Percorsi clinico-assistenziali della paziente con tumore della

CancerStat Umbria
Anno VI No. 1
Registro Tumori
Umbro di Popolazione
Gennaio 2015
ISSN 2039-814X
Registro Nominativo
delle Cause di Morte
Registro Regionale
dei Mesoteliomi
Direttore:
Fabrizio Stracci
Coordinatore scientifico:
Francesco La Rosa
Dipartimento di
Medicina sperimentale.
Sezione di
Sanità Pubblica.
Università degli Studi
di Perugia.
Percorsi
clinico-assistenziali
della paziente con
tumore della mammella
G. Antonini
Regione dell’Umbria.
Direzione regionale
Salute, coesione sociale
e società della
conoscenza
CancerStat Umbria
Registro Tumori
Umbro di Popolazione
Registro Nominativo
delle Cause di Morte
Registro Regionale
dei Mesoteliomi
Direttore:
Fabrizio Stracci
Coordinatore scientifico:
Francesco La Rosa
Collaboratori:
Anna Maria Petrinelli
Daniela Costarelli
Fortunato Bianconi
Valerio Brunori
Alessio Gili
Silvia Leite
Chiara Lupi
Daniela Mogini
Rosaria Palano
Maria Saba Petrucci
Regione dell’Umbria.
Direzione regionale
Salute, coesione sociale
e società della
conoscenza
Emilio Duca
Paola Casucci
Mariadonata Giaimo
Anno VI No. 1, Gennaio 2015
ISSN 2039-814X
Codice CINECA-ANCE E205269
Pubblicato da:
Registro Tumori Umbro di Popolazione
Dipartimento di Medicina sperimentale.
Sezione di Sanità Pubblica.
Università degli Studi di Perugia.
Via del Giochetto
06100 Perugia
Tel.: +39.075.585.7329 - +39.075.585.7366
Fax: +39.075.585.7317
Email: [email protected]
URL: www.rtup.unipg.it
Le proposte di pubblicazione debbono essere inviate a:
[email protected]
Percorsi clinico-assistenziali della
paziente con tumore della mammella
Giacomo Antonini
Unità operativa di Chirurgia, Ospedale di Castiglione del Lago,
Uslumbria1
CancerStat Umbria 2015;6(1):1-82.
INDICE
Introduzione
Dati epidemiologici
Fattori di rischio e screening
Sintesi delle indicazioni agli accertamenti senologici
Inquadramento diagnostico
Ruolo dell’esame clinico
Ruolo della mammografia
Ruolo della medicina nucleare
Ruolo dell’anatomia patologica
Classificazione istologica
Classificazione molecolare - Profili genici
Classificazione secondo il sistema TNM
Fattori prognostici
Esami richiesti per la stadiazione
Ruolo della comunicazione alla paziente
Ruolo della chirurgia
Ruolo delle terapie sistemiche
Ruolo della radioterapia
Ruolo della riabilitazione
I trattamenti
Trattamento della malattia iniziale
Carcinoma in situ e microinvasivo
Carcinoma infiltrante operabile
Carcinoma localmente avanzato o non operabile
Carcinoma infiammatorio
Tumori localmente avanzati non operabili
Carcinoma occulto
Sarcoma mammario
Malattia di Paget
Trattamento della recidiva locoregionale e dello Stadio IV
Recidiva loco regionale
Stadio IV
Carcinoma mammario nella donna anziana
Carcinoma mammario bilaterale
Carcinoma mammario maschile
Carcinoma mammario in gravidanza
Carcinoma mammario e mutazioni nei geni BRCA1/2
Gestione del rischio aumentato in donne con mutazione BRCA1/2
Trattamento delle pazienti con mutazione BRCA1/2 e diagnosi di carcinoma mammario
Gestione del Follow Up
Algoritmi
Bibliografia consultata
1
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
2
3
4
11
14
14
15
19
20
24
26
27
31
32
32
33
41
49
56
59
60
64
64
65
66
66
67
67
68
68
68
69
70
71
71
71
73
75
76
77
79
81
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
INTRODUZIONE
di Trials randomizzati.
La complessità e la natura multidisciplinare del
percorso di diagnosi e cura della paziente affetta
da tumore della mammella richiedono il
coinvolgimento e l’attività congiunta e coordinata
di diversi professionisti, qualificati e con specifica
formazione nel trattamento della patologia. La
valutazione della paziente dovrebbe essere
effettuata collegialmente da un gruppo di
specialisti dedicati quali radiologo, anatomopatologo, chirurgo, radioterapista oncologo e
oncologo medico che, analizzati i dati anatomopatologici, clinici e radiologici, individui il
miglior trattamento, finalizzato anche all’ottenimento di un risultato estetico soddisfacente.
Sono molte le linee-guida esistenti a livello
nazionale e internazionale sul management delle
pazienti affette da tumore della mammella.
Rispetto alle raccomandazioni di carattere più
strettamente cliniche, questa linea-guida si basa
sulle migliori linee guida e raccomandazioni delle
società scientifiche basate su prove scientifiche di
efficacia. Uno sforzo particolare nella
formulazione delle raccomandazioni e soprattutto nella gradazione della loro "forza" è stato
fatto per tenere conto delle effettive possibilità
offerte dal contesto organizzativo assistenziale
locale.
Per ogni capitolo principale di questa linea-guida
(informazione, diagnosi, terapia chirurgica,
radiante e medica, follow-up e trattamento della
malattia in fase avanzata) sono stati inoltre
esplicitati i benefici ottenibili attraverso
l’aderenza ai comportamenti raccomandati e gli
indicatori di monitoraggio necessari per gli studi
di “audit” i quali cercheranno di descrivere
annualmente il grado di applicazione delle
raccomandazioni. La stesura di questo
documento è stata effettuata tenendo conto della
più recente letteratura. Nella bibliografia sono
illustrate le fonti dalle quali è stata estratta questa
pubblicazione.
Il carcinoma della mammella è il tumore più
frequente nel sesso femminile ed è la principale
causa di morte nelle donne occidentali fra i 40 e i
50 anni. Negli ultimi anni si è registrata nella
nostra Regione, come in molti Paesi Occidentali,
una significativa riduzione della mortalità. Questo
risultato è stato raggiunto grazie ai progressi
terapeutici e alla diagnosi precoce, alla quale ha
contribuito la diffusione degli screening
mammografici.
Dal tempo di Halsted, il trattamento chirurgico
del carcinoma mammario è radicalmente cambiato. Il numero degli interventi chirurgici
demolitivi si è progressivamente ridotto e sono
stati attuati approcci chirurgici conservativi sia a
livello mammario che linfonodale. Questi risultati
sono stati raggiunti anche attraverso una costante
integrazione con la chirurgia plastica e da ciò è
nata la chirurgia oncoplastica che ha come
obiettivo soddisfare tutti i principi della buona
cura, che vanno dalla corretta informazione alla
programmazione multidisciplinare, all’esecuzione
di un intervento integrato che conduca alla
radicalità oncologica con un ottimo risultato
estetico e che si dimostri, alla luce degli indicatori
oncologici, sicuro e stabile.
L’eccellente controllo della malattia e l’ottimo
risultato estetico sono stati possibili anche grazie
all’utilizzo di una moderna radioterapia sempre
più “targeted” legata alla innovazione tecnologica
avvenuta in questo campo (radioterapia
tridimensionale
conformata,
radioterapia
stereotassica, radioterapia a intensità modulata,
radioterapia intraoperatoria, radioterapia guidata
dall’immagine e tomoterapia).
Contemporaneamente all’evoluzione tecnologica
si è assistito anche a una evoluzione della terapia
medica (ormonoterapia, chemioterapia, terapie
antiangiogenetiche e terapie a target molecolare)
divenuta “tailored” che, in associazione con le
altre due metodiche sopracitate, ha contribuito al
miglioramento della qualità della cura. Tutto
questo è stato confermato da recenti metanalisi
2
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
DATI EPIDEMIOLOGICI
costante diminuzione, in particolare nelle fasce di
età 50-69 anni, sia grazie alla diagnosi precoce che
al miglioramento delle terapie. L’incidenza tra le
più giovani è in aumento. In Umbria la
sopravvivenza per cancro della mammella a 5 anni
dalla diagnosi è dell’84%.
Incidenza
In Italia, il tasso di incidenza standardizzato di
tumore della mammella nelle donne è
114/100.000/anno e il tasso di mortalità
standardizzato è 24/100.000/anno. Si stima che
nel 2013 verranno diagnosticati nel nostro paese
circa 48.000 nuovi casi di carcinoma della
mammella, di cui solo il 2% nei maschi.
Escludendo i carcinomi cutanei, il carcinoma
mammario è la neoplasia più diagnosticata nelle
donne, in cui circa un tumore maligno ogni tre
(29%) è un tumore mammario. I tumori della
mammella rappresentano il tumore più
frequentemente diagnosticato tra le donne sia
nella fascia d’età 0-49 anni (41%), sia nella classe
d’età 50-69 anni (36%), sia in quella più anziana
≥70 anni (21%). Le differenze tra macroaree
osservate nel periodo 2006-2009 mostrano una
maggiore incidenza al Nord (124,9 casi/100.000
abitanti) rispetto al Centro (100,3 casi/100.000
abitanti) e al Sud-Isole (95,6 casi/100.000
abitanti).
Prevalenza
Nell’area AIRT (coperta da registri Tumori di
Popolazione) sono stati diagnosticati in media
ogni anno 152,0 casi di tumore della mammella
ogni 100.000 donne. I tassi di incidenza sono
abbastanza omogenei tra le varie aree italiane
con un rapporto fra i tassi più elevati e quelli più
bassi inferiore a 2. I tassi di incidenza più bassi
si osservano, generalmente, nelle aree del Sud
Italia. Una parte delle differenze che si
osservano fra le aree può essere legata a una
diversa diffusione dei programmi di screening
mammografico.
Complessivamente in Italia vivono 522.235
donne (stima per l’anno 2006) che hanno
ricevuto una diagnosi di carcinoma mammario,
pari al 41,6% di tutte le donne che convivono
con una pregressa diagnosi di tumore e pari al
23% di tutti i lungo sopravviventi (uomini e
donne). Tra queste 522.235 donne, la diagnosi è
stata formulata da meno di 2 anni nel 16% dei
casi, tra i 2 e 5 anni nel 21%, tra i 5 e 10 anni nel
25%, oltre i 10 anni nel 38%.
Il cancro della mammella in Umbria
L’incidenza del cancro della mammella mostra un
picco nel biennio 2000-2001, risultato dell’avvio
dei programmi di screening a partire dal 1997,
per poi diminuire (tabella 1). La mortalità è in
Tabella 1. Numero annuo di casi, tassi grezzi e standardizzati (pop. ital. 2001) di incidenza
e mortalità 2006-2008 del cancro della mammella femminile, per ASL, Regione Umbria.
3
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA

La proporzione di questa casistica è maggiore
nelle donne con età oltre i 75 anni (4.984
persone ogni 100.000 abitanti, il 14% in più
della classe 60-74 e oltre il doppio rispetto alle
45-59enni) e nel Nord Italia (2.331/100.000 nel
Nord-Ovest, 2.052/100.000 nel Nord-Est,
1.795/100.000 nel Centro e 1.151/100.000 nel
Sud-Isole). Le differenze osservate dipendono
da quelle esistenti nell’incidenza e nella
sopravvivenza delle varie aree. Minime
appaiono le differenze proporzionali di
prevalenza del 2006 (23%) rispetto al 1992
(22%.)
Le stime per l’Italia indicano un totale di
36.634 nuovi casi diagnosticati nel nostro
paese, mentre per quanto
riguarda la
mortalità nel 2002 si sono verificati 11.251
decessi per tumore della mammella femminile.
Un terzo dei tumori diagnosticati ogni anno
alle donne riguardano la mammella. Una donna
ogni otto, di età compresa tra 0 e 84 anni, si
ammalerà di cancro della mammella e una ogni
33 ne morirà. L’incidenza del tumore della
mammella è in crescita nel corso del tempo,
mentre la mortalità è in riduzione. I più
rappresentati sono i carcinomi duttali infiltranti
(65%), seguiti dai carcinomi lobulari (13%), i
tumori maligni (7%), i carcinomi duttali e
lobulari in situ (3%) e i carcinomi NAS (3%).
La diagnosi di cancro della mammella è
soprattutto istologica (91%), citologica (4%),
clinica (4%) e più raramente attraverso il
certificato di morte (1%).




circa il 5% delle donne e degli uomini con
diagnosi di carcinoma della mammella
presenta metastasi al
momento della
diagnosi;
 25-30% dei pazienti sviluppa metastasi nei
successivi 10 anni dalla diagnosi;
recidiva della malattia: circa un terzo dei pazienti
sviluppa una recidiva.
Mortalità
Nel 2013 il carcinoma mammario rappresenta la
prima causa di morte per tumore nelle donne,
con circa 12.500 decessi stimati, al primo posto
anche in diverse età della vita, rappresentando il
28% delle cause di morte oncologica prima dei
50 anni, il 21% tra i 50 e i 69 anni e il 14% dopo i
70 anni. Dalla fine degli anni Ottanta si osserva
una moderata ma continua tendenza alla
diminuzione della mortalità per carcinoma
mammario (-1,6%/anno), attribuibile all’efficacia
dello screening, almeno in alcune fasce d’età,
oltre ai progressi terapeutici, in particolar modo
alle terapie multimodali.
FATTORI DI RISCHIO E SCREENING
Fattori di rischio
Il fattore di rischio è una qualsiasi condizione
capace di influenzare il rischio di una persona di
sviluppare una determinata malattia. Il fattore di
rischio può derivare da una scelta di vita (ad
esempio la dieta), da una caratteristica personale
(ad es. età del menarca) o da una esposizione
ambientale (ad es. radiazione ionizzante). I
ricercatori si riferiscono a persone come
"esposte" a bere alcolici, a un menarca precoce,
all'obesità o alle sostanze chimiche presenti
nell'ambiente. Il concetto di esposizione è
importante per determinare se le associazioni
osservate potrebbero essere causali o meno. Una
relazione dose-risposta dove il rischio aumenta
con livelli crescenti di esposizione è un aspetto
importante della forza di un'associazione tra
rischio e malattia.
Il carcinoma della mammella è il tumore più
comune nel sesso femminile, rende conto di
circa il 28% dei tumori nelle donne e del 16%
dei decessi per cancro.
Il rischio “life-time” di sviluppare il carcinoma
mammario è pari a 10-11% della popolazione
femminile.
5-15% delle donne con carcinoma della
mammella ha una storia familiare della stessa
malattia.
carcinoma mammario avanzato:
4
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
Fattori noti per essere associati con un
aumentato moderatamente a fortemente il
rischio di cancro al seno
Una serie di fattori è associata a un aumentato
rischio ammalare di cancro al seno; cioè, sono
più comuni per le donne con cancro al seno
rispetto a quelle senza malattia. Questi fattori
non sono necessariamente "cause" del tumore al
seno. Alcuni sono marcatori per altri fattori
ancora sconosciuti o sospetti che influenzano il
rischio.
Storia familiare
La storia familiare è un fattore di rischio di
cancro al seno importante e ben noto. Le donne
con una madre, sorella o figlia con cancro alla
mammella hanno mediamente due volte il rischio
di chi non ha familiari di primo grado con
diagnosi di questa malattia. Il rischio aumenta
con il numero di parenti di primo grado affetti e,
quando tre o più parenti di primo grado sono
interessati, il rischio diventa superiore a tre volte
rispetto alle donne senza parenti di primo grado
ammalati. Il rischio connesso con la storia
familiare aumenta quando i parenti con cancro al
seno manifestano la malattia in giovane età e
quando la famiglia è di origine ebraica.
L'associazione tra storia familiare e il cancro al
seno potrebbe indicare che le donne condividano
gli stessi fattori ambientali o di stile di vita,
ovvero che condividano i fattori genetici correlati
a un maggior rischio di cancro mammario. Ci
sono alcune mutazioni esiziali rare in geni come
BRCA1 e BRCA2 che sono associate a un alto
rischio di malattia. Una storia familiare di cancro
ovarico aumenta il rischio di cancro al seno in
quanto il rischio di cancro ovarico è anche
associato con questi geni. Inoltre, varianti comuni
in altri geni sono associate ciascuna con un
aumento discreto del rischio.
Sesso (genere)
Essere una donna è il forte fattore di rischio per
il cancro al seno: infatti le donne hanno 100 volte
più probabilità di sviluppare il cancro al seno
rispetto agli uomini. Non tutte le donne si
ammalano di cancro al seno, né tutti gli uomini
ne sono immuni. Il genere è quindi un marcatore
di eventi ed esposizioni che accadono più spesso
o più fortemente per le donne rispetto agli
uomini.
Età
L'aumentare dell'età è uno dei fattori di rischio a
maggiore impatto per sviluppare il cancro al
seno. Anche se il cancro al seno può verificarsi
primi anni di vita, in generale è una malattia
legata all'invecchiamento. Per una donna di 30
anni il rischio è di circa 1 a 250, mentre per una
donna di 70 anni, è di circa 1 a 30. La maggior
parte dei tumori al seno è diagnosticata dopo la
menopausa; circa il 75% dei casi di carcinoma
mammario si verifica dopo 50 anni di età. L'età è
considerata essere una causa probabile per danni
al DNA accumulati durante la vita.
Condizioni del seno
Le donne con diagnosi di cancro mammario
invasivo sono a 2-6 volte a rischio rispetto alla
popolazione generale di sviluppare il cancro nella
mammella controlaterale. Vi sono anche una
serie di condizioni mammarie preinvasive
associate a un aumentato rischio di ammalarsi.
Queste includono il carcinoma duttale in situ, il
carcinoma lobulare in situ e l’iperplasia duttale
atipica. La densità mammografica della struttura
mammaria sta emergendo come un forte fattore
di rischio per il cancro al seno. Donne che hanno
il più alto grado di densità del seno hanno un
rischio maggiore di ammalarsi compreso tra 4-6
volte rispetto alle donne con poca o nessuna
densità mammografica.
Afferenza geografica
Il cancro al seno si manifesta più frequentemente
nelle popolazioni ricche e occidentali, e in
sottopopolazioni di più alto status socioeconomico all'interno dei diversi paesi. Questo
suggerisce che i fattori di stile di vita legati alla
occidentalizzazione e benessere sono associati a
un aumentato rischio di cancro al seno.
5
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
Estrogeni endogeni
Le donne in postmenopausa con alti livelli
circolanti di estrogeni (donne con livelli superiori
posti nel 20% dei limiti alti rispetto alla norma
per l'età) hanno un aumento del rischio di cancro
al seno doppio rispetto alle donne con bassi
livelli di estrogeni circolanti.
donne con livelli intorno an 25% de livelli
minimi).
• esposizione del feto in utero al Dietilstilbestrolo
per assunzione dell'ormone da parte della madre.
I fattori associati a un ridotto rischio (< 0,8)
includono:
• parità (avere partorito un figlio vs nulliparità)
• prima età al primo parto (<25 anni vs > 29
anni)
• durata dell'allattamento (durata complessiva di
almeno 12 mesi vs no allattamento al seno)
• numero di parti (≥ 4 vs 1).
Altri fattori noti per essere associati con un
rischio per il carcinoma della mammella
moderatamente aumentato o diminuito
Fattori ormonali
Fattori come la storia riproduttiva, la storia
mestruale, l’età della menopausa e l'uso di
ormoni esogeni sono associati al rischio di
cancro al seno, anche se questi hanno una più
modesta influenza sul rischio che i fattori di cui
sopra esprimono. Questo suggerisce che gli
ormoni, sia esogeni (comunque assunti) che
endogeni (prodotti dal proprio organismo), sono
coinvolti nella determinazione del rischio di
cancro al seno.
Fattori personali e stile di vita (modificabili)
Un certo numero di fattori personali e di stile di
vita è associato al rischio di ammalarsi di cancro
al seno, alcuni dei quali sono modificabili.
I fattori associati con un modesto aumento
del rischio (> 1,25-2 volte) includono:
• statura più alta (≥ 175 cm vs <160 cm)
• sovrappeso e obesità per le donne in
postmenopausa (indice di massa corporea >25
kg/m2 vs <21 kg/m2)
• consumo di alcool (tre o più bicchieri standard
al giorno rispetto a nessuno)
• una precedente storia personale di alcuni tipi di
cancro non mammario: melanoma, colon, ovaio,
endometrio e cancro e tiroide.
• alte dosi di radiazioni ionizzanti, soprattutto
prima dei 20 anni.
I fattori associati con un modesto aumento
del rischio (1,25-2 volte) includono:
• età alla menopausa (sopra i 55 anni vs 55 anni o
meno).
• uso della terapia ormonale sostitutiva
combinata (utenti trattati vs mai trattati).
• utilizzo della pillola contraccettiva orale (vs mai;
il rischio si riduce alla normalità dieci anni dopo
la cessazione dell'uso).
• giovane età al menarca (inizio delle
mestruazioni di età inferiore ai 12 anni vs 12 anni
o più).
• alti livelli circolanti di androgeni (donne con
livelli intorno al 20% dei livelli massimi di
riferimento vs donne con i livelli del 20% nella
scala dei livelli minimi sia per le donne in
postmenopausa che per le donne in
premenopausa).
• alti livelli circolanti di fattori di crescita insulinosimile, IGF-1 e IGFBP-3 (le donne con livelli
intorno al 25% rispetto ai valori massimi vs
I fattori associati a un ridotto rischio (< 0,8)
includono:
• Attività fisica (due ore o più di camminata
veloce o equivalente a settimana vs alcuna
attività).
Fattori che non hanno dimostrato di avere un
impatto sul rischio di tumore al seno
Per una serie di fattori non ci sono prove a
sostegno di una associazione con il rischio di
ammalarsi di cancro della mammella. Questo
potrebbe essere dovuto al fatto che non vi sono
6
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
effettivamente rischi concreti o che vi siano studi
di scarsa qualità o con risultati contrastanti tra
loro. Questi fattori includono:
• interruzione di gravidanza o aborto.
 fumo di tabacco
• inquinanti ambientali.
• indossare un reggiseno o diversi tipi di
reggiseno.
• protesi al silicone.
• utilizzo di deodoranti ascellari o antitraspiranti.
• stress
 storia familiare di carcinoma mammario e/o
carcinoma ovarico (nonna, madre, sorella)
 età (il rischio aumenta con l’aumentare
dell’età)
 precedente radioterapia toracica (soprattutto
se eseguita prima dei 30 anni)
 storia personale di tumore della mammella
 precedenti patologie mammarie (iperplasia
atipica, carcinoma lobulare in situ)
 anomalie mammografiche (microcalcificazioni)
 precursori di carcinoma mammario (ad
esempio iperplasia atipica, carcinoma
lobulare in situ, carcinoma duttale in situ)
 aumento della densità del seno
 nulliparità
 terapia ormonale sostitutiva (HRT)
 uso corrente o recente di contraccettivi orali
 età più avanzata al primo parto
 mancato allattamento al seno
 prima gravidanza a termine in età più avanzata
(>30 anni)
 vita fertile lunga (menarca precoce,
menopausa tardiva)
 stile di vita (obesità, scarsa attività fisica, uso di
alcool, elevato consumo di carboidrati e
grassi saturi)
 sovrappeso
 fattori genetici: il 5-7% dei tumori mammari è
legato a fattori ereditari.
-Mutazione di BRCA1 e/o BRCA2
(presenti nei 2/3 dei casi)
-Mutazioni del gene ATM 3 (Ataxia
Telangiectasia Mutated 3) o del
gene CHEK2 4
-Sindrome di Li-Fraumeni (mutazione di
p53)
-Sindrome di Cowden (mutazione del
gene PTEN)
-Altre sindromi: atassia-teleangectasica,
sindrome di Peutz-Jeghers.
Screening
Lo screening per la diagnosi precoce del tumore
mammario si rivolge alle donne di età compresa
tra i 50 e i 69 anni e si esegue con una
mammografia ogni 2 anni. In alcune Regioni si
sta sperimentando l’efficacia in una fascia di età
più ampia, quella compresa tra i 45 e i 74 anni
(con una periodicità annuale nelle donne sotto i
50 anni). La totalità dei programmi di screening
italiani è basata sull’invito attivo della
popolazione bersaglio tramite lettera personalizzata. Il test di primo livello utilizzato è la
mammografia a doppia proiezione che viene
offerto ogni due anni alle donne tra i 50 e i 69
anni.
La mammografia offerta gratuitamente ogni 2
anni, è il test di screening in grado di ridurre del
35% il rischio di morire per un cancro alla
mammella e identificare o l'85% dei tumori in
fase preclinica (prima che si manifestino con i
sintomi o alla palpazione) e quindi in una fase in
cui gli stessi sono facilmente aggredibili con
interventi non invasivi e in gran parte risolutivi.
La mammografia è un esame radiologico idoneo
per lo studio della mammella, efficace per
identificare precocemente i tumori del seno in
quanto consente di identificare i noduli anche di
piccole dimensioni non ancora percepibili al
tatto.
I programmi organizzati di screening prevedono
che l’esame venga eseguito visualizzando la
mammella sia dall’alto verso il basso che
lateralmente. Una maggiore accuratezza nella
diagnosi viene ottenuta dalla valutazione della
mammografia effettuata separatamente da 2
medici radiologi. Tra gli screening offerti dal
7
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
Servizio Sanitario Nazionale, quello per la
diagnosi precoce del cancro al seno è quello che
all’interno della comunità scientifica è più
dibattuto per il rischio di “sovradiagnosi” ossia di
identificare anche lesioni tumorali a crescita lenta,
che non avrebbero portato a morte la donna.
L’identificazione di queste particolari forme
tumorali comporta l’esposizione della donna ad
approfondimenti diagnostici anche invasivi e al
trattamento per una lesione che non si sarebbe
mai trasformata in un tumore invasivo. Tuttavia, i
vantaggi che una donna ottiene sottoponendosi
al percorso di screening, sono più ampi rispetto a
questo rischio. Un ampio studio pubblicato dal
Journal of Medical Screening nel settembre 2012, il
quale ha passato in rassegna le ricerche
pubblicate sui programmi di screening per il
cancro al seno attivi in Europa, ha mostrato che
la mortalità si riduce del 25% per le donne che si
sottopongono allo screening. Per ogni 1.000
donne di età tra i 50 e i 69 anni sottoposte
regolarmente ai programmi di screening e seguite
fino a 79 anni di età, lo screening permette di
salvare tra 7 e 9 vite e “produce” 4 casi di
possibile sovradiagnosi.
L’efficacia dimostrata in diverse metanalisi dello
screening nel ridurre la mortalità è del 20-30%.
La riduzione della mortalità conseguente
all’esecuzione della mammografia è dell’ordine
del 40%. Il programma di screening richiede per
ogni donna l’esecuzione di 10 test mammografici.
La sensibilità del test di screening non è ottimale,
soprattutto nelle donne più giovani (tra 40 e 49
anni). L’efficacia del programma è condizionata
dai limiti della mammografia e non identifica
circa quinto dei tumori della mammella che in
genere compaiono nell’intervallo tra la
mammografia di screening eseguita e la successiva
programmata dopo 2 anni. Non è stato
dimostrato che uno screening annuale conferisca
un maggior vantaggio di quello effettuato ogni
due anni.
I dati noti non consentono di confermare con
certezza l’utilità dello screening condotto nelle
donne di età compresa tra 40 e 49 anni. Lo
screening risulta efficace nel ridurre la
mortalità in tutte le fasce di età, ma il vantaggio
diminuisce rapidamente con l’aumentare dell’età
e della comorbidità. Numerosi studi hanno
mostrato una spiccata variabilità nella capacità
di lettura e interpretazione da parte dei
radiologi, in gran parte compensata dalla
doppia lettura del test di screening. (Linee
Guida per lo Screening della Mammella,
Ministero della Salute). E’ fortemente
raccomandata l’esecuzione del test presso centri
dotati di mammografi che emettano basse dosi
di radiazioni e che garantiscano standard elevati
di qualità (Mammografy Quality Standards Act).
Gli studi randomizzati hanno dimostrato che lo
screening ha comportato un aumento del 30%
nel numero di donne a cui è stato diagnosticato
un tumore al seno e che per questo si sono
sottoposte a terapie, rispetto al gruppo di donne
non sottoposte a screening. Questo alto livello
di diagnosi eccessiva si può riscontrare anche in
studi sulla popolazione dei paesi europei, di Stati
Uniti, Canada e Australia. Una revisione
sistematica dei paesi che offrono lo screening di
routine ha registrato un eccesso di diagnosi del
52% rispetto ai valori considerati nella norma.
Alcuni studi provenienti dagli Stati Uniti, Svezia e
Norvegia sostengono che metà o più dei tumori
individuati dallo screening sarebbe scomparsa
spontaneamente senza alcuna terapia. Inoltre, la
maggior parte delle trasformazioni iniziali delle
cellule evidenziate allo screening (carcinoma in
situ) sono innocue, in quanto non sarebbero mai
progredite fino a divenire un tumore invasivo.
Per quanto riguarda il tasso italiano di adesione,
si evidenzia dalla tabella sottostante che pur
esistendo ancora una certa disomogeneità
territoriale soprattutto tra le aree del CentroNord e quelle del Sud Italia (che solo recentemente hanno visto una crescita dell’attività) la
progressione è stata lenta ma costante su tutto il
territorio (tabella 2).
8
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
beneficiare dell’interessamento attivo e della
sollecitazione a partecipare del medico di
fiducia.
L’impostazione dei programmi di screening
comporta per definizione il monitoraggio
dell’intervento in tutti i suoi momenti per
migliorare gli aspetti organizzativi, tecnici e
professionali e tenere la più bassa possibile la
percentuale di falsi negativi aumentando così la
qualità del test e, conseguentemente, la sua
sensibilità.
Molto utile a tale fine risulta il
monitoraggio dei cancri di intervallo come
strumento di valutazione di qualità del
programma, verifica e miglioramento delle
prestazioni nell’ottica dell’apprendimento degli
errori.
Secondo le Linee Guida Europee, il cancro di
intervallo è un carcinoma diagnosticato in
seguito a un processo di screening negativo che
compaia prima del passaggio al round di
screening successivo. Nella sua definizione
classica è un cancro diagnosticato entro due
anni da una mammografia di screening negativa.
La frequenza di comparsa nel tempo dei cancri
intervallo si misura comunemente come la
frazione (incidenza proporzionale) di CI
osservati rispetto ai cancri della mammella attesi
in assenza di screening (incidenza di base).
Questo indicatore fornisce immediatamente il
calcolo della sensibilità del test di screening per
ogni programma.
Le donne con un test sospetto vengono
richiamate a effettuare una sessione di
approfondimento durante la quale si effettuano
test aggiuntivi (mammografia in altre proiezioni,
ecografia, agobiopsia, ecc.) secondo il dubbio
evidenziato nell’esame precedente. Vi è un
generale accordo circa l’utilità di eseguire lo
screening mammografico nella fascia d’età 50-69
anni, rimane aperto il dibattito relativo alle altre
fasce d’età (in particolare quella 40-49 anni) e
circa la cadenza ottimale (Tabelle 3,4).
Tabella 2. Estensione effettiva relativa al biennio
2007-2008 dei programmi di screening rispetto
alla popolazione bersaglio, età 50-69, programmi
attivi nel 2008.
Comunicazione
All’adesione consapevole delle donne allo
screening contribuisce un’adeguata strategia di
comunicazione che, avvalendosi delle evidenze
scientifiche disponibili, sia in grado di garantire
la presentazione degli aspetti positivi del
programma ma anche dei possibili limiti ed
effetti negativi. La comunicazione dovrà
altresì rendere disponibili adeguati strumenti
comunicativi fra i quali rientra una lettera di
invito adeguata con tutte le informazioni
necessarie alla acquisizione consapevole del
consenso informato.
Elemento fondamentale di sensibilizzazione
delle donne è il coinvolgimento dei medici di
medicina generale ai quali dovrebbero essere
trasmessi, mediante specifico modulo da
Software portale d e l l e a z i e n d e s a n i t a r i e
per i medici di medicina generale e i pediatri
di libera scelta, gli elenchi delle assistite
invitate che non hanno aderito all’invito e i
risultati delle donne che hanno aderito, al fine di
9
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
Tabella 3. Principali indicatori diagnostici per primi esami e successivi e relativi standard, per regione e area.
Anno 2008.
Autopalpazione: non evidenza di efficacia nello screening.
Valutazione clinica della mammella: non evidenza di efficacia nello screening.
Ecografia: non evidenza di efficacia nello screening. Non è nota al momento la quantificazione degli effetti
collaterali negativi derivanti dall’applicazione dell’ecografia mammaria allo screening (falsi positivi, aumento
degli interventi chirurgici per sovradiagnosi).
Mammografia bilaterale (popolazione generale):
 donne in fascia d’età 50-69 anni: mammografia con cadenza biennale;
 donne in fascia d’età 40-49 anni: la mammografia andrebbe eseguita personalizzando la cadenza (in
corso studi) nel singolo individuo sulla base anche dei fattori di rischio quali la storia familiare e la
densità del tessuto mammario.
 donne d’età ≥ 70 anni: nessuna evidenza di efficacia nello screening.
10
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
Tabella 4. Indicatori strutturali, logistico-organizzativi e funzionali dello screening mammario.
SINTESI DELLE INDICAZIONI AGLI
ACCERTAMENTI SENOLOCIGI
gliato è comunque l’esame clinico. In presenza di
segni obiettivi che meritino un ulteriore
accertamento diagnostico si dovrà ricorrere alla
ecografia e, se necessario, alla mammografia e al
prelievo con ago. Il controllo ecografico di
routine, in assenza di segni obiettivi, non trova
giustificazione. Prima di una stimolazione
ormonale o di posizionamento di impianto
protesico potrebbe essere utile sottoporre a
mammografia la donna sopra i 35 anni.
Accertamenti suggeriti alla donna asintomatica
Età inferiore ai 40 anni
Nessuna raccomandazione al controllo
preventivo salvo che si tratti di donna ad alto
rischio inserita in uno programma specifico di
sorveglianza diagnostica. Il primo test consi-
11
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
Età 40-49 anni
segnalato che in letteratura si evidenzia un rischio
di incidenza di tumore al seno significativamente
aumentato per le donne che effettuano la terapia
da almeno 5 anni e, in alcuni studi, si ipotizza una
minore sensibilità dell’esame mammografico a
causa di un aumento della radiodensità delle
strutture parenchimo-stromali. Questi elementi
sembrerebbero giustificare l’opportunità di
aumentare la frequenza dei controlli (per
esempio a intervalli annuali), ma al momento non
sono disponibili evidenze conclusive.
I risultati più recenti di alcuni studi evidenziano
l’efficacia dello screening mammografico nel
ridurre la mortalità per carcinoma mammario
anche nelle donne 40-49enni, seppure in misura
inferiore a quella dimostrata nelle cinquantenni.
Non vi è peraltro ancora un generale consenso
ad attuare programmi di screening organizzato
per le quarantenni, ma si ritiene corretto dare
alle donne l’opportunità di effettuare controlli
periodici a questa età, dopo averle adeguatamente informate sui possibili benefici, ma
anche sui possibili effetti negativi. In questa
fascia di età (40-49) i controlli sono consigliati
ogni 12-18 mesi.
Donne a rischio
Per quanto riguarda la sorveglianza clinicostrumentale del gruppo di donne a rischio
genetico o elevato rischio familiare per
carcinoma mammario, si consiglia che queste
donne vengano seguite nelle sedi ove sono
operanti gruppi di lavoro dedicati al problema. In
rapporto ai limiti della mammografia e in
particolare al rischio biologico, soprattutto nelle
donne più giovani, si sta valutando l’opportunità
di introdurre la risonanza magnetica come
tecnica di routine di prima istanza, assieme alla
visita senologica, alla mammografia e all’ecografia
con cadenza annuale. L’indirizzo attuale più
seguito è quello di consigliare che l’inizio dei
controlli avvenga a 25/30 anni o comunque dieci
anni prima dell’età del familiare più giovane
risultato affetto. Sono in corso di valutazione
anche percorsi diversificati in rapporto all’entità
del rischio (carcinoma mammario ereditario o
familiare).
Età oltre 50 anni
L’esame da raccomandare è la mammografia
periodica. A fianco di questa, come per le
quarantenni, potrà essere valutato l’impiego
dell’esame clinico e dell’ecografia, a giudizio del
radiologo, in presenza di fattori di rischio
(familiarità, densità mammografica, ecc.).
Sull’impiego di tali test aggiuntivi (clinica ed
ecografia)
si
dovrà
fornire
adeguata
informazione all’utenza (uso sperimentale, tipo
RIBES; oppure: scelta ragionata, specificando
che consente aumento di sensibilità ma comporta
perdita di specificità). Gli altri accertamenti
diagnostici potranno essere effettuati in presenza
di segni clinici e/o mammografici di sospetto.
Per le donne in terapia sostitutiva, va inoltre
Donne asintomatiche
< 40 anni
Nessun controllo preventivo programmato
40-50 anni
Test diagnostico con finalità di diagnosi precoce è la mammografia con periodicità di 1218 mesi; l’esame clinico e l’ecografia possono integrare validamente i due primi esami.
> 50 anni
Test diagnostico con finalità di diagnosi precoce è la mammografia con periodicità di 1824 mesi; ove esiste, va "raccomandata" la partecipazione a programmi di screening
12
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
Accertamenti suggeriti alla donna sintomatica
In presenza di lesione focale clinicamente
apprezzabile gli accertamenti diagnostici da
proporre possono essere i seguenti:
altri test. La persistenza di sospetto impone il
completa-mento dell’iter diagnostico con
mammografia.
Età superiore ai 40 anni
Viene raccomandata la mammografia in
associazione con la visita senologica e con
l’ecografia; ciò consente la diagnosi corretta della
maggior parte delle patologie in atto e pone al
riparo dalla mancata diagnosi di carcinomi
radiologicamente non rilevabili. Lo studio con
ecografia è indispensabile sia in caso di scarsa
esplorabiltà
radiologica
della
mammella
(mammelle dense) sia in caso di riscontro
mammografico o clinico di noduli di natura non
chiara. Successivo prelievo con ago (citologia o
biopsia percutanea) in caso di persistenza di
immagini difficili da tipizzare o che presentino
elementi di sospetto.
Età inferiore ai 40 anni
In rapporto alla ridotta incidenza del carcinoma
mammario e quindi al modesto rischio di queste
donne di esserne affette, l’esame clinico eseguito
dal medico di medicina generale può essere
sufficiente, tuttavia, in presenza di vera patologia
focale (clinicamente non sospetta) l’ecografia e
l’eventuale agoaspirazione sono da ritenersi
sufficienti. In presenza di rilievo clinico con
chiari segni di benignità, anche se di piccole
dimensioni, si consiglia controllo clinico dopo 612 mesi e autoesame periodico. La persistenza del
dubbio comporta il completamento dell’iter
diagnostico con mammografia e con eventuali
13
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO
paziente nelle diverse fasi della malattia;
• aggiornano annualmente i protocolli
diagnostico-terapeutici alla luce delle nuove
evidenze scientifiche;
• valutano a ogni riesame della direzione la qualità
dell’assistenza attraverso il monitoraggio dei
dati di attività e la produzione degli indicatori
definiti appositamente predisposti.
Ruolo del Team Multidisciplinare
Componenti del Team Multidisciplinare
- Chirurgo
- Oncologo
- Radiologo
- Radioterapista
- Infermiere professionale Case-manager
Diagnosi clinico-strumentale
E’ noto che in presenza di una sospetta lesione
neoplastica della mammella l’impiego dell’esame
clinico, delle metodiche di imaging (mammografia e/o ecografia) e dell’esame cito-istologico
(il cosiddetto triplo test) raggiunge una
definizione diagnostica più affidabile rispetto a
iter meno complessi.
Il coordinatore del Team multidisciplinare (che
coincide con il responsabile del percorso) ha la
responsabilità delle attività e, coadiuvato
dall’infermiere case-manager, dell’organizzazione
dei meeting del Team nonché di convocare anche
altri professionisti, quando necessari (Patologo,
Chirurgo Plastico, ecc.).
Obiettivi:
 assicurare prestazioni di elevata qualità nella
diagnosi e nella cura dei tumori della
mammella, in coerenza con le linee guida e le
raccomandazioni selezionate.
 assicurare la continuità e il coordinamento delle
prestazioni e del servizio erogati.
 assicurare un’adeguata informazione alla
paziente sulla malattia, sulle procedure
diagnostiche e sulle opzioni terapeutiche.
 monitorare e verificare a ogni riesame della
Direzione (in coerenza con le regole aziendali)
gli indicatori relativi alle prestazioni erogate.
RUOLO DELL'ESAME CLINICO
E’ l’esame di base in senologia clinica per le
donne in qualsiasi fascia di età. In donne
sintomatiche con lesioni palpabili, l’esame clinico
ha una precisione diagnostica talmente elevata
che può raggiungere il 95-98%. In donne
asintomatiche o con lesioni minimali, invece, a
causa della sua scarsa sensibilità, l’esame clinico
da solo non è un test sufficiente a escludere la
presenza di un tumore per cui deve essere
integrato da altri esami. La refertazione
descrittiva dei segni rilevati dall’esame clinico va,
comunque, sempre eseguita, indicando in
particolare, le dimensioni in cm, la sede di
eventuali lesioni nodulari, le eventuali
modificazioni della cute e del capezzolo, la
presenza o assenza di adenopatie loco-regionali
palpabili. La refertazione descrittiva dei segni
rilevati dall’esame clinico va, comunque, sempre
eseguita, indicando in particolare, le dimensioni
in cm, la sede di eventuali lesioni nodulari, le
eventuali modificazioni della cute e del
capezzolo, la presenza o assenza di adenopatie
locoregionali palpabili. Inoltre deve essere
sempre formulato il giudizio diagnostico-clinico
conclusivo:
Funzioni del Team Multidisciplinare:
• al fine di garantire gli standard definiti, i
professionisti del Team devono incontrarsi
almeno settimanalmente per discutere i singoli
casi per valutare e predisporre il programma
diagnostico-terapeutico per ogni paziente;
• stabiliscono modalità di comunicazione con gli
altri professionisti interessati nell’assistenza
alla paziente, compresi i MMG, ai quali si
comunicano le proprie decisioni in maniera
efficiente;
• definiscono il professionista di riferimento,
componente del team, da affiancare alla
14
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
• EC1 negativo
• EC2 benigno
• EC3 dubbio
• EC4 sospetto
• EC5 positivo
La mammografia deve essere eseguita con
apparecchi dedicati, in grado di produrre
ottime immagini con dosi contenute. Ulteriori
vantaggi in termini dosimetrici sono consentiti,
nelle mammelle dense e
voluminose,
dall’impiego di mammografi con doppia pista
anodica. È comunque indispensabile un
sistema dedicato, dove mammografo e
dispositivo di rilevazione d’immagine siano integrati in un contesto di regolari controlli di
qualità.
La mammografia consente inoltre, la definizione
dell’estensione e della mono o multifocalità delle
lesioni sospette e di effettuare diagnosi precise
sulla natura della lesione individuata, mediante
un prelievo citologico o microistologico mirato
sulla lesione attraverso un mammografo
stereotassico. In presenza di reperto obiettivo
all’esame clinico, nelle donne di età superiore ai
35 anni è sempre opportuno eseguire la
mammografia, in quanto essa consente di
migliorare la sensibilità della clinica (specie per
neoplasie di limitate dimensioni) e la specificità,
evitando l’indicazione alla biopsia in alcuni casi
inequivocabilmente benigni alla mammografia.
I più comuni segni di neoplasia sono
rappresentati da opacità a contorni sfumati o
spiculati, microcalcificazioni e/o distorsione
della struttura ghiandolare. Le opacità a
contorni netti, specie se su tutta la
circonferenza, e demarcate da stria ipertrasparente, depongono per patologia benigna. Le
microcalcificazioni sono presenti in circa il
20% di tutti i carcinomi e nel 40-50% dei
carcinomi scoperti in fase preclinica. Quelle di
diametro variabile tra 0,1 mm e 1 mm e con
andamento irregolarmente ramificato depongono per neoplasia maligna. Quelle rotondeggianti
o granulari possono essere associate sia a
patologia benigna sia maligna. Alcune calcificazioni (in genere di diametro > 1 mm) sono
tipiche di alcune lesioni benigne (pregresse
galattoforiti, cisti, fibroadenomi).
La distorsione della normale struttura
parenchimale può essere l’unico segno
RUOLO DELLA MAMMOGRAFIA
La mammografia è una radiografia della
mammella. E’ una tecnica morfologica che
permette l’esplorazione della mammella in tutta
la sua completezza e che offre la maggiore
sensibilità (85-90%) e la migliore accuratezza
diagnostica, anche per i tumori in fase iniziale
soprattutto nelle donne con adiposità mammaria
prevalente. La mammografia, nelle sue diverse
modalità tecniche di esecuzione, rappresenta oggi
il metodo migliore per scoprire precocemente i
noduli al seno, prima che la lesione sia palpabile.
Possiamo scoprire anche minute lesioni mediante
la mammografia che non possono essere
scoperte con la sola palpazione. Vengono
evidenziane in condizioni ottimali anche lesioni
delle dimensioni di 1-3 millimetri. Di solito la
mammografia viene effettuata con due scopi: sia
per meglio definire una lesione palpabile
(mammografia
diagnostica
su
donna
sintomatica), sia per anticipare la diagnosi
mediante l'utilizzo di tale tecnica in corso di
screening
sulla
popolazione
femminile
(mammografia di screening).
Nelle strategie per il controllo del tumore alla
mammella la fase diagnostica riveste da sempre
un’importanza fondamentale: minori sono le sue
dimensioni al momento della diagnosi maggiori
sono per la donna le probabilità di guarigione
definitiva. Probabilità che raggiungono valori
vicini al 100% nel caso in cui il tumore venga
scoperto grazie al contributo delle indagini
strumentali, quindi prima ancora di diventare
clinicamente evidente, come è stato ampiamente
indicato in molte e recenti segnalazioni della
letteratura scientifica. Segni minimi e indiretti che
possono essere rilevati dalle indagini strumentali
e, in particolare, dalla mammografia.
15
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
radiologico di tumore maligno. Alcune lesioni
benigne (radial scar = epiteliosi infiltrante)
appaiono come opacità stellari con lunghe
propaggini e nucleo centrale radiotrasparente. La
diagnosi differenziale in questi casi è difficile e la
biopsia è prudenziale. Altri segni indiretti di
neoplasia, quali l’ispessimento e la retrazione
cutanea, la retrazione del capezzolo o
l’aumentata vascolarizzazione, hanno poca
importanza diagnostica in quanto spesso
associate a neoplasie voluminose e clinicamente
evidenti.
Nella refertazione della mammografia è
indispensabile segnalare con chiarezza i reperti
meritevoli di attenzione, indicando con
esattezza numero, sede e dimensioni soprattutto
per le lesioni non palpabili ivi comprese le
microcalcificazioni. E’ opportuno, inoltre, che le
conclusioni
diagnostiche
dell’esame
mammografico siano classificate in 5 classi
analogamente a quanto raccomandato sia in
ambito Europeo che negli Stati Uniti (BIRADS). Da qualche anno l’American College of
Radiology ha introdotto una classificazione
(BIRADS) per la refertazione mammografica.
La classificazione, nella sua formulazione
essenziale, implica 5 livelli con probabilità
crescente di malignità:
La sensibilità della mammografia si riduce se la
componente ghiandolare è molto rappresentata;
in questi casi può essere molto utile, a giudizio
del radiologo, l’integrazione con l’ecografia, che
non
chirurgico
di
lesioni
mammarie
(radiofrequenza, laser, crioablazione, microonde
e ultrasuoni).
In alcuni casi selezionati (diagnosi differenziale
tra distorsioni parenchimali benigne e maligne,
cicatrice/recidiva) si possono impiegare i mezzi
di contrasto per ultrasuoni ma vi è ancora la
necessità di studi di convalida della letteratura.
L'indagine ha una sua indicazione anche per lo
studio nel contesto di un second-look che fa
seguito a un reperto RM o PET positivo,
considerando la sensibilità e il basso costo
dell'esame. L’impiego degli US come metodica
di screening è attualmente da ritenersi esclusivo
campo di ricerca clinica.
Nella refertazione, viene usualmente impiegata
una classificazione che implica 5 livelli con
probabilità crescente di malignità:
U1-negativo: reperto normale.
U2-benigno: lesione cistica o solida con
caratteristiche di benignità.
U3-dubbio: segni dubbi con prevalenza di
benignità (può essere raccomandato controllo
ecografico entro 6 mesi o prelievo
citoistologico).
U4-sospetto: segni di sospetto di neoplasia
maligna (indicazione al prelievo citoistologico).
U5-positivo: segni di neoplasia maligna
(raccomandato prelievo istologico).
R1: negativo o quadro normale (nessun
provvedimento);
R2: benigno (nessun provvedimento);
R3: probabilmente benigno (VPP < 2%)
(approfondimento o controllo ravvicinato);
R4: sospetto (VPP 2-70%), (riscontro
istologico);
R5: positivo (VPP > 70%), (riscontro
istologico).
Ruolo della Galattografia
Viene eseguita in presenza di secrezione dal
capezzolo, di tipo siero-ematica, francamente
ematica, monorifiziale e prevalentemente monolaterale come unico sintomo.
La sensibilità della mammografia supera l’85%
nelle donne sopra i 40 anni, ma è comunque
condizionata dal grado di radiopacità che, in
seni densi, può ridursi fino al 70%. I risultati
sono comunque fortemente influenzati dalla
esecuzione tecnica e metodologica dell'esame.
Ruolo della Risonanza magnetica
La risonanza magnetica (MRI) mammaria è
diventata una componente integrante e
necessaria di qualsiasi pratica imaging del tessu-
16
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
to mammario. Le prestazioni e gli usi clinici
della MRI del seno sono ormai standardizzate e
molto più definiti di quanto non fossero qualche
anno fa.
È ormai entrata nell’uso quotidiano in molti
centri di mammografia clinica. Il contemporaneo esame clinico permette anche di evidenziare
eventuali neoplasie in sede periferica che
potrebbero non essere comprese nelle
proiezioni standard, nonché le lesioni che
coinvolgono il capezzolo, il solco mammario e
la regione presternale.



Ruolo della radiografia intraoperatoria del
materiale asportato
- obbligatoria per le lesioni non palpabili che
abbiano richiesto una localizzazione radiologica
preoperatoria
mediante repere
metallico
posizionato mediante guida mammografica
(microcalcificazioni,
piccole
opacità,
siti
chirurgici marcati mediante clips metalliche).
- raccomandata per tutte le procedure di escissione
ampia per lesioni radiologicamente rilevabili.

In seguito all’introduzione della tecnica del
linfonodo sentinella, l’ecografia è da utilizzare in
fase preoperatoria per escludere metastasi
linfonodali nel cavo ascellare che renderebbero
superflua la linfoscintigrafia. Il test ha
elevatissima specificità per la diagnosi di
formazioni cistiche presentando i suoi più
evidenti
limiti
nella
individuazione
e
caratterizzazione delle lesioni precliniche oltre
ad avere un ruolo di prima istanza in alcune
situazioni non oncologiche quali flogosi, traumi
e mastodinia.
L'ecografia al seno rimane una modalità
aggiuntiva utile e affidabile nel rilevare e
diagnosticare delle lesioni benigne e maligne
all'interno del parenchima mammario e nei
distretti linfonodali regionali circostanti anche
mediante l'utilizzo del color e del power-doppler
per lo studio della vascolarizzazione delle lesioni
evidenziate. Si è affermata come modalità di
prima linea per le procedure di biopsia guidata
percutanea, per la localizzazione preoperatoria
di alcune lesioni non palpabili. Nonostante
l'esame sia operatore-dipendente, se usato
correttamente, è da ritenersi preciso, affidabile e
non invasivo per la paziente. Si tratta di una
modalità che sembra destinata a una continua
crescita anche per innovazioni attualmente
emergenti. Oggi, in alcuni centri pilota, viene
Ruolo della ecografia mammaria
E’ sempre un’indagine complementare all’esame
clinico o mammografico impiegata per
approfondire un reperto dubbio o sospetto,
palpabile o non palpabile. L’esame ecografico ha
una elevatissima accuratezza nel distinguere i
noduli cistici da quelli solidi. Se la paziente ha
meno di 35 anni e una lesione palpabile,
l’ecografia
sostituisce
la
mammografia.
L’indagine trova indicazione oltre che nelle
mammelle dense, anche nelle lesioni precliniche
evidenziate con la mammografia per il
reperimento preoperatorio o per l’agobiopsia
ecoguidata ove la lesione abbia un corrispettivo
ecografico. Le indicazioni all’ecografia mammaria in accordo con quelle espresse nel 1995
dall’American College of Radiology, aggiornate
nel 1999 e nel 2001, possono essere così
riassunte:

approfondimento
di
reperti
mammografici dubbi;
guida
per
procedure
interventiste
(reperimento
preoperatorio,
prelievo
citologico e istologico): una delle indicazioni
più recenti è rappresentata dall’agoaspirazione ecoguidata di linfonodi ascellari
sospetti all’ecografia al fine di omettere
l’escissione del linfonodo sentinella in caso di
positività.
valutazione di impianti protesici.
indagine di primo livello per la valutazione di
lesioni in donne giovani (età inferiore a 35
anni circa), in allattamento e in gravidanza.
Indagine di primo approccio nelle donne
sintomatiche.
clinico-
17
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
utilizzata come ausilio nel trattamento ablativo.
Il suo punto di forza sta nella diagnosi del
carcinoma occulto alle tecniche di acquisizione
di
immagini
convenzionali,
come
la
mammografia e l'ecografia. Molti studi hanno
dimostrato che la MRI mammaria fornisce
maggiori informazioni nelle situazioni in cui vi è
un cancro noto, o di sospetto tumore, o di
elevate probabilità di tumore. Nella valutazione
preoperatoria della paziente con un cancro noto,
la MRI può rilevare carcinomi multifocali
(all'interno dello stesso quadrante) o
multicentrici (in altri quadranti). Infatti, una
malattia multicentrica che era precedentemente
insospettata facilita la stadiazione per neoplasie
sincrone controlaterali.
La MRI mammaria per il rilevamento del cancro
si basa quasi esclusivamente sulla neovascolarizzazione associata ai carcinomi invasivi.
L'individuazione di un carcinoma mammario
invasivo è estremamente affidabile alla RMI
dato che la sensibilità si avvicina al 100%.
Poiché la sensibilità del rilevamento del cancro è
alta, il valore predittivo negativo della MRI è
alto. La MRI mammaria presenta una sensibilità
maggiore nella diagnosi di carcinoma mammario
rispetto alla mammografia, accanto a una
minore specificità e ciò comporta un più alto
tasso di falsi positivi. In particolare occorre
tenere presente che le stimolazioni ormonali,
fisiologiche o farmacologiche condizionano in
modo importante il quadro RMI.
trascurati dalle nostre tecniche convenzionali.
Essa, inoltre, in caso di malattia multifocale
definisce il piano terapeutico-chirurgico,
evitando in questi casi una chirurgia
conservativa.
Valutazione della risposta alla chemioterapia
neoadiuvante: la chemioterapia neoadiuvante
viene somministrata pre-operatoriamente per
ottenere la riduzione del tumore prima di
eseguire un intervento chirurgico definitivo. La
valutazione della risposta alla chemioterapia
neoadiuvante
può
essere
complicata
clinicamente e alla mammografia. La MRI,
invece, supera i limiti di densità del seno e della
fibrosi che segue in trattamento chemioterapico.
Può inoltre avere un ruolo nel riuscire a
prevedere in un punto temporale precedente,
magari dopo diversi cicli di chemioterapia, i
pazienti che stanno rispondendo alla
chemioterapia neoadiuvante. La conoscenza
anticipata di risposta non ottimale può
consentire il passaggio a regimi di trattamento
alternativo prima piuttosto che dopo.
Recidiva del tumore sul letto della quadrantectomia: la valutazione mammografica del sito
di una chirurgia conservativa può essere
fuorviante a causa degli esiti cicatriziali. La RMI
è in grado di integrare la mammografia e
l'ecografia per individuare la recidiva di malattia
che può essere sospettata ma non rilevata con
mezzi convenzionali.
Ruolo della RMI nello screening: la risonanza
magnetica mammaria non è raccomandata come
indagine di screening nella popolazione
generale.
Uso clinico:
Stadiazione preoperatoria: la MRI mammaria
può fornire informazioni utili per definire le
dimensioni del tumore, la presenza o l’assenza
di malattia multifocale o multicentrica, così
come l'infiltrazione della parete toracica o del
muscolo pettorale. E 'stato ben documentato
che la MRI definisce l'estensione anatomica
della malattia con maggiore precisione rispetto
alla mammografia. Molti studi hanno dimostrato
che la MRI è in grado di rilevare focolai
supplementari di cancro del seno inizialmente
Chi deve sottoporsi a RMI mammaria
preoperatoria?
Tutte le pazienti con una nuova diagnosi di
cancro al seno dovrebbero probabilmente
sottoposti a un esame MRI bilaterale in fase
preoperatoria. Ci sono diverse ragioni per questa
affermazione. In primo luogo, l'alto tasso di
carcinoma controlaterale giustifica l'uso di
routine di RMN bilaterale. Inoltre, per le
18
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
pazienti con una vera malattia multicentrica la
terapia appropriata può essere fatta preoperatoriamente.
Allo stato attuale, la MRI mammaria è da
considerarsi tecnica da impiegare solo a
integrazione della mammografia e dell’ecografia.
Il mancato rispetto delle indicazioni riportate in
letteratura, oltre a ostacolare il corretto iter
diagnostico, rischia di creare false aspettative da
parte delle donne e inutili e costose richieste di
controlli a distanza di tempo. Dovrebbero
sottoporsi a MRI mammaria le pazienti con
sospetta multicentricità, mammelle molto dense
alla mammografia o alto rischio di carcinoma
(es. BRCA positivo).


Le indicazioni principali sono:
 studio di donne a rischio genetico o elevato
rischio familiare per carcinoma mammario:
l’associazione della MRI agli esami tradizionali
permette di identificare un discreto numero di
tumori non altrimenti riconoscibili.
 ricerca di carcinoma primitivo occulto
metastatico, di sospetta origine mammaria,
quando gli esami tradizionali siano negativi
(CUP syndrome).
 ricerca di multicentricità, multifocalità,
bilateralità, in caso di lesioni maligne già
diagnosticate con tecniche tradizionali e candidate a intervento chirurgico conservativo.
 monitoraggio delle lesioni mammarie trattate
con chemioterapia neoadiuvante preoperatoria
(definizione più precisa delle dimensioni della
lesione
residua
differenziandola dalle
componenti necrotica e fibrotica).
 follow-up della mammella sottoposta a
chirurgia conservativa e/o a radioterapia,
qualora gli esami tradizionali pongano dubbi
nella diagnosi differenziale tra recidiva e
cicatrice non risolvibili con il prelievo
cito/istologico.
 valutazione di donne con protesi. La MRI è
la tecnica più efficace per studiare lo stato
delle protesi (integrità, contrattura capsula
fibrosa, dislocazione, migrazione di silicone).
In letteratura sono riportati valori di
sensibilità e di specificità > 75% nel riconoscimento della rottura protesica. La MRI
permette inoltre di valutare le regioni
“nascoste” dalla protesi in mammografia e in
ecografia (parete toracica).
valutazione di mammelle di difficile
interpretazione alle tecniche tradizionali e
discrepanza tra differenti approcci diagnostici, in particolare in casi di difficile (o
rifiutato) approccio bioptico.
guida per prelievi cito/istologici di lesioni
evidenziabili solo con MRI: avendo disponibilità dei nuovi apparati di guida dedicati,
associati all’uso di bobine di superficie e di
aghi e/o guide amagnetiche è possibile
l’esecuzione di biopsie cito-microistologiche e
di centrature preoperatorie. A tale proposito,
nell’impossibilità alla guida RM e in caso di
second-look US negativo in lesioni
evidenziabili solo alla risonanza, si suggerisce
un controllo RM dopo tre mesi.
Controindicazioni sono gli eventi flogistici
non differenziabili dalle alterazioni a carattere
maligno e, tutte le controindicazioni alla RM
(pace maker, placche metalliche, ecc.).
(F.O.Ca.M 2006)
RUOLO DELLA MEDICINA NUCLEARE
Nella diagnostica senologica la Medicina
Nucleare ha recentemente conquistato un ruolo
determinante; ciò è avvenuto nel caso della
ricerca del linfonodo sentinella e della
localizzazione radioguidata delle lesioni occulte
della mammella (ROLL e SNOLL). Per la PET, e
soprattutto per la PET-CT, esistono oramai
evidenze importanti di utili applicazioni
soprattutto nella ricerca di tumori primitivi e di
metastasi (la sensibilità è molto elevata per lesioni
del diametro superiore ai 5 mm) grazie anche alla
panoramicità di tale metodica e al contributo
informativo che reciprocamente PET e CT
forniscono.
19
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
RUOLO
GICA
DELL'ANATOMIA
PATOLO-
2) Lesioni non palpabili (riscontro casuale in
occasione di mammografia effettuata in
programmi di screening o per altre ragioni): in
presenza di lesioni non palpabili e con
caratteristiche dubbie o sospette alla
mammografia o all’ecografia (opacità nodulari,
aree
ipoecogene
uniche,
distorsioni
parenchimali, cluster di microcalcificazioni) il
prelievo con ago per la valutazione
citoistologica deve essere eseguito sotto guida
ecografica (escluse le microcalcificazioni) o
radio-stereotassica. In tutti i casi in cui la
lesione, anche se scoperta dalla mammografia,
è apprezzabile con ecografia mirata e si è certi
che l’immagine ecografica corrisponda a
quella mammografica, il prelievo ecoguidato è
da preferire a quello radiostereotassico in
quanto più semplice, più rapido, meno
costoso e meglio accettato dalla donna.
3)Nell’ambito delle lesioni non palpabili, il
prelievo con procedure “vacuum assisted”
(mammotome), da eseguire sotto guida
stereotassica, trova indicazione elettiva nei
cluster isolati di microcalcificazioni. In casi
particolari (ad es. cluster multipli di
microcalcificiazioni)
la
scelta
della
metodologia va discussa e concordata
all’interno del team multidisciplinare. La scelta
della metodologia (prelievo ecoguidato o
radiostereotassico con agoaspirato o con
agobiopsia) spetta comunque all’operatore
sulla base delle caratteristiche del singolo caso
tendendo conto delle preferenze della
paziente che deve essere adeguatamente
informata e dare il proprio consenso al
trattamento.
4) Secrezioni dal capezzolo: nei casi in cui la
secrezione sia l’unico segno clinico, l’esame
citologico è indicato se la secrezione è
ematica, siero-ematica o trasparente, specie se
monolaterale e monoduttale. La prevalenza di
tumore maligno in presenza di ogni altro tipo
di secrezione e in assenza di altri reperti clinici
è irrilevante.
5) Contenuto di cisti: l’esame è indicato in
La necessità di razionalizzare i protocolli di
terapia e ottimizzare i programmi di screening e
di diagnosi precoce del carcinoma della
mammella ha reso necessario, negli ultimi anni,
integrare con modalità multidisciplinari le varie
metodologie diagnostiche, definendo degli
standard riproducibili sia per le procedure che
per la nomenclatura. La diagnostica anatomopatologica, che riveste un ruolo centrale nella
corretta gestione della paziente, è diventata
sempre di più un elemento integrato in un
contesto anatomoclinico multidisciplinare di cui è
indispensabile conoscere tutti i risvolti per gestire
con il massimo dell’efficacia ed efficienza il
percorso diagnostico-terapeutico della paziente.
Ruolo dell'esame citologico
La valutazione cito-istologica costituisce l’ultimo
passaggio del triplo-test al fine di meglio definire
la
diagnosi
delle lesioni
clinicamente,
mammograficamente o ecograficamente dubbie,
sospette o positive.
Viene eseguito su: secrezioni del capezzolo,
contenuto di cisti, materiale da apposizione/abrasione di lesioni erosive del capezzolo,
agoaspirato di tumefazioni solide palpabili o non
palpabili (CP: citologia percutanea).
Indicazioni al prelievo con ago e scelta della
metodologia:
1) Lesioni palpabili (dubbio-sospetto clinico): in
caso di lesioni palpabili il prelievo con
agoaspirato o agobiopsia e successiva
valutazione citoistologica consente quasi
sempre di arrivare alla diagnosi di natura
benigna o maligna. Di norma l’agoaspirato,
meno invasivo e meno costoso, costituisce
l’indagine di prima scelta. Nelle lesioni
palpabili ove è previsto un trattamento
medico neoadiuvante deve essere preferita
l’agobiopsia (core-biopsy) per una migliore e
più precisa caratterizzazione biomolecolare.
20
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
presenza di liquido ematico o siero-ematico.
La prevalenza di cancro in presenza di altro
tipo di contenuto è irrilevante.
6) Lesioni erosive del capezzolo: l’esame è
indicato ogni qual volta si ponga il minimo
sospetto di Malattia di Paget.
7) Tumefazioni solide: l’esame è indicato in
presenza di qualsiasi tumefazione la cui ipotesi
diagnostica non sia di benignità certa.
L’accertamento diagnostico di II livello
prevede l’esecuzione di un esame citologico
e/o istologico della lesione.
Ruolo dell'esame microistologico, agobiopsia o biopsia percutanea
Il prelievo per via percutanea di un frammento di
tessuto mediante ago (biopsia percutanea)
permette l’analisi di tipo istologico della lesione,
la conoscenza della sua eventuale invasività e di
alcuni parametri biologici a fronte di un basso
numero di inadeguati. I risultati attesi sono
influenzati dal tipo di lesione (nodo o
calcificazioni), dal calibro dell’ago e dal numero
dei frustoli prelevati; in ogni caso è sempre da
tener presente, ai fini della corretta pianificazione
chirurgica e terapeutica, che nel 10-30% dei casi
con diagnosi microistologica di carcinoma in situ
la successiva exeresi chirurgica rivela la presenza
di carcinoma invasivo.
Il prelievo con ago deve essere eseguito sotto
guida ecografica o radiostereotassica; in alcuni
centri è anche possibile eseguire il prelievo sotto
guida MRI. In tutti i casi in cui la lesione, anche
se scoperta con la mammografia, risulti
riconoscibile con ecografia mirata e vi sia
certezza che l’immagine ecografica corrisponda a
quella mammografica, è preferibile il prelievo
ecoguidato perché più semplice, più rapido, più
gradito dalla paziente e meno costoso. Posta
l’indicazione al prelievo con ago, la metodica da
usare in prima istanza per ottenere ulteriori
informazioni diagnostiche dovrebbe essere nella
maggior parte dei casi la CP (meno invasiva e
meno costosa) riservando la BP ai casi rimasti
senza risposta diagnostica (C1-C3, discrepanza
tra radiologo e patologo) e ai casi nei quali siano
necessarie informazioni che la citologia non può
dare (invasività).
La scelta tra l’esame citologico o istologico
dipende dalle caratteristiche cliniche della lesione.
L’esame CITOLOGICO viene effettuato:
1) su materiale prelevato da secrezioni spontanee
del capezzolo;
2)
su
materiale
prelevato
mediante
agoaspirazione con ago sottile (FNA) sotto guida
ecografica di lesioni cistiche o solide della
mammella. Tale procedura bioptica consente di
esaminare al microscopio le cellule prelevate
dalla lesione e di classificarle secondo cinque
categorie diagnostiche come proposto nelle
“European guidelines for quality assurance in
mammography screening” ma non esclude che il
referto possa essere anche espresso in modo
descrittivo conciso:
C1: materiale insufficiente o inadeguato per
diagnosi.
C2: lesione benigna: Se tale diagnosi concorda
con il dato clinico e strumentale si conclude
l’iter terapeutico della paziente.
C3: atipia, più probabilmente benigna: Tale
diagnosi prevede in genere la successiva
esecuzione di agobiopsia.
C4: sospetto di malignità: questo comporta la
successiva esecuzione di agobiopsia.
C5: lesione maligna: in questo caso è
necessario l’intervento chirurgico però preceduto
da una agobiopsia per consentire una ulteriore
tipizzazione.
Indicazioni al prelievo con ago e scelta della
metodologia
1 - Lesioni palpabili (dubbio-sospetto clinico): in
caso di lesioni palpabili il prelievo con
agoaspirato o l’agobiopsia e successiva
valutazione citoistologica consente quasi
sempre di arrivare alla diagnosi di natura
benigna o maligna. Si preferisce la core-biopsy
in quanto consente una più precisa
21
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA

tipizzazione della neoplasia con fattori
indispensabili per effettuare la radioterapia
intraoperatoria quando indicata.
2 - Lesioni non palpabili (riscontro casuale in
occasione di mammografia effettuata in
programmi di screening o per altre ragioni). In
presenza di lesioni non palpabili con
caratteristiche dubbie o sospette alla
mammografia o all’ecografia (opacità
nodulari, aree ipoecogene uniche, distorsioni
parenchimali, cluster di microcalcificazioni) il
prelievo con ago per la valutazione
istologica deve essere eseguito sotto guida
ecografica (escluse le microcalcificazioni) o
radiostereotassica. In tutti i casi in cui la
lesione, anche se scoperta dalla mammografia,
è apprezzabile con ecografia mirata e si è certi
che l’immagine ecografica corrisponda a
quella mammografica, il prelievo ecoguidato è
da preferire a quello radiostereotassico in
quanto più semplice, più rapido, meno
costoso e meglio accettato dalla donna.
Nell’ambito delle lesioni non palpabili, il
prelievo con procedure “vacuum assisted”
(mammotome), da eseguire sotto guida
stereotassica, trova indicazione elettiva nei
cluster isolati di microcalcificazioni. In casi
particolari (ad es. cluster multipli di
microcalcificiazioni)
la
scelta
della
metodologia va discussa e concordata
all’interno del team multidisciplinare. La
scelta
della
metodologia
(prelievo
ecoguidato
o
radiostereotassico
con
agoaspirato o con agobiopsia) spetta
comunque all’operatore sulla base delle
caratteristiche del singolo caso e anche tenuto
conto delle preferenze della paziente che deve
comunque essere adeguatamente informata e
dare il proprio consenso al trattamento.

.AGOBIOPSIA
con
ASPIRAZIONE
AUTOMATICA (vacuum-assisted) in caso di
micro calcificazioni non associate a nodulo,
mammograficamente rilevate, effettuata sotto
guida ecografica o, più’ comunemente,
stereotassica.
La refertazione istologica preoperatoria prevede
cinque categorie diagnostiche, analoghe ma non
sovrapponibili a quelle citologiche:
Tessuto fibroadiposo o mammario normale:
in questo caso è necessaria la valutazione
multidisciplinare per stabilire se la diagnosi
possa essere considerata rappresentativa della
lesione.
B2: Lesione benigna: se tale diagnosi concorda
con il dato clinico e strumentale si conclude
l’iter terapeutico della paziente.
B3: Lesione sospetta: è particolarmente
importante la valutazione multidisciplinare
che sceglie tra l’avvio della paziente alla
biopsia escissionale chirurgica o il follow-up
strumentale.
B4: Lesione sospetta: questa categoria
diagnostica, infrequente nell’istologia preoperatoria, comporta l’invio della paziente a
intervento chirurgico con esame istologico
intraoperatorio (estemporanea) sulla lesione.
B5: Lesione neoplastica maligna: la paziente
va all’intervento chirurgico con precise
informazioni sulle caratteristiche della
neoplasia.
Diagnosi sul materiale chirurgico
Si tratta dell’esame istologico che viene
effettuato:
 durante l’intervento chirurgico mediante
l’esame in estemporanea nel caso di nodulo
sospetto con diagnosi preoperatoria C4 o B4,
per stabilire la natura della lesione, l’esame del
linfonodo sentinella per escludere la presenza
di macrometastasi e la valutazione macroscopica dei margini di resezione.
 dopo l’intervento chirurgico sul pezzo
L’esame ISTOLOGICO viene effettuato su
frustoli di tessuto prelevati dalla lesione
mediante:
AGOBIOPSIA (tru-cut) effettuata sotto
guida ecografica o stereotassica.
22
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
operatorio allo scopo di fornire la stadiazione
della malattia e i parametri biologici prognostici e predittivi necessari per il successivo
trattamento della paziente.

Esame intraoperatorio al criostato (limiti)
Nelle lesioni non palpabili l’esame intraoperatorio al criostato (esame estemporaneo) è in
genere sconsigliato a meno che all’esame macroscopico non si rilevi nodulo neoplastico di
diametro superiore a 1 cm.

Nelle lesioni palpabili l’estemporanea è
sconsigliata qualora il nodulo neoplastico sia
di piccole dimensioni (<1 cm).

Nel sospetto di una lesione papillare,
soprattutto se di piccole dimensioni, è
ugualmente sconsigliabile l’esame intraoperatorio al criostato, poiché esso potrebbe
pregiudicare l’interpretazione delle successive
sezioni definitive.

L’esame estemporaneo effettuato random
sui margini di resezione è inappropriato
perché scarsamente affidabile (sensibilità della
procedura pari al 70%).





za in questo tipo di chirurgia è particolarmente utile, per eseguire un intervento che
lasci una cicatrice meno visibile possibile e che
preveda un rimodellamento ghiandolare tale
da non lasciare esiti.
Il numero di interventi di chirurgia
diagnostica va minimizzato al massimo.
Per le biopsie chirurgiche “open” il
rapporto fra benigni e maligni non
dovrebbe eccedere 0,5/1.
Nel 95% dei casi il chirurgo dovrà
rimuovere la lesione non palpabile, bersaglio
dell’intervento chirurgico, durante il primo
intervento.
La diagnosi istologica delle lesioni
mammarie dovrebbe essere fatta sempre in
fase preoperatoria e successivamente sul
pezzo operatorio definitivo.
Scopo della diagnosi preoperatoria è di:
 Formulare la diagnosi di natura della lesione.
 Evitare il ricorso all’intervento chirurgico nelle
lesioni benigne.
 Consentire di pianificare il tipo di intervento
chirurgico, la tecnica e i tempi operatori.
 Consentire di programmare specifici provvedimenti terapeutici: l’esame istologico
preoperatorio permette di stabilire se un
carcinoma è in situ o infiltrante, indica
l’istotipo (duttale o lobulare) della neoplasia e
il suo grado di differenziazione. Tali
parametri, unitamente allo stato dei recettori
estrogenici, sono indispensabili per effettuare
una eventuale chemioterapia neoadiuvante o
di effettuare una radioterapia intraoperatoria
(IORT) quando vi siano le indicazioni.
 Valutare quando possibile i principali markers
biologici prognostici (assetto recettoriale,
indici di proliferazione, sovraespressione del
c-erb) prima dell’intervento chirurgico,
indispensabili in caso di chemioterapia
neoadiuvante.
Ruolo dell'esame bioptico (exeresi
chirurgica) – chirurgia diagnostica
La maggioranza delle lesioni, sia palpabili che
non palpabili (oltre il 70%), deve avere una
diagnosi citologica o istologica prima
dell’intervento
chirurgico.
Quindi
gli
interventi di chirurgia diagnostica dovrebbero
essere ridotti al minimo. Proprio per la sua
finalità diagnostica questo tipo di chirurgia
deve avere delle caratteristiche particolari:
La lesione in chirurgia diagnostica andrà
asportata con margini grossolanamente liberi,
repere integro con il minimo quantitativo di
tessuto sano asportato attorno.
Il peso del pezzo anatomico non
dovrebbe eccedere i 30 g nella maggior
parte (90%) dei casi.
È opportuno valutare il tipo di
incisione, possibilmente con l’apporto del
c hirurgo plastico-ricostruttore, la cui presen23
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
Modalità di preparazione e invio del
campione operatorio
Il rispetto di alcune semplici norme concernenti
la preparazione e l’invio del pezzo operatorio in
Anatomia Patologica è importante sia per una
corretta esecuzione dell’esame istologico, che per
la determinazione mediante indagini immunoistochimiche e/o molecolari dell’insieme dei
fattori biopatologici essenziali per una
impostazione prognostico-terapeutica.
necessari tre reperi.
• La suddivisione in livelli dello svuotamento
ascellare è facoltativa. Nel caso si desideri tale
informazione, i tre livelli vanno segnalati con
medagliette o altri reperi posti all’apice dello
svuotamento e nei punti di passaggio con i
livelli sottostanti, o inviati in contenitori
distinti.
• In tutti i casi il pezzo operatorio deve essere
accompagnato dal modulo di richiesta
interamente compilato (modulo di colore
arancio se estemporanea, di colore bianco se
pezzo operatorio). In particolare l’anamnesi
senologica deve segnalare precedenti patologie
note e interventi chirurgici mammari,
trattamenti ormonali, radioterapici e/o
chemioterapici in corso o pregressi.
Preparazione del campione operatorio
• Evitare di sezionare il campione chirurgico, ciò
potrebbe, infatti, pregiudicare l’orientamento
del pezzo, la valutazione delle dimensioni della
neoplasia e la diagnosi stessa.
• Nel caso di semplice biopsia di nodulo
palpabile di cui si richieda l’esame
estemporaneo per poi procedere all’intervento
radicale (conservativo o mastectomia), il
posizionamento di reperi non è necessario.
• Nel caso si proceda direttamente all’intervento
definitivo di tipo conservativo (tumorectomia,
quadrantectomia), sia che si richieda o meno
l’esame estemporaneo al criostato, è
necessario porre dei reperi per l’orientamento
del pezzo. Allo scopo possono essere utilizzati
sia fili di diversa lunghezza che clips
metalliche. In presenza di cute che identifichi
il margine superficiale, i reperi da porre sono
due, mentre in assenza di cute ne sono
necessari tre.
• Nel caso di biopsia di lesione non palpabile è
necessario allegare sempre i radiogrammi del
pezzo operatorio, eseguiti e repertati dal
radiologo, per facilitare e guidare il
campionamento. Si ricorda che l’uncino
metallico utilizzato per marcare la lesione non
è da considerarsi un repere.
• Nel caso di mastectomia non è necessario il
posizionamento di reperi a meno che il
materiale ascellare non sia inviato separatamente, nel qual caso è opportuno segnalare
il prolungamento ascellare, o in caso di
mastectomia sottocutanea in cui sono
CLASSIFICAZIONE ISTOLOGICA
La classificazione anatomo-patologica del tumore
della mammella secondo WHO 2003 è stata
rivista recentemente e la classificazione WHO
2012 prevede i tipi istologici sotto riportati. Il
carcinoma invasivo o infiltrante di tipo non
specifico (NST), comunemente noto come
carcinoma duttale di tipo non specifico,
comprende il gruppo più ampio di carcinomi
invasivi della mammella (70%-80%) e
rappresenta una entità non facilmente definibile
poiché comprende un gruppo eterogeneo di
tumori che non presentano caratteristiche
sufficienti per poterli classificare come tipi
istologici specifici (così come avviene invece per
il carcinoma lobulare o il tubulare).
Lesioni proliferative intraduttali
Sono un gruppo di proliferazioni differenti da un
punto di vista citologico e architetturale che
originano dall’unità duttulo-lobulare terminale e
sono associate a un aumentato rischio, sebbene di
diversa entità, per lo sviluppo di un successivo
carcinoma infiltrante. Tradizionalmente si
riconoscono le seguenti categorie: iperplasia
duttale usuale (UDH), atipia epiteliale piatta,
24
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
iperplasia duttale atipica (ADH) e carcinoma
duttale in situ (DCIS), la cui distinzione
istopatologica può risultare difficoltosa. Studi
clinici hanno indicato che queste lesioni
proliferative intraduttali sono associate a diversi
livelli di rischio per lo sviluppo successivo di
carcinoma mammario infiltrante, che vanno da
1,5 volte rispetto a quello della popolazione di
riferimento per l’iperplasia duttale usuale (UDH),
a 3-5 volte per l’iperplasia duttale atipica (ADH),
a 8-10 volte per il carcinoma duttale in situ
(DCIS). Studi immunofenotipici e molecolari
hanno fornito inoltre nuove informazioni
indicando che la nozione di progressione lineare
da epitelio normale a iperplasia, iperplasia atipica,
carcinoma in situ e carcinoma infiltrante è troppo
semplicistica e che ci sono intercon-nessioni più
complesse tra queste varie lesioni proliferative
intraduttali e il carcinoma infiltrante. Questi dati
hanno suggerito che:
 l’iperplasia duttale usuale (UDH) presenta
scarse similitudini con la maggior parte dei
casi di iperplasia duttale atipica (ADH), DCIS
o carcinoma infiltrante;
 l’iperplasia duttale atipica (ADH) presenta
molte similitudini con il DCIS a basso grado;
 il DCIS a basso grado e il DCIS ad alto grado
sembrano rappresentare disordini geneticamente distinti che portano a forme distinte di
carcinomi infiltranti;
 l’atipia epiteliale piatta rappresenta una lesione
clonale neoplastica con caratteristiche
morfologiche, immunoistochimiche e molecolari dell’ADH e del DCIS a basso grado.
viene classificato pertanto nel contesto delle
neoplasie duttali intra-epiteliali (DIN).
La classificazione distingue:
 DIN 1a (lesione piatta con atipie).
 DIN1b (iperplasia intraduttale atipica).
 DIN 1c (estesa iperplasia intraduttale atipica,
DCIS di basso grado nucleare).
 DIN2 (DCIS di grado nucleare intermedio).
 DIN3 (DCIS di alto grado nucleare).
Il maggior numero di casi si osserva nelle pazienti
di età compresa tra i 40 e 60 anni. Circa l’80-90%
delle lesioni non è palpabile ed è riconoscibile
solo con la mammografia. Il quadro mammografico è prevalentemente caratterizzato dalla
presenza di microcalcificazioni.
Neoplasia lobulare
Comprende le lesioni epiteliali atipiche che
originano dall’unità duttulo-lobulare terminale
caratterizzate da una proliferazione di piccole
cellule non coese con o senza coinvolgimento
pagetoide dei dotti terminali. La distinzione tra
iperplasia lobulare atipica (ALH) e carcinoma
lobulare in situ (LCIS) si basa sull’estensione
della lesione proliferativa. Il carcinoma lobulare
in situ classico è diagnosticato quando più della
metà degli acini di una unità lobulare sono distesi
e distorti dalla proliferazione di cellule non coese
con nuclei piccoli e uniformi. Più recentemente è
stata individuata una variante di LCIS pleomorfo,
caratterizzato da pleomorfismo nucleare marcato
con o senza caratteristiche apocrine e
comedonecrosi.
La neoplasia lobulare costituisce un fattore di
rischio e non un precursore obbligatorio per lo
sviluppo successivo di carcinoma infiltrante della
mammella (sia duttale che lobulare), ma solo in
una minoranza di donne e dopo lungo follow up.
Nella classificazione WHO 2003 era stata
proposta la terminologia di Neoplasia Lobulare
Intra-epiteliale (LIN) proprio per enfatizzare la
loro natura non invasiva; in base a criteri
morfologici
e
all’outcome
clinico,
la
classificazione WHO del 2003 proponeva la
Questi dati supportano la nozione che l’atipia
epiteliale piatta, l’ADH e tutte le forme di DCIS
rappresentino delle “neoplasie intraepiteliali”. E’
stato pertanto proposto nel 2001 da Tavassoli et
al. di rimpiazzare la terminologia tradizionale
delle lesioni proliferative intraduttali con quella di
Neoplasia Duttale Intraepiteliale (DIN, Ductal
Intraepitelial Neoplasia), riservando il termine
“carcinoma” ai tumori infiltranti. Il carcinoma
intraduttale, nella classificazione di Tavassoli,
25
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
seguente definizione di LIN, con suddivisione in
tre gradi:
 LIN1: iperplasia lobulare atipica.
 LIN2: carcinoma lobulare in situ classico.
 LIN3: carcinoma lobulare in situ con necrosi
centrale, o pleomorfo, o a cellule ad anello
con castone.
chimica) o amplificato, qualsiasi valore di
attività proliferativa.
 HER-2 positivi (non luminali): HER-2
sovraespresso (score 3+ alla reazione di
immunoistochimica) o amplificato (FISH o
altre metodiche) ed entrambi i recettori ormonali negativi.
 “Basal like” (triplo negativi): assenza di
espressione dei recettori ormonali e negatività
di HER-2. La corrispondenza tra il fenotipo
“triplo negativo” individuato su base
immunoistochimica
e
il
sottogruppo
intrinseco “basal like” individuato su base
genica, esiste solo nell’80% circa dei casi, a
dimostrazione ulteriore dell’estrema eterogeneità presente all’interno di questi
sottogruppi. All’interno del sottogruppo
“triplo negativo” sono compresi alcuni istotipi
speciali come il carcinoma midollare tipico e il
carcinoma adenoide-cistico, a basso rischio di
ripresa. Analisi retrospettive hanno associato i
quattro sottotipi a differenze in sopravvivenza
libera da malattia, sedi di ripresa di malattia e
sopravvivenza globale. Sono neoplasie
caratterizzate dall’assenza di espressione dei
recettori ormonali e di HER-2 e da una
aumentata espressione delle citocheratine
(mioepiteliali) basali (CK5/6 e CK 17).
All’interno di questi sottotipi esiste un’elevata
eterogeneità. Alla luce delle nuove conoscenze
patologiche e molecolari vi è una definizione di
ulteriori sottotipi di carcinoma mammario.
Recentemente è stato ad esempio identificato, un
altro sottogruppo di neoplasie con assenza di
espressione dei recettori ormonali e di HER2, ma
con markers di cellule staminali, bassa
espressione di claudine (proteine di giunzione
cellulo-cellulari) e infiltrato linfocitario di
accompagnamento alla crescita tumorale, definito
“claudin low” e caratterizzato da cattiva
prognosi. Inoltre, un’analisi dell’espressione
genica di 587 carcinomi mammari triplo negativi
ha permesso di identificare ben sei differenti
sottotipi contraddistinti da una diversa biologia
molecolare e da un diverso comportamento
Tuttavia, la terminologia proposta di Neoplasia
Lobulare Intraepiteliale (LIN) non è ancora oggi
ampiamente accettata.
CLASSIFICAZIONE
PROFILI GENICI
MOLECOLARE
-
Il carcinoma della mammella è una malattia
eterogenea e pazienti con tumori apparentemente
simili per caratteristiche clinicopatologiche
possono presentare un decorso clinico diverso.
In seguito alle indagini di biologia molecolare
sono stati individuati quattro sottotipi di
carcinomi invasivi, considerati gruppi immunofenotipici di rilevanza clinica con implicazioni
terapeutiche importanti. Essi sono:


“Luminali A”: neoplasie con espressione dei
recettori ormonali, a prognosi favorevole,
caratterizzate da recettori ormonali positivi,
HER-2 negativo e bassa attività proliferativa
(di cui fanno parte frequentemente alcuni
istotipi speciali quali carcinoma tubulare,
carcinoma lobulare tipo classico).
“Luminali B”: neoplasie che, pur
possedendo l’espressione dei recettori
ormonali, hanno un rischio di recidiva elevato
a causa dell’elevato indice proliferativo
correlato ad alta espressione dei geni di
proliferazione;
o Luminali B/HER2 negativi: recettori
ormonali positivi, HER-2 negativo e alta
attività proliferativa.
o Luminali B/HER2 positivi: recettori
ormonali positivi, HER-2 sovraespresso
(score 3+ alla reazione immunoisto-
26
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
clinico: basal like 1 e 2 (BL1 e BL2),
immunomodulatory (IM), mesenchymal (M),
mesenchymal stem-like (MSL) e luminal
androgen receptor (LAR). La creazione di linee
cellulari derivanti di ciascun sottotipo ha poi
permesso di mostrare una diversa sensibilità agli
agenti chemioterapici e alle terapie target. Nella
pratica clinica, la valutazione immunoistochimica
dello stato dei recettori ormonali, del Ki-67 e di
HER-2, permette di identificare i 4 sottogruppi
fenotipici di carcinoma mammario che
presentano una “relativa” corrispondenza con le
4 categorie derivate dai profili di espressione
genica.
CLASSIFICAZIONE
SISTEMA TNM
SECONDO
rivisto dall’American Joint Commitee on Cancer
(AJCC-settima edizione). Rispetto all’edizione del
2002, in questa ultima versione vengono date
indicazioni più precise sui metodi di misurazione
clinica e patologica del tumore:
- raccomandando che tutti i carcinomi invasivi
siano valutati usando il grading istologico
combinato di Nottingham (sistema di grading di
Scarff-Bloom-Richardson modificato da Elston
ed Ellis);
- fornendo una più chiara definizione di “cellule
tumorali isolate (CTI) ” a livello dei linfonodi
(CTI, piccoli raggruppamenti di cellule tumorali
non superiori a 0,2 mm, oppure raggruppamenti
non confluenti o poco confluenti di non più di
200 cellule in una singola sezione istologica
linfonodale);
- suddividendo lo stadio I in stadio IA e IB: lo
stadio IB include tumori fino a 2 cm (T1) con
micrometastasi nei linfonodi (N1mi).
IL
L’estensione della malattia viene descritta con
criteri classificativi tradizionali e il sistema TNM
è il più frequentemente adottato. Dal gennaio
2010 è in uso il sistema di classificazione TNM
Classificazione AJCC 2009 (settima edizione)
Tumore primitivo (T):
Tx Tumore primitivo non definibile
T0 Non evidenza del tumore primitivo
Tis Carcinoma in situ:
 Tis (DCIS) Carcinoma duttale in situ
 Tis (LCIS) Carcinoma lobulare in situ
 Tis (Paget) Malattia di Paget del capezzolo non associata con carcinoma invasivo e/o in situ nel
parenchima mammario sottostante
T1 Tumore della dimensione massima fino a 2 cm.
T1mi Microinvasione della dimensione massima di 0,1 cm.
T1a Tumore dalla dimensione compresa tra 0,1 cm e 0,5 cm.
T1b Tumore dalla dimensione compresa tra 0,6 cm e 1,0 cm.
T1c Tumore dalla dimensione compresa tra 1,1 cm e 2,0 cm.
T2 Tumore superiore a 2,0 cm ma non superiore a 5,0 cm nella dimensione massima.
T3 Tumore superiore a 5,0 cm nella dimensione massima.
T4 Tumore di qualsiasi dimensione con estensione diretta alla parete toracica e/o alla cute.
(ulcerazione o noduli cutanei))
T4a Estensione alla parete toracica (esclusa la sola aderenza/invasione del muscolo pettorale).
T4b Ulcerazione della cute e/o noduli cutanei satelliti ipsilaterali e/o edema della cute (inclusa
cute a buccia d’arancia) che non presenta i criteri per definire il carcinoma infiammatorio.
T4c Presenza contemporanea delle caratteristiche di T4a e T4b T4d: carcinoma infiammatorio).
27
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
Linfonodi regionali (N):
Nx Linfonodi regionali non valutabili (ad esempio, se precedentemente asportati)
N0 Linfonodi regionali liberi da metastasi.
N1 Metastasi nei linfonodi ascellari omolaterali mobili (livello I-II).
N2 Metastasi nei linfonodi ascellari omolaterali (livello I-II) che sono clinicamente fissi o fissi
tra di loro; o in linfonodi mammari interni omolaterali clinicamente rilevabili in assenza di
metastasi clinicamente evidenti nei linfonodi ascellari.
N2a Metastasi nei linfonodi ascellari omolaterali (livello I-II) fissi tra di loro o ad altre strutture.
N2b Metastasi solamente nei linfonodi mammari interni omolaterali clinicamente rilevabili e in
assenza di metastasi clinicamente evidenti nei linfonodi ascellari (livello I-II).
N3 Metastasi in uno o più linfonodi sottoclaveari omolaterali (livello III ascellare) con o senza
coinvolgimento di linfonodi ascellari dei livelli I-II; o nei linfonodi mammari interni omolaterali
clinicamente rilevabili (4) in presenza di metastasi nei linfonodi ascellari livello I-II clinicamente
evidenti; o metastasi in uno o più linfonodi sovraclaveari omolaterali con o senza
coinvolgimento dei linfonodi ascellari o mammari interni.
N3a Metastasi nei linfonodi sottoclaveari omolaterali.
N3b Metastasi nei linfonodi mammari interni e ascellari.
N3c Metastasi nei linfonodi sovraclaveari.
Metastasi a distanza (M):
Mx Metastasi a distanza non accertabili.
M0 Non evidenza clinica o radiologica di metastasi a distanza.
cM0(i+) Non evidenza clinica o radiologica di metastasi a distanza, ma depositi di cellule
tumorali evidenziati mediante biologia molecolare o microscopicamente nel sangue, midollo
osseo o in altri tessuti diversi dai linfonodi regionali, di dimensioni non superiori a 0,2 mm in
una paziente senza segni o sintomi di metastasi
M1 Metastasi a distanza evidenziate mediante classici esami clinici e radiologici e/o
istologicamente dimostrate di dimensioni superiori a 0,2 mm.
Il p (postoperatorio)
pT Tumore primitivo.
La classificazione patologica del tumore primitivo corrisponde a quella clinica.
pN Linfonodi regionali.
pNx i linfonodi regionali non possono essere definiti (ad esempio: non sono stati prelevati o sono stati
rimossi in precedenza).
pN0 non metastasi nei linfonodi regionali identificate istologicamente (aggiungere “sn” se la
classificazione è basata sul linfonodo sentinella senza la dissezione ascellare).
Nota: si definiscono cellule tumorali isolate (isolated tumor cell, ITC) piccoli aggregati di cellule non più
grandi di 0,2 mm o singole cellule tumorali o un piccolo raggruppamento di cellule con meno di 200
cellule in una singola sezione istologica. Le cellule tumorali isolate possono essere evidenziate con i
metodi istologici tradizionali o con metodi immunoistochimici. I linfonodi contenenti solo cellule
tumorale isolate sono esclusi dalla conta totale dei linfonodi positivi ai fini della classificazione N, ma
dovrebbero essere inclusi nel numero totale dei linfonodi esaminati.
 pN0 (i-) non metastasi nei linfonodi regionali all’istologia (con colorazione standard ematossilina
eosina), negativa la reazione immunoistochimica.
28
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
 pN0 (i+) presenza di ITC nei linfonodi regionali non superiori a 0,2 mm (evidenziate con
ematossilina-eosina o alla reazione immunoistochimica).
 pN0 (mol-) non metastasi nei linfonodi regionali istologicamente accertate, RT- PCR (real timepolymerase chain reaction) negativa.
 pN0 (mol+) RT-PCR positiva ma non metastasi nei linfonodi regionali all’istologia o alla reazione
immunoistochimica.
pN1 Micrometastasi; o metastasi in 1-3 linfonodi ascellari omolaterali; e/o metastasi nei linfonodi
mammari interni omolaterali rilevate con biopsia del linfonodo sentinella ma non clinicamente rilevabili.
pN1mi Micrometastasi (di dimensioni superiori a 0,2 mm e/o più di 200 cellule, ma non più grandi di 2
mm).
pN1a Metastasi in 1-3 linfonodi ascellari, includendo almeno una metastasi delle dimensioni massime
superiori a 2 mm.
pN1b Metastasi nei linfonodi mammari interni con metastasi microscopiche o macroscopiche rilevate
con la biopsia del linfonodo sentinella ma non clinicamente rilevabili.
pN1c Metastasi in 1-3 linfonodi ascellari e nei linfonodi mammari interni con metastasi microscopiche o
macroscopiche rilevata con la biopsia del linfonodo sentinella ma non clinicamente rilevabili.
pN2 Metastasi in 4-9 linfonodi ascellari omolaterali; o in linfonodi mammari interni omolaterali
clinicamente rilevabili (7) in assenza di metastasi nei linfonodi ascellari.
pN2a Metastasi in 4-9 linfonodi ascellari, includendo almeno una localizzazione tumorale delle
dimensioni massime superiori a 2 mm.
pN2b Metastasi clinicamente rilevabili (7) nei linfonodi mammari interni in assenza di metastasi nei
linfonodi ascellari.
pN3 Metastasi in 10 o più linfonodi ascellari omolaterali; o in linfonodi sottoclavicolari (livello III
ascellare) omolaterali; o metastasi clinicamente rilevabili (7) nei linfonodi mammari interni omolaterali in
presenza di metastasi in uno o più linfonodi ascellari positivi livello I-II; o metastasi in più di 3 linfonodi
ascellari e nei linfonodi mammari interni con metastasi microscopiche o macroscopiche evidenziate con
biopsia del linfonodo sentinella ma non clinicamente rilevabili; o metastasi nei linfonodi sovraclaveari
omolaterali.
(1) I carcinomi nel parenchima mammario associati con malattia di Paget sono classificati in base al diametro e alle
caratteristiche della malattia parenchimale, sebbene debba essere annotata la malattia di Paget.
(2) La sola invasione del derma non permette la classificazione del tumore come T4.
(3) Il carcinoma infiammatorio è caratterizzato da alterazioni cutanee tipiche che coinvolgono un terzo o più della cute
mammaria. La evidenziazione istologica di invasione tumorale dei linfatici del derma supporta la diagnosi ma tale caratteristica
NON è richiesta per la diagnosi di carcinoma infiammatorio. L’invasione tumorale dei linfatici del derma senza caratteristiche
cliniche tipiche NON è sufficiente per una diagnosi di carcinoma mammario infiammatorio.
(4) Clinicamente rilevabili: rilevati mediante studi di diagnostica per immagini (esclusa la linfoscintigrafia) o mediante esame
clinico e con caratteristiche altamente sospette per malignità o presunta macrometastasi patologica in base ad agoaspirato con
ago sottile ed esame citologico.
(5) Non clinicamente rilevabile: non rilevabile mediante esami di diagnostica per immagini ((esclusa la linfoscintigrafia) o
mediante esame clinico.
(6) RT-PCR: reverse transcriptase/polymerase chain reaction. Sono stati effettuati studi con tecniche di biologia molecolare del
linfonodo sentinella, le quali permettono in base ad analisi di RT-PCR quantitativa l’individuazione di micro e macrometastasi.
L’impatto prognostico di tali risultati per la definizione della terapia oncologica deve essere ancora validato.
(7) Clinicamente rilevabile: rilevato mediante studi di diagnostica per immagini (esclusa linfoscintigrafia) o mediante esame
clinico e con caratteristiche altamente sospette di malignità o presunta macrometastasi patologica sulla base di una aspirazione
con ago sottile ed esame citologico.
29
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
In questa settima edizione del TNM, viene inoltre sottolineato come:
 la terminologia DIN (ductal intraepithelial neoplasia), comprendente sia DCIS che ADH (iperplasia
duttale atipica) non sia ampiamente accettata e come solo i casi riferiti a DIN contenenti DCIS (±
ADH) siano classificati come Tis (DCIS);
 la terminologia LIN (lobular intraepithelial neoplasia), comprendente sia LCIS che ALH (iperplasia
lobulare atipica) non sia ampiamente accettata e come solo i casi riferiti a LIN contenenti LCIS (±
ALH) siano classificati come Tis (LCIS).
In alcuni centri viene attualmente utilizzata una metodica molecolare per l’analisi del linfonodo sentinella in
toto, indicata come One Step Nucleic Acid amplification (OSNA) che si basa sulla analisi della presenza di
RNA per la CK18 espressa elettivamente dai carcinomi mammari. OSNA definisce 3 categorie diagnostiche:
OSNA-: linfonodo negativo e con presenza di livelli di RNA riconducibili a “cellule tumorali isolate. OSNA+:
presenza di micrometastasi.
OSNA++: presenza di macrometastasi. Il valore diagnostico di tale test è stato provato in alcuni studi.
STADIO
Stadio 0
Tis
N0
M0
Stadio I A
T1**
N0
M0
Stadio I B
T0
N1 mi
Stadio IIA
T1**
T0
N1 mi
N
T1**
1*
T
*
Stadio IIB
T2
2
N1
N
Stadio IIIA
T3
T0
N0
1*
N2
*
N2
N
N2
0
N1
N0
N2
T1*
*
Stadio IIIB
T2
T4
T3
M0
M0
M0
M0
T4
T3
T4
N1
Stadio IIIC
Ogni T
N3
M0
Stadio IV
Ogni T
Ogni N
M1
N2
** I tumori T0 e T1 con sole micrometastasi linfonodali, sono esclusi dallo stadio II A e classificati come
stadio I B.
- M0 comprende M0(i+).
- La designazione pM0 non è valida; qualsiasi M0 dovrebbe essere clinica.
30
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
- Se una paziente si presenta con M1 prima di una terapia sistemica neoadiuvante, lo stadio è considerato IV
e rimane IV indipendentemente dalla risposta alla terapia neoadiuvante.
- La designazione di stadio può cambiare se esami diagnostici per immagine rivelano la presenza di
metastasi a distanza, a condizione che siano stati eseguiti entro quattro mesi dalla diagnosi in assenza di
progressione di malattia e che la paziente non abbia ricevuto terapia neoadiuvante.
- I prefissi “yc” e “yp” indicano la classificazione dopo terapia neoadiuvante. Nessun gruppo di stadio è
assegnato nel caso di ottenimento di una risposta completa patologica (ad esempio ypT0N0 cM0).
FATTORI PROGNOSTICI
Esistono fattori validati che si sono dimostrati
essere importanti dal punto di vista prognostico e
utili nella scelta del tipo di trattamento quali:
 dimensioni del tumore: è difficile definire
un valore soglia al di sotto o al di sopra del
quale il tumore possa essere considerato a
cattiva o a buona prognosi, fatta eccezione
per i tumori molto piccoli. Tuttavia, anche
nei tumori pT1a e pT1b la valutazione del
rischio non può prescindere dal considerare
gli altri parametri prognostici, quali lo stato
dei linfonodi ascellari, i fattori biologici (Ki67, stato dei recettori ormonali, stato di
HER2, grading) e l’età della paziente.
 stato dei linfonodi ascellari: dovrebbe
essere considerato come una variabile
continua e valutato insieme agli altri fattori
prognostici. I risultati dello studio MIRROR
hanno evidenziato come la presenza di
cellule isolate o di micrometastasi nei
linfonodi regionali si associa, in assenza di
terapie adiuvanti, a una peggiore
sopravvivenza libera da malattia.
 grado istologico
 attività proliferativa (Ki-67)
 tipo istologico: gli istotipi tubulari,
midollare, adenoide cistico, apocrifo, in
assenza di interessamento linfonodale e di
altri segni di aumentato rischio metastatico
hanno una prognosi favorevole.
 invasione vascolare: l’invasione vascolare
(definita come presenza di chiari segni di
invasione
in
almeno
dieci
campi
microscopici) non è universalmente accettata




31
come fattore prognostico ma in diversi studi
è stata riportata essere predittiva di una
peggiore sopravvivenza libera da riprese e
sopravvivenza globale nelle pazienti N- e
con altri fattori di rischio quali il grado
istologico, le dimensioni del tumore e lo
stato dei recettori ormonali.
stato di HER-2: la sovraespressione di
HER-2 all’immunoistochimica o l’amplificazione genica di HER-2, presenti in circa il
15%-20% dei carcinomi mammari, rappresentano un consolidato fattore prognostico e
un fattore predittivo di risposta ai farmaci
anti-HER-2 (ad esempio, trastuzumab,
lapatinib, pertuzumab) e verosimilmente di
resistenza al tamoxifene.
stato dei recettori ormonali: è importante
definire lo stato sia dei recettori estrogenici
che progestinici e riportare la percentuale
delle cellule positive che deve essere valutata
come una variabile quantitativa continua.
Esiste una relazione tra i livelli dei recettori e
i benefici ottenuti con i trattamenti ormonali
sia nella malattia metastatica che nel setting
adiuvante e neoadiuvante. Pertanto i tumori
con elevati livelli di recettori sono quelli che
hanno maggiori probabilità di beneficiare di
una terapia ormonale anche se molti altri
fattori possono influenzare l’ormonoresponsività dei tumori come lo stato di HER-2, il
grado istologico e il Ki67.
età della paziente: (< 35 anni: prognosi
peggiore)
dimensioni del tumore: è difficile definire
un valore soglia al di sotto o al di sopra del
quale il tumore possa essere considerato a
cattiva o a buona prognosi, fatta eccezione
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA



per i tumori molto piccoli. Tuttavia, anche
nei tumori pT1a e pT1b la valutazione del
rischio non può prescindere dal considerare
gli altri parametri prognostici, quali lo stato
dei linfonodi ascellari, i fattori biologici (Ki67, stato dei recettori ormonali, stato di
HER2, grading) e l’età della paziente.
stato dei linfonodi ascellari: dovrebbe
essere considerato come una variabile
continua e valutato insieme agli altri fattori
prognostici. I risultati dello studio MIRROR
hanno evidenziato come la presenza di
cellule isolate o di micrometastasi nei
linfonodi regionali si associa, in assenza di
terapie adiuvanti, a una peggiore
sopravvivenza libera da malattia.21
grado istologico: un grado istologico
elevato (G3) è considerato un fattore
prognostico sfavorevole a differenza di un
grado istologico basso (G1). Più difficile è la
valutazione di un grado istologico
intermedio (G2). Analizzando il profilo
genico (97 geni) del grado istologico
intermedio (test non ancora disponibile per
un uso routinario) si è visto che spesso il G2
viene riclassificato come G3 o G1.
attività proliferativa: l’attività proliferativa
misurata con il Ki-67 labeling index
(percentuale di nuclei di cellule tumorali che
si colorano con l’anticorpo per la proteina
Ki-67 codificata dal gene KI67) è oggi un
fattore prognostico riconosciuto.
sintomi e/o segni di malattia sistemica nelle
pazienti a basso rischio di recidiva (stadio I-II).
Nelle pazienti a più alto rischio di recidiva (stadio
III) o con segni clinici o di laboratorio sospetti
per la presenza di localizzazioni secondarie è
indicata una stadiazione strumentale completa:
TC del torace, ecotomografia o TC o RMN
epatica e scintigrafia ossea. L’utilizzo della PET o
PET/TC non è indicato nella stadiazione del
carcinoma mammario in stadio clinico I-II in
considerazione dell’alto tasso di falsi negativi in
presenza di lesioni piccole (<1 cm) e/o di basso
grado, della bassa probabilità di locazioni
secondarie in questi stadi e dell’alta percentuale di
falsi positivi. La FDG PET/TC può essere
utilizzata come approfondimento in tutte le
situazioni in cui gli esami di stadiazione standard
risultino equivoci e sospetti .
La risonanza magnetica mammaria non è
raccomandata come indagine mandatoria di
complemento a mammografia ed ecografia
mammaria in pazienti con diagnosi di carcinoma
mammario. La MRI mammaria è considerata la
metodica più sensibile per la valutazione del
tumore residuo dopo chemioterapia neoadiuvante e viene utilizzata come metodica
integrata nella diagnosi differenziale tra cicatrice
e recidiva, nella ricerca di carcinoma occulto e
nella stadiazione locoregionale (multicentricità,
multifocalità, infiltrazione del muscolo pettorale e
interessamento dei linfonodi regionali).
RUOLO DELLA
ALLA PAZIENTE
ESAMI RICHIESTI PER LA STADIAZIONE
COMUNICAZIONE
Scopo dell’informazione è fornire alle pazienti
gli strumenti per comprendere le motivazioni, le
potenzialità e i rischi delle procedure
diagnostico-terapeutiche proposte dai curanti
allo scopo di poter partecipare in prima persona
alle decisioni. Obiettivo ulteriore dell’informazione è aumentare l’aderenza alle procedure
diagnostico-terapeutiche.
A seguito della diagnosi di tumore maligno, un
intervento chirurgico, sia esso conservativo o
L’esame obiettivo, un emocromo completo e un
profilo biochimico completo andrebbero eseguiti
in tutte le pazienti con tumore della mammella
operato al fine di verificarne l’idoneità a ricevere
il trattamento programmato e a escludere o
accertare la coesistenza di comorbidità.
Una stadiazione preoperatoria con esami
strumentali non è raccomandata in assenza di
32
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
demolitivo del seno, costituisce per la donna
un'esperienza psicologicamente traumatica e
attiva meccanismi psichici di rifiuto e di
negazione che rischiano di creare distorsione e
confusione nelle informazioni ricevute. I sanitari
necessitano di un'informazione comunicativa
relazionale che permetta loro di conoscere le
dinamiche in gioco, stare meglio nella relazione e
indirizzare le donne alla scelta del percorso
terapeutico.
Condizioni essenziali perché il processo di
promozione della salute si svolga correttamente
sono la partecipazione e il coinvolgimento attivo
delle pazienti soprattutto in questo delicato
contesto; la disponibilità di informazione da
parte del cittadino assume un valore maggiore e
allo stesso tempo qualitativamente differente
soprattutto oggi con il diffuso accesso a
informazioni
sanitarie.
Questo
accesso
all'informazione è ciò che garantisce al paziente
la possibilità di partecipare in modo attivo e
consapevole alla gestione della propria salute. E’
attorno a questa centralità infatti che ruota la
possibilità da parte del soggetto di scegliere tra
un numero crescente di opzioni terapeutiche
soprattutto in campo della oncologia senologica.
La paziente dovrà essere pertanto edotta sulla
patologia della quale è affetta così come sulle
varie
alternative
rispetto
all’intervento
chirurgico, le sue conseguenze e sui tempi di
attesa. È auspicabile che tali informazioni
possano essere fornite anche per iscritto alla
paziente tramite un consenso informato
dettagliato e personalizzato che la paziente avrà
tempo di leggere a casa nell’attesa dell’inizio del
percorso.
Anche se molte donne possono essere eligibili
per eseguire un intervento conservativo, vari
fattori (non ultimo la scelta del paziente)
possono portare alcune donne a chiedere al
chirurgo di eseguire altre procedure. Ove
possibile, alle pazienti deve essere offerta una
scelta consapevole tra interventi conservativi e
mastectomia con o senza rico-struzione.
Sarebbe auspicabile che al colloquio del
chirurgo con la paziente fossero presenti anche
altre figure professionali facenti parte del
gruppo multidisciplinare comprendente anche
una figura esperta di psicooncologia.
Un ambiente adeguato deve essere disponibile.
• La diagnosi va comunicata alla paziente il prima
possibile.
• La paziente deve iniziare il trattamento entro 4
settimane dalla diagnosi.
• La strategia terapeutica dovrebbe essere
comunicata alla paziente da un clinico dopo
l’incontro del gruppo multidisciplinare.
• Un’infermiera dedicata deve essere presente per
aiutare la paziente a capire e darle un supporto psicologico.
• Ogni paziente deve essere dettagliatamente
informata sul percorso diagnostico e terapeutico
e le deve essere concesso tempo sufficiente per
poter prendere una decisione
RUOLO DELLA CHIRURGIA
E’ importante che il chirurgo assicuri che si
abbiano tutti i dati necessari sull'intervento
chirurgico per potere decidere la terapia
adiuvante sistemica o la radioterapia successiva
alla chirurgia. E’ altresì importante evitare
l’eccesso di trattamento chirurgico nelle donne
portatrici di lesioni a prognosi favorevole. Tutti i
chirurghi coinvolti nel trattamento del carcinoma
della mammella devono essere a conoscenza del
fatto che sono disponibili differenti scelte di
trattamento da adottare per ogni donna.
Ogni donna, d’altronde, dove essere edotta dal
chirurgo sulle diversi possibilità terapeutiche e sui
risultati che con le diverse opzioni si ottengono
in termini di estetica, sopravvivenza, ripresa
locale e a distanza della malattia e, ove possibile,
deve poter scegliere il tipo di trattamento
chirurgico che ritiene più consono sulla base di
fattori personali che possono variare da caso a
caso. Qualsiasi intervento chirurgico deve essere
preceduto da un accertamento citologico o
33
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
istologico (agoaspirato o agobiopsia) della
lesione, poiché ci consente una programmazione
chirurgica più appropriata.
I risultati di studi clinici randomizzati hanno
riportato tassi di sopravvivenza simili nelle
donne trattate con chirurgia conservativa rispetto
alle donne trattate con mastectomia. Tuttavia
tutti questi studi avevano criteri di inclusione
legati esclusivamente alle dimensioni del tumore
(<2,5 cm). Al momento attuale a guidare la
scelta è il rapporto fra dimensione della
neoplasia e dimensione del seno tenendo
sempre fisso il criterio che la rimozione del
tumore debba ottenere margini liberi di
resezione e un risultato esteticamente accettabile.
Molto importante è la motivazione della donna a
conservare il proprio seno. Il trattamento di
scelta in epoca di diagnosi precoce dovrà essere
prevalentemente conservativo nella maggior
parte dei casi.
Gli interventi conservativi dovranno essere il
70-80% di tutti gli interventi. La valutazione
preoperatoria accurata della dimensione e
l'estensione del tumore è essenziale per decidere
l’indicazione al tipo di intervento. Metodi di
routine per valutare l'estensione della malattia
sono l'esame clinico, la mammografia e
l’ecografia anche se in un numero significativo
di casi, la reale portata della malattia è
sottovalutata, in particolare con il carcinoma
lobulare infiltrante. Un uso selettivo della
risonanza magnetica può essere utile nella
pianificazione del trattamento chirurgico
soprattutto per le lesioni in situ, microcalcificazioni diffuse e neoplasie multicentriche
anche in pazienti non BRCA1 o BRCA2
positive.
La scelta dell’intervento chirurgico è un
passaggio fondamentale del percorso terapeutico.
La responsabilità di tale scelta è del chirurgo,
in prima istanza, e del radioterapista, i quali
dopo aver ascoltato il parere di tutti i
componenti del gruppo multidisciplinare
dovranno valutare tutti gli elementi per decidere
indicazioni e controindicazioni al trattamento
chirurgico e radiante. In particolare si sottolinea
che la percentuale di re-interventi non dovrebbe
eccedere il 10%. Nello specifico la percentuale di
pazienti con carcinoma invasivo puro che riceve
un solo intervento alla mammella per il tumore
primario (esclusa la ricostruzione) dovrà essere
come minimo dell’80% con un obiettivo del
90%. Nei pazienti con carcinoma in situ la
percentuale potrà essere del 70% con obiettivo
del 90%.
La presenza del chirurgo plastico ricostruttore
in sala operatoria, sia per interventi su patologia
benigna che maligna, è auspicabile specialmente
in
quegli
interventi
che
richiedano
rimodellamenti complessi (interventi sui
quadranti inferiori o interni) e obbligatoria in
caso di posizionamento di protesi (mastectomia
radicale con ricostruzione immediata). Dalla
collaborazione delle due figure di chirurgo
oncologo e ricostruttore nasce la scelta
dell’incisione cutanea, la strategia del
rimodellamento ghiandolare e i tempi operatori.
Tali decisioni vanno programmate in fase
preoperatoria e documentate con fotografie,
disegni, ecc.
34
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
TIPOLOGIE DI INTERVENTI SULLA MAMMELLA
Biopsia mammaria
La biopsia deve consentire la caratterizzazione
istopatologica e biologica della neoplasia; deve essere
possibilmente escissionale. L’escissione bioptica deve
avvenire attraverso un’incisione cutanea che deve tener
conto della eventuale successiva incisione per l’intervento
definitivo.
La resezione mammaria limitata consiste nell’asportazione
di una piccola porzione di tessuto mammario comprendente il
tumore; nelle forme superficiali può essere associata l’asportazione di una porzione di cute soprastante la neoplasia per la
verifica della possibile infiltrazione cutanea.
Resezione mammaria ampia (tumorectomia allargata)
Per resezione ampia, o tumorectomia allargata, si intende
l’asportazione di una porzione di tessuto mammario
comprendente il tumore e un margine non inferiore al
centimetro di parenchima circostante macroscopicamente
sano.
La Quadrantectomia o resezione parziale della mammella è
una tecnica chirurgica che prevede l’asportazione limitata della
ghiandola per le pazienti affette da neoplasia che può produrre
una perdita di sostanza che frequentemente rischia di deformare
permanentemente la mammella rimasta.
L’obiettivo della Quadrantectomia mammaria è di migliorare la
qualità della vita delle donne evitando una mutilazione estetica
del seno e riducendo così l’impatto psicologico negativo, senza
aumentare il rischio di recidiva locale.
L’approfondimento dell’incisione deve avere una direzione a
tronco di piramide rovesciata con la base sulla fascia
muscolare. L’asportazione del parenchima mammario deve
comunque includere i dotti compresi fra il tumore e il
capezzolo.
35
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
Mastectomia radicale modificata
Il termine definisce l’asportazione della ghiandola mammaria e di una losanga di cute soprastante
comprendente areola e capezzolo (mastectomia semplice).
Mastectomia Skin Nipple Sparing (NAC sparing mastectomy)
Il termine inglese “Nipple sparing mastectomy (NAC)” indica una mastectomia con risparmio del
complesso areolo-capezzolo, evitando la mutilazione della mastectomia radicale e riducendo notevolmente
l'impatto psicologico negativo, senza inficiare la radicalità oncologica.
Possono beneficiare di questo tipo di intervento pazienti affette da estese neoplasie infiltranti o non
infiltranti, situate in sedi non prossime alla zona centrale della mammella. Questa tecnica è indicata in
pazienti con mammelle di dimensioni medio-piccole con neoplasie di diametro fino a 2 cm per le quali non
vi è indicazione a un trattamento chirurgico conservativo per la sproporzione del rapporto dimensione
mammella/dimensione neoplasia. Sono inoltre candidate a questo tipo di intervento pazienti che, pur
essendo suscettibili di terapia chirurgica conservativa, non posso essere sottoposte a radioterapia (pazienti
con collagenopatie o sottoposte a pregresse radioterapie sulla parete toracica), pazienti che richiedano
espressamente questo tipo di intervento per evitare il rischio di recidiva locale, pazienti ad alto rischio di
sviluppare un tumore mammario (portatrici di mutazione dei geni BRCA 1/2 o con diagnosi precedente di
lesioni pre-cancerose come l’iperplasia atipica) e pazienti con carcinoma lobulare in situ. La radioterapia,
quando necessaria, può essere erogata intraoperatoriamente oppure nei giorni successivi all’intervento.
È in corso uno studio che valuta l’impatto di questa tecnica chirurgica sulla qualità di vita delle
pazienti e sulla ricaduta locale di malattia. Requisito importante per la conservazione del complesso areolacapezzolo è la negatività microscopica intraoperatoria per neoplasia del tessuto retro-areolare.
36
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
Mastectomia totale con asportazione di
entrambi i muscoli pettorali (intervento di
Halsted).
Il termine radicale non è più impiegato oggi in
quanto il concetto di radicalità va considerato un
obiettivo sia della chirurgia demolitiva che di
quella conservativa. Questo intervento trova oggi
raramente indicazioni se non per lesioni estese alla
parete toracica.
Chirurgia oncoplastica
La chirurgia oncoplastica è una disciplina
relativamente giovane nata per coniugare le
necessità di una corretta chirurgia oncologica
(ampi margini di resezione, valutazione dei
linfonodi del cavo ascellare ecc.) con il rispetto
della cosmesi finale, al fine di garantire la
cenestesi fisica e psicologica della donna
operata al seno.
Tali procedure avvengono durante lo stesso
intervento e la paziente operata per carcinoma
mammario si avvantaggia di una cosmesi
completamente ricostituita sin dal postoperatorio. La chirurgia oncoplastica è una
disciplina ad alta specializzazione che coniuga i
principi della chirurgia oncologica con le
migliori tecniche di chirurgia plastica
garantendo risultati ottimali in termini di
controllo di malattia e cosmesi.
Diversi principi di chirurgia generale e di
tecniche di chirurgia oncoplastica, risultano
utili per migliorare il risultato estetico della
chirurgia conservativa del seno senza peraltro
rinunciare a ottenere un ampio margine
chirurgico di resezione mammaria. Queste
tecniche di chirurgia oncoplastica fondamentali
sono facilmente insegnate a, e utilizzate da
chirurghi con esperienza in chirurgia del seno
di routine.
preoperatorio è il repere metallico. La guida
per il centraggio della lesione verrà scelta in
base alla metodica con cui è stata eseguita la
biopsia diagnostica (mammografica se il
prelievo è stato eseguito su guida
mammografica, ecografica se il prelievo è stato
eseguito su guida ecografica).
È auspicabile che il chirurgo in sala operatoria
possa disporre:

delle radiografie complete della paziente (in
duplice proiezione, compresa la laterale)
prima del posizionamento del repere;

delle radiografie della paziente dopo
posizionamento del repere in duplice
proiezione, compresa la laterale;

del referto del radiologo senologo, relativo
alla mammografia e al posizionamento del
repere. Nel 90% dei casi la lesione non
dovrà essere distante dalla punta del repere
più di 1 cm. Il repere dovrà
preferenzialmente essere posizionato il
giorno prima o, meglio, il giorno stesso
dell’intervento chirurgico.
Trattamento chirurgico delle microcalcificazioni e delle lesioni non palpabili
Vengono trattate chirurgicamente quelle
microcalcificazioni che presentano caratteri
radiologici dubbi o sospetti, preferibilmente
dopo microbiopsia stereotassica probativa per
carcinoma o iperplasia atipica. Previo posizio-
La biopsia diagnostica e reperaggio della
lesione
La metodica migliore per il centraggio
37
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
namento di repere (metallico o polvere di
carbone) si procede alla exeresi dell’area
contenente il “cluster” di microcalcificazioni o
l'opacità non palpabile segnalate dal repere.
Asportata la zona di parenchima ghiandolare è
necessaria la radiografia del pezzo chirurgico per
la verifica dell’avvenuta asportazione delle
microcalcificazioni o dell'opacità nodulare.
L’exeresi può essere eseguita sia in anestesia
locale che generale a seconda della preferenza
dell’operatore e delle possibilità organizzative
della struttura ove l’intervento chirurgico viene
eseguito. Il pezzo operatorio deve essere
orientato dal chirurgo con almeno tre reperi.
Seguirà l’esame istologico definitivo del settore
asportato, previa marcatura dei margini. L'esame
istologico intraoperatorio non trova indicazione
nelle pazienti con microcalcificazioni, né nelle
pazienti con lesioni nodulari inferiori ai 5 mm, né
nelle pazienti con lesione non palpabile neppure
nel pezzo operatorio.
Per il reperaggio di lesioni non palpabili, nei
centri ove è possibile praticarlo, può essere presa
in considerazione la Roll (raioguided occult
lesion localization): questa tecnica innovativa
ideata per la localizzazione delle lesioni non
palpabili della mammella, prevede l’introduzione
di una soluzione contenente macroaggregati di
albumina umana coniugata con il TC99m
all’interno di un piccolo nodulo non palpabile o
all’interno di un'area di microcalcificazioni.
Mediante una sonda per la chirurgia radioguidata
(stessa sonda utilizzata per la localizzazione del
linfonodo sentinella), le lesioni di natura
tumorale
possono
essere
asportate
chirurgicamente in modo mirato conservando
l’integrità della mammella.
Per le opacità nodulari di diametro compreso fra
5 e 10 mm. Diventa derimente per la esecuzione
dell'esame
istologico
intraoperatorio,
la
palpabilità intraoperatoria e/o sul pezzo
chirurgico della lesione. Se l'esame istologico
definitivo risulterà negativo per carcinoma,
l’iter terapeutico può ritenersi concluso;
altrimenti si procederà all’intervento chirurgico
adeguato.
Dissezione ascellare
La dissezione ascellare eseguita in pazienti
con neoplasia della mammella ha i seguenti
scopi:
- asportare malattia locale;
- prevenire recidive ascellari;
- ottenere una corretta stadiazione della
neoplasia;
- pianificare il trattamento adiuvante.
Tradizionalmente il tipo di approccio
chirurgico all’ascella può essere suddiviso in
quattro interventi:
- linfonodo sentinella: asportazione del primo
linfonodo (o linfonodi) che riceve linfa
direttamente dal tumore primitivo, ovvero
di quel linfonodo che riceve direttamente
linfa dal tumore.
sampling
ascellare
(campionamento
linfonodale)
- dissezione di primo livello: asportazione dei
linfonodi lateralmente al margine del
muscolo piccolo pettorale
- dissezione di primo e secondo livello
- dissezione ascellare completa: asportazione
di tutti i linfonodi ascellari corrispondenti ai
3 livelli di Berg, con o senza asportazione
del muscolo piccolo pettorale.
Tutte le pazienti con carcinoma invasivo
debbono avere una stadiazione ascellare. Casi
particolari (pazienti anziani particolarmente
debilitate, piccole neoplasie tubulari o G1 o
casi similari) dovranno essere discussi in fase di
incontro multidisciplinare.
La scelta di queste metodiche dipende
da una parte dal tipo di informazioni
richieste,
dall’inquadramento
diagnostico
preoperatorio (TNM), dalla considerazione del
rischio chirurgico e delle sequele potenziali. La
presenza di metastasi ascellari è un fattore
prognostico determinante in un carcinoma
mammario operabile. Una
dissezione
38
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
ascellare appropriata è molto importante
per la prevenzione delle recidive linfonodali.
Per recidiva linfonodale si intende una ripresa
di malattia solo a livello ascellare e non include
una recidiva sovraclaveare.
L’uso di uno studio diagnostico appropriato
mediante ecografia e ago aspirato con ago
sottile può essere utile nel definire in fase
preoperatoria le pazienti con coinvolgimento
linfonodale. Se viene posta diagnosi di
metastasi linfonodale ascellare mediante FNA
occorre procedere a dissezione ascellare.
È auspicabile che il chirurgo segnali il tipo di
intervento eseguito in ascella e segnali al
patologo i vari livelli anatomici.
Non è chiaro quale debba essere il numero
ideale di linfonodi da asportare in una
dissezione ascellare, ma è universalmente
accettato che un buon centro debba avere
almeno 10 linfonodi in almeno il 90% degli
interventi di dissezione ascellare, con obiettivo
98%. Se la dissezione è efficace i livelli di
recidive ascellari debbono essere fra 3% e
5% a 5 anni. Comunque un buon centro di
chirurgia senologica non deve avere un tasso
di recidive ascellari superiore al 5% a 5 anni
con un obiettivo ideale inferiore al 3%.
Eccellente un livello di recidive ascellari del 5%
a 10 anni.
un’indicazione sufficiente.
Le controindicazioni all’esecuzione del
linfonodo sentinella sono le seguenti:
 tumori con T superiore a 5 cm (tumori con
T fra 3 e 5 cm vanno valutati caso per caso,
prendendo in esame ulteriori fattori clinici e
patologici);
 pazienti con neoplasia avanzata o con
carcinoma infiammatorio; linfonodi ascellari
clinicamente sospetti (in caso di linfonodi
palpabili ecograficamente patologici si può
ricorrere all’esame citologico tramite ago
aspirato eco guidato);
 Chemioterapia neoadiuvante;
 gravidanza (il radiotracciante è radioattivo e
il colorante vitale oltrepassa la barriera
placentare).
Multicentricità e multifocalità, un tempo
controindicazioni assolute, non vengono più
considerate tali, dal momento che la metodica
ha dato risultati di buona affidabilità. In tali
casi si ricorre alla marcatura in sede
periareolare. Maggiori
dubbi
vengono
espressi in casi di pregressa chirurgia
ascellare e di pregressa esecuzione di
interventi di chirurgia plastica maggiore (es.
mastoplastica riduttiva), anche se tali situazioni
non rappresentano una controindicazione
assoluta all’esecuzione di LS.
Non rappresentano inoltre controindicazione
quelle situazioni in cui una biopsia escissionale
abbia già rimosso la neoplasia o dopo
intervento di quadrantectomia con diagnosi
istologica di carcinoma infiltrante. In questi casi
l’inoculo del tracciante sarà eseguito per via
subdermica a livello della cicatrice del
pregresso intervento o in sede periareolare.
Indicazioni all’esecuzione del linfonodo
sentinella
Carcinomi Infiltranti della mammella di
diametro fino a 3 cm con linfonodi
ascellari clinicamente negativi o non
sospetti
La biopsia del linfonodo sentinella deve essere
sempre preceduta da un esame citologico da
una microbiopsia sulla neoplasia positiva o
fortemente indicativa per carcinoma (C5 o
diagnosi istologica di carcinoma infiltrante, B5).
Un esame citologico fortemente sospetto(C4)
con diagnosi radiologica o ecografia suggestiva
per carcinoma (R5, U5) può essere
Le indicazioni all’esecuzione del LS
nel Dcis:
DCis di alto grado
DCis di qualunque grado con diametro
superiore a 3 cm
Nella ricerca del linfonodo sentinella il gold
39
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
standard è rappresentato dalla metodica
combinata (colorante vitale e radioisotopo).
Non ci sono studi che permettono di
affermare che una metodica singola sia
superiore all’altra, anche se i dati complessivi
sembrano conferire una maggiore affidabilità
alla tecnica con radioisotopo. Si può affermare
che la confidenza del chirurgo con l’una o con
l’altra metodica sia un elemento essenziale nella
scelta della stessa. In ogni caso il chirurgo
esecutore deve avere per un numero di almeno
30 casi consecutivi il seguente standard
minimo:
 identificazione del LS superiore al 90%.
 percentuale di falsi negativi inferiore al
10% (altre raccomandazioni indicano nel
4% il limite massimo).
dati, è quello di non sottoporre la paziente a
dissezione ascellare.
La dissezione selettiva del linfonodo sentinella
(LS) è da considerare uno standard terapeutico
per le pazienti con carcinoma mammario stadio
clinico I-II e linfonodi clinicamente negativi o
con linfonodi clinicamente sospetti ma con
successivo agoaspirato negativo. Deve essere
effettuata da un team esperto.
E’ necessario riportare sempre: numero dei
linfonodi esaminati e numero dei linfonodi
metastatici. E’ opportuno specificare anche le
dimensioni delle metastasi (<2 mm, tra i 2 mm e
i 2 cm, >2 cm). Vengono considerate
micrometastasi quelle di grandezza compresa tra
0,2 mm e 2 mm. Se viene eseguita indagine
reazione immunoistochimica con citocheratina
si deve segnalare l’eventuale presenza di cellule
tumorali isolate: singole o piccoli gruppi di
cellule non più grandi di 0,2 mm In caso di
metastasi è necessario segnalare sempre
l’eventuale estensione al tessuto adiposo
ascellare, e se i linfonodi sono adesi tra loro o
ad altre strutture. Non è necessario distinguere i
livelli linfonodali, a meno che non siano stati
segnalati con reperi dal chirurgo o inviati
separatamente.
Lo scopo minimo assoluto dell’esame istologico
del linfonodo sentinella è quello di identificare
tutte le macrometastasi ed è ritenuta
importante
anche
l'identificazione
delle
micrometastasi, data la loro associazione con un
ulteriore coinvolgimento linfonodale.
L’esame intraoperatorio del linfonodo
sentinella consente prevalentemente una
diagnosi di macrometastasi,
sufficiente
comunque in molti casi a evitare un secondo
intervento metacrono per la dissezione
ascellare. Essa può essere ottenuta con esame
istologico o mediante citologia su imprinting. Si
pone come numero massimo di linfonodi
asportati accettabile per una procedura di LS il
numero di 4 linfonodi. Al di sopra di tale
numero si parlerà di sampling ascellare e il
patologo tratterà di conseguenza i pezzi
anatomici che gli giungeranno.
Attualmente non vi sono dati in letteratura che
permettano di avere un comportamento
univoco in caso di minima positività del LS. Si
raccomanda, nei casi particolarmente controversi in cui è possibile adottare schemi
terapeutici alternativi a quelli descritti (es.
radioterapia), di decidere caso per caso in fase
di discussione multidisciplinare.
 Se il linfonodo sentinella è positivo
(micrometastasi o macrometastasi)
l’orientamento attuale è quello di sottoporre
la paziente a dissezione ascellare.
 In caso di cellule tumorali isolate,
l’orientamento attuale, in attesa di ulteriori
Metastasi nel linfonodo sentinella: La dissezione
ascellare rimane a oggi indicata nel caso di
presenza di 1 o 2 linfonodi sentinella positivi
all’istologia, a meno che non siano intervenute
controindicazioni di carattere locale o sistemico
oppure la paziente rifiuti la dissezione
ascellare.
Micrometastasi nel linfonodo sentinella: in presenza di
micrometastasi nel linfonodo sentinella la
successiva dissezione ascellare potrebbe essere
40
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
omessa.
Biopsia del linfonodo sentinella nelle pazienti con
carcinoma mammario invasivo candidate sottoposte a
chemioterapia neoadiuvante : nelle pazienti con
carcinoma invasivo e linfonodi ascellari
clinicamente negativi candidate a chemioterapia
neoadiuvante, la dissezione selettiva del
linfonodo sentinella prima della chemioterapia
neoadiuvante (o primaria) potrebbe essere presa
in considerazione valutando ogni singolo caso e
discutendo tale opzione con la paziente in quanto
tale atteggiamento potrebbe evitare la dissezione
ascellare al momento della chirurgia, se il
linfonodo sentinella risultasse negativo. Nel caso
in cui la biopsia del linfonodo sentinella non
venga effettuata prima del trattamento
neoadiuvante, l’effettuazione della biopsia del
linfonodo sentinella dopo il completamento
della chemioterapia neoadiuvante non è
raccomandata oggi in considerazione del basso
tasso di rilevazione e dell’elevato tasso di falsi
negativi.
comprendono l’approccio conservativo (tendenzialmente
ampia
resezione
locale
o
quadrantectomia + radioterapia) e la mastectomia radicale modificata con eventuale ricostruzione immediata.
La terapia medica adiuvante ha lo scopo di
ridurre il rischio relativo di recidiva e di morte
per carcinoma mammario e mira pertanto ad
aumentare l’intervallo libero da malattia e la
sopravvivenza
globale
delle
pazienti.
L’opportunità di offrire un trattamento medico
adiuvante deve essere considerata nella maggior
parte delle pazienti: la riduzione del rischio di
recidiva e di morte, infatti, è presente sia nelle
pazienti con linfonodi negativi che in quelle con
linfonodi positivi, sebbene in queste ultime il
beneficio assoluto sia maggiore. La terapia
medica adiuvante deve essere di norma iniziata
entro 4-5 settimane dal completamento delle
procedure chirurgiche, anche se una recente
analisi retrospettiva conclude che solo una
latenza superiore a 12 settimane sembra avere
effetti negativi sull’efficacia del trattamento.
I fattori prognostici e predittivi considerati nella
pratica routinaria per la definizione della terapia
medica adiuvante sono lo stato dei linfonodi
ascellari, lo stato recettoriale, le dimensioni del
tumore primitivo, il grado istologico, l’età della
paziente, l’invasione vascolare peritumorale e
l’espressione/amplificazione di HER-2/neu.
Mentre nella precedente edizione della
Consensus Conference di St. Gallen tutte le
pazienti con linfonodi ascellari positivi erano
considerate ad alto rischio di ricaduta e le
categorie di rischio basso e intermedio si
applicavano solo alle pazienti con linfonodi
ascellari negativi, nell’ultima versione le pazienti
con l’interessamento di 1-3 linfonodi ascellari e
HER2/neu non iperespresso né amplificato
rientrano nel gruppo di rischio intermedio
(mentre tutte le altre pazienti con linfonodi
positivi sono considerate ad alto rischio di
ricaduta).
Tuttavia in alcuni casi selezionati e in
particolare per talune forme di T2> 2-3 cm,
La dissezione ascellare (con asportazione di
almeno 10 linfonodi per la valutazione patologica
accurata) è indicata:
- in presenza di linfonodi ascellari clinicamente
sospetti per metastasi;
- nel caso di mancato reperimento del linfonodo
sentinella;
- nei tumori T4 e nel carcinoma infiammatorio
Pur essendo la dissezione ascellare completa (III-III livello) considerata uno standard,
l’estensione al III livello deve avvenire solo in
caso di presenza di malattia macroscopica del II
livello.
RUOLO DELLE TERAPIE SISTEMICHE
Per la maggior parte delle donne con carcinoma
della mammella in fase iniziale, la terapia
chirurgica rappresenta il trattamento di elezione
allo scopo di ottenere un controllo locale della
malattia e le attuali opzioni chirurgiche
41
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
forme localmente avanzate e forme avanzate la
terapia primaria è quella medica (chemioterapia,
terapia endocrina), talora integrata con
radioterapia alle quali potrebbe seguire in un
secondo momento l’intervento chirurgico con
intervento radicale In alcuni casi molto
selezionati (malattia oligometastatica con tumore
primitivo in sede o con secondo primitivo
metacrono o con recidiva locale) è possibile il
successivo
coinvolgimento
del
gruppo
oncologico multidisciplinare per valutare
l’opzione chirurgica locale. Alla luce di quanto
detto distinguiamo pertanto varie fasi oncologiche terapeutiche.
della chemioterapia.
Terapia adiuvante e neoadiuvante
La terapia sistemica adiuvante deve essere presa
in considerazione dopo il trattamento
chirurgico in relazione alla significativa
riduzione del rischio di recidiva e di morte
ottenuta con la polichemioterapia, con la
terapia endocrina e con la terapia biologica
(Trastuzumab). I fattori prognostici e predittivi
nella pratica clinica standard per la definizione
della terapia medica adiuvante sono:
- fattori predittivi di risposta ai trattamenti
(ER, indice proliferativo, HER-2).
- lo stato dei linfonodi ascellari.
- le dimensioni del tumore primitivo.
- l’istotipo e il grado istologico.
- l’età della paziente.
- l’invasione vascolare peritumorale.
Fase di terapia medica primaria
Una volta presa visione del referto citologico
o istologico dell’agoaspirato o della biopsia,
del referto della diagnostica per immagini e
dell’esame clinico viene definito il programma di
un’eventuale terapia primaria in casi selezionati
come forme di T2 > 2-3 cm, forme localmente
avanzate e forme avanzate.
Accanto a questa definizione (fattori
prognostici e predittivi) i carcinomi
mammari vengono classificati secondo profili
di espressione genica in:
- Luminal A
- Luminal B
- HER-2
- Triple negative
Non essendo ancora possibile utilizzare i
profili genici nella pratica clinica, anche la
semplice valutazione con l’immunoistochimica
dei recettori per gli estrogeni e per il
progesterone, dello stato di HER-2 e del
Ki67, sembra essere in grado di supplire
parzialmente e in modo non completamente sovrapponibile alla classificazione dei tumori
nelle varie forme genomiche.
Fase di terapia medica post-chirurgica
Entro 2-3 settimane dall’intervento
chirurgico viene programmata un’eventuale
terapia adiuvante e/o l’inserimento immediato
nel programma di follow-up.
 La terapia medica adiuvante dovrebbe
preferibilmente essere iniziata entro cinque
settimane dal termine delle procedure
chirurgiche.
 Le pazienti possono essere sottoposte a
valutazione oncologica e radioterapica
congiunta (quelle non sottoposte IORT)
proprio in questa fase, al fine di consentire
una corretta programmazione del trattamento.
 Il trattamento radioterapico in assenza di
chemioterapia adiuvante inizierà entro 90
giorni dall’intervento chirurgico.
 Nel caso in cui le pazienti siano sottoposte a
chemioterapia adiuvante, il trattamento
radiante inizierà entro 30 giorni dal termine
Terapia endocrina adiuvante: Tamoxifene e
inibitori dell'Aromatasi
La terapia ormonale è indicata per le pazienti con
tumori endocrino responsivi e il Tamoxifene alla
dose di 20 mg per cinque anni è il trattamento di
prima scelta per le pazienti in premenopausa o
perimenopausa con diagnosi di carcinoma
mammario operato ER positivo e/o PgR
42
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
positivo indipendentemente dalle altre caratteristiche della neoplasia. Nelle pazienti candidate a
ricevere anche chemioterapia, la terapia ormonale
va iniziata solo al termine della chemioterapia.
Nelle donne in terapia con Tamoxifene deve
essere indagato con ecografia pelvica
transvaginale ogni sanguinamento vaginale, in
considerazione dell’aumentato rischio di
patologia neoplastica endometriale. Attualmente
gli inibitori dell’aromatasi, seppure in attesa di
dati di follow-up a lungo termine, rappresentano
uno standard terapeutico dell’ormonoterapia
nelle donne in postmenopausa e non solo nei
casi dove esistano controindicazioni assolute o
relative all’impiego del Tamoxifene (storia di
episodi
tromboembolici
e/o
malattie
cerebrovascolari e/o patologia endometriale).
Sulla base dei risultati di studi clinici
internazionali prospettici e randomizzati che
hanno coinvolto molte migliaia di pazienti, oggi
gli inibitori dell’aromatasi possono venire
utilizzati o da soli per 5 anni (Anastrozolo 1
mg/die) o in sequenza dopo 2-3 anni di terapia
con Tamoxifene e comunque per 5 anni
complessivi (Anastrozolo 1 mg/die o
Exemestane 25 mg/die) o dopo 5 anni di
Tamoxifene nelle pazienti ad alto rischio di
ricaduta e per altri 2-5 anni (Letrozolo 2,5
mg/die) . Anche il Letrozolo impiegato da solo
per 5 anni si è dimostrato superiore al
Tamoxifene , ma il suo impiego secondo questa
modalità è ancora in fase di approvazione nel
nostro paese. Nelle pazienti ultrasettantenni con
recettori ormonali positivi, l’ormonoterapia con
inibitori dell’aromatasi o Tamoxifene va
considerata, sebbene in assenza di solidi dati
sperimentali (carenti per questa fascia di età),
l’opzione prioritaria anche se i linfonodi ascellari
sono positivi, riservando la chemioterapia alle
pazienti con recettori negativi e in condizioni
generali adeguate.
Nelle pazienti che hanno completato cinque
anni di terapia con tamoxifene e che nel corso
del trattamento siano passate a uno stato
post-menopausale è possibile utilizzare per
altri cinque anni (per un totale di 10 anni di
terapia endocrina) gli inibitori dell’aromatasi
(AI) in una strategia definita “extended
therapy”. In questa fase è necessaria una
valutazione completa dello stato menopausale
con dosaggi ripetuti di FSH, LH, estradiolo e
progesterone per accertarsi nel modo più
accurato possibile dello stato di menopausa.
In post-menopausa il Tamoxifene può essere
somministrato per 2-3 anni seguito dagli inibitori
dell’aromatasi di terza generazione per 3-2 anni
(switch therapy) o può costituire una alternativa
alla terapia endocrina con inibitori dell’aromatasi
instaurata fin dall’inizio (strategia “upfront”) per
le pazienti che rifiutano gli AI o per le quali né è
controindicato l’uso. L’ablazione ovarica con LHRH analogo per almeno due anni è solitamente
preferita alla castrazione chirurgica, che va
considerata come una possibile alternativa.
L’ottenimento dell’amenorrea è un fattore
prognostico favorevole, e pertanto terapeutico,
nel carcinoma mammario operato endocrino
responsivo.
La durata ottimale di LH-RH analogo (in
aggiunta a tamoxifene) non è nota ma
comunque variabile da un minimo di due anni
a un massimo di cinque anni. Se si rende
necessario l’utilizzo di inibitori dell’aromatasi in premenopausa è necessario somministrare LH-RH analogo per tutta la durata del
trattamento con l’inibitore dell’aromatasi.
E’ stato segnalato un possibile beneficio
dell’ablazione ovarica nelle pazienti che
rimangono in premenopausa dopo la
chemioterapia: l’ablazione ovarica associata al
tamoxifene dopo la chemioterapia è ancora
oggi oggetto di studio e non va ancora
considerata come procedura standard seppur
può essere considerata in donne che
non
sono
in
amenorrea
dopo
chemioterapia, in rapporto a condizioni di
elevato rischio di recidiva. E’ possibile valutare
l’utilizzo di LH-RH analogo durante
chemioterapia per la prevenzione dell'
amenorrea indotta da chemioterapia nelle
43
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
pazienti più giovani e desiderose di maternità
anche se allo stato attuale delle evidenze non
esiste certezza alcuna che il trattamento
profilattico con LH- RH analogo e il
conseguente ripristino della funzione gonadica implichino necessariamente la possibilità di
mantenere la fertilità.
na per 4 cicli seguita da CMF 1-8 per 4 cicli;
diverse combinazioni di ciclofosfamide e 5fluorouracile con epirubicina o adriamicina), si
consiglia la combinazione FEC 75-100 (5fluorouracile 600 mg/m2, epirubicina 75-100
mg/m2 e ciclofosfamide 600 mg/m2 ogni 21
giorni per 6 cicli) oppure la terapia sequenziale
con epirubicina 100-120 mg/m2 ogni 3 settimane
per 4 cicli, seguita da CMF 1-8 (ciclofosfamide
600 mg/m2, metotrexate 40 mg/m2 e 5fluorouracile 600 mg/m2, somministrati per via
endovenosa al 1° e all’8° giorno, ogni 28 giorni)
per 4 cicli. Lo schema CMF 1-8 per 6 cicli, lo
schema CMF classico (come il precedente, ma
con la ciclofosfamide somministrata alla dose di
100 mg/mq/die per via orale dal 1° al 14° giorno)
e lo schema AC (adriamicina 60 mg/m2 e
ciclofosfamide 600 mg/m2 ogni 21 gg, per 4 cicli)
sono considerati inferiori ai precedenti e il loro
eventuale impiego va riservato a casi particolari
(CMF: pazienti oltre i 70 anni con recettori
ormonali negativi, pazienti con controindicazioni
all’uso di antracicline, pazienti che rifiutano in
modo assoluto un’alopecia completa;
AC:
pazienti in condizioni generali che controindicano
l’uso di schemi più tossici a tre farmaci e più
prolungati nel tempo). Nella scelta del regime di
chemioterapia, va comunque ricordato che i
vantaggi in termini assoluti di una chemioterapia a
base di antraciclina rispetto al CMF sono
proporzionali al rischio di ricaduta, per cui se
questo è basso il reale vantaggio può essere
minimo.
L’impiego dei taxani in associazione o in
sequenza con le antracicline è considerato una
valida alternativa terapeutica nelle pazienti con
linfonodi ascellari positivi, sulla base di almeno sei
studi randomizzati (tre che hanno impiegato il
paclitaxel e tre che anno impiegato il docetaxel).
Cinque di questi studi hanno dimostrato un
vantaggio a favore dei regimi contenenti taxani in
termini di sopravvivenza libera da malattia, tre
hanno dimostrato anche un vantaggio in termini
di sopravvivenza globale. L’impiego di regimi di
chemioterapia a elevata densità di dose o ad alte
Chemioterapia post-operatoria
Timing: la chemioterapia in generale
dovrebbe essere iniziata entro sei settimane
dall’intervento chirurgico anche se non c’è
accordo unanime sul timing ottimale.
Durata: 6-8 cicli di terapia sono considerati
ottimali; quattro cicli sono da considerarsi
subottimali.
Tipo:
- la polichemioterapia è superiore alla
monochemioterapia;
- regimi contenenti antracicline a tre farmaci
(E/A seguito da CMF e CEF) sono superiori
al CMF;
- regimi contenenti antracicline al di fuori di
E/A seguito da CMF e CEF (ovvero AC,
CAF, FAC, FEC) non hanno mai dimostrato
in studi di fase 3 randomizzati un vantaggio in
sopravvivenza globale;
- regimi contenenti antracicline e taxani sono
superiori in sopravvivenza libera da malattia e
sopravvivenza globale rispetto a regimi con
antracicline;
- il regime contenente taxani senza antracicline
(TC per 4 cicli) è da considerarsi regime
superiore in sopravvivenza globale e
alternativo ad AC per 4 cicli in uno studio
clinico randomizzato di fase 3.
La chemioterapia adiuvante va iniziata
possibilmente entro 4-5 settimane dal
completamento del trattamento chirurgico e deve
essere somministrata per almeno 4 mesi. La
polichemioterapia contenente antracicline risulta
superiore al solo CMF, tra i diversi schemi di
polichemioterapia
contenenti
antracicline
considerati equivalenti (adriamicina o epirubici-
44
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
dosi con supporto di cellule staminali autologhe
non trova indicazione al di fuori di studi clinici.
Lo schema CMF può essere riservato a pazienti
con controindicazioni a uso di antracicline e/o
a pazienti che rifiutano in modo assoluto un’
alopecia completa mentre va ricordata la
scarsa tollerabilità di questo regime di
trattamento per le pazienti anziane dove si
verificano numerose sospensioni del trattamento
per tossicità.
Diversi studi randomizzati (almeno 20) hanno
valutato il ruolo dei taxani somministrati in
sequenza o in combinazione con le antracicline
e confrontati con regimi contenenti antracicline
nella terapia adiuvante delle pazienti prevalentemente con interessamento dei linfonodi ascellari.
Un vantaggio significativo a favore dei taxani in
sopravvivenza libera da malattia è stato
evidenziato in almeno 12 studi mentre in tre
studi si è avuto un vantaggio significativo in
sopravvivenza globale. Una metanalisi di 13
studi randomizzati pubblicati o presentati ha
confermato che l’aggiunta dei taxani a un
regime contenente antracicline determina una
riduzione del rischio di ripresa di malattia di
circa il 17% e il rischio di morte di circa il 15%
con una riduzione assoluta a cinque anni
rispettivamente del 5% e del 3%. Questi benefici
sono indipendenti dallo stato dei recettori
estrogenici,
dall’entità
dell’interessamento
linfonodale, dal tipo di taxani, dall’età e dallo
stato menopausale delle pazienti e
dalla
schedula di somministrazione seppur la
migliore modalità sembra essere quella
sequenziale a un precedente trattamento con
antracicline se non altro per motivi di
tolleranza e compliance al trattamento.
Prospettive aperte rimangono quelle dell’utilizzo
di una chemioterapia adiuvante contenente
taxani senza antracicline (uno studio positivo
randomizzato a favore dello schema TC verso
AC per 4 cicli ciascuno), dell’utilizzo di taxani
anche in pazienti con linfonodi ascellari
negativi, e dell’ uso della chemioterapia
adiuvante dose-dense che a oggi potrebbe essere
riservato a pazienti con carcinoma mammario
operato e recettori ormonali negativi o HER-2
amplificato anche se questa ultima opzione di
trattamento a oggi è più correttamente di
pertinenza di studi clinici.
Immunoterapia con trastuzumab
Il trastuzumab è un anticorpo monoclonale
ricombinante umanizzato con specificità per il
dominio extracellulare dell’ HER-2. Gli studi
clinici randomizzati presentati per la prima volta
all’ASCO 2005 hanno dimostrato l’efficacia
dell’anticorpo monoclonale anti-Her-2 trastuzumab, impiegato dopo o assieme alla chemioterapia adiuvante. Il vantaggio in termini di
riduzione del rischio di recidiva è evidente in
tutti i sottogruppi di pazienti ed è indipendente
quindi dallo stato recettoriale, dallo stato
linfonodale e da altri fattori prognostici, ed è
stato confermato anche da due studi clinici
presentati successivamente. Sebbene la durata
ottimale della terapia adiuvante con trastuzumab
non sia ancora ben definita, il trattamento per
un anno è attualmente approvato in Italia dopo
chemioterapia secondo i criteri di eligibilità e la
schedula prevista dal protocollo HERA
(somministrazione ogni 3 settimane).
L’indicazione all’impiego del trastuzumab nella
terapia adiuvante delle pazienti Her-2 positive
sottoposte a chemioterapia è riconosciuta anche
nelle raccomandazioni del PRIER (Progetto
Ricerca Innovazione Regione Emilia Romagna).
In considerazione della cardiotossicità del
farmaco e dello scarso follow-up degli studi
citati, è necessario uno stretto monitoraggio
della funzionalità cardiaca.
Sei studi randomizzati hanno valutato l’utilizzo
del trastuzumab somministrato in sequenza o in
concomitanza alla chemioterapia adiuvante
rispetto alla sola chemioterapia nelle pazienti
con HER-2 positivo (IHC 3+ oppure
FISH/CISH amplificato) dimostrando chiaramen-te in modo significativo un vantaggio in
termini di riduzione del rischio in quasi tutti i
45
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
sottogruppi di pazienti, indipendentemente
dallo stato recettoriale, da quello linfonodale e
dagli altri fattori prognostici. Sebbene la durata
ottimale della terapia adiuvante con trastuzumab
non è stata ancora ben definita, il trattamento
per un anno è attualmente approvato in Italia
dopo chemioterapia secondo i propri criteri di
inclusione.
La migliore modalità di somministrazione di
trastuzumab prevede la concomitanza con un
regime di chemioterapia contenente taxano e
successivamente in monoterapia per completare un anno complessivo di trattamento. In
alternativa il trastuzumab può essere
somministrato in monoterapia in sequenza a un
regime di chemioterapia adiuvante consolidato
di almeno quattro cicli; questa modalità
seppur meno ottimale come efficacia rispetto
alla precedente fa osservare tuttavia una
cardiotossicità lieve e decisamente inferiore alla
modalità concomitante.
In ogni caso la paziente che riceve trastuzumab
deve essere monitorizzata periodicamente per
quanto riguarda la funzionalità cardiaca con
ecocardiogramma
oppure
MUGA.
La
valutazione deve essere effettuata prima
dell’inizio della chemioterapia, prima dell’inizio
di trastuzumab, durante il trattamento (a 3, 6, 9
mesi) e successivamente al termine dello stesso.
E' controindicata la somministrazione di
trastuzumab in presenza di deficit di funzionalità
cardiaca con una frazione di eiezione inferiore
al 50% (FE<50%) e/o in pazienti con storia
di cardiopatia ischemica.
In considerazione del rischio di recidiva
relativamente elevato secondario alla iperespressione o amplificazione del gene HER-2 si
deve valutare l’utilizzo di trastuzumab anche nel
caso di tumori inferiori a 1 cm anche se tutti gli
studi clinici randomizzati includevano pazienti
con tumori superiori a questa dimensione
oppure con linfonodi ascellari positivi.
Soprattutto in questo sottogruppo fattori come
il grado di differenziazione e l’attività
proliferativa potrebbero aiutare nella scelta
terapeutica.
Chemioterapia
preoperatoria
o
neoadiuvante
Gli stessi regimi di chemioterapia utilizzati in
fase adiuvante, possono essere utilizzati (in
media per 4-6 cicli) nella chemioterapia primaria
in pazienti operabili che desiderano una
chirurgia conservativa e che nelle condizioni
attuali
pre-trattamento
sarebbero
candidate a una mastectomia per la situazione
localmente avanzata di malattia o per forme
avanzate non candidabili a chirurgia radicale ab
inizio (interessamento dei linfonodi sovraclaveari, laterocervicali e/o mastite carcinomatosa).
Gli studi randomizzati che hanno confrontato la
stessa chemioterapia impiegata in fase adiuvante
e neoadiuvante in pazienti con neoplasie T1-T3
non hanno dimostrato alcuna differenza in
termini di sopravvivenza libera da malattia e
globale tra i due approcci, mentre la
chemioterapia primaria consente di aumentare
significativamente il numero di interventi
conservativi.
L’impiego dell’ anticorpo monoclonale in
associazione con la chemioterapia in fase
neoadiuvante e in pazienti HER-2 positive ha
consentito di ottenere la più alta percentuale
di remissioni complete patologiche (marker
prognostico surrogato della sopravvivenza
libera da malattia e della sopravvivenza globale)
seppur il suo utilizzo concomitante a
chemioterapia con antracicline è a oggi
riservato all’ambito di studi clinici visto
l’elevato rischio di cardiotossicità legato a
questa tipologia di somministrazione.
46
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
47
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
48
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
RUOLO DELLA RADIOTERAPIA
del Consensus Meeting EORTC-EUSOMA.
I volumi bersaglio clinici (CTV) sono così
definiti:
 CTV1: corpo mammario dopo chirurgia
conservativa o parete toracica dopo mastectomia
 CTV2: letto chirurgico e cicatrice chirurgica
 CTV3: aree linfatiche
La dose standard ai CTV 1 e 3 è di 45-50 Gray
(Gy) in 25-28 frazioni mediante una seduta
giornaliera di 1,8-2 Gy per 5 sedute settimanali
per 4,5-5 settimane. Al di fuori di studi clinici
controllati non è consentito superare la dose di
2,5 Gy per frazione, per l’elevato rischio di
indurre significativi effetti collaterali. Inoltre la
dose cumulativa settimanale non deve essere
inferiore a 8 Gy, per il rischio di ridurre la
possibilità di controllo locale della malattia con
dosi inferiori. L’aggiunta di un boost
(sovradosaggio) sul letto chirurgico (CTV2) di
10-16 Gy coi medesimi parametri di dose
giornaliera e di frazionamento, riduce il rischio di
ricaduta locale ed è indicato per T > 2 cm,
margini chirurgici focalmente positivi, N+ > 3 ed
età < 45 anni.
E’ fortemente raccomandato l’impiego di fasci di
fotoni di 4-6 MV per l’irradiazione dei CTV 1 e
3; è consentito l’impiego di fasci di Co per
mammelle di dimensioni medie-piccole (diametro
massimo 15-20 cm). Per l’irradiazione del CTV2
sono raccomandati fasci di elettroni di 8-12 MeV.
Prima dell’intervento chirurgico dovrebbe essere
valutata la possibilità di accedere ambulatoriamente e quotidianamente al Centro di
Radioterapia, in relazione al performance status
fisico, psichico e alla situazione logistica. L’età
della paziente non costituisce di per sé una
controindicazione.
Nel valutare la paziente per un trattamento
radioterapico occorre valutare se vi siano
controindicazioni al trattamento. Ai fini di una
corretta pianificazione del trattamento radiante
in un contesto multidisciplinare, si ritiene
necessaria la disponibilità di tutti i dati relativi
alla patologia:
Circa l’80% delle pazienti con tumore della
mammella è suscettibile di un trattamento
conservativo, la cui validità è stata sancita dalla
Consensus Conference del 1990 e confermata
da aggiornamenti di studi randomizzati di
confronto tra mastectomia e chirurgia
conservativa associata a RT.
La RT postoperatoria, riducendo il rischio
relativo di recidiva omolaterale di circa il 75% se
confrontato con la sola chirurgia, deve essere
considerata parte integrante del trattamento
conservativo per le neoplasie in stadio iniziale e
la sua omissione è ancora opzione da motivare e
riservare a pazienti selezionate. La metanalisi
dell’Early Breast Cancer Trialists Collaborative
Group ha infatti dimostrato che, nell’ipotetica
assenza di altre cause di morte, per ogni 4
recidive evitate, una morte per carcinoma della
mammella può essere evitata nei 15 anni
successivi al trattamento radiante.
L’efficacia della RT postoperatoria è stata
dimostrata anche in pazienti a elevato rischio
di recidiva sottoposte a mastectomia, nelle quali
il trattamento radiante determina una riduzione
del rischio di ripresa loco-regionale, un
aumento della sopravvivenza libera da
malattia e della sopravvivenza globale rispetto a
quelle non irradiate.
E’ consigliabile che l’irradiazione del tessuto
mammario venga effettuata entro 90 giorni
dall’intervento chirurgico per le pazienti che non
devono eseguire chemioterapia adiuvante. In
queste ultime pazienti, l’irradiazione verrà iniziata
entro 40 giorni dal termine della chemioterapia,
poiché la concomitanza di radio- e chemioterapia
può aumentare il rischio di effetti collaterali.
La prescrizione della terapia radiante deve essere
effettuata secondo i criteri e le raccomandazioni
internazionali ICRU 50, secondo le linee-guida
contenute nel rapporto ISTISAN 96/39 su
“Assicurazione di Qualità in Radioterapia” e le
raccomandazioni contenute nel rapporto finale
49
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
Generali
Specifiche:
Assolute
Relative
• impossibilità ad accedere
ambulatorialmente e quotidianamente al Centro di Radioterapia (performance status
fisico, psichico e situazione
• logistica.)
gravidanza
ormonoterapia adiuvante .
La RT postoperatoria trova indicazione anche in
alcuni sottogruppi di pazienti sottoposte a
mastectomia , nelle quali riduce il rischio di
ripresa loco-regionale, aumenta la sopravvivenza
libera da malattia e la sopravvivenza globale.
• incapacità a mantenere la
posizione di esecuzione del
trattamento.
• malattie del collageno (lupus,
sclerodermia, dermatomiosite)
in fase attiva
Radioterapia dopo chirurgia conservativa
L’irradiazione della mammella in toto
rappresenta il trattamento standard dopo
chirurgia conservativa. Nonostante l’assenza di
studi randomizzati, si raccomanda l’irradiazione
delle stazioni sovra-infraclaveari omolaterali in
pazienti con 4 o più linfonodi ascellari positivi.
Quando 1-3 linfonodi ascellari sono positivi,
l’eventuale indicazione al trattamento radiante
sulle stazioni linfonodali può essere valutata in
base alla copresenza di due o più fattori di
rischio (età della paziente, dimensioni, grading e
stato recettoriale della neoplasia, numero di
linfonodi
positivi,
rapporto
linfonodi
positivi/linfonodi escissi).
clinici,
stadio,
strumentali,
biologici,
•
malattie
del
collageno(lupus,
anatomopatologici e chirurgici. La pianificazione
sclerodermia,
dermatomiosite)
integrata e condivisa
dei trattamenti
adiuvanti
in
fase
quiescente
tra i diversi specialisti consente di ottimizzare
macromastia
il timing, evitare •potenziali
aumenti della tossicità
•
pregressa
degli
e garantire l’effettuazione radioterapia
del trattamento
programmato. stessi volumi
La RT non dovrebbe essere somministrata
simultaneamente a trattamenti antiblastici che
contengano derivati antraciclinici e/o taxani, in
considerazione dell’aumentato rischio di effetti
collaterali sui tessuti molli e cutanei, con
possibile peggioramento del risultato estetico.
In genere, dopo la chemioterapia adiuvante la
RT dovrebbe, preferibilmente, iniziare entro un
mese dal termine della stessa. E’ necessario
conoscere e registrare il tipo di farmaci
impiegati e il numero di cicli programmati e/o
somministrati, nonché i dati relativi all’eventuale
tossicità correlata alla chemioterapia.
La RT postoperatoria riduce il rischio relativo di
recidiva omolaterale di circa il 75% rispetto alla
sola chirurgia, impatta sulla sopravvivenza
globale e, pertanto, deve essere considerata parte
integrante del trattamento conservativo. La sua
omissione è opzione che può essere valutata in
pazienti selezionate a basso rischio di ripresa
di malattia (età ≥ 70 anni, malattia T1N0,
recettori ormonali positivi, caratterizzazione
biopatologica
favorevole),
sottoposte
a
Radioterapia dopo mastectomia totale
L’irradiazione della parete toracica e delle stazioni
di drenaggio linfonodale è indicata nei seguenti
casi:
a) Nei T3N+ e nei T4 qualsiasi N. Nei T3N0, in
base ai fattori di rischio, il trattamento
potrebbe essere somministrato sulla sola
parete toracica o non essere effettuato.
b) Tumore di qualsiasi dimensione con
estensione alla parete toracica, al muscolo
pettorale, alla cute, indipendentemente dallo
stato linfonodale
c) Tumore di dimensioni fino a 5 cm (T1-2) con
metastasi ai linfonodi ascellari in numero
uguale o superiore a 4.
d) presenza di margini positivi, soprattutto in
presenza di altri fattori di rischio, anche se i
dati della letteratura non sono conclusivi.
Nelle pazienti con malattia T1-2 e un numero di
linfonodi positivi da 1 a 3, sono stati identificati
fattori prognostici (età inferiore a 40-45 anni,
dimensioni tumorali 3,5-4 cm, negatività
50
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
recettoriale,
presenza
di
invasione
linfovascolare, grading elevato, rapporto tra
numero di linfonodi positivi e numero di
linfonodi escissi (nodal ratio >20%-25%) in
presenza dei quali, senza RT, il rischio di
recidiva locoregionale può superare il 20%, con
conseguente impatto negativo sulla sopravvivenza globale. Pertanto, pur in assenza di
risultati di studi clinici randomizzati, si
suggerisce di informare adeguatamente la
paziente sull’indicazione a un trattamento
radiante postoperatorio.
poiché queste sono generalmente derivate da
risultati di studi retrospettivi, e la maggior parte
degli studi prospettici di PST non sono stati
disegnati per valutare il ruolo della RT
postoperatoria. In pazienti non candidate a un
intervento di chirurgia conservativa per le
dimensioni del tumore, il trattamento
chemioterapico preoperatorio può essere
proposto allo scopo di ridurre il volume
neoplastico ed evitare una mastectomia.
L’indicazione al trattamento radiante postoperatorio e i volumi di irradiazione dipendono
dall’estensione iniziale di malattia e dal tipo di
chirurgia (conservativa o mastectomia). Si ritiene
quindi opportuna la valutazione clinicostrumentale dello stato dei linfonodi ascellari
prima dell’inizio della PST, per evitare che
eventuali risposte al trattamento neoadiuvante
possano portare a scelte terapeutiche non
adeguate allo stadio iniziale di malattia.
• T3N+ e nei T4 qualsiasi N.
 T3N0 valutare in base ai fattori di rischio
• Tumore esteso alla parete toracica e/o al
muscolo pettorale e/o o alla cute,
indipendentemente dallo stato linfonodale
• Tumore di dimensioni fino a 5 cm (T1-2) e
numero di linfonodi ascellari positivi 4
 Malattia localmente avanzata inoperabile
Comprende gli stadi IIIA (ad eccezione dei
tumori T3N1), IIIB e IIIC. Si tratta di una
situazione clinica ad alto rischio di ripresa di
malattia sia a livello loco-regionale che a
distanza. Negli ultimi anni la prognosi è
migliorata in maniera significativa grazie
all’efficacia della terapia multimodale, che è in
grado di offrire una probabilità di controllo
locale dell’80% o più.
• Margini positivi
Radioterapia dopo chemioterapia adiuvante
Una trattazione specifica merita l’approccio
radioterapico in pazienti sottoposte a terapia
sistemica neoadiuvante (denominata “Primary”
o “Preoperative Systemic Therapy”- PST),
impiegata allo scopo di ridurre il volume
neoplastico sino a ottenere idealmente una
risposta patologica completa, trattare la malattia
sistemica occulta, ridurre l’estensione locale
della neoplasia al fine di consentire una chirurgia
conservativa. Rappresenta il trattamento
standard per il tumore mammario localmente
avanzato, inoperabile all’esordio, mentre è
un’opzione per la malattia operabile, volta anche
a consentire l’esecuzione di una chirurgia
conservativa.
 Malattia iniziale (IIA, IIB) o localmente avanzata
operabile (T3N1)
Vi sono delle difficoltà a dare indicazioni
precise al trattamento radiante postoperatorio,
Radioterapia nella Malattia iniziale (IIA,
IIB) o localmente avanzata operabile
(T3N1)
In pazienti non candidate a un intervento di
chirurgia conservativa per le dimensioni del
tumore, il trattamento chemioterapico preoperatorio può essere proposto allo scopo di
ridurre il volume neoplastico ed evitare una
mastectomia. L’indicazione al trattamento radiante postoperatorio e i volumi di irradiazione
dipendono dall’estensione iniziale di malattia e
dal tipo di chirurgia (conservativa o mastectomia). Si ritiene quindi opportuna la valu51
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
tazione clinico-strumentale dello stato dei
linfonodi ascellari prima dell’inizio della PST,
per evitare che eventuali risposte al trattamento
neoadiuvante possano portare a scelte terapeutiche non adeguate allo stadio iniziale di
malattia. Pertanto, dopo chirurgia conservativa il
trattamento radiante è sempre indicato con
volumi che variano a seconda della positività
linfonodale.
Radioterapia nel carcinoma occulto
Le opzioni terapeutiche possibili sono
rappresentate essenzialmente dalla mastectomia,
che si associa a un mancato riscontro del tumore
primitivo nel 30% dei casi, o dall’irradiazione
della mammella in toto.
Radioterapia nella malattia bilaterale
Qualora sussista indicazione alla RT su
entrambe le mammelle/pareti toraciche dopo
chirurgia per neoplasia mammaria bilaterale
sincrona, si raccomanda di irradiare contemporaneamente entrambe le sedi, secondo le dosi
e il frazionamento prescelti. La RT pregressa
della mammella controlaterale in caso di tumore
metacrono non costituisce controindicazione al
trattamento, che tuttavia dovrebbe tener conto
delle modalità tecniche e delle dosi somministrate in precedenza.
Radioterapia nella Malattia localmente
avanzata inoperabile
Comprende gli stadi IIIA (ad eccezione dei
tumori T3N1), IIIB e IIIC. Si tratta di una
situazione clinica ad alto rischio di ripresa di
malattia sia a livello loco-regionale che a
distanza. Negli ultimi anni la prognosi è
migliorata in maniera significativa grazie
all’efficacia della terapia multimodale, che è in
grado di offrire una probabilità di controllo
locale dell’80% o più.
Nei casi in cui il trattamento sistemico
preoperatorio (che può prevedere anche l’impiego del trastuzumab nei tumori HER2
positivi) consente di ottenere l’operabilità, è
sempre indicata la RT postoperatorio, estesa
alla parete toracica (o mammella nei casi
sottoposti a chirurgia conservativa) e ai
drenaggi linfonodali.
Radioterapia sui linfonodi
Linfonodi ascellari: la RT sulle stazioni
linfonodali ascellari non è indicata nelle pazienti
sottoposte a dissezione, indipendentemente dal
numero dei linfonodi coinvolti e/o dalla
presenza di estensione extra-capsulare, a meno
che non ci sia un fondato sospetto o la presenza
accertata di malattia residua. In presenza di
linfonodo/i sentinella positivo/i, se non è stato
effettuato lo svuotamento ascellare si suggerisce
di valutare, in base alla presenza di fattori di
rischio, quali ad es. età, dimensioni del tumore,
grading, invasione linfovascolare, stato recettoriale, se irradiare l’ascella.
Radioterapia nel carcinoma infiammatorio
L’approccio terapeutico prevede una PST
seguita, se possibile, da mastectomia radicale
modificata (sono controindicate sia la skin
sparing mastectomy che approcci conservativi).
La ricostruzione della mammella può essere
proposta, anche se i dati di letteratura sono
controversi relativamente al timing (immediata
vs differita). La RT postoperatoria è sempre
indicata. In pazienti che non rispondono al
trattamento sistemico preoperatorio deve essere
considerato un trattamento radiante seguito, in
caso di risposta, da mastectomia.
Linfonodi infra-sovraclaveari: è indicata
l’irradiazione nelle pazienti con interessamento
dei linfonodi stessi, nelle forme localmente
avanzate (T3 con linfonodi positivi o N0 e T4
indipendentemente dallo stato linfonodale), nei
T1-2 con quattro o più linfonodi ascellari
positivi. Nei T1-2 il trattamento può essere
considerato in presenza di 1-3 linfonodi metastatici.
52
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
Linfonodi della catena mammaria interna:
l’indicazione al trattamento precauzionale
rappresenta uno degli argomenti più controversi
nella terapia del tumore della mammella.
resezione. Infine, con il termine negativo sono
stati indicati margini non chinati o a qualsiasi
distanza minima dal margine di resezione oltre
una distanza compresa tra 1 e 5 mm, in relazione
alla definizione di margine “close”. Tali
definizioni, non solo diverse, ma anche
controverse nei vari lavori, non hanno tuttavia
sempre avuto applicazione nella pratica clinica
nei diversi centri.
E’ auspicabile che lo stato finale dei margini
sia sempre negativo. Poiché non sempre
questo obiettivo può essere raggiunto, si
ritiene che margini negativi debbano sempre
essere ottenuti nei seguenti casi:
- carcinoma lobulare infiltrante
- presenza di estesa componente intraduttale
- età ≤ 40 anni
- dimensioni del T >2 cm
- paziente non screening detected
- grading nucleare G3
- indicazione a una chemioterapia adiuvante con
lungo intervallo chirurgia-RT
Non esistono al momento attuale dati certi che
indichino le diverse opzioni terapeutiche e le
dosi di RT in pazienti con margini positivi o
indenni a distanza ≤ 1-2 mm. Si ritiene
ragionevole suggerire le seguenti indicazioni:
Margini di resezione dopo chirurgia
conservativa
Il margine di resezione chirurgica indica la
distanza tra il tumore e il bordo del tessuto
circostante che viene asportato in toto. La
correlazione tra RT e insorgenza di recidiva
locale in relazione allo stato dei margini dopo
chirurgia conservativa rappresenta un argomento molto controverso. La non univoca
definizione dello stato dei margini in letteratura
è uno dei principali fattori all’origine della
controversia. Infatti, sebbene il termine positivo
indichi la presenza di cellule tumorali di
carcinoma infiltrante o intraduttale sul margine
di resezione chinato, in molti studi è stata anche
riportata la valutazione quantitativa della malattia
estesa ai margini, con definizione di margine
estesamente o focalmente positivo. Nel margine
“close” cellule neoplastiche di carcinoma
infiltrante o intraduttale sono state descritte
entro una distanza compresa, a seconda dei
diversi studi, tra 1 e 5 mm dal margine di
Margine ignoto
Quando non è comunque possibile avere notizie sullo stato dei margini, il trattamento radiante
dovrebbe corrispondere a quello suggerito in presenza di margini positivi
Margine positivo
Multiplo: Il rischio di recidiva è considerato elevato e deve sempre essere richiesta la riescissione.
Se i margini rimangono positivi dopo una riescissione, dovrebbe essere considerata l’opportunità
di una mastectomia.
Unico: in funzione dell’estensione, possono essere presi in considerazione sia la riescissione sia la
RT con dosaggio del boost aumentato, con dosi variabili, ma in genere fino a un massimo di 20
Gy (o dose equivalente, nei trattamenti ipofrazionati). Questo è il caso in cui la presenza di altri
fattori di rischio noti per recidiva locale può avere un peso nella strategia terapeutica, che deve
derivare da una decisione multidisciplinare
Margine
distanza
neoplasia
indenne
variabile
con
dalla
In relazione alla distanza minima dalla neoplasia e al quadro complessivo del tumore e della
paziente, se il rischio di recidiva viene considerato assimilabile a quello del margine positivo,
l’approccio radioterapico consiste generalmente nel somministrare una dose più elevata del
boost.
Al contrario, se la distanza del margine chirurgico dalla neoplasia viene ritenuta adeguata e, di per
sé stessa, comportante un rischio accettabile di recidiva, non è richiesto l’adeguamento della dose
del boost a una dose maggiore di 10Gy (o dose equivalente, nei trattamenti ipofrazionati). Nei
casi di margini indenni, il giudizio sull’impatto della distanza dalla neoplasia sul rischio di recidiva
locale deve essere espresso in ambito multidisciplinare e richiede la valutazione di tutti gli altri
fattori di rischio noti.
53
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
Brachiterapia e IORT
La brachiterapia e la IORT sono modalità di
trattamento utilizzate sia per il sovradosaggio
selettivo del letto tumorale, sia come unico
trattamento radioterapico (PBI). La IORT
permette l’erogazione della dose durante
l’intervento chirurgico subito dopo l’exeresi,
direttamente sull’area anatomica che conteneva
la neoplasia. A tal fine possono essere utilizzati
fotoni a bassa energia o elettroni. Mancano dati
certi, derivati da studi clinici controllati,
sull’equivalenza tra boost erogato al termine
della RT esterna e boost anticipato erogato con
IORT. Esistono tuttavia evidenze cliniche di
buoni risultati sia in termini di controllo locale
che di cosmesi con una sostanziale equivalenza
in termini di tossicità acuta e tardiva.
La IORT, che ha dimostrato risultati
comparabili alla radioterapia convenzionale,
sembra essere un approccio interessante, specie
nella paziente anziana, per la quale il rischio di
ripresa di malattia al di fuori del quadrante è
basso. Essa può essere utilizzata come
sovradosaggio selettivo sul letto tumorale, ma
anche come unico trattamento radioterapico in
neoplasie iniziali di piccolo volume o in
malattie non resecabili a scopo palliativo. Nelle
sue premesse radiobiologiche dovrebbe
permettere
di
migliorare
l’efficacia
dell’associazione tra chirurgia e RT.
Si ritiene che l’effetto biologico di una dose
singola elevata sia circa 2 o 3 volte maggiore
rispetto a quello prodotto dalla stessa dose
frazionata in modo convenzionale. Altri
vantaggi della IORT sono rappresentati dalla
precocità dell’irradiazione e dalla precisa
visualizzazione e delimitazione del letto
operatorio da parte del chirurgo e del
radioterapista oncologo, il che permette di
individuare perfettamente la zona a rischio di
recidiva riducendo al minimo il problema del “
geographical miss”.
Inoltre, la possibilità di proteggere i tessuti sani
mobilizzandoli dalla traiettoria del fascio e
l’utilizzo di elettroni con la somministrazione di
una dose omogenea potrebbero migliorare il
controllo locale della neoplasia a fronte di una
tossicità a carico degli organi critici ridotta
rispetto alla tecnica tradizionale di irradiazione a
fasci esterni. Molti Autori riportano infatti una
riduzione del rischio di iperpigmentazione e
teleangectasie a cui possono andare incontro le
donne trattate per via transcutanea e un
guadagno in termini di tempo per la minore
durata complessiva del trattamento con
radioterapia a fasci esterni.
IORT come trattamento esclusivo
Il vantaggio principale dell’utilizzo della IORT
come
unica
modalità
di
trattamento
complementare dopo intervento chirurgico
conservativo, oltre a quelli già elencati, consiste
nel risolvere l’intero corso di RT adiuvante in un
solo atto intraoperatorio, eliminando la fase di
completamento successivo con i fasci esterni.
In base a modelli biologici di equivalenza di
dose e al modello lineare quadratico, anche con
tutti i limiti relativi alla sua applicabilità nelle alte
dosi, l’erogazione di una singola frazione di RT
intraoperatoria di 21 Gy prescritta all’isodose del
90% corrisponderebbe alla somministrazione
dell’intero corso di RT adiuvante convenzionale.
Nel corso degli ultimi anni si è creata l’esigenza
di sperimentare trattamenti terapeutici più
conservativi per tumori mammari a basso
rischio di recidiva loco-regionale e sistemica.
L’irradiazione parziale (PBI), cioè l’irradiazione
del letto operatorio con un margine di sicurezza
intorno, si inserisce in questa filosofia, mirando
a controllare la malattia tumorale a livello della
sua sede iniziale e nei tessuti adiacenti, nelle sedi
cioè a più elevato rischio di ricaduta.
L’85% delle recidive locali, infatti, si verifica
in corrispondenza del letto operatorio, mentre
54
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
il restante 15% dovrebbe essere considerato,
proprio per il suo sviluppo in quadranti
differenti, come secondo tumore omolaterale.
Ciò validerebbe l’ipotesi che la radioterapia
erogata al solo letto tumorale potrebbe essere
sufficiente al controllo locale di malattia.
Il sovradosaggio del letto operatorio deve
essere effettuato con un fascio di elettroni di
energia tale da contenere tutto lo spessore della
mammella a quel livello entro l’isodose
dell’85%. Il trattamento deve essere eseguito
angolando opportunamente il “gantry” e il
lettino di trattamento in modo da rendere la
superficie cutanea, in corrispondenza della
porta d’ingresso, perpendicolare all’asse del
fascio. La dose deve essere prescritta alla
massima profondità, cioè all’isodose dell’85%.
Radioterapia esterna complementare
Il volume bersaglio è costituito dall’intera
mammella; la cute non fa parte del bersaglio.
Gli organi critici sono rappresentati dal polmone
omolaterale e dal cuore nelle localizzazioni di
sinistra. La tecnica d’irradiazione sarà quella
classica
con
due
campi
tangenziali
contrapposti (laterale e mediale) isocentrici.
Il trattamento verrà eseguito utilizzando fasci di
fotoni da 6 o 10 MV forniti da un acceleratore
lineare.
La dose sarà di 50 Gy in 25 frazioni da 2.0
Gy in 5 settimane, sull’intero corpo
mammario, con prescrizione della dose
all’isocentro secondo le indicazioni ICRU 50. Il
sovradosaggio sul letto tumorale sarà praticato
mediante un campo diretto di elettroni di
energia adeguata. L’allineamento della paziente
deve essere eseguito con l’ausilio del laser.
Lo studio dei campi di irradiazione dovrà
essere effettuato mediante un simulatore
convenzionale (o TC-simulatore con paziente
in posizione di trattamento). Il volume di
polmone omolaterale irradiato deve essere
minimizzato mediante l’uso di emifasci o
annullando
l’effetto
divergenza
con
disallineamento di 5° - 10° dell’asse centrale dei
fasci. La quantità di polmone nel fascio non
deve essere superiore a 2,5 cm misurati sul film
di simulazione o sull’immagine portale.
La distribuzione della dose deve essere
calcolata mediante calcolo computerizzato
almeno nel piano centrale e nel piano passante
per il centro del letto tumorale. La differenza
tra dose minima e dose massima, nel piano
centrale, non deve essere superiore al 15%; a
tale scopo è consigliabile l’uso di filtri a cuneo.
IORT come boost anticipato
La IORT può essere utilizzata come
sovradosaggio anticipato alla RT esterna, in
tutti i casi in cui è indicato un boost in quanto
è ragionevole supporre che nell’area
immediatamente adiacente all’exeresi chirurgica
possa permanere un residuo microscopico di
malattia che può accrescersi nell’intervallo di
tempo che intercorre tra l’intervento e la RT
complementare. Il ricorso a una dose di
radiazioni erogata al tempo T0 dovrebbe
quindi permettere di diminuire il potenziale di
ricrescita dei foci neoplastici evitando che
tale residuo raggiunga dimensioni non più
controllabili dalla successiva RT esterna.
La dose impiegata è 10 Gy, prescritta
all’isodose 90%-100%.
La RT esterna successiva viene erogata su tutta
la mammella residua, con dose per frazione 2
Gy e dose totale di 50 Gy. Non ci sono
indicazioni ben definite sull’intervallo
di
tempo che deve intercorrere tra boost
anticipato e RT esterna. L’inizio del
trattamento a fasci esterni, una volta
avvenuta la riparazione della ferita chirurgica,
varia in letteratura tra 2-4 settimane fino a 14
settimane dopo il boost intraoperatorio, in
relazione anche al tipo di chemioterapia
somministrata.
55
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
RUOLO DELLA RIABILITAZIONE
Esse sono riassunte nelle Tabelle seguenti e sono
classificate come organo-specifiche, cioè legate al
carcinoma mammario (tabella I) e comuni a tutti
i tipi di tumore (tabella II).
Da quanto sopra detto, emerge la necessità di un
protocollo per un trattamento riabilitativo
multidisciplinare integrato. Nello stilare un
programma di trattamento riabilitativo è fondamentale il concorso delle seguenti figure
professionali:
Da quanto emerge dal “Libro bianco sulla
riabilitazione oncologica” edito nel 2008 dalla
Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei
Tumori, realizzato con il finanziamento del
Ministero del Lavoro, della Salute e delle
politiche Sociali, nel tumore della mammella la
problematica riabilitativa organo-specifica più
frequente è il linfedema (52%), seguita dall’algia
(35,6%) e dalla limitazione articolare di spalla
(24,8%), dai problemi di cicatrizzazione (12,2%),
dagli esiti della chirurgia ricostruttiva (3,7%) e
dalle linfangiti (10.9%). Meno frequente sono il
riscontro di lesioni nervose a carico del nervo
toracico lungo (4%), del nervo intercostobrachiale (3,5%) e del plesso brachiale (1,6%).
Decisamente più rare sono complicanze quali le
turbe posturali o i deficit respiratori.
Le complicanze conseguenti al carcinoma
mammario suscettibili di intervento riabilitativo
possono essere legate all'intervento chirurgico,
alla radioterapia, alla chemioterapia o alla
progressione della malattia e possono comparire
precocemente dal post-operatorio o tardivamente
in tutte le fasi della malattia.
Tabella I
LE PRINCIPALI COMPLICANZE DI INTERESSE
RIABILITATIVO NEL CARCINOMA MAMMARIO
Problemi di cicatrizzazione
Dolori alla spalla
Limitazione articolare della spalla
Alterazioni posturali
Paralisi del plesso brachiale
Paralisi del nervo intercostobrachiale
Paralisi del n. toracico lungo
Deficit respiratori
Edema all'arto superiore
Linfedema dell'arto superiore
Complicanze infettive del linfedema
Linfangiti/Linfosclerosi
Fibrosi e retrazioni muscolari
Complicanze della chirurgia ricostruttiva
Il Chirurgo che ha effettuato l’intervento per
dirci cosa è stato fatto, quali elementi
anatomici sono stati interessati e quali le
possibili complicanze.
Lo Psico-oncologo che può suggerire le linee
per un'efficace terapia di sostegno.
Il Fisiatra che darà l’accesso al percorso
riabilitativo attraverso una visita con conseguente programma riabilitativo.
Il Fisioterapista che dopo la presa in carico
riabilitativa inizierà il trattamento definendo
gli obiettivi e realizzandoli attraverso le varie
tecniche a sua disposizione.
L'Oncologo medico
Il Radioterapista
Tabella II
LE PRINCIPALI COMPLICANZE DI INTERESSE
RIABILITATIVO COMUNI A TUTTI I TIPI DI TUMORE
Fatica
Sindrome ipocinetica
Dolore
Metastasi (ossee, cerebrali, ecc.)
Sindromi paraneoplastiche
Cachessia
Edemi e linfedemi
Dispnea
Disfagia
Complicanze da chemioterapia
Complicanze da altri farmaci
Complicanze da radioterapia
Complicanze da patologie associate
Problematiche psicologiche
56
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
 Rimuovere eventuali limitazioni di ordine
Il trattamento riabilitativo degli esiti iatrogeni
deve essere instaurato il più precocemente
possibile. Una sistematica programmazione dei
controlli anche fisiatrici post-operatori a breve,
medio e lungo termine, e soprattutto una
tempestiva segnalazione dell’insorgenza di nuovi
sintomi locoregionali, consente di ottimizzare
l’approccio terapeutico riabilitativo a tali
complicanze, limitandone gli esiti potenzialmente
invalidanti.
La “presa in carico riabilitativa” della donna
operata al seno va inserita in un intervento
interdisciplinare e multiprofessionale che vede
insieme vari specialisti e operatori. Essa andrebbe
iniziata a partire dalla diagnosi o comunque dal
post-operatorio e va mantenuta lungo tutto il
percorso della malattia. Di fronte alla molteplicità
degli esiti, precoci e tardivi, iatrogeni ed evolutivi,
tutti gli attori devono porsi come clinici attenti,
sia nei confronti della loro insorgenza, sia nella
loro prevenzione e trattamento.
funzionale pre-esistenti (presa in carico posttrattamento).
 Presa
in
carico
per
complicanze,
problematiche emergenti (sia post chemio che
radioterapiche, che chirurgiche), in particolare:
1. Combattere il più possibile il dolore;
 evitare posture antalgiche che potrebbero poi
costituire un serio impedimento alla ripresa
funzionale;
 evitare l’instaurarsi di aderenze cicatriziali sia
della ferita cutanea che della capsula
periprotesica;
 evitare rigidità articolari;
 evitare retrazioni post-chirurgiche o postradioterapiche;
 evitare l’insorgenza di linfedema;
 favorire il circolo emolinfatico di ritorno;
 conservare il senso muscolare ovvero il
binomio contrazione-decontrazione;
 alleviare
problematiche
legate
alla
neurotossicità di alcuni chemioterapici utilizzati;
 identificare e trattare patologie emergenti
(linfangite, rigidità, limitazioni funzionali,
nevralgie iatrogene, ecc.);
 conservare schemi motori e posturali corretti;
 ridare fiducia alla paziente e stimolarla a
collaborare per la positiva soluzione;
Obiettivi del programma riabilitativo
Il programma di trattamento riabilitativo va
concordato con lo specialista che ha in carico la
paziente e in particolare con il chirurgo che ha
effettuato l’intervento. Possiamo distinguere
essenzialmente tre fasi in cui il fisioterapista
interviene:
 come preparazione all’intervento chirurgico.
 come conclusione dell’intervento stesso.
 mantenimento dei miglioramenti acquisiti.
Un corretto trattamento riabilitativo può ridurre
le complicanze e contribuire a migliorare la
qualità della vita. Ogni singolo programma
riabilitativo con conseguenti obiettivi sarà mirato
sulla persona e dovrà tener conto delle
problematiche individuali.
Fase preoperatoria
 Far prendere coscienza alla paziente di cosa
dovrà fare dopo l’intervento.
 Rimuovere eventuali limitazioni di ordine
funzionale
 Armonizzare e rendere efficace la funzione
respiratoria.
Un problema particolare: IL LINFEDEMA
Trattasi del “gonfiore” alla mano, avambraccio e
braccio che può comparire al lato dell’intervento
chirurgico (linfedema secondario). Il linfedema si
verifica a causa di un blocco o interruzione al
flusso della linfa come conseguenza dell’intervento chirurgico, di cicatrici e/o infezioni.
Negli ultimi anni l'incidenza del linfedema dopo
Fase post-operatoria
In questa fase il ventaglio di obiettivi che si
propone il trattamento riabilitativo è ben più
vasto:
57
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
un intervento al seno si è ridotta notevolmente,
grazie anche alle tecniche chirurgiche sempre più
conservative e meno invasive. In base al tempo e
alle modalità di intervento il linfedema si può
classificare:
 Linfedema transitorio: quello presente in
fase post-operatoria legato all’insufficienza
momentanea (linfocele da drenare o
siringare) del drenaggio linfatico dopo
ablazione dei linfonodi ascellari. Di solito
regredisce nel giro di 4-6 settimane, ma va
comunque trattato.
 Linfedema acuto infiammatorio: si può avere
a qualsiasi distanza di tempo in modo acuto
dopo l’intervento. La causa può essere
un’infezione per penetrazione di germi
attraverso la cute e va subito trattato con
antibioticoterapia per evitare l’evoluzione
(erisipela).
 Linfedema cronico: si instaura in modo
subdolo e progressivo, la causa è la
formazione di tessuto cicatriziale che
impedisce la rigenerazione e ricanalizzazione
linfatica. Tutto ciò crea stasi linfatica
accumulo di proteine e formazione di tessuto fibroso.
 Linfedema
evolutivo:
conseguenza
dell'evoluzione locoregionale della malattia.
A differenza dei precedenti questo dà dolore
diffuso.
Possiamo avere:
 Edema modesto se l’aumento della
circonferenza rispetto al controlaterale è
inferiore a 2 cm.
 Edema moderato se tale aumento si colloca
tra 2-6 cm.
 Edema severo se l’aumento è superiore a 6
cm.
Il trattamento avviene in due fasi:
 Una fase attiva il cui principale obiettivo è
quello della massima riduzione dell’edema
della zona interessata.
 Una fase successiva di mantenimento
attraverso il controllo dell’edema. Il
trattamento si basa su 4 interventi
fondamentali:
1. Cura della cute e trattamento delle infezioni;
2. Drenaggio linfatico manuale o compressione
pneumatica intermittente (CPI);
3. Bendaggio compressivo;
4. Esercizio fisico.
La cura della cute
La cura della cute è essenziale per la prevenzione
delle infezioni. La cute di un arto edematoso è
molto più delicata del normale e richiede
particolari attenzioni. Spesso si presenta lucida,
sottile, cicatrizza con difficoltà per cui rappresenta una facile porta di ingresso per germi.
E’ consigliabile tenerla quotidianamente idratata
con crema alla lanolina e seguire le istruzioni per
la prevenzione.
Drenaggio linfatico
E’ un particolare tipo di fisioterapia (tecnica
manuale) con cui si cerca di far defluire la linfa
nei capillari linfatici rimasti integri verso le vie di
scarico principali. Consiste in pressione molto
leggere delle mani, assolutamente indolori che
non provocano arrossamento. Noi usiamo la
tecnica tedesca secondo Vodder. Questa tecnica
particolare viene usata anche a scopo preventivo
per facilitare l’apertura di nuove vie linfatiche
(anastomosi). La CPI invece, viene effettuata
attraverso un manicotto gonfiabile collegato a un
compressore. La compressione avviene in modo
ritmico dalla mano alla spalla. Viene usata nel
caso di edemi importanti e ostinati.
Bendaggio compressivo
I tessuti di un arto edematoso possono essere
paragonati a una spugna eccessivamente bagnata
per cui, dopo il linfodrenaggio è utile
l’applicazione di un bendaggio compressivo che
ha la funzione di evitare l’eccessivo imbibimento
dei tessuti e di mantenere i risultati ottenuti.
Il manicotto
Quando viene raggiunta la massima riduzione
dell’edema si può prescrivere un manicotto a
compressione graduata, meglio se su misura. Il
58
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
manicotto deve essere indossato regolarmente al
mattino e deve essere sostituito quando si
deforma.
Gli esercizi fisici
Sono una componente fondamentale del
programma riabilitativo. Hanno la funzione di
stimolare il flusso linfatico, di migliorare la
mobilità della spalla, di restituire elasticità ai
tessuti (specie alla cicatrice) e di recuperare e
mantenere la forza e la tonicità muscolare. Gli
esercizi devono essere considerati come “igiene di
vita” per il recupero totale ed evitare complicanze
future.
Lo stile di vita
Si raccomanda:
 quotidiana attività fisica: camminare,
pedalare, nuotare, ecc.;
 evitare il sovrappeso;
 dieta iposodica e ridotta assunzione di grassi;
 buona forma generale, la quale si rifletterà
direttamente sulla buona salute generale e
quella del braccio.
I TRATTAMENTI
L’obiettivo di questa fase è garantire il
trattamento più adeguato della malattia
mantenendo brevi tempi di attesa tra la diagnosi
definitiva e l’intervento primario, al fine di
salvaguardare il più possibile lo stato di salute e
la qualità della vita delle pazienti oltre a ridurre lo
stato di ansia delle stesse. L'obiettivo specifico
della terapia post-chirurgica è ridurre il tasso di
recidiva e aumentare la sopravvivenza delle
pazienti.
Terapia chirurgica
Per la maggior parte delle donne con carcinoma
della mammella in fase iniziale, la terapia
chirurgica rappresenta il trattamento d’elezione
allo scopo di ottenere un controllo locale della
malattia. Le attuali opzioni chirurgiche
comprendono
l’approccio
conservativo
(principalmente ampia resezione locale o
quadrantectomia + radioterapia) e la mastectomia
radicale modificata con eventuale ricostruzione
immediata (vedi Terapia chirurgica e Diagnosi
istologica e caratterizzazione biologica). Il
trattamento chirurgico dovrebbe avere luogo
entro 21-30 giorni dal momento della
prescrizione chirurgica (salvo i casi in cui ne sia
stata pianificata la posticipazione).
Terapia medica primaria
Nei casi previsti dai protocolli di terapia, alcune
forme di T2 > 2-3 cm, forme localmente
avanzate e forme avanzate, la terapia primaria è
quella
medica
(chemioterapia
e/od
ormonoterapia), talora integrata con la terapia
radiante (vedi Terapia medica). Il tempo di attesa
per l’inizio della terapia medica primaria non
deve superare i 7 giorni dalla diagnosi
confermata.
59
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
TRATTAMENTO DELLA MALATTIA INIZIALE NELLE PAZIENTI CON CARCINOMA
DUTTALE IN SITU
Non ad alto grado (G I-II)
▪ Lesioni di estensione < 15 mm con margini liberi superiori a 10 mm, senza necrosi:
 Ampia resezione mammaria.
▪ Lesione di estensione < 15 mm con margini liberi superiore a 10 mm, con necrosi:
 Ampia resezione mammaria.
▪ Lesione di estensione compresa fra 16 e 40 mm con margini liberi superiore a 10 mm,
senza necrosi:
 Ampia resezione mammaria.
▪ Lesione di estensione compresa fra 16 e 40 mm con margini liberi superiore a 10 mm, con
necrosi:
 Ampia resezione mammaria e radioterapia.
▪ Lesione di estensione compresa fra 16 e 40 mm con margini liberi compresi fra 1 e 10 mm
o < 1 mm con o senza necrosi:
 Ampia resezione mammaria e radioterapia.
▪ Lesione di estensione superiore a 40 mm con margini liberi compresi fra 1 e 10 mm o >10
mm con o senza necrosi:
 Ampia resezione e radioterapia. Tuttavia, è da sottolineare che in tali casi difficilmente
si ottiene un buon risultato estetico con chirurgia conservativa per cui è preferibile
optare per un intervento demolitivo (mastectomia totale senza dissezione ascellare con
eventuale ricostruzione immediata o skin sparing mastectomy con ricostruzione
immediata).
▪ Lesioni di estensione superiore a 40 mm con margini interessati o liberi < 1 mm senza
necrosi:
 Riescissione con margini liberi e radioterapia o mastectomia totale con eventuale
ricostruzione o skin sparing mastectomy e ricostruzione. E' da sottolineare che in tali
casi difficilmente si ottiene un buon risultato estetico con chirurgia conservativa per cui
è preferibile optare per un intervento demolitivo (mastectomia totale senza dissezione
ascellare con eventuale ricostruzione immediata o skin sparing mastectomy con
ricostruzione immediata).
▪ Lesioni di estensione superiore a 40 mm, con margini interessati o liberi < 1 mm, con
necrosi:
 Mastectomia totale con eventuale ricostruzione o skin sparing mastectomy e
ricostruzione. In tutti i casi sia ad alto grado che non ad alto grado deve essere
considerato come fattore prognostico l’età della paziente. Il Van Nuys Prognostic
Index viene pertanto modificato anche in funzione di questo parametro.
60
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
Ad alto grado (GIII)

Lesione di estensione inferiore a 40 mm con margini liberi > 10 mm o compresi fra 1 e 9 mm:
Ampia resezione mammaria e radioterapia.
• Lesione di estensione superiore a 40 mm con margini liberi superiore a 10 mm:
Ampia resezione e radioterapia. E' da sottolineare che in tali casi difficilmente si ottiene un buon
risultato estetico con chirurgia conservativa per cui è preferibile optare per un intervento
demolitivo (mastectomia totale senza dissezione ascellare con eventuale ricostruzione immediata o
skin sparing mastectomy con ricostruzione immediata)
• Lesione di estensione compresa fra 15 e 40 mm con margini liberi inferiori a 1 mm o con margini
interessati:
Mastectomia totale con eventuale ricostruzione immediata o mastectomia "skin sparing" con
ricostruzione immediata. In casi selezionati di 1,5-2 cm può essere presa in considerazione
un’ampia exeresi seguita da radioterapia.
• Lesione di estensione superiore ai 40 mm con margini liberi < 10 mm:
Mastectomia totale con eventuale ricostruzione immediata o mastectomia "skin sparing" con
ricostruzione immediata. Nel carcinoma duttale in situ deve essere eseguita la chirurgia
conservativa seguita da radioterapia oppure la mastectomia semplice.
Parametro
Classificazione Van Nuys
1 punto
Non alto grado
Necrosi -
2 punti
Non alto grado
Necrosi +
3 punti
Alto grado
Necrosi +/-
Stato Margini
≥ 10 mm
1 – 9 mm
< 1 mm
T(mm)
≤ 15
16 – 40
>41
Score finale:
Gruppo 1
Gruppo 2
Gruppo 3
3 – 4 punti
5 – 7 punti
8 – 9 punti
Solo chirurgia conservativa
Chirurgia conservativa + RT
Mastectomia +/- ricostruzione
Rimane fermo il concetto già espresso nel
paragrafo della scelta del trattamento chirurgico.
L’intervento
chirurgico
deve
prevedere
l’asportazione della neoplasia con margini di
resezione liberi ottenendo un risultato
cosmetico accettabile, concetto che riguarda sia
il carcinoma infiltrante che il carcinoma in situ.
La classificazione di Van Nuys ci fornisce
ulteriori informazioni per decidere la scelta del
trattamento chirurgico, da applicare caso per
caso. Certo è che i criteri che suggeriscono
l’esecuzione di una mastectomia rispetto a una
quadrantectomia sono essenzialmente le grandi
dimensioni della neoplasia, l’alto grado, una
mammella di piccole dimensioni. Grande parte
nella scelta ha la determinazione della donna di
mantenere il seno. Un aspetto molto impor-tante
è anche la considerazione che oltre il 50% di tali
recidive intra-mammarie risultano infil-tranti e
non più "in situ" con chiari risvolti negativi sulla
prognosi.
In tutti i casi di carcinoma duttale in situ, sia ad
61
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
alto grado che non ad alto grado, indipendentemente dall'estensione, non trova indicazione la dissezione ascellare. In pazienti con
diagnosi di DCIS e documentata espressione dei
recettori estrogenici, dopo chirurgia conservativa
più radioterapia, la terapia antiestrogenica con
Tamoxifene, alla dose di 20 mg al giorno, può
essere somministrata per una durata di 5 anni.
Storicamente la terapia standard del carcinoma
duttale in situ (DCIS) è stata la mastectomia
semplice in grado di guarire il 98% delle lesioni.
Con l’affermarsi dei trattamenti chirurgici
conservativi per le pazienti con neoplasie
invasive, l’escissione ampia con margini indenni
seguita da RT è diventato progressivamente
l’intervento più comune per il DCIS, in assenza
di controindicazioni al suo uso. Dal punto vista
chirurgico il carcinoma duttale in situ deve essere
trattato con chirurgia conservativa seguita da
radioterapia oppure con mastectomia semplice.
La presenza di margini di resezione negativi dopo
chirurgia conservativa è associata a un minore
rischio di ricaduta locale rispetto ai margini
positivi, ’close’ o sconosciuti, ma la definizione di
margine negativo è controversa. In caso di
margini positivi la raccomandazione è quella di
considerare l’allargamento chirurgico prima della
radioterapia, anche se lo stato dei margini e la
loro ampiezza sono solo uno dei fattori da
considerarsi nella scelta di re-intervenire o meno
(oltre all’età, l’entità della malattia a ridosso del
margine, il numero di margini positivi).
Nelle forme estese di DCIS possono essere
talvolta identificati a posteriori con l’esame
istologico focolai di microinvasione e/o
infiltrazione. La biopsia del linfonodo sentinella
può trovare indicazione in presenza di “cluster”
multipli di microcalcificazioni, in caso di lesioni
estese tali da necessitare un trattamento
chirurgico radicale o nelle pazienti in cui il
trattamento chirurgico può compromettere la
successiva procedura di biopsia del linfonodo
sentinella (mastectomia).
L’incidenza di recidive locali in situ o non
infiltranti tende a raggiungere un plateau dopo 10
anni dal trattamento, mentre per quelle infiltranti
l’incidenza
rimane
stabile
nel
tempo,
sottolineando la necessità di un follow-up
adeguato (almeno 10 anni) per valutare
correttamente gli effetti del trattamento. I
risultati dello studio EORTC suggeriscono che, a
lungo termine, mentre l’effetto protettivo sulle
recidive in situ permane durante tutta la durata
del follow-up, quello sulle recidive infiltranti si
osserva principalmente durante i primi 5 anni di
follow-up.
Per la malattia di Paget senza nodulo è prevista la
quadrantectomia centrale o la mastectomia totale
(in caso di mammella di piccole dimensioni). E’
necessaria la RT complementare in caso di
intervento chirurgico conservativo.
62
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
Carcinoma lobulare in situ (LCIS):
Riscontro istologico occasionale:
• Atteggiamento astensionistico con
controlli periodici;
• In caso di multicentricità e fattori di rischio
positivi può essere presa in considerazione una
mastectomia totale con eventuale ricostruzione o
una
mastectomia
"skin
sparing"
con
ricostruzione immediata (anche bilaterale).
Il carcinoma lobulare in situ (LCIS) è una lesione
non-invasiva per la quale esiste ancora incertezza
riguardo alla potenzialità di evoluzione verso
forme invasive. Nelle donne con riscontro di
LCIS è stato riportato un aumento del rischio di
insorgenza di carcinoma mammario infiltrante
rispetto alla popolazione generale.
Successivamente alla diagnosi di LCIS, le opzioni
terapeutiche possibili sono:
1. Sorveglianza;
2. Chemioprevenzione;
3. Mastectomia profilattica bilaterale.
significativa per carcinoma mammario.
Chemioprevenzione: Premesso che l’utilizzo di
farmaci a scopo di chemioprevenzione del
carcinoma mammario non è contemplato dal
Prontuario Nazionale Italiano e che l’eventuale
impiego nella pratica clinica deve rispondere alle
normative che disciplinano l’uso “off label” dei
farmaci, sono stati pubblicati i risultati di studi
randomizzati che hanno valutato l’utilizzo in
chemioprevenzione del Tamoxifene, del Raloxifene e dell’Exemestane.
Mastectomia profilattica bilaterale: in considerazione dei pochi dati presenti in letteratura, tale
scelta va ampiamente discussa con la donna e
deve essere individualizzata.
Variante pleomorfa di LCIS
Nell’ambito del LCIS è stata identificata una
variante istologica, denominata LCIS pleomorfo
(PLCIS) con comportamento biologico più
aggressivo. Il PLCIS è costituito da cellule con
marcato pleomorfismo, nuclei grandi ed
eccentrici. Spesso vi è il riscontro di necrosi
centrale e calcificazioni. Rispetto al classico LCIS,
la variante pleomorfa sembrerebbe avere una
potenzialità di evoluzione verso il carcinoma
infiltrante simile a quella del DCIS.
Sorveglianza: consiste in un esame clinico ogni 612 mesi e mammografia annuale. Può essere utile
l’impiego della risonanza magnetica mammaria
nelle pazienti giovani o con parenchima
mammario denso o con storia familiare
63
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
CARCINOMA MICROINVASIVO (T1 MIC)
L’American Joint Committee on Cancer and the
International Union for Cancer Control (AJCCUICC) definiscono il carcinoma mammario
microinvasivo (pT1mic) in presenza di una
componente
infiltrante
di
dimensioni
microscopiche ≤1 mm. Il carcinoma microinvasivo spesso si associa al carcinoma duttale in
situ (DCIS) ed è caratterizzato da piccoli foci di
cellule tumorali che superano la membrana basale
e infiltrano lo stroma. Morfologicamente, il
carcinoma microinvasivo si associa spesso a
focolai di DCIS ad alto grado con frequente
riscontro di necrosi di tipo comedonico. La
prognosi è usualmente molto buona con una
sopravvivenza a 5 anni del 97-100%.
infiltrazione stromale sotto forma di “cluster” di
cellule tumorali. La ricerca del linfonodo
sentinella in presenza di carcinoma mammario
microinvasivo è raccomandata.
 Trattamento sistemico adiuvante
Non ci sono dati riguardo all’impiego di
trattamenti sistemici adiuvanti in presenza di
carcinoma microinvasivo.
 Radioterapia
Le indicazioni al trattamento radiante del
carcinoma microinvasivo dopo chirurgia
conservativa non differiscono da quelle del
carcinoma invasivo e del DCIS ed è sempre
necessaria la RT somministrata secondo modalità
convenzionale o ipofrazionata. Non vi è, invece,
indicazione alla RT complementare dopo
intervento chirurgico demolitivo.
Trattamento
In considerazione della bassa numerosità delle
casistiche di carcinoma microinvasivo, non si
dispone di studi clinici che indirizzino le decisioni
terapeutiche.
 Chirurgia
A livello mammario gli interventi possibili sono
la mastectomia semplice oppure la chirurgia
conservativa con radioterapia complementare. Il
rischio di recidiva dopo chirurgia conservativa e
radioterapia è influenzato da:
- positività dei margini chirurgici di resezione;
- dimensioni della componente di DCIS;
- presenza di caratteristiche istologiche
sfavorevoli (es. alto grading, comedonecrosi).
La mastectomia è indicata in presenza di
componente intraduttale estesa, caratteristiche
istologiche sfavorevoli e laddove non sia possibile ottenere dei margini di resezione indenni da
infiltrazione neoplastica con chirurgia conservativa. Solo in casi selezionati può essere presa in
considerazione una mastectomia “nipple sparing”
seguita o meno da radioterapia.
A livello dei linfonodi ascellari le percentuali di
metastasi in presenza di carcinoma microinvasivo
variano dallo 0 al 20% fra le varie casistiche. La
probabilità di metastatizzazione al cavo ascellare
sembrerebbe essere maggiore in presenza di
CARCINOMA INFILTRANTE OPERABILE
Circa l’80% delle pazienti con neoplasia
mammaria infiltrante è suscettibile di un
trattamento conservativo che, in studi
randomizzati, è risultato equivalente alla
mastectomia. Nelle pazienti con carcinoma
invasivo in stadio I-II (e in casi selezionati più
avanzati: cT3N0-N1) il trattamento loco
regionale standard deve essere rappresentato
dalla mastectomia con dissezione ascellare o
dalla chirurgia conservativa con dissezione
ascellare associata alla radioterapia della
mammella (whole breast irradiation).
Nelle pazienti con carcinoma invasivo in stadio
clinico I-II e linfonodi clinicamente negativi o
con linfonodi clinicamente sospetti ma con
successivo agoaspirato negativo deve essere
eseguita la dissezione selettiva del linfonodo
sentinella. Nelle pazienti con carcinoma
mammario invasivo ≤cT2 e cN0 con
micrometastasi nel linfonodo sentinella, la
dissezione ascellare potrebbe essere omessa.
Nelle pazienti con carcinoma mammario invasivo
candidate a chemioterapia neoadiuvante, la
64
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
biopsia del linfonodo sentinella dovrebbe essere
eseguita prima dell’inizio della terapia medica.
La mastectomia “skin sparing”, che presenta
vantaggi estetici rispetto ad altre chirurgie non
conservative, può essere presa in considerazione
in casi selezionati. Sebbene non esistano studi
randomizzati, i risultati di studi retrospettivi non
hanno evidenziato un aumento delle recidive
locali rispetto a procedure chirurgiche conservative. Per la mastectomia “nipple-sparing” non
sono attualmente disponibili i risultati degli studi
randomizzati attualmente in corso.
Chirurgia mammaria
Non esistono differenze in termini di
sopravvivenza tra la mastectomia con dissezione
ascellare e la chirurgia conservativa con dissezione ascellare associata alla radioterapia della
mammella (whole breast irradiation) anche a un
follow-up relativamente lungo. La scelta del tipo
di intervento a livello mammario (chirurgia radicale vs conservativa) dipende dalla localizzazione
e dal rapporto tumore/dimensioni della
mammella, dalle caratteristiche mammografiche
della lesione, dalla preferenza della paziente e
dalla presenza o meno di controindicazioni alla
RT.
Le controindicazioni generali all’approccio
conservativo includono: l'impossibilità di
accedere a un centro di radioterapia per problemi
logistici, condizioni fisiche o psichiche della
paziente compromesse, la presenza di microcalcificazioni diffuse sospette o maligne e i
tumori multicentrici.
CARCINOMA INFILTRANTE LOCALMENTE
AVANZATO
O
NON
OPERABILE
I tumori localmente avanzati inoperabili o per i
quali la chirurgia non rappresenti il trattamento
di prima scelta sono rappresentati dallo stadio
IIIB (T4a per interessamento della parete
toracica, T4b per interessamento della cute, T4c
per concomitante interessamento di parete
toracica e cute), dallo stadio IIIC (N3 con
qualsiasi T) e dal carcinoma infiammatorio o
mastite carcinomatosa (T4d).
65
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
CARCINOMA INFIAMMATORIO
Prima di qualsiasi terapia sistemica primaria è
raccomandata una biopsia percutanea del carcinoma primitivo per la determinazione
dell'istotipo, del grado istologico, dello stato
recettoriale (ER e PgR), dell'attività proliferativa
(Ki67/MIB-1) e dello stato di HER-2. In
presenza di linfonodi superficiali palpabili e
clinicamente sospetti (ascellari e/o sovraclaveari)
è opportuno effettuare un’agobiopsia o un
agoaspirato a scopo diagnostico. Inoltre, per le
pazienti con linfonodi ascellari clinicamente
negativi, può essere presa in considerazione la
biopsia del linfonodo sentinella al fine di guidare
le successive decisioni sul trattamento (dissezione
ascellare di I e II livello in caso di linfonodo
sentinella positivo).
Rappresenta
un’entità
clinico-patologica
caratterizzata da un diffuso indurimento
infiammatorio della cute della mammella con
bordo erisipeloide, di solito senza una massa
palpabile. Il reperto clinico caratterizzante è
conseguente al blocco dei linfatici del derma da
parte di emboli neoplastici. Si tratta di una forma
relativamente rara (1%-6% dei tumori mammari
negli Stati Uniti), la cui incidenza è in aumento e
la cui prognosi è peggiore rispetto alle forme
localmente
avanzate.
La
neoplasia
è
frequentemente recettori negativa e HER2positiva. Sebbene sia richiesta una biopsia per
dimostrare la presenza del tumore nel
parenchima mammario e nei linfatici del derma e
per ottenere una caratterizzazione biopatologica,
la diagnosi si basa sui dati clinici. Sono
controindicate sia la skin sparing mastectomy che
approcci conservativi. I criteri minimi per
definire il carcinoma mammario infiammatorio
includono i seguenti:

esordio rapido a livello mammario di eritema, edema e/o cute a buccia d’arancia, e/o
calore con o senza il riscontro di una massa
palpabile;

segni clinici di durata inferiore a 6 mesi;

eritema esteso ad almeno un terzo della
superficie mammaria;

conferma istologica di carcinoma infiltrante.
Nella gestione del carcinoma localmente
avanzato e del carcinoma infiammatorio è da
preferirsi un approccio integrato multidisciplinare di terapia sistemica primaria seguita
da chirurgia e radioterapia, ove fattibile.
Nelle pazienti con carcinoma mammario
localmente avanzato non operabile (stadio IIIB,
IIIC e carcinoma infiammatorio) deve essere
eseguita una terapia sistemica primaria in accordo
con una valutazione multidisciplinare. Nelle
pazienti con carcinoma mammario operabile
(stadio I, II, IIIA) ma candidate a mastectomia,
deve essere presa inconsiderazione la possibilità
di effettuare una terapia sistemica primaria.
Se la paziente è giudicata operabile (stadio I, II,
IIIA) ma candidata a mastectomia, la terapia
sistemica primaria incrementa le possibilità di
chirurgia conservativa, potendo quindi convertire
l’intervento di mastectomia in chirurgia
conservativa (quadrantectomia, escissione). La
possibilità di effettuare un intervento
conservativo nei casi candidati alla mastectomia è
intorno al 20-30%. Il posizionamento di un
repere nella sede del tumore durante il
trattamento neoadiuvante per le pazienti
candidate a chirurgia conservativa è associato con
un miglior controllo locale e dovrebbe essere
parte integrante dell’iter diagnostico-terapeutico
di queste pazienti. Tale approccio non deve
essere preso in considerazione per le pazienti con
carcinoma infiammatorio che non sono mai
candidate a un intervento conservativo.
TUMORI LOCALMENTE AVANZATI
NON
OPERABILI
(IIIB,
IIIC
E
CARCINOMA INFIAMMATORIO)
In questi casi la paziente è giudicata non
suscettibile di intervento chirurgico quale primo
trattamento in quanto non operabile in modo
radicale (per le dimensioni e/o per la presenza di
N2/N3 clinico) e pertanto il trattamento
66
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
primario ha la finalità di permettere la successiva
chirurgia, che, nel caso della mastite
carcinomatosa, sarà sempre la mastectomia
associata a dissezione ascellare omolaterale. Una
chirurgia di tipo conservativo può essere presa in
considerazione per le pazienti che ottengono una
ottima risposta dopo il trattamento primario ma
non è comunque raccomandabile nelle pazienti
con mastite carcinomatosa.
mammaria deve essere indagata con metodiche
immunoistochimiche, mentre la ricerca del
tumore primitivo deve essere effettuata anche
con metodiche avanzate di imaging (MRI
mammaria bilaterale in aggiunta a esame clinico,
mammografico, ecografico). Nel trattamento del
carcinoma occulto la linfoadenectomia ascellare
riveste un ruolo essenziale, mentre il
trattamento della mammella omolaterale rimane
tuttora controverso e non codificato.
Nonostante alcune linee guida europee
sconsiglino il trattamento della mammella nei
casi con MRI mammaria negativa, la sola
osservazione non sembra indicata poiché una
successiva manifestazione di carcinoma mammario è stata documentata nel 40% dei casi.
La prognosi nei casi di carcinoma mammario
occulto sembrerebbe essere migliore di quella
osservata nei casi con il medesimo
interessamento linfonodale e lesione primitiva
evidente (stadi II-III). In molti studi l’unico
determinante prognostico risulta essere il numero
di linfonodi positivi con risultati peggiori se 4 o
più sono interessati. In pazienti nelle quali gli
esami di diagnostica strumentale non abbiano
permesso di documentare la presenza del tumore
primitivo, si suggerisce, a seconda dello stadio di
malattia:
Risposta patologica completa
Nell’ambito del trattamento sistemico primario
l’ottenimento di una risposta patologica completa
(pCR) è per lo più associata a una prognosi
migliore. In letteratura, tuttavia, sono riportate
diverse definizioni di pCR:
 ypT0 ypN0: assenza di residuo invasivo e
non invasivo su mammella e/o linfonodi.
 ypT0/is ypN0: assenza di residuo invasivo
su mammella e/o linfonodi; residuo non
invasivo ammesso.
 ypT0/is ypN0/+: assenza di residuo
invasivo su mammella; residuo non invasivo
e coinvolgimento linfonodale ammessi.
 ypT≤mic ypN0/+: assenza di residuo
macroscopico invasivo su mammella;
residuo invasivo focale, residuo non invasivo
e coinvolgimento linfonodale ammessi.
Trattamento adiuvante dopo chemioterapia
primaria o neoadiuvante e successiva
chirurgia.
La scelta sul trattamento radioterapico, ormonale
e immunoterapico con trastuzumab, successivi
alla chirurgia dopo chemioterapia neoadiuvante è
dipendente dal trattamento che è stato effettuato
nella fase preoperatoria.
CARCINOMA OCCULTO
Trattasi di una presentazione rara (<1% di tutti i
tumori mammari) e consiste nella presenza di
metastasi
linfonodali
ascellari
accertate
istologicamente in assenza di una lesione
mammaria riconosciuta. La presunta origine
T0N1
Trattamento dell’N:
dissezione ascellare
Trattamento del T:
mastectomia o RT whole breast.
Si suggerisce la dose di 50 Gy
con frazionamento convenzionale o dose equivalente con
schemi ipofrazionati.
T0N2-3
Terapia sistemica neoadiuvante seguita da chirurgia.
SARCOMI MAMMARI
Mastectomia totale o quadrantectomia o
resezione mammaria con ampi margini di
67
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
resezione.
Non
dissezione ascellare.
è
indicazione

di
MALATTIA DI PAGET

Malattia di Paget non associata a neoplasia:
quadrantectomia centrale o mastectomia
semplice ed eventuale ricostruzione immediata.
Malattia di Paget associata a neoplasia:
mastectomia semplice ed eventuale ricostruzione
immediata. Se la neoplasia associata è
retroareolare, è indicata una quadrantectomia
centrale. Il trattamento dell’ascella in questi casi è
legato alla tipologia del tumore associato alla
malattia di Paget.

TRATTAMENTO DELLA RECIDIVA
LOCOREGIONALE E DELLO STADIO IV
RECIDIVA LOCOREGIONALE
Circa il 10%-35% delle donne trattate per
carcinoma mammario vanno incontro a una
recidiva locoregionale. Circa l’80% di queste
recidive compaiono nei primi due anni dopo la
terapia. Le recidive locoregionali possono essere
accompagnate o meno da recidive a distanza. La
recidiva locale può verificarsi dopo una
mastectomia (noduli cutanei tumorali a livello
della parete toracica in vicinanza o direttamente
sulla cicatrice o nell’area dei lembi cutanei)
oppure dopo chirurgia conservativa (sviluppo di
tumore nella mammella omolaterale già trattata).
Nel caso di recidiva locale dopo chirurgia
conservativa, è possibile classificare la posizione
della ripresa in relazione alla sede del tumore
primario in: 1) recidiva vera (entro l’area del
tumore primitivo o del boost di radioterapia); 2)
recidiva marginale (vicino ai margini del volume
del boost di radioterapia); 3) in altra sede rispetto
alle due precedenti. La recidiva regionale consiste
invece nella ripresa tumorale a livello dei
linfonodi regionali (ascellari, sopraclaveari,
mammari interni).
Come comportarsi?



68
Un trattamento locoregionale con intento
curativo va sempre preso in considerazione
nelle pazienti non metastatiche.
Le pazienti con recidiva locale inizialmente
sottoposte a mastectomia dovrebbero essere
sottoposte a escissione chirurgica della
lesione con l’obiettivo di ottenere margini di
resezione indenni. Dopo asportazione della
recidiva locale in una paziente precedentemente mastectomizzata ma non
irradiata, la RT adiuvante sulla parete è
raccomandata. Il trattamento con RT
adiuvante o esclusivo delle stazioni
linfonodali non ha invece indicazioni
univoche e va individualizzato.
Le pazienti con recidiva locale dopo una
iniziale chirurgia conservativa dovrebbero
essere sottoposte a mastectomia con stadiazione ascellare nel caso in cui non sia stata
effettuata in precedenza una dissezione del
cavo ascellare di I/II livello. Esistono dati
limitati a supporto della ripetizione del
linfonodo sentinella in pazienti con recidiva
locale trattate inizialmente con chirurgia
conservativa e asportazione del linfonodo
sentinella.
In situazioni selezionate è comunque
possibile considerare una seconda chirurgia
conservativa, in particolare se la paziente
non aveva ricevuto radioterapia sul volume
mammario.
Dopo una seconda chirurgia conservativa, in
pazienti in precedenza già irradiate può
essere presa in considerazione la possibilità
di effettuare una re-irradiazione della parete
o una irradiazione parziale della mammella
con radioterapia a fasci esterni o
brachiterapia, previa conoscenza dei dettagli
del precedente trattamento radiante
(modalità operative, volumi, dosi totali al
target, dosi agli organi critici e frazionamento) e delle tossicità acuta e tardiva,
manifestatesi dopo il primo trattamento.
In caso di recidiva locoregionale, la
determinazione delle caratteristiche biologi-
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA


che del tumore (recettori ormonali, HER-2,
Ki67) dovrebbe essere sempre ripetuta, vista
la possibilità di una loro variazione.
Il trattamento sistemico deve tenere in
considerazione le caratteristiche biologiche
della recidiva (recettori ormonali, HER-2,
Ki67) ed essere adeguato di conseguenza:
nelle pazienti con recettori ormonali positivi,
è raccomandato l’uso dell’ormonoterapia
successiva al trattamento locale e nelle
pazienti HER2-positive dovrebbe essere
considerato un nuovo trattamento con
agenti anti-HER-2 in associazione a
chemioterapia o terapia ormonale.
Allo stato attuale non esiste un consenso
sull’opportunità o meno di eseguire una
chemioterapia in caso di recidiva
locoregionale viene raccomandato l’inserimento di queste pazienti all’interno di studi
controllati; se non vi è la possibilità di
partecipare a uno studio di questo tipo
sembra comunque ragionevole considerare
un trattamento sistemico.
all’esordio, gli inibitori dell’aromatasi devono
essere somministrati come prima linea
ormonale.
 Nelle pazienti con carcinoma mammario
metastatico ER positivo e/o PgR positivo in
postmenopausa, pretrattate in adiuvante con
Tamoxifene, il Fulvestrant ad alte dosi può
essere considerato un’opzione alternativa agli
inibitori delle aromatasi come prima linea
ormonale.
 Nelle pazienti con carcinoma mammario
metastatico ER positivo e/o PgR positivo in
postmenopausa, pretrattate in adiuvante o in
fase metastatica con inibitore delle aromatasi
non steroideo, deve essere preso
in
considerazione un trattamento con Everolimus
ed Exemestane.
 Nelle pazienti con carcinoma mammario
metastatico HER-2 positivo in prima linea non
pretrattato in fase adiuvante con Trastuzumab
oppure metastatico ab
initio, deve essere
utilizzato Trastuzumab in associazione a
monochemioterapia (Paclitaxel, Docetaxel o
Vinorelbina).
 Nelle pazienti con carcinoma mammario HER2 positivo in prima linea metastatica pretrattato
in fase adiuvante con Trastuzumab, dovrebbe
essere
somministrato
Trastuzumab
in
associazione
a
chemioterapia
(Taxano,
Vinorelbina e Capecitabina).
 Nelle pazienti in postmenopausa con carcinoma
mammario metastatico HER-2 positivo e
coesprimente i recettori ormonali, non
eleggibili per chemioterapia ma eleggibili per un
trattamento
endocrino,
deve
essere
somministrata l’associazione di una terapia antiHER-2 (Trastuzumab od Olapatinib) con un
inibitore dell’aromatasi.
 Le pazienti con carcinoma mammario
metastatico HER-2 positivo in progressione di
malattia dopo prima linea con un regime di
chemioterapia e Trastuzumab, potrebbero
essere trattate con Capecitabina associata a
Trastuzumab.
STADIO IV
Questo stadio è di pertinenza dell'oncologo
medico con le seguenti opzioni terapeutiche:
 Nelle pazienti con carcinoma mammario
metastatico ER positivo e/o PgR positivo in
premenopausa, candidate a terapia ormonale
con Tamoxifene, quest’ultimo deve essere
somministrato in associazione con LHRHanalogo.
 Nelle pazienti con carcinoma mammario
metastatico ER positivo e/o PgR positivo in
premenopausa, già trattate in adiuvante o in
prima
linea metastatica con Tamoxifene
associato o meno a LHRH-analogo, può essere
somministrata l’associazione di un inibitore
dell’aromatasi e LHRH-analogo.
 Nelle pazienti con carcinoma mammario
metastatico ER positivo e/o PgR positivo in
postmenopausa,
non
pretrattate
con
ormonoterapia adiuvante o con stadio IV
69
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
CARCINOMA
MAMMARIO
DONNA ANZIANA
NELLA
Per quanto riguarda la sopravvivenza, va inoltre
tenuto presente che la maggior parte delle
pazienti con carcinoma mammario operabile
d’età >70 anni muore per cause non cancrocorrelate, ma correlate alla comorbidità
coesistente. Per la paziente in buono stato di
salute, la valutazione geriatrica aggiunge poco alla
valutazione del paziente con diagnosi di tumore,
ma è importante nella paziente vulnerabile, nella
quale può porre indicazioni a interventi volti al
mantenimento dello stato funzionale e a
migliorare la qualità di vita.
Per paziente anziana si intende la donna affetta
da carcinoma mammario con età uguale o
superiore a 70 anni. Per una donna con tumore
della mammella, la probabilità di essere affetta da
altra patologia aumenta con l’aumentare dell’età.
L'età è il fattore che maggiormente influenza la
scelta del trattamento e la tossicità trattamentocorrelata. Altri fattori da considerare nella
valutazione della paziente anziana sono: lo stato
funzionale, lo stato cognitivo, il supporto sociale,
lo stato psicologico, lo stato nutrizionale e la
polifarmacoterapia.
La Valutazione Geriatrica Multidimensionale può
predire accuratamente la morbidità e la mortalità
per la patologia neoplastica ed è quindi di
fondamentale importanza al fine di evidenziare
problematiche misconosciute, di valutare lo stato
funzionale e di poter fare una stima della
sopravvivenza dell’anziana con tumore della
mammella. Le comorbidità e lo stato funzionale
influenzano significativamente la scelta del
trattamento e la prognosi.
Molti dati mostrano che il tumore della
mammella nella donna anziana ha un profilo
prognostico più favorevole. Il rischio di recidiva
locale dopo intervento conservativo diminuisce
con l’età, al contrario della frequenza di metastasi
non viscerali, la quale è direttamente
proporzionale all'età della paziente. Inoltre, l’età
avanzata alla diagnosi è associata a fattori
biologici più favorevoli, come una maggiore
ormonosensibilità, un'espressione ridotta di
HER-2, un basso grado istologico e un basso
indice di proliferazione.
Per quanto riguarda la scelta del trattamento, la
comorbidità e lo stato funzionale della paziente
possono influenzare sia la scelta del trattamento
locoregionale (ad esempio chirurgia vs
ormonoterapia primaria; indicazione alla
radioterapia dopo chirurgia conservativa) sia la
scelta della terapia sistemica adiuvante o della
fase metastatica.
Trattamento chirurgico
Il trattamento chirurgico (conservativo o
demolitivo) rimane lo standard terapeutico e
terapie alternative dovrebbero essere riservate a
quelle pazienti con comorbidità importante, a
quelle che provano timore o rifiutano l'atto
chirurgico. L’età avanzata di per sé non é, infatti,
un fattore di rischio per il trattamento chirurgico.
La comorbidità è il principale fattore che
influenza la morbilità e la mortalità chirurgica.
Riguardo alla linfoadenectomia ascellare nelle
donne anziane, viene consigliata la dissezione
selettiva del linfonodo sentinella. La dissezione
completa del cavo ascellare deve essere eseguita
solo nelle pazienti con linfonodo sentinella
positivo e che non presentano controindicazioni
all’anestesia generale.
Poiché la sopravvivenza libera da malattia e la
qualità di vita sono i principali “end points” del
trattamento del tumore della mammella nella
paziente anziana, un trattamento endocrino
primario può comunque trovare indicazione
nelle donne con tumori ER positivi che abbiano
scadenti condizioni generali o che rifiutino la
chirurgia.
Radioterapia
La radioterapia dopo intervento conservativo
rimane parte integrante del trattamento anche
per la donna anziana.
70
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
includono malattie testicolari, condizioni benigne
della mammella, l’età, la familiarità e la sindrome
di Klinefelter. Le mutazioni di BRCA2
predispongono allo sviluppo di un carcinoma
mammario nell’uomo e sono implicate nel 4-14%
di tutti i casi. Una review recentemente pubblicata
indica che l’81% dei tumori maschili sono ER
positivi, il 74%, sono PgR positivi e nel 30% dei
casi sovraesprimono l’HER-2. I fattori
prognostici sono sovrapponibili a quelli della
donna e la sopravvivenza è simile a quella delle
donne a parità di età e stadio.
Dopo l'intervento chirurgico, le indicazioni alla
radioterapia non differiscono da quelle poste per
il carcinoma della mammella femminile. La scelta
della terapia adiuvante segue le stesse linee guida
del tumore mammario femminile: il Tamoxifene
è la terapia ormonale adiuvante standard. Nella
malattia metastatica la terapia di elezione è
l’ormonoterapia; la chemioterapia dovrebbe
essere riservata ai pazienti non più responsivi alla
ormonoterapia.
Terapia sistemica adiuvante
La paziente anziana si giova di un trattamento
sistemico adiuvante e la decisione di quale o quali
terapie utilizzare nella singola paziente richiede,
come sempre, una attenta valutazione di:
- fattori prognostici, che definiscono l’entità del
rischio di ripresa;
- fattori predittivi di risposta ai trattamenti (ER,
indice proliferativo, HER-2);
- benefici attesi dal trattamento in termini di
percentuale di beneficio assoluto ed effetti
collaterali attesi;
- preferenze della paziente;
- aspettativa di vita e grado di comorbidità.
Ormonoterapia
La donna anziana con tumore della mammella
ormono-responsivo, beneficia del trattamento
ormonale
adiuvante
(Tamoxifene
o
antiaromatasici). La scelta del trattamento
ormonale dovrebbe essere basata sulla presenza
o meno di fattori di rischio individuali che
possano rendere la paziente più o meno
suscettibile alle diverse tossicità.
CARCINOMA MAMMARIO IN GRAVIDANZA
Chemioterapia adiuvante
La chemioterapia adiuvante viene raccomandata
nelle pazienti ad alto rischio di ripresa (pN+ e/o
ER negativi) e la scelta del regime terapeutico
deve tener conto sia dell’attesa di vita della
paziente che di un’accurata valutazione geriatrica
multidimensionale. Restano ancora da definire gli
schemi chemioterapici più appropriati.
Il carcinoma mammario rappresenta il tipo di
tumore più frequentemente diagnosticato
durante la gravidanza (PABC, pregnancy associated
breast cancer). Circa 1 gravidanza ogni 3000 si
complica con la diagnosi di un carcinoma
mammario. Vari studi hanno mostrato che non
esiste differenza di prognosi tra le pazienti con
PABC e le donne con carcinoma mammario
insorto non in gravidanza se la dimensione della
neoplasia, lo stato linfonodale e gli altri marcatori
prognostici sono sovrapponibili. Al contrario il
carcinoma mammario diagnosticato durante
l’allattamento sembra determinare un aumento
del rischio di morte per carcinoma. Il carcinoma
mammario durante la gravidanza è spesso
diagnosticato a uno stadio più avanzato a causa
del ritardo diagnostico. Istologicamente, le
neoplasie mammarie insorte in gravidanza sono
più spesso indifferenziate, non esprimono i
CARCINOMA MAMMARIO BILATERALE
Sia per i t u m o r i sincroni che per q u e l l i
metacroni il trattamento va programmato
considerando i due tumori separatamente e
tenendo conto del risultato estetico.
CARCINOMA MAMMARIO MASCHILE
Il carcinoma della mammella maschile
rappresenta circa lo 0,5-1% di tutti i tumori della
mammella. I fattori
di rischio principali
71
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
recettori ormonali e nel 30% dei casi sono HER2 positive.
In caso di tumefazione sospetta durante la
gravidanza, il primo passo consiste nella visita
specialistica e in un’ecografia la quale rappresenta
l’esame di prima scelta in questo setting di
pazienti. E’ possibile eseguire la mammografia
nelle donne in stato di gravidanza utilizzando
un’appropriata schermatura dell’addome così da
ridurre al minimo l’esposizione fetale alle
radiazioni
ionizzanti.
Per
la
diagnosi
istopatologica, la biopsia rappresenta la tecnica
più appropriata in queste pazienti a causa delle
diffuse
alterazioni
cellulari
di
tipo
iperproliferativo legate alla gravidanza che
possono portare a un aumentato tasso di falsi
positivi con il prelievo citologico. L’uso della
risonanza magnetica nucleare (MRI) per
diagnosticare il carcinoma mammario in
gravidanza non è stato studiato adeguatamente
ed è ancora oggetto di opinioni controverse.
In genere gli esami di stadiazione sono limitati
alla radiografia del torace, eseguita con
schermatura
dell’addome,
e
all’ecografia
addomino-pelvica. La scintigrafia ossea e la TAC
devono essere evitati durante la gravidanza,
soprattutto nel primo trimestre perché le
radiazioni possono causare malformazioni
congenite. La MRI senza mezzo di contrasto può
essere eseguita nel caso di forte sospetto di
metastasi epatiche, ossee e/o cerebrali.
Il protocollo di trattamento del carcinoma
mammario nelle donne in gravidanza dovrebbe
essere il più simile possibile a quello offerto alle
donne non in stato di gravidanza; esso dovrebbe
essere
individualizzato,
tenendo
in
considerazione la biologia del tumore, lo stadio di
malattia, l’età gestazionale e le preferenze della
paziente. Non esiste nessuna evidenza clinica che
l’interruzione di gravidanza migliori la prognosi.
L’opportunità di interrompere la gravidanza va
discussa con la paziente e dovrebbe essere
consigliata quando il trattamento pianificato
rischia di danneggiare il feto oppure quando la
prosecuzione della gravidanza impone un ritardo
nell’inizio dei trattamenti antitumorali il che
potrebbe danneggiare la madre. Questa
situazione si verifica soprattutto quando il cancro
viene diagnosticato durante il primo trimestre.
La chirurgia mammaria rappresenta il
trattamento primario del PABC operabile e può
essere eseguita durante tutto il periodo della
gravidanza senza che l’anestesia provochi
conseguenze negative per il feto. Il rischio di
aborto durante il primo trimestre (1-2%) o di
induzione di parto prematuro (rischio relativo
1.5-2.0) nel 2°-3° trimestre, derivano da studi
osservazionali. La gravidanza non cambia le
indicazioni al tipo di chirurgia, radicale o
conservativa.
Alcune evidenze suggeriscono che se il rapporto
volume
tumore/ghiandola
mammaria
è
favorevole si potrebbe optare per una chirurgia
conservativa alla fine del 2° e nel 3° trimestre
associata a radioterapia dopo il parto senza
impatto significativo sul tasso di recidive e sulla
sopravvivenza rispetto a donne trattate con
chirurgia radicale. Durante il 1° trimestre la
chirurgia conservativa può determinare un
ritardo eccessivo nell’inizio del trattamento
radioterapico post-operatorio e quindi può essere
preferibile una chirurgia radicale. La dissezione
completa dei linfonodi ascellari rimane a oggi il
trattamento standard, mentre la ricerca del
linfonodo
sentinella
deve
considerarsi
sperimentale ed è controindicata prima della 30a
settimana.
Il trattamento radioterapico deve essere praticato
solo al termine della gestazione poiché la
gravidanza è una controindicazione assoluta alla
radioterapia. Le indicazioni alla somministrazione
della chemioterapia durante la gravidanza non
dovrebbero differire da quelle seguite nelle
donne non in gravidanza. Tuttavia, l’utilizzo della
chemioterapia durante il primo trimestre
aumenta il rischio di aborto spontaneo, morte del
feto e malformazioni gravi nel 10%-20% dei casi.
A causa di tali rischi per il feto, se si decide di
continuare la gravidanza, l’inizio della
chemioterapia deve essere ritardato a dopo il
72
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
completamento della 14a-16a settimana di
gestazione.
Nel
secondo
e
terzo
trimestre
la
somministrazione dei protocolli chemioterapici
non sembra associarsi ad anomalie fetali, anche
se sono stati segnalati casi di ritardo di crescita
intrauterino, morti intrauterine e neonatali,
prematurità e aplasia midollare. In questo
scenario i dati che derivano da follow-up a breve
termine di bambini esposti in epoca prenatale a
trattamento chemioterapico per il tumore della
mammella, considerando anche l’incidenza di
malformazioni congenite, sono comunque
rassicuranti.
Vari schemi di chemioterapia sono stati utilizzati
per il trattamento del carcinoma mammario in
gravidanza: tali schemi dovrebbero, quanto più
possibile, essere simili a quelli usati nelle donne
non in stato di gravidanza; inoltre, durante la
gravidanza, i dosaggi non dovrebbero differire
da quelli usati al di fuori di tale periodo.
Nel pianificare la tempistica del parto nelle
pazienti con carcinoma mammario in gravidanza,
più fattori devono essere tenuti in
considerazione, mentre il monitoraggio fetale
dovrebbe essere eseguito almeno ogni 3-4
settimane con l’ultrasonografia dell’arteria
ombelicale. Il parto pretermine dovrebbe essere
praticato solo se indicato per motivazioni
ostetriche; per minimizzare il rischio di
neutropenia materna e fetale e le conseguenti
infezioni, il parto dovrebbe essere evitato durante
il nadir materno, solitamente 2-3 settimane dopo
il trattamento chemioterapico trisettimanale. La
chemioterapia
non
dovrebbe
essere
a
a
somministrata dopo la 34 -35 settimana di
gestazione perché il parto spontaneo può
verificarsi prima che il midollo osseo si sia
ripreso. Il ritardo nell’induzione del parto di tre
settimane dopo la chemioterapia permette inoltre
l’escrezione fetale dei farmaci attraverso la
placenta.
Per la salute del feto, bisognerebbe fare uno
sforzo massimo per ritardare il parto alla 35a-37a
settimana di gestazione. Infatti, le complicanze
neonatali sono solitamente conseguenti al parto
pretermine e includono difficoltà nell’alimentazione ed emorragie subaracnoidee. Con il parto
vaginale è meno probabile il rinvio nell’inizio
della chemioterapia in quanto esso è associato a
una minore morbilità rispetto al parto cesareo.
Benché le metastasi placentari da carcinoma
mammario siano rare, la placenta dovrebbe
essere sottoposta a esame istopatologico.
L’allattamento durante la chemioterapia e la
terapia ormonale q controindicato, dato che la
maggior parte dei farmaci usati possono essere
escreti nel latte materno.
CARCINOMA MAMMARIO E MUTAZIONI NEI GENI BRCA1 E BRCA2
Per quanto riguarda i tumori della mammella e/o
dell'ovaio, sono noti due geni coinvolti nella
predisposizione ereditaria di tali neoplasie: il gene
BRCA1 posto sul cromosoma 17 e il gene
BRCA2 posto sul cromosoma 13. Le mutazioni a
carico di questi geni conferiscono un aumentato
rischio di sviluppare un tumore della mammella
e/o un tumore dell’ovaio. Mutazioni genetiche a
carico del gene BRCA2, inoltre, conferiscono un
aumentato rischio di tumore della mammella
maschile.
La possibilità di identificare i portatori di tali
mutazioni genetiche o comunque, in generale, di
valutare attentamente il profilo di rischio dei
soggetti che presentano familiarità per questo
tipo di neoplasie, ha avuto importanti
ripercussioni sul piano clinico assistenziale negli
ultimi anni e ha posto le basi per lo sviluppo
della Consulenza genetica oncologica. Le attuali
linee guida sull’utilizzo dei test genetici in
oncologia
statunitensi
(www.cancer.gov),
australiane (www.nhmrc.gov.au/guidelines) e
italiane (www.iss.it), infatti, prevedono che questi
siano effettuati solo ed esclusivamente all’interno
di un più ampio percorso di consulenza, nel
quale l’individuo o i membri di una stessa
famiglia possano comprendere pienamente il
significato di ciò che gli viene proposto, le
73
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
determinanti ereditarie, le opzioni di gestione
della situazione, in modo di scegliere il percorso
più appropriato.
La consulenza genetica viene definita come un
"processo di comunicazione che concerne i
problemi umani legati all’occorrenza, al rischio di
ricorrenza, di una patologia genetica in una
famiglia". Secondo tale definizione, gli obiettivi
della consulenza genetica sono: 1) aiutare
l’individuo o la famiglia a comprendere le
informazioni mediche che includono la diagnosi,
il probabile decorso della malattia e le forme di
assistenza disponibili; 2) valutare il modo in cui
l’ereditarietà contribuisce al verificarsi della
malattia e il rischio di ricorrenza esistente per
taluni familiari; 3) analizzare tutte le opzioni
esistenti nell’affrontare il rischio di malattia; 4)
aiutare a compiere le scelte più adeguate, tenendo
conto sia del rischio sia delle necessità dei
familiari; 5) realizzare il miglior adattamento
possibile alla malattia del familiare affetto e/o al
rischio di ricorrenza della malattia stessa. Il
processo di consulenza deve quindi favorire e
promuovere una scelta informata autonoma e
consapevole rispetto sia al test genetico (quando
indicato) sia alle scelte di sorveglianza e/o
prevenzione (sorveglianza intensificata, farmacoprevenzione e chirurgia profilattica).
In linea generale la presenza di una
predisposizione ereditaria al tumore della
mammella e/o ovaio va sospettata tutte le volte
in cui si riscontrino le seguenti caratteristiche:
 Incidenza notevolmente più elevata rispetto
all’attesa di neoplasie mammarie e/o
ovariche.
 Presenza di neoplasie mammarie bilaterali.
 Precoce età di insorgenza del cancro.
 Occorrenza di tumori della mammella
maschile.
 Associazioni tra neoplasie della mammella
e/o ovaio.
Si ritiene opportuno inviare alla consulenza
genetica oncologica la donna che presenti
almeno uno dei seguenti criteri:
Storia personale o familiare* di:

Mutazione nota in un gene predisponente (BRCA1, BRCA2, P53, PTEN, ecc.).

Carcinoma mammario maschile.

Donna con carcinoma mammario e carcinoma ovarico.

Donna <36 anni con carcinoma mammario.

Donna <50 anni con carcinoma mammario bilaterale.

Donna <50 anni con carcinoma mammario e almeno 1 parente di primo grado con: carcinoma
mammario <50 anni, carcinoma ovarico a qualsiasi età, carcinoma mammario bilaterale o
carcinoma mammario maschile.

Donna >50 anni con carcinoma mammario e storia familiare di carcinoma mammario o
ovarico in 2 o più parenti di primo grado* tra loro (di cui uno di primo grado con la paziente*).

Donna con carcinoma ovarico e almeno un parente di primo grado* con: carcinoma
mammario <50 anni, carcinoma ovarico a qualsiasi età, carcinoma mammario bilaterale o
carcinoma mammario maschile.
*Presenza di un familiare (genitore, fratello/sorella, figlio/a) con le caratteristiche di malattia specificate.
Per il lato paterno della famiglia, considerare anche altri familiari (nonna, zie).
74
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
Nella consulenza genetica oncologica vengono
selezionati pazienti che rispondono a specifiche
caratteristiche di storia familiare per neoplasie e
che sono quindi candidabili per un test genetico,
il quale deve essere effettuato prima di tutto su di
un componente della famiglia che abbia già
sviluppato la malattia (caso indice). Dal test
genetico è possibile ottenere: un risultato
informativo (la mutazione predisponente è stata
identificata), oppure un risultato non informativo
(la mutazione predisponente non è stata
identificata ma non si può escluderne la
presenza).
Il test genetico è perciò realmente negativo
solamente quando una mutazione precedentemente identificata in un individuo della famiglia
non viene identificata nel soggetto in analisi.
Solo se il risultato è informativo, il test genetico
può essere esteso agli altri membri della famiglia
>18 anni di età che desiderino effettuarlo. Non è
indicata l’esecuzione del test nei minorenni,
poiché l’aumento del rischio di tumori riguarda
solo l’età adulta.
essere prese in considerazione misure non
chirurgiche e chirurgiche di prevenzione del
rischio. Le misure non chirurgiche di prevenzione
del rischio in donne con mutazione BRCA1/2
sono:
Programma
di
sorveglianza
clinicostrumentale
La strategia di screening consigliata in donne
portatrici di mutazione BRCA non sottoposte a
chirurgia profilattica è la seguente:
 Autopalpazione mensile del seno a partire
dall'età di 18 anni;
 Esame clinico del seno da due a quattro volte
l'anno a partire dall'età di 25 anni;
 Ecografia mammaria semestrale a partire dai
18 anni;
 Mammografia annuale e risonanza magnetica
mammaria di screening a partire dai 25 anni
e in ogni caso 10 anni prima dell’età
d’insorgenza del carcinoma mammario a
esordio più precoce nella famiglia (e
comunque non prima dei 18 anni);
 Due volte l'anno screening per carcinoma
ovarico con ecografia transvaginale e CA125 a partire dai 35 anni e comunque 5-10
anni prima dell’età di insorgenza del
carcinoma mammario a esordio più precoce
nella famiglia.
La risonanza magnetica come strategia di
sorveglianza in donne ad alto rischio, come
quelle portatrici di mutazione BRCA, ha
mostrato una sensibilità maggiore rispetto alla
mammografia aumentando il numero di pazienti
diagnosticate con malattia in fase iniziale.
L'impatto dell’esecuzione della MRI mammaria
sulla mortalità per carcinoma mammario nella
strategia di sorveglianza è ancora da dimostrare.
GESTIONE DEL RISCHIO AUMENTATO IN DONNE CON MUTAZIONE
BRCA1 E BRCA2
Poiché le acquisizioni scientifiche relative alla
suscettibilità ereditaria alle neoplasie mammarie
sono molto recenti, attualmente, non sono
ancora disponibili evidenze conclusive sulla
corretta gestione delle portatrici di mutazione
patogenetica nei geni BRCA1 e/o BRCA2.
L'unico approccio che si è dimostrato efficace nel
ridurre significativamente il rischio di sviluppare
la malattia è quello della chirurgia profilattica. Si
calcola infatti che la mastectomia bilaterale
profilattica, cioè, l’asportazione di ambedue
ghiandole mammarie, sia in grado di ridurre del
90-95% il rischio di sviluppare una neoplasia
mammaria.
In generale, nella gestione delle donne con
mutazione nei geni BRCA1 e/o BRCA2 possono
Salpingo-ovariectomia profilattica
Sebbene in una donna portatrice di mutazione
BRCA il rischio di sviluppare un carcinoma
ovarico sia
inferiore rispetto a quello di
75
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
sviluppare un carcinoma mammario, la mancanza
di metodi affidabili di diagnosi precoce e la
prognosi infausta del carcinoma ovarico
diagnosticato in fase avanzata portano a
considerare l’intervento di annessiectomia
bilaterale profilattica. L’efficacia di questa pratica
nel ridurre il rischio di carcinoma ovarico in
pazienti portatrici di mutazione BRCA è stata
dimostrata in diversi studi. Una metanalisi di 10
studi condotti in pazienti BRCA mutate ha
mostrato una riduzione del rischio di carcinoma
ovarico di circa l’80% dopo annessiectomia
bilaterale. Analogamente in un ampio studio
prospettico condotto su 1.079 donne BRCAmutate, l’annessiectomia bilaterale, a un followup mediano di tre anni, ha portato a una
riduzione del rischio dell’85% di sviluppare
tumori ginecologici (carcinomi ovarici, delle tube
di Faloppio e peritoneali) rispetto al gruppo di
controllo.
L’ovariectomia associata alla salpingectomia è
motivata dall’aumentato rischio in queste donne
di sviluppare neoplasie tubariche. L’intervento di
annessiectomia bilaterale in donne BRCA-mutate
è inoltre correlato anche con una riduzione del
rischio di carcinoma mammario del 50% circa in
relazione alla diminuita esposizione ormonale
che segue la rimozione chirurgica delle ovaie. La
maggiore riduzione del rischio di carcinoma
mammario è stata osservata in donne con
mutazione BRCA1 sottoposte all’intervento di
annessiectomia a un’età ≤40 anni.
Oltre alla riduzione del rischio di carcinoma
ovarico e mammario, in uno studio
l’annessiectomia ha mostrato un miglioramento
statisticamente significativo della sopravvivenza
globale e della sopravvivenza cancro-specifica.
L’annessiectomia profilattica dovrebbe essere
presentata come opzione di riduzione del rischio
a tutte le donne portatrici di mutazioni BRCA1 e
BRCA2 a partire dall’età di 35-40 anni e
comunque dopo aver completato il desiderio di
prole. L’asportazione chirurgica dovrebbe
comprendere le ovaie e le tube sino al loro
impianto nell’utero. Successivamente,
in
considerazione del rischio residuo (basso) di
sviluppare un tumore primitivo del peritoneo
(legato alla possibile presenza di isole di tessuto
ovarico peritoneale che potrebbero evolvere in
carcinoma), il dosaggio del CA125 dovrebbe
continuare a essere effettuato dopo l’intervento.
Mastectomia bilaterale profilattica
L'unico approccio che si è dimostrato efficace
nel ridurre significativamente il rischio di
sviluppare il carcinoma mammario è quello della
chirurgia profilattica. Si calcola infatti, in studi sia
retrospettivi che prospettici, che la mastectomia
bilaterale profilattica, cioè l’asportazione delle
ghiandole mammarie, sia in grado di ridurre del
90-95% il rischio di sviluppare una neoplasia
mammaria.
Il tipo di mastectomia profilattica può variare
dalla mastectomia totale alla mastectomia “nipple
sparing” che forniscono risultati cosmetici
superiori e, sebbene i dati al riguardo siano
limitati, non sembrano essere associate a un
aumentato rischio di recidiva locale. Le diverse
opzioni chirurgiche dovrebbero essere discusse
con la paziente unitamente ai rischi e benefici di
una ricostruzione immediata. A oggi non ci sono
prove sufficienti per raccomandare l’esecuzione
di routine della biopsia del linfonodo sentinella
nelle pazienti sottoposte a una mastectomia
profilattica.
TRATTAMENTO DELLE PAZIENTI
CON MUTAZIONE BRCA1/2 E DIAGNOSI DI CARCINOMA MAMMARIO
Sebbene la maggior parte di carcinomi mammari
sia di forma sporadica, il 5%-7% è legato a fattori
ereditari, due terzi dei quali determinati dalla
mutazione dei geni BRCA1-2.
Chirurgia
Ancora dibattuta è l’opzione chirurgica da
riservare a pazienti con mutazione BRCA1/2 e
diagnosi di carcinoma mammario: chirurgia
conservativa e radioterapia vs chirurgia radicale.
Le preoccupazioni iniziali circa il potenziale
effetto dannoso della radioterapia in pazienti
76
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
BRCA-mutate non hanno trovato fondamento e
numerosi studi supportano la chirurgia
conservativa come opzione ragionevole per il
trattamento del tumore primitivo in quanto il
rischio di recidiva ipsilaterale a 10 anni è stato
stimato intorno al 10%-15%, simile a quello
osservato in pazienti non portatrici di mutazione.
Studi con periodi di follow-up più lunghi
dimostrano un rischio di sviluppare un secondo
evento mammario ipsilaterale a 15 anni intorno al
24%, ma nella maggior parte dei casi si tratta di
un secondo tumore primitivo (e non di recidiva).
Sebbene con risultati diversi attraverso i vari
studi, la radioterapia, la chemioterapia,
l’ovariectomia e il tamoxifene si associano a una
diminuzione del rischio di eventi omolaterali, così
come avviene nel carcinoma della mammella
sporadico. Il rischio di carcinoma mammario
controlaterale non sembra variare per donne
sottoposte a chirurgia conservativa rispetto a
mastectomia
unilaterale.
Infine,
nessuna
differenza nella sopravvivenza globale a 15 anni è
stata osservata tra pazienti BRCA1/BRCA2
mutate che scelgono di sottoporsi a mastectomia
rispetto a chirurgia conservativa. A causa del
rischio aumentato di sviluppare un secondo
tumore primitivo che può arrivare fino al 60% in
giovani donne con mutazione BRCA1, molte
pazienti portatrici di mutazione scelgono di
sottoporsi a una mastectomia bilaterale al
momento della diagnosi di carcinoma mammario.
Il rischio di sviluppare un carcinoma mammario
controlaterale nelle pazienti affette da carcinoma
mammario portatrici di mutazione BRCA1/2 è
superiore rispetto a quello delle donne con
carcinoma mammario sporadico, e risulta essere
pari a circa il 40%. Tale rischio è più elevato
anche in donne BRCA- mutate sottoposte ad
annessiectomia e dipende dall'età al momento
della diagnosi iniziale. Per tali motivi e
soprattutto per le donne < 40 anni con diagnosi
di carcinoma mammario, la mastectomia
profilattica controlaterale può rappresentare
un'opzione efficacie nel ridurre il rischio di
insorgenza di una seconda neoplasia e alcuni dati
suggeriscono
che
possa
migliorare
sopravvivenza libera da malattia e globale.
la
GESTIONE DEL FOLLOW-UP
Il follow-up è il programma di sorveglianza a cui
sono sottoposte le pazienti con l’obiettivo di
individuare e trattare eventuali recidive locali o al
seno controlaterale. Al momento non vi sono
evidenze scientifiche che una diagnosi tempestiva
di metastasi a distanza possa incidere sulla
sopravvivenza. Il programma di follow-up deve
prevedere un’estensione per almeno 5 anni,
anche alla ricerca tempestiva di metastasi a
distanza qualora il rischio di recidiva sia valutato
medio-alto, cioè superiore al 30%.
• Al termine del trattamento primario e
secondario le pazienti devono essere
informate della necessità di controlli periodici.
• I programmi di follow-up di routine sono basati
essenzialmente su visite cliniche periodiche e
sulla esecuzione di una mammografia annuale.
L’obiettivo principale della sorveglianza dopo il
trattamento primario del carcinoma mammario è
il riconoscimento precoce di recidive di malattia
potenzialmente suscettibili di trattamento con
intento radicale. Inoltre, durante le visite di
controllo, assume particolare importanza il
monitoraggio, la gestione degli effetti collaterali
della terapia e la sorveglianza per il rischio
aumentato di secondi tumori. Allo stato attuale
non esiste alcuna evidenza che supporti la
prescrizione routinaria degli esami sottoindicati
nel follow -up del carcinoma mammario:
 Esame emocromocitometrico e profilo
biochimico.
 Radiografia del torace, scintigrafia ossea,
ecografia epatica.
 Marcatori tumorali.
Tali conclusioni sono state riportate dalle linee
guida dell’ASCO e si basano sui risultati di studi
randomizzati che, tuttavia, risalgono ad anni in
cui le opzioni diagnostico-terapeutiche e le
informazioni sulla biologia tumorale erano più
limitate. Un’accurata visita medica con una
77
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
dettagliata raccolta anamnestica, associata alla
mammografia annuale, rimangono i cardini di
quello che attualmente viene considerato un
follow-up ottimale. La prima mammografia di
controllo viene consigliata non prima di 6 mesi
dal completamento del trattamento radioterapico
sul parenchima mammario residuo e, quindi,
circa 9-12 mesi dopo l’intervento chirurgico.
Successivamente, è raccomandato ripeterla
annualmente.
L’utilizzo routinario della risonanza magnetica
mammaria è consigliato nelle donne portatrici di
mutazione a livello dei geni BRCA1/2, per le
quali è notevolmente aumentato il rischio di
sviluppare un secondo carcinoma sia ipsilaterale
che controlaterale. Un approfondimento
ginecologico per le pazienti non isterectomizzate
che stiano ricevendo un trattamento adiuvante
con Tamoxifene va effettuato su indicazione
clinica. Le donne che in corso di trattamento
presentino una metrorragia di qualsiasi entità, in
particolare se in postmenopausa, devono
sottoporsi tempestivamente a una visita
ginecologica ed ecografia ginecologica. Nelle
pazienti sottoposte a trattamento ormonale
quinquennale con inibitori delle aromatasi (AIs),
soprattutto se di età inferiore ai 60 anni,
dovrebbero essere indagati i livelli basali di FSH,
LH e 17-beta-estradiolo.
Altre metanalisi dimostrano che né la radiografia
né la TC del torace trovano un ruolo tra le
procedure diagnostiche da raccomandare nel
follow-up così come né la scintigrafia ossea né
l’analisi routinaria dei livelli sierici di Fosfatasi
Alcalina sono raccomandate routinariamente nel
follow-up. Lo stesso dicasi per l'ecografia epatica
e la TC dell’addome solitamente raccomandate di
routine in fase di follow-up. Il dosaggio di
CEA, CA 15-3 o CA 27.29 non è raccomandato
per la sorveglianza di routine dei pazienti con
carcinoma mammario dopo terapia primaria. Le
linee guida ASCO suggeriscono che se una
paziente con tumore mammario in fase precoce
desidera
proseguire
la
sorveglianza
esclusivamente presso il proprio Medico di
Medicina Generale, la presa in carico può
avvenire circa un anno dopo la diagnosi. In
questi casi, sia la paziente che il MMG devono
essere informati in merito al più appropriato
programma di follow-up.
78
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
ALGORITMI
79
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
80
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
Bibliografia consultata
 Stracci F, Gruppo do lavoro del RTUP. Il quadro epidemiologico per la programmazione della























prevenzione oncologica regionale in Umbria. CancerStat Umbria 2010;1:1-41.
I Tumori in Italia – Epidemiol Prev 2009;33(1-2) suppl.
I Tumori in Italia – Epidemiol Prev 2009;33(4-5) suppl.
Percorso diagnostico-terapeutico e follow up del cancro della mammella nella donna. http://
intranet.asl1.umbria.it/mediacenter/api.
NCCN Guidelines for Breast Cancer. http://www.nccn.org.
I numeri del cancro in Italia 2013. AIOM-AIRTUM. www.aiom.it.
Linee Guida neoplasia della mammella.http://www.aiom.it.
Screening del tumore al seno con la mammografia. http://www.cochrane.dk/screening/mammografiait.pdf.
Linee guida F.O.Ca.M 2006 per i tumori della mammella. http://www.senologia.it/index.php/f-o-n-cam/linee-guida.
Goldberg SN, Grassi CJ, Cardella JF, et al. Image-guided tumour ablation: standardization of
terminology and reporting criteria. Radiology 2005;235(3)728–739.
Sim LS, Hendriks JH, Bult P, et al. US correlation for MRI-detected breast lesions in women with
familial risk of breast cancer. Clin Radiol 2005;60(7):801–806.
La Radioterapia dei Tumori della Mammella: Indicazioni e Criteri Guida. AIRO.
http://www.radioterapiaitalia.it/allegato_1222_796.phtml.
Libro bianco sulla riabilitazione oncologica. http://www.favo.it/phocadownload/Libro_Bianco.pdf
Linee Guide ASCO for Breast Cancer. https://pilotguidelines.atlassian.net/wiki/display/GW/ASCO
+Guidelines.
Linee Guide ASCO for Breast Cancer. https://pilotguidelines.atlassian.net/wiki/display/BF/Breast
+Cancer+Follow-up+Home.
Radiologic Clinics of North America. Breast Imaging 2007;45(5):751-930.
Come cambia l’epidemiologia del tumore della mammella in Italia. http://www.registritumori.it/cms/files/impatto.pdf.
La radioterapia nel tumore della mammella. http://www.aosp.bo.it/files/Mammella.pdf.
Carcinoma mammario. Istituto Toscano Tumori. http://www.ittumori.it/ITA/pubblicazioni/raccomandazioni_ cliniche_2012/01_mammario.pdf.
Breast cancer risk factors: a review of the evidence. http://canceraustralia.gov.au/sites/default/files/
publications/rfrw-breast-cancer-risk-factors-a-review-of-the-evidence_504af03f5c512.pdf
Breast Cancer Screening. National Cancer Institute. http://www.cancer.gov/cancertopics/pdq/
screening/breast/ healthprofessional.
Breast Cancer Treatment. National Cancer Institute http://www.cancer.gov/cancertopics/pdq/
treatment/breast/healthprofessional.
Breast Cancer Treatment Male Breast Cancer. National Cancer Institute http://www.cancer.gov/
cancertopics/pdq/treatment/malebreast/healthprofessional.
Breast Cancer Treatment and Pregnancy. National Cancer Institute http://www.cancer.gov/
cancertopics/pdq/treatment/breast-cancer-and-pregnancy/healthprofessional.
81
PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI DELLA PAZIENTE CON TUMORE DELLA MAMMELLA
 Breast Cancer Treatment. National Cancer Institute http://www.cancer.gov/cancertopics/pdq/




treatment/breast/healthprofessional.
Catherine M. Appleton & Kimberly N. Wiele. Breast imaging cases (Cases in Radiology). 1 st Ed. Oxford
University Press 2012.
Harris JR, Lippman ME, Osborne CK, Morrow M. Diseases of the Breast. 5 th Ed. Lippincott Williams
& Wilkins 2012.
Ismail J & Manfred K. Management of Breast Diseases. 1st Ed. Springer 2010.
Urban C & Rietjens M. Oncoplastic and Reconstructive Breast Surgery. Breast Cancer. 2 nd Ed.Springer
2008.
Ringraziamento
Si ringraziano le dott.sse Silvia Leite e Chiara Lupi, del Registro Tumori Umbro di Popolazione, per il loro
contributo alla revisione editoriale del testo.
82
CANCERSTAT UMBRIA, ANNO VI NO.1
CancerStat Umbria
ISSN 2039-814X
Anno V, 2014
Numero 6
Numero 1
 Editoriale.
Slide show: Amianto e Salute. Terni 25 marzo 2014.
Slide show:

Gli screening oncologici in Umbria tra passato e
futuro.
 Lo screening che cambia: “il Pap.test si veste di
Molecolare”.
 Carcinoma del colon retto: Screening regionale.
supplemento 1
Modulo di Legislazione e Organizzazione sanitaria.
Numero 7
Numero 2
Numero 9
Slide show: Incontro italo-francese sul carcinoma
Slide show: Tumori e angiogenesi: dal laboratorio alla
mammario: problematiche attuali. Perugua, I e II
sessione. 22-23 Novembre 2013
supplemento 2
Quanta salute produce l’assistenza ospedaliera in
Umbria?
clinica. Perugia, 23 maggio 2014.
Slide show: Il cancro gastrico localmente avanzato.
Perugia, I e II sessione. 4 aprile 2014.
Slide show: Numero 8
Il cancro gastrico localmente avanzato. Perugia, III e IV
sessione. 4 aprile 2014.
Numero 10
Slide show: Il trattamento del carcinoma prostatico.
Standard terapeutici e aspetti controversi. Perugia, 20
giugno 2014.
Numero 3
Numero 11-12
 Epidemiologia del cancro della mammella.
 Slide show: La radioterapia nel carcinoma del
canale anale: indicazioni e criteri guida di
trattamento. Epidemiologia. Perugia, 18 Settembre
2014.
 Slide show: La prevenzione del tumore del colon
retto. Umbria e Spagna a confronto. Epidemiologia
del carcinoma del colon-retto in Italia. Perugia, 1
ottobre 2014.
 Slide show: L’integrazione dei dati per le analisi e
le decisioni di policy nel territorio. Il punto di vista
di utilizzatori e stakeholder. Il nostro GIS.
Giornata italiana della statistica. Terni, 21 ottobre
2014.
Slide show: Incontro italo-francese sul carcinoma
mammario: problematiche attuali. Perugia, III e IV
sessione. 22-23 Novembre 2013
Numero 4
Slide show: Incontro italo-francese sul carcinoma
mammario: problematiche attuali. Perugia, V sessione.
22-23 Novembre 2013
Numero 5
 Metodi per lo studio della deprivazione e le sue
relazioni con l’incidenza del cancro in un’area
locale
Methods to study the deprivation and its
relationships with cancer incidence in a local area
 Deprivazione e incidenza di cancro in un’area exindustriale a forte invecchiamento
Deprivation and cancer incidence in a deindustrialised and highly ageing area.
 Andamento della mortalità per cause in Umbria.
1994-2012
 L’incidenza del cancro in Umbria. 2008-2010
 Mortalità nell’azienda USL Umbria2 nei periodi
2003-2005, 2006-2008 e 2009-2011
83
CANCERSTAT UMBRIA, ANNO VI NO.1
CancerStat Umbria CancerStat Umbria
ISSN 2039-814X
Anno IV, 2013
ISSN 2039-814X
Anno III, 2012
Numero 1
 Editoriale: tre anni di CancerStat Umbria.
 La sopravvivenza per cancro in Umbria. 19942008.
 Rapporto sull’adesione allo screening mammografico nella AUSL2 dell’Umbria. Periodo 20002011.
supplemento 1
Slide show: PSA: to screen or not to screen. Parte A.
Città di Castello 24 novembre 2012.
Numero 1
I tumori della vescica.
Numero 2
Incidenza del cancro in Umbria. 2007-2009.
supplemento 2
Slide show: PSA: to screen or not to screen. Parte B.
Città di Castello 24 novembre 2012.
Numero 5
Ambiente e salute. Qualità dell’aria e prevenzione.
Convegno – Perugia 25 febbraio 2012.
Numero 2
Trend di mortalità per cause in Umbria. 1994-2010.
Numero 3-4
I tumori delle alte vie aereo-digestive.
supplemento 1
VIDEO. Tavola rotonda: La sanità pubblica in Umbria.
Opinioni e prospettive.
Numero 6
Slide show:
Numero 3

Screening mammografico. Gestire la complessità
per guadagnare in salute. Perugia 8-9 marzo 2012.
 La georeferenziazione nella registrazione dei
tumori: approccio metodologico e prospettive di
studio. XVI Riunione scientifica annuale
AIRTUM. Como 29-31 marzo 2012.
supplemento 2
VIDEO. Tavola rotonda: Medicina predittiva e sanità
pubblica.
Slide show: Seminari della Scuola di Specializzazione
in Igiene e Medicina Preventiva
11/01/2013).
(10/12/2012 e 10-
Numero 4-5
 Attività oncologica della Clinica Dermatologica
del Policlinico Universitario di Terni.
 I dati 2008-2011 del Sistema di sorveglianza
PASSI sugli screening in Umbria.
 La prevenzione ambientale e gli esposti.
Numero 7
I tumori dell’ovaio.
Numero 6
In cancro dell’endometrio.
Numero 8-9
La geografia del cancro in Umbria: incidenza 19782008
Numero 7-8
Slide show:


Numero 10-11
I tumori multipli in Umbria. 1994-2008.
PSA e screening per il carcinoma prostatico: le
criticità viste dall’anatomopatologo.
EAU guidelines. Prostate cancer 2013.
Numero 12
 La Rete Regionale Oncologica dell’Umbria.
 Slide show: Comunicazioni del RTUP al
45° Congresso Nazionale SItI, S. Margherita
di Pula, 3-6 ottobre 2012.
 Il potenziale di salute del comune.
Numero 9
Il cancro del retto
Numero 10
 Slide show: Il ruolo dell’igienista nel Servizio
Sanitario Nazionale.
 Epidemiologia del cancro del colon-retto.
Numero 11
Approccio diagnostico terapeutico al paziente con
carcinoma del retto.
Numero 12
Valutazione dell’assistenza sanitaria. Principi, metodi e
applicazioni relative al SSR umbro.
84
CANCERSTAT UMBRIA, ANNO VI NO.1
CancerStat Umbria
ISSN 2039-814X
CancerStat Umbria
Anno II, 2011
Anno I, 2010
Numero 0
Numero 1
Mortalità per cause nelle ASL dell’Umbria. 2005- Le statistiche del cancro e della mortalità in Umbria.
2009.
Numero1
 Ultime pubblicazioni dei collaboratori del
Numero 2
Anni di vita potenziale persi (YPLL) in Umbria.
RTUP.
1995-1999 e 2005-2009.
 Technology assessment della metodica di
prelievo e di preparazione della citologia in
Numero 3-4
fase liquida (LBC – Liquid Based Citology)
Il cancro della prostata.
……
Numero 5
Numero 2
 Ciò che bisogna sapere per decidere se sottoporsi L’incidenza del cancro in Umbria, 2006-2008.
allo screening per il cancro della prostata.
 Partecipazione al IV round dello screening Numero 3
 Il Registro Rumori Infantili Umbrocitologico della AUSL 2 dell’Umbria.
Marchigiano.
Numero 6
 La ricerca dei tumori professionali
Il cancro del rene.
nell’ambito del progetto OCCAM.
Numero 7
Slide show: Fumo o salute. I sessione.
Numero 4
Il quadro epidemiologico per la programmazione
della prevenzione oncologica regionale in Umbria.
Numero 8
I tumori della tiroide.
Numero 5
Slide show: Incontro con il Gruppo multidisciplinare
regionale per le neoplasie tiroidee in Umbria.
Perugia 28/29 ottobre 2010.
Numero 9
Slide show: Fumo o salute. II e III sessione.
Numero 10
Slide show: GISCoR. I sessione.
Numero 6
Slide show:
 Incontro con il Gruppo multidisciplinare
regionale per le neoplasie tiroidee in Umbria.
Perugia 28/29 ottobre 2010.
 Convegno: Nuove acquisizioni nella gestione
clinica del carcinoma della tiroide di origine
follicolare: cosa dicono le linee guida?
Numero 11
Slide show: GISCoR. II sessione.
Numero 12
Il cancro del pene e del testicolo.
Numero 7
Slide show: Neoformazioni della cute e del cavo
orale. Melanoma. Terni 13.11.2010
85
CANCERSTAT UMBRIA, ANNO VI NO.1
86