LA LEZIONE
Calorimetria
Un quesito semplice negli scambi termici è il calcolo ideale della temperatura raggiunta
mescolando quantità uguali di acqua a temperatura T1 e T2 in un recipiente tralasciando
gli scambi di calore con l’esterno e con il recipiente stesso.
La risposta è intuitiva: la temperatura di equilibrio è la media delle due temperature
iniziali. La stessa questione con masse diverse di acqua è più complicata. Si riesce
ancora in qualche modo a guidare gli allievi alla soluzione riconducendo il problema a
tante masse uguali ciascuna con una data temperatura T1 o T2. La temperatura di
equilibrio è allora una media pesata in cui la temperatura T1 ha un “peso” diverso da ½
uguale al rapporto m1/(m1+m2) e la temperatura T2 viene moltiplicata per il fattore
corrispondente m2/(m1+m2). Il modello più complesso dell’equilibrio termico di due
sostanze diverse non ammette una soluzione riconducibile alle sole masse e
temperature. In altre parole queste grandezze non sono sufficienti per descrivere il
sistema delle due sostanze poste a contatto termico. Si introduce allora il calore
specifico c, grandezza che misura (a parità di massa) le differenti risposte delle
sostanze (ΔT) in un’esperienza in cui entrambe sono sottoposte allo stesso scambio
termico (l’esempio classico e il riscaldamento su fornelli identici). La temperatura finale
tenendo conto del calore specifico è allora:
Teq =
m1c1 T1 +m 2 c 2 T2
=
m1c1 +m 2 c 2
c2
T
c1 2
c
m1 +m 2 2
c1
m1 T1 +m 2
.1
Dall’ultima espressione risulta chiaramente che la determinazione della temperatura di
equilibrio dipende solo dal rapporto dei calori specifici delle due sostanze. Si potrebbe
assumere il calore specifico di una sostanza di riferimento (l’acqua) uguale a 1 (come
avvenne agli inizi della calorimetria) e trovare tutti gli altri valori relativi.
L’inconveniente è l’unità di misura che, così facendo, non corrisponde all’unità adottata
dal sistema internazionale. La deduzione dell’espressione per la temperatura di
equilibrio avviene infatti grazie alla grandezza calore Q=mcΔT. Ipotizzando inoltre, in
un modello in cui il primo corpo passa dalla temperatura T1 a Teq e il secondo da T2 a
Teq, una sorta di principio di conservazione in cui tutto il calore assorbito dal corpo a
1 La stessa espressione è scritta in forma più compatta sostituendo il prodotto massa per calorespecifico
con la capacità termica indicata generalmente nei testi con la lettera C maiuscola.
temperatura iniziale inferiore è, a parte il segno, uguale al calore ceduto dal corpo
caldo che si è raffreddato: Qass+Qced=0.2
Si può realizzare l’esperimento utilizzando un calorimetro delle mescolanze, dell’acqua
e un metallo con temperatura prossima a 100 °C e le tabelle dei calori specifici
(un’esperienza classica del biennio). Gli eventuali allontanamenti dei valori previsti
dalla formula ideale sono giustificati attraverso il concetto di equivalente in acqua del
calorimetro. Di nuovo identificando il calore come una sorta di energia del sistema
associata alla temperatura (la sola grandezza variabile).3
In seguito, la misura del calore è trattata nell’ambito dei passaggi di stato che non
mutano la temperatura del corpo, accennando ai calorimetri a ghiaccio come esempio
per introdurre il calore latente. Infine, nell’ambito delle reazioni di combustione, si
presenta una terza tabella quella dei poteri calorifici (dopo i calori specifici e i calori
latenti).
I chimici, a loro volta per misurare il calore, preferiscono utilizzare, per tutte le
trasformazioni (transizioni di fase, reazioni chimiche, combustione, idrogenazione,
formazione) a pressione costante, la funzione termodinamica entalpia.
L’apparente semplicità delle espressioni e del rimando a tabelle (caratteristiche del
fenomeno affrontato) nasconde in realtà un problema. Per limitarci al caso del calore
specifico di una sostanza il suo valore non è costante, ma dipende dalla temperatura e
dallo stato di aggregazione della sostanza. Non solo, anche nell’ambito di un sistema
come il gas perfetto bisogna distinguere il calore specifico misurato a pressione
costante da quello a volume costante. In altre parole la determinazione dello scambio
di calore tra il gas e l’ambiente dipende fortemente dal tipo di trasformazione a cui il
gas è sottoposto.
Processi meccanici non ideali
Con una piccola sferetta in caduta libera e un cronometro digitale centesimale collegato
a una fotocellula e a un interruttore elettromeccanico è facile “verificare” nel
laboratorio del biennio il principio di conservazione dell’energia meccanica. Le variazioni
di energia dovute all’attrito dell’aria sono compensate dagli errori sperimentali. D’altra
parte basta collegare la sferetta a un filo facendola diventare un pendolo per
convincersi che la somma dell’energia cinetica e dell’energia potenziale gravitazionale
non è costante nel tempo, ma decresce fino a raggiungere il valore minimo
corrispondente al punto di equilibrio stabile. Gli attriti possono modificare fortemente il
sistema, ma è difficile misurare le piccole variazioni di temperatura conseguenti
all’attrito. Merito degli sperimentatori dell’Ottocento fu quello di ideare semplici
dispositivi in cui la perdita di energia meccanica potesse tradursi in una variazione di
2 I segni corrispondono alle variazioni di temperatura. Per il corpo che aumenta la temperatura Q>0, per
l’altro Q<0.
3 In effetti i manuali spesso preferiscono parlare solo di energia scambiata mediante un flusso di calore.
temperatura misurabile dell’acqua all’interno di un calorimetro. Il mulinello di Joule è
l’esempio più citato.
Abbiamo già ricordato che dei corpi in caduta libera, per brevi tratti, hanno
un’accelerazione pressoché costante. Se questi però sono accoppiati con dei sistemi di
pale (mulinello) che si muovono all’interno dell’acqua, rapidamente il moto dei pesi, da
naturalmente accelerato si trasforma in rettilineo uniforme. La variazione di energia
potenziale non è quindi uguale all’energia cinetica nel punto più basso raggiunto dai
corpi. Il pezzo mancante dell’energia (trascurando sempre l’aria e gli altri sistemi
diversi dall’acqua e dai corpi in caduta) lo dovrò trovare interamente nell’acqua come
variazione di energia “interna” misurabile attraverso la variazione di temperatura.
Ripetendo più volte l’esperimento e valutando l’equivalente in acqua del calorimetro e
del mulinello, si può generalizzare il principio di conservazione dell’energia meccanica
in un principio generale di conservazione che tenga conto di tutti i sistemi in gioco e di
tutte le forme dell’energia.
La misura del lavoro in termodinamica
Una cella elettrolitica (una pila), un gas contenuto in un recipiente con una parete
mobile, combustibile e comburente reagenti in un cilindro di un motore termico, un
materiale paramagnetico, un filo metallico in tensione, una pellicola sottile su una
superficie di acqua, una sostanza dielettrica, sono esempi di sistemi termodinamici
semplici. Per ognuno di essi si potrebbe generalizzare il concetto di forza e di
spostamento arrivando ad un’espressione per il lavoro esterno compiuto dal sistema, a
parte alcune puntualizzazioni sul segno, come prodotto di una forza generalizzata (una
grandezza intensiva) per uno spostamento generalizzato (una variazione di una
grandezza esteniva). Nel caso dei fluidi la forza generalizzata può essere identificata
con la pressione P e lo spostamento con la variazione di volume ΔV. Rimanendo al caso
più generale il lavoro esterno L per un sistema che non mantiene costante la forza
generalizzata F, va calcolato a partire dall’insieme degli stati, l’insieme dei valori della
trasformazione F(X), attraverso la misura di un’area (si veda figura).
In altre parole è possibile, tra gli stessi stati (iniziale e finale), ottenere valori diversi
del lavoro, cambiando la forma della curva che delimita il rettangoloide in figura. La
conseguenza è che in un ciclo il cui il sistema ritorni alle condizioni iniziali su percorsi
diversi il lavoro non è nullo. Esso è rappresentato dall’area delimitata dalla curva
chiusa. Il sistema ideale, pur non variando la sua energia interna, è riuscito a mettere
in movimento un qualche dispositivo esterno. Ciò è possibile grazie agli scambi termici
con l’ambiente (uno in entrata e uno in uscita) tali che il calore netto scambiato sia
proprio uguale al lavoro. Vedremo nelle prossime lezioni che questo scambio non possa
avvenire solo con una sorgente (a diversa temperatura rispetto a quella del sistema),
ma in linea teorica per ora potremmo scrivere se ΔU=0 Q=L.
Il primo principio
Il primo principio della termodinamica associa la variazione di energia interna ΔU di un
sistema agli scambi di calore e lavoro del sistema con l’ambiente (con opportune
convenzioni sui segni di calore e lavoro, riportate nella immagine che segue).
Tra le grandezze misurabili in joule vi sono distinzioni essenziali. L’energia interna è una
funzione di stato, dunque la sua variazione non dipende dalla trasformazione
effettuata. Consideriamo ad esempio un sistema costituito da acqua alla temperatura Ti
all’interno di un recipiente a pareti rigide, ma conduttrici (in contatto con l’aria esterna)
con palette meccaniche all’interno del fluido. Lo stato iniziale del liquido fermo è
definito dalla temperatura iniziale. Dopo molto tempo si ottiene un valore più alto della
temperatura, Tf. La conclusione è che si può valutare ΔU indipendentemente dalla
conoscenza del processo meccanico o termico (o misto) che ha portato l’acqua da Ti a
Tf. potrebbe essere stato scaldato con energia radiante, con un fornello, con il lavoro
del mulinello, o in qualche altro modo ingegnoso, ma la variazione di energia è
misurabile in modo indipendente. Viceversa, le misure del calore e del lavoro sono
intimamente connesse al processo. Dipendono dal percorso (l’insieme degli stati) che
ha portato dallo stato iniziale a quello finale. Si può indicare una simile dipendenza
scrivendo un’espressione per il primo principio della forma:
Q i-f = (Uf - Ui) + L i-f
Dove il singolo pedice è caratteristico della funzione di stato, mentre la forma i-f
sottolinea la necessità di definire nei dettagli la trasformazione termodinamica che ha
condotto da i a f. D’altra parte nel processo senza scambi di calore (adiabatico) la
variazione di energia interna è (a parte il segno) uguale al lavoro esterno del sistema.
Quindi, nel caso ideale in cui Q=0, il lavoro è equivalente alla variazione di una
funzione di stato. Allo stesso modo, se il sistema non scambia lavoro esterno con
l’ambiente, il calore diviene in qualche modo una forma di energia (termica) che si
conserva. Per questo motivo una trattazione solo “calorica” o solo meccanica delle due
grandezze non può evidenziare la loro specificità rispetto all’energia. Ciò non deve far
pensare che calore e lavoro abbiano lo stesso status e siano interscambiabili. La storia
delle macchine e il secondo principio hanno codificato altre profonde differenze tra le
modalità di trasferimento dell’energia.