondamenti" nel senso ontologico presuppone che si consideri
l'accesso ad un possibile mondo indipendente dall'osservatore. Maturana nega
questa possibilità, ed è quindi pienamente coerente che egli non specifichi un
punto di partenza obbligatorio esterno, perché questo sarebbe equivalente ad un
"principio metafisico incondizionato" che dovrebbe essere considerato
valido senza giustificazione esperienziale, sulla quale l'edificio teoretico
potrebbe essere eretto con pura logica. L'incomprensione dei critici può aver
avuto origine dal fatto che Maturana, come ognuno di noi, è obbligato ad usare,
nelle sue esposizioni, un linguaggio che è stato formato e raffinato da più di
duemila anni di realismo - naive o metafisico - un linguaggio che lo costringe
ad usare il verbo "essere" che, in tutte le forme grammaticali,
implica l'assunto di una realtà ontica. Un lettore attento comunque,
difficilmente a potrà fare a meno di notare che gran parte di ciò che Maturana
dice mira ad "orientarci" lontano da quell'inevitabile implicazione.
Per quanto la mia interpretazione della teoria autopoietica di Maturana sia
viabile, non riesco a scoprire in essa alcuna inconsistenza che ne distrugga la
sua coerenza. Comunque, dal mio punto di vista la coerenza è un criterio
necessario, ma non sufficiente per valutare un sistema filosofico
omni-comprensivo. La monadologia di Leibniz, per esempio, non lasciava nulla a
desiderare per coerenza, eppure fallì come applicabile visione del mondo. In
ultima analisi, il valore del lavoro di Maturana dipenderà da quanto risulterà
duraturo il successo che, al momento, le sue applicazioni hanno nella prassi
della nostra esperienza. E infine - ciò che mi sembra
"emozionalmente" più importante - dovremo vedere se gli inizi di
un'etica che egli ha recentemente generato aiuteranno a soddisfare la speranza
di poter creare un dominio consensuale sul nostro pianeta in pericolo, un
dominio stabilito intorno al consenso basato sulla collaborazione che potrebbe
rendere possibile la sopravvivenza della cultura umana.
(Versione ridotta di un saggio pubblicato la prima volta in: Zur Biologie
der Kognition, Gespraech mit Humberto Maturana und Beitraege zur Diskussion
seines Werkes, a cura di Volker Riegas e Chrisian Vetter, Suhkamp Verlag,
1990).
Ringraziamenti
Sono grato a Heinz von Foerster per gli utili commenti
Critici alle bozze di questo saggio.
Note
(*) Fung Yu-lan, Chuang-tzu: A new
selected translation. Shanghai: The Commercial Press, 1933. Citato da Alan
Watts in The Watercourse Way, Pantheon Books, New York, 1975, p. 52.
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(**) "Languaging", è un neologismo di Maturana.
1. Con la differenza che, per me, con l'attività di distinzione, sorge
l'attività di relazione, senza la quale non ci sarebbe costruzione di strutture
concettuali più complesse. Che tutto il conoscere abbia inizio con il far
distinzioni venne affermato non solo dall'antico filosofo orientale, ma, nei
nostri giorni, anche da George Spencer Brown (cfr. il suo Laws of Form, London,
Allen e Unwin, 1969.)
2. Cfr. il mio "Wissen ohne Erkenntnis", in
Gerhard Pasternak Ed., Philosophie und Wissenschaften: Das Problem des
Apriorismus. Francoforte/Berna: P. Lang, 1987.
3. Obbiettività, nei testi di Maturana, non indica l'opposto
della "soggettività" di un singolo individuo, ma è usato nel senso
della filosofia classica, vale a dire, poi significare l'intenzione e
l'esigenza di rappresentare il mondo come è"in se stesso", senza
alcuna aggiunta, detrazione e distorsione causata da colui che esperisce.
4. Hans Vaihinger, Die Philosophie des Als Ob. Berlino:Reuther
e Reichard, 2a edizione, 1913. Nelle "Note preliminari"
all'introduzione al suo brillante lavoro, Vaihinger biasima il Pragmatismo
perché, come egli sostiene, sprofonda nell"'utilitarismo della peggior
specie" (pag. IX), quando chiama vero "tutto che ci aiuta a
sopportare la vita". Circa 300 pagine dopo, comunque, egli scrive"...
l'insieme delle categorie odierne è solo il prodotto della selezione e
dell'adattamento naturale". Si riferisce a "caterorie" nel senso
kantiano. Con questa affermazione pone chiaramente la teoria evoluzionistica di
Darwin in una realtà ontologica e trasforma le "categorie", cioè gli
elementi chiave nella nostra concettualizzazione del mondo esperienziale, in
strumenti di sopravvivenza "utilitaristici".
5. Humberto Maturana,
"Ontology of observing: The biological foundation of self-consciousness
and the physical domain of existence". Texts in Cybernetic Theory, American
Society of Cybernetics, 1988; pag. 36.
6. Cfr. H. Maturana, "Reality: The search for objectivity or the
quest for a compelling argument". The Irish Journal of Psychology, 1988,
9(1), 26.
7. Carmen Luz Mendez, Fernando Coddou e Humberto Maturana, "The
Bringing forth of pathology", The Irish Journal of Psychology 1988,
9(1), 144-172.
8. Ulteriore disamina del pasticcio concettuale che nasce dal vocabolo
"rappresentazione" la si trova nel mito "Preliminaries to any
Theory of Representation", in C. Janvier ed., Problems of
Representation in the Teaching and Learing of Mathematics, Hillside, New
Jersey: Erlbaum, 1987. Menzionerò qui solamente che sarebbe errato
concluderne che il tedesco è una lingua più ricca o più precisa. Coincidenze di
diversi concetti si possono trovare anche in altre direzioni (per esempio, i
due vocaboli inglesi "to isolate" e "to insulate"
sono invariabilmente tradotti con una sola parola tedesca, nonostante il
fatto che ci sia una differenza concettuale ben specificabile).
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9. H. Maturana,
"Reality: The search for objectivity or the quest for a compelling
argument"; The Irish Journal of Psychology, 1988, 9(1), 30
10. Gerhard Roth, "Wissenschaftlicher
Rationalismus und holistische Weltdeutung". In G. Pasternak Ed., rationalitaet
und Wissenschaft, (vol. 6), Brama: Zentrum Philosophische und Grundlagen
der Wissenschaften, 1988.
11. Il De antiguissima è stato pubblicato con un'ottima traduzione
italiana di Francesco Saverio Pomodoro e con la disamina sul giornale veneto,
Stamperia de Classici Latini, Napoli, 1858.
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