Riciclo di fluido e di elementi nel mantello terrestre durante la

Bollettino della Comunità Scientifica in Australasia
Ambasciata d’Italia
Dicembre 2003
CANBERRA
Riciclo di fluido e di elementi nel mantello terrestre durante la
subduzione
Marco Scambelluri
Il mantello terrestre costituisce un involucro di rocce pressurizzate ad alta temperatura
compreso tra la sottile crosta esterna ed il nucleo metallico della Terra. La dinamica
del mantello è guidata dalla convezione: il motore dei principali processi geologici a
grande scala quali la migrazione delle placche, la formazione ed espansione degli
oceani, il vulcanismo. La fusione parziale delle rocce del mantello terrestre in risposta
ai movimenti convettivi genera la gran maggioranza dei magmi: questi ultimi vengono
accumulati in superficie portando all’accrescimento della crosta continentale. Il
ripetersi di questi processi nelle ere geologiche ha generato il progressivo
impoverimento del mantello terrestre nei componenti che vengono concentrati nei
magmi e nella crosta terrestre. Il flusso di materia dal mantello verso la superficie della
Terra è stato ed è controbilanciato dall’ immissione di rocce crostali nel mantello sino
a profondità di circa 600 km in corrispondenza delle zone di subduzione (Fig1),
localizzate ai margini delle placche in collisione. Durante la subduzione l’acqua
incorporata nelle rocce in seguito all’interazione con fluidi superficiali e/o con l’acqua
di mare, diventa progressivamente instabile nei minerali. Il riscaldamento delle rocce
causa il rilascio dell’acqua mediante reazioni di disidratazione che scandiscono la
trasformazione metamorfica dei minerali idrati in altri minerali, più anidri e più densi.
Il fluido acquoso rilasciato dalle placche subdotte risale verso la superficie migrando
nel mantello soprastante causandone l’idratazione, abbassandone il punto di fusione
parziale e quindi innescando la formazione di magmi. La disidratazione delle placche
subdotte può inoltre generare sismi di profondità intermedia, localizzati tra 50 e 200
km di profondità. I processi suddetti sono considerati tra le cause principali delle
attività sismiche e vulcaniche che caratterizzano i margini tra placche convergenti.
Queste evidenze hanno fortemente accresciuto nell’ultimo decennio l’importanza
dell’acqua nei minerali del mantello terrestre attirando l’interesse dei ricercatori sul
ruolo giocato dai fluidi nella dinamica del mantello. Numerosi studi hanno inoltre
documentato che la disidratazione delle placche subdotte è accompagnata dal riciclo
nel fluido di componenti quali cloro, boro, litio ed altri elementi incompatibili nelle
rocce subdotte e presenti in basse quantità nelle rocce del mantello. Questi elementi
vengono attualmente usati (i) come traccianti del passaggio di fasi fluide nel mantello,
(ii) per ricostruire le interazioni fluido/roccia ed i processi che accompagnano il flusso
di fluidi ed elementi nel mantello, (iii) per definire il ciclo degli elementi a scala globale.
Non esiste un modo per osservare direttamente i processi che avvengono nel mantello
e le informazioni disponibili derivano principalmente dalla sismologia, dall’analisi
geochimica dei magmi eruttati in superficie, da simulazioni sperimentali e numeriche.
Esistono inoltre crescenti prove che le rocce affioranti in superficie in alcune catene
montuose siano importanti testimoni di antichi processi di subduzione sino a
profondità estreme > 100-200 km. Queste eccezionali condizioni hanno favorito la
cristallizzazione minerali quali il diamante, la coesite e alcune forme di altissima
pressione dell’olivina e del granato. Queste rocce conservano le tracce delle
trasformazioni metamorfiche avvenute durante la subduzione e contengono ancora
minute inclusioni dei fluidi liberati in profondità. Lo studio dei minerali e dei fluidi
costituenti queste rocce è al momento attuale un’importante frontiera nel campo delle
Scienze della Terra poiché aiuta a decifrare processi che avvengono in ambienti
inaccessibili e che determinano fenomeni parossistici quali il vulcanismo e la sismicità
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in zone di convergenza tra placche. L’applicazione allo studio di queste rocce delle più
moderne tecnologie per l’analisi dell’acqua e degli elementi in traccia nei singoli
minerali e nelle inclusioni di fluido, consente di ricostruire il flusso di fluidi ed
elementi nelle zone di subduzione e permette di monitorare le interazioni tra questi
fluidi e il mantello soprastante la zone di subduzione.
L’Università di Genova e la Research School of Earth Sciences (RSES) dell’Australian
National University di Canberra studiano da tempo questi processi sia mediante
l’analisi di rocce naturali, sia mediante esperimenti di laboratorio che simulano le
condizioni termiche e bariche caratteristiche della subduzione. Particolarmente
significative sono state le sinergie per lo studio della subduzione delle serpentiniti,
rocce abbondanti nella litosfera oceanica e particolarmente ricche di acqua. La stabilità
delle serpentiniti sino a circa 200 km di profondità durante la subduzione ha permesso
di identificare queste rocce quali i più importanti serbatoi profondi per il rilascio di
acqua nel mantello. Le collaborazioni tra l’Università di Genova e la RSES di Canberra
hanno riguardato il ruolo di queste rocce negli ambienti di subduzione e la natura dei
fluidi rilasciati (Scambelluri et al., 1995, Geology, 23, 459-462; 2001; Scambelluri et al.,
2001, Earth Planet. Sci. Lett., 192, 457-470 ; Hermann et al., 2000, Tectonophysics,
327, 225-238).
Nell’ambito di questa collaborazione il Prof. Marco Scambelluri ha condotto uno stage
di ricerca presso la Research School of Earth Sciences, The Australian National
University di Canberra. Lo stage si e’ concentrato sull’applicazione di nuove tecnologie
allo studio dei principali minerale costituenti il mantello terrestre, mediante l’utilizzo di
tecnologie Laser-Ablation ICP-MS, spettroscopia ad infra-rosso e microsonda
elettronica, disponibili presso la RSES. In particolare il progetto di collaborazione ha
riguardato il trasferimento dalla crosta al mantello terrestre di acqua e di elementi in
traccia durante la subduzione di crosta continentale, e l’influenza di questi processi
nella dinamica del mantello terrestre. Il progetto è stato condotto in collaborazione
con il Dr. Joerg Hermann. Durante lo sviluppo del progetto sono avvenute
significative interazioni con altri ricercatori e con lo staff tecnico della RSES.
Il progetto ha affrontato i seguenti temi principali:
1) i differenti stili di idratazione e metasomatismo registrati dalle scaglie di peridotiti di
mantello affioranti nella Valle di Ultimo (Bolzano, Italia). Queste rocce registrano
stadi crescenti di idratazione e di scambio di elementi con le rocce crostali in ambienti
di subduzione e sono un materiale unico e di grande importanza per chiarire i processi
di movimento delle scaglie di mantello verso le placche crostali subdotte. Il progetto e’
inserito in una collaborazione tra le Universita’ Italiane di Genova e di Bologna, ed è
stato recentemente cofinanziato da parte del MURST. La collaborazione intrapresa dal
Prof. Scambelluri con la RSES dell’ANU è quindi rivolta a dare un approfondimento e
un allargamento internazionale al progetto suddetto.
2) La subduzione e’ lo scambio di elementi tra rocce crostali e di mantello ad altissime
pressioni. La ricerca e’ stata condotta sulle rocce a granato e coesite della catena
Dabie-Shan – Sulu della Cina. Anche queste rocce sono materiali di grande interesse
da parte della comunità scientifica internazionale poichè costituiscono un record di
profondità estrema raggiunto durante il metamorfismo delle rocce crostali e di
mantello. Lo studio è attualmente parte di una tesi di Dottorato presso l’Universita’ di
Genova. Questo progetto prevede per il futuro uno stage presso l’RSES da parte della
studentessa di Dottorato per approfondire i temi suddetti. Anche questo tema di
ricerca è inserito in un progetto di cofinanziato dal MURST.
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Il Prof. Scambelluri intende ringraziare l’Ambasciata Italiana a Canberra, in particolare
il Dr. Sasanelli, e l’Australian National University per il finanziamento fornito, per la
grande opportunità di allacciare contatti e sviluppare i progetti scientifici, e per la
disponibilità di strutture e strumenti scientifici.
Fig 1: Rappresentazione Schematica dei processi nella zona di subduzione.
Fig 1: Schematic representation of subduction zone processes.
Prof Marco Scambelluri
Dipartimento per lo Studio del Territorio e delle sue
Risorse,
Università degli Studi di Genova,
Corso Europa 26, 16132, Genova, Italy
Tel. 0039 010 3538315
Email: [email protected]
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