Assunzione di Maria al cielo
Poiché le verità definite sulla Madonna non hanno degli espliciti riferimenti rivelati, i testi
utilizzati dalla liturgia della Parola nelle specifiche feste non sempre possono essere di valido aiuto
per la riflessione, pertanto bisogna fare ricorso con più delicatezza alla visione generale del disegno
divino, alla riflessione teologica e al concetto principale della definizione dogmatica.
Prima della riflessione sulla verità dell’Assunta, torna utile però premettere due cose:
1) quando si parla di Maria bisogna evitare esagerazioni: “Il concilio Vaticano II esorta
caldamente i teologi e i predicatori della parola divina ad astenersi con ogni cura da qualunque falsa
esagerazione, come pure dalla grettezza di mente, nel considerare la singolare dignità della Madre
di Dio” (LG n. 67);
2) il discorso intorno alla Madonna, però, non può mai essere un discorso autonomo: deve
passare sempre attraverso il discorso di Cristo. Ciò comporta che nei destinatari del messaggio
mariano si esige una fede autentica e matura in Cristo Gesù. Come solo Cristo rivela il mistero di
Dio, perché ne è l’immagine visibile (Col 1, 15), così solo Cristo svela l’arcano segreto della sua
Madre (Gv 2, 4-5: “che ho da fare con te o donna? Non è ancora giunta la mia ora”. Traslazione:
perché me lo chiedi? Puoi agire tu stessa! Maria, però, dà la precedenza al Figlio: “Fate quello che
vi dirà”).
Solo la fede in Cristo apre la via al discorso sulla Madonna, la cui maternità verginale è
presentata come segno della divinità del Figlio. Il Figlio della Madre-Vergine è veramente Figlio di
Dio. Lo stretto legame di Madre-Figlio li rende inseparabilmente uniti sia nella storia che nella
preistoria, come una speciale “coppia” originale e originante (Figlio-Madre), da cui tutto ciò che
esiste ha avuto origine. L’unione non distrugge, però, la differenza sostanziale: Cristo è Dio e Maria
una creatura. Maria rimanda sempre a Cristo, mentre Cristo solo a Dio.
Dall’odierna liturgia, tuttavia, in onore dell’Assunzione della Vergine Maria in corpo e anima
nella gloria celeste, si può con tranquillità utilizzare la P iniziale che esprime gli stessi concetti della
verità dogmatica definita da Pio XII nel 1950: “Dio onnipotente ed eterno hai innalzato alla gloria
del cielo in corpo e anima l’Immacolata Vergine Maria, Madre di Cristo tuo Figlio” e nostro
Signore; mentre la definizione di Pio IX recita: “l’Immacolata sempre Vergine Maria, Madre di
Dio, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo”.
Precisazione. La verità definita riguarda soltanto lo stato glorioso della Vergine. Nulla dice circa
il modo in cui Maria vi giunse, se passando attraverso la morte e la risurrezione, oppure
direttamente. La gloria celeste di cui si parla è lo stato di beatitudine nel quale si trova attualmente
l'umanità santissima di Gesù Cristo, e quella di Maria, a cui si aggiungeranno alla fine del mondo
tutti gli eletti come premio alla loro fede in Cristo nell’esercizio della carità (Mt 25, 31-46).
La verità dell’Assunta, insieme a quelle della Maternità e dell’Immacolata, entra nella rosa dei
tre privilegi principali di Maria. Definita da Pio XII, il 1° novembre 1950 con la bolla
Munificentissimus Deus, si può notare che nella definizione - “l’Immacolata sempre Vergine Maria,
Madre di Dio, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo” vengono intrecciate insieme le tre verità mariane: Maternità Immacolata e Assunzione, cui fa da
sfondo onniabbraciante il grandioso privilegio della Predestinazione assoluta insieme a quella di
Cristo, come già messo in evidenza da Pio IX nella definizione dogmatica dell’Immacolata
Concezione nella bolla Ineffabilis Deus (8 dicembre 1854), che ripropone essenzialmente il
pensiero del Beato Duns Scoto. Difatti, nel grandioso disegno d’amore di Dio (Ef 1, 3-6), Cristo e
Maria sono gli unici predestinati in modo assoluto dall’eternità, a differenza degli altri esseri
razionali che invece lo sono solo condizionatamente in forza della risposta positiva all’accettazione
di Cristo che dice: o come me o contro di me (Lc 11, 23: “chi non è con me, è contro di me!”).
Principio che da un lato chiarisce il premio degli Angeli buoni e la condanna eterna degli Angeli
cattivi; e dall’altro, la formulazione del “principio di vicinanza” che il Beato Duns Scoto ha
formulato per giustificare la diversità di partecipazione della beatitudine concessa da Cristo ai suoi
fedeli, come suggerisce anche la 2L di Paolo: “Ognuno risorgerà però al suo posto: prima Cristo,
che è la primizia, poi…quelli che sono di Cristo”.
Chi è di Cristo, ossia chi è più vicino a Cristo?
Secondo il “principio della vicinanza”, prima di tutto la Madre, Maria Vergine, Immacolata e
Assunta, poi gradualmente tutti gli altri: Angeli buoni, Santi e fedeli secondo il loro grado di
appartenenza a Cristo. Applicazione che altro non è che il risultato del giudizio finale, che il Cristo
esprimerà su ciascuno secondo le proprie opere buone fatte a Lui nei fratelli (Mt 25, 31-46).
Circa la questione della morte di Maria, Pio XII ha deliberatamente evitato di pronunciarsi sulla
questione se Maria sia prima morta, per poi risorgere, oppure sia stata assunta immediatamente
senza passare attraverso la morte. Il fatto che il Papa non si sia pronunciato è degno di nota, poiché
molti pensavano che l'Assunzione andasse necessariamente intesa come un'anticipata risurrezione,
in modo da implicare necessariamente la morte. Ed erano state fatte pressioni sul Sommo Pontefice
perché nella definizione dogmatica facesse riferimento anche alla morte, cosa che egli non ha fatto.
La questione della morte o non morte di Maria rimane dunque lasciata alla libera ricerca dei
teologi, anche se bisogna riconoscere che l'opinione dei “mortalisti”, per chiamarla così, è di gran
lunga più diffusa di quella degli “immortalisti”. La Vergine Santissima, l’Immacolata, - afferma
anche Paolo VI nella Solemnis Professio fidei (30 giugno 1968) -
“associata ai misteri
dell’Incarnazione e della Redenzione con un vincolo stretto e indissolubile, al termine della sua vita
terrena, è stata elevata in corpo e anima alla gloria celeste e configurata a suo Figlio risorto,
anticipando la sorte futura di tutti i giusti”. Anche Giovanni Paolo II, nella catechesi del 25 giugno
1997, pur senza l'intenzione di chiudere il dibattito, ha parlato della morte naturale, o dormitio, di
Maria, come di un fatto comunemente ammesso.
Tentativo di spiegazione. Il Dottore dell’Immacolata, introducendo la distinzione tra valore di
legge naturale e valore di legge morale, dice che la morte appartiene alla legge naturale, e come
tale non ammette eccezioni di sorta; il peccato originale, invece, alla legge morale, che sopporta
l’eccezione, come di fatto è avvenuto nella storia della salvezza. In questo modo si comprende
anche la differenza dell’universalità del peccato con l’universalità della morte. Di per sé, la morte è
una conseguenza del peccato originale, secondo Paolo (Rm 5, 12), cioè per demerito; in Cristo e
Maria, invece, la morte risponde alla legge naturale e non alla legge morale, dal momento che essi
erano esenti da ogni peccato.
In sintonia con il mistero globale di Cristo, Duns Scoto instaura una forma di perfetta analogia:
come Cristo è morto ed è risorto, così Maria è morta risuscitata e assunta in cielo. Il fondamento
della sua posizione è dato anche dal commento al passo del Genesi (3, 19): “sei polvere e in polvere
ritornerai”. Il valore dell’espressione è così generale che non ammette eccezione, neppure per Cristo
e Maria.
Grazie, Beato per l’insegnamento: Maria è il Capolavoro di Cristo!