ANALOGICO E DIGITALE
I sistemi digitali vengono spesso presentati come sinonimi di perfezione,
ma la realtà è un po’ diversa.
Analogico viene da "analogo": il segnale analogico segue esattamente
l'andamento della grandezza che rappresenta. Quindi può essere
considerato inizialmente perfetto. Noi, con i nostri cinque sensi,
interagiamo con l'ambiente circostante mediante segnali analogici.
Nei segnali digitali tutto viene ridotto a una sequenza di "0" e "1".
0110010001101110010101100111
Ovviamente nei circuiti elettronici non sono presenti numeri, ma un
segnale rettangolare che li rappresenta. Ad esempio l'assenza
di tensione in un certo istante viene interpretato come "zero", mentre la
presenza di una tensione pari a 5 volt come "uno". Ogni singolo valore
"0" o "1" prende il nome di bit.
ANALOGICO E DIGITALE
AUTORIGENERAZIONE
Una delle ragioni che fanno preferire l'utilizzo dei segnali digitali rispetto a
quelli analogici è l'autorigenerazione. Senza entrare in dettagli tecnici, se
i segnali digitali contengono errori al di sotto di una certa soglia, si autocorreggono.
In un segnale digitale solo parzialmente deformato, proprio la limitazione
ai soli valori "0" e "1", rende i bit ancora riconoscibili.
In pratica se un dispositivo digitale riceve un segnale deformato
(disegnato in alto) lo interpreta come se fosse privo di errori (segnale
disegnato in basso).
ANALOGICO E DIGITALE
ESEMPIO: LA TELEVISIONE
Ormai tutto il sistema televisivo italiano è passato al digitale terrestre
(DVB-T). Nella vecchia TV analogica, man mano che il segnala si
degradava, l'immagine peggiorava (da A a C).
TV ANALOGICA
Con segnale perfetto, sia in analogico che in digitale si ha un'immagine (A)
di buona qualità (a volte quella digitale, se eccessivamente compressa, può
essere peggiore).
ANALOGICO E DIGITALE
ESEMPIO: LA TELEVISIONE
Ormai tutto il sistema televisivo italiano è passato al digitale terrestre
(DVB-T). Nella vecchia TV analogica, man mano che il segnala si
degradava, l'immagine peggiorava (da A a C).
TV DIGITALE
Con un limitato degrado, come già scritto, il segnale digitale è in grado di
autorigenerarsi. Pertanto l'immagine B è identica alla A. Se però il degrado è
elevato, il digitale diventa totalmente inutilizzabile (quadrettature, disturbi
nell'audio, schermo nero).
Tra qualche anno potrebbe arrivare il DVB-T2, che non tutti i televisori in vendita
oggi sono in grado di ricevere.
Semiconduttori
L'elettronica è il regno dei semiconduttori, materiali con un
comportamento che, a seconda delle condizioni di utilizzo, si può
avvicinare sia a quello degli isolanti che a quello dei conduttori. I più
utilizzati
sono
il
silicio
(Si)
e
il
germanio
(Ge).
Mentre nei conduttori la corrente è dovuta ai soli elettroni liberi, cariche
elettriche negative, nei semiconduttori è presente anche il contributo
delle lacune, cariche elettriche positive. Elettroni e lacune si muovono,
ovviamente,
in
senso
opposto.
In un semiconduttore puro il numero degli elettroni liberi è identico al
numero delle lacune, ma nella maggior parte dei casi vengono
utilizzati semiconduttori drogati, cioè semiconduttori a cui sono state
aggiunte delle impurità. Abbiamo così semiconduttori di tipo P, in cui
le lacune risultano in numero maggiore degli elettroni liberi,
e semiconduttori di tipo N, in cui sono gli elettroni liberi a essere in
numero maggiore rispetto alle lacune.
Semiconduttori
SEMICONDUTTORI
CARICHE
MAGGIORITARIE
puri
nessuna
di tipo P
lacune (positive)
di tipo N
elettroni (negative)
Semiconduttori
Un semiconduttore con una parte di tipo P e un'altra adiacente di tipo
N, costituisce una giunzione PN.
Immediatamente dopo la creazione di una giunzione PN, si forma
spontaneamente al centro una zona di svuotamento, cioè una zona
svuotata da tutte le cariche libere di muoversi (elettroni e lacune).
Pertanto in queste condizioni iniziali non può circolare corrente.
Diodo
Il diodo è un componente elettronico attivo semilineare a due terminali
(bipolo), la cui funzione ideale è quella di permettere il flusso di corrente
elettrica in un verso e di bloccarla totalmente nell'altro, la qual cosa viene
realizzata ponendo dei vincoli (contatti metallici) alla libertà di movimento
e di direzione dei portatori di carica.
Il simbolo circuitale del diodo esprime chiaramente questa funzione: il
triangolo indica la direzione che permette il flusso di corrente elettrica
considerato convenzionalmente dal polo positivo (denominato Anodo)
a quello negativo (denominato Catodo), mentre la sbarra ne indica il
blocco.
Diodo raddrizzatore
Da questa struttura iniziale si sono evoluti nel tempo sia componenti
con struttura più complessa basati su un principio differente, come i
diodi a tempo di carica, sia nuovi dispositivi a tre terminali, come gli
SCR e i triac, che hanno abbandonato il nome di "diodo".
Diodo a giunzione
Il diodo a giunzione è un diodo a semiconduttore molto diffuso nell'ambito
dell'elettronica a stato solido. È stato il primo dispositivo a semiconduttore
reso disponibile commercialmente negli anni 1940.
Viene realizzato utilizzando prevalentemente cristalli di Silicio drogati ad
un'estremità (chiamata zona p) con atomi trivalenti (per es. Boro) ed all'altra
(chiamata zona n) con atomi pentavalenti (per es. Fosforo). Tra la zona p e
la zona n si crea una stretta zona di transizione in cui, a causa della
variazione brusca nel tipo del drogaggio del semiconduttore (da cui il nome
giunzione p-n), si crea una barriera di potenziale.
Diodo a giunzione
Nella figura, è schematizzato il cristallo di Silicio, con la zona n (a destra)
drogata con gli atomi di Fosforo e la zona p (a sinistra) drogata con gli
atomi di Boro; nel contempo, è possibile fare un parallelo con il simbolo
circuitale del diodo: la zona n corrisponde alla parte a destra, quella con la
sbarra orizzontale, ed il terminale corrispondente viene chiamato
usualmente catodo, mentre la zona p corrisponde alla parte a sinistra,
quella con il triangolo, ed il corrispondente terminale viene chiamato
usualmente anodo.
Diodo a giunzione
Come si vede dalla figura, il diodo a
giunzione tipo p-n crea intorno alla regione
di carica spaziale un gradiente di carica: le
lacune dalla zona tipo p tenderanno a
spostarsi verso la zona n e, viceversa, gli
elettroni tenderanno a spostarsi verso la
zona tipo p: questo fenomeno è chiamato
diffusione. Nel punto di giunzione, avviene il
fenomeno della ricombinazione: le lacune e
gli elettroni si ricombinano e quindi si ha una
piccola regione di svuotamento o di
transizione o regione di carica spaziale. Lo
spessore di questa regione è dell'ordine di .
Immediatamente a destra e a sinistra di
detta regione, vi è un accumulo di cariche,
come indicato nel primo diagramma della
figura.
Diodo a giunzione
Il secondo diagramma mostra il campo
elettrico in modulo, che si crea nella regione
di carica spaziale: esso è dovuto al doppio
strato che si viene a formare per la presenza
delle densità di cariche positive e negative
accumulate in vicinanza del punto di
giunzione. Questo campo elettrico ha
direzione da n a p ed è negativo in modulo.
Esso si oppone ad un ulteriore passaggio di
cariche da una zona all'altra, cioè si oppone
alla diffusione di carica e si ha equilibrio.

E   dx

x0
x
Dove ρ è la densità di carica ed la costante
dielettrica assoluta del materiale.
Diodo a giunzione
Nel terzo diagramma della figura, si vede
l'andamento del potenziale elettrostatico nella
regione di carica spaziale: esso è l'integrale
del campo elettrico:
V    Edx
che crea una barriera di potenziale che si
oppone alla diffusione di cariche entro la
giunzione.
Applicando una tensione V
con il morsetto negativo alla
zona p e con il morsetto
positivo alla zona n, il diodo è
polarizzato inversamente.
La
presenza
di
questa
tensione provoca un aumento
della barriera di potenziale :
si ha dunque una riduzione
del
flusso
di
cariche
maggioritarie,
cioè
gli
elettroni dal lato n e le lacune
dal lato p sono impediti ad
attraversare la barriera. Non
sono influenzati invece i
portatori di carica minoritari,
cioè le lacune dal lato n e gli
elettroni dal lato p, che quindi
contribuiscono a creare una
corrente indicata in figura,
chiamata
corrente
di
saturazione inversa . Tale
corrente ha una dipendenza
con
la
temperatura,
raddoppiando all'incirca in
modulo ogni 10 °C.
Diodo a giunzione
Giunzione p-n polarizzata
Giunzione p-n polarizzata
Nella seconda figura, invece, i
morsetti vengono ribaltati. Il
morsetto
positivo
del
generatore di tensione viene
collegato al lato p e quello
negativo al lato n: si ha
polarizzazione diretta. In
questo caso, la tensione V viene
sottratta (
), in modo che,
abbassando
la
barriera
di
potenziale, non sussista più
l'equilibrio, e gli elettroni della
zona n (portatori maggioritari)
tendano a spostarsi verso la
zona p mentre viceversa le
lacune dalla zona p si spostano
verso la zona n: la loro somma
crea una corrente diretta nel
diodo.
Diodo a giunzione
Caratteristica tensionecorrente
Diodo a giunzione
Come si vede la particolarità del diodo è quella di condurre pochissimo al di
sotto di una tensione di lavoro Vγ che dipende dal materiale e dal diodo e per i
diodi al Si è tipicamente di 0,6 - 0,7 V. In corrispondenza della tensione di
lavoro, vi è ovviamente un'unica intensità di corrente di lavoro, il che implica che
il diodo deve essere correttamente dimensionato quando utilizzato nei circuiti
elettronici, per far sì che l'intensità di corrente ai capi del dispositivo non superi
mai la massima intensità di corrente prevista per quello specifico diodo,
parametro spesso denominato intensità di corrente nominale.
La
curva
caratteristica,
che
rappresenta il funzionamento di un
diodo, è quella in rosso nell'immagine
seguente: in pratica vediamo come
varia la corrente I nel diodo al variare
della tensione V applicata. Notiamo
che un diodo, anche se polarizzato
direttamente, non conduce fino al
raggiungimento della tensione di
soglia Vs (zona B evidenziata in
giallo). Questa tensione vale circa 0,7
volt per i diodi al silicio e 0,25 volt
per i diodi al germanio.
Superata la tensione di soglia il diodo
conduce (zona A evidenziata in
verde).
Se
il
diodo
viene
polarizzato
inversamente
non
conduce
o,
comunque, la corrente inversa è
normalmente trascurabile (zona C
evidenziata in rosa).
Nei diodi utilizzati come raddrizzatori
non bisogna raggiungere la zona D di
breakdown (in viola), nella quale la
corrente assume valori elevati.
Diodo a giunzione
Caratteristica tensionecorrente
Diodo a giunzione
Applicazioni circuitali
Per le sue caratteristiche il diodo è utilizzato in molte
applicazioni. Esso è utilizzato per modulare la forma d'onda di
ingresso come limitatore di ampiezza, e come comparatore
rispetto ad una tensione di riferimento. L'uso più comune è
quello di raddrizzatore a una o a doppia semionda, cioè
permette di raddrizzare la forma d'onda periodica come
quella sinusoidale. Inoltre può essere associato al passaggio
di corrente un fenomeno visivo, il diodo prende il nome di
L.E.D. (light emitting diode).
Diodo L.E.D.
Il diodo LED il cui acronimo è Light Emitting Diode, ovvero un diodo classico
ad emissione di luce, è un componente elettronico con lo stesso
funzionamento del diodo al silicio, contenente anch'esso una giunzione P-N
realizzata con arseniuro di gallio o fosforo di gallio; entrambi i tipi di diodi
led, polarizzati direttamente con una tensione compresa tra 1.5Volt e
3.2Volt(è necessario conoscere le caratteristiche tecniche del diodo, questo
valore varia a seconda della sua lunghezza d'onda, più è minore, e più
tensione potrà cadere ai suoi capi), in modo tale da consentire il passaggio
di corrente compreso tra 10 e 30 mA all'interno della sua giunzione,
emetteranno una luce; la luce può assumere diverse colorazioni, a seconda
del tipo di materiale usato. Questo fenomeno viene chiamato
"elettroluminescenza", ed è reso possibile dall'emissione di fotoni che
vengono prodotti dalla ricongiunzione degli elettroni e delle lacune solo
quando il diodo viene polarizzato direttamente.
Diodo L.E.D.
La sua forma più comune può essere rappresentata dalla
figura a sinistra, anche se i diodi led si differiscono tra di
loro per colori e forme, dimensioni e potenze, a seconda del
loro campo di utilizzo.
Si può ben notare che hanno un terminale più
lungo(solitamente è il positivo) ed uno più corto (negativo),
e per funzionare in un circuito elettrico, devono essere
obbligatoriamente rispettate le polarità.
Per l'utilizzo di un diodo led, è sempre necessario collegare
una resistenza in serie ad esso, per il semplice motivo di
limitare la corrente che passa e non distruggere la
giunzione interna. Questo avviene per il motivo spiegato
nella caratteristica tensione-corrente di un diodo (vedi
curva diodo), e cioè che a piccoli variazioni di tensioni, si
hanno grandi variazioni di corrente, che di conseguenza
portano alla rottura della giunzione, danneggiando così il
diodo.
Diodo L.E.D.
Alimentazione diretta diodi LED:
Qui di seguito sono inseriti alcuni valori di tensioni dirette
standard di alimentazione dei diodi led.
Queste tensioni variano al variare del colore del LED.
Colore
Colore
Colore
Colore
Colore
Colore
ROSSO: 1.8 Volt
GIALLO: 1.9 Volt
ARANCIO: 2.0 Volt
VERDE: 2.0 Volt
BLU: 3.5 Volt
AZZURRO: 3.0 Volt
Diodo L.E.D.
Caratteristiche principali dei diodi led:
possono lampeggiare a frequenze molto alte, superiori al Mhz;
emettono luce fredda, a differenza delle classiche lampadine a
filamento;
sono
particolarmente
adatti
alla
trasmissione
di
segnali
tramite modulazione dell'intensità luminosa;
grazie ai bassi consumi di corrente, è molto utilizzato
nell'illuminazione a vantaggio del risparmio energetico;
nella fabbricazione si possono raggiungere molte varianti di
colore, ed utilizzando il Nitruro di Gallio, si può raggiungere una
colorazione blu chiara.
FotoDiodi trasmettitori e
ricevitori
I fotodiodi sono dei diodi che entrano in conduzione solo quando
vengono colpiti da una sorgente luminosa.
Negli schemi elettrici questi componenti, che esternamente possono
avere la forma di un diodo oppure di un transistor, vengono raffigurati
come un normale diodo a cui si aggiungono all’esterno delle frecce così
da poterli distinguere dai componenti non sensibili alla luce. Se il diodo
è emittente le frecce vengono rivolte verso l’esterno, se ricevente verso
l’interno del componente. In pratica possiamo paragonare i fotodiodi alle
fotoresistenze perché riescono a variare la loro resistenza ohmica al
variare della luce, con la sola differenza che i fotodiodi devono essere
collegati alla tensione di alimentazione rispettando la loro polarità
positiva e negativa.
FotoDiodi trasmettitori e
ricevitori
Per farli funzionare bisogna infatti collegare il terminale Catodo (K) al
positivo di alimentazione tramite una resistenza, come per un normale
diodo led, ed
il loro terminale Anodo (A) al negativo. La resistenza, che serve per
limitare la corrente, si può collegare anche sul terminale Anodo.
Esistono dei fotodiodi sensibili alla sola luce solare ed altri sensibili ai
raggi all’infrarosso, che, come sapete, sono invisibili al nostro occhio.
Tanto per portarvi un esempio, nel televisore sono presenti dei fotodiodi
all’infrarosso che, captando i raggi infrarossi emessi da diodi emittenti
sempre all’infrarosso presenti nel telecomando, ci consentono di
cambiare canale, di alzare o abbassare il volume, di regolare la
luminosità o di accentuare o attenuare i colori. I fotodiodi emittenti e
riceventi vengono di norma usati per gli apriporta automatici o anche per
realizzare degli antifurti o dei contapezzi.
I TRANSISTOR
I transistor sono componenti a tre terminali. Da uno di questi è
possibile regolare il passaggio di corrente tra gli altri due. Facendo
ricorso, come in altri casi, a un esempio idraulico, possiamo
considerarli dei rubinetti.
Come il rubinetto ha bisogno della pressione dell'acqua per svolgere
il suo compito, così il transistor deve essere polarizzato, cioè
correttamente alimentato.
I TRANSISTOR
Il transistor può funzionare come:
- amplificatore: piccole variazioni del segnale di comando su un terminale,
generano grosse variazioni nel passaggio di corrente tra gli altri due;
- interruttore elettronico: il segnale di comando ha solo due livelli in modo
da ottenere o il massimo passaggio di corrente (interruttore chiuso) o
assenza di corrente (interruttore aperto).
Il segnale di comando in alcuni transistor (BJT) è una corrente, in altri (JFET,
MOSFET) è una tensione.
Poichè le funzioni del transistor richiedono la presenza di quattro terminali
(quadripolo), due di ingresso e due di uscita, uno dei tre sarà comune sia
all'ingresso che all'uscita. Sono costituiti da due diodi collegati in serie
Nell'esempio generico in figura, il terminale (3) è comune tanto
all'ingresso (1 - 3) che all'uscita (2 - 3), permettendo di ottenere
un quadripolo.
IL BJT - TRANSISTOR
BIPOLARE
I tre terminali di un BJT sono Base, Collettore ed Emettitore.
NPN
PNP
La corrente di emettitore IE è quella più elevata. La freccia indica proprio
il verso di questa corrente. Poichè
IE = IB + IC
stabilito il verso di IE, risulta stabilito anche il verso di IB e IC (se IE è uscente BJT NPN - IB e IC sono entranti - il contrario per i BJT PNP). Con una piccola
corrente IB viene regolato il passaggio di una corrente più elevata tra collettore
ed emettitore.
IL BJT - TRANSISTOR
BIPOLARE
In base al terminale posto in comune a ingresso e
uscita,
possiamo
avere
tre
configurazioni:
emettitore-comune,
base-comune,
collettorecomune.
I
figura
possiamo
vedere
la
schematizzazione della configurazione emettitorecomune in un BJT NPN.
Come già scritto, un transistor, prima di svolgere la sua funzione, deve essere
polarizzato. Vediamo un esempio di polarizzazione, sempre con la configurazione
emettitore-comune.
IL BJT - TRANSISTOR
BIPOLARE
Attraverso il trimmer (T) è
possibile eseguire la taratura
della corrente continua di base
IB ottenendo la corrispondente
corrente
di
collettore
Ic
(aumentando IB aumenta Ic).
In questo modo impostiamo
quello che viene chiamato
punto di lavoro a riposo del
transistor. Il rapporto tra
corrente
di
collettore
e
corrente di base prende il
nome di guadagno di corrente
in continua o statico
hFE = Ic / IB
Non ha unità di misura (numero puro) e indica semplicemente quante
volte la corrente di collettore è più alta della corrente di base.
I FOTOTRANSISTOR
I
fototransistor
sono
dei
rivelatori di luce più sensibili
dei fotodiodi, in generale più
lenti nella risposta.
Sono
sostanzialmente
dei
transistori
bipolari
(BJT)
polarizzati
normalmente
e
senza la corrente di base (in
alcuni tipi tale terminale è
mancante). Se la giunzione BC
viene illuminata, si crea una
corrente inversa IL
dipendente
linearmente
dall’intensità luminosa. Questa
corrente va aggiungersi alla
debole ICBO già presente nei
BJT.
Si sfrutta l’effetto di amplificazione della corrente inversa. Il rumore di fondo
generato è minore di quello del fotodiodo.
La grande sensibilità del dispositivo permette la connessione con dispositivi
logici senza bisogno di amplificazioni ulteriori. I fototransistor (F.T.) vengono
usati negli encoder di posizione, per creare delle “barriere luminose”.
Lo schema seguente impiega un F.T. in funzionamento on/off
(presenza/assenza di luce); conviene inviare il segnale di collettore a un
trigger per la squadratura della forma d’onda (fronti ripidi):
IL TRIAC
Il Triac è un componente elettronico, di tipo semiconduttore,
specificamente progettato per controllare carichi in corrente
alternata (dall'inglese TRIode for Alternating Current).
IL TRIAC
Dal punto di vista implementativo, il Triac è
impiegato essenzialmente in due modi:
relè
dimmer (regolatore di potenza)
Un utilizzo particolare è il seguente:
Regolatore di tensione
Si tratta di un dispositivo a tre terminali, di cui due sono detti anodi e sono la via di
passaggio per la corrente controllata, mentre il terzo, definito gate, è l'ingresso di
controllo. Idealmente il Triac equivale a due SCR collegati in antiparallelo con il gate in
comune. Ciascun elemento conduce solamente nel semiperiodo dell'onda in cui è
polarizzato direttamente, da quando viene applicato un impulso di corrente al gate
(superiore ad una soglia minima di sensibilità) fino al passaggio per lo zero della
corrente. Nel caso della rete elettrica industriale a 50 Hz il semiperiodo dura 0,01
secondi. Si noti che il Triac non regola la corrente, ma può trovarsi esclusivamente
nelle modalità di conduzione o interdizione. Ciò non è uno svantaggio, anzi permette di
gestire elevate potenze con piccoli segnali di comando e con limitata dissipazione di
calore.
IL DIODO
RADDRIZZATORE
Un raddrizzatore consente di ottenere, partendo da una tensione alternata, una
corrente pulsante unidirezionale. Il più semplice circuito raddrizzatore si ottiene
utilizzando un solo diodo.
Alimentandolo con una tensione alternata sinusoidale, il diodo D permette la
circolazione della corrente in un solo verso (indicato dalla freccia), eliminando
una semionda.
tensione alternata sinusoidale
IL DIODO
RADDRIZZATORE
Come conseguenza la corrente
(e quindi la tensione) che
interessa la resistenza R, avrà
un andamento pulsante.
tensione pulsante
In questo caso si parlerà di raddrizzatore ad una semionda.
Se invece di eliminare una semionda, si rende più efficiente il circuito
ribaltandola, otteniamo un raddrizzatore a doppia semionda.
IL DIODO
RADDRIZZATORE
Come vediamo nell'animazione, la
corrente
percorre
l'utilizzatore
(rappresentato genericamente da un
rettangolo) sempre nello stesso verso,
sia durante la semionda positiva, sia
durante quella negativa.
Si ottiene ancora una tensione pulsante,
ma sfruttando anche la semionda
negativa.
raddrizzatori a doppia semionda
tensione pulsante
ALIMENTATORI
I circuiti elettronici richiedono generalmente un'alimentazione in bassa
tensione continua.
Per utilizare la normale tensione di rete a 230 volt alternati, deve essere
utilizzato un alimentatore che abbassi la tensione rendendola, allo stesso
tempo, continua. Esso è costituito da quattro blocchi:
- Trasformatore: riduce la tensione che, però, rimane ancora alternata;
- Raddrizzatore: obbliga la corrente a scorrere in un solo verso, eliminando una
delle due direzioni di percorrenza che si hanno in regime alternato - otteniamo
una tensione pulsante;
- Filtro: livella la tensione pulsante ottenendone una quasi continua (rimane
sempre una piccola ondulazione residua chiamata ripple);
- Stabilizzatore: non interviene direttamente nel passaggio da tensione
continua a tensione alternata, ma stabilizza la tensione di uscita anche in
presenza di variazioni di assorbimento di corrente.