Il primo principio della termodinamica (materiale per la LIM)

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IL PRIMO PRINCIPIO DELLA
TERMODINAMICA
Lezioni d'Autore
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Calorimetria (I)
Un quesito semplice negli scambi termici è il
calcolo ideale della temperatura raggiunta
mescolando quantità uguali di acqua a
temperatura T1 e T2 in un recipiente
tralasciando gli scambi di calore con l’esterno
e con il recipiente stesso.
Calorimetria (II)
La risposta è
intuitiva: la
temperatura di
equilibrio è la
media delle due
temperature
iniziali.
Calorimetria (III)
La stessa questione con masse diverse di
acqua è più complicata. Si riesce ancora in
qualche modo a guidare gli allievi alla
soluzione riconducendo il problema a tante
masse uguali ciascuna con una data
temperatura T1 o T2. La temperatura di
equilibrio è allora una media pesata in cui
la temperatura T1 ha un “peso” diverso da
½ uguale al rapporto m1/(m1+m2) e la
temperatura T2 viene moltiplicata per il
fattore corrispondente m2/(m1+m2).
Calorimetria (IV)
Il modello più complesso dell’equilibrio
termico di due sostanze diverse non
ammette una soluzione riconducibile alle
sole masse e temperature. In altre parole
queste grandezze non sono sufficienti per
descrivere il sistema delle due sostanze
poste a contatto termico. Si introduce allora
il calore specifico c, grandezza che misura
(a parità di massa) le differenti risposte
delle sostanze (DT) in un’esperienza in cui
entrambe sono sottoposte allo stesso
scambio termico (l’esempio classico e il
riscaldamento su fornelli identici).
Calorimetria (V)
La temperatura finale tenendo conto del
calore specifico è allora:
Dall’ultima espressione risulta chiaramente
che la determinazione della temperatura di
equilibrio dipende solo dal rapporto dei
calori specifici delle due sostanze.
Calorimetria (VI)
Si potrebbe assumere il calore specifico di
una sostanza di riferimento (l’acqua)
uguale a 1 (come avvenne agli inizi della
calorimetria) e trovare tutti gli altri valori
relativi. L’inconveniente è l’unità di misura
che, così facendo, non corrisponde all’unità
adottata dal sistema internazionale. La
deduzione dell’espressione per la
temperatura di equilibrio avviene infatti
grazie alla grandezza calore Q=mcDT.
Calorimetria (VII)
Ipotizzando inoltre, in un modello in cui il primo
corpo passa dalla temperatura T1 a Teq e il
secondo da T2 a Teq, una sorta di principio di
conservazione in cui tutto il calore assorbito dal
corpo a temperatura iniziale inferiore è, a parte
il segno, uguale al calore ceduto dal corpo caldo
che si è raffreddato: Qass+Qced=0.
Calorimetria (VIII)
Si può realizzare l’esperimento
utilizzando un calorimetro delle
mescolanze, dell’acqua e un
metallo con temperatura
prossima a 100 °C e le tabelle
dei calori specifici
(un’esperienza classica del
biennio). Gli eventuali
allontanamenti dei valori
previsti dalla formula ideale
sono giustificati attraverso il
concetto di equivalente in acqua
del calorimetro. Di nuovo
identificando il calore come una
sorta di energia del sistema
associata alla temperatura (la
sola grandezza variabile).
Calorimetria (IX)
In seguito, la misura del
calore è trattata
nell’ambito dei passaggi
di stato che non mutano
la temperatura del corpo,
accennando ai calorimetri
a ghiaccio come esempio
per introdurre il calore
latente. Infine,
nell’ambito delle reazioni
di combustione, si
presenta una terza
tabella quella dei poteri
calorifici (dopo i calori
specifici e i calori
latenti).
Calorimetria (X)
I chimici, a loro volta per misurare il calore,
preferiscono utilizzare, per tutte le trasformazioni
(transizioni di fase, reazioni chimiche,
combustione, idrogenazione, formazione) a
pressione costante, la funzione termodinamica
entalpia.
Calorimetria (XI)
L’apparente semplicità delle espressioni e del
rimando a tabelle (caratteristiche del fenomeno
affrontato) nasconde in realtà un problema. Per
limitarci al caso del calore specifico di una
sostanza il suo valore non è costante, ma dipende
dalla temperatura e dallo stato di aggregazione
della sostanza. Non solo, anche nell’ambito di un
sistema come il gas perfetto bisogna distinguere il
calore specifico misurato a pressione costante da
quello a volume costante. In altre parole la
determinazione dello scambio di calore tra il gas e
l’ambiente dipende fortemente dal tipo di
trasformazione a cui il gas è sottoposto.
Processi meccanici non ideali (I)
Con una piccola sferetta in caduta libera e un
cronometro digitale centesimale collegato a una
fotocellula e a un interruttore elettromeccanico è
facile “verificare” il principio di conservazione
dell’energia meccanica.
Le variazioni di energia dovute all’attrito dell’aria
sono compensate dagli errori sperimentali. D’altra
parte basta collegare la sferetta a un filo facendola
diventare un pendolo per convincersi che la somma
dell’energia cinetica e dell’energia potenziale
gravitazionale non è costante nel tempo, ma
decresce fino a raggiungere il valore minimo
corrispondente al punto di equilibrio stabile.
Processi meccanici non ideali (II)
Gli attriti possono
modificare fortemente il
sistema, ma è difficile
misurare le piccole
variazioni di temperatura
conseguenti all’attrito.
Merito degli sperimentatori
dell’Ottocento fu quello di
ideare semplici dispositivi in
cui la perdita di energia
meccanica potesse tradursi
in una variazione di
temperatura misurabile
dell’acqua all’interno di un
calorimetro. Il mulinello di
Joule è l’esempio più citato.
Processi meccanici non ideali (III)
Abbiamo già ricordato che dei corpi in caduta libera,
per brevi tratti, hanno un’accelerazione pressoché
costante. Se questi però sono accoppiati con dei
sistemi di pale (mulinello) che si muovono
all’interno dell’acqua, rapidamente il moto dei pesi,
da naturalmente accelerato si trasforma in rettilineo
uniforme. La variazione di energia potenziale non è
quindi uguale all’energia cinetica nel punto più
basso raggiunto dai corpi.
Processi meccanici non ideali (IV)
La parte mancante dell’energia (trascurando sempre
l’aria e gli altri sistemi diversi dall’acqua e dai corpi
in caduta) lo dovremo trovare interamente
nell’acqua come variazione di energia “interna”
misurabile attraverso la variazione di temperatura.
Ripetendo più volte l’esperimento e valutando
l’equivalente in acqua del calorimetro e del
mulinello, si può generalizzare il principio di
conservazione dell’energia meccanica in un principio
generale di conservazione che tenga conto di tutti i
sistemi in gioco e di tutte le forme dell’energia.
La misura del lavoro in termodinamica (I)
Una cella elettrolitica (una pila), un gas contenuto
in un recipiente con una parete mobile, combustibile
e comburente reagenti in un cilindro di un motore
termico, un materiale paramagnetico, un filo
metallico in tensione, una pellicola sottile su una
superficie di acqua, una sostanza dielettrica, sono
esempi di sistemi termodinamici semplici. Per
ognuno di essi si potrebbe generalizzare il concetto
di forza e di spostamento arrivando ad
un’espressione per il lavoro esterno compiuto dal
sistema, a parte alcune puntualizzazioni sul segno,
come prodotto di una forza generalizzata (una
grandezza intensiva) per uno spostamento
generalizzato (una variazione di una grandezza
estensiva). Nel caso dei fluidi la forza generalizzata
può essere identificata con la pressione P e lo
spostamento con la variazione di volume DV.
La misura del lavoro in termodinamica (II)
Rimanendo al caso più generale il lavoro esterno L
per un sistema che non mantiene costante la forza
generalizzata F, va calcolato a partire dall’insieme
degli stati, l’insieme dei valori della trasformazione
F(X), attraverso la misura di un’area.
La misura del lavoro in termodinamica (III)
In altre parole è possibile, tra gli stessi stati (iniziale
e finale), ottenere valori diversi del lavoro,
cambiando la forma della curva che delimita il
rettangoloide in figura. La conseguenza è che in un
ciclo il cui il sistema ritorni alle condizioni iniziali su
percorsi diversi il lavoro non è nullo. Esso è
rappresentato dall’area delimitata dalla curva
chiusa.
La misura del lavoro in termodinamica (IV)
Il sistema ideale, pur non variando la sua energia
interna, è riuscito a mettere in movimento un
qualche dispositivo esterno. Ciò è possibile grazie
agli scambi termici con l’ambiente (uno in entrata e
uno in uscita) tali che il calore netto scambiato sia
proprio uguale al lavoro. Vedremo nelle prossime
lezioni che questo scambio non possa avvenire solo
con una sorgente (a diversa temperatura rispetto a
quella del sistema), ma in linea teorica per ora
potremmo scrivere se DU=0 Q=L.
Il primo principio (I)
Il primo principio della termodinamica associa la
variazione di energia interna DU di un sistema agli
scambi di calore e lavoro del sistema con l’ambiente
(con opportune convenzioni sui segni di calore e
lavoro, riportate nello schema).
Il primo principio (II)
Tra le grandezze misurabili in joule vi sono
distinzioni essenziali. L’energia interna è una
funzione di stato, dunque la sua variazione non
dipende dalla trasformazione effettuata.
Consideriamo ad esempio un sistema costituito da
acqua alla temperatura Ti all’interno di un recipiente
a pareti rigide, ma conduttrici (in contatto con l’aria
esterna) con palette meccaniche all’interno del
fluido. Lo stato iniziale del liquido fermo è definito
dalla temperatura iniziale. Dopo molto tempo si
ottiene un valore più alto della temperatura, Tf.
Il primo principio (III)
La conclusione è che si può valutare DU
indipendentemente dalla conoscenza del processo
meccanico o termico (o misto) che ha portato
l’acqua da Ti a Tf. : potrebbe essere stato scaldato
con energia radiante, con un fornello, con il lavoro
del mulinello, o in qualche altro modo ingegnoso,
ma la variazione di energia è misurabile in modo
indipendente.
Il primo principio (IV)
Viceversa, le misure del calore e del lavoro sono
intimamente connesse al processo. Dipendono dal
percorso (l’insieme degli stati) che ha portato dallo
stato iniziale a quello finale. Si può indicare una
simile dipendenza scrivendo un’espressione per il
primo principio della forma:
Q i-f = (Uf - Ui) + L i-f
Dove il singolo pedice è caratteristico della
funzione di stato, mentre la forma i-f sottolinea la
necessità di definire nei dettagli la trasformazione
termodinamica che ha condotto da i a f.
Il primo principio (V)
D’altra parte nel processo senza scambi di calore
(adiabatico) la variazione di energia interna è (a
parte il segno) uguale al lavoro esterno del sistema.
Quindi, nel caso ideale in cui Q=0, il lavoro è
equivalente alla variazione di una funzione di stato.
Allo stesso modo, se il sistema non scambia lavoro
esterno con l’ambiente, il calore diviene in qualche
modo una forma di energia (termica) che si
conserva.
Il primo principio (VI)
Per questo motivo una trattazione solo “calorica” o
solo meccanica delle due grandezze non può
evidenziare la loro specificità rispetto all’energia.
Ciò non deve far pensare che calore e lavoro
abbiano lo stesso status e siano interscambiabili.
La storia delle macchine e il secondo principio
hanno codificato altre profonde differenze tra le
modalità di trasferimento dell’energia.
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