La litosfera in movimento La distribuzione dei vulcani e dei terremoti L’esplorazione dei fondali oceanici restituisce un aspetto particolare del pianeta. Il fondo degli oceani è attraversato da lunghe catene montuose che spesso li percorrono sulla parte centrale. Queste enormi «cicatrici» prendono il nome di dorsali oceaniche. Gainotti, Modelli Incontro con le scienze integrate © Zanichelli editore 2014 La distribuzione di vulcani e terremoti Le dorsali oceaniche sono attraversate da faglie e costellate di vulcani che eruttano lava basaltica. Qui si concentra la quasi totalità dei vulcani. Anche sui continenti e sulle isole la localizzazione dei vulcani non è uniforme. Questi, infatti, sono concentrati in fasce lunghe e strette. Gainotti, Modelli Incontro con le scienze integrate © Zanichelli editore 2014 La teoria della tettonica delle placche Questa distribuzione coincidente di vulcani e terremoti non è casuale. La litosfera, infatti, si comporta come un involucro rigido e quando è sollecitato da forze immani tende a rompersi secondo linee di fratture ben individuabili. Le enormi lastre che si formano vengono definite placche. Le placche, sollecitate dal moto dei materiali fluidi della sottostante astenosfera, si muovono l’una rispetto all’altra. È proprio lungo i loro confini che avvengono i più importanti eventi geologici come vulcani e terremoti. Solo raramente si riscontra attività vulcanica all’interno delle placche. Gainotti, Modelli Incontro con le scienze integrate © Zanichelli editore 2014 La teoria della tettonica delle placche I geologi, grazie allo studio dei fenomeni geologici che caratterizzano i loro bordi, sono riusciti a elaborare una teoria per spiegare le complesse interazioni tra le placche. Tale teoria viene denominata tettonica delle placche. La tettonica delle placche è la teoria che individua nella struttura a placche della litosfera e nei moti a cui tali placche sono soggette la causa dei molti fenomeni geologici, dai vulcani e terremoti alle fosse sottomarine, alle catene montuose. Gainotti, Modelli Incontro con le scienze integrate © Zanichelli editore 2014 Dimensioni e movimenti delle placche Le placche sono circa una ventina e hanno dimensioni assai diverse; esistono sette placche principali e numerose placche di dimensioni minori. Gainotti, Modelli Incontro con le scienze integrate © Zanichelli editore 2014 Struttura della litosfera La litosfera, dello spessore medio di 100 km è formata in superficie, in corrispondenza dei continenti, dalla spessa crosta continentale, e in corrispondenza degli oceani dalla sottile e densa crosta oceanica. Gainotti, Modelli Incontro con le scienze integrate © Zanichelli editore 2014 Margini divergenti, trascorrenti, convergenti Due placche adiacenti interagiscono lungo i loro bordi, o margini, in tre modi diversi. Due placche adiacenti possono: • allontanarsi l’una dall’altra: margini divergenti; • scorrere in senso opposto l’una a fianco dell’altra: margini trascorrenti; • muoversi l’una verso l’altra: margini convergenti. Gainotti, Modelli Incontro con le scienze integrate © Zanichelli editore 2014 I margini divergenti I margini divergenti si trovano in corrispondenza delle dorsali. La parte centrale della dorsale è percorsa da una profonda spaccatura, detta rift oceanico, da cui fuoriesce il magma che, solidificando, forma nuova crosta oceanica. Questo processo porta all’espansione dei fondi oceanici. I margini divergenti delle placche sono detti costruttivi. Gainotti, Modelli Incontro con le scienze integrate © Zanichelli editore 2014 I margini divergenti I margini divergenti si trovano in corrispondenza delle dorsali. Qual è la velocità media di espansione dell’Oceano Atlantico? Circa 3 cm/anno. Oggi l’Oceano Atlantico può essere considerato un oceano «maturo», ben sviluppato, e così pure l’Oceano Pacifico. Gainotti, Modelli Incontro con le scienze integrate © Zanichelli editore 2014 I margini divergenti Un esempio di oceano che sta invece nascendo è il Mar Rosso, tra l’Africa e la penisola arabica. Le zone di frattura che caratterizzano le fasi di nascita di un nuovo oceano sono i rift continentali. Gainotti, Modelli Incontro con le scienze integrate © Zanichelli editore 2014 I margini trascorrenti In corrispondenza dei margini trascorrenti o conservativi le placche si limitano a scorrere orizzontalmente l’una di fianco all’altra. Lungo i margini trascorrenti avviene uno sfregamento tra i due blocchi di litosfera. Si producono frequenti terremoti. Il piano di scorrimento tra le due placche viene detto piano di faglia trascorrente. La faglia di San Andreas nei pressi di San Francisco è un esempio di questo tipo di struttura. Gainotti, Modelli Incontro con le scienze integrate © Zanichelli editore 2014 I margini convergenti I margini convergenti corrispondono ai confini di due placche adiacenti che si muovono l’una verso l’altra. La compressione delle due placche lungo i margini genera pressioni enormi che deformano e accorciano la litosfera. Per questo i margini convergenti sono detti distruttivi. Si possono creare tre diverse situazioni: • litosfera continentale contro litosfera oceanica; • litosfera oceanica contro litosfera oceanica; • litosfera continentale contro litosfera continentale. Gainotti, Modelli Incontro con le scienze integrate © Zanichelli editore 2014 Quando le placche convergono Litosfera continentale contro litosfera oceanica. La litosfera oceanica, più densa e sottile, sprofonda sotto la litosfera continentale, dando origine al fenomeno della subduzione con formazione di una fossa nell’oceano e di vulcani sul continente. Gainotti, Modelli Incontro con le scienze integrate © Zanichelli editore 2014 Quando le placche convergono Litosfera oceanica contro litosfera oceanica. Una placca scivola per subduzione sotto l’altra, con risalita del magma che porta alla formazione di archi insulari vulcanici, come le isole giapponesi. Gainotti, Modelli Incontro con le scienze integrate © Zanichelli editore 2014 Quando le placche convergono Litosfera continentale contro litosfera continentale. Quando a convergere sono due blocchi di litosfera continentale, non si ha in genere subduzione, perché in entrambi i casi la litosfera continentale è spessa e leggera, per cui tende a «galleggiare». Lungo il margine di contatto le due placche si saldano e si produce un corrugamento accompagnato da imponenti fenomeni di deformazione delle rocce, con compressioni che generano pieghe. Questo tipo di margini sono all’origine delle catene montuose (orogenesi) e sono sede di forte attività sismica. Gainotti, Modelli Incontro con le scienze integrate © Zanichelli editore 2014 La collisione di blocchi continentali genera montagne I bordi che collidono si deformano profondamente. In corrispondenza di essi la crosta si accorcia e s’ispessisce. Le rocce della crosta si piegano e si fratturano e lungo la linea di saldatura dei due blocchi continentali si forma una nuova catena di montagne. Il fenomeno del corrugamento della crosta si chiama orogenesi, che significa appunto «nascita delle montagne». Gainotti, Modelli Incontro con le scienze integrate © Zanichelli editore 2014 Orogenesi delle Alpi (lettura) Il nostro sistema montuoso è nato dalla convergenza tra la placca africana e quella euroasiatica. Il blocco continentale dell’Europa e quello dell’Africa erano un tempo separati dal mare della Tetide. Questi bacini si chiusero completamente circa 50 milioni di anni fa. È iniziata a quel punto la «collisione » tra i due blocchi continentali, con conseguente deformazione, compressione e ispessimento delle rocce della fascia di contatto. Orogenesi delle Alpi Gli strati sedimentari che 100 milioni di anni fa si erano depositati nelle tiepide acque del mare della Tetide si trovano oggi piegati, deformati e accatastati uno sull’altro nella catena alpina. Incastonati nelle rocce, si trovano anche brandelli dell’antico pavimento oceanico: sono le cosiddette ofioliti. Gainotti, Modelli Incontro con le scienze integrate © Zanichelli editore 2014 Il motore delle placche Che cos’è che fa muovere le placche? Oggi si ritiene che la risposta a questo interrogativo vada cercata nella presenza del calore interno della Terra che, come sappiamo, è anche la causa del vulcanismo. Si ritiene che, a causa delle differenze di temperatura esistenti tra le parti più superficiali e quelle più profonde del pianeta, nella porzione di mantello situata sotto la litosfera (astenosfera) si formino delle correnti calde, o moti convettivi, analoghe a quelle che si verificano nell’acqua di una pentola posta su un fornello acceso. Gainotti, Modelli Incontro con le scienze integrate © Zanichelli editore 2014 Il motore delle placche Qualcosa di molto simile succede anche all’interno della Terra, solo che al posto dell’acqua c’è il materiale roccioso dell’astenosfera che, essendo molto viscoso, circola molto lentamente. Gainotti, Modelli Incontro con le scienze integrate © Zanichelli editore 2014 Vulcani, magmi e lave • L’interno della Terra è prevalentemente solido nonostante le temperature molto elevate. • Al di sotto della litosfera, però, nella porzione di mantello chiamata astenosfera, le rocce si trovano in una condizione vicina allo stato di fusione se non addirittura parzialmente fuse: è qui che si forma il magma. • Il magma è una miscela di rocce fuse, cristalli e gas, che risalendo verso la superficie, dà luogo ai fenomeni vulcanici. Vulcani, magmi e lave Il magma può anche provenire dalla litosfera stessa, quando si creano le condizioni che permettono alle rocce allo stato solido di fondere. Nelle zone di confine delle placche litosferiche, possono verificarsi queste condizioni a causa dei movimenti delle placche stesse. Che cosa sono i vulcani? Il magma ha temperature molto elevate, oltre 1000 °C, è meno denso della roccia circostante e tende a salire. Quando, attraverso spaccature, raggiunge la superficie e trabocca all’esterno, si forma un vulcano. I vulcani sono aperture della superficie terrestre, sottomarine o sulle terre emerse, dalle quali fuoriesce il magma. L’eruzione vulcanica Nel cammino attraverso la litosfera, il magma si raccoglie in un serbatoio: la camera magmatica. Dalla camera magmatica esso sale lungo il condotto vulcanico (o camino). Il magma privo dei gas che trabocca dal cratere (o bocca) prende il nome di lava. La liberazione dei gas e la fuoriuscita della lava costituiscono un’eruzione vulcanica. Magmi basici • Esistono vulcani con i quali è possibile convivere, perché quando sono in attività eruttano lava in modo piuttosto tranquillo; questa attività eruttiva viene detta effusiva. • Esistono d’altra parte vulcani che danno eruzioni esplosive e causano veri e propri cataclismi; la loro attività viene detta appunto esplosiva. Magmi basici Il fattore che maggiormente influisce sulle caratteristiche dell’attività di un vulcano, e quindi sul suo grado di pericolosità, è la viscosità del magma, ossia la sua minore o maggiore resistenza a fluire. La viscosità dipende principalmente dal contenuto in silice del magma stesso e dal suo contenuto in gas. I magmi di tipo basico con un contenuto in silice inferiore al 50% sono meno viscosi dei magmi di tipo acido con un contenuto in silice fra il 50% e il 70%. I magmi basici I magmi basici originano lave basaltiche che solidificando formano rocce come i basalti. Le lave basaltiche spesso fuoriescono attraverso spaccature allungate (eruzioni lineari), come nelle dorsali oceaniche. Sui continenti le lave basaltiche formano enormi spandimenti tabulari chiamati «plateau». I magmi acidi Quando si passa dal 50% al 70% del contenuto in silice, la viscosità di un magma aumenta di 10 000 volte. Questi magmi detti acidi sono molto più viscosi di quelli basici e invece di fluire all’esterno in modo tranquillo, raffreddandosi formano lave che tendono a ristagnare nel condotto vulcanico. Il tappo che si forma fa accumulare grandi quantitativi di gas che, una volta raggiunta una certa pressione interna, vincono la resistenza del tappo stesso, provocando eruzioni esplosive. I materiali piroclastici I materiali espulsi vengono detti piroclastici. Tra essi vi sono: • le pomici, frammenti di lava molto leggera e porosa, di colore biancogrigio; • le bombe vulcaniche, brandelli di lava che assumono una forma affusolata; • i lapilli, della dimensione di sassolini; • le ceneri, particelle di lava solidificata e le polveri di dimensioni ancora più piccole. La forma degli edifici vulcanici La forma dell’edificio vulcanico dipende dal tipo di lava e dal modo in cui i materiali che risalgono il camino vengono emessi in superficie. • I quattro tipi più comuni di strutture generate da fenomeni vulcanici sono: • • • • vulcani a scudo; strato-vulcani; caldere; coni di scorie. Vulcani a scudo I vulcani a scudo. Si formano quando un magma basico fluido fuoriesce da un camino centrale. Presentano una forma conica con fianchi poco ripidi e un cratere molto ampio da cui la lava può fuoriuscire ininterrottamente per mesi. Esempi: Mauna Loa, nelle Hawaii, alto circa 9000 m e con un diametro di base di ben 100 km. Strato-vulcani Gli strato-vulcani si formano quando il magma ha una composizione intermedia tra quella acida e quella basica. In tal caso, a eruzioni di tipo esplosivo, con emissioni di ceneri e lapilli, si alternano eruzioni effusive, con emissione di lava. Dato che in questo modo si succedono strati di lava solidificata a strati di materiale piroclastico, l’edificio vulcanico risulta stratificato. Il Vesuvio e lo Stromboli in Italia sono esempi di strato-vulcani. Caldere e coni di scorie Le caldere. Si formano in seguito all’esplosione e al parziale svuotamento della camera magmatica. In superficie si origina una conca che può ospitare un lago. I coni di scorie. Si formano quando, in seguito a un’eruzione esplosiva, scorie di vario tipo come lapilli e ceneri si depositano alla base del condotto eruttivo. Si forma un rilievo conico in genere di altezza modesta Forme secondarie dell’attività vulcanica Nelle zone vulcaniche si manifestano fenomeni caratterizzati da emissioni di vapori e gas molto caldi. Questi fenomeni sono dovuti al contatto in profondità tra le acque circolanti nel sottosuolo e le rocce surriscaldate dal magma. Forme secondarie dell’attività vulcanica Tra i più importanti di questi fenomeni vulcanici secondari vi sono: • i geyser; • le fumarole: le solfatare (vapore acqueo e acido solfidrico); e le mofete (anidride carbonica) • le sorgenti termali; • i soffioni boraciferi (emissioni di vapore acqueo ad alta temperatura, presenza di Sali borati). I terremoti Le pieghe e le faglie Le rocce sono sottoposte a forze enormi. I movimenti reciproci delle placche litosferiche generano collisioni e distensioni che sollecitano intensamente le rocce di cui sono formate le placche stesse. Queste sollecitazioni, dette forze tettoniche, sono talmente potenti da produrre effetti anche di vasta scala Gainotti, Modelli Incontro con le scienze integrate © Zanichelli editore 2014 La fragilità Esistono delle rocce che hanno una tendenza naturale a fratturarsi se sollecitate da queste forze gigantesche. In questo caso si parla di fragilità. La fragilità è la tendenza a rompersi improvvisamente (calcari, graniti e dolomie). Gainotti, Modelli Incontro con le scienze integrate © Zanichelli editore 2014 La duttilità All’opposto ci sono rocce che, se sollecitate dalle stesse forze, anziché rompersi si deformano plasticamente, rimanendo permanentemente deformate anche se la forza che le ha modificate cessa. Si parla, in questo caso, di duttilità. La duttilità è la proprietà fisica di un oggetto di potersi deformare a causa di una forza e di rimanere permanentemente deformato anche in assenza della forza. Gainotti, Modelli Incontro con le scienze integrate © Zanichelli editore 2014 Le rocce si possono piegare e spezzare Il comportamento plastico o duttile, però, non è solo una caratteristica propria dei diversi tipi di roccia. Questo dipende infatti da altre cause, come temperatura, tipo e durata della forza applicata. Se portata ad alte temperature, una roccia fragile può comportarsi come duttile. Così pure una forza applicata costantemente per lunghi periodi di tempo, al contrario di forze intense e improvvise, favorisce un comportamento duttile. Gainotti, Modelli Incontro con le scienze integrate © Zanichelli editore 2014 Le pieghe Il comportamento duttile delle rocce, sollecitate dalle forze tettoniche, genera delle deformazioni dette pieghe. Una piega è una deformazione di una massa rocciosa a seguito di forze di compressione prodotte dallo scontro delle placche. Gainotti, Modelli Incontro con le scienze integrate © Zanichelli editore 2014 Le faglie Le forze tettoniche piegano le rocce e possono deformarle fino a provocare delle fratture dette faglie. Si chiama faglia una frattura della crosta lungo la quale due blocchi rocciosi si spostano l’uno rispetto all’altro. Una faglia è una «frattura con scorrimento», cioè con spostamento relativo dei due margini. Il piano lungo il quale avviene il movimento relativo delle due parti è detto piano di faglia. Gainotti, Modelli Incontro con le scienze integrate © Zanichelli editore 2014 La rift valley Nelle faglie, a volte, la parte che collassa e sprofonda può generare una vallata costeggiata da dirupi. Nell’insieme questa struttura geologica viene chiamata fossa tettonica o rift valley. Un esempio di valle tettonica è quella del Reno in Europa. Gainotti, Modelli Incontro con le scienze integrate © Zanichelli editore 2014 FFaglie e terremoti Enormi faglie, ben visibili in superficie, si trovano in California, la più nota delle quali è la faglia di San Andreas. Queste faglie sono tenute sotto osservazione perché originano terremoti. Numerose faglie sono presenti anche nella nostra penisola, ma rimangono celate in profondità e prendono il nome di faglie cieche. Gainotti, Modelli Incontro con le scienze integrate © Zanichelli editore 2014 I terremoti Un terremoto, o sisma, è una vibrazione del suolo che si verifica quando le rocce, sottoposte a forze di vario tipo, si rompono liberando di colpo l’energia che avevano accumulato. Le scosse di terremoto possono causare crolli in abitazioni e palazzi, cedimenti in ponti, strade e ferrovie. I terremoti causano anche rotture delle tubazioni del gas e cortocircuiti che innescano incendi. I terremoti in mare aperto possono generare onde (maremoti o tsunami) che abbattendosi sulle coste producono effetti devastanti sulle città costiere. Gainotti, Modelli Incontro con le scienze integrate © Zanichelli editore 2014 Ipocentro ed epicentro di un terremoto Il punto di origine del sisma nel sottosuolo viene chiamato ipocentro. Il punto della superficie terrestre situato sulla verticale dell’ipocentro viene invece chiamato epicentro. Gainotti, Modelli Incontro con le scienze integrate © Zanichelli editore 2014 Profondità dell’ipocentro In base alla profondità dell’ipocentro si distinguono: • terremoti superficiali, con ipocentro situato a profondità inferiore ai 50 km; • terremoti intermedi, con ipocentro compreso tra i 50 e i 300 km di profondità; • terremoti profondi, con ipocentro compreso tra i 300 e i 700 km di profondità. I terremoti più frequenti sono quelli superficiali; essi sono anche i più disastrosi. Gainotti, Modelli Incontro con le scienze integrate © Zanichelli editore 2014 L’energia di un terremoto si propaga sotto forma di onde Durante un terremoto, le vibrazioni dall’ipocentro si propagano in tutte le direzioni, generando un fronte sferico di onde sismiche. Le onde sismiche, a mano a mano che si allontanano dall’ipocentro, tendono a smorzarsi sempre più. Pertanto, quanto più vicino ci troviamo al luogo di origine di un sisma, tanto più forte avvertiamo il disturbo da esso provocato. Gainotti, Modelli Incontro con le scienze integrate © Zanichelli editore 2014 I sismografi Le onde sismiche sono studiate dai sismografi, che registrano il passaggio delle onde e trasmettono i dati alle stazioni di raccolta ed elaborazione. Gainotti, Modelli Incontro con le scienze integrate © Zanichelli editore 2014 Come si determina la forza di un terremoto Per valutare la forza dei terremoti si possono utilizzare due sistemi: • stimare i danni che esso ha provocato; • stimare l’energia liberata tramite la lettura dei sismogrammi. Gainotti, Modelli Incontro con le scienze integrate © Zanichelli editore 2014 La scala Mercalli Per valutare i danni provocati da un terremoto si ricorre alla scala Mercalli, così chiamata dal nome del sismologo italiano Giuseppe Mercalli che la propose nel 1902. La scala Mercalli valuta l’intensità di un terremoto prendendo in considerazione gli effetti del sisma sulle cose e sulle persone. Attualmente prevede una serie di gradi di intensità crescente che vanno da I a XII. La scala Mercalli non permette però di stimare l’effettiva quantità di energia liberata da un sisma, cioè la sua reale forza. Gainotti, Modelli Incontro con le scienze integrate © Zanichelli editore 2014 G. Mercalli La scala Richter L’energia liberata da un sisma è espressa dalla magnitudo, una grandezza fisica ricavata dall’analisi dei sismogrammi. I valori di magnitudo compaiono nella scala Richter, elaborata nel 1935 dal sismologo americano C. F. Richter. I valori di magnitudo sono calcolati in modo tale che a un aumento di un’unità corrisponda la liberazione di una quantità di energia circa 30 volte maggiore. Per esempio, un terremoto di magnitudo 7 libera circa 30 volte più energia di un terremoto di magnitudo 6. Gainotti, Modelli Incontro con le scienze integrate © Zanichelli editore 2014 C.F. Richter