COMITATO PER LE SOLENNI CELEBRAZIONI
DEI SANTI TEODORO D’AMASEA E LORENZO DA BRINDISI
Biografie degli artisti presenti all’edizione 2011
VERONICA SBERGIA & RED WINE SERENADERS
Non è facile trovare le parole per definire questo progetto musicale... una fusione ideale di musicisti che con passione
suonano country blues e ragtime, hokum e jug band music, e tutta quella musica rurale degli anni venti e Trenta del
Novecento. Veronica Sbergia e Max De Bernardi, gli ideatori della band, girano il mondo cercando di tenere vivo
questo retaggio musicale ricco e prezioso, rispettandone il linguaggio originale e lo stile ma adattandone nel
contempo i contenuti attualizzandoli nei nostri giorni. L’utilizzo di strumenti strettamente acustici e decisamente poco
convenzionali (ukulele, washboard, kazoo, washtub bass giusto per nominarne qualcuno...) – e la scelta di guardare
all’essenza di queste musiche trovano già piena espressione nel primo CD della band "Veronica & The Red Wine
Serenaders", cui partecipano altri prestigiosi musicisti, amici per affinità.
Red Wine Serenaders non è solo un progetto, ma uno stile di vita, come il buon vino: sincero, piacevole e…
coinvolgente!
Pubblicato dall’etichetta indipendente Totally Unnecessary Records, “D.O.C.” è il nuovo disco dei Red Wine
Serenaders. Con questo terzo album, Veronica Sbergia prosegue il cammino di riscoperta e rilettura della tradizione
popolar-rurale americana degli anni ’20 e ’30, iniziato già nel 2007 con l’uscita del disco “Ain’t nothing in ramblin’” e
successivamente con il cd omonimo “Veronica & The Red Wine Serenaders” (2009).
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Questa volta Veronica cede il microfono anche ai suoi menestrelli, Alessandra Cecala, Max De Bernardi e Mauro
Ferrarese e il risultato è un disco assolutamente imprevedibile dove ogni artista apporta un personalissimo contributo
musicale e artistico rendendo il tutto un dissetante cocktail di sonorità e feeling. L’album è stato registrato in presa
diretta nella vecchia stazione di Ora (Bz), con l’intento di ricreare il più possibile il suono “live” della band, e con la
partecipazione di Marcus Tondo (armonica), coinvolto nel progetto anche in veste di fotografo e grafico.
Le tredici tracce che compongono l’album spaziano tra atmosfere lievi e giocose e momenti più
intensi e meditativi: non solo blues allora, ma anche in questo caso old time, country, folk, jug band music, musiche da
intrattenimento e da ballo. Ritroviamo la Memphis Jug Band nella prima traccia “On the road again”, un inno alla
tarantolata vita di chi è sempre alla costante ricerca di qualcosa e/o qualcuno e finisce sempre per mettersi nei guai, si
prosegue con lo swing di “Just as well let her go” e “Did you mean?” a firma Casey Bill Weldon, l’ "Hawaiian Guitar
Wizard" marito della celebre Memphis Minnie, omaggiata dai RWS nel brando “In my girlish days”. Assolutamente
imprevedibile l’arrangiamento di due classici della tradizione portati al successo da Leadbelly: “Out on the western
plain” e “Linin’ track”, riproposti in due versioni suggestive e con echi western l’una e ipnotici l’altra. Non mancano le
ballate struggenti e romantiche rappresentate dalla dolce “When it’s darkness on the Delta” contrapposta alla
notturna “Lotus Blossom”. La tradizione gospel ha il suo tributo nel brano “Samson & Delilah”, qui riproposto in una
versione corale che richiama i canti religiosi della tradizione afroamericana. “It calls that religion” è un brano scritto
dai fratelli Chatmon negli anni ’30, una vera e propria canzone di denuncia su una tematica oggi più che mai attuale. A
completare il disco si citano inoltre un classico del blues “I’d rather drink muddy water”, la divertente rilettura per
ukulele di un vecchio traditional “You rascal, you” e “8, 9 & 10” a firma Slim Galliard & Slam Stewart.
Formazione:
VERONICA SBERGIA - voce, washboard, ukulele, kazoo
MAX DE BERNARDI - voce, mandolino, ukulele, chitarre acustiche e resofoniche
MAURO FERRARESE - voce, chitarra acustica 12 corde, chitarra resofonica, banjo
ALESSANDRA CECALA - voce, contrabbasso
Discografia:
Veronica Sbergia - Ain't Nothing in rablin' (2007)
Veronica & The Red Wine Serenaders - Omonimo (2009)
Red Wine Serenaders – D.O.C. (2011)
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REMO ANZOVINO IN CONCERTO
esegue il meglio dei suoi 3 album (Igloo, Tabù e Dispari) oltre a diversi inediti con la suggestione della
proiezione di sequenze di film in bianco e nero del cinema muto come colonna visiva della musica, in un
concerto che si trasforma in uno spettacolo unico.
REMO ANZOVINO, pianoforte
MARCO ANZOVINO, chitarre GIANNI FASSETTA, fisarmonica
IL CONCERTO
La nuova rivelazione della musica strumentale italiana propone un spettacolo di emozionante originalità,
capace di parlare trasversalmente, universalmente e senza una sola parola, arrivando i suoi brani dritti al
cuore di tutti.
Accompagnato da Marco Anzovino (chitarre) e Gianni Fassetta (fisarmonica), trio con alle spalle più di 100
concerti nei migliori festival italiani ed europei e con un impatto live esplosivo, Remo Anzovino suona dal
vivo le sue canzoni senza parole, una scaletta che comprende, oltre a nuovi brani inediti, il meglio dei suoi
tre album – tutti lavori che hanno conquistato il n. 1 della classifica italiana di iTunes – Dispari (2006), Tabù
(2008) fino all’ultima perla Igloo, con cui è riuscito a comporre una moderna sinfonia scritta per
un’orchestra di oltre 40 elementi, impreziosita da alcuni straordinari duetti affidati alla pura magia
dell’incontro tra il pianoforte di Remo ed alcuni tra i più grandi strumentisti italiani sulla scena
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internazionale, dal frontman di PFM Franz Di Cioccio a Gabriele Mirabassi, da Enzo Pietropaoli a Francesco
Bearzatti.
La musica di Remo Anzovino è affascinante ed evocativa come assai di rado capita di ascoltare. Anzovino è
stato in grado di conquistare senza riserve platee esigenti come quella del celebre jazz
club milanese Blue Note o dell'Auditorium Parco della Musica di Roma.
Impossibile stabilire se sia più o meno jazz, più o meno classico, quanto abbia del rock, quanto dell'etnico
quanto della tradizione popolare. Ogni pezzo azzera l'interesse per il contenitore e lo sposta sul contenuto,
su quello che l'autore ha da dire con urgenza. Con un risultato capace di essere classico e moderno al
tempo stesso, di unire colto e popolare.
Una musica dal respiro fortemente internazionale ma al tempo stesso profondamente italiana. Non è un
caso che Alitalia abbia scelto la musica di Anzovino per la promozione della compagnia di bandiera
piuttosto che programmi come Ballarò o Otto e Mezzo utilizzino costantemente suoi brani come commento
musicale o che – assieme ai più importanti giornalisti di settore da Vincenzo Mollica a Maurizio Costanzo da
Gino Castaldo a Alessio Bertallot, che ne hanno a più riprese lodato le straordinarie qualità – persino un
giornalista economico come Oscar Giannino abbia voluto di recente dedicare un’intera trasmissione del suo
famoso programma radiofonico al grande talento di Anzovino, parlando di lui come di “uno dei pochi
esempi di musicisti che riesce genialmente a coniugare una musica di grande qualità con una musica di
grande comunicazione”
Le sue musiche accompagnano il nostro quotidiano senza che noi lo sappiamo. Non solo musica, dunque
ma eccellenza italiana, che, a dispetto della giovane età, è già accreditato come uno dei più sorprendenti
compositori oggi in circolazione.
La sua musicalità non è però difficile o austera, bensì immediata e diretta. Le sue composizioni rapiscono
l’ascoltatore che non ha che da abbandonarsi alla passione o alla malinconia o alla voglia irrefrenabile di
ballare, di liberare gli istinti muovendo semplicemente il corpo. La musica di Anzovino infrange i tabù,
abbatte gli steccati e non conosce limiti di genere, mettendo in musica i fotogrammi delle emozioni umane,
storie che non hanno bisogno di parole per essere raccontate.
Lo spettacolo dal vivo, inoltre, si arricchisce di un elemento visivo che trasforma il concerto in una
perfomance unica, e non solo nel panorama italiano: su un grande schermo posto alle spalle dei musicisti
vengono proiettate sequenze in bianco e nero di grandi capolavori del cinema degli anni 20 e 30, in una
relazione tra la musica e le immagini totalmente ribaltata: non più la colonna sonora, l’accompagnamento
musicale, ma per una volta, per la prima volta è il cinema che cede il passo, e diventa colonna visiva della
musica, che è l'assoluta protagonista, divenendo i vecchi fotogrammi modernissime scenografie in
movimento. Icone modernissime come Louise Brooks (il caschetto nero che diverrà, nella penna geniale di
Crepax, il personaggio di Valentina), Buster Keaton , Tina Modotti o le immagini impazzite della metropoli di
inizio 900, giungono dal lontano passato ai nostri occhi come lo specchio su cui riflettere i nostri tempi
moderni, i nostri moderni tabù.
Uno show da vedere ed ascoltare ad occhi chiusi/aperti, che rende imperdibile il suo live e fa di Remo
Anzovino non solo un musicista di classe ma un vero e proprio innovatore
BIOGRAFIA
Nato a Pordenone nel 1976 sotto il segno dell’Acquario, avvocato penalista, tra i compositori più innovativi
oggi in circolazione, Remo Anzovino si è imposto tra le nuove rivelazioni della musica strumentale italiana
con tre album: Dispari (2006 Rai Trade-CNI), Tabù (2008 - Egea) e Igloo (2010 - Egea).
I dischi, tutti arrivati al numero uno della classifica jazz di iTunes, rappresentano il naturale sbocco
discografico di un artista che sin da giovanissimo ha lavorato nella musica per il cinema, per il teatro e per la
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pubblicità, firmando le musiche per oltre 50 produzioni, in particolare per i maggiori capolavori del cinema
muto commissionate dalle più importanti cineteche, e ricevendo numerosi riconoscimenti. Tra le tante
pellicole musicate si ricordano Il Circo di Chaplin, Metropolis di Lang, Il diario di una donna perduta di
Pabst, Cameraman di Buster Keaton, Nanook L’eschimese di Flaherty, Tabù di Murnau.
Nel 2007, invitato dall’Ente dello Spettacolo a tenere un concerto alla Mostra del Cinema di Venezia, ha
proposto uno spettacolo nel quale il rapporto tra il cinema e la musica è per la prima volta completamente
capovolto, usando le sequenze di alcuni capolavori in bianco e nero come colonna visiva delle sue
composizioni e non più la musica come colonna sonora delle immagini in movimento: un esperimento
accolto con grande consenso al Festival e che ha fatto conoscere un nuovo autore.
Le sue musiche vengono utilizzate di consueto per il commento dei servizi giornalistici nelle trasmissioni
televisive Ballarò, Tg2 Costume e Società, Otto e Mezzo , Geo&Geo, Linea verde.
Vengono inoltre utilizzate nelle trasmissioni B side condotto da Alessio Bertallot, Tropical Pizza di Nikki
entrambe su Radiodeejay, il Grande Fratello su Canale 5. Alitalia ha scelto la sua musica per la campagna
promozionale 2011, e molti altri brand si avvalgono di sue composizioni.
Con l’ultimo album Igloo, insignito del Jazzit Award 2010 dalla redazione del magazine Jazzit, è riuscito a
comporre una moderna sinfonia scritta per un’orchestra di oltre 40 elementi, in cui i movimenti sinfonici
sono intervallati non già da variazioni affidate alla stessa orchestra, bensì da una serie di duetti affidati alla
pura magia dell’incontro e dell’improvvisazione tra il pianoforte di Remo ed alcuni tra i più grandi
strumentisti italiani sulla scena internazionale, da Franz Di Cioccio (PFM) a Gabriele Mirabassi, da Enzo
Pietropaoli a Francesco Bearzatti, ponendo sullo stesso piano e con la medesima dignità, in un’affascinante
alternanza orchestra-duetto, lo spirito classico e quello della musica afro-americana.
L’igloo è il simbolo di questa ricerca, rifugio della più vera creatività. Ha partecipato con un eccezionale
Fender Rhodes nell’ultimo album dei Tre Allegri Ragazzi Morti Primitivi del dub nel brano La rivolta
dell’avvocato così intitolato in suo onore dalla famosa rock band di culto italiana.
Negli ultimi anni ha partecipato ai festival più prestigiosi in Italia e all’estero, affinando e definendo il suo
linguaggio trasversale, ormai inconfondibile, in bilico tra jazz, musica classica, musica popolare, la grande
musica da film e l’opera.
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SAVINA YANNATOU E PRIMAVERA EN SALONICO
Se le profondità dell’Adriatico, nei cui miti lontani nel tempo danzano e cantano nereidi e sirene, avessero
un suono percepibile in superficie, assomiglierebbe al suo canto, quello di Savina Yannatou. Reduce dal
successo della scorsa edizione de La Notte della Taranta, la poesia della sua voce bruna e dal passo svelto
inchiodano l’ascolto, rilanciando per freschezza e visione le insegne della “cosiddetta” world music.
Nata ad Atene, Savina Yannatou ha studiato canto al Conservatorio Nazionale. Si è poi perfezionata presso
la prestigiosa Guildhall School of Music and Drama di Londra. Ha iniziato la sua carriera giovanissima e dopo
aver approfondito la conoscenza del repertorio greco e contemporaneo, ha indirizzato i suoi interessi verso
la musica del periodo compreso tra Medio Evo e Barocco. Dall’inizio degli anni ‘90 ha intrapreso la
sperimentazione di varie tecniche vocali applicandole all’improvvisazione musicale, nel 2005 ha vinto il
Premio Maria Carta come miglior artista internazionale di musica etnica tradizionale. Nel suo lavoro
“Sumiglia”, Savina Yannatou fornisce ancora una volta prova del suo duttile talento grazie a un album in cui
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passa in rassegna canti e melodie provenienti dall’intera area mediterranea. In libertà, nel rispetto della
natìa Grecia, con i suoi incroci bizantini e orientali, pretesto per iniziare un viaggio che strabilia. La cantante
è capace di esprimersi in una buona dozzina di idiomi differenti, con articolazione precisa e ferreo controllo
dei materiali. Dai canti d’amore della Galizia spagnola alle ballate usate negli sposalizi palestinesi, il timbro
della Yannatou leviga spessori differenti con l’ausilio del suo abituale ensamble Primavera En Salonico,
capace di incrociare con perizia gli strumenti di più spiccata derivazione occidentale come la chitarra, il
contrabbasso e il violino, con una pletora di antichissimi altri, la cui origine risale invece all’altra metà del
mondo.
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