Lezione 2 - Placche 15-16

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La litosfera in
movimento
La distribuzione dei vulcani e
dei terremoti
L’esplorazione dei fondali oceanici restituisce un aspetto particolare
del pianeta. Il fondo degli oceani è attraversato da lunghe catene
montuose che spesso li percorrono sulla parte centrale.
Queste enormi «cicatrici» prendono il nome di dorsali oceaniche.
Gainotti, Modelli Incontro con le scienze
integrate © Zanichelli editore 2014
La distribuzione di vulcani e
terremoti
Le dorsali oceaniche sono
attraversate da faglie e costellate di
vulcani che eruttano lava basaltica.
Qui si concentra la quasi totalità dei
vulcani.
Anche sui continenti e sulle isole la
localizzazione dei vulcani non è
uniforme. Questi, infatti, sono
concentrati in fasce lunghe e strette.
Gainotti, Modelli Incontro con le scienze
integrate © Zanichelli editore 2014
La teoria della tettonica delle
placche
Questa distribuzione coincidente di vulcani e terremoti non è casuale.
La litosfera, infatti, si comporta come un involucro rigido e quando è
sollecitato da forze immani tende a rompersi secondo linee di fratture
ben individuabili. Le enormi lastre che si formano vengono definite
placche.
Le placche, sollecitate dal moto dei materiali fluidi della sottostante
astenosfera, si muovono l’una rispetto all’altra.
È proprio lungo i loro confini che avvengono i più importanti eventi
geologici come vulcani e terremoti.
Solo raramente si riscontra attività vulcanica all’interno delle placche.
Gainotti, Modelli Incontro con le scienze
integrate © Zanichelli editore 2014
La teoria della tettonica delle
placche
I geologi, grazie allo studio dei fenomeni geologici che caratterizzano
i loro bordi, sono riusciti a elaborare una teoria per spiegare le
complesse interazioni tra le placche. Tale teoria viene denominata
tettonica delle placche.
La tettonica delle placche è la teoria che individua nella struttura a
placche della litosfera e nei moti a cui tali placche sono soggette la
causa dei molti fenomeni geologici, dai vulcani e terremoti alle
fosse sottomarine, alle catene montuose.
Gainotti, Modelli Incontro con le scienze
integrate © Zanichelli editore 2014
Dimensioni e movimenti delle
placche
Le placche sono circa una ventina e hanno dimensioni assai diverse;
esistono sette placche principali e numerose placche di dimensioni
minori.
Gainotti, Modelli Incontro con le scienze
integrate © Zanichelli editore 2014
Struttura della litosfera
La litosfera, dello spessore
medio di 100 km è formata
in superficie, in
corrispondenza dei
continenti, dalla spessa
crosta continentale, e in
corrispondenza degli
oceani dalla sottile e
densa crosta oceanica.
Gainotti, Modelli Incontro con le scienze
integrate © Zanichelli editore 2014
Margini divergenti, trascorrenti,
convergenti
Due placche adiacenti interagiscono lungo i
loro bordi, o margini, in tre modi diversi.
Due placche adiacenti possono:
• allontanarsi l’una dall’altra: margini
divergenti;
• scorrere in senso opposto l’una a fianco
dell’altra: margini trascorrenti;
• muoversi l’una verso l’altra: margini
convergenti.
Gainotti, Modelli Incontro con le scienze
integrate © Zanichelli editore 2014
I margini divergenti
I margini divergenti si trovano in
corrispondenza delle dorsali.
La parte centrale della dorsale è
percorsa da una profonda spaccatura,
detta rift oceanico, da cui fuoriesce il
magma che, solidificando, forma nuova
crosta oceanica. Questo processo porta
all’espansione dei fondi oceanici. I
margini divergenti delle
placche sono detti costruttivi.
Gainotti, Modelli Incontro con le scienze
integrate © Zanichelli editore 2014
I margini divergenti
I margini divergenti si trovano in corrispondenza delle dorsali.
Qual è la velocità media di espansione dell’Oceano Atlantico?
Circa 3 cm/anno.
Oggi l’Oceano Atlantico può essere considerato un oceano «maturo», ben
sviluppato, e così pure l’Oceano Pacifico.
Gainotti, Modelli Incontro con le scienze
integrate © Zanichelli editore 2014
I margini divergenti
Un esempio di oceano che sta
invece nascendo è il Mar Rosso, tra
l’Africa e la penisola arabica.
Le zone di frattura che caratterizzano
le fasi di nascita di un nuovo oceano
sono i rift continentali.
Gainotti, Modelli Incontro con le scienze
integrate © Zanichelli editore 2014
I margini trascorrenti
In corrispondenza dei margini trascorrenti o conservativi le placche
si limitano a scorrere orizzontalmente l’una di fianco all’altra. Lungo i
margini trascorrenti avviene uno sfregamento tra i due blocchi di
litosfera. Si producono frequenti terremoti.
Il piano di scorrimento tra le due placche viene detto piano di faglia
trascorrente. La faglia di San Andreas nei pressi di San Francisco è
un esempio di questo tipo di struttura.
Gainotti, Modelli Incontro con le scienze
integrate © Zanichelli editore 2014
I margini convergenti
I margini convergenti corrispondono ai confini di due placche
adiacenti che si muovono l’una verso l’altra.
La compressione delle due placche lungo i margini genera pressioni
enormi che deformano e accorciano la litosfera. Per questo i
margini convergenti sono detti distruttivi.
Si possono creare tre diverse situazioni:
• litosfera continentale contro litosfera oceanica;
• litosfera oceanica contro litosfera oceanica;
• litosfera continentale contro litosfera continentale.
Gainotti, Modelli Incontro con le scienze
integrate © Zanichelli editore 2014
Quando le placche
convergono
Litosfera continentale contro litosfera
oceanica.
La litosfera oceanica, più densa e sottile,
sprofonda sotto la litosfera continentale,
dando origine al fenomeno della
subduzione con formazione di una fossa
nell’oceano e di vulcani sul continente.
Gainotti, Modelli Incontro con le scienze
integrate © Zanichelli editore 2014
Quando le placche
convergono
Litosfera oceanica contro litosfera
oceanica.
Una placca scivola per subduzione
sotto l’altra, con risalita del magma che
porta alla formazione di archi insulari
vulcanici, come le isole giapponesi.
Gainotti, Modelli Incontro con le scienze
integrate © Zanichelli editore 2014
Quando le placche
convergono
Litosfera continentale contro litosfera continentale.
Quando a convergere sono due blocchi di litosfera continentale,
non si ha in genere subduzione, perché in entrambi i casi la
litosfera continentale è spessa e leggera, per cui tende a
«galleggiare».
Lungo il margine di contatto le due placche si saldano e si produce
un corrugamento accompagnato da imponenti fenomeni di
deformazione delle rocce, con compressioni che generano pieghe.
Questo tipo di margini sono all’origine delle catene montuose
(orogenesi) e sono sede di forte attività sismica.
Gainotti, Modelli Incontro con le scienze
integrate © Zanichelli editore 2014
La collisione di blocchi
continentali genera montagne
I bordi che collidono si deformano profondamente. In corrispondenza
di essi la crosta si accorcia e s’ispessisce.
Le rocce della crosta si piegano e si fratturano e lungo la linea di
saldatura dei due blocchi continentali si forma una nuova catena di
montagne.
Il fenomeno del corrugamento della crosta si chiama orogenesi, che
significa appunto «nascita delle montagne».
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integrate © Zanichelli editore 2014
Orogenesi delle Alpi (lettura)
Il nostro sistema montuoso è nato dalla convergenza tra la placca africana
e quella euroasiatica.
Il blocco continentale dell’Europa e quello dell’Africa erano un tempo separati
dal mare della Tetide.
Questi bacini si chiusero completamente circa 50 milioni di anni fa.
È iniziata a quel punto la «collisione » tra i due blocchi continentali, con
conseguente deformazione, compressione e ispessimento delle rocce della
fascia di contatto.
Orogenesi delle Alpi
Gli strati sedimentari che 100 milioni di anni fa si erano depositati nelle
tiepide acque del mare della Tetide si trovano oggi piegati, deformati e
accatastati uno sull’altro nella catena alpina.
Incastonati nelle rocce, si trovano anche brandelli dell’antico
pavimento oceanico: sono le cosiddette ofioliti.
Gainotti, Modelli Incontro con le scienze
integrate © Zanichelli editore 2014
Il motore delle placche
Che cos’è che fa muovere le placche? Oggi si
ritiene che la risposta a questo interrogativo vada
cercata nella presenza del calore interno della
Terra che, come sappiamo, è anche la causa del
vulcanismo.
Si ritiene che, a causa delle differenze di
temperatura esistenti tra le parti più superficiali e
quelle più profonde del pianeta, nella porzione di
mantello situata sotto la litosfera (astenosfera) si
formino delle correnti calde, o moti convettivi,
analoghe a quelle che si verificano nell’acqua di
una pentola posta su un fornello acceso.
Gainotti, Modelli Incontro con le scienze
integrate © Zanichelli editore 2014
Il motore delle placche
Qualcosa di molto simile succede anche all’interno della Terra, solo che
al posto dell’acqua c’è il materiale roccioso dell’astenosfera che,
essendo molto viscoso, circola molto lentamente.
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Vulcani, magmi e lave
• L’interno della Terra è prevalentemente solido
nonostante le temperature molto elevate.
• Al di sotto della litosfera, però, nella porzione di mantello
chiamata astenosfera, le rocce si trovano in una
condizione vicina allo stato di fusione se non addirittura
parzialmente fuse: è qui che si forma il magma.
• Il magma è una miscela di rocce fuse, cristalli e gas, che
risalendo verso la superficie, dà luogo ai fenomeni
vulcanici.
Vulcani, magmi e lave
Il magma può anche provenire dalla litosfera stessa, quando si
creano le condizioni che permettono alle rocce allo stato solido
di fondere.
Nelle zone di confine delle placche litosferiche, possono
verificarsi queste condizioni a causa dei movimenti delle placche
stesse.
Che cosa sono i vulcani?
Il magma ha temperature molto elevate,
oltre 1000 °C, è meno denso della
roccia circostante e tende a salire.
Quando, attraverso spaccature, raggiunge
la superficie e trabocca all’esterno, si
forma un vulcano.
I vulcani sono aperture della superficie
terrestre, sottomarine o sulle terre
emerse, dalle quali fuoriesce il magma.
L’eruzione vulcanica
Nel cammino attraverso la litosfera, il
magma si raccoglie in un serbatoio: la
camera magmatica.
Dalla camera magmatica esso sale
lungo il condotto vulcanico (o
camino).
Il magma privo dei gas che trabocca
dal cratere (o bocca) prende il nome
di lava.
La liberazione dei gas e la fuoriuscita
della lava costituiscono un’eruzione
vulcanica.
Magmi basici
• Esistono vulcani con i quali è possibile
convivere, perché quando sono in attività
eruttano lava in modo piuttosto tranquillo;
questa attività eruttiva viene detta
effusiva.
• Esistono d’altra parte vulcani che danno
eruzioni esplosive e causano veri e propri
cataclismi; la loro attività viene detta
appunto esplosiva.
Magmi basici
Il fattore che maggiormente influisce sulle caratteristiche dell’attività di un vulcano, e quindi sul
suo grado di pericolosità, è la viscosità del magma, ossia la sua minore o maggiore resistenza
a fluire.
La viscosità dipende principalmente dal contenuto in silice del magma stesso e dal suo
contenuto in gas.
I magmi di tipo basico con un contenuto in silice inferiore al 50% sono meno viscosi dei magmi
di tipo acido con un contenuto in silice fra il 50% e il 70%.
I magmi basici
I magmi basici originano lave basaltiche che
solidificando formano rocce come i basalti.
Le lave basaltiche spesso fuoriescono
attraverso spaccature allungate (eruzioni
lineari), come nelle dorsali oceaniche.
Sui continenti le lave basaltiche formano
enormi spandimenti tabulari
chiamati «plateau».
I magmi acidi
Quando si passa dal 50% al 70% del contenuto in silice,
la viscosità di un magma aumenta di 10 000 volte.
Questi magmi detti acidi sono molto più viscosi di quelli
basici e invece di fluire all’esterno in modo tranquillo,
raffreddandosi formano lave che tendono a ristagnare
nel condotto vulcanico.
Il tappo che si forma fa accumulare grandi quantitativi di
gas che, una volta raggiunta una certa pressione interna,
vincono la resistenza del tappo stesso, provocando
eruzioni esplosive.
I materiali piroclastici
I materiali espulsi vengono detti piroclastici.
Tra essi vi sono:
• le pomici, frammenti di lava molto leggera e porosa, di colore biancogrigio;
• le bombe vulcaniche, brandelli di lava che assumono una forma
affusolata;
• i lapilli, della dimensione di sassolini;
• le ceneri, particelle di lava solidificata e le polveri di dimensioni ancora
più piccole.
La forma degli edifici vulcanici
La forma dell’edificio vulcanico dipende
dal tipo di lava e dal modo in cui i materiali
che risalgono il camino vengono emessi in
superficie.
• I quattro tipi più comuni di strutture
generate da fenomeni vulcanici sono:
•
•
•
•
vulcani a scudo;
strato-vulcani;
caldere;
coni di scorie.
Vulcani a scudo
I vulcani a scudo. Si formano quando un magma basico fluido
fuoriesce da un camino centrale.
Presentano una forma conica con fianchi poco ripidi e un cratere molto
ampio da cui la lava può fuoriuscire ininterrottamente per mesi.
Esempi: Mauna Loa, nelle Hawaii, alto circa 9000 m e con un diametro
di base di ben 100 km.
Strato-vulcani
Gli strato-vulcani si formano quando il magma ha una composizione
intermedia tra quella acida e quella basica.
In tal caso, a eruzioni di tipo esplosivo, con emissioni di ceneri e lapilli, si
alternano eruzioni effusive, con emissione di lava. Dato che in questo modo si
succedono strati di lava solidificata a strati di materiale piroclastico, l’edificio
vulcanico risulta stratificato.
Il Vesuvio e lo Stromboli in Italia sono esempi di strato-vulcani.
Caldere e coni di scorie
Le caldere. Si formano in seguito all’esplosione e al parziale svuotamento
della camera magmatica. In superficie si origina una conca che può
ospitare un lago.
I coni di scorie. Si formano quando, in seguito a un’eruzione esplosiva,
scorie di vario tipo come lapilli e ceneri si depositano alla base del condotto
eruttivo. Si forma un rilievo conico in genere di altezza modesta
Forme secondarie dell’attività
vulcanica
Nelle zone vulcaniche si manifestano fenomeni
caratterizzati da emissioni di vapori e gas molto
caldi.
Questi fenomeni sono dovuti al contatto in
profondità tra le acque circolanti nel sottosuolo e
le rocce surriscaldate dal magma.
Forme secondarie dell’attività
vulcanica
Tra i più importanti di questi fenomeni
vulcanici secondari vi sono:
• i geyser;
• le fumarole: le solfatare (vapore
acqueo e acido solfidrico); e le
mofete (anidride carbonica)
• le sorgenti termali;
• i soffioni boraciferi (emissioni di
vapore acqueo ad alta temperatura, presenza di Sali borati).
I terremoti
Le pieghe e le faglie
Le rocce sono sottoposte a forze enormi.
I movimenti reciproci delle placche litosferiche generano collisioni e
distensioni che sollecitano intensamente le rocce di cui sono formate
le placche stesse.
Queste sollecitazioni, dette forze tettoniche, sono talmente potenti
da produrre effetti anche di vasta scala
Gainotti, Modelli Incontro con le scienze
integrate © Zanichelli editore 2014
La fragilità
Esistono delle rocce che hanno una tendenza naturale
a fratturarsi se sollecitate da queste forze gigantesche. In questo
caso si parla di fragilità.
La fragilità è la tendenza a rompersi improvvisamente (calcari,
graniti e dolomie).
Gainotti, Modelli Incontro con le scienze
integrate © Zanichelli editore 2014
La duttilità
All’opposto ci sono rocce che, se sollecitate
dalle stesse forze, anziché rompersi si
deformano plasticamente, rimanendo
permanentemente deformate anche se la
forza che le ha modificate cessa. Si parla,
in questo caso, di duttilità.
La duttilità è la proprietà fisica di un
oggetto di potersi deformare a
causa di una forza e di rimanere
permanentemente deformato anche in
assenza della forza.
Gainotti, Modelli Incontro con le scienze
integrate © Zanichelli editore 2014
Le rocce si possono piegare e
spezzare
Il comportamento plastico o duttile, però, non è solo una caratteristica
propria dei diversi tipi di roccia.
Questo dipende infatti da altre cause, come temperatura, tipo e
durata della forza applicata.
Se portata ad alte temperature, una roccia fragile può comportarsi
come duttile.
Così pure una forza applicata costantemente per lunghi periodi di
tempo, al contrario di forze intense e improvvise, favorisce un
comportamento duttile.
Gainotti, Modelli Incontro con le scienze
integrate © Zanichelli editore 2014
Le pieghe
Il comportamento duttile delle rocce, sollecitate dalle
forze tettoniche, genera delle deformazioni dette pieghe.
Una piega è una deformazione di una massa
rocciosa a seguito di forze di compressione prodotte
dallo scontro delle placche.
Gainotti, Modelli Incontro con le scienze
integrate © Zanichelli editore 2014
Le faglie
Le forze tettoniche piegano le rocce e possono
deformarle fino a provocare delle fratture dette faglie.
Si chiama faglia una frattura della crosta lungo la
quale due blocchi rocciosi si spostano l’uno rispetto
all’altro.
Una faglia è una «frattura con scorrimento», cioè con
spostamento relativo dei due margini. Il piano lungo il
quale avviene il movimento relativo delle due parti è detto
piano di faglia.
Gainotti, Modelli Incontro con le scienze
integrate © Zanichelli editore 2014
La rift valley
Nelle faglie, a volte, la parte che collassa e sprofonda può generare una
vallata costeggiata da dirupi. Nell’insieme questa struttura geologica
viene chiamata fossa tettonica o rift valley.
Un esempio di valle tettonica è quella del Reno in Europa.
Gainotti, Modelli Incontro con le scienze
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FFaglie e terremoti
Enormi faglie, ben visibili in superficie, si
trovano in California, la più nota delle quali
è la faglia di San Andreas.
Queste faglie sono tenute sotto
osservazione perché originano terremoti.
Numerose faglie sono presenti anche nella
nostra penisola, ma rimangono celate in
profondità e prendono il nome di faglie
cieche.
Gainotti, Modelli Incontro con le scienze
integrate © Zanichelli editore 2014
I terremoti
Un terremoto, o sisma, è una vibrazione del
suolo che si verifica quando le rocce,
sottoposte a forze di vario tipo, si rompono
liberando di colpo l’energia che avevano
accumulato.
Le scosse di terremoto possono causare crolli
in abitazioni e palazzi, cedimenti in ponti,
strade e ferrovie.
I terremoti causano anche rotture delle
tubazioni del gas e cortocircuiti che innescano
incendi.
I terremoti in mare aperto possono generare
onde (maremoti o tsunami) che abbattendosi
sulle coste producono effetti devastanti sulle
città costiere.
Gainotti, Modelli Incontro con le scienze
integrate © Zanichelli editore 2014
Ipocentro ed epicentro di un
terremoto
Il punto di origine del sisma nel sottosuolo viene chiamato ipocentro.
Il punto della superficie terrestre situato sulla verticale dell’ipocentro
viene invece chiamato epicentro.
Gainotti, Modelli Incontro con le scienze
integrate © Zanichelli editore 2014
Profondità dell’ipocentro
In base alla profondità dell’ipocentro si distinguono:
• terremoti superficiali, con ipocentro situato a profondità inferiore ai 50 km;
• terremoti intermedi, con ipocentro compreso tra i 50 e i 300 km di profondità;
• terremoti profondi, con ipocentro compreso tra i 300 e i 700 km di profondità.
I terremoti più frequenti sono quelli superficiali; essi sono anche i più disastrosi.
Gainotti, Modelli Incontro con le scienze
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L’energia di un terremoto si
propaga sotto forma di onde
Durante un terremoto, le vibrazioni
dall’ipocentro si propagano in tutte le
direzioni, generando un fronte sferico
di onde sismiche.
Le onde sismiche, a mano a mano
che si allontanano dall’ipocentro,
tendono a smorzarsi sempre più.
Pertanto, quanto più vicino ci troviamo
al luogo di origine di un sisma, tanto
più forte avvertiamo il disturbo da esso
provocato.
Gainotti, Modelli Incontro con le scienze
integrate © Zanichelli editore 2014
I sismografi
Le onde sismiche sono studiate dai sismografi, che registrano il
passaggio delle onde e trasmettono i dati alle stazioni di raccolta ed
elaborazione.
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integrate © Zanichelli editore 2014
Come si determina la forza di
un terremoto
Per valutare la forza dei terremoti si possono utilizzare due
sistemi:
• stimare i danni che esso ha provocato;
• stimare l’energia liberata tramite la lettura dei sismogrammi.
Gainotti, Modelli Incontro con le scienze
integrate © Zanichelli editore 2014
La scala Mercalli
Per valutare i danni provocati da un terremoto si
ricorre alla scala Mercalli, così chiamata dal nome
del sismologo italiano Giuseppe Mercalli che la
propose nel 1902.
La scala Mercalli valuta l’intensità di un terremoto
prendendo in considerazione gli effetti del sisma
sulle cose e sulle persone.
Attualmente prevede una serie di gradi di intensità
crescente che vanno da I a XII.
La scala Mercalli non permette però di stimare
l’effettiva quantità di energia liberata da un sisma,
cioè la sua reale forza.
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integrate © Zanichelli editore 2014
G. Mercalli
La scala Richter
L’energia liberata da un sisma è espressa dalla
magnitudo, una grandezza fisica ricavata
dall’analisi dei sismogrammi. I valori di magnitudo
compaiono nella scala Richter, elaborata nel
1935 dal sismologo americano C. F. Richter.
I valori di magnitudo sono calcolati in modo tale
che a un aumento di un’unità corrisponda la
liberazione di una quantità di energia circa 30
volte maggiore.
Per esempio, un terremoto di magnitudo 7 libera
circa 30 volte più energia di un terremoto di
magnitudo 6.
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C.F. Richter
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