Lezioni di economia pubblica - Università degli studi di Pavia

LEZIONI
DI
ECONOMIA PUBBLICA
a cura di
Giorgio Panella
Fiorenza Carraro
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Indice
Cap. 1 – Il settore pubblico
pag. 1
Cap. 2- La produzione e l’erogazione dei beni e servizi pubblici pag. 25
Cap. 3 - I prezzi pubblici
pag 43
Cap. 4 - La valutazione degli investimenti privati.
pag. 65
Cap. 5- La valutazione dei progetti di investimento pubblici
pag. 107
Cap. 6 – Analisi costo efficacia (cost effectiveness)
pag. 139
Cap. 7 - Analisi multi criteri
pag. 143
Cap. 8 - Il business plan
pag. 155
Cap. 9 - Il project financing
pag. 167
Appendice - Elementi di matematica finanziaria
pag. 171
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CAP. 1 – IL SETTORE PUBBLICO E LE POLITICHE DI
REGOLAZIONE.
1. L’intervento dello Stato in economia.
La concorrenza può produrre un’efficiente allocazione delle risorse, ma
questo risultato è raggiungibile solo in presenza di condizioni ben precise. In
tutti i sistemi economici di mercato queste condizioni vengono in qualche
misura violate dando luogo al cosiddetto fallimento del mercato. L’operatore
pubblico cerca allora di eliminare le distorsioni del sistema economico, nella
fattispecie:
- gli effetti esterni o esternalità;
- i beni pubblici o quasi pubblici;
- la mancanza di mercati per le risorse;
- i mercati diversi da quelli concorrenziali;
- la presenza di incertezza e rischio;
- l’orizzonte temporale troppo breve.
E’ questo uno degli obiettivi di politica economica perseguiti dall’operatore
pubblico, definito “allocativo”, consistente nel ridare efficienza al sistema
economico e che si aggiunge a quelli dell’equità distributiva, della stabilità
economica (occupazione e stabilità dei prezzi) e della crescita.
Il concetto che sia l’operatore pubblico a dovere intervenire per risolvere le
varie distorsioni si basa sull’idea di un operatore perfettamente informato,
efficiente, che interviene senza costi. L’operatore pubblico viene visto come
un benevolente pater familias, che ha come finalità il perseguimento del bene
comune. Tuttavia, la realtà è ben diversa: l’operatore pubblico può essere alla
base di altre fonti di distorsione, di inefficienze, per cui il suo intervento non è
sempre ritenuto necessario e, comunque, andrebbe valutato sulla base del
confronto tra le inadeguatezze dei risultati del mercato con quelle derivanti dal
suo intervento.
Gli interventi pubblici finalizzati al raggiungimento degli obiettivi ora citati
trovano riscontro nel bilancio dello Stato e nei documenti finanziari di politica
economica. Il bilancio è il documento più importante poiché contiene
l’indicazione delle entrate e delle spese pubbliche relative ad un determinato
periodo di tempo della durata di un anno (bilancio annuale) o di più anni
(bilancio pluriennale). Il bilancio è il documento fondamentale per l’attuazione
delle scelte collettive e dunque delle decisioni finanziarie; esso indica quali
beni e servizi l’amministrazione pubblica acquisterà durante l’anno, quali
trasferimenti effettuerà e in quali modi finanzierà tali operazioni.
Importante è la struttura dei bilanci pubblici (entrate e uscite), nonché i
saldi dei bilanci. La maggior parte delle uscite è costituita da spese correnti,
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prevalentemente spese per il personale, acquisti di beni e servizi, trasferimenti;
mentre scarsa rilevanza ha la spesa in conto capitale destinata alla
realizzazione di investimenti. Quanto alle entrate, esse sono costituite
soprattutto dalle imposte e dai contributi sociali.
Il saldo di bilancio può risultare positivo, negativo o nullo. Esistono varie
filosofie circa la rilevanza del saldo. Quella che sostiene la necessità del
pareggio annuale che però è inconciliabile con l’utilizzo della politica fiscale
anticiclica come strumento di stabilizzazione. L’obbligo del bilancio in
pareggio annualmente eviterebbe un’espansione eccessiva del settore pubblico.
Secondo un altro punto di vista il pareggio del bilancio pubblico dovrebbe
essere realizzato nell’arco del ciclo economico. Questo punto di vista si basa
sull’idea che lo Stato può perseguire un’azione anticiclica e nello stesso tempo
mantenere il suo bilancio in pareggio. Il problema che emerge da questa
concezione è che le fasi del ciclo possono avere durata e intensità diverse per
cui l’obiettivo di stabilizzare l’economia potrebbe risultare inconciliabile con
quello del pareggio di bilancio. Secondo altri l’obiettivo principale della
finanza pubblica dovrebbe essere quello di garantire la piena occupazione
senza inflazione, cioè di equilibrare l’economia e non il bilancio pubblico.
Quest’ultimo è uno strumento per raggiungere e mantenere la stabilità
macroeconomica. Questa filosofia genera però nel tempo debiti pubblici
consistenti.
Esistono più saldi di bilancio (differenza tra uscite e entrate). Un primo
saldo, comune ai vari conti pubblici, è il saldo corrente, pari alla differenza tra
entrate e spese correnti; esso può essere ritenuto in qualche misura un
indicatore del risparmio pubblico. Analogamente, il saldo in conto capitale è
dato dalla differenza tra entrate e spese in conto capitale. La somma dei due
saldi, corrente e in conto capitale, dà luogo all’indebitamento netto che
individua la misura delle nuove spese che occorre finanziare con nuovi prestiti.
Questo saldo (differenza tra entrate e uscite finali al netto delle operazioni di
intermediazione finanziaria) fornisce informazioni sul disavanzo (avanzo)
derivante dalla gestione delle attività dello stato al netto delle operazioni
creditizie.
Il saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato è pari alla somma
dell’indebitamento netto (differenza tra tutte le entrate e le spese che non
hanno natura finanziaria) e del saldo tra componenti attive e passive delle
partecipazioni azionarie, dei conferimenti e delle concessioni di crediti (che
misura il peso dell’intervento statale come intermediario finanziario). In
termini di cassa, esso corrisponde alla nozione di fabbisogno, con cui si
intende il saldo delle partite correnti, di quelle in conto capitale e di quelle di
natura finanziaria. Il fabbisogno rappresenta perciò l’ammontare di risorse che
debbono essere reperite all’esterno del settore pubblico per finanziare
l’eccedenza delle spese rispetto alle entrate proprie.
Le caratteristiche del bilancio sono state modificate nel tempo in modo da
tener conto della complessità dei sistemi economici e per dotare la politica
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economica di strumenti più efficienti del tradizionale bilancio di competenza
proponendo l’adozione di bilanci di cassa e pluriennali, la legge finanziaria
(ora legge di stabilità) e la definizione dei saldi di bilancio rilevanti per la
politica finanziaria.
La legge di stabilità risponde alla necessità di disporre di uno strumento con
il quale attuare manovre di politica economica e finanziaria all’interno di un
più ampio contesto di programmazione. La legge di stabilità adotta ogni anno
norme di coordinamento della finanza pubblica dei vari livelli di governo, allo
scopo di assicurare il rispetto dei requisiti di convergenza economicofinanziaria imposti dal trattato di Maastricht.
Il trattato di Maastricht fissa cinque criteri che costituiscono i requisiti che
tutti i paesi dell’Unione Monetaria Europea (UME) devono rispettare:
- Inflazione. In ogni paese il tasso medio di inflazione non può superare di
oltre 1,5 punti percentuali quello dei tre Stati membri che, durante l’anno
precedente a quello in esame, hanno conseguito i migliori risultati in termini di
stabilità dei prezzi;
- Tassi di interesse. Il tasso di interesse nominale a lungo termine non
dovrebbe eccedere di oltre 2 punti percentuali quello dei tre Stati membri che
hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi.
- Disavanzo pubblico. Ogni paese deve registrare un disavanzo pubblico non
superiore al 3% del Pil;
- Debito pubblico. Ogni paese deve avere uno stock di debito pubblico non
superiore al 60% del Pil (la condizione può non essere soddisfatta sempreché il
valore si riduca in misura significativa e si avvicini alla soglia indicata con
ritmo adeguato);
- Tassi di cambio. La valuta di ogni paese entrante non deve aver subito
svalutazioni nei due anni precedenti l’ingresso.
Allo scopo di mantenere coesa l’UE, il Consiglio Europeo ha approvato il
Patto di Stabilità e Crescita, in virtù del quale i paesi sono tenuti a rispettare i
parametri di convergenza di Maastricht elencati in precedenza anche dopo
l’ingresso nell’ UME e in particolare il terzo e il quarto parametro.
Il legislatore statale, al fine di rispettare i vincoli comunitari del Patto di
stabilità e crescita, ha posto in essere strumenti di controllo di tutte le
componenti della finanza pubblica, senza pregiudicare l’autonomia degli enti
territoriali. Lo strumento prioritario cui il legislatore ha affidato il compito di
stabilire obiettivi e vincoli della gestione finanziaria di regioni ed enti locali ai
fini della determinazione della misura del concorso dei medesimi al rispetto
degli impegni derivanti dall’appartenenza all’UEM è stato il Patto di stabilità
interno.
1.1. Le entrate e le uscite di bilancio.
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Le entrate di bilancio sono costituite 1) dalle entrate tributarie (imposte sul
patrimonio e sul reddito; dalle tasse ed imposte indirette sugli affari; dalle
imposte sulla produzione, consumi e dogane; dai monopoli; lotto, lotterie ed
altre attività di gioco; 2) dalle entrate extratributarie; 3) dall’alienazione ed
ammortamento di beni patrimoniali e rimborsi di crediti; 4) dall’accensione di
prestiti.
Dal punto di vista economico risulta importante la distinzione tra tasse e
imposte e tariffe. Se il beneficio del bene o del servizio riguarda non solo
coloro che ne fanno espressamente domanda, ma si diffonde anche sulla
collettività, il suo finanziamento (istruzione) avviene attraverso delle tasse,
che coprono solo parte del costo (inferiori al costo medio). L’aspetto più
caratteristico dell’attività dello Stato è tuttavia di fornire servizi
indipendentemente dalla domanda dei cittadini e i cui vantaggi sono
indivisibili. Se il beneficio è ascrivibile ad un dato gruppo di individui, si parla
di contributo speciale; per contro, se il vantaggio è indivisibile e corrisponde
quindi ad un interesse generale, la copertura del finanziamento avviene
coattivamente (indipendentemente dal fatto che il servizio avvenga su
domanda o meno) mediante imposte. Le tariffe sono invece il corrispettivo di
un servizio che avviene su domanda e vengono pagate al gestore del servizio.
Di solito coprono il costo del servizio (full cost pricing).
Le entrate dello Stato hanno solitamente la finalità di coprire i costi dei beni
e servizi pubblici (finalità fiscali); tuttavia esse possono avere anche finalità
extrafiscali: regolare la distribuzione del reddito, stabilizzare l’economia,
incentivare le attività economiche (in modo da agevolare certe attività
economiche, o certe zone geografiche), o correggere le distorsioni o
inefficienze del sistema economico (imposte correttive). È anche per questo
che i sistemi tributari sono costituiti da un numero piuttosto elevato di tributi.
Per quanto riguarda le imposte, è importante effettuare la distinzione tra
imposte dirette e imposte indirette. Le prime colpiscono le manifestazioni
immediate della ricchezza (capacità contributiva) dell’individuo (imposte sui
redditi e sul patrimonio), mentre le seconde le manifestazioni mediate della
ricchezza (imposte sui consumi, sulla fabbricazione, sui trasferimenti, ecc.).
L’onere delle imposte dirette grava effettivamente sul contribuente, che si
trova nell’impossibilità di trasferirlo su altri soggetti. L’onere delle imposte
indirette può essere trasferito su altri soggetti.
Gli elementi costitutivi dell’imposta comprendono: il presupposto di
imposta, la base imponibile e l’aliquota.
- Il presupposto è la situazione di fatto cui la legge ricollega l’obbligo di
pagare l’imposta (percepire un reddito, consumare un dato bene, inquinare,
ecc.).
- La base imponibile è la traduzione quantitativa del presupposto. Può essere
espressa in termini monetari, si parla allora di imposte ad valorem (imposte sul
patrimonio); o in termini fisici (come ad esempio litri di benzina), in questo
caso l’imposta è definita specifica.
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- L’aliquota dell’imposta indica ciò che è dovuto dal contribuente per ogni
unità di base imponibile; è un importo in somma fissa o in percentuale. Il
prodotto fra aliquota e base imponibile determina il debito di imposta del
contribuente, mentre a livello aggregato il prodotto fra l’aliquota e la base
imponibile costituisce il gettito dell’imposta. Il soggetto passivo è colui su cui
ricade l’obbligo patrimoniale di pagare il tributo.
In relazione all’aliquota dell’imposta, occorre distinguere tra l’aliquota
media e quella marginale. L’aliquota media è data dal rapporto fra il debito di
imposta e la base imponibile. Essa rappresenta quanto dovuto, in media, dal
contribuente per ogni unità di imponibile. L’aliquota marginale indica invece
di quanto varia il debito di imposta al variare della base imponibile, e
rappresenta quanto dovuto dal contribuente per ogni unità aggiuntiva della
base imponibile.
Quest’ultima è importante per valutare gli effetti delle imposte sul
comportamento individuale. Supponiamo che un individuo decida di lavorare
di più in modo da trattenere 0,68€ per ogni euro addizionale guadagnato,
versando al fisco i restanti 0,32€. Ma con un’aliquota marginale d’imposta del
39%, potrebbe trattenere soltanto 0,61€ su ogni euro in più. Se l’aliquota
marginale fosse pari al 45% riuscirebbe a trattenere solo 0,55€ su ogni euro
addizionale. E’ chiaro dunque come l’aliquota marginale condizioni la scelta
del lavoratore se lavorare di più, o se aumentare le ore dedicate al tempo
libero.
- Imposte proporzionali, progressive e regressive. In relazione alle aliquote, è
importante distinguere tra imposte proporzionali, regressive e progressive.
Un’imposta è proporzionale se all’aumentare della base imponibile il debito di
imposta aumenta nella stessa proporzione (si ha un’unica aliquota: aliquota
media e marginale coincidono); un’imposta è regressiva se all’aumentare della
base imponibile il debito di imposta aumenta meno che proporzionalmente
(l’aliquota media diminuisce all’aumentare della base imponibile ed è sempre
superiore all’aliquota marginale); l’imposta è progressiva se all’aumentare
della base imponibile il debito di imposta aumenta più che proporzionalmente
(l’aliquota media aumenta all’aumentare della base imponibile ed è sempre
inferiore all’aliquota marginale). In genere le imposte progressive sono quelle
sul reddito mentre quelle regressive sono quelle sui consumi.
Stabilire se un’imposta è progressiva, proporzionale o regressiva non è
sempre facile, anche perché il soggetto che è formalmente tenuto a pagare
l’imposta non è sempre quello che effettivamente la paga: il contribuente di
fatto è diverso da quello di diritto. Comunque occorre valutare non la
progressività o la regressività di una singola imposta ma quella dell’intero
sistema fiscale.
In Italia la progressività dell’imposta sul reddito viene realizzata
suddividendo il reddito in scaglioni, cui corrispondono aliquote via via
crescenti. Ad esempio, un reddito di 65.000€ viene suddiviso in due scaglioni,
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sul primo, di 60.000€, si applica un’aliquota, mentre sul secondo scaglione, la
parte che supera i 60.000€, si applica un’aliquota maggiore. Per realizzare la
progressività si può ricorre anche a delle deduzioni dall’imponibile e a delle
detrazioni di imposta. Le deduzioni si hanno quando tutti i redditi sono
assoggettati alla medesima aliquota di imposta, ma la base imponibile è ridotta
di un ammontare prefissato (per carichi di lavoro, spese mediche o
assicurative, interessi passivi sui mutui delle case). La detrazione si ha quando
l’imposta viene ridotta di un certo ammontare uguale per tutti i contribuenti.
Le diminuzioni di gettito imputabili a previsioni legislative che permettono
non solo deduzioni dal reddito imponibile e detrazioni di imposte, ma anche
esenzioni e aliquote preferenziali sono denominate tax expenditures o spese
fiscali. I costi di queste agevolazioni fiscali sono meno evidenti rispetto a
quelli di un trasferimento esplicito in denaro.
La ripartizione del carico fiscale – Uno dei problemi del sistema fiscale
riguarda il criterio da adottare nel ripartire il carico fiscale, se utilizzare il
criterio del beneficio o quello della capacità contributiva. In base al primo, le
famiglie e le imprese dovrebbero pagare i beni pubblici più o meno nello
stesso modo che fanno per gli altri prodotti e servizi. Criterio non sempre
facile da applicare perché presuppone la misurazione dei benefici individuali.
Inoltre occorre tenere presente che in molti casi si hanno dei benefici che
vanno a vantaggio di altri soggetti. Il secondo principio, quello della capacità
contributiva, si basa sull’idea che l’onere fiscale dovrebbe essere commisurato
al reddito o al patrimonio o comunque a qualche indice di capacità contributiva
di ciascun contribuente ossia alla sua disponibilità a pagare. Anche in questo
caso si hanno problemi riguardanti come misurare la capacità contributiva,
quale indicatore utilizzare: è meglio il reddito, il patrimonio o il consumo?
Gli effetti economici delle imposte - La maggior parte delle imposte ha lo
scopo di procurare entrate alla pubblica amministrazione per far fronte ai
propri impegni di spesa, ma le imposte non sono neutrali, hanno degli effetti
sul comportamento degli individui. L’imposta riduce sempre il benessere di
colui che deve pagarla; inoltre, può modificarne le scelte. L’imposta ha cioè
degli effetti allocativi.
Normalmente, quando si adotta un’imposta, il prezzo del bene tassato
aumenta e si verificano due tipi di effetti: un effetto reddito e un effetto
sostituzione. L’effetto reddito non determina delle distorsioni nelle scelte
degli individui: essi consumeranno meno del bene tassato, ma le loro scelte
riguardanti i beni tassati continueranno ad essere effettuate in base ai prezzi
relativi che si sarebbero determinati in assenza di imposte. Quando invece le
imposte alterano i prezzi relativi facendo aumentare il prezzo del bene tassato
rispetto al prezzo degli altri beni, il contribuente è indotto a sostituire il bene o
l’attività tassata con il bene non tassato (effetto sostituzione). Il bene tassato
viene sostituito perché l’imposta inserisce un cuneo fra il prezzo lordo, pagato
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da chi lo compra, e il prezzo netto ottenuto da chi lo vende. Ciò comporta non
solo una perdita di benessere per l’individuo, ma anche una perdita di
efficienza per il sistema economico, poiché influisce sull’allocazione delle
risorse.
Per misurare gli effetti dell’imposta sul benessere dobbiamo confrontare la
riduzione del benessere dei compratori e venditori con le entrate generate
dall’imposta stessa. Il surplus del consumatore e del venditore sono gli
strumenti che permettono di effettuare tale confronto. Nella fig. 1.1 vengono
rappresentati gli effetti dell’imposta sul benessere.
In assenza di imposizione fiscale, dato il prezzo del bene P1 e una quantità
venduta Q1, il surplus del consumatore è dato dalle aree A+B+C, e quello del
venditore dalle aree D+E+F. Il surplus totale equivale alla somma delle aree
A+B+C+D+E+F. In seguito all’introduzione dell’imposta, indipendentemente
dal fatto che essa venga applicata sul consumatore o sul produttore, il prezzo
pagato dal consumatore aumenta a Pb e quello percepito dal venditore
diminuisce a Ps. L’imposta crea una differenza tra il prezzo pagato dal
compratore e quello incassato dal venditore. La quantità venduta diminuisce
rispetto a quella precedente per cui la dimensione del mercato diminuisce. Il
surplus del consumatore si ridurrà all’area A, e quello del produttore all’area F.
Le entrate fiscali (il gettito dell’imposta) saranno pari all’ammontare
dell’imposta T per la quantità venduta del bene (l’area B+D). Lo Stato
utilizzerà queste entrate per fornire servizi ai cittadini, o per effettuare la
redistribuzione del reddito (sussidi, indennità, ecc.). Per cui, anche se il surplus
è diminuito notevolmente B+C+D+E, parte di questa diminuzione viene
recuperata tramite le entrate dello Stato (B+D) che verranno trasferite o
comunque spese per i cittadini.
In conclusione, il benessere totale che prima era dato dall’area
A+B+C+D+E+F, dopo l’introduzione dell’imposta sarà pari a A+B+D+F. Il
benessere totale diminuisce di una quantità pari a C+E: si ha una perdita secca
o perdita di benessere.
Fig. 1.1 – Gli effetti economici dell’imposta sul benessere.
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L’entità della perdita secca dipende dall’inclinazione della domanda e
dell’offerta. Quando l’elasticità rispetto al prezzo della domanda e dell’offerta
è molto bassa, allora la perdita secca derivante dall’imposta è piccola,
viceversa, quando l’elasticità rispetto al prezzo della domanda e dell’offerta è
molto alta, la perdita secca causata dall’imposta sarà relativamente grande.
Le elasticità rispetto al prezzo della domanda e dell’offerta influenzano anche
l’entità della variazione del prezzo in reazione a un’imposta. Con il termine
incidenza dell’imposta si designa chi sopporta effettivamente l’onere
dell’imposta: i compratori o i venditori. Quando l’elasticità rispetto al prezzo
della domanda è bassa, o quella dell’offerta è alta, l’imposta viene in gran
parte traslata sul consumatore attraverso maggiori prezzi. D’altra parte, quando
l’elasticità rispetto al prezzo della domanda è alta, o quella dell’offerta è bassa,
l’onere dell’imposta ricade sul produttore perché la variazione del prezzo è
piccola.
Il sistema fiscale italiano - L’insieme delle entrate tributarie è il risultato di
una molteplicità di prelievi, che costituiscono il sistema fiscale. La pluralità di
tributi trova ragion d’essere nella necessità di incidere sulle varie
manifestazioni della capacità contributiva degli individui e nell’articolazione
delle attività di governo tra diversi livelli: centrale, regionale e locale.
Il gruppo di tributi più importante, per numero e gettito, affluisce al governo
centrale, allo Stato, e costituisce l’insieme delle c.d. imposte erariali. I
principali tributi sono dati dalle imposte sui redditi personali (l’Irpef), i
contributi sociali, le imposte sul reddito delle società di capitali (l’Ires) e le
imposte indirette sui beni e servizi.
La pressione fiscale (rapporto tra le imposte che devono essere pagate e il
Pil) è stata nel 2008 pari al 42,8% Se consideriamo solo le imposte dirette e
quelle indirette (668 miliardi €) si parla allora di pressione tributaria che,
sempre nel 2008, era pari al 29,1%.
L’imposta sul reddito personale, l’Irpef, colpisce tutti i redditi di una
persona fisica: il reddito da salari e da stipendi, il reddito da interessi e da
dividendi, il reddito da piccole imprese e da attività professionali, le rendite
sulle proprietà, i diritti d’autore e i guadagni di capitale o capital gain
(l’aumento del valore di un’attività patrimoniale, come un’azione di una
società). E’ un’imposta progressiva, e cioè l’ammontare dell’imposta come
percentuale del reddito cresce al crescere del reddito. L’aliquota varia tra il
23% (per i redditi fino a 15.000€) e il 43% (per i redditi superiori a 75.000€).
Il reddito imponibile su cui calcolare l’imposta è determinato come differenza
tra il reddito totale di una persona e alcune esenzioni e deduzioni.
L’imposta sulle società (Ires) viene applicata ai profitti contabili delle
società di capitali. Gli utili vengono calcolati in modo sintetico, come
differenza fra i ricavi e la somma fra costi di esercizio, ammortamenti e
interessi passivi. L’imposta è proporzionale, e cioè l’ammontare dell’imposta
come percentuale del reddito è costante al crescere del reddito.
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I redditi delle attività finanziarie (interessi, plusvalenze e dividendi)
percepiti da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di un’attività di impresa,
sfuggono all’imposizione progressiva dell’Irpef per essere assoggettati a
regimi sostitutivi di tipo proporzionale e caratterizzati da aliquote contenute. In
alcuni casi si hanno prelievi alla fonte, a titolo di imposta (e cioè è sostitutiva
di qualsiasi altra forma di imposizione) da parte del soggetto emittente.
I contributi sociali - La componente più importante della pressione fiscale,
che ha superato il gettito dell’imposta sul reddito, è costituita dai contributi
sociali; essi gravano sui salari e sugli stipendi degli individui e vengono pagati
in parte dai datori di lavoro e in parte minore dai lavoratori. Il loro gettito è
destinato a finanziare le prestazioni del sistema previdenziale pubblico, come
le pensioni e le assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro, le
malattie professionali e la disoccupazione. Le aliquote dei contributi variano
da gestione a gestione. L’aliquota in Italia è di circa il 30%.
Le imposte indirette sugli scambi e sugli affari sono costituite dalle accise
(imposte di fabbricazione sugli oli minerali) e dalle imposte sulle vendite.
L’imposta indiretta più importante è l’imposta sul valore aggiunto (Iva), che è
un’imposta sulle vendite di tutte le imprese, ma al netto degli acquisti
intermedi presso altre imprese. L’Iva produce più della metà del gettito totale
delle imposte indirette italiane. Queste imposte sono regressive, e cioè
l’ammontare dell’imposta come percentuale del reddito diminuisce
all’aumentare del reddito.
Le imposte regionali e locali - Accanto alle imposte erariali ne esistono
innumerevoli altre la cui struttura e rilevanza è importante per definire il grado
di autonomia tributaria di cui gli enti decentrati dispongono. L’autonomia
degli enti decentrati è infatti massima nel caso di tributi propri, il cui gettito
affluisce agli enti stessi. Il tributo proprio è infatti istituito dalla Regione su
materie diverse da quelle delle imposte statali, ovvero stabilita dai Comuni in
materie individuate dalla Regione di appartenenza (tassa speciale per il
deposito in discarica dei rifiuti solidi; tassa regionale per il diritto allo studio
universitario).
Accanto ai tributi propri si hanno quindi le addizionali, sovrimposte e
compartecipazioni motivate dai costi amministrativi dell’attività di
accertamento e di gestione dei tributi propri da parte di livelli inferiori di
governo. L’addizionale è un prelievo di un ente decentrato che consiste
nell’applicazione di una propria aliquota all’imponibile di un’imposta di un
livello di governo superiore. La sovrimposta è un prelievo di un ente
decentrato che consiste nell’applicazione di una propria aliquota al gettito
dell’imposta di un livello di governo superiore. La compartecipazione è data
da quote di un’imposta di un livello di governo devolute ad un altro livello di
governo, sulla base di criteri che tengono conto degli aspetti locali o di indici a
cui si vuole commisurare la ripartizione delle risorse fra gli enti
compartecipanti (compartecipazione all’accisa sulla benzina).
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1.2. La spesa pubblica.
Il livello e la composizione della spesa pubblica offrono un’indicazione della
dimensione dell’intervento pubblico di un dato paese. La spesa pubblica ha
raggiunto una percentuale rilevante del Pil: in Italia raggiunge il 51%. È una
dimensione più o meno pari a quella raggiunta negli altri paesi industrializzati.
Vi sono però due importanti differenze: una parte cospicua della spesa è
attualmente assorbita dagli interessi del debito pubblico, che non comportano
prestazioni di servizi; la seconda è la bassa efficienza della spesa pubblica, per
cui il livello qualitativo dei servizi ricevuti dai cittadini è inferiore a quello
ricevuto da paesi con reddito assai inferiore al nostro.
Le proposte volte a migliorare l’efficienza della spesa sono state varie, ma
finora hanno avuto risultati piuttosto deludenti. Una di queste, detta di
“revisione della spesa” (spending review), consiste nell’analisi e nella
valutazione sistemica delle strutture organizzative, delle procedure di
decisione e di attuazione dei risultati. Si oppone all’approccio incrementalista,
che di fatto è la procedura più diffusa nell’amministrazione pubblica e che
consiste nel dare per scontato quasi tutto l’assetto strutturale procedurale
esistente, limitandosi a valutare le variazioni annue. Un altro approccio
consiste nella metodologia del “bilancio a base zero” (zero based budgeting
growth), in cui tutto può essere messo in discussione alla luce di un’analisi che
confronta fini, fabbisogni, risultati.
La spesa pubblica si divide in due categorie principali:
- la spesa pubblica corrente;
- la spesa in conto capitale (per investimenti pubblici) destinata ad aumentare
la dotazione pubblica di beni durevoli (opere pubbliche come strade, ferrovie,
infrastrutture sanitarie, edilizia scolastica, ecc.).
Nella spesa pubblica corrente si distinguono quattro voci principali:
- la spesa per i dipendenti pubblici;
- la spesa per l’acquisto di beni e servizi (farmaci negli ospedali, cancelleria
nelle scuole, spesa per il personale, servizi elettrici, riscaldamento, servizi
telefonici, ecc);
- la spesa per il pagamento degli interessi del debito pubblico;
- la spesa per trasferimenti pubblici (pagamenti effettuati alle famiglie e alle
imprese in cambio dei quali le amministrazioni pubbliche non ricevono alcun
bene o servizio).
La maggior parte delle spese per trasferimenti sono costituite dalle cosiddette
prestazioni sociali (previdenza sociale, assistenza sociale, spesa sanitaria).
Nell’ambito delle spese per prestazioni sociali, sono quelle previdenziali che,
dal punto di vista dinamico, hanno maggiormente contribuito a determinare il
trend crescente del rapporto tra spesa pubblica e Pil. La sua crescita si spiega
con la progressiva estensione degli interventi e con l’invecchiamento della
popolazione. Per contro, la spesa assistenziale rappresenta una quota
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relativamente piccola ed è indirizzata soprattutto verso gli anziani e gli
invalidi; poco assistiti risultano i bambini e, in genere, le famiglie povere.
2. Efficienza e inefficienze del sistema di mercato e politiche di
regolamentazione.
Affinché si abbia un’allocazione delle risorse ottimale occorre che tutti i
settori dell’economia operino in condizioni di concorrenza perfetta. In questa
situazione i prezzi, che costituiscono il meccanismo allocativo centrale in
un’economia di mercato, guidano le scelte dei consumatori tra beni alternativi
e l’allocazione delle risorse tra i vari settori dell’economia. Dal lato della
domanda il prezzo di equilibrio riflette il valore attribuito dai consumatori a
un’unità addizionale di un bene; mentre dal lato della produzione esso riflette
il costo marginale per i produttori e per la società nel suo complesso di
ciascuna unità aggiuntiva dello stesso bene. Pertanto, nel punto di equilibrio
risulta valida la seguente eguaglianza:
valutazione marginale
costo marginale
dei consumatori = prezzo = dei produttori
(benefici sociali)
(costi sociali)
I consumatori confrontano i prezzi con i benefici marginali che traggono
dall’acquisto di un dato bene e i produttori confrontano i prezzi con i costi
marginali di produzione e, entrambi i soggetti, decidono di estendere
rispettivamente l’attività di consumo e di produzione fino al punto in cui i
benefici marginali e i costi marginali risultano uguali al prezzo.
Fig. 1.2 – Eguaglianza tra benefici marginali sociali e costi marginali sociali.
Nella fig. 8.2 viene rappresentata questa situazione. Nella parte b della figura
la domanda di mercato DD1 è data dalla somma delle domande individuali dei
consumatori (parte a della fig. 1.2); mentre l’offerta di mercato SS1 è data dalla
somma delle offerte delle singole imprese (parte c della fig. 1.2). Nel punto di
equilibrio (l’intersezione tra la curva di offerta e quella di domanda) il prezzo
di equilibrio è uguale sia alla valutazione che i consumatori attribuiscono a
un’ulteriore unità di quel bene, sia al costo che l’economia deve sostenere per
produrre tale unità. In particolare, risulta che i benefici marginali sono uguali
14
per tutti i consumatori (fig. 8.2a) e i costi marginali di produzione uguali per
tutti i produttori (fig. 8.2c). Per livelli di produzione inferiori a quello di
equilibrio Q*, ad esempio Q1, per un’unità addizionale di prodotto i
consumatori sono disposti a pagare un prezzo superiore al costo marginale che
l’economia deve sostenere per la produzione di tale unità addizionale. Se il
bene fosse prodotto e scambiato tra questi due individui ad un prezzo qualsiasi,
compreso tra quello di domanda e di offerta, esisterebbe comunque la
possibilità per aumentare la loro soddisfazione. Per cui, qualsiasi quantità
inferiore alla quantità di equilibrio non può essere efficiente, poiché
esisteranno almeno due individui per i quali il benessere può essere aumentato.
I benefici dei consumatori possono essere aumentati incrementando la
produzione del settore. In relazione a tale produzione la società subisce infatti
una perdita data dall’area ELH; questa é la perdita di efficienza che deriva
dalla scarsità di produzione.
Fino a quando i consumatori sono disposti a pagare somme superiori al costo
marginale di produzione, i produttori saranno disposti ad aumentare la
produzione in modo da massimizzare i profitti. In altri termini, allorché la
produzione è inferiore al livello di equilibrio concorrenziale, entrambe le parti
traggono vantaggio da un aumento della produzione e degli scambi. I
produttori continueranno a produrre finché il loro beneficio marginale, e cioè il
prezzo determinato dalle forze di mercato, uguaglia il loro costo marginale.
Pertanto le imprese produrranno a livello aggregato una quantità Q* in modo
che il prezzo p* sia uguale al costo marginale.
Se la produzione fosse superiore al livello di equilibrio, ad esempio Q2, si
avrebbero benefici marginali inferiori ai costi marginali di produzione. Il
prezzo che ciascuno sarebbe disposto a pagare per un’unità addizionale del
bene sarebbe inferiore al prezzo di offerta. La perdita di efficienza sarà data
dal triangolo EFG. Occorre perciò ridurre la produzione fino al punto E in
modo che la valutazione marginale dei consumatori risulti pari al costo
marginale di produzione. In tale punto non c’è modo di produrre e vendere di
più avvantaggiando sia i venditori che gli acquirenti, in quanto nessun
acquirente sarebbe disposto, per quantità maggiori di quelle di equilibrio, a
pagare il costo marginale di produzione. Quindi, dato il reddito di ogni
consumatore, il mercato determina un’allocazione efficiente delle risorse.
Vendendo i beni con p = cmg si sfruttano tutti i vantaggi derivanti dallo
scambio fra imprese e consumatori sul mercato. Se il p fosse maggiore del
costo marginale, riducendo il p diventa possibile soddisfare i bisogni di quei
consumatori che al prezzo più elevato decidevano di non acquistare il bene. Al
tempo stesso le imprese continuano a beneficiare dello scambio finché il
prezzo non scende al di sotto del costo marginale, poiché possono coprire i
costi e trarre un profitto economico dalla loro attività. E’ quindi interesse dei
consumatori e dei produttori, e cioè della società, spingere l’attività di scambio
fino al punto in cui il p = cmg. In quel punto l’allocazione delle risorse è
efficiente. Si realizza dunque un’efficienza allocativa.
15
Nel lungo periodo la concorrenza perfetta comporta anche p = cme minimi.
Ciò significa semplicemente che i consumatori pagano per il bene il prezzo più
basso che è possibile pagare. La concorrenza perfetta spingendo le imprese a
produrre al costo minimo, le induce a selezionare la combinazione ottima fra i
fattori produttivi. Viene così raggiunta anche l’efficienza nell’ambito
dell’attività di produzione o efficienza produttiva, che si ha appunto quando
non vi è altro modo di produrre a un costo minore dei fattori produttivi.
Purtroppo il sistema di mercato non funziona sempre in modo efficiente; si
verificano delle distorsioni che ci allontanano dalle condizioni di concorrenza
perfetta per cui occorre fare in modo di ricrearle. Come vedremo di seguito, il
problema riguarda la definizione dell’obiettivo dell’intervento e, soprattutto,
gli strumenti da utilizzare: quelli economici oppure quelli amministrativi.
Entrambi cercano di ricreare il corretto funzionamento del mercato.
2.1. I beni collettivi e i beni di merito.
Uno dei casi di intervento dell’operatore pubblico è costituito
dall’erogazione dei beni pubblici. Il sistema economico che abbiamo fin qui
analizzato prevedeva l’esistenza di un solo tipo di beni: i beni privati che, di
solito, vengono prodotti e scambiati nel mercato in base alle preferenze dei
consumatori e dei produttori. Tuttavia, nel sistema economico si hanno dei
beni che non vengono erogati dalle imprese private ma dallo Stato: i beni
collettivi che si distinguono in beni pubblici e beni misti.
I beni pubblici vengono definiti in base a due caratteristiche: dal lato della
domanda sono a) beni non rivali; mentre dal lato dell’offerta sono b) beni non
escludibili. I beni pubblici, a differenza di quelli privati, non sono rivali perché
la stessa unità di bene può essere consumata congiuntamente da più individui,
senza che il consumo di un individuo comprometta il consumo degli altri (il
consumo addizionale è possibile a costo marginale nullo). In altri termini il
consumo è indivisibile. I beni pubblici non sono neppure escludibili, perché
non è possibile escludere, per ragioni tecniche o economiche, dal godimento
del bene coloro che non sono disposti a pagare il rispettivo prezzo. Nessuna
impresa privata ha la convenienza a produrre un bene per il quale non è in
grado di fare pagare un prezzo.
Quando è impossibile escludere dal godimento di un bene chi non paga il
prezzo, nessuno è disposto a pagarlo volontariamente. Ogni individuo infatti sa
che potrà beneficiare ugualmente del bene senza essere costretto a pagarlo. In
questi casi si verifica il fenomeno del free riding: i singoli individui sono
tentati di evitare di pagare il prezzo di un bene scaricandolo su qualcun altro.
Si verifica allora la necessità di garantire l’offerta del bene mediante
l’intervento pubblico e di imporre il pagamento attraverso la tassazione.
16
Gli esempi di beni pubblici sono molteplici: la difesa del paese; la ricerca di
base; l’illuminazione stradale, ecc. Alcuni beni possono essere pubblici o
privati a seconda delle circostanze; ad esempio, uno spettacolo di fuochi
d’artificio in una città è un bene pubblico, ma è privato se fatto in un parco. I
fari sono beni pubblici, ma possono essere gestiti privatamente: il proprietario
può farsi pagare il servizio al gestore del porto, altrimenti potrebbe negargli il
servizio costringendo le navi a evitare quel tratto di costa.
La tecnologia cambia continuamente il grado di rivalità e di escludibilità dei
beni. Ad esempio, nel caso della televisione, ora si ha la possibilità di
codificare i segnali radiotelevisivi ed escludere quindi i consumatori. Va
inoltre osservato che il fatto che molti beni vengano offerti dall’operatore
pubblico non significa necessariamente che questi siano beni pubblici; la loro
offerta viene dettata da altre motivazioni, in genere politiche.
Si hanno beni per i quali valgono le caratteristiche di escludibilità, ma non di
rivalità: sono i beni misti. Ad esempio l’istruzione per la quale è possibile far
pagare un prezzo.
Non tutti i beni sono pubblici o privati; molti, soprattutto quelli ambientali
(l’aria, l’acqua, il mare, gli animali selvatici, ecc.), sono considerati liberi.
Questi beni sono parzialmente rivali e non escludibili. Essi non hanno valore
di mercato, ma solo valore d’uso: fino a che un bene è libero esso non
costituisce oggetto di transazione e chiunque può appropriarsene senza dover
pagare un prezzo. Nei confronti di questi beni o risorse mancano i diritti di
proprietà; essi sono a tutti gli effetti delle res nullius da non confondere con le
res communes per le quali esistono i diritti di proprietà e sono risorse di
proprietà comune.
Questo aspetto spiega perché alcuni animali come ad esempio le mucche non
sono in via di estinzione, mentre altri, quali i rinoceronti, lo sono. Nel primo
caso la domanda di carne ne garantisce la sopravvivenza; mentre nel secondo,
la domanda di avorio ne determina l’estinzione. La ragione risiede nel
differente regime dei diritti di proprietà. Le mucche sono beni privati, mentre i
rinoceronti sono risorse collettive.
Esiste quindi una particolare categoria di beni, i beni meritori (merit goods)
per i quali si ha l’intervento pubblico nonostante che essi siano rivali ed
escludibili. Lo Stato può ritenere di dover intervenire perché le preferenze
collettive divergono da quelle individuali. Lo Stato ritiene di conoscere ciò che
è nell’interesse degli individui meglio di quanto non lo sappiano loro stessi. È
il cosiddetto paternalismo dello Stato. Vi è una discrepanza tra le preferenze
degli individui e quelle sociali e lo Stato cerca di colmare questa discrepanza
(esempio spettacoli teatrali, acqua come bene di merito, ecc.). In contrasto con
la visione paternalistica, molti economisti e filosofi sociali ritengono che lo
Stato dovrebbe rispettare le preferenze dei consumatori. Infatti, una volta che
lo Stato ha acquisito un ruolo paternalistico, particolari gruppi di interesse
possono tentare di utilizzare lo Stato per imporre le proprie idee su come gli
individui dovrebbero comportarsi.
17
2..2. Il fallimento del mercato: le esternalità positive e negative.
Una delle principali fonti di inefficienza del mercato è costituita dalle
esternalità o effetti esterni: le attività di produzione o di consumo di soggetti
economici causano benefici o costi che vanno ad incidere su soggetti diversi da
quelli che li hanno originati, senza che essi ricevano un compenso o sopportino
il costo.
In un sistema economico ciascun produttore si fa carico solo dei costi che è
costretto a sopportare. In molti casi le imprese riescono a evitare determinati
costi sociali scaricandoli su altri soggetti. In altri casi la produzione di
determinati beni e servizi, come la ricerca, procurano notevoli vantaggi non
solo a chi effettua la ricerca ma anche ad altri soggetti senza che questi ultimi
debbano pagare per i benefici che ne traggono.
Le esternalità possono essere positive (economie esterne) o negative
(diseconomie esterne). Nel primo caso la quantità prodotta dal mercato è
maggiore di quella efficiente; mentre nel secondo caso è inferiore. Esse
possono riguardare sia il lato della produzione sia quello del consumo. Le
diseconomie esterne di produzione sono costi non compensati imposti a terzi
dall’espansione di output da parte di alcune imprese (ad esempio
l’inquinamento). Le diseconomie esterne di consumo sono costi non
compensati imposti da altri sulle spese di consumo di altri individui (ad
esempio il rumore causa una spesa addizionale per installare i doppi vetri). Le
economie esterne di produzione sono invece benefici non compensati, di cui
godono terzi, determinati dall’espansione dell’output di alcune imprese
(esempio l’attività di formazione del personale che successivamente lascia
l’azienda per essere assunto da altre imprese). Le economie esterne di consumo
sono benefici non compensati conferiti a terzi dall’incrementato consumo di un
bene da parte di alcuni individui (la maggiori spese per il parco incrementano
il valore delle case nelle vicinanze).
In presenza di esternalità si ha un utilizzo inefficiente delle risorse, poiché
vengono presi in considerazione solo i costi e benefici marginali privati. I
comportamenti dei soggetti economici sono determinati sulla base di prezzi
che non riflettono il valore effettivo delle risorse utilizzate. La curva di
domanda non riflette le preferenze del consumatore (i benefici sociali), mentre
quella di offerta non riflette i costi reali di produzione (i costi sociali).
Nel caso di esternalità negative dal lato della produzione il costo marginale
sociale (costo marginale privato + esternalità) è maggiore del costo marginale
sopportato dall’impresa. Perciò la quantità di equilibrio che emerge da un
mercato concorrenziale è troppo grande: il beneficio marginale è inferiore del
costo marginale sociale (fig. 1.3).
Un esempio di esternalità negativa è costituito dall’inquinamento
dell’ambiente. La regola che presiede un’allocazione efficiente delle risorse
18
ambientali vuole che il loro uso sia spinto fino al punto in cui il costo
marginale sociale sia uguale al beneficio marginale sociale. Il beneficio
marginale sociale è dato dal prezzo, se questo esiste, mentre il costo marginale
sociale è dato dalla somma tra il costo marginale interno o privato sostenuto
dall’impresa nella produzione di un dato bene, ed il costo marginale esterno
subito dal soggetto danneggiato dall’esternalità. Nel caso di inquinamento il
livello ottimale di inquinamento è dato dal punto di intersezione tra Cmgs e
Bmgs.
Fig. 1.3 – Le esternalità negative.
Per rimediare alle inefficiente allocazione delle risorse causata dall’esistenza
di benefici esterni, una soluzione consiste nell’accrescere la domanda dei beni
che originano le esternalità aumentando il potere d’acquisto dei consumatori
tramite dei sussidi. In alternativa si può concedere ai produttori un sussidio in
modo da spostare la loro curva di offerta (il sussidio riduce i costi e sposta
verso il basso la curva di offerta).
Nel caso di un’esternalità positiva il beneficio marginale sociale è maggiore
del beneficio marginale privato, poiché esiste un beneficio marginale esterno
che non è stato considerato (fig. 1.4). Poiché il consumo del bene, ad esempio
l’istruzione, provoca benefici ad altri, il beneficio marginale sociale è
maggiore del beneficio marginale privato, per cui la quantità di equilibrio che
emerge da un mercato concorrenziale è troppo limitata.
Quando un’esternalità provoca un’allocazione inefficiente delle risorse su un
mercato, lo Stato può intervenire in vari modi: regolando direttamente i
comportamenti degli individui (norme amministrative, standard per le
emissioni inquinanti, ecc.); o con politiche di mercato, costruendo un sistema
di incentivi (tasse, sussidi, permessi di inquinamento negoziabili) che inducano
i soggetti a modificare il proprio comportamento.
19
Fig. 1.4 – Le esternalità positive.
Non è sempre necessario l’intervento pubblico per ripristinare una situazione
di maggiore efficienza. In alcuni casi si possono mettere in atto soluzioni
private basate sulla contrattazione fra le parti. Occorre però che esista un
sistema di diritti di proprietà delle risorse ben definito. L’origine delle
esternalità è infatti dovuta alla mancata definizione dei diritti di proprietà delle
risorse o alla loro mancata osservanza. Se si è in grado di definire in modo
corretto i diritti di proprietà ed è possibile scambiarli si viene a determinare un
prezzo che conduce ad una allocazione efficiente delle risorse. Ma prendiamo
in considerazione gli interventi che potrebbero essere adottati dall’operatore
pubblico per far fronte alle esternalità.
- Soluzioni privatistiche – La modifica dei diritti di proprietà piuttosto che
l’azione pubblica può essere in grado di risolvere le esternalità. L’approccio si
basa sull’adozione di a) regole di responsabilità civile (il sistema giuridico
attribuisce la responsabilità legale a chi produce le esternalità per ogni danno
causato ad altre persone) o sulla b) negoziazione dei diritti di proprietà (il
teorema di Coase).
- Le norme amministrative e gli strumenti economici - L’approccio tradizionale
fa riferimento all’uso delle norme amministrative che possono assumere varie
forme: vincoli, permessi, autorizzazioni, ecc. I soggetti sono tenuti a rispettarli,
pena l’applicazione di sanzioni pecuniarie. Come vedremo nel capitolo
successivo il loro rispetto comporta un costo che può essere traslato sui prezzi
dei beni e servizi regolamentati, con effetti economici che dipendono dalle
caratteristiche dei beni e servizi e dalla struttura di mercato.
Per evitare alcune conseguenze indesiderate dei controlli diretti e per
sfruttare gli incentivi del mercato viene sempre più suggerito l’utilizzo degli
strumenti economici, quali, tasse, sussidi, premi, ecc. Come vedremo nel
capitolo che segue gli strumenti economici hanno il vantaggio della flessibilità
e soprattutto di costare meno alla collettività.
20
2.3. Monopoli e rendimenti crescenti: le public utilities.
Un altro caso di fallimento del mercato è costituito dalla presenza di
monopoli. In questi casi la produzione è inferiore a quella di concorrenza
mentre il prezzo è superiore. Per evitare strutture di mercato monopolistiche, è
stata istituita nel 1990 in Italia l’Autorità Garante della Concorrenza del
Mercato, nota anche come Autorità Antitrust con il compito di: a) assicurare le
condizioni generali per la libertà di impresa che consentano agli operatori
economici di poter accedere al mercato e di poter competere con pari
opportunità; b) tutelare i consumatori favorendo il contenimento dei prezzi e il
miglioramento della qualità dei prodotti che derivano dal libero gioco della
concorrenza.
Tab. 1.1 – Monopolio naturale e forme di intervento pubblico
Configurazione
Monopolio naturale non
contendibile
Monop. natur. contenbile o
assenza di monopolio naturale
Tipo di intervento
a) Monopolio pubblico o
regolamentazione di impresa pubblica
b) Concorrenza per il mercato
Deregulation e privatizzazione
Un settore dove rilevante è la presenza di monopoli è quello dei servizi
pubblici. Tenuto conto delle caratteristiche di questo settore e delle condizioni
di contendibilità per fare fronte ai problemi di inefficienza che lo
caratterizzano sono state individuate varie soluzioni di intervento (tab 1.1). Si
ricorda che secondo la teoria dei mercati contendibili il potere di mercato delle
imprese che operano in situazioni diverse dalla concorrenza perfetta può essere
notevolmente ridotto dalla semplice prospettiva che nuove imprese entrino nel
settore pubblico.
a) Il ricorso all’impresa pubblica (o la proprietà pubblica del capitale) è una
delle soluzioni che viene proposta nei casi di monopolio naturale (ferrovie,
telefoni, radio-televisione, energia elettrica, ecc.). L’impresa pubblica
dovrebbe fissare delle tariffe secondo criteri ottimali: p=Cmg. Tuttavia, come
messo in evidenza nel cap. 2, praticando un prezzo uguale al costo marginale
si verificherebbe una perdita data dalla differenza tra costo marginale, e cioè il
prezzo, e il costo medio. La perdita può essere coperta attraverso trasferimenti
dal bilancio dello Stato, oppure mediante l’applicazione di una tariffa binomia
e della discriminazione delle tariffe (cfr. cap. 3).
b) Anche nel contesto della produzione pubblica, sono possibili forme di
regolamentazione. Una possibilità è costituita da politiche di concorrenza per
21
il mercato: lo Stato affida ad un’impresa la gestione del servizio in regime di
monopolio sulla base di un meccanismo concorrenziale di asta che consenta di
affidare il servizio all’impresa più efficiente (franchising). Questa forma di
concorrenza è difficile da realizzare; se non è sufficiente a risolvere i problemi
occorre adottare strumenti di regolamentazione più complessi. Lo Stato affida
la produzione ad un’impresa privata, ma le impone dei vincoli che siano
compatibili con gli obiettivi di efficienza e di carattere sociale.
La regolamentazione consiste nella definizione di regole contrattuali tra lo
Stato regolatore e l’impresa che produce il bene: tariffe; quantità e qualità del
servizio; modalità di trasferimento che lo Stato deve effettuare perché
l’impresa sia incentivata ad accettare il contratto (rimborso dei costi,
trasferimenti fissi, ecc.).
L’approccio tradizionale ai problemi di regolamentazione si fonda
sostanzialmente sull’idea di limitare la rendita monopolistica dell’impresa
regolata imponendo un vincolo di bilancio (la regola del p=Cmg).
In passato le tariffe sono state determinate sulla base del costo del servizio o
di un equo tasso di rendimento del capitale investito (rate of return, Ror).
Questo metodo ha però l’inconveniente di spingere le imprese a investire oltre
il necessario allo scopo di massimizzare i profitti. Per evitare questo
inconveniente oggi si ricorre al metodo del price cap, che consiste nel far
variare le tariffe in base al tasso di inflazione meno un tasso di produttività
contrattato tra le parti. Questo metodo ha il vantaggio di incentivare le imprese
ad aumentare la produttività e a fare in modo che le tariffe crescano meno del
tasso di inflazione.
Un approccio di regolamentazione tentato per dar vita a forme di
concorrenza è la yardstick competition detta anche concorrenza per confronto.
Il regolatore cerca di ottenere le informazioni necessarie relative ai costi
dell’impresa regolata traendole da imprese che operano sul mercato in settori
analoghi, oppure promuovendo, se possibile, qualche competitore.
c) Se il mercato è contendibile, o non vi sono le condizioni che
caratterizzano un monopolio naturale, in questo caso è possibile procedere alla
privatizzazione del servizio. Le prime esperienze di privatizzazione, sono
quelle definite formali o fredde, che sono consistite nel mutamento della
forma giuridica dell’impresa, da pubblica (esempio aziende autonome, ente
pubblico, azienda municipalizzata) a privata (spa) nella gestione delle public
utilities (poste, ferrovie, trasporti urbani, ecc.). Di solito il settore pubblico
mantiene la maggioranza, tuttavia gli obblighi contrattuali sono sanciti in
contratti di programma, in cui sono fissati gli obiettivi dell’impresa, i criteri di
fissazione delle tariffe, ecc.
22
Anche se i risultati non sono sempre condivisi, l’opinione prevalente ritiene
che le dismissioni di imprese pubbliche abbiano consentito di accrescere
l’efficienza del sistema economico e finanziario, e quindi di accrescere il
benessere.
Occorre che la privatizzazione sia accompagnata dalla liberalizzazione dei
servizi. Le misure di liberalizzazione (abolizione delle concessioni in
esclusiva, divieto di porre barriere legali all’ingresso, ecc.) devono offrire a
tutti i possibili concorrenti l’opportunità di costruire e utilizzare le
infrastrutture (le reti) e garantire il controllo attraverso le autorità indipendenti
di settore che devono impedire che si formino sovra profitti di monopolio e
favorire la costituzione di mercati contendibili.
Va ricordato che l’esistenza di un monopolio naturale può venir meno grazie
allo sviluppo della tecnologia. Questo è il caso dei servizi radiotelefonici, delle
telecomunicazioni. Le nuove tecnologie hanno modificato profondamente la
natura dei servizi prodotti. In questi casi esiste la possibilità di adottare un
regime di laissez faire e cioè di non intervento; permettere al monopolista di
scegliere il livello di produzione e di vendere l’output al prezzo che si
determina sul mercato. Le critiche che vengono rivolte a questa soluzione sono
quelle relative all’equità e all’efficienza che però dall’esame di alcuni casi
sembrano rivestire un’importanza contenuta.
3. La redistribuzione del reddito.
Nel terzo capitolo abbiamo osservato che i mercati concorrenziali, anche se
permettono di produrre in modo efficiente, possono condurre a distribuzioni
del reddito inique. Tuttavia è difficile determinare se una distribuzione del
reddito è migliore o peggiore di un’altra senza introdurre considerazioni di tipo
normativo. Se si esprime un giudizio negativo sull’equità della distribuzione
esistente, si giustifica un intervento pubblico per modificarla e ottenere la
distribuzione ritenuta equa.
In genere, quando lo Stato effettua una redistribuzione del reddito si verifica
una riduzione dell’efficienza economica. La metafora del secchio bucato
illustra il problema. Si supponga di avere a disposizione un serbatoio di acqua
e di volere portare un po’ di acqua a un individuo che non è in grado di
rifornirsi al serbatoio. L’unico mezzo disponibile per trasportare l’acqua nel
luogo desiderato è un secchio bucato, che da una parte funziona, ma dall’altra
ha un costo, in quanto parte dell’acqua si perde durante il trasporto. Pertanto,
per trasportare un litro di acqua, è possibile utilizzare secchi migliori o
peggiori, ma tutti perdono qualcosa.
In modo analogo, in un’economia l’azione di redistribuzione del reddito
riduce il valore totale dei beni e servizi disponibili per l’economia. Ciò accade
23
perché la ridistribuzione modifica gli incentivi dei consumatori e dei produttori
a produrre reddito. Sebbene la redistribuzione determini una perdita di
efficienza, ciò non implica che non debba essere attuata.
Si ricorda che la distribuzione personale del reddito dipende dalla
disponibilità individuale di fattori produttivi e dalle loro remunerazioni, per cui
le politiche ridistributive possono intervenire su entrambi gli elementi. Quanto
ai criteri di intervento, quelli di riferimento sono quelli del merito e quello del
bisogno.
Secondo il primo va premiato chi ha maggiormente contribuito alla
realizzazione della fortuna con il proprio sforzo e le proprie capacità; secondo
quello del bisogno la ridistribuzione deve essere effettuata in modo da favorire
coloro che hanno maggiori necessità di essere aiutati.
La distribuzione secondo il merito informa la difesa dell’economia di
mercato. Il mercato lasciato libero remunera gli attori economici in base al
contributo produttivo da essi arrecato. Di questa impostazione sono possibili
formulazioni differenziate. La versione più rigida considera giusto che ognuno
trattenga per sé quanto guadagnato sul mercato, e che non è compito della
società modificare la distribuzione che ne risulta.
Secondo una versione più attenuata, soltanto i frutti guadagnati in un
mercato competitivo possono essere trattenuti e dare luogo ad una
distribuzione giusta. Una versione moderna della distribuzione secondo il
merito accetta i risultati del mercato una volta che siano uguagliati i punti di
partenza.
La ridistribuzione secondo il bisogno la ritroviamo nel concetto di carità
cristiana, nella tradizione socialista, nella socialdemocrazia europea. L’equità
non è solo eguaglianza di condizioni, ma uguaglianza di situazioni in relazione
ai bisogni. La ridistribuzione è equa se consente a tutti i cittadini,
particolarmente a quelli meno abbienti, di godere almeno di un minimo di
redditi o di consumi, in conformità dei livelli prevalenti nella collettività. A
questa soluzione distributiva si sono ispirate sia le concezioni universalistiche
del Welfare state, sia quelle che mirano a garantire un minimo vitale solo a
coloro che si trovano in situazione di bisogno.
Uno degli aspetti importanti connessi con la distribuzione del reddito
riguarda il problema della povertà. Essa viene di solito definita per mezzo
della linea di povertà, una stima della quantità minima di reddito (o di spesa)
annuale di cui una famiglia ha bisogno per evitare uno stato di grave
privazione economica.
La linea di povertà può essere definita in due modi diversi, a seconda che la
soglia critica di reddito o di spesa sia stabilita in termini assoluti o relativi. La
povertà assoluta viene osservata considerando un paniere minimo di beni e
servizi di cui una famiglia deve usufruire se vuole sopravvivere (quantità di
potere d’acquisto). Invece per la povertà relativa si guarda alla spesa media
pro-capite, in Italia 963€, e si considerano povere quelle famiglie composte da
almeno due persone che hanno una spesa mensile inferiore a quella soglia. La
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povertà in Italia non è variata di molto. Tuttavia, è difficile effettuare confronti
intertemporali, poiché il paniere di quello che è considerato “normale” oggi è
molto diverso da quello che veniva considerato normale trent’anni fa.
I due metodi portano a risultati completamente diversi difficilmente
confrontabili. Ad esempio, negli USA la linea ufficiale della povertà è definita
in termini assoluti. In Italia invece la linea ufficiale della povertà è stabilita
come un livello relativo di spesa e corrisponde per ogni persona alla metà del
consumo medio per abitante di tutto il paese. La linea di base definita in questo
modo è poi adattata per tener conto del numero effettivo di componenti di ogni
famiglia.
Esercizi
- Si consideri il mercato di un bene la cui domanda complessiva è Yd = 40 –
0,5p. La funzione di costo totale per ciascuna impresa operante in quel
mercato è: CT = 8q.
1) Se su questo mercato opera un’impresa monopolistica, quali saranno
prezzo e quantità di equilibrio?
2) Trovare il prezzo che il governo dovrebbe imporre al monopolista se
volesse che la quantità prodotta sul quel mercato fosse pari alla quantità
che verrebbe prodotta in condizioni di perfetta concorrenza.
3) Si definisca e si calcoli l’incremento di benessere sociale, dovuto
all’eventuale intervento governativo sul prezzo.
1) Se sul mercato opera un monopolista, il suo profitto sarà: π = p(q) . q –
C(q), dove q è la quantità prodotta (che coincide con la quantità domandata dal
mercato), p(q) è la funzione inversa della domanda di mercato e C(q) è la
funzione del costo totale: nel caso specifico, π = (80-2q). q – 8q = -2q2 +72q;
il massimo di questa espressione si ha per q =18, a cui corrisponde il prezzo p =
44 e il profitto del monopolista π = 44 x 18 – 8 x 18 = 648.
2) Come è noto la quantità prodotta in regime di monopolio (in questo caso
18) è inferiore a quella che sarebbe disponibile sul mercato, se vi fosse perfetta
concorrenza.
Poiché in perfetta concorrenza il prezzo d’offerta eguaglia il costo marginale,
il governo - se volesse ottenere un’offerta pari a quella di perfetta concorrenza
– dovrebbe stabilire un prezzo pari al costo marginale.
Costo medio e costo marginale sono uguali, costanti e pari a 8.
Dall’equazione 8 = 80-2q si ricava che la quantità offerta sul mercato, sotto
ipotesi di perfetta concorrenza, sarebbe Q = 36, a cui corrisponde p = 8. Il
25
corrispondente profitto d’impresa è nullo (poiché il costo medio è uguale al
prezzo).
3) Potremmo definire il benessere sociale come la somma del surplus dei
consumatori, più i profitti delle imprese. La seguente rappresentazione grafica
aiuta a calcolare i valori di queste grandezze.
La retta DBA rappresenta la funzione di domanda; A indica il punto della
funzione di domanda su cui ci si colloca se vi è perfetta concorrenza tra le
imprese; B indica invece il punto della curva di domanda in cui ci si situa in
presenza di monopolio.
In perfetta concorrenza il surplus dei consumatori è dato dall’area del
triangolo ADE (uguale a 1296), mentre i profitti d’impresa sono nulli.
In regime di monopolio, già sappiamo che i profitti d’impresa sono pari a 648
(corrispondente all’area del rettangolo BCEF) mentre il surplus dei consumatori
(area del triangolo DBF) è 324.
La somma di profitti e surplus, nel caso di concorrenza perfetta supera di 324
la somma di profitti e surplus nel caso di monopolio; 324 rappresenta quindi la
“perdita netta di monopolio” e graficamente corrisponde all’area del triangolo
ABC.
Si noti che in questo caso una politica governativa che imponesse un prezzo
del prodotto pari a 8 sarebbe efficace nel determinare un aumento di benessere
sociale; è evidente, però, che l’impresa monopolista vede decurtati i propri
profitti, fino al punto di essere annullati e cercherà di “ingannare” il governo,
facendogli credere di avere costi medi superiori a 8, in modo che il prezzo
eventualmente fissato dal governo consenta al monopolista di acquisire profitti
positivi.
- Si consideri il mercato di un bene, in cui opera un’unica impresa; essa
fronteggia una curva di domanda di mercato P = 30-2y ed ha una funzione
di costo totale C=64+y2.
1) Determinare la scelta ottimale del monopolista.
2) Si supponga che il governo voglia intervenire per ottenere che sul
mercato venga scambiata una quantità del bene pari a quella che sarebbe
26
scambiata se vi fosse perfetta concorrenza: che prezzo deve imporre? Che
cosa fa il monopolista?
3) Nel caso di profitti negativi come comportarsi?
1) Il monopolista cerca di massimizzare il profitto e pertanto produrrà quella
quantità in base alla quale eguaglia ricavo marginale (30-4y) al costo marginale
(2y); ossia 2y=30-4y, da cui y=5.
In corrispondenza di questa quantità il prezzo è 20, il ricavo è 100, i costi
sono 89 e quindi l’impresa ha un profitto pari a 11.
2) Il governo dovrebbe imporre un p = Cmg ossia 30-2y=2y, da cui si ricava
la quantità di concorrenza perfetta (breve periodo), y=15/2, e successivamente
il prezzo da fissare, pari a 15.
Il costo medio in corrispondenza di y=15/2 è uguale a 16,03, superiore al
prezzo di mercato, e questo dà luogo a profitti negativi per l’impresa. Il caso è
assimilabile ad una situazione di monopolio naturale: la q del monopolista è
inefficiente, ma la q di concorrenza comporta profitti negativi.
3) Una politica di second best consiste nel fissare un p in modo da garantire
profitti non nulli e al tempo stesso spingere l’impresa a produrre una q del bene
maggiore rispetto a quella di monopolio.
Il P che deve fissare il governo sarà inferiore a 15 ma superiore o uguale al
costo medio (questo livello genera un profitto pari a zero). Perciò P=AC 302y=(64+y2 )/Y
Y=6,9 P=16,2
La q scambiata sul mercato è > rispetto a quella di monopolio ma < a quella di
concorrenza.
- Il mercato dell’energia elettrica è descritto dalle seguenti equazioni:
Domanda: Qd = 800 – 30P Offerta
Qo = 50 P
Dove Q è la quantità in migliaia di KWh e P è il prezzo in €.
Il governo, insoddisfatto per i risultati del livello minimo di prezzo di 12€,
decide di varare un sistema di sostegno dei prezzi, fissando il prezzo di
sostegno a 15€.
Qual è la quantità di elettricità che il governo deve acquistare dai
produttori?
Al prezzo di 15€ al KWh, la q domandata è pari a 350.000 kwh, e la q offerta
è di 750.000.
Per mantenere il prezzo a 15€, il governo deve acquistare dai produttori
750.000 – 350.000 = 400.000
27
CAP. 2 - LA PRODUZIONE E L’EROGAZIONE DEI BENI E
SERVIZI PUBBLICI
1. La produzione pubblica
Poiché i beni pubblici non vengono prodotti dal sistema di mercato, occorre
che ci sia qualche sistema alternativo che vi provveda. L’istituto che nelle
nostre società svolge questo ruolo è il voto, attraverso il quale vengono scelti i
governanti che sono delegati a stabilire, anche utilizzando poteri coercitivi,
quali beni produrre e come ripartirne il costo tra gli elettori. Sorge allora il
problema di configurare meccanismi istituzionali diversi dal mercato per
indurre i soggetti a rivelare le loro preferenze.
Effettuata la decisone di fornitura, e cioè quali beni e servizi pubblici mettere
a disposizione dei cittadini, il secondo momento decisionale riguarda il modo
con cui verrà effettuata la produzione e il suo finanziamento, e cioè la scelta
fra la produzione pubblica, organizzare direttamente il servizio (si tratta della
produzione mediante la burocrazia pubblica o in house), e quella privata, e
cioè ricorrere ad un’impresa privata, stipulando con essa un contratto di
fornitura. In assenza di pregiudizi ideologici la scelta dovrebbe essere
determinata sulle base di due criteri: la qualità del servizio e il costo di
produzione.
In genere si ritiene che sia la produzione privata quella più efficiente. Vi sono
differenze sostanziali fra le organizzazioni pubbliche e private dovute alla
diverse struttura dei diritti di proprietà. Ad esempio, nelle imprese private i
proprietari possono introdurre meccanismi di compartecipazioni ai profitti per
incentivare i manager a massimizzare questo obiettivo (i bonus). Nel settore
pubblico questa soluzione non è possibile. È tuttavia possibile introdurre degli
incentivi in grado di migliorarne l’efficienza, ad esempio delle indennità di
risultato (leggi Bassanini).
Un’ulteriore spiegazione dell’inefficienza del settore pubblico è fornita dalla
teoria dell’inefficienza interna o inefficienza X. La teoria si applica anche
alle organizzazioni private. L’economia, quando confronta imprese operanti in
forma di mercato diverse, assume che esse siano egualmente efficienti o,
tutt’al più, fa alcune considerazioni di efficienza basate sulle dimensioni. La
teoria dell’efficienza X cerca di spiegare quali sono i fattori alla base dei divari
di efficienza e quindi di costo. Vengono individuati tre fattori principali:
- l’esistenza di contratti di lavoro incompleti;
- la non perfetta specificazione della funzione di produzione, cioè il legame
che intercorre fra fattori produttivi e prodotto. Quando gli obiettivi non sono
perfettamente conosciuti è difficile specificare una funzione di produzione,
28
cioè individuare esattamente i fattori di produzione e le loro quantità
necessarie.
- non tutti i fattori produttivi sono venduti sul mercato e comunque non allo
stesso prezzo. Ad esempio, le imprese pubbliche e quelle private accedono ai
mercati dei capitali a costi diversi. Un costo meno elevato può rappresentare
una spinta in meno all’uso efficiente delle risorse.
3. Beni pubblici. Efficienza, efficacia ed economicità
I problemi da risolvere in relazione ai beni pubblici sono dunque
molteplici: quali beni pubblici produrre e in quale quantità; da chi farli
produrre; come finanziarli. Problemi non semplici da risolvere.
Di seguito affronteremo il secondo e il terzo problema. Il primo e cioè quali
beni e in quale quantità abbiamo visto che richiede l’aggregazione delle
preferenze degli individui che viene realizzata nel mercato politico attraverso
il voto. La scelta su chi deve produrli dovrebbe essere effettuata in base a
criteri di efficienza, efficacia ed economicità. Come vedremo di seguito sono
concetti differenti ma collegati.
Abbiamo visto nel paragrafo precedente che esistono vari concetti di
efficienza (allocativa, produttiva, gestionale). Quando si valuta il modo di
produrre, come vengono utilizzati i fattori produttivi, il concetto di efficienza
che in genere si utilizza è quello di efficienza produttiva; si fa riferimento
all’attitudine a rendere massimo il rapporto tra le quantità prodotte e le
risorse utilizzate per produrle. Tuttavia, poiché le risorse sono eterogenee per
ovviare a questo problema si fa riferimento al concetto di costo: numero di
unità prodotte per unità di moneta (indicatore indiretto). Il costo per unità di
prodotto è un indicatore inverso di efficienza in quanto l’efficienza cresce al
decrescere del costo.
Il concetto di efficienza non va confuso con quello di efficacia ed
economicità. L’efficacia di un processo produttivo consiste nella sua
capacità di ottenere i risultati per il conseguimento dei quali è stato posto in
essere. Essa può essere interna se riguarda gli obiettivi che si pone l’unità
produttiva o, esterna, se concerne le aspettative che si creano tra i destinatari
dell’attività dell’unità produttiva.
L’economicità rappresenta invece una misura della redditività dell’unità
produttiva poiché mette in relazione risorse impiegate e risultati conseguiti, e
consiste nell’utilizzo dei mezzi meno onerosi per il raggiungimento degli
obiettivi perseguiti dall’unità produttiva. Per le aziende di produzione,
l’economicità si realizza non solo nella remunerazione con i ricavi di tutti i
costi sostenuti, ma anche nel conseguimento di profitti. Per le aziende di
erogazione di beni e servizi pubblici, che non hanno finalità di lucro,
l’economicità si consegue allorché vi è equilibrio tra risorse acquisite e costi
29
sostenuti per il soddisfacimento dei bisogni pubblici secondo obiettivi
prefissati.
3.1 – I fattori che incidono sulla minimizzazione dei costi.
Alla base delle strategie competitive delle imprese vi sono alcuni fattori
che si configurano come differenziali economici della competitività
aziendale. In altri termini, quando un’impresa cerca di far fronte alla
concorrenza e cioè cerca di migliorare l’efficienza del sistema produttivo, si
pone il problema di individuare i fattori che agiscono sui costi di produzione
in modo da ridurli. Il problema è dunque, quali sono le diverse leve che
l’impresa può attivare per ridurre i propri costi medi? La letteratura
economica ha fornito differenti risposte a tale domanda,. In particolare fa
riferimento sinteticamente alla possibilità di realizzare delle economie per
indicare specifici vantaggi di costo.
In riferimento a tali economie, sono state identificate diverse fonti di
riduzione del costo medio, riconducibili essenzialmente, alle seguenti:
- economie di scala
- economie di scopo o di varietà o digamma
- economie di apprendimento
- economie di elasticità produttiva
- economie di rete
- economie di potere di mercato
- economie esterne di agglomerazione.
Nello specifico, volendo fornire una prima distinzione di tali economie, è
possibile considerare quelle che vengono generate all’interno dell’impresa e
quelle che, invece, derivano da rapporti che la stessa detiene con soggetti
esterni. Quelle interne sono le economie di scala, quelle di scopo, di
apprendimento e di elasticità produttiva, le altre sono ovviamente esterne.
- Efficienza di scala dimensionale – Si evince dalla verifica dei costi unitari
di produzione, decrescenti rispetto alla scala di attività di un’organizzazione
o unità produttiva.
Le economie di scala derivano dalla dimensione assunta dall’impresa o
dall’impianto produttivo; sono legate ai rendimenti crescenti delle tecnologie
impiegate e, nel caso delle attività pubbliche, delle procedure amministrative
in essere che condizionano la divisione del lavoro nelle unità produttive
pubbliche.
L’analisi delle economie di scala attraverso l’andamento dei costi unitari ci
consente, fra l’altro, di illustrare il concetto di soglia minima efficiente di
produzione o di attività.
30
Le economie di scala possono essere illustrate attraverso la struttura dei
costi totali di produzione (fig. 2.1). Questa può essere rappresentata dalla
spezzata ABC o dalla funzione di costo totale. La funzione aumenta con tassi
di incremento decrescente. Si ha una diminuzione dei costi di produzione per
unità di prodotto o servizio erogato.
Fig. 2.1 – Struttura del costo totale di produzione.
L’analisi delle economie di scala può essere effettuata anche attraverso
l’andamento dei costi unitari. Questa analisi ci consente di illustrare il
concetto di soglia minima efficiente di produzione o di attività. Il punto C
(fig. 2.2) rappresenta la dimensione che consente di minimizzare i costi
unitari.
Fig. 2.2 – I costi unitari di produzione.
31
- Efficienza di varietà produttiva – Le economie di varietà spiegano i
vantaggi di costo derivanti dalle sinergie economiche della produzione
congiunta di più beni o servizi. L’insorgere di economie di varietà o di
gamma è dovuto infatti alla possibilità di massimizzare la potenzialità delle
parti produttive comuni. L’efficienza è riconducibile ad un problema di
strutturazione ottimale della gamma di beni e servizi producibili (fig. 2.3).
Considerando tre beni diversi (Y1), (Y2), e (Y3) registreremo economie di
varietà qualora il costo complessivo della loro produzione congiunta [C(Y 1,
Y2, Y3)] è minore della somma delle relative produzioni specializzate [C 1
(Y1) + C2 (Y2 ) + C3 (Y3)]; ovvero per n beni vale la seguente
disuguaglianza:
C ( Σi=0 N Yi ) < Σi=0 N Ci Yi
La produzione congiunta di più beni e servizi di una stessa unità produttiva
ha consentito lo sviluppo di nuovi modelli organizzativi, lo sviluppo di nuovi
modelli di offerta pubblica di servizi di interesse collettivo.
Fig. 2.3 – Struttura della produzione di beni e servizi.
- Le economie di apprendimento – assumono carattere di dinamicità in
quanto sono relative alla diminuzione del costo medio totale all’aumentare
della produzione cumulata nel tempo.
- Le economie di elasticità produttiva – presumono una variabilità
quantitativa della domanda.
- Le economie di rete - possono essere intenzionali o non intenzionali e
generano una diminuzione del costo medio per effetto della partecipazione
dell’impresa ad un network che condivide ed utilizza la medesima
tecnologia.
32
- Le economie di potere di mercato – derivano dal rapporto che l’impresa
detiene sia con i propri clienti, sia con i propri fornitori e generano una
riduzione del costo per effetto della capacità dell’impresa di influenzare il
comportamento di tali soggetti.
- Le economie di agglomerazione - costituiscono un ventaglio più ampio di
relazioni, legate ad una localizzazione specifica e ad un contesto territoriale
ben delimitato.
4. Le cause di inefficienza della produzione pubblica
Legge di Baumol
Fattori istituzionali. Problemi di dimensione delle imprese
Inefficienza X o inefficienza gestionale
Assenza di concorrenza e ruolo della burocrazia
Teoria dei diritti di proprietà
- Legge di Baumol – Le attività svolte dal settore pubblico rientrano quasi
interamente tra le attività non suscettibili di progresso tecnico. Molti servizi
pubblici hanno infatti una componente essenziale di servizi personali (il
prodotto tende ad identificarsi con il lavoro)
L’adozione di tecnologie non consente che temporanei increme3ti di
produttività perché si devono combinare in proporzioni quasi fisse con fattori
produttivi a bassa produttività ( i servizi personali).
Si sottovaluta la possibilità che la Pubblica Amministrazione possa
procedere a innovazioni di tipo organizzativo in modo da aumentare la
proporzione dei fattori progressivi utilizzati nella produzione.
- Dimensione delle imprese – Inefficienza può derivare dalla dimensione
cui viene spinta la produzione dei servizi pubblici locali. Comuni troppo
piccoli danno origine a diseconomie di scala.
La dimensione dell’ottima dimensione economica delle giurisdizioni
porterebbe alla definizione di differenti dimensioni per ogni servizio.
- Inefficienza X o gestionale – Impossibilità di adottare criteri di
ottimizzazione in contesti in cui, per l’incertezza su quali siano gli obiettivi
reali dell’organizzazione, non è possibile specificare correttamente le
funzioni di produzione. Scarsa specificazione dei contratti di lavoro.
- Assenza di concorrenza e ruolo della burocrazia – I funzionari pubblici si
comportano alla stregua di qualsiasi altro soggetto razionale: cercano di
massimizzare la propria utilità (livelli paga, potere, prestigio). Risultato
33
gestione inefficiente degli uffici. Nel rapporto con i politici hanno il
monopolio dell’informazione sui costi di produzione.
- Diritti di proprietà – Il sistema dei costi e delle remunerazioni è
strettamente collegato alla possibilità di scambiare le quote individuali di
proprietà dell’istituzione.
5. La produzione mediante impresa pubblica
Le istituzioni efficienti sono quelle costruite in modo da fornire agli
operatori economici gli incentivi corretti ad agire coerentemente agli scopi
che si vogliono raggiungere:
- Incentivi esterni (vengono forniti dal mercato)
- Incentivi interni (realizzati mediante un’opportuna struttura gerarchica)
Nelle imprese pubbliche mancano sia gli incentivi interni sia quelli esterni.
Diversi assetti proprietari possono determinare diversi sistemi di
incentivazione e controllo dell’efficienza gestionale delle imprese, Tutte le
imprese sono organizzazioni complesse, caratterizzate da diversi problemi di
asimmetria informativa fra agenti occupanti posizioni diverse nella scala
gerarchica.
Separazione tra proprietà e controllo origina comportamento
opportunistico del manager. Manager non può appropriarsi degli utili
I problemi di inefficienza interna si sommano a quelli di inefficienza
allocativa (per le imprese che operano in settori non concorrenziali).
Impossibilità di trasferimento dei diritti di proprietà.
Occorre verificare la possibilità di creare concorrenza e cioè verificare la
natura del monopolio, se è effettivamente un monopolio naturale, se è
contendibile e se è possibile creare le condizioni di contendibilità (fig. 2.4)
Fig. 2.4 - Monopolio naturale e forme di intervento pubblico
Configurazione
Tipo di intervento
Monopolio naturale
non contendibile
- Concorrenza per il mercato
Monopolio naturale
contendibile o assenza di
monopolio naturale
- monopolio pubblico o
regolamentazione di
impresa pubblica
privatizzazione
liberalizzazione
34
5.1. Politiche per la concorrenza
- Concorrenza per il mercato – le attività vengono affidate in concessione
ai privati che le esercitano secondo criteri e modalità definite dall’operatore
pubblico.
In un’industria si verificano le condizioni del monopolio naturale. La
concorrenza è inefficiente.
- Concorrenza nel mercato – consiste nel regolamentare le imprese La
regolamentazione consiste nella definizione di regole contrattuali tra lo Stato
e l’impresa in relazione a:
- determinazione delle tariffe
- quantità e qualità dei servizi prodotti
- modalità di trasferimento che lo Stato deve effettuare perché l’impresa sia
incentivata ad accettare il contratto (rimborso costi, trasferimenti fissi,
rendimento rispetto all’investimento)
5.1.1. Concorrenza per il mercato
Le modalità specifiche attraverso cui si concretizza la concorrenza è in
genere quella della concessione (franchising) o dell’affidamento di talune
mansioni in appalto (contracting-out)
Le procedure non trasferiscono al settore privato dell’economia la proprietà
degli assets, bensì la sola gestione, cioè l’opportunità di agire in taluni
contesti per un certo periodo.
Le attività vengono affidate mediante asta in concessione ai privati
(concorrenza alla Demsetz) che le esercitano secondo criteri e modalità
definite dallo Stato. L’asta, che è lo strumento per realizzare la concorrenza
(per aggiudicarsi il servizio), ha lo scopo di fare emergere il vero costo di
erogazione del servizio e di limitare il coinvolgimento dell’operatore
pubblico
Occorre definire le clausole del bando d’asta e le attività di monitoraggio
Demsetz mostra come un meccanismo d’asta appropriato possa eliminare
la rendita dl monopolista. In un’asta perfetta il prezzo proposto non dovrebbe
superare il costo medio. Il risultato dipende da alcune ipotesi:
- le imprese conoscono le tecnologie esistenti e hanno libero accesso ad
esse;
- le imprese partecipanti non devono avere incentivi a colludere situazione
che può realizzarsi se il numero di partecipanti è limitato.
Necessario ripetere periodicamente le aste. Intervallo breve comporta
aumento dei costi di transazione. Possibile deformazione dei risultati a
favore dell’incumbent (l’impresa erogatrice ha già affrontato elevati costi
fissi che risultano irrecuperabili.
35
In questo caso l’incumbent è disposto a erogare il servizio ad un prezzo che
copra anche solo i CMe variabili. L’impresa entrante deve ancora acquistare
gli impianti (il prezzo deve coprire i CMe totali).
La posizione di vantaggio dell’incumbent viene meno nel lungo periodo
quando gli impianti diventano obsoleti e quindi tutti (compreso l’incumbent)
devono affrontare il nuovo costo.
Approccio alternativo effettuare la suddivisione fra il capitale fisso (costi
irrecuperabili) e la gestione del servizio.
Il problema della concorrenza alla Demsetz riguarda la qualità dei servizi.
L’impresa per aumentare i profitti può essere tentata di abbassare la qualità.
Il controllo comporta di costi di transazione.
Benefici delle procedure d’asta
La gestione del servizio pubblico locale viene affidata all’impresa che
effettua l’offerta migliore in un contesto competitivo.
L’affidamento del SPL mediante gara riduce gli eventuali problemi
connessi ad una limitata capacità negoziale di colui che bandisce l’asta.
I prezzi che pratica un monopolista in seguito all’affidamento risultano
tanto più vicini al costo medio quanti più sono i concorrenti che partecipano
alla gara.
Con l’affidamento della fornitura al soggetto più efficiente si pongono in
essere contratti di servizio dotati di maggiori incentivi all’efficienza
produttiva (al diminuire delle royalty si avranno maggiori incentivi alla
efficienza produttiva.
Affidamento del servizio mediante gara: problemi da risolvere
- Scelta del meccanismo di asta da utilizzare per selezionare l’affidatario
della gestione del servizio.
- Requisiti di ammissione dei partecipanti alla gara.
- Criteri di ordinamento delle offerte dei concorrenti.
- Le caratteristiche del contratto di servizio che disciplina i rapporti tra ente
locale e affidatario del servizio.
Criteri per la selezione del vincitore
▪ Affidare il servizio al concorrente che offre la più alta somma fissa per
aggiudicarselo, trasferendo alla sfera pubblica i profitti di monopolio.
Inconvenienti: non ci sono effetti sulle tariffe che devono pagare gli utenti. Il
fornitore può reclamare la necessità di ottenere una esclusiva a produrre di
natura legale, che potrebbe limitare la possibilità di ingresso di nuovi
soggetti in futuro.
▪ Il concorrente selezionato è quello che offre di pagare il più alto
trasferimento fisso per utente o la maggiore percentuale sul reddito atteso.
In questo caso le tariffe applicate agli utenti possono essere anche maggiori
di quelle relative al caso precedente.
36
▪ Il concorrente selezionato è quello che offre la maggior quantità di servizi.
Si hanno problemi relativi alla elevata tariffa degli utenti
▪ Il concorrente effettua un’offerta che consiste in un piano che comprende
qualità dei servizi e tariffa (asta multidimensionale).
Si cerca di ottenere una tariffa che si avrebbe in un assetto concorrenziale e
di incentivare un livello di qualità desiderato dagli utenti
Difficoltà di selezionare l’offerta; esse non sono strettamente ordinabili
occorre effettuare una predefinizione di una struttura di preferenza
dell’autorità pubblica nella quale siano rappresentati i gusti dei consumatori.
Scelta del meccanismo d’asta
Asta inglese – un banditore partendo da un prezzo base aggiudica il bene a
chi offre il prezzo più elevato. In questo caso si ottiene, durante l’esecuzione
dell’asta, informazioni sul prezzo in base al quale gli altri partecipanti
decidono progressivamente di ritirarsi.
Asta olandese – opposto a quello precedente. Si parte da un prezzo molto
alto che viene via via ribassato. L’acquisizione di informazioni è preclusa e i
non vincitori vengono eliminati tutti insieme.
First price sealed bid auction – L’asta a busta chiusa al prezzo massimo
avviene con offerta in busta chiusa e la vittoria è aggiudicata a chi è
disposto a pagare il prezzo più elevato.
Vickrey auction (asta del secondo prezzo) – Chi vince paga il secondo
prezzo più alto. L’offerta di chi offre è rilevato solo per determinare la
probabilità di vittoria, ma non il prezzo da pagare. Questo meccanismo è più
idoneo a fare emergere la vera valutazione del bene da parte degli offerenti.
Requisiti per l’ammissione dei partecipanti
- Esperienza passata nella gestione dei servizi pubblici locali con particolare
riferimento alla condotta tenuta dall’affidatario nella gestione dei rapporti
con l’ente pubblico.
- Struttura interna in termini di personale, con riferimento al numero e alla
competenza, mezzi e infrastrutture.
- Affidabilità finanziaria
Il contratto di servizio
Contratto in cui le parti contraenti si accordano sulle condizioni alle quali
finanziare, produrre e offrire il servizio.
Disciplina i rapporti tra ente concedente e affidatario
Contenuto:
- Durata
- Modalità di espletamento del servizio
- Obiettivi qualitativi
- Aspetti economici del rapporto
- Modalità di determinazione delle eventuali tariffe
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- Diritti degli utenti
- Poteri di verifica dell’ente locale
- Conseguenze degli inadempimenti
- Condizioni di accesso anticipato dell’ente locale
I canoni di accesso alla rete
Obiettivi perseguiti nella definizione delle infrastructure charges:
promuovere e assicurare un utilizzo efficiente del network. Precisamente per
utilizzo efficiente si intende una struttura in grado di:
- garantire un uso efficiente dell’infrastruttura. I canoni d’accesso devono
essere fissati ad un livello tale da evitare situazioni di sovrautilizzo o
sottoutilizzo dell’infrastruttura;
- assicurare una gestione ottimale dell’infrastruttura
- i canoni dovrebbero essere fissati in modo da favorire l’attività degli
operatori privilegiando quelli efficienti e penalizzando quelli inefficienti.
La teoria economica suggerisce che fissare i prezzi d’accesso al network a
un livello pari al Cmg di breve periodo incoraggia un uso efficiente della
rete. Se il p>Cmg alcuni operatori potrebbero non essere in grado di coprire i
costi di gestione.
Tuttavia la rgola P=cmg di breve copre solo una piccola parte dei costi
infrastrutturali e non favorisce una adeguata copertura dei costi del landlord
(gestore della rete) e gli sottrae la possibilità di diventare finanziariamente
indipendente dai trasferimenti pubblici.
Il livello a cui vengono fissati i canoni dipende dai seguenti obiettivi e dal
loro trade-off:
- efficiente utilizzo del sistema produttivo realizzando adeguando p=cmg
breve;
- adeguata copertura dei costi delle infrastrutture realizzabile adottando una
soluzione con p = o > cmg di lungo periodo in grado di garantire
economicità al landlord e una riduzione dell’impegno finanziario statale.
Es. Il Cmg di breve nel settore ferroviario misura il costo da sostenere (per il
proprietario della rete) per sistemare un treno addizionale sul network.
I costi comprendono quelli in situazione senza congestione:
- manutenzione delle tratte
- manutenzione del sistema di segnalazione
- costi per la fornitura di energia elettrica
- programmazione degli orari
- costi di gestione e spese d’amministrazione
- Occorre quindi includere i costi opportunità (mancati guadagni) che il
gestore dell’infrastruttura deve sostenere in presenza di alti livelli di
congestione del network che impediscono di soddisfare la domanda di altri
operatori ferroviari pronti a entrare nel mercato.
- costi collegabili alla gestione del network causati da alti livelli di
congestione o dal cattivo stato dell’infrastruttura (disruption costs) che
38
provocano ritardi nel normale svolgimento dell’attività di trasporto o,
ancora, quei costi (esternalità) imposti a soggetti esterni all’infrastruttura
ferroviaria (inquinamento acustico e ambientale)
5.1.2. Concorrenza nel mercato
La concorrenza nel mercato consiste nell’affidare il servizio ad imprese
private e nel definire le regole contrattuali alle quali devono attenersi in
relazione alla determinazione delle tariffe e alla qualità e quantità del
servizio da erogare.
La regolamentazione serve a garantire la pubblicità del servizio; a tutelare i
consumatori.
Limitare la rendita monopolistica dell’impresa imponendo un vincolo di
bilancio
L’applicazione della regola P = Cmg pone molteplici vincoli al regolatore:
1) vincoli informativi (difficoltà per il regolatore di avere conoscenze
adeguate al fine di fissare il prezzo)
2) vincoli di transazione. Riguardano la difficoltà di scrivere contratti
completi con l’impresa da regolare (difficoltà di verifica delle prestazioni)
3) vincoli amministrativi e politici nascono dal fatto che spesso il compito di
seguire le attività di regolamentazione è affidato a commissioni, agenzie,
organismi nominati dal potere politico, i cui ambiti di manovra e di indagine
sono limitati.
Ogni forma di regolamentazione non fornisce all’impresa sufficienti
incentivi ad evitare forme di inefficienza
Contratti cost plus – lo Stato deve individuare il livello del trasferimento
all’impresa che procura il bene, tenendo conto dei costi realizzati e
aggiungendo un margine di profitto normale.
Contratti di questo tipo hanno scarso effetto di controllo dei costi.
Contratti a prezzo fisso – lo Stato definisce un prezzo per il bene (chiavi
in mano). In questo caso l’incentivo a ridurre i costi è massimo, poiché ogni
risparmio di costo è a vantaggio dell’ impresa. Lo Stato deve conoscere in
modo corretto il prezzo da fare applicare dall’impresa. Rimane il problema
della verifica della qualità del prodotto.
Contratti incentivanti – combinazione dei due precedenti. Lo Stato
concede un trasferimento in somma fissa all’impresa ma copre anche una
percentuale dei costi sostenuti dall’impresa.
- Cost plus
Variazione della tariffa in funzione di una variazione dimostrabile dei costi
sopportati
Dovrebbe favorire la riduzione dei costi
39
L’impresa si appropria eventuali risparmi di costo
Asimmetria informativa: l’operatore pubblico non è in grado di accertare i
determinati dell’aumento dei costi
Possibilità di utilizzo di costi standard o teorici (costi sostenuti dalle imprese
più efficienti)
- Rate of return
Il prezzo deve coprire i costi variabili, gli ammortamenti ed una quota di
profitto calcolato sul capitale investito
Inconvenienti:
▪ Effetto Averch Johnson (eccesso di capitale investito che conduce alla
sovracapitalizzazione e ad inefficienza produttiva.
▪ Non fornisce incentivi a ridurre i costi
▪ Difficoltà a definire il saggio di rendimento sul capitale investito
(produttività marginale del capitale)
Se r< rendimenti di concorrenza perfetta l’impresa diminuisce la qualità.
Se r> rendimenti di concorrenza perfetta l’impresa realizza extraprofitto
▪ Il contratto di regolamentazione ha come obiettivo di fissare prezzi pari al
Cme. La premessa del metodo è di attrarre capitale nel settore delle utilities.
▪ La regolamentazione si basa sulla costanza dei prezzi praticati per un
periodo di tempo predeterminato.
▪ L’impresa è libera di prendere qualsiasi decisione in merito alla produzione
e ai prezzi purché il Ror sul capitale non ecceda quello stabilito.
- Price cap
Meccanismo che individua inizialmente un livello massimo di prezzo
consentito inferiore a quello di monopolio.
La regola permette all’impresa di variare il prezzo non oltre un ammontare
stabilito. La variazione è inferiore al tasso di inflazione. In termini reale
quindi il prezzo decresce.
Tariffe possono variare in base al tasso di inflazione (RPI) meno un tasso
programmato di aumento della produttività (X): ΔT = RPI - X
ΔT = P – X + aQ + bI + K
ΔT = tasso di crescita medio delle tariffe
P = Indice dei prezzi al consumo
X = tasso di crescita della produttività. In genere è positivo
Q= indicatore di qualità (corretto in positivo o negativo mediante il
coefficiente a)
I = tasso di crescita del costo degli input esogeni (qualora rappresentino una
quota rilevante dei costi di produzione) ad esempio il petrolio.
K = fattore correttivo per tenere conto dei problemi specifici a livello di
impresa (realizzazione di particolari programmi di investimento).
Il fatto che il prezzo possa aumentare di un ammontare inferiore
all’inflazione non vuole significare che l’impresa decurta i propri profitti.
40
L’impresa sopporta anche dei costi e può puntare a ridurli, in modo da più
che compensare la diminuzione del prezzo reale del proprio output.
Incentivo per l’impresa ad aumentare la produttività poiché se supera il tasso
X può mantenere sotto forma di profitto la conseguente riduzione dei costi
(se X non viene raggiunto i coti aumentano senza avere possibilità di
aumentare le tariffe).
Problemi da risolvere:
▪ definire la tariffa base- occorre individuare un livello massimo di prezzo
consentito del servizio inferiore a quello del monopolio non regolamentato.
▪ scelta del paniere dei servizi da includere nella formula.
▪ i critici sostengono che il metodo del price-cap dinamico spinge le imprese
non tanto a cercare guadagni di efficienza riducendo i costi medi, ma ad
abbassare il livello qualitativo del bene, o servizio. L’impresa anche se
regolamentata è infatti sempre un monopolista
- Concorrenza amministrata (Yardstick competition)
E’ un surrogato di quelle forze che in un sistema di mercato inducono alla
massima efficienza degli operatori.
Consiste nel raffronto di servizi pubblici erogati localmente da più soggetti.
Quanto più standardizzate sono le condizioni d’offerta e quanto più
paragonabili sono le condizioni ambientali e di produzione tanto più efficace
sarà il monitoraggio delle singole performance e ciò al fine di rinforzare i
meccanismi di incentivazione sull’efficienza.
Presuppone la possibilità di controllo dei costi. Sistema di contabilità
analitica.
Limiti:
- non è facile o economicamente conveniente suddividere un monopolio
naturale in unità
- non è facile confrontare costi di diverse imprese. Condizioni geografiche
ambientali diverse
- impreso hanno l’incentivo a ridurre la qualità
5.2. Privatizzazione delle imprese
Per privatizzazione si intende il passaggio di proprietà da soggetti pubblici
a soggetti privati.
Per liberalizzazione si intende l’ingresso di nuove imprese sui mercati
serviti da monopolisti.
Nelle prime fasi dello sviluppo soltanto lo Stato può favorire
l’accumulazione del capitale delle infrastrutture e nelle industrie ad alta
intensità di capitale. Avviato lo sviluppo si ritira gradualmente
41
dall’economia con il processo di privatizzazione. Alla fase colbertista si
dovrebbe assistere una fase di dismissione.
La privatizzazione può essere:
- sostanziale (con al dismissione si perde il controllo)
- formale (con la dismissione non si perde il controllo)
Motivazioni:
- efficienza
- politiche (necessità di ridurre la commistione politici-burocrati)
- finanziarie (bisogno finanziamento del bilancio dello Stato)
- vincoli di finanza pubblica (controllo del disavanzo)ac
Tutela degli interessi pubblici dopo le privatizzazioni
La tutela degli interessi pubblici non passa necessariamente per il
mantenimento del 51% del capitale azionario. La tutela può assumere la
forma di golden share pubblica e nell’istituzionalizzazione di organi esterni
come le public authorities.
- Golden share è un’azione con caratteristiche speciali che viene emessa a
favore del governo. Consente di avere pieno e legittimo diritto di intervento.
Consente di impedire l’ingresso nel CdA, lo scorporo, lo smembramento, la
cessione o il fallimento dell’impresa.
In Italia i poteri speciali sono stati introdotti direttamente nei nuovi statuti
delle società da dimettere. Si prefigura con la conservazione di un potere
gestorio effettivo dello Stato nelle società dimesse.
In contrasto con il principio di uguaglianza dei cittadini poiché consente di
decidere mediante provvedimento amministrativo indipendentemente da
qualsiasi decisione dell’assemblea generale degli azionisti.
Golden share inglese ha durata limitata o una scadenza. In Frangia l’action
spécifique aveva durata massima 5 anni. In Italia la disciplina non stabilisce
alcun limite temporale nei poteri speciali del Ministero dell’economia.
- Le public authorities (agenzie di regolazione). Compito di specificare,
monitorare e valutare gli aspetti qualitativi e quantitativi dei settori
privatizzati.
Consentono di garantire il quadro dell’assetto futuro del settore e il sistema
di regolazione e di rapporti istituzionali che lo configureranno
In Francia si è sviluppato un modello di relazioni Stato impresa basato sulla
tecnica del contratto di programma. Sul versante interno implica
l’applicazione di sistemi di contabilità analitica per centri di costo e sul
versante esterno il ricorso a competenti commissioni tecniche di valutazione
e controllo.
In Inghilterra ci si è basati su agenzie ad hoc per ogni settore oggetto di
strategie di privatizzazione.
42
5.2.1. Tecniche di dismissione
- Offerta pubblica di vendita (OPV)
Si colloca presso il pubblico dei risparmiatori o investitori un predeterminato
stock di azioni.
Si può riservare una frazione agli investitori istituzionali i quali potranno
rivendere i titoli in loro possesso.
Occorre definire la quantità di titoli, la pubblicizzazione, il prezzo di
collocamento, il tetto massimo di proprietà individuale di azioni, i soggetti
preposti alla vendita, l’articolazione degli incentivi mirati a diverse categorie
di risparmiatori.
Lo Stato si propone di diffondere quanto più possibile presso il pubblico le
azioni con l’obiettivo di fare una public company (società ad azionariato
diffuso).
Determinazione del prezzo delle azioni
Tender offer –le società incaricate di vendere raccolgono le informazioni
attraverso le quali i richiedenti comunicano le quantità domandate ad un dato
prezzo. Raccolte le offerte le società di collocamento fissano lo striking price
P= D = O (prezzo che uguaglia domanda e offerta) procedendo a collocare le
azioni a coloro che offrono un prezzo uguale o superiore. Si evita il rischio
di azioni invendute.
Metodo che riesce a simulare il mercato.
Non consente politiche redistributive e cioè di realizzare strategie e sugli
assetti proprietari desiderati.
Offer for sale – assegnazioni di azioni a prezzo fisso da parte di un sindacato
di collocamento con ripartizione delle quantità in relazione alle richieste con
eventuale riparto o sistema di precedenza stabilito prima dell’offerta stessa.
Fissazione in via preventiva del prezzo delle azioni.
- Vendita diretta
Cessione ad un’altra società (private sale) o cessione a un gruppo di azionisti
(private placing). Il prezzo di vendita può essere negoziato direttamente tra
le parti oppure può essere definito tramite procedura d’asta
Lo Stato intende assicurarsi che il controllo sociale sia acquisito da
investitori graditi (nocciolo duro) nucleo stabile di azionisti di riferimento
che si impegnano a garantire determinate condizioni economiche finanziarie
e gestionali.
- Mangement employeess buy out
43
Privatizzazione endogena consiste nell’apertura ai manager dell’impresa
pubblica e ai suoi dipeseti di particolari canali – opportunità per l’acquisto di
azioni dell’impresa.
5.2.2. Valutazione del capitale economico delle società da privatizzare
Metodo patrimoniale - Valore dell’impresa = patrimonio netto contabile
(comprensivo del risultato d’esercizio).
Metodo reddituale – capitalizzazione ad un determinato tasso ( i ) della
configurazione adottata come base di riferimento ( R )
Metodo misto – media aritmetica approccio patrimoniale e reddituale
Metodo basato sul cash flow – E’ una derivazione del criterio reddituale. Il
risultato economico è sostituito dal flusso di autofinanziamento ed il tasso di
capitalizzazione da un moltiplicatore (es indicatori settoriali della borsa
italiana)
44
45
CAP. 3 - I PREZZI PUBBLICI.
1. Il finanziamento dei servizi pubblici a domanda individuale:
aspetti generali.
Una delle fasi riguardante l’erogazione dei beni e servizi da parte
dell’operatore pubblico riguarda il loro finanziamento. Le soluzioni a
disposizione dell’operatore pubblico consistono nel far pagare i beni
mediante l'adozione di prezzi pubblici o tariffe o ricorrere al sistema
tributario e, quindi, provvedere alla loro copertura mediante imposte e/o
tasse.
I prezzi pubblici costituiscono una delle forme di «entrate non
tributarie» dell’operatore pubblico. Queste entrate derivano dalle attività
di gestione dei beni patrimoniali e dalle attività imprenditoriali
dell’operatore pubblico. I prezzi pubblici vengono spesso fissati
utilizzando criteri volti a perseguire obiettivi di pubblica utilità anche se
non si può escludere che qualche impresa pubblica si comporti in modo
da perseguire obiettivi di mercato e praticare quindi prezzi determinati
dalle forze che in esso prevalgono.
Il prezzo praticato dalle imprese pubbliche può infatti essere distinto in
«prezzo economico» che corrisponde al costo pieno sopportato dalle
imprese nella produzione dei beni e servizi e permette il pareggio di
bilancio e quindi l’uguaglianza tra ricavi e costi totali, e «prezzo politico»
che é inferiore al costo di produzione, per cui solo una parte dei costi
viene coperta direttamente dagli acquirenti dei beni e servizi.
L’operatore pubblico può anche procedere alla regolamentazione dei
prezzi delle imprese private ma, in questo caso il problema consiste nel
regolamentare il comportamento delle imprese private che forniscono
beni e servizi all’operatore pubblico o direttamente al mercato. In
quest’ultimo caso, non si tratta dunque di finanziamento della produzione
e, pertanto, questo problema non verrà preso in considerazione. In questo
capitolo ci occupiamo esplicitamente dei prezzi pubblici, soprattutto
come strumento di allocazione delle risorse e come mezzo di copertura
dei costi di produzione delle imprese pubbliche che erogano servizi di
pubblica utilità.
In realtà, l’operatore pubblico utilizza i prezzi pubblici per perseguire
una vasta gamma di obiettivi riconducibili oltre all’efficienza allocativa e
alla copertura dei costi di produzione, alla distribuzione del reddito, e ad
esigenze di politica macroeconomica, quali il controllo dell'inflazione o il
riequilibrio settoriale e territoriale.
Le finalità allocative costituiscono forse quelle più analizzate,
soprattutto in questi ultimi anni dove, nell’ambito delle politiche
46
economiche perseguite dai vari paesi, sembrano prevalere. Anche la
teoria economica, attraverso l’analisi della «tariffa ottima» da applicare ai
servizi pubblici, ha considerato questo obiettivo come prioritario.
Le finalità distributive sono comunque sempre state presenti nella
determinazione e nella manovra tariffaria. Anche se la teoria tradizionale
tende a separare rigidamente gli obiettivi di tipo distributivo da quello
allocativo, nelle analisi sulla ricerca della tariffa ottimale sono state
introdotte considerazioni distributive.
I prezzi pubblici possono inoltre costituire uno strumento delle politiche
economiche stabilizzatrici; la politica tariffaria é stata utilizzata in vari
paesi come strumento di lotta all’inflazione. Tuttavia non vi é motivo
valido per ritenere che le tariffe di un dato servizio debbano
necessariamente crescere in linea con l’inflazione.
L’attribuzione di un dato obiettivo da perseguire tramite i prezzi
pubblici dovrebbe essere dettata, secondo la teoria normativa, dalla
necessità di perseguire il benessere sociale e, pertanto, la manovra tramite
i prezzi pubblici potrà risultare valida solo se i benefici sociali sono
superiori ai costi sociali. Tuttavia, questo modo di affrontare il problema
presuppone che i vari obiettivi vengano ordinati in base alle preferenze
della collettività e che le tariffe risultino uno strumento efficiente ed
efficace per il perseguimento degli obiettivi che l’operatore pubblico si é
dato.
2. Le tariffe ottimali
La tariffa ottimale che permette di raggiungere l’efficienza allocativa è
quella fissata in base al criterio prezzo uguale al costo marginale. La
regola del marginal cost pricing riproduce il comportamento dell’impresa
privata in regime di concorrenza perfetta e il rispetto di tale regola
garantisce il raggiungimento dell'efficienza allocativa.
L’applicazione di questa regola alle tariffe pubbliche trova tuttavia
notevole difficoltà dovute alla presenza di una qualche forma di interesse
collettivo nelle imprese di pubblica utilità e, in genere, alle cause del
fallimento del mercato. A titolo di esempio, il collegamento al sistema
telefonico di un nuovo utente dovrebbe generare dei benefici a chi ne fa
già parte, poiché aumenta la loro possibilità di comunicare. I vecchi
utenti, per tener conto di questi effetti esterni positivi, dovrebbero quindi
finanziare almeno in parte il costo del nuovo collegamento, per cui il
prezzo di accesso alla rete dovrebbe essere fissato ad un valore inferiore
ai costi reali di allacciamento. E’ evidente che risulta difficile conoscere
esattamente il valore delle esternalità e risulterà quindi difficile poter
rispettare la regola di uguaglianza al margine tra prezzi e costi.
47
Come si vedrà nei paragrafi successivi, l’applicazione del marginal cost
pricing pone particolari problemi quando si é in presenza di rendimenti di
scala crescenti; l’osservanza di questa regola provoca infatti un disavanzo
di gestione che deve essere coperto ricorrendo o al sistema tributario o ad
altre regole, con il pericolo di provocare la violazione dell’uguaglianza
delle marginalità.
Per assicurare l’efficienza allocativa il prezzo dovrebbe essere uguale ai
costi marginali e, più precisamente, fare riferimento ai costi marginali
sociali. In tale caso il costo marginale dovrebbe rappresentare il costo
opportunità marginale derivante dall’uso delle risorse utilizzate nella
produzione dei beni e servizi. Il costo verrebbe determinato dal costo
d’uso delle risorse (i beni ai quali bisogna rinunciare in seguito all’uso
delle risorse in quel dato settore) e dal costo di riduzione delle risorse che
riflette le conseguenze del consumo attuale per i consumatori futuri, più
ovviamente le esternalità (Ocde, 1987).
Un’altra definizione del costo opportunità pone l’accento sul contesto
finanziario o contabile dell’uso delle risorse. Questa interpretazione é
tuttavia più limitata, poiché l’equilibrio finanziario può essere un
indicatore impreciso dei costi connessi all’uso delle risorse, e non
fornisce alcuna indicazione sui costi esterni e di riduzione delle risorse.
3. Tariffe e costo marginale di breve e di lungo periodo
Come già anticipato, l’uguaglianza del prezzo al costo marginale
dovrebbe garantire l’ottima allocazione delle risorse. Questo criterio di
determinazione delle tariffe pone tuttavia problemi di altra natura, diversi
da quelli incontrati nella determinazione delle tariffe di secondo ordine
quando, ad esempio, si ha a che fare con produzioni caratterizzate da
indivisibilità nei processi produttivi. In queste situazioni il problema che
si pone è di sapere se il costo marginale debba essere quello di breve o di
lungo periodo.
In una situazione di concorrenza perfetta l’impresa privata, avente come
obiettivo la massimizzazione del profitto, determina il prezzo in base al
costo marginale di breve periodo; tale costo, una volta che l’impresa
abbia definito la dimensione ottimale della produzione, è anche uguale a
quello di lungo periodo. Pertanto, anche a livello di imprese pubbliche, se
fosse realizzata una politica degli investimenti ottimale, il prezzo che
uguaglia il costo marginale di breve periodo dovrebbe corrispondere a
quello di lungo periodo.
Il problema della determinazione delle tariffe in base al costo marginale
di breve e di lungo periodo sorge dunque solo nel caso che siano stati
48
effettuati degli errori nella dimensione ottimale degli impianti (esistenza
di indivisibilità o ritardi di adeguamento della capacità a causa, ad
esempio, di problemi di finanziamento), o nel caso, come si vedrà nel
paragrafo successivo, che si siano verificate variazioni nella domanda o
errate previsioni sulla dinamica di quest’ultima. Il costo marginale di
breve periodo coincide infatti con quello di lungo periodo soltanto
quando gli impianti sono perfettamente dimensionati rispetto alla
domanda. Tuttavia, raramente, e comunque per brevi periodi di tempo, si
verifica che la capacità esistente corrisponda esattamente alla domanda
corrente.
Il problema è rilevante perché, com’è stato ad esempio osservato nel
caso del trasporto ferroviario, il costo marginale di un passeggero è
pressoché uguale a zero ma, nel lungo periodo, se questo comporta una
variazione nell'organizzazione del trasporto, poiché bisogna ad esempio
acquistare una carrozza supplementare, il costo marginale è positivo. Se il
prezzo fosse stabilito in base al costo marginale di breve periodo
l’azienda di trasporto non sarebbe in grado di coprire i costi degli
investimenti effettuati e il prezzo praticato provocherebbe problemi di
capacità. Il prezzo deve essere in grado di ricoprire tali costi e non
provocare eccessi o carenza di domanda rispetto alla capacità esistente.
In questo caso il costo marginale di breve periodo rimane un parametro
di riferimento tariffario solo nel caso di sottoutilizzazione o
sovrautilizzazione degli impianti; esso può tuttavia causare delle
distorsioni nell’allocazione dinamica delle risorse.
4. Le tariffe in caso di domanda ciclica.
Può succedere che la domanda nei confronti dell’impresa subisca
variazioni cicliche giornaliere, settimanali o stagionali e che il prodotto
non possa essere immagazzinato o lo si possa fare a costi troppo elevati.
Il problema che ci si pone in questi casi é quello di un’impresa che
fronteggia due domande, una corrispondente al periodo di bassa e l’altra
al periodo di punta, e che deve ripartire il costo di capacità fra gli utenti
relativi alle due domande. In altri termini: nell’impossibilità di variare la
capacità produttiva, il problema consiste nel determinare prezzi ottimali
per l’utilizzo di quella data capacità produttiva in condizioni di domanda
variabile in modo che sia assicurata la massimizzazione del benessere.
Se il prodotto può essere immagazzinato a basso costo il problema non
si pone neppure in presenza di domanda variabile; é sufficiente
programmare la produzione e utilizzare le riserve in periodi di punta e
ricostituirle in periodi di bassa. In questo caso si possono applicare prezzi
uniformi determinati in base al costo marginale di lungo periodo.
49
Quando invece non é possibile immagazzinare il prodotto, e questo é il
caso di molti servizi pubblici - si pensi all’energia elettrica, ai servizi
telefonici, ai trasporti urbani, ecc. - risulta importante utilizzare la
capacità produttiva in modo ottimale. Ciò può essere fatto quando le
tariffe uguagliano i costi marginali di breve periodo in qualunque
momento del ciclo della domanda e, dato che questa varia nel tempo,
occorre adottare tariffe multiple. In particolare, questa regola ci porta ad
adottare tariffe più elevate nei periodi di punta e meno elevate in quelli di
bassa.
Nella determinazione delle tariffe ipotizziamo di seguito che le imprese
operino con una capacità fissa K, che esistano due domande, una di bassa
e una di punta, che le due domande sono indipendenti (ciascuna dipende
soltanto dal proprio prezzo e cioè gli utenti di alta non si trasferiscono nel
periodo di bassa) e supponiamo che la funzione di costo di breve periodo
sia:
C(q) = F + bq
dove F sono i costi fissi e b i costi variabili, uguali ai costi marginali.
L’impianto è disponibile per entrambi i periodi per cui i costi fissi
vengono ripartiti sono in comune agli utenti dei due periodi, mentre i
costi variabili devono essere sostenuti in ciascun periodo per cui la
funzione di costo diventa:
C(q) = F + b(q1 + q2)
Di seguito analizzeremo vari casi in relazione al fatto che le domande
utilizzino o meno la totalità della capacità produttiva.
(a) Consideriamo il primo caso nella fig.3.1 riportiamo la domanda D1, la
domanda di bassa, che riguarda la situazione in cui esiste eccedenza di
capacità, mentre la D2 è quella di punta e supera la capacità
dell’impianto. Le due domande sono indipendenti e cioè la tariffa
fissata nel periodo di bassa non incide sulla domanda nel restante
periodo del ciclo e viceversa.
(b)
Fig.3.1 - La domanda di punta in presenza di capacità fissa.
Si ipotizza che l’impresa abbia rendimenti di scala costanti fino al
raggiungimento della piena capacità; i costi fissi medi sono congiunti
50
rispetto alla produzione nei due periodi. I costi marginali di esercizio
CMg vengono ipotizzati costanti fino al pieno impiego della capacità
produttiva degli impianti dopo di che l’offerta diventa completamente
inelastica. OQp rappresenta la capacità dell’impianto. Il problema
consiste nel determinare un prezzo che permetta di soddisfare le domande
tenendo conto del vincolo della capacità dell’impianto.
La soluzione ottimale consiste nel fissare le tariffe pari a P1 nel periodo
di bassa e P2 in quello di punta. In questo caso solo gli utenti di punta
contribuiscono alla copertura dei costi fissi. Gli utenti della domanda di
punta pagherebbero quindi un prezzo più elevato; la maggiorazione può
essere interpretata come una forma di razionamento che è considerato
efficiente poiché non comporta sprechi di risorse. La domanda Le due
domande possono intersecare la curva di offerta nella parte verticale; in
questo caso tutti gli utenti parteciperebbero, in misura diversa, a coprire i
costi di capacità dell’impianto.
Se, ad esempio, fosse stato adottato per entrambi le domande un unico
prezzo P0 si avrebbe una minore domanda per gli utenti di bassa e una
domanda maggiore per quelli di punta. Ciò avrebbe comportato un
razionamento mediante code determinando così uno spreco di tempo.
La differenziazione dei prezzi fa aumentare la domanda di bassa e,
viceversa, diminuire quella di punta. In questo modo si ottimizza il grado
di utilizzazione della capacità produttiva esistente, che abbiamo supposto
data, e l’eccesso di domanda viene eliminato (effetto di razionamento).
Le tariffe differenziate possono giustificarsi sul piano di un equo riparto
dei costi tra diversi gruppi di utenti. Gli effetti dipendono ovviamente
dall’elasticità delle domande; se queste sono rigide il marginal cost
pricing comporterebbe scarsi effetti allocativi, mentre importanti
diventano quelli distributivi. La regola generale consiste dunque
nell’utilizzare tariffe differenziate elevate quando maggiore é l’intensità
della domanda.Il pagamento in eccesso rispetto ai costi variabili b,
effettuato dagli utenti nel periodo di punta può essere utilizzato
dall’impresa per la copertura dei costi fissi. Se grazie a ciò l’impresa
pareggia il bilancio la capacità K può essere ritenuta ottimale.
b) Può succedere che nessuna delle domande utilizzino la totalità della
capacità produttiva. In questo caso la capacità risulta eccedente. Gli utenti
delle due domande dovrebbero pagare una tariffa determinata dal costo
variabile.
c) Un ulteriore caso si ha quando entrambi le domande possono
considerarsi di punta. In questo caso gli utenti pagano un prezzo che
eccede il costo variabile b. Gli utenti dell’impianto nel periodo di bassa
dovranno sostenere parte del costo fisso dell’impianto, riducendo così
l’onere per il periodo di punta.
51
d) E’ possibile che i costi marginali di breve periodo, a differenza di
quanto ipotizzato nei casi precedenti, non siano costanti. Ad esempio si è
in presenza di congestione: interruzione del servizio elettrico o
congestione del trasporto urbano. In questi casi il costo marginale di
breve periodo è crescente. Anche in questo caso la regola da applicare
consiste nell’eguagliare i prezzi in ciascun periodo al costo marginale che
si deve sostenere nel periodo considerato.
e) In genere, tuttavia, le domande non sono indipendenti e la loro
ripartizione nel tempo dipende dalle politiche di prezzo che vengono
attuate: la domanda tenderà a trasferirsi dai periodi di prezzo elevato a
quelli di prezzo meno elevato e, pertanto, problemi di capacità produttiva
potranno porsi anche nei periodi di domanda bassa. Possiamo allora
considerare gli utilizzatori dell’impianto nel periodo di bassa e in quello
di punta come utilizzatori congiunti dello stesso impianto o, in modo
diverso, possiamo considerare l’impianto come un bene pubblico che
fornisce servizi agli utilizzatori di punta e di bassa i quali, a loro volta,
possono utilizzare i servizi in modo non rivale.
In questo caso entrambi i prezzi sono superiori al costo marginale di
breve periodo CMg in quanto anche in periodo di bassa si usa in pieno la
capacità esistente. Qualora invece, la domanda di bassa, in
corrispondenza della capacità ottimale, fosse risultata uguale o inferiore
al costo di esercizio, il costo del capitale avrebbe dovuto gravare
esclusivamente sulla domanda di punta, ed il prezzo di bassa avrebbe
dovuto essere uguale al solo costo di esercizio.
In caso di interdipendenza delle domande i vantaggi che si ottengono
dalla differenziazione delle tariffe sono soprattutto dovuti alla maggior
uniformità della domanda nel ciclo e, quindi, ad un miglior sfruttamento
della capacità produttiva ed, in secondo luogo, all’eventuale riduzione dei
fenomeni di congestione. Questi risultati dipendono ovviamente
dall’elasticità della domanda; se questa é rigida gli effetti risultano infatti
puramente distributivi.
I vantaggi allocativi aumentano in genere con la differenziazione delle
tariffe ma questi possono essere compensati dall’aumento degli oneri
amministrativi derivanti dall’applicazione delle tariffe differenziate.
5. L’efficienza allocativa e il vincolo di bilancio per le imprese
pubbliche.
52
Quando la produzione dei beni e servizi viene effettuata da imprese con
costi medi decrescenti l’applicazione del marginal cost pricing può
determinare dei disavanzi di bilancio. Nella fig.3.2 viene riproposto il
grafico del monopolio naturale. Come si ricorda, data la rilevanza dei
costi fissi rispetto a quelli variabili, il costo medio è decrescente e la
curva del costo marginale rimane inferiore alla prima. Il monopolista
privato adotterebbe un politica di prezzo OP1 in modo da massimizzare il
profitto, producendo quindi una quantità Qp. Per ottenere una allocazione
ottimale delle risorse occorre invece applicare la regola del prezzo uguale
al costo marginale OP0 e ottenere quindi una produzione OQ0. Poiché il
costo marginale CMgl di lungo periodo è inferiore al costo medio CMel
di lungo periodo, quel livello di produzione comporta una perdita di
gestione equivalente all’area P0P2EF, data dalla differenza fra costo
medio e costo marginale moltiplicata per la quantità prodotta.
Solo nel caso in cui ci fossero dei rendimenti di scala costanti non si
verificherebbero delle differenze tra costo medio e costo marginale sia di
breve che di lungo periodo; in questo caso il problema di determinazione
della tariffa risulta semplificato. E’ infatti sufficiente applicare una tariffa
uguale al costo medio e questa soddisferebbe sia le condizioni allocative
che l’esigenza di pareggio del bilancio.
Una delle possibilità per coprire la perdita consiste nel fissare il prezzo
in base al costo marginale e imporre delle imposte a carico della
collettività per un ammontare equivalente al disavanzo di bilancio. E’
questa la proposta di Hotelling che risale al 1938: fissare il prezzo ad un
livello pari al costo marginale e porre il disavanzo a carico dello Stato,
con copertura tramite imposte lump sum. Le imposte in somma fissa
permettono di rispettare la condizione di efficienza poiché non violano le
condizioni di uguaglianza tra prezzo e costo marginale negli altri settori.
Fig. 3.2 - Il monopolio naturale: politiche di prezzo.
53
Hotelling dimostrava infatti che ogni prelievo tale da violare le
equivalenze marginali comporta una perdita netta di benessere rispetto a
un prelievo di pari ammontare del tipo «in somma fissa» e quindi il
benessere della società poteva essere aumentato diminuendo le tariffe al
livello del costo marginale e sostituendo il gettito perduto con un
incremento delle imposte.
Tale modo di procedere si presta a due osservazioni. La prima riguarda
le stesse imposte in somma fissa: é pressoché impossibile riscontrare
nella realtà tale tipo di imposte. In secondo luogo esiste un problema di
equità, non si vede perché tutta la popolazione debba contribuire alla
copertura del disavanzo dato che il servizio viene utilizzato solo da una
parte di essa. Il metodo della fiscalizzazione della perdita comporta una
redistribuzione del reddito dai contribuenti agli utenti del servizio; non
conduce quindi a risultati soddisfacenti a meno di non risolvere il
problema teorico della compensazione, oppure di affidarsi a
comparazioni interpersonali di utilità.
La soluzione che veniva proposta era quella di far sopportare il
disavanzo agli stessi utenti; applicare cioè una discriminazione perfetta
dei prezzi e ciò avrebbe permesso di rispettare la condizione del prezzo
uguale al costo marginale per ogni consumatore. Ma questo risulta
difficile da applicare concretamente.
Il criterio del prezzo uguale al costo marginale non garantisce dunque
necessariamente l’efficienza allocativa quando la sua applicazione
determina disavanzi di gestione. La copertura dei disavanzi determina
infatti effetti negativi perché, in pratica, i disavanzi sono posti a carico del
bilancio dello Stato. La rilevanza di questi effetti dipende dalla
dimensione dei disavanzi i quali, a loro volta, dipendono dalla rilevanza
delle economie di scala. Se infatti i disavanzi sono trascurabili il miglior
modo per farvi fronte consiste ancora nel ritoccare le tariffe, in questo
modo non si dovrebbero verificare rilevanti distorsioni allocative. In
presenza di forti disavanzi di bilancio risulta invece opportuno modificare
gli stessi criteri di determinazione delle tariffe.
5.1. La tariffazione al costo medio.
La soluzione più semplice sarebbe quella di applicare tariffe uguali al
costo medio (full cost pricing). In tale caso la perdita verrebbe annullata
ma, come risulta dalla fig.3, la produzione si ridurrebbe a OQm. In questa
caso si rinuncerebbe ad utilizzare il prezzo come strumento per la corretta
allocazione delle risorse.
A favore del criterio del prezzo uguale al costo medio viene avanzata
l’esigenza di far fronte al disavanzo di bilancio dell'impresa e le
54
conseguenze che questo può avere sulla finanza pubblica ed, in secondo
luogo, si ritiene che l'utente debba pagare il costo pieno del servizio, in
modo da evitare così fenomeni di illusione fiscale.
Rimane il fatto che la determinazione delle tariffe in base al costo
medio genera effetti distorsivi sull'allocazione delle risorse. Se gli
impianti sono perfettamente divisibili e di dimensione ottima (costi medi
e marginali di breve periodo coincidono con quelli di lungo periodo), la
tariffazione in base al costo medio porta a produzioni superiori o inferiori
a quelli corrispondenti al marginal cost pricing, a seconda che si abbiano
rispettivamente rendimenti di scala decrescenti o crescenti.
In particolare, può succedere che in presenza di forti economie di scala
la produzione del servizio debba essere dismessa perché il prezzo di
domanda per qualunque livello di produzione risulta inferiore al
corrispondente costo medio.
Come già anticipato, solo quando i rendimenti di scala sono costanti e
gli impianti sono dimensionati in modo ottimo il criterio del full cost
pricing equivale a quello del prezzo uguale al costo marginale. Quando la
capacità produttiva non è dimensionata in modo ottimale i due criteri
coincidono solo se fanno riferimento ai costi medi di lungo periodo e
rispettivamente ai costi marginali di lungo periodo.
Le tariffe calcolate in base al costo medio non determinano comunque
un incentivo a migliorare la tecnologia produttiva. Il fatto di riconoscere
all’imprenditore pubblico la copertura dei costi di produzione lo
garantisce contro i rischi di gestione dell'impresa e lo disincentiva a
ricercare contenimenti nei costi e miglioramenti nell’efficienza.
5.2. Le tariffe a due parti.
Una delle soluzioni che é stata proposta per far fronte ai disavanzi di
bilancio delle imprese con rendimenti crescenti consiste nell'utilizzare le
tariffe a due parti o tariffe binomie. In base a questo criterio ogni utente
dovrebbe pagare una tariffa costituita da una parte fissa dovuta per
accedere al servizio e, l’altra, variabile, funzione della quantità consumata
di servizio. Facendo riferimento alla fig.3 la parte variabile sarà tale da
essere equivalente all’area OPoEQo, mentre la parte fissa dovrebbe
risultare uguale all’area PoP2FE e servirebbe a coprire il disavanzo di
gestione.
Le tariffe a due parti cercano dunque di riprodurre la struttura dei costi.
Lo scopo della parte fissa é di recuperare i costi fissi, che non variano al
variare del consumo, mentre quella variabile per recuperare i costi
variabili imputabili direttamente all’utente.
55
Esempi di tale tipo di tariffazione sono piuttosto comuni nella pratica, si
pensi ad esempio al servizio telefonico o a quello di erogazione dell'acqua
o del gas ed, in genere, a tutti i servizi a rete, dove la parte fissa
costituisce il costo di allacciamento mentre quella variabile rappresenta il
consumo effettivo del servizio da parte dell’utente.
Teoricamente si potrebbe ottenere una situazione ottimale, e ottenere gli
stessi risultati del criterio del prezzo uguale al costo marginale sempreché
la parte variabile della tariffa coincida con il costo marginale e quella
fissa non risulti tale da scoraggiare il consumo. Se la parte fissa è troppo
elevata alcuni consumatori marginali potrebbero infatti rinunciare al
consumo.
Se la quota fissa é uguale per tutti i consumatori, la tariffa binomia
comporta delle distorsioni distributive; essa imputa ad alcuni utenti del
servizio parte dei costi fissi per i quali non sono responsabili mentre, per
gli altri utenti, la quota fissa può risultare inferiore ai costi fissi che
impongono all’impresa. Quando invece anche la quota fissa risulta
commisurata al singolo utente le tariffe non comportano alcun problema
distributivo.
La tariffa binomia, imputando una quota fissa all’utente previene la
realizzazione di investimenti non redditizi da un punto di vista della
collettività. Infatti, se il servizio fosse imputato in base al criterio del
prezzo uguale al costo marginale, si potrebbe avere un incremento della
domanda da parte degli utenti marginali che non sono disposti a
sopportare i costi fissi addizionali che essi stessi determinano. In questo
caso, l’espansione dell’offerta per saturare la nuova domanda non é
socialmente giustificata. L’uso di una tariffa binomia imputa direttamente
al consumatore la quota di capitale di cui é responsabile e lo informa
quindi correttamente sui reali costi del servizio.
Si é già detto che perplessità sono state avanzate sull’uso della doppia
tariffa sotto il profilo dell’equità distributiva. Si sostiene che la parte fissa
costituisca una sorta di diritto di accesso che pagano ricchi e poveri e, se
elevata, può allontanare i poveri dal servizio. Inoltre, nel caso di domanda
rigida, com'é nella maggior parte dei casi dei servizi forniti dalle imprese
di pubblica utilità, il servizio ha caratteristiche di prima necessità o,
comunque, è essenziale, per cui la tariffa binomia non risulterebbe valida
dal punto di vista dell’equità.
Rimane il fatto che con le tariffe a due o più parti viene ad aumentare la
possibilità di combinazioni di tariffe e di definire prezzi per quantità
diverse di consumo. Un esempio in tale senso é fornito dalla tariffazione
dell’energia elettrica per fasce di consumo. La quota fissa risulta
proporzionale ai cosiddetti costi di potenza, vale a dire ai costi fissi che
l’impresa deve sostenere per dimensionare la capacità produttiva
necessaria a far fronte alla potenza impegnata dall’utente.
56
A conclusione di quanto detto si può ritenere che gli effetti allocativi
della tariffa a più parti coincidano con quelli del criterio del prezzo
uguale al costo marginale se valgono le seguenti condizioni:
- la parte variabile é determinata in base al costo marginale;
- la quota fissa é tale da non disincentivare il consumo.
Le tariffe flat - Le tariffe flat possono essere assimilate alle tariffe a
due parti. Esse consistono nel pagare solo un canone di accesso mentre il
servizio è gratuito. Corrispondono a tariffe di first best quando il costo
marginale di erogazione del servizio è nullo.
Può succedere che l’accesso venga richiesto a prescindere dall’uso del
servizio. Ad esempio ci si può abbonare ad un servizio telefonico solo per
ricevere telefonate o, comunque, per avere il servizio a disposizione. In
questo caso l’utente acquista l’opzione di avvalersi del servizio.
Le tariffe a molte parti o a blocchi – Utilizzando lo stesso principio
delle tariffe binomie le tariffe a molte parti possono essere determinate
facendo pagare in funzione delle quantità consumate prezzi diversi,
adottando tariffe multi parti o a blocchi. Nella fig. 6 viene rappresentato il
caso di una tariffa a blocchi di tipo decrescente. Per la quantità compresa
tra 0 e Q1 si applica il prezzo P1; per quella compresa tra Q1 e Q2 il prezzo
P2; per le unità eccedenti Q2 si applica il prezzo P3.
La tariffa a blocchi decrescenti è di fatto una tariffa a due parti,
caratterizzata da una differente parte fissa per ogni blocco. Infatti se
consideriamo gli utenti che consumano la quantità Q1-Q2 , essi pagano un
prezzo P2 per tutte le unità che consumano e una parte fissa equivalente
all’area P1ABP2. In modo analogo in relazione ad una quantità consumata
maggiore di Q2, la tariffa sarà data da una parte fissa costituita dalla
somma delle aree P1ABP2 + P2P3CE e dal prezzo riguardante la quantità
consumata P3 (Fig.2.3).
I benefici ottenuti con le tariffe a due o a molte parti devono essere
valutati a fronte dei costi di transazione generati dalla maggiore
complessità della struttura tariffaria. Inoltre, le tariffe a blocchi di tipo
decrescente sono ritenute regressive; esse favoriscono chi consuma di più.
Se i consumi sono correlati positivamente al reddito, i beneficiari sono i
consumatori con redditi più elevati.
Tariffe per classi - La tariffa potrebbe essere pagata anche per classi,
abbassando il prezzo a P2 sull’intera quantità consumata per chi supera la
quantità Q1 e così via successivamente. In questo modo esiste la
possibilità che chi effettua un consumo maggiore abbia una spesa
complessiva minore.
57
Fig. 3.3 – La tariffe a blocchi di tipo decrescente.
Tariffe a blocchi di tipo crescente – Allo scopo di contenere i consumi
le tariffe possono essere determinate anche a blocchi con prezzo crescente
in funzione della quantità consumata. Come risulta dalla fig. 3.4 anche
queste tariffe possono essere considerate tariffe a due parti. In questo caso
la parte fissa, diversa a seconda dello scaglione di consumo, viene ad
essere costituita da un trasferimento.
Fig. 3.4- Tariffe a blocchi crescenti.
5.3. La discriminazione dei prezzi.
Un approccio alternativo per la determinazione del prezzo ottimale in
presenza di un vincolo di pareggio di bilancio, alternativo a quelli finora
utilizzati, consiste nell’impiego dei prezzi discriminati in relazione
all’elasticità della domanda (Baumol, Bradford, 1970).
La completa applicazione della politica di discriminazione dei prezzi
porterebbe alla totale appropriazione da parte del monopolio pubblico
della rendita del consumatore. Il criterio delle tariffe differenziate prevede
dunque che gli utenti paghino in ragione dell’utilità che ricavano dal bene
consumato.
La discriminazione del prezzo é perfetta (primo grado) nel caso limite
in cui l'impresa fronteggia un numero limitato di consumatori dei quali
conosce perfettamente le curve di domanda. In questo caso
l'appropriazione della rendita del consumatore é completa.
58
In realtà, con il metodo delle tariffe discriminate si cerca di ottenere il
pareggio di bilancio. Per fare ciò, com’é noto, occorre che l’impresa
fronteggi domande con diversa elasticità di prezzo e che, in caso di
differenziazione dei prezzi fra i consumatori, non si abbia possibilità di
rivendita dei beni o dei servizi da un gruppo di consumatori all’altro. La
discriminazione dei prezzi configura assetti distributivi diversi da quelli
che si avrebbero nel caso si applicasse un prezzo unico.
Gli esempi di discriminazione delle tariffe sono molti: si pensi alle
tariffe ferroviarie, a quelle del trasporto marittimo o a quelle aeree.
Queste ultime danno una possibilità concreta di attuare la discriminazione
dei prezzi che può rivelarsi molto redditizia. Per massimizzare i profitti le
tariffe devono differire considerevolmente, proprio per la natura della
clientela (differenti gruppi di clienti con diverse elasticità di domanda).
Un esempio particolare é costituito dalla tariffazione dell’energia
elettrica, dove il prezzo può essere differenziato in base alle
caratteristiche degli utenti (imprese commerciali, imprese industriali,
consumatori domestici) e per scaglioni di consumo. La differenziazione
può essere collegata alla modalità di fornitura che può prevedere la
predeterminazione delle quantità erogate. Anche le aziende di trasporto
pubblico praticano largamente la discriminazione dei prezzi con il duplice
scopo di ottenere parte della rendita del consumatore e di accrescere il
grado di utilizzazione del capitale fisso. Un’altra forma importante di
discriminazione è quella intertemporale. In questo caso la separazione dei
consumatori in base alle curve di domanda si realizza praticando prezzi
diversi in relazione a diversi periodi di tempo. Di fatto il peak load
pricing costituisce una discriminazione temporale dei prezzi.
La discriminazione dei prezzi, se applicata correttamente, non dovrebbe
contrastare con una corretta allocazione delle risorse. Se infatti, ad
esempio nel caso del trasporto ferroviario, l’utente potesse scegliere
liberamente tra la tariffa di prima e seconda classe, in questo caso la
tariffa non escluderebbe i consumatori dall'accesso al servizio. Se il
consumatore preferisce pagare una tariffa più elevate per il servizio di
prima classe significa semplicemente che, trovandosi su di una curva di
indifferenza maggiore, ottiene un benessere maggiore. Il risultato é quindi
che con la discriminazione dei prezzi si ottiene un aumento del benessere
sociale.
Può invece accadere che la discriminazione comporti una diminuzione
del benessere; questo si ha nel caso di una discriminazione eccessiva
quando vengono imposti artificiosamente vincoli all’utilizzo dei prezzi
più convenienti. Si pensi, ad esempio, all’obbligo di prenotare il biglietto
per una rappresentazione teatrale con mesi di anticipo o la possibilità di
accedere a determinate prestazioni sanitarie solo dopo mesi di
prenotazione. Questi vincoli possono di fatto escludere dal servizio gli
utenti che sarebbero disposti a pagare la tariffa in base al costo marginale
59
ma non quella in base a costi superiori. Le distorsioni dipendono
comunque dalla elasticità della domanda; esse sono limitate nel caso di
domanda rigida.
La discriminazione dei prezzi viene dunque proposta per far fronte al
disavanzo di bilancio delle imprese con costi medi decrescenti. Essa
comporta quasi sempre forme di cross subsidization tra utenti. Si pensi,
ad esempio, alle fasce sociali dell’energia elettrica o all’esempio
precedente delle tariffe ferroviarie; in quest'ultimo esempio gli utenti di
prima classe, pagando una tariffa superiore al costo medio, verrebbero a
sussidiare quelli di seconda classe che presumibilmente pagano una
tariffa uguale al costo marginale.
6. Redistribuzione e prezzi pubblici
Il criterio del prezzo uguale al costo marginale può dunque permettere
di raggiungere una situazione di efficienza paretiana, tuttavia questa
situazione può non coincidere con un ottimo sociale a causa, ad esempio,
della distribuzione del reddito ritenuto dall’operatore pubblico non
corrispondente a quella voluta dalla società. In questo caso occorre
effettuare delle correzioni e i prezzi pubblici possono costituire uno degli
strumenti utilizzabili.
Abbiamo infatti visto che l’operatore pubblico può perseguire tramite i
prezzi pubblici anche finalità distributive. Nel caso del criterio prezzo
uguale al costo marginale, in presenza di rendimenti crescenti, si hanno
disavanzi di gestione e il loro finanziamento origina effetti sulla
distribuzione del reddito. In base al metodo di copertura si hanno infatti
trasferimenti di reddito a favore di determinate categorie di utenti.
Ad esempio, la discriminazione delle tariffe permette di sovvenzionare
certe categorie di utenti; quelle con prezzi superiori ai costi medi di fatto
sussidiano quelle con prezzi inferiori. In questo caso bisogna verificare
che gli utenti con domanda rigida non siano quelli con reddito più basso,
se si vuole una manovra distributiva.
L’operatore pubblico può dunque adottare funzioni dove prevalgono
comportamenti paternalistici e favorire determinati gruppi sociali
applicando, nei loro confronti, prezzi politici, sostituendo di fatto al
criterio del beneficio o della controprestazione quello del merito o del
bisogno. In questo caso ci si allontana dal criterio del prezzo uguale al
costo marginale. Il problema della distribuzione attuata attraverso la
fissazione di prezzi politici si presenta come un problema di secondo
ottimo; l’impresa pubblica opera in base ad un vincolo che é quello del
pareggio di bilancio oppure il finanziamento del disavanzo può essere
effettuato solo mediante una determinata fonte di entrata.
60
Vari contributi teorici hanno analizzato le regole di prezzo per
l’impresa pubblica nel caso in cui questa debba perseguire anche obiettivi
distributivi nei confronti di categorie dei propri utenti. In questo caso,
poiché il problema viene risolto attraverso la massimizzazione delle
rendite dei consumatori, occorre introdurre dei pesi che consentano di
sommare rendite di consumatori aventi reddito diverso.
L’utilizzo delle tariffe a fini distributivi ha sollevato comunque notevoli
perplessità. Due le ragioni sostanziali: innanzitutto si ritiene che la
mancanza di eventuali vincoli di bilancio potrebbe dar luogo a possibili
sprechi, in quanto gli imprenditori pubblici si sentirebbero liberi da
vincoli finanziari e quindi poco attenti ad una conduzione efficiente
dell’impresa. In secondo luogo, per realizzare una politica tariffaria a fini
distributivi, è necessario conoscere gli effetti distributivi dei beni offerti.
Questo non è facile perché equivale a conoscere i livelli di reddito ed in
genere le condizioni di chi consuma i beni offerti. E’ quindi possibile che
in casi non trascurabili la politica di distribuzione non ottenga gli effetti
voluti. Va comunque detto che la scelta delle tariffe come strumento di
politica distributiva deve essere valutata in termini comparativi con gli
strumenti alternativi.
Esercizi
- Un’impresa che produce un servizio di pubblica utilità ha la seguente
funzione dei costi
CT(q)=300+15q dove q è la q complessiva prodotta. La domanda del
servizio è data da P=3000-150q
1) L’impresa inizialmente è pubblica e persegue un obiettivo di
massimizzazione del benessere sociale. Determinare la q prodotta, il p
fissato e il livello di benessere raggiunto.
2) Il governo decide di privatizzare l’impresa, garantendo però un regime
di monopolio. Tuttavia decide di regolamentare il prezzo. Qual è il p
minimo che può essere imposto all’impresa? 3) Quale saranno la q
prodotta in corrispondenza di tale prezzo e il benessere sociale?
1) L’impresa pubblica ha come obiettivo la massimizzazione del benessere
sociale. Questo è massimo quando il P=CMg. Quindi
3000-150q=15 da cui q = 19,9 p=15. Il benessere sociale è
S = 19,9(3000-15) / 2 = 29700,75
2) Se l’impresa viene privatizzata e non viene regolamentata in alcun modo la
soluzione di monopolio si trova eguagliando il RMg e il CMg
61
3000-300q = 15
da cui Qm=9,95 e Pm = 1507,5. I profitti sono pari a 14850,4.
Il surplus sociale in questo caso è dato dalla somma del surplus dei
consumatori e dai profitti. Dato il surplus del consumatore
S= 9,95(3000-1507,5) /2 = 7425,2
Il surplus totale è S= 7425,2+14850,4= 22275,5
2) Nel caso di monopolio con regolazione di P, il P minimo che può essere
imposto all’impresa è un P=CMe ove l’impresa lucra un profitto nullo. La curva
dei CMe è CMe= 300/Q +15
3) La q prodotta si trova risolvendo 3000-150q = 300/q + 15 che è
un’equazione di secondo ordine in q. Le soluzioni sono q=0,10 e q=19,8.
La prima viene scartata perché implica una q di molto inferiore a quella
prodotta in regime di monopolio puro. Allora qr=19,8, il prezzo è pr=CMe=30
e il surplus sociale è
Sr= (3000-30)19,8 /2 = 29403
- Consideriamo una impresa monopolistica con funzione di costo C(Q)=
100Q+900 e con funzione inversa di domanda è p(Q)=300-10Q.
Determinare: a) la quantità prodotta dal monopolista ed i suoi profitti; b)
supponiamo il governo imponga al monopolista di praticare un prezzo di
concorrenza, determinare la quantità prodotta e i profitti conseguiti; c) nel
caso in cui governo decidesse di praticare un prezzo uguale al costo medio,
determinare la quantità prodotta e i profitti del monopolista.
a) CMg = 100
CMe = C(Q)/Q = 100+900/Q
Siamo in presenza di monopolio naturale perché la domanda interseca la
funzione di costo medio nel tratto decrescente. Siamo cioè in presenza di
rendimenti di scala crescenti.
Rt = 300Q-10Q2 quindi RMg = 300-20Q RMg = CMg 300-20Q=100
20Q=200 QM = 10 PM = 300 -10QM = 200
ΠM = QM [pM
62
b) P =CMg 300- 10Q=100 10Q=200 QC = 20 P = 300 - 10 QC= 100
ΠC = QC [pC – Cme (QC)] = -900
Il regolatore dovrà coprire la perdita del monopolista con, ad esempio un
sussidio pari a 900 che comporterà l’introduzione di imposte che
determineranno una perdita secca.
c) il governo decide di praticare un prezzo uguale al costo medio
P = CMe 300 -10Q=100+900/Q 200-10Q-900/Q = 0 (200Q -10Q2 900/Q=0 Si tratta di una equazione di secondo grado del tipo ax2 +bx+c=0; la
sua formula risolutiva è x1,2 = [-b ±√b2 – 4ac] /2a
/ = 6,88
Q = [10 ±√ 102 – 90] / -1 = 10 ±√10 =
\ = 13,16
Poiché l’obiettivo del regolatore è di massimizzare il benessere sociale
sceglierà di imporre Q=13,16 perché si avvicina alla quantità prodotta in
concorrenza perfetta.
- Supponiamo che per la produzione di un servizio a rete si debbano
sostenere costi totali pari a Ct = 2000+2Q e che il prezzo che i consumatori
sono disposti a pagare sia P=2000-1/2Q (domanda inversa). Ricavare. A) il
prezzo e la quantità di equilibrio di concorrenza perfetta; b) il sussidio che
deve essere garabn5tito all’impresa per coprire le perdite; c) rappresentare
graficamente l’area del sussidio.
a) P=CMg 2000- 1/2Q = 2
2000- 2 = 12/2Q
1998=1/2Q
Q = 3996
b) Ct = 2000 + 2Q = 200+2x3996 = 9.992
Rt = PQ = 2x3996= 7992
Rt-Ct = - 2000 (l’intero costo fisso)
c)
63
- Un monopolista ha la seguente funzione di costo totale: C(Q) = 132 +
3/4Q2 + 5Q.. La domanda di mercato è p(Q) = 45 – 1/2Q. Si determini: a) la
scelta ottimale del monopolista; b) la scelta ottimale del monopolista in
presenza di un’imposta in somma fissa pari a T=60; c) la scelta ottimale del
monopolista in presenza di una tassa unitaria sulla quantità venduta pari a
t=10.
a) RMg=CMg La condizione di massimizzazione dei profitti è porre a zero
la derivata prima della funzione Π (Q) = p(Q)Q – C(Q). CMg = dC/dQ =
3/2Q+5 Per ottenere il ricavo marginale occorre determinare il ricavo totale Rt
= q(Q)Q = (45-1/2Q)Q da cui il ricavo marginale RMg= dR/dQ = 45-Q (stessa
intercetta verticale ma pendenza doppia rispetto alla curva di domanda inversa)
45-Q=3/2Q+5 90-2Q=3Q+10 D= 16 e P=37 Il profitto sarà:
Π = 16 x 37 – 132 – ¾ x 162 -5x6 = 188
b) In presenza di una imposta in somma fissa la funzione obiettivo diventa: Π
(Q) = p(Q)Q – C(Q) – 60 La posizione di equilibrio non cambia: è sempre
RMg= CMg. Cambia il profitto che ora è 128.
c) In questo caso la funzione obiettivo diventa Π (Q) = p(Q)Q – C(Q) – 10Q
e la corrispondente condizione di ottimo è 45-Q – 3/2Q -5-10= 0
5Q= 9030
L’imposta unitaria comporta un aumento del costo marginale e modifica
quindi la condizione di ottimo. Risolvendo l’equazione si ottiene Q=12 e
sostituendo nella curva di domanda p=45-1/2 x 12 = 39 Il profitto di equilibrio
è Π = 39 x 12 – 132 – ¾ x 122 – 5 x 12 – 10 x 12 = 108
Il gettito derivante dall’imposta è pari a 10 x 12= 120.
- Un’impresa produce in regime di monopolio naturale un servizio di
pubblica utilità che ha la seguente funzione di domanda inversa p(Q) = 300
– 100Q e il costo totale di produzione CT (Q) = 10Q + 900 Determinare: a)
la quantità prodotta, il prezzo e il profitto nel caso in cui il servizio venisse
gestito da una impresa privata non regolamentata; b) la quantità prodotta,
64
il prezzo e il profitto nel caso in cui il servizio venisse gestito da un’impresa
pubblica e venisse praticato un prezzo uguale al costo marginale; c) per
fare fronte alla perdita l’autorità pubblica prevede di utilizzare una tariffa
a due parti. Determinare la parte fissa e quella variabile.
a) RMg = CMg Rt = pQ = (300 -100Q)Q = 300Q – 100Q2 RMg = 300 –
200Q
CMg = 10
RMg = CMg 300-200Q = 10 Q = 1.45
P = 300-100 x 1.45 = 155
RT = 155 x 145 = 22475
CT = 10 x 1.45 + 900 = 914.5 Π = 21.560,5
b) P = CMg 300- 100Q = 10 Q = 2.9 P = 300 – (100 x 2.9) = 10
Π = RT – CT RT = pQ = 10 x 2.9 = 29
CT = (10x 2.9) + 900 = 871
Π = 29 – 871 = - 842
c) Tariffa = parte fissa + parte variabile La parte variabile è uguale al costo
marginale e quella variabile uguale al costo medio in relazione alla quantità
prodotta.
CT (Q) = 10Q+900 CT/Q = CMe = 10Q/Q + 900/Q= 10 + 900/Q poiché
Q= 29 la parte fissa risulta = 10 + 900/29 = 41
La parte variabile è invece uguale al CMg e cioè uguale a 10.
- Un’impresa opera in regime di monopolio naturale. I suoi costi fissi sono
pari a 100.000, mentre i costi variabili totali Cv sono CV=200Q La
funzione di domanda del mercato è p=2700-10Q Lo Stato impone al
monopolista di comportarsi secondo la regola pari al costo medio. Poiché la
quantità scambiata nel mercato risulta pari a 200, calcolare in
corrispondenza a tale quantità: a) il prezzo di vendita; b) il ricavo
marginale; c) il costo medio; d) il costo marginale; e) la perdita
complessiva che lo Stato dovrà ripianare.
a) Q=200 P = 2700- (10x200)=700
b) RT = (2700-10Q)Q= 2700Q-10Q2
2700 – (20x200) = -1300
RMg = 2700-20Q e per Q=200 RMg =
c) CT = 100.000+200Q CMe = CT/Q = (100.000+200Q)/Q = 100.000/Q +200
poiché Q=200 CMe = 100.000/200 + 200 = 700
d) il CMg è la derivata del costo totale CMg = 200
65
e) Se il prezzo è pari al CMe non ci sono perdite da ripianare. Infatti la perdita è
pari a (CMe – p)Q = (700-700) 200=0
- Un’impresa produce in regime di monopolio naturale un servizio di
pubblica utilità che ha la seguente funzione di domanda inversa p(Q) =
300 – 100Q e il costo totale di produzione CT (Q) = 10Q + 900
Determinare: a) la quantità prodotta, il prezzo e il profitto nel caso in
cui il servizio venisse gestito da una impresa privata non regolamentata;
b) la quantità prodotta, il prezzo e il profitto nel caso in cui il servizio
venisse gestito da un’impresa pubblica e venisse praticato un prezzo
uguale al costo marginale; c) per fare fronte alla perdita l’autorità
pubblica prevede di utilizzare una tariffa a due parti. Determinare la
parte fissa e quella variabile.
a) RMg = CMg Rt = pQ = (300 -100Q)Q = 300Q – 100Q2 RMg = 300 –
200Q
CMg = 10
RMg = CMg 300-200Q = 10 Q = 1.45
P = 300-100 x 1.45 = 155
RT = 155 x 145 = 22475
CT = 10 x 1.45 + 900 = 914.5 Π = 21.560,5
b) P = CMg 300- 100Q = 10 Q = 2.9 P = 300 – (100 x 2.9) = 10
Π = RT – CT RT = pQ = 10 x 2.9 = 29
CT = (10x 2.9) + 900 = 871
Π = 29 – 871 = - 842
c) Tariffa = parte fissa + parte variabile La parte variabile è uguale al costo
marginale e quella variabile uguale al costo medio in relazione alla quantità
prodotta.
CT (Q) = 10Q+900 CT/Q = CMe = 10Q/Q + 900/Q= 10 + 900/Q poiché
Q= 29 la parte fissa risulta = 10 + 900/29 = 41
La parte variabile è invece uguale al CMg e cioè uguale a 10.
- Un’impresa opera in regime di monopolio naturale. I suoi costi fissi
sono pari a 100.000, mentre i costi variabili totali Cv sono CV=200Q La
funzione di domanda del mercato è p=2700-10Q Lo Stato impone al
monopolista di comportarsi secondo la regola pari al costo medio.
Poiché la quantità scambiata nel mercato risulta pari a 200, calcolare in
corrispondenza a tale quantità: a) il prezzo di vendita; b) il ricavo
marginale; c) il costo medio; d) il costo marginale; e) la perdita
complessiva che lo Stato dovrà ripianare.
a) Q=200 P = 2700- (10x200)=700
66
b) RT = (2700-10Q)Q= 2700Q-10Q2
RMg = 2700 – (20x200) = -1300
RMg = 2700-20Q e per Q=200
c) CT = 100.000+200Q CMe = CT/Q = (100.000+200Q)/Q = 100.000/Q
+200
poiché Q=200 CMe = 100.000/200 + 200 = 700
d) il CMg è la derivata del costo totale CMg = 200
e) Se il prezzo è pari al CMe non ci sono perdite da ripianare. Infatti la
perdita è pari a (CMe – p)Q = (700-700) 200=0
67
CAP. 4 - LA VALUTAZIONE DEGLI INVESTIMENTI.
1. Il finanziamento delle imprese.
Il finanziamento dell’impresa può avvenire mediante l’indebitamento della
società (leverage by out) presso gli istituti di credito e anche tramite
l’emissione di azioni (equity) o di obbligazioni (bond).
a) Le azioni - Rappresentano il capitale sociale. Costituiscono il valore dei
conferimenti dei soci in una azienda,. Danno accesso, a seconda dei tipi, a
diritti amministrativi (diritto di intervento in assemblea, diritto di voto in
assemblea, diritto di impugnazione delle deliberazioni, diritto a consultare i
libri contabili e i prospetti di bilancio) e/o patrimoniali (diritto all’utile, alla
quota di liquidazione).
Il capitale proprio è detto anche capitale di rischio perché finanzia il rischio
imprenditoriale.
È possibile emettere diverse tipologie di azioni: azioni ordinarie,
privilegiate, di risparmio, ecc Le azioni ordinarie danno al possessore diritti
amministrativi, patrimoniali e misti, tra i quali il diritto di partecipare alle
assemblee ordinaria e straordinaria, il diritto al riparto degli utili. Azioni
privilegiate attribuiscono diritti diversi rispetto alle azioni ordinarie:
assicurano agli azionisti la precedenza nella ripartizione degli utili e nel
rimborso del capitale all’atto dello scioglimento della società. I portatori di
azioni privilegiate subiscono delle limitazioni nel diritto di voto, che è
precluso nelle assemblee ordinarie, mentre è concesso in quelle straordinarie.
Le azioni di risparmio sono prive del diritto di voto in assemblea ma
privilegiate nella distribuzione degli utili. Sono solitamente destinate ai
piccoli risparmiatori che cercano più il rendimento dell’investimento che
l’esercizio del voto in assemblea.
Le azioni possono essere oggetto di scambio sul mercato azionario. Il
prezzo delle azioni dipende così dalla domanda ed offerta di azioni. Questo
prezzo incorpora la valutazione dell’azienda e delle notizie disponibili sul suo
futuro. Le oscillazioni dei mercati corrispondono in genere ai cambiamenti
delle prospettive economiche. Può succedere che nel breve periodo i prezzi
delle azioni siano disancorati dalle sottostanti realtà aziendali.
Il rendimento di una azione dipende dall’incremento o decremento del
valore dell’azione in un dato periodo a cui si aggiungono eventuali dividendi
pagati nello stesso periodo:
(P1 + D) / P0
P1 = valore di vendita di una azione
P0 = prezzo di acquisto
68
D = dividendo pagato tra il momento 0 e il momento1.
In genere, se l’intero utile prodotto da un’azienda viene distribuito agli
azionisti, il rendimento dell’azione per ciascun esercizio dovrebbe essere
determinato dal rapporto tra dividendo e prezzo dell’azione. Poiché parte dei
profitti viene di solito reinvestita all’interno dell’azienda, può essere utile
considerare l’intero utile di bilancio anziché la sola parte distribuita. Proprio
per questo l’indice di redditività più diffuso è il rapporto tra Prezzo/Utile.
Ancora più immediato è il suo inverso il rapporto tra Utile/ Prezzo (ciò che
determina il rendimento sono gli utili futuri).
b) Obbligazioni – (bond) sono titoli di credito emessi da società pubbliche o
private che attribuiscono al possessore il diritto al rimborso del capitale più
un interesse. Finalità di un’emissione obbligazionaria è il reperimento di
liquidità. Le obbligazioni non sono imputate al capitale sociale e i loro
possessori solitamente sono privi di diritti amministrativi. Danno diritto ad
una remunerazione ed al rimborso a data certa.
Quando si emette un’obbligazione, l’emittente si impegna a:
- restituire il capitale scritto sul titolo (valore nominale) alla scadenza del
prestito
- effettuare una serie di pagamenti periodici (cedole) calcolati in base ad un
tasso di interesse prestabilito
Di solito il rimborso del capitale avviene alla scadenza al valore nominale e
in un’unica soluzione. Gli interessi (cedola) sono liquidati periodicamente
(trimestralmente, semestralmente, annualmente). Quando un’obbligazione è
venduta si consegnano all’acquirente le cedole non ancora maturate. Il
compratore pagherà al venditore il capitale e la parte di cedola già maturata.
Le obbligazioni possono essere acquistate o vendute (il credito può essere
ceduto). Dalle contrattazioni di acquisto e vendita si determina un prezzo di
mercato che può essere al di sopra o al di sotto del suo valore nominale.
100
Valore
5
5
5
5
5
1
2
3
4
5
anno
- 98
Il mercato offre diversi tipi di obbligazioni
- Corporate bonds: emessi da società private che utilizzano queste emissioni
di capitale di debito come strumenti di finanziamento
- Titoli di Stato: emessi da governi di solito per finanziare il debito pubblico o
specifici programmi statali
Le obbligazioni si differenziano in base a vari elementi: per la sequenza dei
flussi di cassa (zero coupon o senza cedola, a cedola fissa, a cedola variabile);
il tasso nominale che permette di calcolare le cedole; le date di godimento
degli interessi (trimestrali, quadrimestrali, annuali); le modalità di rimborso
69
(unica soluzione, secondo un piano di ammortamento, con diritto d rimborso
anticipato, ecc.); la scadenza che può essere determinata o indeterminata
(rimborsi per estrazione).
La qualità (solvibilità) dell’emittente viene espressa mediante una misura
globalmente riconosciuta: il rating. Esso esprime la qualità degli emittenti
secondo determinati criteri: AAA è il più alto grado di qualità. Istituti che
rilasciano il rating: Standard & Poor’s e Moody’s.
Il corso di un titolo obbligazionario è legato all’andamento dei tassi di
interesse di mercato: quando aumentano il corso dell’obbligazione diminuisce
e viceversa.
Rendimento delle obbligazioni: esistono vari metodi per calcolare il
rendimento:
- Tasso d’interesse nominale TIN = cedola / valore nominale
- Tasso di rendimento immediato TRI = cedola / corso secco del titolo
- Tasso di rendimento effettivo a scadenza TRES = prezzo / valore attuale
dei flussi di pagamento.
2. Contabilità aziendale.
Si hanno due metodi di gestione contabile:
- Contabilità generale: registra tutti i fatti amministrativi intercorsi tra
l’azienda e l’ambiente esterno.
- Contabilità industriale (detta anche analitica) registra solo fatti di gestione
interna.
Contabilità generale - è anche definita ordinaria, in contrapposizione alla
contabilità semplificata, utilizzata per aziende con volumi di affari ridotti
e/o ditte individuali.
Contabilità industriale – la funzione primaria è di dettagliare maggiormente
quanto registrato con la contabilità generale. Importanti ai fini della
rilevazione i concetti di centro di responsabilità, centro di costo, centro di
ricavo. Questi possono essere dati da un reparto o parte di questo, un gruppo
operativo costituito da macchine e uomini, una qualsiasi unità operativa
definita con lo scopo di attribuire i costi. Serve per facilitare la rilevazione e il
controllo dei costi di lavorazione e la ripartizione tecnica dei costi indiretti.
Costo diretto- spesa sostenuta specificamente ed esclusivamente per un
determinato prodotto o reparto produttivo
Costo indiretto – spesa sostenuta per più prodotti o reparti produttivi che
possono essere riferiti al singolo prodotto solo in via indiretta, mediante delle
ripartizioni.
70
Costo standard – Costo teorico riferito ad una specifica realtà aziendale, con
determinate caratteristiche funzionali, per un periodo di tempo stabilito.
Scopo dello standard è fornire un costo laddove tale costo non è
determinabile con dati certi. Dal confronto fra costo standard e costo effettivo
possono emergere scostamenti più o meno significativi, che vanno sottoposti
ad analisi (analisi degli scostamenti). È base per il controllo delle
performance. Il costo standard non tiene conto di alcuni elementi quali:
- una percentuale di scarti, legata alla variabilità naturale del processo
produttivo;
- il learning, o economia di apprendimento, che è il maggior numero di ore
necessario all’avvio di una produzione, destinato a decrescere con la quantità
prodotta.
Una metodologia a costi standard pone l’enfasi sul benchmark con le altre
imprese del mercato e le best practice. Introduce l’idea che il costo è un
fattore variabile da ridurre se si scosta troppo dalle medie di mercato.
2.1. Il bilancio di esercizio
Tutte le società debbono compilare alla fine di ogni anno il bilancio di
esercizio. È un documento che ha lo scopo di determinare il risultato
economico di esercizio (reddito). Esprime i risultati economici, finanziari e
patrimoniali della gestione trascorsa.
Finalità: rispondere agli obblighi contabili e fiscali previsti dal codice civile
e mettere a disposizione di operatori esterni ed interni all’impresa
informazioni sul’andamento dell’impresa. Costituisce anche un utile
strumento di controllo di gestione per impostare, attraverso opportune
comparazioni, un giudizio d’insieme sull’andamento della gestione svolta.
Il bilancio è costituito dai seguenti documenti:
- Stato patrimoniale (SP): definisce la situazione patrimoniale di una società
in un determinato momento. Fotografa la situazione delle componenti attive e
passive del patrimonio della società. Nell’attivo (a sinistra) vengono inserite
le attività o investimenti, nel passivo le fonti di finanziamento, ossia le
passività e Il capitale netto. Saldo = patrimonio netto
- le attività sono date dal patrimonio della società (le immobilizzazioni fisse;
le giacenze di magazzino; i crediti; la liquidità)
- le passività sono i debiti della società (fondi per rischi ed oneri)
Attività (lato sinistro del prospetto):
- immobilizzazioni immateriali (brevetti, marchi)
71
- immobilizzazioni materiali (terreni e fabbricati; impianti e macchinari; altre
attrezzature; automezzi,)
- attività correnti (cassa; banche; titoli; crediti; magazzino (materie prime e
componenti, semilavorati, prodotti finiti); ratei e risconti)
Passività (lato destro del prospetto):
- patrimonio netto denominato anche capitale netto o mezzi propri (capitale
sociale; riserve; utile o perdita di esercizio)
- passività a medio/lungo termine (finanziamenti obbligazionari; debiti
pagabili oltre 12 mesi; mutui passivi; fondo trattamento fine rapporto)
- passività correnti (debiti pagabili entro 12 mesi; mutui passivi; fondo
imposte; ratei e risconti)
- Conto economico (CE) (conto profitti e perdite): contiene i costi e i ricavi di
competenza dell’esercizio preso in considerazione dal bilancio. La differenza
tra costi e ricavi illustra il risultato economico conseguito dalla società: utile o
perdita. Saldo = utile o perdita
Dal punto di vista economico, ricavi e costi devono essere calcolati in base
al periodo di competenza e non a quello di effettiva realizzazione.
- i ricavi per vendite o prestazioni per servizi sono di competenza
dell’esercizio in cui è stato venduto il prodotto o prestato il servizio, a
prescindere dai relativi incassi Ricavi: variazioni giacenze finali; variazioni
lavori in corso su ordinazione.
- i costi; ai ricavi devono essere contrapposti i costi sostenuti o da sostenere
per il loro conseguimento, a prescindere dai relativi pagamenti e
dall’esercizio in cui i costi stessi sono materialmente sostenuti, devono essere
correlati ai ricavi di competenza. Costi: costi del personale; ammortamenti e
svalutazioni; accantonamento per rischi; oneri diversi di gestione; interessi ed
oneri finanziari.
- Il bilancio successivamente alla pubblicazione è rivisto da società di
revisione contabile, che spesso svolgono anche il ruolo di consulenti aziendali
durante la stesura del bilancio.
Rendiconto finanziario (RF): analizza i flussi finanziari che l’impresa, nello
svolgimento dell’attività ha generato/ assorbito. Permette di accertare la
capacità/incapacità dell’impresa di far fronte tempestivamente ed
economicamente alle obbligazioni assunte. Valuta l’equilibrio finanziario di
breve.
Liquidità e reddito sono due concetti diversi: esistenza di coti e ricavi non
monetari (ammortamenti, accantonamenti); sfasature temporali tra i diversi
cicli di gestione operativa (tecnico, economico e monetario); implicazioni
finanziarie da gestioni che non hanno impatto economico nell’esercizio
(operazioni su mezzi propri).
72
- Nota integrativa : illustra le decisioni prese dagli amministratori
dell’impresa nel redigere il bilancio spiegando le voci inserite nello SP e nel
CE. Svolge quindi una funzione descrittiva delle voci iscritte nei documenti
contabili.
2.2. Analisi di bilancio.
La lettura del bilancio non è sufficiente per comprendere a fondo la reale
situazione economica, finanziaria e patrimoniale dell’impresa. Occorre
interpretare il bilancio. L’analisi di bilancio mira a comprendere la gestione
economica, finanziaria e patrimoniale di un’azienda tramite lo studio di
bilancio di esercizio e dei dati da questo ricavabili.
È possibile calcolare una serie di indici che consentono di analizzare:
- la struttura del patrimonio d’impresa, cioè la composizione delle fonti, degli
impieghi e relative correlazioni (indici strutturali)
- la capacità dell’impresa di essere solvibile nel medio lungo periodo (indici
patrimoniali)
- la capacità dell’impresa di raggiungere e mantenere un equilibrio finanziario
nel breve periodo (indici finanziari)
- l’attitudine dell’impresa a conseguire risultati economici positivi nel tempo
(indici di redditività).
Per costruire gli indici di valutazione occorre partire dai seguenti dati (Conto
economico condensato a valore aggiunto):
Fatturato
- Costo materie prime
- Costo servizi
= Valore aggiunto
- Costo del personale
= Margine operativo lordo (earning before interest taxes and depreciation)
- Ammortamenti
= Margine operativo netto (reddito operativo)
Margine operativo detto anche reddito operativo netto o utile operativo è la
grandezza che sintetizza la capacità delle imprese di generare reddito. Nel suo
calcolo non vengono considerati i costi e i ricavi di natura finanziaria, gli
oneri tributari.
Analisi dei risultati economico-finanziari
(performance reddituali e gestionali)
Misurare la performance di un’impresa significa valutarne i risultati.
Esistono vari metodi: economico-finanziari; tecnico qualitativi; soddisfazione
73
dei consumatori; gestione delle risorse. I due indicatori più utilizzati per la
valutazione della perfomance gestionale sono : ROI e ROE.
- ROI (return on investment): rappresenta l’indicatore della redditività della
gestione operativa e misura la capacità dell’impresa di generare profitti.
Esprime la percentuale “di ritorno” degli investimenti. E’ dato dal rapporto
tra utile operativo (o margine operativo netto) e il totale degli investimenti
che sono stati effettuati. Fornisce un’idea sintetica del rendimento del capitale
investito dall’impresa nella gestione operativa. Si calcola escludendo dal
denominatore le attività non operative.
ROI = Utile operativo /
Capitale investito totale
x 100
Esempio: supponiamo che gli investimenti siano 100.000€ e che il reddito
operativo sia 16.700. Si ottiene 16.7007100.000 = 0.167 e cioè moltiplicato
100 = 16,7%. Se nel settore il ROI medio è del 10% il risultato ottenuto è
valido.
- ROE (return on equity): rapporto tra utile netto e capitale proprio. Indica la
redditività del capitale proprio. E’ un indicatore da utilizzare con molta
cautela poiché caratterizzato da forte variabilità.
ROE = Utile netto/ Patrimonio netto x 100
Roe = 39% valore soddisfacente se > del tasso rappresentativo del costo del
denaro a breve termine ed esente da rischi (es. BOT)
- Performance tecnico-qualitative: risultati dell’azienda in termini di
efficienza tecnica che si riflette sulla qualità del prodotto. È impossibile
definire degli indici comuni a tutti i settori. La qualità come l’efficienza
tecnica può essere misurata attraverso vari parametri, poiché diversi sono gli
aspetti della qualità.
Settore idrico: numero giorni necessari per attivare il servizio
Settore elettrico: vita media di una lampadina
- Soddisfazione dei consumatori (customer satisfaction): misura la qualità
complessiva percepita dal consumatore. Occorre definire la qualità che, a
seconda del prodotto, o del consumatore, comprende, con persi diversi,
aspetti differenti del prodotto: estetico, funzionale, affidabilità, ecc.
- Gestione delle risorse. Efficienza del processo produttivo dal lato
dell’offerta:
- efficienza fisica = output / input;
- efficienza economica = valore / costo
Efficienza fisica ed economica sono in stretto rapporto. L’efficienza fisica
nella conversione di energia può essere bassa = 36% ma quella economica
74
elevata. Esempio produzione calorie sotto forma di energia elettrica ha un
valore economico = 14,65$ ogni milione e le calorie richieste sotto forma di
carbone hanno un valore = 1,80$ ogni milione
Efficienza economica = produzione calorie x valore elettricità /
calorie richieste x costo carbone
= 0,36 x (14,65$ / 1,80$) = 293%
La produttività è definita come rapporto tra la q di prodotto e la q dei fattori
impiegati
Pr Lavoro = Q /L Q = output ( o Ricavi) L = q lavoro (numero di addetti;
ore lavorate)
Produttività globale dei fattori = Q / l α Kβ
Calcolo della produttività
Quantità prodotte (a)
Ore lavoro (b)
livello produttivo
2007
1.000
8.000
Produttività per ora lavorata a/b
livello produttivo
2008
1.200
8.000
0,125
0,150
Variazione della produttività del lavoro 2008-2007
(0,150/- 0,125) 0.125 x 100 = 20%
Costo del lavoro per unità di prodotto (reciproco della produttività)
Ore lavoro (o costo) (b)
8.000
8.000
Q prodotta
(a)
1.000
1.200
Ore lavoro (o costo)
per unità prodotto (b/a)
8
6,66
(6,66 – 8) /8 x 100 = 16,7%
decremento costo
Produttività è aumentata del 20% e il costo del lavoro decresce 16,7%
Variazione input lavoro (o costo)
Analisi dell’equilibrio finanziario
Sono indici che tendono a verificare se l’azienda possiede la capacità di
mantenere, nel tempo, un soddisfacente equilibrio tra entrate e uscite
75
monetarie. Essi hanno il limite di essere statici. Per questa ragione viene
inserita l’analisi del cash flow.
- Cash flow – Il Cf è l’ammontare netto di liquidità effettivamente incassata in
un periodo di tempo, ossia la differenza tra incassi e pagamenti effettuati nel
periodo. Un’impresa può realizzare un elevato profitto economico ma un
modesto cash flow se l’incasso effettivo delle vendite effettuate è differito nel
tempo.
Se il conto economico evidenzia ricavi = 2 miliardi e costi totali = 1,6
miliardi l’utile = 400 milioni. Non siamo in grado di affermare se sul piano
finanziario l’impresa ha generato liquidità. L’analisi dei cash flows consiste
nella valutazione delle entrate e delle uscite di cassa. Lo strumento è
essenziale per comprendere la sostenibilità di un’attività o di un’azienda.
Cash flow = utile operativo + ammortamenti + accantonamenti.
▪ L’analisi patrimoniale
Consente di identificare la struttura degli investimenti e dei finanziamenti a
disposizione dell’impresa. Il problema della scelta delle fonti di
finanziamento per l’impresa si risolve a sistema considerando, perlomeno, i
seguenti elementi: intensità del margine operativo, costo dei capitali,
caratteristiche del fabbisogno finanziario e mantenimento del leverage (o
rapporto di indebitamento) a livello di sicurezza per il management aziendale.
- Indice di indebitamento, conosciuto anche col termine anglosassone di
leverage, evidenzia il rapporto esistente fra capitale di terzi e capitale proprio.
Consente di verificare il rischio connesso al grado di dipendenza di
un’impresa da fonti di finanziamento esterne. Un alto livello
dell’indebitamento rispetto al proprio capitale, aumenta tendenzialmente il
rischio imprenditoriale per effetto di un minor grado di copertura
patrimoniale delle potenziali perdite aziendali e di un maggior peso degli
oneri finanziari derivati dall’utilizzo di capitali altrui.
Leverage o rapporto di indebitamento= Capitale proprio + capitale di terzi)/
capitale proprio =
Totale fonti di finanziamento /
capitale proprio
- Indice di indipendenza finanziaria è il rapporto tra il patrimonio netto e il
capitale acquisito di un’azienda. Se =0 l’azienda non ha mezzi propri e si
finanzia completamente all’esterno; da 0 a 0,33 la struttura finanziaria è
gravemente squilibrata; da 0,34 a 0,55 la struttura finanziaria è squilibrata; da
0,56 a 0,66 la struttura è equilibrata; da 0,67 a meno di 1 la struttura
76
finanziaria è equilibrata, e la più indicata .per lo sviluppo dell’azienda; 1
l’azienda usa solo mezzi propri.
2.4. Struttura del capitale
Definisce il modo in cui un’impresa finanzia i propri investimenti tramite
una qualche combinazione di debito, capitale di rischio (equità) o titoli
finanziari di natura mista.
È dunque la composizione del capitale finanziario dello stato patrimoniale
di un’impresa. Ad esempio un’impresa il cui capitale è costituito per 20
milioni di euro di debito sarà per il 20% equity financed (finanza tramite
capitale di rischio) e 80% debt financed (finanza tramite debito); il rapporto
tra il debito di un’impresa e il suo capitale, in questo caso l’80%, è detto leva
finanziaria (leverage)
Esistono varie teorie che cercano di spiegare il comportamento delle imprese
in relazione alla struttura del capitale. Esse non sono in generale considerate
mutualmente esclusive. Le teorie sulla struttura del capitale non hanno finalità
normativa, non cercano di suggerire alle imprese i modi di finanziare i loro
investimenti in modo più economico, bensì hanno funzione positiva, cercano
di descrivere il comportamento delle imprese, e di far luce sui meccanismi
che ne guidano le scelte.
In base al lavoro seminale di Modigliani Miller (1958), sotto ipotesi ideali
circa l’assenza di frizioni nei mercati finanziari, il valore di un’impresa è
indipendente dalla sua struttura del capitale, non dipende dalle modalità di
finanziamento.
2.5. Costo del capitale
È il costo complessivo dei fondi utilizzati dall’azienda per acquistare
attività. Esso può essere definito come il tasso di rendimento atteso da tutte le
categorie economiche (azionisti, finanziatori e banche) che contribuiscono
alla struttura finanziaria aziendale.
Poiché le fonti di finanziamento alle quali l’azienda può fare ricorso per
realizzare i propri programmi di investimento sono diverse (finanziamento di
capitale, di credito e autofinanziamento) il costo del capitale si configura
come media dei tassi di costo di ciascun tipo di finanziamento, ponderata
sulla base della percentuale delle relative consistenze medie rispetto al
finanziamento totale.
Pertanto il costo del capitale dipende almeno da due fattori:
- La composizione delle fonti di finanziamento (capitale proprio, di credito,
autofinanziamento).
- Il costo specifico di ciascuna fonte di finanziamento.
77
A) Autofinanziamento
È la capacità dell’impresa di coprire il fabbisogno finanziario senza
ricorrere all’indebitamento o al capitale proprio. Deriva dalla gestione stessa
dell’azienda in virtù degli utili netti conseguiti nell’esercizio e del mancato
prelevamento.
L’autofinanziamento ha un costo opportunità ricollegabile al sacrificio
sopportato dagli azionisti, avendo questi rinunciato alla distribuzione di una
parte degli utili: dovrebbe coincidere con il tasso minimo di rendimento
richiesto dall’azionista
B) Capitale proprio
In finanza il costo del capitale proprio equivale secondo la teoria del capital
asset pricing model al “tasso di rendimento del capitale proprio” o cost of
equity. Esso rappresenta il tasso di rendimento minimo che un’azienda deve
offrire ai propri azionisti al fine di remunerare i fondi da essa ricevuti.
Incorpora due componenti: una remunerazione “temporale” ed una
remunerazione per il “rischio”. Esistono diverse formule per stimare il costo
del capitale proprio. Una formula semplificata si basa sulle attese di
rendimento
Re = (Dividendi per azione / prezzo attuale dell’azione ) + tasso di crescita
dei dividendi
Esempio: le azioni ordinarie sono state emesse a un prezzo unitario di
10.000 euro e con un costo unitario di emissione di 500€. Gli utili sono il 7%
annuo, che dovrebbero garantire agli azionisti un flusso costante di dividendi,
stimato intorno alle 800€ per azione
Costo del finanziamento = D/P + g = 800/ 10.000 + 7% = 8% + 7% = 15%
Considerando anche il costo di emissione
= 800/ (10.000-500) + 7% = 8,42% + 7% = 15,42%
Se l’azienda riesce a ottenere un rendimento del 15,42% allora è in grado di
mantenere inalterati i profitti unitari, di distribuire i profitti attesi.
C) Capitale di debito (mutui e prestiti obbligazionari).
La convenienza a ricorrere al credito va ricercata in due ordini di
considerazioni:presenta le massime caratteristiche di elasticità; è un
finanziamento che viene concesso dal mercato creditizio in funzione della
fiducia che l’azienda può vantare presso tale mercato.
Costo medio ponderato del capitale
78
Il costo medio ponderato del capitale (Weighted average cost of capital) è
il costo che l’azienda deve sopportare per raccogliere risorse finanziarie
presso soci e terzi finanziatori. Si tratta di una media ponderata tra il costo del
capitale proprio ed il costo del debito, con pesi rappresentati dai mezzi propri
e dai debiti finanziari complessivi:
WACC = Ke E/ (D+E) + Kd (1-t) D/ (D+E)
dove:
WACC = weighted average cost of capital
Ke = costo del capitale proprio
E = patrimonio netto (equity)
D = indebitamento (debt)
Kd = costo dell’indebitamento
t = aliquota fiscale delle imposte sui redditi.
Il costo dell’equity è la componente più complessa da calcolare: si tratta di
un costo opportunità (l’opportunità di investire diversamente)
Esempio WACC = Kd x (1-T) x Wd + Ke x We
Mezzi propri 80%
Debiti onerosi 20%
Costo netto
Ke 12%
Costo ponderato
WE 80% + 12% = 9,6%
Kd 6% x (1-40%) T Wd 20% x 3,6% = 0,72%
Totale
10,32%
3. L’analisi finanziaria dei progetti di investimento.
La decisione di effettuare un progetto di investimento si basa sul calcolo di
redditività finanziaria del progetto; occorre cioè misurarne il rendimento.
L’analisi finanziaria ha come obiettivo di stabilire se il progetto sarà in grado
di generare un sufficiente flusso di entrate tali da coprire le uscite. Il metodo
più comunemente utilizzato per valutare la redditività del progetto consiste
nel calcolare i flussi di cassa attualizzati, ma come vedremo di seguito ve ne
sono altri.
L’AF utilizza informazioni sui flussi monetari, per la maggior parte già
disponibili o deducibili da altri documenti e le riorganizza in modo da
permettere la verifica della sostenibilità finanziaria. I dati principali per la
redazione dell’analisi riguardano:
- il capitale investito
- la durata dell’investimento
- i costi e ricavi associati all’operazione d’investimento.
- valore residuo del capitale alla fine del periodo d’investimento
- le fonti di finanziamento
79
Le ipotesi sulla consistenza e sull’andamento di queste variabili vengono
formulate nell’analisi della domanda e nell’analisi di fattibilità tecnica. L’AF
richiede che vengano proiettate nel futuro, per il periodo stimato del progetto.
Analisi della domanda - L’analisi della domanda determina i rientri ritenuti
possibili, in modo da formulare ipotesi attendibili sulla capacità di
autofinanziamento del progetto. Essa serve dunque per determinare
l’ammontare dei ricavi.
Rappresenta la fase costitutiva del dimensionamento del progetto. Nel
valutare le prospettive di evoluzione occorre fare riferimento alle variabili che
influiscono sul potenziale sviluppo della domanda (popolazione) ed a
parametri che legano la dimensione e la dinamica demografica ai fenomeni
oggetto di valutazione.
Il problema si complica quando si tratta di prevedere le vendite in relazione
ad un progetto nuovo, in quanto non è possibile avvalersi di alcuna
informazione.
Meglio operare su variabili misurate in termini fisici e non di valore.
Ipotesi: che l’offerta non influisca sulla domanda (l’offerta può indurre
incrementi dei consumi)
Importante l’orizzonte temporale: breve periodo (< 1 anno; medio periodo 1.2 anni; lungo periodo > 3 anni. Per le previsioni si può ricorre a modelli
statistici o a modelli qualitativi.
Modelli statistici estrapolativi: si utilizzano valori della domanda nel
passato per effettuare proiezioni. Modello di interpolazione dei valori: il più
semplice è dato dalla retta, la cui particolare equazione viene scelta attraverso
il metodo dei minimi quadrati (la retta che interpola al meglio i dati storici
disponibili è quella rispetto alla quale è minima la sommatoria dei quadrati
delle distanze fra i valori teorici della retta e i valori storici della domanda).
Modelli statistici di tipo casuale: quando l’uso dei semplici modelli
estrapolativi non è giustificato
- modelli di regressione si basano sull’ipotesi che esista una relazione
funzionale tra una o più variabili- causa e la variabile effetto su cui si desidera
disporre di una previsione.
- Modelli econometrici vengono applicati nei casi in cui ci si trovi di fronte a
un rapporto di mutua interdipendenza fra più variabili in gioco e in questo
caso si deve fare ricorso a sistemi di equazioni più complessi.
Modelli qualitativi: l’applicazione di modelli previsionali basati su ipotesi
interpretative
- ricerche di mercato (interviste, questionari)
- ricerche motivazionali interviste il cui obiettivo non riguarda tanto la stima
futura della domanda quanto la comprensione dei motivi per i quali un
soggetto effettua un cer6to tipo di acquisto.
- opinioni di esperti
80
Analisi di fattibilità tecnica - L’analisi di fattibilità tecnica descrive le
caratteristiche tecnico-funzionali e dimensionali dell’investimento da
realizzare.
Arco temporale di riferimento - Dipende dalle opere da realizzare. Le
valutazioni e le stime fanno riferimento alla capacità produttiva degli impianti
industriali risultano difficile da realizzare a causa della difficoltà di definire la
durata dell’impianto. E’ funzione della vita fisica, delle modalità di impiego,
delle possibilità che appaiono nuovi impianti tecnologicamente più avanzati,
la vita commerciale dei beni prodotti
Si considera la vita utile: il periodo oltre il quale, malgrado le normali
manutenzioni, si ritiene non sia in grado di rispondere alle esigenze della
domanda da soddisfare (ciò non tanto per normale vetustà, quanto sotto il
profilo della tecnologia)
I flussi finanziari - Il primo e principale problema che si deve affrontare
per valutare un investimento è quello di ricostruire i flussi finanziari che
esso genera. A tale proposito le tabelle fondamentali per la redazione dell’AF
sono:
- investimenti totali;
- costi e ricavi di gestione;
- fonti di finanziamento.
a) Investimenti totali (tab. 1) – La componente maggiore degli investimenti
totali sono gli investimenti fissi. A questi vanno aggiunti i costi di avviamento
e la variazione di capitale circolante.
Gli investimenti fissi sono in genere la componente maggiore degli
investimenti totali. I dati registrati nelle tabelle sono gli esborsi sostenuti nei
singoli esercizi per l’acquisizione delle immobilizzazioni (fabbricati,
acquisizione terreni, brevetti, ecc.). Le immobilizzazioni vengono registrate
solo quando vengono effettivamente pagate ai fornitori, ignorando gli
ammortamenti e senza distinguere se i pagamenti vengono effettuati con
fondi propri o con altre fonti. Le informazioni relative a queste voci
provengono dall’analisi di fattibilità tecnica.
Nell’ultima colonna relativa all’ultimo anno di esercizio, con segno opposto
a tutte le altre voci, viene riportato il valore previsto residuo (o di realizzo)
degli stessi investimenti fissi.
I costi di avviamento sono i costi degli studi preparatori, le spese di ricerca
e sviluppo, e tutti i costi che hanno un effetto finanziario che si determina
oltre l’esercizio finanziario in cui si verificano gli esborsi.
81
La variazione di capitale circolante è l’incremento di capitale circolante
netto, a sua volta definito come la differenza tra attività e passività correnti.
Le informazioni su queste voci sono deducibili dalle ipotesi formulate sui
tempi di pagamento e incasso, dalle informazioni sugli approvvigionamenti e
sulla gestione degli stock, e da ipotesi sulla cassa.
I costi di investimento sono concentrati nei primi anni del ciclo di vita del
progetto, mentre nel corso della gestione si manifestano principalmente i costi
per la manutenzione straordinaria.
b) Costi e ricavi (tab.2) – Le informazioni sono deducibili dall’analisi di
fattibilità tecnica e dall’analisi della domanda. I costi riguardano l’uso dei
fattori produttivi quali il lavoro, l’energia, ecc. I ricavi di vendita dovrebbero
essere forniti dal marketing in base alle previsioni di mercato. Le previsioni
devono riguardare sia le quantità sia i prezzi.
82
c) Le fonti di finanziamento (tab.3) – Le fonti di finanziamento riguardano
le informazioni sui flussi previsti per la copertura dell’investimento, registrate
nel momento in cui avviene un effettivo trasferimento.
Il calcolo della sostenibilità finanziaria - Il calcolo della sostenibilità
finanziaria (tab. 4) serve a verificare la solvibilità del progetto e cioè a
controllare che il flusso monetario previsto in entrata sia in grado di coprire i
flussi monetari in uscita. La cadenza delle entrate e delle uscite è di grande
rilevanza per la realizzazione del progetto.
Le voci inserite nel prospetto riguardano le informazioni sui flussi degli
investimenti, quelli sulla gestione operativa e le fonti finanziarie. Queste
informazioni vengono ricavate dalle precedenti (tab. 1-3). A queste voci
vanno aggiunte anche quelle della gestione dei prestiti (rimborsi e interessi
passivi) e le imposte. Il saldo di cassa è calcolato per differenza tra entrate e
uscite, ma il flusso fondamentale per la verifica della sostenibilità è la cassa
generata cumulata, ottenuta per ciascun anno, dalla somma algebrica dei saldi
di cassa degli anni precedenti.
La sostenibilità finanziaria è verificata se la colonna del flusso netto della
cassa generata cumulata è maggiore o uguale a zero per tutti gli anni
considerati. Ciò significa che, ad esempio, è possibile avere un saldo negativo
per un anno se negli anni precedenti è stato accumulato un saldo di cassa
sufficientemente positivo da coprire il negativo.
Il calcolo del rendimento finanziario del progetto - Il calcolo del
rendimento finanziario del progetto (tab.5) avviene mediante alcuni indicatori
sintetici: il valore attuale netto (VAN), il Tasso interno di rendimento (TIR),
l’indice di profittabilità, il periodo di recupero o pay back period (PR).
83
Attraverso il calcolo del rendimento finanziario si considera la capacità del
flusso di entrate generate dal progetto di coprire il valore dell’investimento,
indipendentemente dal modo in cui si finanzia (si ignora la tabella delle fonti
di finanziamento).
Nella tab. 5, in entrata vengono riportati i flussi delle entrate generate dal
progetto (ricavi), mentre in uscita i costi operativi e le imposte, gli oneri
sociali e gli investimenti totali.
Importante è il computo dei flussi di cassa che costituiscono la base per la
stima degli indicatori di redditività. Va osservato che per il calcolo dei flussi
di cassa al risultato netto di gestione vanno aggiunti gli ammortamenti e in
genere gli accantonamenti perché non danno luogo a esborsi “effettivi” di
denaro. Riassumiamo di seguito la procedura che è stata seguita per il calcolo
dei flussi di cassa.
=
=
=
Ricavi netti (fatturato)
Costi operativi (costi fissi, costi variabili)
Margine operativo lordo
Accantonamenti e fondi spese
Ammortamento
Oneri finanziari
Reddito imponibile
Imposte sul reddito di esercizio (50%)
Risultato Netto
Flussi di cassa (cash flow)
Ricavi delle vendite
- Costi operativi
- Ammortamenti
= Reddito Imponibile
- Imposte
= Risultato Netto
+ Ammortamenti
+ Accantonamenti
= Flusso di Cassa Operativo (cash flow)
84
Il calcolo del rendimento finanziario del capitale – Il calcolo del
rendimento finanziario del capitale considera la capacità delle entrate del
progetto di garantire un rendimento finanziario rispetto alle fonti utilizzate
per il finanziamento del progetto (si ignora la tabella degli investimenti totali,
tranne che per il valore residuo). In questo caso il rendimento rappresenta la
redditività della struttura finanziaria scelta.
Nella tab. sono riportati in entrata i ricavi di esercizio e il valore residuo
mentre in uscita, oltre ai costi operativi, il capitale proprio investito, le
imposte, gli oneri sociali, il capitale a prestito e le spese di gestione del debito
(interessi). Non sono inclusi i finanziamenti pubblici. Il tasso di sconto
utilizzato è rappresentato dal costo opportunità del capitale secondo gli
investitori e i renienti calcolati con gli indici rappresentano il grado di
redditività per gli investitori del loro investimento.. Il valore del Vanf dirà
agli investitori quando renderà quell’investimento rispetto a quanto si sarebbe
potuto ottenere il capitale in modo alternativo.
3.1. Il metodo del periodo di recupero (payback period) (PBP)
È il numero di anni necessari per compensare l’investimento mediante flussi
di cassa positivi. Più che alla redditività è volto a verificare la capacità del
progetto di generare liquidità. Un investimento è tanto più preferibile quanto
minore risulti il periodo di rimborso. Il PBP consiste dunque nel numero di
anni necessari affinché i flussi di cassa cumulati previsti eguaglino
l’investimento iniziale.
Limite: non prende in considerazione l’andamento dei flussi di cassa dopo il
recupero dell’esborso iniziale.
85
a) Flusso di entrate costanti di anno in anno. In questo caso il PBP è dato dal
rapporto:
Costo dell’investimento / flusso cassa medio annuo previsto
Esempio: si prevede che un investimento di 3,2 milioni generi un flusso di
entrata di cassa di 800 milioni per ognuno dei successivi 7 anni, allora il PBP
è PBP = 3.200 / 800 = 4
b) Flussi delle entrate variabili nel tempo occorre procedere per somme
algebriche successive dei singoli flussi annuali fino a determinare il periodo
in cui la somma progressiva sia nulla, ovvero sommare le entrate previste in
anni consecutivi, fino a determinare il periodo in cui il loro totale risulti
uguale alla somma degli esborsi.
Esempio: Un’azienda acquista un nuovo impianto che dovrebbe produrre i
seguenti flussi di cassa
Calcolo del periodo di recupero
Periodo
Flussi attesi
Flussi attesi cumulati
0
- 50
- 50
1
-8
- 58
2
-5
- 63
3
20
- 43
4
20
-23
5
20
-3
6
8
5
7
15
20
8
15
35
9
15
50
10
15
65
La somma è interamente recuperata nel corso del sesto anno, in cui le entrate
uguagliano le uscite.
86
Esempio: cambio del tipo di riscaldamento da gasolio a gas metano. Si
vuole conoscere in quanti anni la differenza di prezzo fra gas metano e il
gasolio permette di ripagare l’investimento per effettuare la riconversione
(ovvero qual è il periodo di payback): Investimento / risparmi annuali netti.
c) Il periodo di recupero e il costo del capitale (periodo di recupero
attualizzato)
Il PBP attualizzato rappresenta il numero di anni necessario all’azienda per
recuperare gli investimenti in conto capitale e gli interessi che tali spese
hanno generato.
Un’azienda deve sostenere un costo del 12% per usufruire dei fondi
necessari a effettuare un investimento, i cui flussi di cassa previsti sono
riportati nella tabella sottostante, ha interesse a determinare il periodo di
recupero sia degli interessi, sia dei fondi previsti dall’investimento.
87
3. 2. La redditività dell’investimento: Return on investment (ROI)
Permette di effettuare un grossolano confronto tra il rendimento di un
investimento e i tassi di rendimento di impieghi alternativi o con la redditività
media aziendale. Si rifiuteranno i progetti che hanno redditività contabile <
alla redditività media aziendale.
A differenza del payback period che utilizza i flussi finanziari, con questo
metodo si effettuano stime dei ricavi e dei costi associati all’investimento.
Permette di calcolare la redditività dell’investimento.
ROI = Flussi di cassa netti medi / Investimento
Il confronto fra il ROI e il tasso di redditività richiesto dall’impresa
determinerà l’accettazione e il rifiuto del progetto.
Il flusso di cassa netto medio si ottiene dividendo il totale dei flussi di cassa
positivi netti per il numero di anni necessari per conseguirli. L’investimento o
capitale medio impiegato si ottiene sommando all0esborso iniziale gli esborsi
addizionali che si manifestano durante la vita dell’impianto (costi di
riospristino o di smobilizzo).
Generalmente si ricorre a questo criterio per analizzare l’impatto che il
nuovo investimento ha sulla redditività media contabile aziendale, che viene
utilizzata come parametro di confronto, per selezionare quegli investimenti
che hanno una redditività contabile non inferiore a quella aziendale media.
Esempio
Anno 1
Anno 2
Anno3
Margine operativo lordo 1.200
1.000
800
Ammortamento
600
600
600
Risultato netto
600
400
200
Media
1.000
600
400
88
Anno 0
Anno 1
Anno 2
Anno 3
Media
Capitale investito lordo 1.800
1.800
1.800
1.800
1.800
Fondo ammortamento
0
600
1.200
1.800
900
Capitale investito netto 1.800
1.200
600
0
900
Tasso medio annuo di rendimento = 400/900 = 0,44
3.3. Valore attuale netto (VAN) (net present value). Flusso di cassa
attualizzato (discounted cash flow)
Attualizzazione dei flussi monetari associati al progetto attraverso l’utilizzo
di un tasso di attualizzazione. La somma algebrica delle entrate ed uscite
attualizzate (in base ad un tasso di attualizzazione che dovrebbe rappresentare
il costo del capitale per l’azienda) rappresenta il Valore attuale netto (net
present value)
Il criterio si basa sul principio secondo cui un’iniziativa merita di essere
presa in considerazione solo se i benefici che ne possono derivare sono
superiori alle risorse utilizzate
VAN = - I0 + C1 / 1+i + C2 / (1+i)2 +….+ Cn / (1+i)n
(valore attuale dei flussi di cassa – investimento)
n
Σt=0 Ct / (1+i)t
t = durata progetto
Ct = flusso finanziario (R-C)
i = tasso di interesse (costo medio ponderato del capitale) (weighted average
cost of capital)
Il progetto è ritenuto valido se VAN > 0. Si sceglie l’investimento che ha il
valore attuale netto più elevato. Non dà una misura della redditività del
progetto. VAN aumenta al diminuire di i e viceversa. Se i è modesto i
vantaggi futuri vengono apprezzati di più; se i è elevato ciò significa che i
ricavi futuri sono valutati in modo inferiore.
VAN positivo significa che l’investimento proposto è in grado di generare
un rendimento superiore al rendimento di riferimento dell’azienda. Il VAN
rappresenta l’incremento di valore dell’azienda apportato dal progetto, ovvero
l’importo massimo che un’azienda potrebbe sostenere per rendere operativo il
progetto senza peggiorare la sua posizione finanziaria.
Nel caso di confronto fra più progetti è utilizzabile solo se non vi è una
rilevante differenza tra l’ammontare dei rispettivi investimenti: esso infatti
89
misura i guadagni assoluti dei progetti, ma non tiene conto delle differenze tra
le somme investite.
Esempio : costruzione impianto i = 8%
Progetto investimento I = 500 C1 = 350 C2 = 400
VAN = -500 + 350 / (1+0,08) + 400 / (1+0,08)2 =
= - 500 + 347,22 + 341,88 = 189,10 rappresenta l’incremento di spesa
che l’azienda potrebbe affrontare, unitamente all’esborso iniziale di 500
milioni, senza peggiorare la sua posizione finanziaria
Esempio: costruzione edificio i = 15%
Anno flussi uscita flussi entrata
0
300
1
400
200
2
300
400
3
500
4
400
1000
1500
flussi attualizzati
- 300
- 200 /1.015 = - 173,91
+ 100/ 1.0152 = + 75,61
+ 500/ 1.0153 = + 328,57
+ 400/1.0154 = + 228,70
VAN = + 158,97
Esempio: Investimento = 1 milione genera flussi di cassa per 4 anni
Scadenza
0
1
2
3
4
flussi
- 1.000.000
390.000
325.000
340.000
350.000
VAN = -1.000.000 + 390.000 / 1+10 + 325.000/ (1+10)2 + 340.000/ (1+10)3
+ 350.000/(1+10)4 = -1.000.000 + 354.545 + 268.525 + 255.447 + 239.054 =
117.571
90
3.4. Indice di profittabilità (IP) (profitabiliy index)
E’dato dal rapporto tra il valore attuale dei flussi in entrata e il valore
attuale dei flussi in uscita. Se IP ≥ 1 il progetto è valido. Esprime le entrate
del progetto per ogni euro in uscita, nei relativi valori attuali. Misura la
redditività del progetto per unità di capitale investito.
IP = Valore attuale dei flussi in entrata /
Valore attuale dei flussi in uscita
È più intuitivo del VAN in quanto ad esempio se l’IP = 1,2 afferma che le
entrate superano del 20% le uscite derivanti dall’investimento
È una misura del guadagno relativo che si ottiene dal progetto. Pone rimedio
alla difficoltà del VAN di effettuare confronti tra investimenti di ammontare
diverso.
IP = Σt =1n Ct / (1+i)t / I
C = flussi di cassa
I = investimento iniziale
Esempio: tre progetti caratterizzati dai seguenti flussi di cassa netti
Tempo
0
1
2
3
VA entrate
VA uscite
IP
Progetto A
-22
6
16
9
Progetto B
-40
12
18
22
23,64
22,00
1,07
Progetto C
-30
13
12
15
39,21
40,00
0,98
30,75
30,00
1,02
3.5. Il Tasso Interno di Rendimento (TIR) (Internal rate of return)
Il TIR è il tasso r per il quale il VAN è nullo. Il tasso r rappresenta il costo
massimo dei mezzi finanziari che l’azienda può assumere in relazione a quel
determinato progetto.
- I + C1/1+r + C2 / (1+r)2 + …… + Cn / (1+r)n = 0
In questo caso il tasso i rappresenta il costo massimo dei mezzi finanziari
che l’azienda può assumere in relazione a quel determinato progetto.
Un progetto di investimento è realizzabile quando il TIR risultante è
maggiore del costo opportunità del capitale r:
r>i
Esempio: dati i seguenti flussi di cassa in entrata e uscita calcolare il Van
considerando un i= 5% e il Tir
91
1 2
Entrate 0
0
Uscite 546 365
Saldo -546 -365
324
3
235
132
4
315
132
103
5
405
132
183
6
405
132
273
7
456
132
273
Van = 0.952 x (-546) + 0.907 x (-365) + 0.863 x (103) + 0.822 x (183) +
+ 0.783 x (273) + 0.746 x (273 + 0.710 x (324) = 35.925
Tir = occorre considerare diversi valori del tasso di sconto per esempio per i =
10%, i = 15%, i = 0%
Van con i = 10%
Van = -106.018
Van con i = 15%
Van = - 203.133
Van con i = 0%
Van = 245
Tri è quel valore di i che annulla il Van, cioè il valore di i in corrispondenza
del quale il Van = 0. Approssimativamente vale 6%
Il progetto presenta un Van finanziario = 35.925 e un tasso di rendimento
finanziario interno = 6%. Genera un flusso di cassa netto attualizzato positivo
e quindi genera dei benefici in termini finanziari.
Il rendimento finanziario va confrontato con un benchmark quale ad
esempio il rendimento del capitale sui mercati finanziari
Situazioni in cui il metodo del SRI può non essere adeguato
non tutte le serie di flussi di cassa hanno valori attuali netti che
diminuiscono all’aumentare del tasso di sconto
tassi di rendimenti multipli: se i flussi di cassa hanno molteplici
cambiamenti di segno possono esistere tanti SRI quanti sono tali cambiamenti
92
-
per utilizzare il SRI è necessario ipotizzare che il tasso di sconto rimanga
uguale per tutto il periodo di durata del progetto.
Un progetto di piccole dimensioni con un SRI elevato potrebbe avere un
VAN inferiore ad un progetto di grandi dimensioni con un SRI modesto.
4. Break even point o punto di pareggio
Sotto l’aspetto metodologico la valutazione della fattibilità di un progetto
non può prescindere da una valutazione del punto di pareggio o break even
point (BEP) che è il livello di attività produttiva in corrispondenza del
quale i ricavi totali eguagliano i costi totali. Serve a determinare la quantità
minima di beni che deve essere prodotta/venduta per non concludere
l’esercizio in perdita. Al di sotto si hanno perdite, al di sopra utili.
Il BEP può essere calcolato nel caso di aziende monoprodotto in base ai
volumi di produzione ed espresso quindi in termini di unità prodotte ma, nel
caso di aziende multi prodotto, occorre calcolarlo in base ai valori di
fatturato. In quest’ultimo caso ci si trova di fronte a produzioni diversificate
che fabbricano prodotti eterogenei per cui occorre individuare un’unità di
misura che renda omogenea la quantità di produzione che può essere l’unità
monetaria o l’unità di input.
Ai fini dell’analisi vengono assunte le seguenti ipotesi:
a) i prezzi rimangono invariati al variare delle quantità;
b) i costi sono perfettamente suddivisibili tra costi fissi e costi variabili;
c) tutte le quantità prodotte vengono vendute (non si considera il magazzino).
Nel caso in cui il volume di prestazioni non raggiungesse il numero minimo
necessario ad ottenere l’equilibrio economico è necessario effettuare delle
valutazioni per verificare la possibilità di ridurre i costi (ad esempio
introdurre tecnologie meno costose a parità di efficacia, esternalizzare alcune
attività) o per aumentare i ricavi.
Limiti del BEP:
- è un’analisi statica e non dinamica perché, ad esempio, non prende in
considerazione i flussi di cassa;
- le funzioni non hanno andamento lineare. Il costo variabile variano al
variare delle quantità prodotte. Ma il costo variabile non è una curva lineare
perché il prezzi di vendita varia in base alla quantità venduta (con molta
probabilità quantità consistenti vengono vendute a prezzi ribassati);
- i CF rimangono tali solo entro un certo ambito di produzione e di capacità
produttiva dell’impianto;
- non sempre la distinzione tra costi fissi e costi variabili è agevole da fare,
molto spesso vi sono alcuni costi, come quello del lavoro, che talvolta
vengono considerati fissi ma che nel lungo termine è un costo variabile. La
ripartizione tra costi fissi e costi variabili dipende dalla struttura tecnico93
organizzativa e dalla conseguente capacità produttiva dell’azienda. La
struttura cambia sulla base di decisioni di medio-lungo periodo;
- i ricavi si presumono proporzionali alle quantità vendute ma è possibile che
dopo un certo periodo si possano ridurre le quantità vendute;
- non vengono considerate le rimanenze per cui le quantità prodotte non
sempre sono uguali a quelle vendute;
- il modello si complica se si hanno più prodotti. Per le aziende
monoprodotto si calcola la quantità di pareggio mentre per le aziende
pluriprodotto si calcola il fatturato di pareggio.
Rappresentazione grafica
In ascissa vengono riportate le quantità prodotte e vendute (Q), in ordinata i
costi e i ricavi. I CF non variano al variare della quantità prodotta. I CV sono
rappresentati da una semiretta che parte dall’origine degli assi ed ha
un’inclinazione pari al costo di una unità di prodotto. La funzione dei RT
parte dall’origine degli assi ed ha un’inclinazione data dal prezzo unitario di
prodotto. Il punto di intersezione tra RT e CT definisce il BEP, ha sinistra si
ha l’area di perdita mentre a destra l’area di profitto.
Le imprese che hanno elevati costi fissi hanno anche un punto di equilibrio
molto alto e una gestione più rigida; il che comporta che se hanno una
contrazione dei ricavi, non potendo ridurre nel breve periodo i costi fissi,
subiscono facilmente delle perdite.
Il BEP può essere abbassato riducendo i costi variabili (CV) o i costi fissi
(CF) o entrambi. La riduzione dei CF non può spingersi oltre un certo livello
senza compromettere un eventuale incremento di domanda.
Se un’azienda sostiene costi fissi = 600.000; vende i suoi prodotti ad un
prezzo unitario = €60 e sostiene un CV unitario = €45. Raggiunge il suo BEP
quando produce 40.000 unità di prodotto.
Se i CF fossero più alti = 780.000 il BEP dovrebbe essere = 52.000
Se i CF fossero = 450.000 il BPE dovrebbe essere = 30.000
94
Soluzione analitica. Impresa monoprodotto
a)
RT = P Q
CT = CF + CV CV = CVu Q
P Q = CF + (CVu Q) da cui P Q – (CVu Q) = CF
mettendo in evidenza Q si ha: Q (P – Cvu) = CF
da cui si ricava il BEP e cioè Q = CF / (P-CVu)
P-CVu prende il nome di margine di contribuzione unitario (Mdcu);
rappresenta il contributo che la vendita di ogni unità apporta alla copertura
dei costi fissi fino al raggiungimento del punto di equilibrio. Superato il BEP,
il margine di contribuzione concorre alla formazione del profitto. Pertanto, la
formula del BEP può essere scritta anche nel modo seguente:
QP = CF /Mdcu
RT = ricavi totali
CT = costi totali
CF = costi fissi
CV = costi variabili
CVu = costo variabile unitario
Q = quantità prodotta
P = prezzo
BEP = valore di q tale per cui RT = CT
Per trovare il fatturato di pareggio di un’azienda monoprodotto è sufficiente
moltiplicare la quantità necessaria al raggiungimento del pareggio (QP) per il
prezzo del prodotto.
b) Qual è il risultato economico (RE) che consegue ad una data quantità di
beni prodotti e venduti?
RE = RT - CT RE = PQ – (CF – CVQ)
c) Qual è il volume di beni da produrre e vendere per avere un dato risultato
economico (RE)?
Sapendo che RE = RT-CT RE = PQ – (CF+CVQ) RE + Cf = PQ – CvQ
RE + Cf = Q(P – Cv)
Q = (CF+RE) / (P-CV)
Esempio.
Azienda
monoprodotto.
Un’azienda
che
produce
elettrodomestici ha una: Capacità produttiva Q = 120.000 unità; CF =
1.012.500€, Cv per unità di prodotto = 35€; Prezzo di vendita P = 60€
Calcolare:
a ) La Q di equilibrio
b) Il calcolo del risultato economico di 108.000 unità
c) Il volume da produrre e vendere per avere un risultato pari a 1.500.000
Dati a disposizione:
CF = 1.012.500
CV = CV Q = 35 Q
95
CT = CF + CV = 1.102.500 + 35Q
RT = p Q = 60 Q
a) Quantità di equilibrio
P Q = CF + CV Q PQ – CVQ = CF Q(P-CV)=CF
Q = CF/(P-CV)
60Q= 1.012.500 + 35Q
da cui si ottiene
60Q – 35Q = 1.012.500
da cui Q = 1.012.500/(60-35) = 40.500 quantità di equilibrio dove (60-35) =
25 margine unitario di contribuzione
RT = CT= 60 x 40.500 = 2.430.000€
L’impresa considerata raggiunge l’equilibrio tra costi e ricavi con la
produzione e vendita di 40.500 unità di prodotto.
Il BEP, ossia il punto di equilibrio, è raggiunto in corrispondenza di uno
sfruttamento della capacità produttiva del 33,75%, così calcolato:
(volume di equilibrio/capacità produttiva) x 100 = (40.500/120.000) x 100 =
33,75%
b) Risultato economico con 108.000 unità prodotte vendute
Risultato economico (RE) = RT-CT RE = PQ – (CF + CVQ)
nel caso considerato diventa:
RE = 60 x 108.000 – (1.012.500 + 35 x 108.000) = 6.480.000 – 4.792.500 =
1.687.500€
c) volume da produrre e vender per avere un RE= 1.500.000€
96
Sapendo che RE = RT-CT RE = PQ – (CF+ CVQ)
Sostituendo i dati conosciuti e lasciando Q come incognita, si ottiene la
seguente equazione:
1.500.000 = 60Q – (1.012.500 + 35Q)
Q = 100.500 quantità da produrre e vendere per un RE= 1.500.000€
Per determinare la quantità necessaria per ottenere un determinato RE si
può utilizzare la seguente formula:
RE = RT – CT RE = PQ – (CF+ CV Q) Q = (CF*RE)/(P-CV)
Soluzione analitica. Impresa multiprodotto
Abbiamo già osservato che quando si ha a che fare con imprese con
produzioni diversificate il BEP non è più possibile rappresentarlo con le
quantità ma occorre individuare un’unità di misura omogenea: la moneta e
cioè il fatturato di pareggio (Fp = Pq).
Qual è il fatturato di pareggio che devo realizzare affinché l’azienda non sia
in perdita e cioè quando copre i CT?
Fatturato = CT
Fatturato = CF + CV
Per determinare il fatturato di equilibrio è necessario esprimere il CV in
termini di fatturato ossia calcolare il CV di ogni euro venduto (CV’)
CV’ = CV/RT da cui CV = CV’ x RT
RT (fatturato)= CF + (CV’ x RT)
RT – (CV’ x RT ) = CF
(1-CV’) x RT = CF RT = CF/ (1-CV’) fatturato di equilibrio
dove (1-CV’) è il margine unitario di contribuzione con cui ogni euro di
vendite partecipa alla copertura dei costi fissi.
Semplicemente, per trovare il punto di pareggio in termini di fatturato per
un’azienda pluriprodotto occorre.
QP F = CF / Mdc% dove
QP F = fatturato di pareggio
CF = totale dei costi fissi
Mdc% = margine di contribuzione totale / fatturato aziendale
Esempio : RT = 1.860.000; CV = 1.078.000; CF = 667.800. Determinare:
- il BEP in termini di fatturato
- rappresentare il diagramma di redditività
- il RE che l’impresa conseguirebbe se realizzasse 800.000€ di ricavi di
vendita.
a) BEP RT = 667.800/ (1- (1.078.00/1.860.000)) = 1.590.000 fatturato di
equilibrio
97
b) diagramma di redditività. L’impresa raggiunge il pareggio fra costi e
ricavi, realizzando un fatturato di € 1.590.000
c) risultato economico RE nell’ipotesi di RT = 800.000€
CV = (1.078.800/1.860.00) x 800.000 = 464.000€
RE = 800.000 – (464.000 + 667.800) = -331.800
Esempio: CF = 200.000; CV = 20; P = 60
a) Quantità da produrre per realizzare il pareggio
RT = CT
PQ = CF + CVQ
60Q = 200.000+20Q
(60-20)Q = 200.000
Q= 200.000/ (60-20) = 5.000
In termini di sfruttamento della capacità produttiva si ha:
(5.000/10.000 ) 100 = 50%
b) quantità da produrre per conseguire il risultato economico positivo di
120.000€
RE = RT-CT
120.000=60Q-200.000-20Q
(60-20)Q = 200.000 + 120.000
Q= 320.000/40 = 8.000 prodotti da vendere per realizzare un Re di 120.000€
c) diagramma di redditività. Il BEP si trova in corrispondenza di una
produzione di 5.000 prodotti per la quale i CT=RT e cioè pari a 300.000
98
99
Esercizi
- Costruzione di un centro sportivo con piscina coperta. Il Comune
intende conferire una concessione di 10manni ad una società ad hoc che
si faccia carico delle attività di progettazione e realizzazione del centro,
nonché di tutte le attività di gestione. I ricavi sono costituiti dalle tariffe
di ingresso (biglietti a tariffa agevolata per i dipendenti del Comune e
biglietti a tariffa normale).
L’ orizzonte temporale corrisponde alla durata della concessione: 10
anni. I costi di costruzione ammontano a 710.000€. La piscina entra in
funzione dopo un anno. I costi di gestione ammontano a 13.400€. I costi
del personale a 93.300. Il tasso di attualizzazione = 3%.
VAN = - 718000 + 120.700 a 8
2018 ripago l’investimento.
0,03
+ 200.700 (1-0,03)-9 = 283.134€
Nel
100
- Costruzione di un palazzo del ghiaccio. La realizzazione presuppone
l’impiego di risorse di investimento nella fase iniziale, remunerate
attraverso la gestione della struttura realizzata. La durata complessiva è
stimata in 32 anni a cominciare dall’apertura del cantiere (quindi dalla
fase di realizzazione; sono compresi i 24 mesi stimati per la costruzione
dell’opera). In sintesi la concessione ha una durata di 32 anni, di cui 2 di
costruzione e 30 di gestione.
Si ipotizza che i costi di realizzazione siano sostenuti in due anni: il 50%
nel primo anno e il 50% nel secondo anno.
Il tasso di attualizzazione è costruito attraverso il WACC ed è pari a 6,23%
Inflazione – Il modello è a valori nominali.
Ipotesi fiscali - Le aliquote fiscali sono: IRES = 27,5%; IRAP = 4,2%; IVA
ordinaria = 21%; IVA lavori = 10%
Aliquote di ammortamento sono pari al 3% per tutte le opere. E’ previsto
l’ammortamento delle spese iniziali di promozione e pubblicità, perché
considerate costi di sviluppo.
Costi di investimento – il costo totale è di circa 12.402.539,00 (IVA inclusa)
Il costo di investimento comprende: opere civili, gli oneri di sicurezza e altre
spese (progettazione, direzione lavori, collaudi, opere propedeutiche e costi
connessi; costo della procedura, indennità di esproprio).
Si ipotizza che la realizzazione dell’investimento avvenga nel corso di due
anni, per cui l’investitore sosterrà l’importo di € 6.201.269, 50 all’anno.
Tab. 1 - Conto economico del progetto
101
I costi di gestione sono costituiti dalla manutenzione ordinaria e
straordinaria, dal personale, ammortamenti, costi delle utenze, costi di
gestione relativi alla sorveglianza e alla pulizia, altri (materiali di consumo,
telefoni, assicurazioni, ecc.) Tutti i costi sono IVA esclusa.
Anno 1-2
3-5
6 e regime
Manutenzione ordinaria
0,2%
0,50%
0,70%
Manutenzione straordinaria
0%
0,20%
0,40%
Costi del personale – ipotizzando un costo per il responsabile di struttura pari
a 45.000 e 35.000 per l’altro personale si ha un costo annuale di 395.000€
Costi di ammortamento - l’ammortamento viene effettuato con il coefficiente
pari al 3% annuale pari a 342.076€. A questo va aggiunto il costo di
ammortamento per i costi di svilupp9o con aliquota pari al 20% per un
ammontare di 362.076€
Utenze - metano = 109500; energia elettrica = 73.000€; acqua = 47450€;
Chemicals = 7300€, Totale = 237.250€
Costi di sorveglianza e pulizie 40.000€
Altri costi 45.000€
I costi annui di gestione ammontano a regime a circa 763.105,00€ (più IVA)
I ricavi derivano da differenti attività: area nuoto e palestra; area ghiaccio;
varie (affitto pista ghiaccio, affitto vasca; affitto struttura per feste o
102
manifestazioni; bar piscina; ristorante; centro estetico) Totale ricavi annuali =
2.661.925, 79€
Il finanziamento – si ipotizza una struttura finanziaria basata per il 75% sul
capitale di debito e per il restante 25% sul capitale proprio dei soci. Durata
del finanziamento 20 anni; importo 9.301.904. Ammortamento metodo
italiano (quota capitale costante e quota interesse decrescente). La quota
capitale è pari a 465.095€
Tab. 2 – Flussi finanziari
Tab.3 – Flussi finanziari e indicatori.
Nella tab. 1 vengono riportati i risultati dell’analisi che mostrano la
fattibilità del progetto dal punto di vista economico. Il prospetto riporta in
dettaglio le previsioni dei costi e dei ricavi relativi alla gestione per l’intero
103
periodo di vita del progetto., I ricavi totali sono 2.661.925€; il totale dei costi
operativi a regime 829.670€. Il reddito netto annuale ( a regime, sesto anno)
764.689€.
La fattibilità dell’operazione dipende dalle previsioni relative ai flussi
finanziari (tab.2) e dal valore degli indicatori di equilibrio (tab.3)
Sulla base dei flussi individuati l’analisi mette in evidenza un VAN =
2.396.468€; un TIR = 8,3%; un valore attuale netto equity = 4.662.992€i.
Analisi di sensitività - l’analisi di sensitività prende in considerazione le
variabili critiche per il progetto; variazioni della domanda, costi di gestione,
costi di investimento, variabili finanziarie. Nel caso specifico è stato
ipotizzato un aumento del valore dell’investimento del 5% e del 10%; un
aumento del costo del denaro dell’1%; la riduzione dei ricavi del 10%; un
aumento dei costi di gestione annuali del 10%. Per ognuna di queste ipotesi è
stata calcolata la sensitività alla variazione del rispettivo valore.
L’analisi mostra come il peggioramento delle condizioni di base non
comporti alcun pericolo per l’equilibrio economico-finanziario
dell’operazione.
- Calcolare il punto di pareggio data una funzione di costo lineare di
un’impresa.
Rt = Ct
Π=0
Ct = Cf + CMeVQ (costo variabile medio)
Rt = PQ
Imponendo Rt=Ct si ha PQ = Cf + CMeVQ (P-CMeV)Q = Cf
Quantità di pareggio Q* = Cf/ (P- CMeV)
Dove (P-CMeV) è il margine di contribuzione per unità di prodotto MdC
Nel breve periodo l’impresa ha convenienza a continuare a produrre se
P>CmeV
Se P-CMeV>0 per Q<Q* P-CMeV contribuisce ad assorbire i costi fissi;
per Q>Q* P-CMeV contribuisce ad accrescere il profitto
104
- Un’impresa produce due beni A e B. Il Conto economico per 65 unità
del prodotto A (81.25% della capacità produttiva) è il seguente:
Ricavi
26.000
Costo dei materiali
4.400
Costo del lavoro variabile
4.800
Costo fissi diretti del lavoro 2.800
Ammortamenti
1.200
Utile
12.800
Si verifica un calo improvviso della domanda. Gli azionisti desiderano
ottenere risultati positivi costanti. Nel breve periodo, l’impresa non può
modificare la funzione di costo, ricorrendo a una tecnologia con costi fissi
inferiori. Una ricerca di mercato rileva che l’impresa può aumentare le
vendite se riduce del 10% il prezzo del prodotto A.
Qual è l’incremento di produzione necessario per mantenere costante il
margine di contribuzione totale, compatibilmente con la capacità
produttiva esistente?
Costo totale
Ricavi
Materiali
CV
Lavoro variabile CV
26.000
4.400
4.800
Costo medio
400
67.7
73.8
105
Totale
Margine di contribuzione
Lavoro fisso
Cf
Ammortamento Cf
Totale
Risultato
Situazione al tempo T:
Ct = CMeVQ + Cf = 141.5 Q + 4000
Rt = PQ= 400 Q
Prezzo a t+1: 400 (1-0.1) = 400x 0.9 = 360
Rt – Ct = (P-CMeV )Q – Cf = 12.800 =
360Q – 141.5 Q – 4000
Q* = 76.9
9.200
16.800
2.800
1.200
4.000
12.800
141.5
258.5
43.1
18.4
61.5
197.0
//
Metodo Veloce: MdC (T+1) = MdC(T)
360 – 141.4)Q = 16.800 Q* = 16800/218.5 = 77
Nuova Q* è compatibile con il vincolo della capacità produttiva?
Sì 65 = 0.8125 CP
CP = 80 unità (>77)
- Un ‘impresa che produce componenti elettriche presenta i seguenti dati:
Costi Unitari variavili (CMev)
80
Prezzo di vendita
160
Capacità produttiva (h. macch.) 10.000
Ore macch. Per unità prodotta
0.1
Sfruttamento C.P.
80%
Utile/fatturato
8%
Determinare: a) margine di contribuzione unitario e margine di
contribuzione totale; b) funzione di costo; c) break even point; d) la
quantità di prodotto che massimizza l’utile e calcolare l’ammontare
dell’utile
1) Q prodotta CP utilizzata = 0.8 x 10.000h = 8000 ore macch.
Q = h utilizzate / h. macch. per unità = 8000 / 0.1 = 80.000
MdC = P – Cmev = 160 – 80 = 80
MdC Tot = MdC x Q = 80 x 80.000 = 6.400.000
2) occorre trovare i costi fissi Cf Rt = PQ = 160 x 80.000 = 12.800.000
Ut = 0.08 x Rt = 0.08 x 12.800.000 = 1.024.000
Cv = Cmev x Q = 80 x 80.000 = 6.400.000
Trovo Cf = Rt – Cv – Ut = 12.800.000 – 6400.000 – 1.024.000 = 5.376.000
106
Ct = 5.376.000 + 80Q
3) Q di pareggio Q* = Cf / (P – Cmev) = 5376.000 / (160 – 80) = 67.200
4) Quantità di massimo utile Poiché CMev = CMg w P > CMg 160-80>0
all’impresa conviene sfruttare tutta la CP Qmax = 10.000 h / 0.1= 100.000
Ut = (P – Cmev )Q - Cf = 8.000.000 – 5.376.00 = 2.624.000
- La divisione auto nuove di una ditta vende 1600 auto e ha ricavi totali
per 33.200.00 e costi fisi per 2.800.000. Di quanto deve aumentare il
volume di fatturato per ottenere un utile pari a 900.000?
Segm.
A
B
C
D
E
Totale
N
640
480
240
160
80
1.600
P
CMeV
15.000 13.600
20.000 18.000
25.000 22.300
30.000 26.500
40.000 35.000
20.750 18.585
Rt (000)
9.600
9.600
6.000
4.800
3.200
33.200
Mix %
28,92
28,92
18,07
14,45
9,64
100,00
McCT
896
960
648
560
400
3.464
Le variabili sono espresse in funzione dei ricavi totali e non della quantità.
Quindi:
Ct = CMeV /P medio) Rt + Cf = V* Rt + Cf
Ct = (18585 / 20750) Rt + 2.800.000
Ut = Rt – V* Rt – Cf = (1- V*) Rt – Cf
Se l’utile desiderato è U* = 900.000 Ut* = 0.1043 Rt – 2.800.000 = 900.000
E Rt* = 3.700.000 / 0.1043 = 35.475.000
Per raggiungere l’obiettivo, la divisione vetture nuove deve aumentare il
fatturato del 6.85% (35475 / 33200) e pertanto vendere, a parità di mix
produttivo:
(35475 – 33.200) / 20.750 = 110 auto aggiuntive
- Un salone di automobile ha tre divisioni: nuovo, usato, officina. La
divisione usato presenta i seguenti dati:
CMv = 5.200
Cf = 250.000
Rt = 6.000Q = 1.810.000
Ct = 250.000 + 5200Q = 1.810.000
Margine di contribuzione = P-V = 6.000-5.200 >0
La divisione usato è in perdita. Per aumentare le vendite, l’ufficio
commerciale decide di assegnare un incentivo pari al 5% del fatturato al
personale di vendita.
Quante auto deve vendere la divisione usato per raggiungere il pareggio.
Costo dell’incentivazione per auto venduta = 0.05 P = 0.05 . 6000 = 300
107
E’ un costo variabile 300Q
La nuova funzione di costo è: Ct = 250.000 + 5200Q + 300Q
Rt = 6.000Q
Il nuovo margine di contribuzione unitario è: P-V = 6.000-5.500 = 500
Punto di pareggio: 6.000Q=250.000 + 5.500Q
(6.000-5.500)Q = 250.000
Q* = Cf/(P-V) = 250.000/500= 500
Dato P=6.000, la divisione deve vendere 200 auto in più per raggiungere il
pareggio (Rt=Ct).
- Una società intende vendere sul mercato due componenti X e Y , che
impiega nella produzione di due beni A e B, e che destina alla vendita
(40 unità di entrambi). L’impresa accompagna il lancio dei prodotti con
un investimento promozionale di 5000€. Sapendo che Cf a,b = 20.000 e Cf
x,y = 1250, calcolare di quanto deve aumentare il fatturato per ottenere
un rapporto utile/fatturato del 20%.
Prodotti Fatturato
A
26.000
B
14.000
X
2.400
Y
3600
Totale
46.000
Mix %
56,6
30,4
5,2
7,8
100,0
CVt
Marg di contr.
9.200
16.800
2.800
11.200
2.000
400
2.800
800
16.800
29.200
MdC/T %
64,6
80,0
16,7
22,2
63,5
Occorre trovare Rt che permette di conseguire un utile pari a Rt x 0.20
Rt* - Ct = 0,20Rt*
Rt* - V* Rt* - Cf = 0.20 Rt*
Dove Rt* è l’incognita e V* = Cv/Rt
(1-V*) Rt* - Cf = 0,20 Rt*
(1 – 16800 / 46000) Rt* - 0,20 Rt* = 21250 + 5000
Rt* = 60345
108
109
CAP. 5 - LA VALUTAZIONE DEI PROGETTI D’INVESTIMENTO
PUBBLICI
1. Analisi Costi Benefici
L’analisi costi benefici è una procedura di valutazione utilizzata per
prevedere gli effetti di un investimento pubblico, verificando se, con la sua
realizzazione, la società ottiene un beneficio netto o un costo netto. E’ uno
strumento di supporto alla decisione pubblica poiché attraverso il calcolo dei
benefici e dei costi associati alla sua realizzazione; essa permette di scegliere la
proposta migliore fra più alternative progettuali.
Nella valutazione del progetto si fa riferimento al concetto di efficienza
economica
La struttura logica del processo decisionale è perfettamente identica a quella
realizzata dall’operatore privato nel prendere le proprie decisioni in merito agli
investimenti da realizzare. Tuttavia ciò che distingue l’analisi condotta da un
operatore privato rispetto a quella condotta da un operatore pubblico sono i
diversi elementi cui fare riferimento in ognuna delle fasi in cui si sviluppa la
procedura di valutazione.
-
Fasi della procedura
definizione degli obiettivi
identificazione del progetto
fattibilità e analisi delle alternative
analisi finanziaria
costi socio-economici
benefici socio-economici
attualizzazione
tasso economico di rendimento
altri criteri di valutazione
analisi di sensibilità e di rischio
Le analisi da effettuare sono di due tipi:
- finanziaria
- economica
Differenze tra analisi finanziaria e analisi economica
Analisi
Variabili
Prezzi
Punto di vista
Finanziaria
Monetarie
Di mercato
Investitore
Economica
Economiche
Di conto
Società
110
In genere è attraverso l’analisi finanziaria e non con l’analisi economica che
si studia il finanziamento dell’investimento, cioè le modalità di reperimento ed
ammortamento dei fondi necessari per la sua attuazione.
Mentre nell’analisi finanziaria i beni e servizi vengono valutati ai prezzi di
mercato effettivamente pagati dall’ente o dall’impresa, nell’analisi economica
si rende necessario riferirsi ai cosiddetti prezzi contabili o prezzi ombra che
rispecchiano il costo opportunità ed il valore che le risorse utilizzate e i beni e
servizi prodotti dal progetto hanno per la società.
Analisi finanziaria e analisi economica sono complementari.
Obiettivi - dovrebbero essere collegati in maniera logica al progetto e
dovrebbe essere indicato come se ne misura il raggiungimento. In genere
l’obiettivo rilevante è la massimizzazione del benessere sociale
(massimizzazione dei benefici sociali netti). Il principio comporta delle
difficoltà operative su come misurare il benessere sociale. Si possono utilizzare
delle proxy come ad esempio: il consumo aggregato, l’incremento
dell’occupazione, ecc.
Identificazione del progetto - Il progetto deve costituire una unità d’analisi
chiaramente identificata. Un progetto di forestazione per usi produttivi su vasta
scala, giustificato dall’opportunità di servire una società privata di produzione
di cellulosa: l’analisi dovrebbe considerare i costi e i benefici di entrambi i
progetti: forestazione e impianto industriale.
Analisi di fattibilità e delle opzioni - Non riguarda solo gli aspetti
ingegneristici ma anche il marketing, gestione, analisi dell’attuazione, ecc.
Occorre considerare anche le opzioni. Esempio per collegare le città A e B ci
sono tre alternative:
- costruire una nuova ferrovia
- costruire una nuova strada
- potenziare la strada esistente
Occorre esaminare la disponibilità di risorse e di prodotti nei due scenari
possibili:
- situazione con progetto
- situazione senza progetto (l’assenza del progetto, nella maggior parte dei
casi, non implica il mantenimento dello status quo; infatti si verifica in ogni
caso un incremento della produzione di beni e servizi in questione e dei costi in
termini reali.
Analisi della domanda presente e sua evoluzione- Serve a determinare i ricavi.
La stima della domanda è fondamentale non solo per la valutazione dei ricavi
ma anche per la definizione dei costi; occorre tenere in conto i costi di gestione
dell’attività produttiva.
111
Identificazione dei costi e dei benefici - Per l’operatore privato sono quelli
finanziari, cioè i costi monetari che sono necessari per realizzare un certo
progetto. Quanto ai costi per l’operatore pubblico occorre rilevare i costi sociali
e cioè i cosi monetari e non monetari sopportati da tutti i membri della
collettività interessati dalla realizzazione del progetto Anche per i benefici
occorre rilevare quelli sociali cioè sia quelli monetari e non monetari.
Il principio fondamentale su cui si basa la valutazione è quello della
disponibilità a pagare. La questione da porsi è, nell’ipotesi che esista un
mercato, quale sarebbe l’ammontare massimo che i beneficiari dell’effetto
sarebbero disposti a pagare, e quale ammontare minimo che coloro che
sopportano i costi sarebbero disposti ad accettare come compensazione per le
conseguenze negative dell’evento.
2. Analisi finanziaria
Obiettivo dell’analisi finanziaria è utilizzare le previsioni sui flussi di cassa
del progetto per calcolare opportuni indici di rendimento, in particolare il Tasso
di rendimento interno (Tir) e il Valore attuale netto (Van).
Importanti i seguenti elementi:
- l’orizzonte temporale. Commisurato alla vita utile economica dell’impianto.
Costituisce il numero massimo di anni per cui si forniscono le previsioni.
- La determinazione dei costi totali (coti di investimento, costi operativi)
- I ricavi generati dal progetto (vendite)
- Il valore residuale dell’investimento
- Il trattamento dell’inflazione. Nell’analisi del progetto di solito si usano i
prezzi costanti, cioè i p corretti dell’inflazione e riferiti ad un anno base.
Nell’analisi finanziaria si possono anche usare i p correnti. Se si utilizzano
quelli costanti si devono introdurre correzioni per i cambiamenti dei prezzi
relativi quando sono rilevanti.
- Verifica della sostenibilità finanziaria. Occorre dimostrare che il progetto
non rischia di essere sprovvisto di liquidità
- Determinazione del tasso di sconto. Il concetto chiave è quello di costo
opportunità. Nel periodo 2000-2006 il parametro di riferimento era il 6%
- La determinazione degli indicatori rilevanti: TIR e VAN.
3. Analisi economica
Individuazione costi e benefici - Benefici sociali: tutti i benefici che derivano
dal progetto anche quelli che non si traducono in entrate di cassa (diminuzione
incidenti stradali e quindi il valore delle vite salvate; diminuzione tempo di
percorrenza autostrada, ecc.).
112
Costi sociali: tutti i costi anche quelli che non determinano uscite di cassa
(danni causati dall’inquinamento, ecc.). Il costo sociale di un progetto pubblico
è il costo finanziario che è necessario per la sua realizzazione e le eventuali
diseconomie esterne che esso genera. Analogamente, il beneficio sociale di un
progetto pubblico è il ricavo finanziario che da esso ne consegue e le eventuali
economie esterne che esso genera.
Esempi: costruzione ospedale
Benefici - benefici diretti: diminuzione tasso mortalità, prolungamento vita,
aumento mobilità; benefici indiretti: miglioramento salute, miglioramento
condizioni familiari.
Costi – investimento, terreni, attrezzature, edifici, avviamento, progettazione,
ecc; costi operativi: manodopera, manutenzione, beni intermediari e materie
prime;
Esempio: costruzione università
Benefici diretti – aumento istruzione numero studenti (aumenti tariffari),
commesse, contributi ministero; benefici indiretti – aumento ricerca scientifica
per la collettività.
Esempio: costruzione strada
Benefici diretti – risparmio costi di trasporto, risparmio tempi di percorrenza,
maggiore sicurezza, riduzione incidenti stradali; benefici indiretti –
accelerazione sviluppo regionale, attività turistiche, riorganizzazione attività
produttive determinate riduzione costi di trasporto.
- Valutazione dei costi e dei benefici- I sistemi di prezzi di mercato non sono
necessariamente quelli da utilizzare per valutare i costi e i benefici e ciò
perché:
- il sistema dei prezzi è influenzato dalla imposizione fiscale e contiene perciò
dei trasferimenti;
- i prezzi del mercato interno non possono non riflettere quello che i
consumatori sono disposti a pagare a causa di varie distorsioni attribuibili tanto
allo Stato che ai privati; per esempio se un bene è razionato ed il suo prezzo
fissato dall’operatore pubblico ci sarà un certo numero di consumatori disposti
a pagare di più il bene.
- alcuni prezzi del mercato interno non riflettono il valore che viene attribuito
ad alcune variabili macroeconomiche quali l’occupazione, la valuta estera, lo
sviluppo accelerato di alcune aree, ecc.
Si tratta di trasformare i prezzi di mercato in prezzi di conto o prezzi ombra
(che correggono i prezzi distorti dalle imperfezioni di mercato). Per molti beni
e servizi non esistono i prezzi di mercato, ad esempio per le risorse ambientali.
A) Valutazione dei costi e dei benefici mediante prezzi di mercato
113
Quando i mercati competitivi funzionano in modo corretto i prezzi riflettono
contemporaneamente i costi marginali di produzione e il valore marginale che i
consumatori assegnano ai beni. Quando le imperfezioni dei mercati non sono
enormi, dal punto di vista operativo è più semplice utilizzare i prezzi di
mercato per la quantificazione di costi e benefici.
Molte sono le imperfezioni che ci allontanano da tale condizione. Il problema
non consiste nel verificare se i prezzi siano efficienti, ma se essi siano migliori
di altri metri di misura alternativi. Infatti quando le imperfezioni dei mercati
non sono enormi è meglio utilizzare i prezzi di mercato.
▪ Dimensione del progetto.
Un problema che spesso si pone si ha quando la dimensione del progetto è tale
da determinare una variazione dei prezzi. Ad esempio la costruzione fa
aumentare la produzione agricola tale da provocare una riduzione dei prezzi. Si
pongono due problemi:
- a) come si calcola il beneficio dei consumatori derivante dall’aumento della
quantità e dalla riduzione di prezzo
- b) come si calcola il prezzo al quale può essere collocata la nuova
produzione.
b) Occorre stimare un possibile prezzo di mercato. L’analisi dovrà, per
estendere la curva di domanda alla nuova produzione, utilizzare i valori
dell’elasticità della domanda rispetto al prezzo che si conosce.
a) Per calcolare il beneficio si fa ricorso al concetto di surplus del consumatore
e del produttore. Prima della costruzione della diga la quantità scambiata è OQ
ed il prezzo =P. Con la diga la curva di offerta si sposta verso il basso con un
nuovo equilibrio in E’ con diminuzione del prezzo e aumento della quantità
scambiata. L’aumento del surplus dei consumatori è rappresentato dalle aree a
e b. Per i produttori l’aumento di surplus è dato dalle aree c e d.
è probabile che la costruzione della diga abbia ripercussioni in altri mercati. Ad
esempio nei prodotti concorrenti a quelli alimentari. Acquistando più beni
114
alimentari i consumatori acquistano meno tessuti. La curva di domanda si
sposta in D’. Poiché è la curva di domanda dei consumatori che si è spostata
non si ha perdita di utilità, semplicemente essi domandano meno vestiti.
Concentrandoci sulla curva di domanda D’ a causa del prezzo più basso il
surplus aumenta (area e). Per quanto riguarda i produttori, la riduzione della
domanda provoca una riduzione di surplus pari alle aree e+f. Sul mercato dei
vestiti la riduzione netta di benessere si riduce quindi al triangolo f.
Per il complesso del sistema economico il beneficio derivante dalla
costruzione della diga sarà allora uguale ad a+b+c+d-f.
B) La valutazione con i prezzi ombra o di conto in presenza dei prezzi di
mercato
In alcuni casi i prezzi sono degli indicatori inattendibili dei costi e dei
benefici. In questi casi occorre sostituirli e calcolare i prezzi ombra o prezzi di
conto. Ad esempio, in caso di risorse inutilizzate dal punto di vista sociale
valgono praticamente zero poiché non danno luogo a creazione di ricchezza.
In genere, la divergenza tra “valutazione sociale” e mercato può presentarsi
per diversi motivi:
- imposizione fiscale
- presenza di esternalità
- Correzioni fiscali - I prezzi di mercato includono tasse e sussidi ed alcuni
trasferimenti, che possono influenzare i prezzi relativi.
E’ necessario dedurre dai flussi dell’analisi finanziaria i pagamenti che non
hanno una contropartita di risorse reali, come i sussidi e le imposte indirette
sugli input e output.
Difficile stimare i prezzi al netto delle imposte. Alcune regole generali:
- i prezzi dei fattori produttivi dovrebbero essere al netto IVA e di altre
imposte indirette;
- le imposte dirette dovrebbero essere incluse nei p degli input;
115
- i trasferimenti puri agli individui, come quelli della sicurezza sociale, vanno
omessi;
- in alcuni casi alcune imposte indirette/sussidi sono concepite come correttivi
degli effetti esterni (imposte sui p dell’energia intese a scoraggiare le
esternalità). In questo caso è giustificato includere queste imposte nei costi del
progetto. Vanno evitati doppi conteggi. Ad esempio non vanno considerati
contemporaneamente le imposte sull’energia e le stime dei costi esterni.
Materiali
Costo finanziario
- IVA si scorpora l’Iva pari al 19% del totale
- Imposta sull’utile d’impresa
L’utile d’impresa può essere valutato pari al 10%
dell’importo totale dei lavori al netto Iva.
L’imposta viene valutata pari al 50% dell’utile
Previsto 0.8403 – (0.50 x 0.10 x (0.8403 /1.10))
base 1.0000
0.8403
0.8021
Manodopera
Costo finanziario
base 1.0000
- IVA si scorpora l’Iva pari al 19 % sul totale
0.8403
- Imposta sull’utile di impresa
L’utile d’impresa può essere valutato pari al 10%
dell’importo totale dei lavori al netto Iva.
L’imposta viene valutata pari al 50% dell’utile
Previsto 0.8403 – (0.50 x 0.10 x (0.8403 /1.10))
0.8021
- L’imposta dell’Irpef è stata stimata per gli operai
pari al 12% del costo della manodopera al netto Iva:
0.8021 – (0.8403 x 0.90 x 0.12)
0.7113
- L’incidenza degli oneri sociali viene valutata considerando il
rapporto tra gli oneri sociali e il reddito interno da lavoro
dipendente. L’incidenza può esprimersi tramite il coefficiente
0.3425
0.73113 – (0.8403 x 0.90 x 0.34259
0.4522
Forniture (Amministrazioni dirette)
Costo finanziario
- IVA pari al 19%
- Imposte dirette. Si assume una incidenza di
imposta pari al 10% dell’importo totale al netto di Iva
Spese generali
Costo finanziario
- Si ipotizza una incidenza di personale del 75% e
base 1.0000
0.8403
0.8021
base 1.0000
116
di noli e mezzi del 25%. Applicando per la prima i
trasferimenti dovuti a oneri sociali e imposte e per i
secondi le detrazioni per imposte su carburanti e lubrificanti
si ottiene:
1.0000 – (0.75 x 0.547) – (0.25 x 0.308)
0.513
- Correzioni per le esternalità - E’ necessario includere nei flussi in uscita e in
entrata anche i costi e benefici esterni che non corrispondono ad un flusso di
cassa.
Le esternalità da considerare nell’analisi sono sia quelle ambientali sia quelle
economiche prodotte dal progetto di investimento.
In linea di massima le principali esternalità ambientali positive e negative da
considerare negli investimenti ambientali sono le riduzioni o l’aumento dei
costi sociali legati a: inquinamento delle acque di superficie e sotterranee;
inquinamento dell’aria e cambiamenti climatici; inquinamento dei suoli;
miglioramento della biodiversità; impatto sui paesaggi; rumore e odori.
Come calcolare i prezzi ombra
Alcuni propongono di utilizzare come prezzi ombra i prezzi rilevabili sul
mercato internazionale (prezzi alla frontiera) poiché sono meno distorti rispetto
ai prezzi di mercato. Per passare a questi prezzi di conto, i prezzi nazionali
vanno corretti attraverso un fattore di conversione (FCS) che depura i valori
dall’effetto della tassazione sulle esportazioni ed importazioni. Il FCS misura la
distorsione media dei prezzi interni rispetto a quelli internazionali, considerati
come prezzi di equilibrio.
FCS = (M+X) / (M+Tm) + (X-Tx)
M = valore totale delle importazioni del fattore esaminato
X = valore totale delle esportazioni del fattore esaminato
Tm = dazi o sussidi all’importazione
Tx = tasse sull’esportazione
C) Valutazione con i prezzi ombra in assenza di prezzi di mercato.
Principio generale: per beni e servizi senza mercato, cioè in assenza di prezzo,
si ricorre al criterio della disponibilità a pagare o ad accettare una somma di
denaro per ottenere un beneficio o per evitare un danno o un costo. I vantaggi
vanno misurati sulla base di quanto coloro, che ne beneficiano, sarebbero
disposti a pagare per assicurarseli. Al contrario nel caso di costi il loro valore è
rappresentato da quanto chi subisce lo svantaggio sarebbe disposto ad accettare
per subirlo volontariamente.
Il tipico esempio di beni senza mercato sono quelli ambientali o quelli
culturali. In questi casi occorre ricorrere all’analisi delle preferenze rivelate
117
(metodi dei mercati surrogati; osservazioni reali ed osservabili in altri mercati)
e all’analisi delle preferenze espresse o dichiarate (mercati ipotetici o mercati
simulati)
3.1. Valore del tempo
La teoria afferma che le persone decidono sul loro tempo di lavoro (se hanno
la facoltà di farlo) fino al punto in cui il reddito, al netto delle imposte, che
traggono da un’ora addizionale di lavoro, è uguale al valore che annettono ad
un’ora del tempo libero.
In equilibrio, per l’individuo sarà indifferente rinunciare ad un’ora
addizionale di tempo libero, aumentando il suo consumo per un ammontare
pari al suo salario orario, o ridurre il suo lavoro (e aumentare quindi il tempo
libero) di un’ora, diminuendo il suo consumo sempre per un ammontare pari al
suo salario orario. Il salario dell’individuo rappresenta allora una valutazione
monetaria del suo tempo.
Esempio: se una linea metropolitana più rapida consente di risparmiare venti
minuti, quando il salario orario è di 9€ all’ora, il valore del tempo risparmiato è
di 3€
Secondo alcuni si ottiene una sottostima del valore del tempo libero mentre
per altri una sovrastima. Ad esempio i professori universitari hanno scelto un
lavoro con una retribuzione relativamente bassa a causa dei notevoli benefici
non monetari associati a quel lavoro. Il valore del loro tempo libero sarebbe
allora superiore al salario che ricevono. Al contrario lo stipendio del pilota
d’aerei include una qualche compensazione per le caratteristiche poco attraenti
del lavoro.
118
L’uso del salario sarebbe corretto se le persone potessero scegliere
liberamente ilo numero di ore lavorate e non vi fossero rigidità strutturali nel
mondo del lavoro (salari minimi).
Il valore marginale del tempo è funzione non solo del salario, ma anche della
disutilità del lavoro, dell’esistenza di un orario minimo di lavoro.
Utilizzo dei parametri nazionali:
Valore orario del tempo lavorativo:
Valore nazionale occupati / (popolazione occupata) x 230 gg x 8h
Valore orario del tempo libero:
Consumi finali interni/ (popolazione residente) x 365 gg x 14h
3.2. Valore della vita
La vita umana costituisce un bene pubblico la cui conservazione è oggetto
della scelta pubblica. La modifica della probabilità di sopravvivenza ha infatti
notevoli conseguenze sulla situazione economica non solo del soggetto e dei
suoi familiari, ma anche della collettività.
I costi riconducibili alla minore probabilità di sopravvivenza possono essere
- diretti derivati dalle morti future (spese ospedaliere o perdite di produzione)
- indiretti e costi di natura affettiva generati di norma dai danni di natura
biologica e morali subiti dall’individuo e dai familiari quali a) perdite di
produzione futura; b) stato di sofferenza e difficoltà di adattamento per i
familiari; c) stato di sofferenza creato dal malessere o malattia che precede il
decesso a prescindere dal venir meno delle possibilità di reddito (danno
biologico).
Le stime del valore della vita vengono effettuate in base a due procedure: la
prima si collega al concetto di mancata produzione mentre la seconda si basa
sulla misurazione della disponibilità a pagare. I metodi utilizzati per
quantificare la disponibilità a pagare sono quelli delle preferenze rivelate e
quelli delle preferenze dichiarate.
I metodi delle preferenze rivelate si basano sull’osservazione di transazioni
effettivamente avvenute su un mercato, dalle quali si possono ricavare
informazioni sul valore che gli individui danno a una vita umana. In genere è il
mercato del lavoro (salari edonici) che fornisce il corpus principale di queste
analisi. Basandosi su una sintesi degli studi condotti utilizzando il metodo dei
salari edonici il valore statistico della vita varia fra 5 e 9 milioni di dollari
(prezzo 2003)
Il metodo delle preferenze dichiarate fa riferimento alle scelte degli individui
posti di fronte a scenari ipotetici proposti tramite questionari. Con questo
metodo si ottiene un valore della vita statistica di poco superiore a 5 milioni di
€ 2007. Di solito, gli studi basati sulle preferenze dichiarate giungono a stime
della VSL inferiori a quelle prodotte dall’analisi del mercato del lavoro.
119
Il decisore pubblico utilizza alcune stime di riferimento cha variano
notevolmente da paese a paese. In base ai dati contenuti in questi rapporti si
può stimare un valore della vita di circa 1,6 -2 milioni € (prezzi 2008). Questa
cifra è superiore a quella che risulterebbe da un approccio basato sulla mancata
produzione, ed è inferiore anche alle stime effettuate con l’approccio basato
sulle preferenze rivelate (mercato del lavoro).
Metodo del capitale umano - Il calcolo viene eseguito principalmente sulla
base della mancata produzione futura (viene considerata la riduzione di
benessere della società dovuta alla perdita di una risorsa umana = perdita di
produzione lorda o netta che sarebbe stata prodotta se l’individuo non fosse
deceduto).
L’approccio non tiene conto del valore soggettivo (il valore intangibile o non
monetario, il valore di non uso legato alla pura esistenza del bene, in questo
caso il prolungarsi dell’attesa di vita).
Disponibilità a pagare (DAP) - Con questo metodo si ricavano i valori non
solo economici ma anche sociali. È basato sulla stima di quanto gli individui
sono disposti a pagare per un miglioramento della propria salute. Consente di
stimare la DAP per una riduzione marginale del rischio fisico ma anche il
dolore, l’ansia. Estende la valutazione ai benefici riguardanti i familiari, gli
amici, la società.
Oggetto dell’indagine non è la vita di un individuo, ma la vita statistica (si fa
riferimento alla riduzione aggregata attesa del rischio in una popolazione). Ad
esempio consideriamo una regolamentazione in grado di ridurre la probabilità
di morte per n individui in un dato periodo. Se la riduzione della probabilità di
morte è uguale ad 1, si può dire che quell’intervento salva una vita statistica in
quel periodo. In altri termini l’intervento riduce il numero di morti attese nella
popolazione in quel periodo di una unità.
Il valore attribuibile a una vita statistica può essere conosciuto considerando
una variazione di 1% del rischio di morte su una popolazione di 100 persone, o
di 0,1% su una popolazione di 1000 persone:
VSL = dap (Δπ)/ Δπ)
VSL = valore della vita statistica;
Δπ = variazione considerata del rischio;
dap (Δπ ) = disponibilità a pagare per una variazione Δπ del rischio.
Se ognuna di queste persone è disposta a pagare 500€ per una riduzione del
rischio di 1 su 10.000, il valore della vita statistica è uguale 10.000 x 500 =
5.000.000
Il calcolo della vita statistica è comunemente usato per la valutazione
monetaria del rischio di mortalità da incidenti stradali. Viene anche utilizzata
nella stima da mortalità da inquinamento
Riduzione del rischio per persona = n. morti evitate / popolazione esposta
120
In genere la somma di denaro che si è disposti a pagare dipende da vari
fattori:
- ruolo determinante assume l’elasticità di sostituzione intertemporale che
indica la disponibilità di ciascun individuo di sostituire il consumo futuro al
consumo presente (quanto più elevata questa disponibilità tanto più alta è la
DAP per incrementare la durata della propria vita). Studi empirici hanno
stimato che l’elasticità possiede un limite superiore compreso tra 0,25 e 0,40.
Ciò significa che le persone sono riluttanti a sacrificare l’attuale benessere per
una vita più lunga.
- altri fattori che influenzano la DAP sono l’età, il grado di esposizione a
fattori di rischio, la capacità di ricavare utilità dal consumo.
- altro fattore è la distribuzione della ricchezza all’interno della società.
Metodi per calcolare la DAP:
- valutazione delle differenze salariali (prezzi edonici). Stima della
maggiorazione salariale per indurre gli individui ad accettare un maggior
rischio (compensating wages). L’equazione di prezzo edonico stimata è la
seguente:
W = β0+ β1 w (rischio di morte) + β2 w(rischio di incidente) +β3 w(età) +β4 w
(livello di istruzione) + ε
In questo modo è possibile isolare l’effetto di rischio di morte da quello di
altre variabili che influenzano il valore del salario.
- valutazione contingente attraverso indagini campionarie si può ottenere la
DAP per ottenere una riduzione del rischio. Permette di ottenere stime
individuali che consentono di studiare l’effetto della variazione di fattori quali
l’età, il reddito, ecc.
- spese sostitutive (preferenze rivelate) consiste nell’osservare il
comportamento degli individui su alcuni mercati rilevanti per la tipologia dei
beni. Le spese vengono considerate come costi di prevenzione e possono essere
utilizzati per esaminare le preferenze relative al livello di sicurezza.
Esempio. Acquisto airbag 1.000.000 la probabilità di morte pass da p a p+w.
Se una persona è indifferente se acquistare o no il dispositivo sarà (p+w)v 1.000.000 = pv v = 1.000.000/w v= valore della vita.
Conoscendo w (sapendo cioè di quanto si riduce la probabilità di morte) è
possibile risalire al valore che gli individui implicitamente attribuiscono alla
vita.
Stima dei costi di morbilità
L’insorgere di una malattia crea una serie di effetti economici:
121
- costi diretti (sperse ospedaliere e farmaceutiche)
- costi indiretti per minore produzione futura causata dalla minore capacità di
guadagno per inabilità temporanea o permanente
- costi intangibili per dolore ai familiari, minor godimento della vita, stato
d’ansia, pena e sofferenza dovuti alla privazione della salute.
Due metodi di stima
- COI (cost of illness) costi sanitari e delle prestazioni farmaceutiche.
- DAP comprende anche i costi intangibili. In genere la somma di denaro che si
è disposti a pagare dipende da vari fattori: ruolo determinante è l’elasticità di
sostituzione intertemporale che indica la disponibilità di ciascun individuo di
sostituire il consumo futuro al consumo presente (quanto più elevata è questa
disponibilità tanto più alta è la DAP per incrementare la durata della propria
vita). Altri fattori che influenzano la DAP sono l’età, il grado di esposizione a
fattori di rischio, la capacità di ricavare utilità dal consumo.
Un altro fattore è la distribuzione della ricchezza all’interno della società. Ciò
significa che per valutare gli effetti di una regolamentazione occorrerebbe
considerare l’utilità marginale del reddito delle persone interessate. Alcuni
economisti ipotizzano che un anno di vita abbia lo stesso valore per tutti
indipendentemente dalla ricchezza posseduta e dallo status sociale.
3.3. Valore delle risorse naturali
Valore economico totale dei beni ambientali (VET). Il VET è di natura
composita e tiene conto di una pluralità di benefici connessi con l’uso di un
bene ambientale pubblico. Il VET è dato dalla somma:
- valore d’uso reale (benefici diretti)
- valore di opzione (benefici indiretti)
- valore di esistenza (benefici intrinseci)
In alcuni lavori si fa riferimento al concetto di valore d’uso sociale per
esprimere l’insieme dei benefici diretti e indiretti che la collettività riceve dalle
risorse ambientali e storico- culturali conservate e tutelate. Occorre catturare il
valore del bene nella sua utilità sociale espressa dalla collettività.
Stima del valore: il concetto chiave è quello di surplus del consumatore (o
produttore).
Metodi di stima:
- metodi basati sull’analisi dell’offerta (costi da sostenere per
produrre/riprodurre il bene – quando possibile)
- metodi basati sulla domanda (quantificazione dei benefici della collettività
tramite il surplus del consumatore)
a) metodi diretti basati su interviste, questionari (valutazione contingente)
122
b) metodi indiretti basati su comportamenti reali (prezzo edonico, costo
viaggio, spese sostitutive)
Valutazione contingente come già anticipato la procedura, che consente di
stimare sia il valore d’uso sia quello di esistenza, tende a far esprimere a un
campione di individui le loro preferenze sulla disponibilità a pagare (DAP) o
accettare compenso (DAC). Il metodo non fa riferimento al comportamento dei
fruitori per inferire i valori, ma li richiede direttamente.
Dal punto di vista operativo si procede in questo modo:
- descrizione del bene
- individuazione del bacino di utenza del bene o servizio. Il mercato ipotetico
- definizione della dimensione del campione
- definizione delle modalità di acquisizione delle informazioni (questionari,
interviste, ecc.) Di solito, i quesiti da porre sono del tipo: quanto sarebbe
disposto a pagare per contribuire alla realizzazione del progetto x di un
miglioramento ambientale; quale risarcimento riterrebbe equo per rinunciare al
progetto x di un miglioramento ambientale; quanto sarebbe disposto a pagare
per evitare i danni y derivanti dal progetto x; quale risarcimento riterrebbe equo
per i danni y derivanti dalla realizzazione del progetto x.
- modalità di pagamento (forme di esplicitazione della DAP o DAC): metodo
della risposta aperta (open ended), domanda diretta dell’ammontare; metodo
della risposta chiusa (closed ended), si preparano preventivamente delle somme
fisse crescenti; iterative bidding game, si effettua un’asta al rialzo o al ribasso
fino ad individuare la massima disponibilità a pagare o la minima ad accettare.
- Calcolo del valore monetario totale: si costruisce la curva di frequenza delle
risposte; si compensa la curva di frequenza tramite una regressione; si calcola
l’integrale della curva compensata; si moltiplica il risultato ottenuto per il
coefficiente di riporto all’universo del campione statistico adottato.
Spese di viaggio Per i beni in grado di fornire servizi fruibili dai visitatori
(servizi ricreativi) la DAP viene direttamente associata al travel cost sostenuto
dal fruitore. L’ipotesi di fondo è che il numero delle visite che si effettuano, le
esperienze ricreative, siano funzione delle spese di viaggio. Dalla relazione tra
numero di visite (Q) e spese di viaggio (CV) si otterrebbe una curva di
domanda. L’area sottostante rappresenterebbe il valore della risorsa da
valutare.
La curva di domanda viene costruita rilevando il numero delle viste, i costi di
trasporto: numero annuo dei visitatori; loro luogo di provenienza sulla base di
una rilevazione campionaria; costo del viaggio medio e del saggio di frequenza
(k = visitatori/popolazione). Con l’aumentare della distanza dal sito ci si
attende che la frequenza k diminuisca.
Per calcolare i benefici totali si integra la curva di domanda dal costo viaggio
della zona X sino al CV max. Moltiplicando per il numero di abitanti si ottiene
il surplus per la zona X. Il BN per n zone sarà dato da:
123
BN = Σ 1→ n (SDCj Nj)
dove
BN benefici netti
SDCj surplus medio del consumatore della zona j
Nj numero/ 1000 abitanti della zona j
Prezzo edonico. Si basa sul criterio del valore complementare: Valore
dell’immobile con il bene ambientale – valore dell’immobile senza bene
ambientale.
Concettualmente semplice ma con notevoli difficoltà di applicazione. Come
delimitare il bacino di utenza. Il differenziale di prezzo è da attribuire solo
all’aspetto ambientale?
4. La scelta del tasso di sconto
I flussi di benefici e di costi per poterli confrontare vanno attualizzati. Essi
hanno luogo in tempi diversi per cui occorre renderli comparabili, appunto con
la procedura della attualizzazione. Il tasso di sconto sociale cerca di mostrare
come i costi e i benefici futuri dovrebbero essere valutati in rapporto a quelli
presenti.
L’aggregazione di dati eterogenei è resa possibile dall’utilizzo del tasso di
sconto che può differire da quello finanziario quando il mercato del capitale è
imperfetto.
Quale tasso di sconto dovrebbe adottare il settore pubblico? Se i mercati
funzionassero correttamente il tasso di interesse di mercato rifletterebbe il costo
opportunità delle risorse impiegate.
In realtà i mercati sono ricchi di imperfezioni per cui occorre calcolare un
prezzo ombra: un tasso di sconto sociale
124
- esso dovrebbe riflettere il saggio di preferenza intertemporale dei
consumatori
- esso dovrebbe riflettere il costo opportunità del capitale
Il costo opportunità del capitale può essere misurato dal tasso con il quale gli
individui sono disposti nella realtà a scambiare il consumo presente con quello
futuro, per esempio dal tasso a credito o a debito post tassazione ( a seconda
che gli individui siano creditori o debitori). Il fatto che nella realtà i tassi di
credito e a debito siano diversi rende difficile l’individuazione di un tasso di
sconto. È stata suggerita la possibilità di ottenere una misura del tasso al quale
la società è disposta a sostituire in media il consumo presente con quello futuro
guardando alla media dei tassi di rendimento dei vari strumenti di raccolta del
risparmio.
Il tasso di rendimento marginale del capitale privato. Il problema consiste
nell’allocazione ottima tra investitore pubblico e privato delle risorse fisse
devolute agli investimenti. La condizione di efficienza per il raggiungimento di
questo ottimo è che al margine gli investimenti pubblici e quelli privati abbiano
la stessa profittabilità. Per raggiungere questa condizione è necessario che la
valutazione ex ante dell’opportunità degli investimenti pubblici sia effettuata
secondo gli stessi criteri economici che guidano gli investimenti privati. La
teoria economica mostra che gli investitori privati investono fino al punto in cui
il tasso di rendimento degli investimenti pre-tassazione è uguale al tasso di
interesse pre-tassazione sull’indebitamento (per finanziare l’investimento).
Detto in altro modo, poiché il tasso di rendimento degli investimenti pretassazione misura la produttività marginale del capitale privato, lo stesso tasso
rappresenta anche il costo opportunità dell’utilizzo di questo capitale per
investimenti pubblici.
Per la misurazione uno degli approcci seguiti è l’utilizzo di dati aggregati di
contabilità nazionale per calcolare ed utilizzare come rendimento del capitale la
relazione tra stock di capitale aggregato ed i guadagni pre-tassazione associati a
questo.
A causa della difficoltà di determinazione del tasso di sconto sociale le
agenzie governative normalmente prescrivono l’utilizzo di tassi di sconto
predeterminati.
Approcci principali utilizzati: a) poiché i progetti sono sostituibili, gli
investimenti pubblici marginali dovrebbero avere lo stesso rendimento di quelli
privati; b) utilizzo di una formula basata sul tasso di crescita dell’economia di
lungo termine: r = ng + p dove r = tasso di sconto sociale dei fondi pubblici; g
= tasso di crescita della spesa pubblica; n = elasticità del benessere sociale alla
spesa pubblica; p = puro tasso di preferenza temporale. Esempio: la spesa
pubblica destinata al sussidio dei poveri cresce ad un tasso = a un tasso del
consumo medio pro capite e cioè 2%; il valore dell’elasticità del benessere
sociale per questo tipo di spesa è compreso tra 1 e 2 . Se il TPT è = 1%, il tasso
di sconto sociale reale é compreso in un intervallo tra il 3-5%. c) si considera
125
un benchmark standard che riflette un obiettivo di crescita reale. Nel lungo
periodo il tasso di interesse reale e quello di crescita dovrebbero convergere.
Il tasso di sconto e i progetti ambientali - Lo sconto agisce contro gli
interessi delle generazioni future:
- quando il danno ambientale provocato da un progetto si verifica lontano nel
tempo, lo sconto rende il valore attuale di tale danno notevolmente inferiore al
suo valore effettivo (esempio immagazzinamento delle scorie nucleari).
- Quando i benefici di un progetto sono destinati ad individui che vivranno tra
50 o 100 anni, lo sconto abbassa il valore di tali benefici e rende difficile
giustificare il progetto (esempio riforestazione)
- Quando la decisione di estrarre una determinata risorsa è influenzata dal
tasso di sconto, maggiore è il tasso di sconto, maggiore sarà il tasso di
estrazione della risorsa.
5. Calcolo del rendimento economico
- Valore attuale netto (net present value)
- Tasso interno di rendimento (TIR) (internal rate of return)
- Il rapporto B/C
6. Analisi di sensibilità
Per tener conto dell’incertezza sui risultati dell’analisi è opportuno procedere
ad una analisi di sensibilità o reattività.
Esistono numerose fonti di incertezza sui risultati dell’analisi, in particolare:
- i dati necessari possono non essere disponibili;
- i dati sono disponibili, ma le stime non sono attendibili;
- i dati sono inficiati da giudizi di valore.
L’analisi di sensibilità si compone di tre fasi:
- identificazione dei parametri incerti per i quali effettuare l’analisi;
- specificazione dei margini di tolleranza (range di variabilità) e dei valori
soglia dei fattori incerti identificati;
- calcolo delle configurazioni di risultati utilizzando le stime più conservative
e meno conservative dei parametri scelti a base dell’analisi.
7. Considerazioni distributive
126
I benefici dei progetti possono essere scomposti in base ai gruppi di persone
coinvolte dal progetto e, volendo introdurre elementi di equità, assegnare pesi
diversi ai diversi gruppi.
Il problema consiste nell’assegnare i pesi. Una procedura corretta consiste nel
chiedere direttamente ai politici i pesi da assegnare.
Esercizi
- La gestione dei rifiuti solidi. Il progetto si propone i seguenti obiettivi:
riduzione dei rischi per la salute umana; consumo di materie prime;
riduzione delle emissioni inquinanti; nuove tecnologie
Al fine di evidenziare gli obiettivi il progetto dovrebbe definire:
- popolazione coinvolta, quantità di rifiuti raccolti e trattati distinguendo
per tipologia;
- tipo di tecnologia (metodi di trattamento);
- impatto sull’economia locale (in termini di occupazione, reddito);
- riduzione dei rischi generata dalla realizzazione;
- risparmio di materie prime, tipo di materiali recuperati e riciclati;
- riduzione dell’inquinamento delle acque, aria e terra e tipologie di
danni ambientali evitati.
Identificazione del progetto- Tipologie di investimento
- investimenti in strutture di raccolta e riciclaggio dei rifiuti;
- strutture di produzione di compost;
- strutture per il trattamento fisico chimico;
- impianti di incinerazione per rifiuti domestici e industriali;
- discariche
Quadro regolamentare - I progetti devono essere considerati dal punto di vista
della conformità alle normative generali e specifiche sulla gestione dei rifiuti
(principio inquinatore pagatore; principio di prossimità; prevenzione, ecc)
127
Analisi di fattibilità e delle opzioni- Possibili scenari:
- situazione pregressa senza la realizzazione del progetto (business as usual);
- possibili alternative nell’ambito della stessa infrastruttura
- alternative radicali (inceneritore come alternativa alla discarica)
Analisi della domanda - crescita della popolazione e flussi migratori;
- crescita dei settori economici rilevanti
- evoluzione del comportamento dei produttori di rifiuti (aumento delle
attività di riciclaggio, ecc.)
128
Analisi finanziaria- Le entrate finanziarie (input) sono date in generale dai
prezzi di trattamento pagati da utilizzatori pubblici e privati, e dalla vendita dei
prodotti recuperati o dalla produzione di energia
Output finanziari:
- costi di investimento (terreni, costruzioni, attrezzature), inclusi studi di
fattibilità;
- scorte di materie prime o prodotti finali;
- costi di rimpiazzo per le componenti con vita economica breve;
- manutenzione: acquisto di energia, merci, prodotti e servizi, costi di
amministrazione, costi per il personale
Analisi economica - Si considerano i benefici sociali del progetto. Occorre
procedere all’integrazione delle esternalità e alla correzione dei fallimenti del
mercato. Fasi:
- flussi finanziari rilevanti valutati ai prezzi di mercato;
- integrazione delle esternalità;
- definizione dei fattori di conversione;
- calcolo dei benefici e costi sociali.
Esternalità:
- effetti sulla salute umana (morbilità e mortalità dovuta all’inquinamento
dell’aria, delle acque o del suolo);
- danni ambientali derivanti dalla contaminazione delle acque e del suolo;
- impatti estetici sul panorama;
- impatti economici quali i cambiamenti nei p dei terreni o lo sviluppo
economico generato dal progetto.
Per le discariche e gli inceneritori le principali esternalità dipendono da:
129
-
emissioni nell’aria;
emissioni nell’acqua;
produzioni di rifiuti solidi residuali;
recupero di energia
elementi di fastidio quali rumore e odore;
rischio di incidenti.
Metodi di valutazione:
- stima dei costi di morbilità e mortalità;
- costi difensivi;
- costi di rimedio;
- valutazione contingente.
Fattori di conversione
Fattore di Conversione Standard (FCS) applicato a tutti i beni che hanno un
mercato internazionale:
M + X / (M+Tm) + (X-Tx)
M = valore CIF del totale delle importazioni
X = valore FOB del totale delle esportazioni
Tm = tasse sulle importazioni
Tx = tasse sulle esportazioni
Beni commerciabili.
- Attrezzatura. Si possono utilizzare i p CIF o FOB
- materiali riciclati. Le informazioni per calcolare il FC sono ottenute dalle
eco-industrie o dalle dogane
Beni non commerciabili
- fabbricati.
- elettricità prodotta. Il p di mercato domestico dovrebbe essere convertito
nel p alla frontiera tramite un adeguato Fc (può essere utilizzato il FCS)
- suolo. Utilizzo del FCS per la conversione dai p di mercato a quelli alla
frontiera
- lavoro qualificato (p di mercato) e non qualificato (distorsioni dovute alla
presenza del salario minimo
Analisi di sensibilità e di rischio - I fattori che influenzano l’investimento
sono numerosi: il costo dell’investimento, la dinamica di costo degli input
chiave (energia, materie prime, ecc.), i prezzi dei prodotti recuperati, i costi di
decontaminazione del sito, i costi ambientali
Effetti sui costi totali di una variazione del 10% nelle principali variabili che
influenzano il costo di incenerimento.
130
Input
Variazione
Effetti sul costo totale di incener.
- Costruzione inceneritore con recupero di energia. Capacità forno =
200.000 tonnellate rifiuti urbani (anno); t = 10 anni; Costo investimento:
10% suolo; 35% fabbricati; 55% attrezzature (caldaia, forni, ecc.)
Finanziamento mediante prestito al 3%; r = 5%
Energia riciclata venduta ad un p = 15€ t. (40% calore, 60% elettricità)
Manodopera: 10 lavoratori qualificati (12.000 €/persona per anno) 40 non
qualificato 1.000€/persona anno)
Costi di funzionamento 10€ t.; Costi per eliminare cenere e scorie 10€ t.
Valore residuo netto = 5% del costo iniziale dell’investimento
a) Analisi finanziaria- VANF = 1.867.000€ TIRF = 6%
Analisi finanziaria
b) Analisi economica- costi esterni: inquinamento atmosferico (effetto serra),
impatto ambientale di ceneri e scorie, odori, rumore e danni estetici
131
Benefici esterni (costi evitati per la produzione di energia con mezzi
convenzionali a benzina) 9€ t.
R = a quello finanziario 5%
FCS: M = 3.000; X = 3.500; Tx = 30; Tm = 600; FCS = 0,95
Suolo prezzo inferiore del 25% a quello di mercato. Deve essere aumentato del
25% 1,25 x 0,95 = 1,19
Attrezzature, energia, materie prime FC = 0,95
Fabbricati: bene non commerciabile per il quale è richiesto FC specifico. I costi
sono dati da: 30% lavoro non qualificato; 40% materiali di costruzione
importati tassati con tariffa di importazione del 25% (fc = 0,75); 20% di
materiali locali (FCS) e 10% profitti /FC=0). FC = (0,3 x 0,95) + (0,4 x 0,75) +
(0,2 x 0,95) + (0,1 x 0) = 0,7
Lavoro qualificato e non. Ipotesi mercato competitivo 1 x 0,95 = 0,95
Elettricità sussidiata del 30% FC = 0,7 x 0,95 = 0,66
Benefici esterni non sono tassati per cui la conversione ai p di mercato viene
fatta con il FCS
VANE = 18.000.000e TIRE = 12%
Analisi economica
- Approvvigionamento e depurazione delle acque. Costruzione di nuove
strutture per soddisfare bisogni crescenti. Opere di completamento
132
acquedotti, reti fognarie e depuratori. Ammodernamenti e sostituzioni.
Interventi mirati al risparmio di risorse idriche
a) Definizione degli obiettivi- Quantificazione ex ante di alcuni parametri:
- estensione della fornitura e distribuzione delle fognature e del servizio di
purificazione;
- volume acqua risparmiata per usi civili o reti di irrigazione che risulta dalla
riduzione di perdite di acqua
- < quantità (m3 anno) presa da fonti inquinate
- continuità del servizio
- miglioramento sistema di distribuzione in condizioni di siccità
- entità inquinamento eliminato
- miglioramento parametri ambientali
- riduzione costi operativi
b) Analisi di fattibilità e delle opzioni - Analisi della domanda di acqua. E’
composta da due elementi:
- numero di utenti per scopi civili, delle aree da irrigare a scopo agricolo e
delle unità produttive da servire a scopo industriale
- la quantità di acqua che è attualmente o sarà distribuita agli utenti
La domanda totale di acqua è composta dal: consumo finale + perdite
Calcolo dell’elasticità della domanda alle tariffe. Per gruppi di reddito e per
grandi o piccole utenze.
La stima della domanda dovrebbe concentrasi sulla previsione della domanda
nel periodo corrispondente al ciclo del progetto. Deve prendere in
considerazione le previsioni demografiche e quelle migratorie, i piani di
sviluppo agricolo e industriale.
Utile la struttura temporale della domanda di breve periodo.
Domanda potenziale (fabbisogno massimo richiesto a un certo investimento)
ed effettiva (quella effettivamente soddisfatta dall’investimento e che
corrisponde al consumo atteso).
Caratteristiche tecniche e analisi delle opzioni:
- situazione pregressa senza realizzazione del progetto;
- alternative nell’ambito della stessa infrastruttura
- possibile alternative di scarico dei reflui
Identificazione dei dati funzionali di base:
- numero abitanti serviti
- (ettari) irrigati
- numero e tipo di strutture produttive servite
- dotazione idrica pro capite (l/g/abitante) o per ettaro (l/g/ettaro)
- dati di qualità delle acque
133
- numero abitanti equivalenti, portate e parametri del carico inquinante delle
acque da trattare e vincoli di qualità delle acque da scaricare
Identificazione dei dati territoriali di costruzione della infrastruttura
- localizzazione dei lavori sul territorio
- collegamenti fisici o funzionali fra le strutture e con eventuali impianti
nuovi
- interconnessioni con infrastrutture esistenti
Identificazione dei dati fisici e caratteristici
- Lunghezza complessiva, diametri nominali, portata nominale e dislivelli
degli adduttori;
- Volumi (m3) nominali invasati ed altezza imposta delle dighe
- Sviluppo lineare e diametri delle reti fognarie
- Capacità dei serbatoi
- Caratteristiche impianti di sollevamento
134
- ……….
c) Analisi finanziaria - Le entrate sono date dalle tariffe di vendita dell’acqua e
in genere per i servizi prestati.
Occorre considerare il valore residuo dell’investimento
d) Analisi economica- La base di stima dei prezzi di conto dell’acqua può
essere la disponibilità a pagare il servizio da parte dell’utente stimata sulla base
dei p di mercato di servizi alternativi (autobotti, acqua minerale, purificazione
realizzata tramite strumenti applicati presso gli utenti, ecc.)
e) Analisi di sensibilità e di rischio- Dinamica della domanda
Tasso di variazione delle tariffe
Efficienza della gestione
Ampliamento autostrada. Costruzione di una terza corsia ad una
autostrada dove il tasso di mortalità è di 8 casi ogni 100.000.000 di km di
veicoli.
Investimento = 1.500.000 per km T = 30 anni Manutenzione = 3% del
costo iniziale i = 7% Densità del traffico 10.000 autovetture al giorno. Si
prevede che il tasso di mortalità diminuisca a 4 casi per ogni 100.000.000
di km di veicoli.
In media per ogni incidente mortale vi sono 35 incidenti non mortali e 240
incidenti con danni alle vetture
Costi incidenti mortali per persona
Incidenti con ferite non mortali
Incidenti con danni alle vetture
900.000
10.000
1.800
Costo aggregato degli incidenti
Incidenti mortali per persona
Incidenti con ferite non mortali
Incidenti con danni alle vetture
Totale
900.000
350.000
432.000
1.682.000
Equivalente annuo del vantaggio per km
(8-4) (10.000) (365) (1.682.000) / 100.000.000 = 245.572
Equivalente annuo del costo per km
1.500.000 (0,0806) + 1.500.000 (0,03) = 165.900
135
Rapporto benefici costi
245.572/ 165.900 = 1,48
Si dovrebbero considerare anche altri benefici quali ad esempio la riduzione dei
tempi di viaggio. Il calcolo del rapporto costi-benefici richiede che
l’equivalente annuo dei costi operativi sia incluso nel numeratore invece che
nel denominatore
245.572 – 45.000 / 120.900 = 1,66
con il progetto di ampliamento verrà realizzato un risparmio netto di 1,66$ per
ogni dollaro investito
- Alta velocità. Progetto linea alta velocità Roma Napoli. Ipotesi si
assumono valori prudenti on the safe side I = 5% t = 30 anni Valore
residuo = 50%
Costi
Costi 5,651 miliardi (€ 2005). L’opera ha richiesto 10 anni per essere realizzata
quindi occorre attualizzare i costi (per semplicità si ignora il fatto). Costo al
netto tasse = 4 miliardi €
Costi economici di esercizio della linea (manutenzione, segnalamento, gestione
stazioni, depositi, ecc.) 1% dei costi di investimento = 40 milioni €
Volume traffico triplo di quello attuale 2.700.000 e cioè 8.100.000
passeggeri/anno
Ipotesi 500 passeggeri in media per treno
Si hanno quindi 16.200 treni/anno corrispondenti a circa 44 treni/giorno che
percorrono circa 200 km a viaggio
Ipotesi 10€ treno/km
Risultato 32 milioni anno per un costo totale annuo di esercizio di 72 milioni
Benefici
Ricavi tariffari non sono un beneficio sociale poiché passano da un utente
all’altro.
Principale beneficio risparmio di tempo 40 minuti. Valore medio dei passeggeri
per il tempo 20€/h
Beneficio lordo 108 milioni € cioè un beneficio sociale annuo netto (108-72) =
36 milioni € a fronte di costi economici di investimento di 4 miliardi €
VANE
- 2,8 miliardi €
136
Riassunto
Costi finanziari di costruzione
Costi economici di costruzione
Costi di esercizio linea
Costi di esercizio treno x km
Km di linea
Passeggeri /anno
Passeggeri medi per treno
Treni al giorno
Risparmio di tempo
Valore del tempo
Valore residuo
Vita tecnica
Saggio di sconto
VANE
5,651MD
4,000MD
40Mn
10€
200
8.100.000
500
44
40 minuti
20€(ora
50%
30 anni
5%
€ - 2,8MD
- Valutazione contingente applicata ad un progetto riguardante il recupero
di una discarica da destinare ad area verde con attrezzature ricreative e
sportive. I cittadini interessati sono circa 1500. Vengono realizzati 200
questionari. La domanda posta riguarda la somma che sarebbero disposti
a pagare per contribuire alla realizzazione del parco.
Risultati del campionamento
€
n. persone
50
55
100
50
150
45
200
20
250
20
300
8
350
5
400
3
450
2
500
2
Totale
200
137
Curva compensata (con excel)
Tramite la formula dei trapezi è possibile calcolare l’integrale.
€
50
100
150
200
250
300
350
400
450
500
n. persone
55
50
45
20
20
8
5
3
2
2
valore
2,625
2,375
1,625
750
450
325
200
125
100
138
Totale
200
8,575
Occorre riportare il campionamento all’universo:
Numero questionari:
200
Numero utenti interessati :
1500
Coefficiente riporto all’universo
1500/200 = 7,5
Valore totale progetto: DAP = 8700 x 7,5 = 65.250
- Calcolare il valore d’uso sociale delle mura di Montagnana utilizzando
il metodo della valutazione contingente.
Descrizione delle mura - Fra le città murate Montagnana è quella che
meglio ha saputo conservare la sua cinta medioevale. La cinta muraria è
lunga 1950 m. è sta edificata tra il XIII e il XIV. Altezza delle mura 6,30 8m. cui va aggiunto 1,20 m di parapetto e 1,80 m di merlatura. Le
fondamenta si spingono sotto il suolo per un paio di metri. I merli spessi 42
cm, larghi 130-140 cm e alti 180 cm sono di tipo guelfo, vale a dire che il
bordo superiore non presenta il caratteristico incavo a coda di rondine dei
merli ghibellini.
Individuazione del bacino d’utenza - Vengono considerati i seguenti
comuni: Montagnana, Bevilacqua, Pressana, Ospedaletto Euganeo, Saletto,
Urbana, Merlara, Casale di Scodosia, Megliadino San Fidenzio, Megliadino
San Vitale, Catelbaldo, Masi.
Occorre effettuare un censimento della popolazione dei Comuni elencati.
Dalla ricerca risulta che gli abitanti dei dodici paesi sono 38.700 di cui 9.351
della stessa Montagnana e 29.349 dei restanti comuni limitrofi.
Formazione del campione – Il campione sarà costituito da 1000 persone di
cui 500 di Montagnana e 500 degli altri comuni
Formulazione questionario – l’obiettivo è stimare la DAP
1) E’ mai stato a Montagnana; 1.1) se sì quante volte lo scorso anno; 1.2)
se no prevede che lei o qualcuno della sua famiglia possa in futuro recarvisi.
2) acquista riviste di ecologia (regolarmente, saltuariamente, mai)
3) segue alla radio o in televisione programmi che dei problemi
dell’ambiente?
4) fa parte di associazioni o organizzazioni di protezione della natura?
5) ritiene che si debbano impegnare più energie e risorse finanziarie per la
conservazione della natura?
6) E’ a conoscenza dei progetti di tutela delle mura di Montagnana?
139
7) Immaginiamo che l’unico modo possibile per conservare le mura di
Montagnana consista nell’acquisizione di tale bene da parte di una fondazione
non avente scopo di lucro, la quale promuoverebbe il restauro. Questo
obiettivo verrebbe raggiunto se un numero sufficiente di persone sarebbe
disposto a finanziare la fondazione donando annualmente una certa somma di
denaro.
9) A suo giudizio quale dovrebbe essere la somma massima di denaro che
bisognerebbe donare annualmente alla fondazione per garantire la
conservazione delle mura.
Nulla 5-12€ - 12-25€; 25-45€; 45-50€; oltre
10) Quali delle seguenti motivazioni hanno indotto la sua scelta? Proteggere
le mura è compito delle istituzioni; le tasse che pago servono già per questo
scopo; vorrei contribuire ma non ho le capacità economiche; vorrei più
informazioni
Elaborazione statistica del campione
5€
90 persone
15
110
25
400
40
280
50
120
Media ponderata = [(190 x 5) + (110 x 15) + (400 x 25) + (280 x 40) +
(120 x 50)] / 1000 = 29,30
Moltiplicando la disponibilità a pagare individuale per il numero degli
abitanti del comprensorio (38.700) si ottiene un valore che rappresenta la
DAP annua per la conservazione del bene : 1.133.910
Valore del bene - Abbiamo ora tutti i dati per poter determinare, mediante
capitalizzazione illimitata, il valore delle mura. Il saggio di capitalizzazione
(o attualizzazione) che viene suggerito varia tra il 2 e il 5% a seconda dei
benefici sociali che il bene è in grado di fornire. Trattandosi di un bene a
grandi benefici sociali è stato utilizzato il 2%
Valore delle mura 1.133.910 / 0,02 = 56.695.500. Sulla base di questo
valore sociale si è in grado ora di progettare e valutare gli eventuali
interventi di recupero.
- Realizzazione di un parco cittadino. Al fine di analizzare le
caratteristiche della domanda e di quantificare i benefici collettivi si fa
ricorso ad una valutazione contingente. Il parco copre un’area di 6,5
ettari. Al suo interno sono presenti prati calpestabili, aree di sosta e per il
gioco di bambini nonché per il gioco del calcio.
140
Costo complessivo 2.014 milioni
La gestione viene affidata ad una cooperativa ad un costo annuo 150.846
Benefici ricreativi: valutazione contingente formulata come di seguito:
- L’apertura del parco comporta costi gestionali a carico del Comune.
Supponga in via ipotetica che il Comune sia costretto a imporre un biglietto
d’ingresso, sarebbe disposto a pagare il prezzo di … senza ridurre il numero
di visite? Si No
- Potrebbe indicare l’importo massimo del biglietto d’ingresso che sarebbe
disposto a pagare senza ridurre il numero di visite effettuate ogni anno? ….
- Per quale valore del biglietto non effettuerebbe nessuna visita ….
141
142
CAP. 6 - ANALISI COSTO EFFICACIA (CEA) (Cost-effectiveness)
1. Aspetti generali.
E’ una procedura di valutazione che permette di confrontare programmi
alternativi e che si distingue dall’analisi costi-benefici in quanto la
valutazione riguarda solo un lato della medaglia: i costi. Viene infatti
preferita all’analisi costi-benefici dagli analisti di formazione non
economica, meno inclini ad accettare la valutazione dei beni intangibili
(tempo, salute, ambiente, ecc.).
Viene di solito utilizzata nel settore sanitario in quanto prende in
considerazione costi e conseguenze dirette, che sono in genere quelli di più
facile rilevazione nel contesto operativo delle attività sanitarie primarie.
Viene anche utilizzata nel settore della sicurezza stradale e della difesa
nazionale.
La scelta della CEA richiede che di ogni alternativa sia possibile valutare il
costo per unità di efficacia: verrà preferita a parità di efficacia l’alternativa
con costo unitario minore (minimizzazione costi) o, a parità di costo,
l’alternativa con il flusso massimo di efficacia.
Si ricorda che i parametri che vengono utilizzati per valutare un
programma sono di solito due:
- l’efficienza che misura l’impiego delle risorse nell’ambito del processo
produttivo. Essa è data dal rapporto Output/input. Nel settore sanitario:
prestazioni/risorse;
- l’efficacia che misura invece il contributo dei programmi al benessere della
società. Nel campo sanitario il contributo dei servizi sanitari al
miglioramento dello stato di salute. Efficacia = outcome/output. Nel settore
sanitario: prestazioni/salute.
In sanità oltre all’efficienza ed all’efficacia va valutato anche il
rendimento:
L’efficienza è misurata dal numero di prestazioni realizzate da un’unità di
fattore produttivo impiegato – es: il numero di visite per ora di lavoro
medico oppure il numero di ricoveri annuali per posti letto.
L’efficacia è misurata attraverso il miglioramento dello stato di salute in
seguito al consumo di una prestazione sanitaria – Es il progresso dal coma
alla piena coscienza dopo un intervento chirurgico oppure la riduzione del
tasso di infezione per un trattamento antibiotico.
Una misura sintetica è data dal rendimento definito come il rapporto tra
salute e risorse (calcolato dalla moltiplicazione tra efficienza e efficacia):
Rendimento = (output/input) x (outcome/output) = out come/input.
143
Il concetto di rendimento è molto importante per la valutazione delle
prestazioni sanitarie poiché un sistema sanitario ideale non deve essere né
solo efficiente, né solo efficace, ma offrire una giusta combinazione tra
efficienza ed efficacia.
Se l’intervento in sala operatoria è stato rapido, ma il paziente è peggiorato,
probabilmente esistono problemi di inefficacia.
Se l’impianto di un pace-maker ha richiesto una settimana di ricovero,
probabilmente esistono problemi di inefficienza.
2. Obiettivi della CEA.
L’analisi costo efficacia trova applicazione per risolvere problemi di
ottimizzazione con riferimento a due situazioni molto frequenti, soprattutto
nel campo sanitario:
- procedere all’allocazione di un budget (vincolo di bilancio) scegliendo
fra un certo numero di programmi alternativi, avendo come obiettivo quello
di massimizzare i benefici ottenibili espressi in unità di efficacia (E);
- raggiungere un livello di efficacia, sostenendo il minor costo ( C).
Queste due situazioni non richiedono particolari analisi salvo il confronto
tra i valori di E nel primo caso e di C nel secondo, ove però siano rispettate
le seguenti condizioni:
- ciascuno degli N programmi assorbe una parte Ci dell’intero costo
sostenibile C;
- ciascuno degli N programmi contribuisce con Ei all’efficacia totale E (i
programmi valutati devono essere comparabili con le medesime unità di
efficacia, cioè tutti i programmi devono produrre vite salvate, o anni di vita
salvati, o infezioni risolte, ecc.);
- ogni combinazione di programmi è possibile sino al raggiungimento
dell’obiettivo (E) o alla soddisfazione del vincolo ( C);
- il costo Ci e l’efficacia Ei di ogni programma tra gli N sono indipendenti,
cioè utilizzare una parte del bilancio C per un programma e una parte per
l’altro non ha alcuna controindicazione; e lo stesso vale per i risultati di
efficacia;
- tutti i programmi sono divisibili con ritorni di scala costanti: il programma
2, ad esempio, può essere applicato a 10 come a 100 pazienti (è dunque
divisibile) e il costo per paziente e per unità di efficacia non muta al variare
della dimensione del programma (ritorni di scala costanti).
La CEA ha quindi come obiettivo di valutare l’opportunità di un costo per
unità di efficacia, compatibilmente con un vincolo di bilancio o di risultato
144
di efficacia da raggiungere. Per confrontare programmi tra loro è pertanto
necessario che il risultato in termini di efficacia sia univoco o, se più di uno,
che siano conseguiti da tutti i programmi considerati (anche con diversa
intensità).
3. Concetti di costo efficacia
Si hanno due possibili definizioni di efficacia: l’efficacia teorica
(efficiency), cioè quella ottenuta in una condizione controllata; l’efficacia
reale (effectiveness), cioè quella riscontrabile attraverso situazioni diffuse sul
territorio, e quindi rappresentative della realtà.
La valutazione economica è interessata alla seconda efficacia, in quanto
deve servire ad allocare risorse reali in condizioni prossime alla realtà, reali.
Tuttavia, solo in particolare situazioni è possibile disporre di studi di
efficacia reale, mentre la maggior parte degli studi si può basare su studi di
efficacia teorica.
Esistono due possibili indici costo-efficacia:
- Confronto tra E: il costo per unità di risultato, dato dal rapporto tra costi
ed effetti dell’intervento. Si confrontano trattamenti che producono benefici
identici (parità di efficacia). La scelta viene effettuata solo sulla base del
confronto dei costi: è preferita la soluzione meno costosa, si parla infatti di
minimizzazione dei costi. A priori difficilmente si può affermare la parità di
efficacia di trattamenti diversi.
- Confronto tra C: il risultato per unità di costo, dato dal rapporto tra effetti
e costo dell’intervento. Vengono confrontate alternative che producono
risultati simili (ad esempio con diversi tempi di guarigione o con diverse %
di casi trattati con successo) Il confronto valuta i costi e i benefici. I benefici
sono misurati in unità fisiche: casi risolti, anni di vita guadagnati, infezioni
prevenute). Il criterio di decisione implica il calcolo del costo per unità di
risultato (es. costo per caso risolto).
Ad esempio, se si tratta di valutare interventi pubblici non mutualmente
esclusivi per la salvaguardia di determinate specie di animali in via di
estinzione, verranno stimati, per ciascun intervento, i costi monetari e gli
effetti in termini di esemplari salvati; tutti i progetti saranno ordinati in
ordine decrescente sulla base delle stime di esemplari salvati per euro speso;
seguendo tale ordinamento verranno attuati quei progetti finanziabili
compatibilmente con il rispetto del budget di spesa precedentemente stabilito
per l’intervento.
Le fasi della CEA sono le seguenti:
145
- identificazione dei programmi. Occorre individuare ambiti misurabili con
la stessa unità di misura fisica; ad esempio interventi di prevenzione degli
infortuni sul lavoro e un intervento di educazione stradale possono essere
misurati in termini di efficacia con il numero di vite risparmiate. Le
alternative rilevate dall’ACE possono essere rappresentate da un albero
decisionale che descrive le varie scelte e nel quale sono espressi sia i costi
che gli effetti di ciascuna alternativa
- individuare gli effetti consideranti rilevanti per la valutazione
- calcolare l’ammontare in termini fisici di tali effetti ricollegabili a
ciascuna alternativa
- misurare, per ciascun intervento, i relativi costi espressi in termini
monetari. Generalmente si identificano tre categorie di costo:
• i costi delle risorse legati all’organizzazione ed implementazione del
programma (costi fissi, costi variabili e costi generali). Per la valutazione dei
costi si utilizzano i prezzi di mercato. Es. i costi sanitari;
• i costi privati sostenuti per partecipare al programma (tempo di lavoro
perso, costi di trasporto, ecc.). Es. i costi legati al paziente e ai familiari;
• i costi delle risorse di latri settori, legati al programma in esame.
- calcolare gli indici costo-efficacia
- ordinare i progetti sulla base di tali indici
Schema logico di un’analisi costo efficacia in sanità
COSTI
EFFICACIA
Servizi sanitari
Risorse
Malato e familiari
Consumate
Altri settori
Cambiamento stato
di salute
Programma
sanitario
Altro valore creato
(riduz stato d’ansia)
Risorse risparmiate
(riduz. costi futuri
trattamento chirurgico)
L’analisi deve essere condotta anche in prospettiva di cambiamento di
determinate variabili; occorre pertanto effettuare un’analisi di sensibilità,
che si compone essenzialmente di tre fasi:
- identificazione delle variabili da sottoporre all’analisi;
- la specificazione di un intervallo di valori plausibili per le variabili per le
quali si intende effettuare l’analisi;
- il calcolo del rapporto costo-efficacia con i valori delle suddette variabili.
146
CAP. 7 – L’ANALISI MULTICRITERI (AMC)
1. Aspetti generali.
L’analisi multi-criteri è un metodo di valutazione non monetaria; essa
formula giudizi di convenienza in funzione di più criteri di riferimento. A
seconda della tipologia del progetto, i criteri sono in genere di convenienza
e possono essere: quello del minor costo; quello del maggior incremento di
valore; quello della qualità del progetto, ecc. Si può applicare in alternativa
all’analisi costi-benefici che, come si è visto, è una tecnica di valutazione
monocriteriale, che esprime il giudizio di convenienza in funzione di un
solo criterio: differenza tra il complesso dei vantaggi e il complesso degli
svantaggi. Nel caso dell’AMC il decisore pubblico valuta la convenienza
economico-sociale degli interventi da realizzare in funzione di più
obiettivi, ai quali spesso non attribuisce la stessa importanza. Nell’AMC il
benessere sociale non dipende perciò da un’unica variabile (il reddito
nell’ACB) ma da diversi fattori (es. qualità dell’ambiente, equità
distributiva, prosperità economica, ecc.).
L’elemento innovativo introdotto dall’ACM consiste nell’abbandono del
paradigma dell’ottimalità a favore della ricerca multi criteri del
compromesso ottimale in cui non si ricerca un risultato unico, ma sono
individuati quegli elementi che servono a chiarire la priorità su cui basare
le scelte. La nozione di scelta ottimale non ha molto senso poiché i criteri
di valutazione sono diversi. Non è l’alternativa “migliore” che deve essere
raggiunta, ma devono essere invece identificate le alternative che
“soddisfano” un certo numero di standard esplicitamente definiti.
I problemi per i quali è consigliabile l’utilizzo di un approccio
multicriteriale sono i seguenti:
- problemi di localizzazione di una data opera di urbanizzazione, a fronte di
più possibili alternative; localizzazione di infrastrutture;
- problemi di destinazione d’uso di un’area;
- problemi di riuso relativi al restauro di un edificio;
- problemi di riqualificazione.
Esempio: scelta da parte di un proprietario di un’azienda agricola che
vuole massimizzare il profitto subordinatamente all’estensione della terra
che può coltivare, alla quantità di acqua per irrigazione di cui può disporre,
alla sua possibilità di accesso al credito, ecc. L’imprenditore può desiderare
anche di aumentare il suo tempo libero o ridurre il rischio di perdite nei
raccolti o migliorare il paesaggio.
147
L’introduzione di nuovi obiettivi pone problemi di valutazione, dato che
ogni obiettivo deve essere misurato nel modo più appropriato, ad esempio:
in tempo libero in termini di ore; il paesaggio in termini di estensione delle
aree alberate, dei filari di arbusti, delle aiuole fiorite, ecc. In altri termini
ogni obiettivo deve essere valutato mediante i criteri più appropriati,
misurati con unità diverse. Pertanto occorre confrontare criteri misurati con
unità diverse; decidere l’importanza relativa (priorità) dei diversi obiettivi;
calcolare la soluzione ottima una volta che i diversi criteri sono stati
definiti e valutati.
La procedura consiste nella realizzazione delle seguenti fasi
- definizione degli obiettivi e individuazione insieme di progetti e
alternative;
- individuazione di un insieme di criteri di valutazione atti a misurare le
alternative. Il termine criterio è una parola generica che include sia il
concetto di obiettivo sia di attributo. Un obiettivo è reso operazionale
assegnandogli uno o più attributi che rendono il criterio misurabile
quantitativamente e qualitativamente.
- definizione di matrici di valutazione.
- normalizzazione dei dati
- assegnazione dei pesi
- calcolo degli ordinamenti Un insieme di punteggi che esprimono il valore
dell’alternativa i-esima rispetto all’attributo j-esimo e che costituiscono gli
elementi di una matrice di valutazione.
- analisi di sensitività
Alternative - La valutazione non viene mai svolta su una sola ipotesi
progettuale, bensì prende sempre in considerazione e confronta molteplici
alternative. Nel caso ci si trovi a valutare una sola ipotesi progettuale,
occorre costituire almeno un’altra alternativa con cui porla a confronto.
Questa alternativa è costituita dall’ipotesi del non intervento e prende il
nome di ipotersi nulla o ipotesi zero.
Criteri di valutazione - Occorre identificare i criteri di valutazione. Essi
sono finalizzati a quantificare le conseguenze delle diverse alternative. I
criteri possono assumere forma qualitativa o quantitativa. Costituiscono la
traduzione operativa degli obiettivi, ovvero una maniera per esprimere gli
obiettivi in modo tale da poter essere misurati al fine di confrontare tra loro
le alternative.
Matrice - Matrice bidimensionale che incrocia gli n obiettivi (o i criteri)
con le m opzioni di scelta. In essa vengono registrati nm indicatori con
diverse unità di misura (quantitative, qualitative o miste).
148
Normalizzazione - Serve a rendere omogenei i dati della matrice. La
normalizzazione può avvenire in modo lineare con semplici funzioni
matematiche che operano sui valori contenuti in ogni singola riga della
matrice. Oppure mediante funzioni valore: assegnano ad ogni valore
dell’indicatore un corrispondente punteggio di merito/preferenza
adimensionale. Tra 0 e 1.
Certe funzioni valore sono ricavate in modo oggettivo da test di laboratorio,
altre sono necessariamente soggettive (il valore estetico, la tollerabilità
sociale, ecc.)
Assegnazione dei pesi – Sono valori numerici adimensionali. Misurano le
priorità dei vari aspetti del problema (i criteri). Tre principali tecniche di
assegnazione dei pesi:
- la somma pesata (ogni indicatore è moltiplicato per il rispettivo peso e
sommato con quelli della stessa riga di appartenenza. È il metodo più
semplice. I pesi vengono assegnati direttamente sulla base di una scala di
punteggio prestabilita (da 1 a 100, a 1000, ecc.) o ridistribuendo tra tutti i
criteri questo punteggio (somma uguale a 100, 1000 ecc.);
- l’analisi gerarchica. Si tratta di una metodologia che consente di trattare
problemi con dati qualitativi e si basa sul metodo dei confronti a coppie. Il
metodo si articola in tre fasi: a) scomposizione gerarchica del problema
decisionale complesso in sottoproblemi; b) confronti a coppie, per ogni
livello della gerarchia, tra tutti gli elementi che appartengono ad uno stesso
livello. I criteri vengono confrontati a due a due e viene assegnato un
punteggio relativo. Si costruisce così una matrice dei confronti a coppie; c)
ricomposizione del problema decisionale e determinazione degli
ordinamento delle alternative.
- metodi basati solo su un ordine (anche incompleto). Meno comuni e molto
complessi.
Calcolo degli ordinamenti delle alternative- Il meccanismo base consiste nel
combinare pesi ed indicatori normalizzati ad ogni alternativa. Si confrontano
le alternative in base ai valori ottenuti.
2. L’AMC e l’ordinamento giuridico italiano: l’aggiudicazione degli
appalti di fornitura e servizi.
In tempi recenti il procedimento del confronto a coppie è stato riconosciuto
nell’ordinamento giuridico italiano. In particolare il Dpr 554/1999,
regolamento generale di attuazione della L. 109/1994 e ss. mm. e i. (Legge
quadro sui lavori pubblici, meglio nota come Legge Merloni), disciplina
149
l’utilizzo del confronto a coppie nell’ambito di procedure multi criteri
nell’ambito dell’aggiudicazione di lavori pubblici secondo il criterio
dell’offerta economicamente più vantaggiosa (art. 91 e allegati A,B e C).
Gli artt. 81-83 del D.Lvo 163/2006 (Codice degli appalti) disciplinano quindi
i criteri di aggiudicazione degli appalti pubblici: nell’art.81 si enuncia il
principio che nei contratti pubblici la migliore offerta è selezionata con il
criterio del prezzo più basso o con il criterio dell’offerta economicamente più
vantaggiosa.
Il prezzo più basso deve essere inferiore a quello posto a base di gara
(art..82). Per l’applicazione di questo criterio non è necessario costituire una
vera e propria commissione di gara essendo sufficiente la presenza di un
presidente e di due testi. Diversa è la situazione qualora si opti per il criterio
dell’offerta economicamente più vantaggiosa (art. 83). I criteri di valutazione
dell’offerta possono essere molteplici:
- il prezzo;
- la qualità;
- il pregio tecnico;
- le caratteristiche estetiche e funzionali;
- le caratteristiche ambientali;
- il costo di utilizzazione e di manutenzione;
- la redditività;
- il servizio successivo alla vendita;
- l’assistenza tecnica;
- la data di consegna ovvero il termine di consegna o di esecuzione;
- l’impegno in materia di pezzi di ricambio;
- la sicurezza di approvvigionamento;
- in caso di concessioni, altresì la durata del contratto, le modalità di gestione,
il livello e i criteri di aggiornamento delle tariffe da praticare agli utenti.
Il bando di gara deve elencare i criteri di valutazione e precisare la
ponderazione relativa attribuita a ciascuno di essi. Per attuare la ponderazione o
comunque attribuire il punteggio a ciascun elemento dell’offerta, si devono
utilizzare metodologie tali da consentire di individuare con un unico parametro
numerico finale l’offerta più vantaggiosa.
In calcolo dell’offerta economicamente più vantaggiosa può essere effettuato
con vari metodi:. In base all’art. 86 del D.Lgs 163/2006 (Codice degli appalti)
la valutazione dell’offerta più vantaggiosa viene effettuata in base al metodo
del confronto a coppie.
LINEE GUIDA PER L’APPLICAZIONE DEL METODO DEL CONFRONTO A COPPIE
La determinazione dei coefficienti per la valutazione di ogni elemento qualitativo delle varie
offerte è effettuata mediante impiego della tabella triangolare (vedi ultra), ove con le lettere A,
B, C, D, E, F, ….N sono rappresentate le offerte, elemento per elemento, di ogni concorrente.
150
La tabella contiene tante caselle quante sono le possibili combinazioni tra tutte le offerte prese a
due a due.
Ogni commissario valuta quale dei due elementi che formano ciascuna coppia sia da preferire.
Inoltre, tenendo conto che la preferenza tra un elemento e l’altro può essere più o meno forte,
attribuisce un punteggio che varia da 1 (parità), a 2 (preferenza minima), a 3 (preferenza
piccola), a 4 (preferenza media), a 5 (preferenza grande), a 6 (preferenza massima). In caso di
incertezza di valutazione sono attribuiti punteggi intermedi.
In ciascuna casella viene collocata la lettera corrispondente all’elemento che è stato preferito con
il relativo grado di preferenza ed in caso di parità, vengono collocate nella casella le lettere dei
due elementi in confronto, assegnando un punto ad entrambe.
Una volta terminato il confronto delle coppie, si sommano i punti attribuiti ad ogni offerta da
parte di tutti i commissari. Tali somme provvisorie vengono trasformate in coefficienti definitivi,
riportando ad uno la somma più alta e proporzionando a tale somma massima le somme
provvisorie prima calcolate.
Esempio: acquisto di impianti di condizionamento
Offerta tecnica : punti totali 60
- qualità tecnico-costruttive dei materiali punti max
- affidabilità , semplicità
“
“
- estetica delle unità interne
“
“
30
20
10
Offerta prezzo: punti totali 40
La valutazione dei contenuti qualitativi deve avvenire in sedute riservate e, solo
successivamente, in seduta pubblica, si procede a dar lettura delle valutazioni
151
effettuate e, quindi, ad aprire le buste contenenti le offerte prezzo per
determinare la graduatoria finale.
Le ditte ammesse sono le seguenti:
1G
2N
3V
4R
5B
Per ogni elemento di qualità da valutare (qualità tecnico-costruttive dei
materiali, affidabilità, semplicità, estetica) ogni commissario esamina una delle
offerte presentate confrontandola con le restanti: effettua così un confronto tra
tutte le coppie di offerte possibili.
La tabella contiene tante caselle quante sono le possibili combinazioni tra
tutte le singole offerte prese a due a due, pari a n* (n-1)/2 dove n è il numero
delle offerte in esame: 5*(5-1)/2 = 10 caselle.
In ogni casella sarà riportata l’offerta preferita dal singolo commissario e il
retivo grado di preferenza:
massima = 6
grande = 5
media = 4
piccola = 3
minima = 2
parità
=1
152
153
154
Nelle tabelle triangolari sono state registrate le preferenze date dai singoli
commissari per ogni singolo elemento sottoposto a valutazione e per ogni
offerta dei concorrenti. Occorre ora ricavare i voti cumulativi della
Commissione:
155
156
Si procede all’apertura delle buste con l’offerta economica. Al prezzo più basso
viene attribuito il massimo dei punti disponibili: 40. Alle altre offerte verranno
attribuiti punteggi linearmente proporzionali al prezzo offerto.
157
Determinazione dell’offerta più economicamente vantaggiosa: offerta tecnica
+ offerta prezzo.
L’offerta della ditta Rossi, seconda classificata per gli aspetti qualitativi e
seconda classificata per la convenienza del prezzo, risulta comunque vincitrice.
Essa risulta avere il miglior rapporto tra qualità e prezzo
Rossi = 54,26 (offerta tecnica) + 35,96 offerta economica) = 90,22
158
CAP. 8 - IL BUSINESS PLAN (PIANO FINANZIARIO)
1. Aspetti generali.
Il piano finanziario (PF) è un documento volto a rappresentare in ottica
prospettica il progetto di sviluppo imprenditoriale con l’intento di valutarne
la fattibilità. È un riassunto di come un imprenditore o un manager intende
organizzare un’attività imprenditoriale e implementare attività necessarie
alla sua buona riuscita.
In particolare ha tre funzioni:
- determinare e analizzare i progetti futuri (strumento di Pianificazione e
sviluppo)
- verificare in che misura permettono di raggiungere gli obiettivi
(strumento di verifica)
- reperire finanziamenti (strumento finanziario).
Per raggiungere le finalità che si propone deve contenere tutte le
informazioni necessarie a:
- conoscere le caratteristiche dell’azienda di riferimento;
- illustrare i contenuti del progetto che si intende realizzare;
- dimostrane la fattibilità e cioè il perseguimento degli obiettivi stabiliti;
- analizzare tutte le sue possibili ricadute sull’azienda.
Pur essendo orientato al futuro, il business plan non può prescindere dal
presente e dal passato dell’impresa, ragione per cui deve essere
accompagnato dall’analisi dei bilanci e delle strategie aziendali degli ultimi
anni, necessari a comprendere anche la compatibilità dei nuovi progetti con
la situazione corrente.
La redazione del PF è utile in primo luogo all’imprenditore nel fare
chiarezza sui contenuti del progetto e sulla sua fattibilità interna. Il dover
riportare in un documento scritto i contenuti del progetto obbliga infatti a
chiedersi se quel progetto sia effettivamente realizzabile, con quali mezzi,
tempi e costi, trasformando così un’idea, magari solo abbozzata. Il PF
svolge anche una funziona esterna se usato come mezzo di comunicazione
nei confronti di investitori interessati a finanziare il progetto.
2. L’articolazione del business plan.
Il PF può sinteticamente essere suddiviso in tre parti:
- la parte introduttiva dove si presenta l’idea imprenditoriale.
159
- quella tecnica-operativa (fornice un quadro di cosa si vuole fare, come e
dove).
- l’analisi economico-finanziaria del progetto.
Precisamente il Il PF contiene:
- la descrizione del progetto d’investimento e illustra il tipo di impresa
che si intende creare;
- le caratteristiche dell’imprenditore e del management;
- le informazioni sulla struttura del mercato, sulle caratteristiche della
concorrenza e sui fattori critici; sugli obiettivi di vendita e
sull’organizzazione commerciale;
- la fattibilità tecnica del progetto d’investimento relativamente al
processo produttivo e alla necessità di investimento in impianti; la
disponibilità di manodopera, telecomunicazioni, ecc;
- il piano di fattibilità economico-finanziaria con indicazione del
fabbisogno finanziario;
- la redditività attesa dell’investimento e i fattori di rischio;
- gli investitori coinvolti;
- la valutazione dell’impatto ambientale del progetto;
- il piano temporale di sviluppo delle attività.
3. Piano di marketing.
Costituisce una delle sezioni più importanti del BP, perché illustra in
modo specifico la natura della futura impresa e le sue strategie mercato, Lo
scopo della sezione è spiegare come la futura impresa intenda sfruttare le
condizioni del mercato e promuovere le vendite. I principali argomenti
contenuti nel piano di marketing sono:
- Definizione del mercato e opportunità d’inserimento;
- Concorrenza e altri fattori eterni;
- Strategia di marketing;
- Ricerca di mercato;
- Previsioni di vendita;
- Materiale di supporto.
4. Piano operativo
Contiene le modalità con cui l’impresa intende realizzare i propri prodotti o
fornire i propri servizi.
Attraverso il PO si dovrebbe essere in grado di poter rispondere alle
seguenti domande:
160
- qual è l’organizzazione generale della produzione; quali sono le fonti di
approvvigionamento delle materie prime;
- quali tecniche di produzione verranno utilizzate; che tipo di manodopera
è necessaria;
- quale strategia si intende adottare con fornitori e venditori.
L’importanza del PO dipende dalla natura del’impresa. Il BP di
un’impresa industriale dedicherà molto spazio agli aspetti operativi;
viceversa, le aziende di commercializzazione al dettaglio e le società di
servizi presenteranno un piano molto meno complesso.
Gli argomenti che di solito vengono trattai nel PO sono i seguenti:
- Sviluppo del prodotto;
- Produzione;
- Assistenza tecnica;
- Fattori esterni di influenza;
5. Piano finanziario dell’impresa “GPL”
I seguenti prospetti contengono le proiezioni finanziarie fino al quinto
anno di attività della “GPL”. Le proiezioni rappresentano le migliori
previsioni del management relativamente ai risultati finanziari futuri.
In sintesi:
- la GPL prevede un flusso di cassa positivo entro il primo trimestre del
quarto anno
- profitti nel corso del quarto anno
- entro la fine del quinto anno la società prevede di operare con un
margine di utile lordo del 50% e un utile al netto delle imposte del 12%.
Alleghiamo i seguenti documenti
a) note e presupposti delle proiezioni finanziarie;
b) prospetto dei risultati gestionali previsti (conto economico);
c) sintesi dei dati storici;
d) stato patrimoniale all’inizio dell’attività;
e) prospetto del flusso di cassa;
f) stato patrimoniale previsionale;
g) indici e dati finanziari selezionati.
a) note e presupposti delle proiezioni finanziarie - I presupposti indicati
si devono riferire alle proiezioni finanziarie. Anche i dati che sembrano
avere per l’imprenditore un significato ovvio nel BP richiedono ulteriori
precisazioni. E’ spesso sufficiente indicare solo determinati criteri base.
161
La voce più importante è costituita dalle previsioni sul volume delle
vendite. Il resto del BP discende per la maggior parte da questo primo
elemento.
Un secondo presupposto importante riguarda il costo del venduto e il
margine lordo, entrambi collegati ai costi di produzione o alle politiche di
acquisto e di determinazione dei prezzi di vendita.
E’ consigliabile presentare varie proiezioni, basate su presupposti diversi.
Si dovrebbero effettuare varie simulazioni per individuare il grado di
reattività dell’impresa rispetto a determinati fattori critici. Esempio: cosa
succede al flusso di cassa se il fornitore pretendi che i pagamenti vengano
effettuati alla consegna e non a 30 giorni?
Prospetto 1- Reddito annuo previsto.
Fatturato netto
Ai fini della pianificazione la GLP ha suddiviso il mercato nazionale in 15
mercati regionali. Le proiezioni di vendita per ogni mercato si basano su
assunzioni relative ai punti vendita, al volume medio degli ordini. Secondo
le previsioni la GPL è in grado di coprire almeno il 75% della distribuzione
di una data area di mercato. Per ogni trimestre e per ogni mercato viene
applicata la seguente formula:
Gruppo ordini Dimensione medie Numero medio
Distribuzione vendite Totale
(€)
ordini
negozi
6-12 mesi
x
x
0,75
=
1-3 anni
x
x
0,75
=
N medio
x
x
Fatturato totale del mercato
Si prevede di raggiungere la copertura del 50% della distribuzione. Alla
fine del primo anno la quota prevista sale al 75%. Per ogni mercato si
prevede una crescita annua del 25%
La GLP ha formulato le seguenti proiezioni di fatturato e di incidenza
percentuale di costo del venduto sul fatturato
Fatturato (migliaia di €)
Anno
6-12 mesi
1-3 anni
fatturato totale
162
1
2
3
4
5
Anni
1
2
3
4
5
1.532
1.915
2.872
4.309
6.463
2.115
2.644
3.966
5.948
8.923
Costo del venduto (%)
6-12 mesi
50
50
50
50
50
3.647
4.559
6.838
10.257
15.386
1-3 anni
50
50
50
50
50
Le stime per il primo anno si basano sulle quotazioni dei prezzi di
fabbricazioni che sono state ottenute in via confidenziale da varie aziende
industriali.
Il costo del venduto comprende la retribuzione del personale impiegato
presso lo stabilimento della casa madre.
Costi di esercizio
Nel primo anno la società dovrà sostenere 375.000€ per l’ulteriore
sperimentazione di nuovi prodotti. Si prevede inoltre che le spese per lo
sviluppo e la sperimentazione di nuovi prodotti aumenteranno del 10%
ogni anno. I costi di distribuzione e di marketing (sulla base del piano
delineato nella sezione relativa al marketing) sono i seguenti:
Anno 1
Campagna iniziale di marketing (€)
Prodotti promozionali
400.000
Attività nel mercato di prova
45.000
Ideazione delle confezioni
120.000
Pianificazione di mercato
75.000
Ricerche di mercato, pubblicità
175.000
Direttore commerciale
120.000
Varie
65.000
Totale
1.000.000
Anno 2
163
I costi di distribuzione e di marketing sono pari al 20% del fatturato, più i
costi aggiuntivi per la prosecuzione del piano di marketing iniziale.
Anni 3-5
I costi di distribuzione e di marketing previsti sono pari al 15% del
fatturato, maggiorati di 75.000€ per spese e materiali promozionali nel
quarto trimestre di ogni anno, in vista dell’introduzione in nuovi mercati.
Le spese generali e amministrative sono indicate in dettaglio nella tabella
che segue.
Le spese di affitto si riferiscono alla sede che sarà destinata alle attività di
ricerca, marketing e vendita.
Spese generali e amministrative (migliaia €)
Anno 1
4
anno 2
anno 3
anno
anno 5
Stipendi
Indennità
Spese di viaggio
Telefonia
Servizi
Spese contabili e legali
Affitto sede
Varie
Totale
Interessi passivi - Sono gli interessi sui prestiti calcolati in base alle
condizioni di mercato (Nell’esempio 8,5%)
Imposte sul reddito - Le imposte sul reddito vengono calcolate al 50% del
reddito netto al lordo delle imposte, meno eventuali perdite di gestione di
esercizi precedenti riportare a novo.
Prospetto 4: Previsione del flusso di cassa annuo
Si presuppone un saldo di cassa minimo di 5.000€ l’anno
Entrate di cassa
Uscite di cassa
Prestiti a breve termine e relativo rimborso
Prospetto 5: Stato patrimoniale previsionale
Attività
Passività
164
Patrimonio netto
b) Conto Economico
È l’indicatore più comune della performance economico-finanziaria sia per
le nuove imprese sia per quelle esistenti. Il conto economico ha lo scopo di
presentare in forma sintetica i risultati economici di una potenziale
impresa. Il prospetto indica ricavi, costo del venduto, altre spese e utili o
perdite d’esercizio, al loro delle imposte. È opportuno indicare anche gli
importi al netto delle imposte.
Prospetto 1: Conto economico previsionale (migliaia €)
Anno 1 anno2
anno3
€
%
€
% € %
Fatturato netto 1.915 42 2.873 42 4.309 42
1-3 anni
2.115 58 2.644 58 3.966 58
Totale fatturato
3.647 100 4.559 100
Costo del venduto
6-12 mesi
766 50
1-3 anni
1.058 50
Totale costo del venduto
1.824 50
Margine lordo
1.824 50
Spese operative
Ricerca e sviluppo
584 16
Vendite e marketing
1.240 34
Generali e amministrative
1.058 29
Reddito (perdita) operativo (1.058) -29
Interessi passivi
30
Reddito al lordo delle imposte (1.088)
Imposte
Reddito (perdita) netto
(1.088)
anno 4
anno 5
€
% €
%
6.463 42
5.948 58 8.923 58
c-d) Sintesi dei dati storici e Stato patrimoniale proforma
È utile potere esaminare i precedenti dell’impresa dal punto di vista
finanziario. Nel BP si può inserire una breve panoramica delle fonti e degli
impieghi di capitali che illustri tutte le entrate e le uscite dell’impresa, dalla
sua costituzione ad oggi, in modo da poter valutare rapidamente i
precedenti finanziari dell’impresa.
165
Analogamente, lo Stato patrimoniale consente di farsi un’idea della
situazione delle attività, delle passività e del patrimonio netto al’epoca
della preparazione del BP
I prospetti 2 e 3 presentano la sintesi dell’ultimo rendiconto storico e lo
stato patrimoniale proforma.
Prospetto 2: Sintesi dei dati storici (valori in €)
Fonti di finanziamento
Investimenti di capitale di rischio:
George
180.000
Altri investitori
Totale
150.000
330.000
Prestiti
Prestiti erogati
210.000
Totale fonti
540.000
Impieghi
Ricerca e sviluppo
60.000
Marketing e promozione
6.000
Spese di viaggio per ricerche di mercato e sviluppo del prodotto 180.000
Spese per consulenze legali e contabili
21.000
Spese di ufficio
65.000
Altri costi operativi
160.000
Totale impieghi
492.000
Flusso di cassa netto
48.000
Prospetto 3: Stato patrimoniale proforma iniziale (€)
Attività
Cassa
Passività e patrimonio netto
Passività: - Debiti a breve termine
- Debiti a lungo termine
Totale passività
Patrimonio netto - Conferimenti capitale
- Deficit accumulato
Totale patrimonio netto
Passività e patrimonio netto
48.000
21.000
189.000
210.000
330.000
(492.000)
(162.000)
48.000
e ) Prospetto del flusso di cassa
166
La proiezione del flusso di cassa è la più importante di tutto il piano
finanziario. È simile al conto economico ma al posto dei costi e ricavi
indica le entrate e le uscite effettive dell’impresa. Il risultato finale è la
situazione di cassa netta e non l’utile dell’impresa.
La situazione di cassa per una nuova impresa è molto più importante
della redditività, perché è collegata più direttamente alla capacità di
sopravvivenza dell’impresa stessa. Una nuova impresa che ha un notevole
fatturato, ma nessuna entrata di cassa (i pagamenti avvengono oltre 90
giorni), potrebbe presentare una situazione critica nei primi mesi di attività:
le numerose uscite non vengono compensate dalle entrate.
Differenza tra conto economico e flusso di cassa - Il conto economico
può essere trasformato in un prospetto del flusso di cassa:
- In termini di fatturato, mentre il conto economico indica i ricavi, nel
prospetto del flusso di cassa viene registrata l’effettiva entrata di cassa
derivante dalle vendite ( per effettuare questa rettifica occorre conoscere i
termini di pagamento previsti dalle vendite).
- Nel prospetto del flusso di cassa sono indicate le entrate di cassa da tutte
le diversi fonti quali le vendite, l’incasso dei prestiti o di capitale di rischio
e la vendita o la liquidazione di un bene. Non tutte queste voci compaiono
necessariamente nel conto economico.
- Nel Conto economico sono indicate le varie voci di spersa, il prospetto
del flusso di cassa indica l’effettivo pagamento di tali spese. Per alcune
spese il pagamento è immediato, mentre per altre è previsto un termine più
lungo.
- Nel conto economico è indicato l’ammortamento (si tratta di un costo).
Poiché l’ammortamento non costituisce una uscita di cassa non figura nel
prospetto del cash flow.
- Il rimborso delle quote di capitale di un prestito non è considerato un
costo e quindi non compare nel conto economico, ma è indicato nel
prospetto del flusso di cassa, poiché si tratta di un’uscita di cassa.
- Altre uscite di cassa, quali l’acquisto di attrezzature o il pagamento dei
dividendi, non sono considerate costi e quindi incidono sul flusso di cassa,
ma non sul reddito.
Nel presentare un prospetto mensile del flusso di cassa bisogna tener
presente anche i seguenti fattori:
- Le proiezioni finanziarie diventano sempre più incerte man mano che ci
si allontana dal presente. Per i primi 12 o 24 mesi occorre preparare
prospetti del flusso di cassa su base mensile o trimestrale. Nel lungo
termine è sufficiente prepararli su base annua.
- Un metodo utile per valutare la situazione di cassa al termine di un dato
periodo consiste nel tradurre i dati in termini di copertura dei costi di
esercizio. Esempio: se il saldo di cassa si aggira sui 150.000€ e il budget
operativo mensile di spesa è pari a 75.000€, l’impresa ha un’autonomia di
60 giorni in termini di capitale operativo. Il rapporto tra un livello
167
auspicabile di capitale d’esercizio e il budget operativo rappresenta un dato
fondamentale.
- Nel definire il fabbisogno di capitale indispensabile per avviare una
nuova impresa è quasi impossibile stabilire il livello di capitale circolante
necessario senza effettuare proiezioni relative al flusso di cassa su base
mensile: è l’unico metodo utile per prevedere quando si verificheranno
carenze di liquidità e in quale misura.
Prospetto 4: previsione del flusso di cassa annuale (migliaia €)
anno 1 anno 2
saldo di cassa iniziale 48
27
Entrate
Incassi
3.000
Prestiti
0
Fondi di capitale
di rischio
1.400
Totale entrate
4.400
Uscite
Spese di esercizio 2.800
Costo manodopera 200
Materie prime
1.200
Spese generali
100
Spese in c/ capitale 70
Debiti a lungo termine 21
Interessi passivi
0
Imposte sul reddito
0
Totale uscite
4.421
Flusso di cassa netto (21)
Saldo cassa prima
dei prestiti
27
Prestiti a breve
0
Rimborsi a breve
0
Saldo di cassa finale 27
4.500
0
anno 3
11
6.800
0
anno 4
5
anno 5
274
10.000
0
15.300
0
0
10.000
0
15.300
600
5.100
0
6.800
3.100
300
1.700
200
40
21
30
0
5.391
(291)
3.300
350
2.750
300
55
21
30
0
6.806
(6)
4.000
500
4.500
350
55
21
30
0
9.456
544
5.100
600
6.600
450
55
21
30
0
12.856
2.444
(264)
325
50
11
5
150
150
5
549
0
275
274
2.718
0
0
2.718
f-g) Stato patrimoniale, indici e dati finanziari
Serve per mettere in evidenza i punti forza e di debolezza dal punto di vista
finanziario e patrimoniale dell’impresa in un determinato momento. Lo SP
presenta una sintesi delle attività (ciò che l’impresa possiede), delle
168
passività (i suoi debiti) e il patrimonio netto (differenza tra attività e
passività).
Le attività sono suddivise in:
“a breve” (cassa, magazzino e crediti verso terzi);
“fisse” (impianti e attrezzature);
“ immateriali” (avviamento, brevetti);
Le passività vengono suddivise in:
“ a breve termine” (dovute entro un anno);
“ a lungo termine” (con un termine superiore a un anno)
Le voci dello SP prese singolarmente sono poco significative; è
correlandone tra loro che si possono ricavare dati significativi sulla
situazione finanziaria dell’impresa e trarre ulteriori indicazioni
considerando lo SP in rapporto al Conto economico.
Gli indici che vengono normalmente utilizzati per valutare la performance
sono i seguenti:
- Indice di liquidità.
Quoziente di liquidità e il cosiddetto acid test, rappresentano il rapporto tra
le attività correnti e le passività a breve – totali o parziali (nel caso
dell’acid test attività correnti al netto delle scorte) di un’impresa.
Questi indicatori mettono in evidenza la capacità dell’impresa di far fronte
ai propri impegni finanziari a breve.
- Indice di gestione delle attività.
Indice di rotazione delle scorte e l’indice di esigibilità dei crediti, servono a
valutare con quanto efficienza ed efficacia l’impresa gestisce il circolante.
- Indici di indebitamento.
Rapporto tra capitale di rischio e capitale di indebitamento servono a
chiarire in che modo sia capitalizzata l’impresa e precisamente in che
misura sia finanziata da capitale di debito.
Si tratta di indicatori utili per farsi un’idea della solidità dell’impresa e
della sua capacità di reperire ulteriori finanziamenti.
6. Analisi del punto di break even
Il BE individua il livello di vendite che l’impresa deve raggiungere per
riuscire a finanziare internamente le proprie uscite di cassa, quali spese di
esercizio e il rimborso dei prestiti. Serve a definire una delle tappe
principali nello sviluppo dell’impresa, ossia il momento in cui essa è in
grado di autofinanziarsi.
Procedura di realizzazione di un break even:
- suddividere i costi in fissi e variabili;
169
- calcolare il totale dei costi fissi e variabili;
- calcolare il margine di contribuzione e quindi il break even
Punto di BE = Costi fissi /Margine di contribuzione
Margine di contribuzione = 1 – costi variabili (percentuale sulle vendite)
Punto di BE = 100.000 € / 1- 0,60 = 250.000€
Va osservato che il livello di fatturato necessario per raggiungere il punto
di BE varia a seconda delle dimensioni dell’impresa. Comunque il calcolo
fornisce al potenziale finanziatore un’idea generale del volume di vendite
necessario affinché l’impresa sia in grado di autofinanziarsi
170
CAP. 9 - IL PROJECT FINANCING. LA FINANZA DI PROGETTO
1. La finanza di progetto: aspetti generali.
1.
Il project financing è una procedura di finanziamento delle opere
pubbliche senza oneri finanziari per la pubblica amministrazione. Non è
una tecnica, non è un semplice strumento finanziario. E’ un approccio alla
realizzazione, gestione e finanziamento di progetti complessi caratterizzati
da:
elevati fabbisogni finanziari iniziali
possibilità di ripartire rischi sui diversi soggetti partecipanti.
Si tratta di un metodo di finanziamento che prescinde dalle garanzie
patrimoniali che i promotori possono rilasciare a favore dei finanziatori.
La principale garanzia per il rimborso dei finanziamenti è rappresentata
dai flussi di cassa del progetto, che si devono manifestare con adeguati
livelli di certezza, e da una efficace gestione dei rischi legati all’iniziativa,
che permette di limitare la possibilità che i flussi di cassa previsti vengano
meno.
Le risorse finanziarie sia di debito che di rischio, sono erogate valutando
la capacità delle iniziative di creare valore generando nel tempo flussi di
cassa sufficienti a ripagare il debito contratto per il finanziamento ed a
remunerare adeguatamente il capitale di rischio degli investitori.
La valutazione di sostenibilità economico-finanziaria della singola
iniziativa si basa esclusivamente sulla qualità (intesa come capacità di
generare flussi di cassa a fronte di un determinato livello di rischio) del
singolo progetto e non su merito creditizio dei singoli azionisti.
Principali caratteristiche:
il progetto viene valutato dai finanziatori principalmente per la sua
capacità di generare flussi di cassa;
i flussi di cassa costituiscono la fonte primaria per il rimborso del
debito e per la remunerazione del capitale di rischio;
La fase di gestione dell’opera costituisce elemento di primaria
importanza in quanto soltanto una gestione efficiente consente di generare
flussi di cassa necessari a soddisfare banche ed azionisti;
Le principali garanzie sono di natura contrattuale
L’operazione è caratterizzata da un importante processo di
negoziazione
Anche la fase di progettazione può essere affidata all’iniziativa privata
Per isolare il finanziamento dei progetti da fabbisogni provenienti da altre
attività dei soggetti coinvolti, vengono costituite società ad hoc definite
171
Special purpose vehicle, (società veicolo), che hanno come obiettivo
esclusivo quello di realizzare e gestire i progetti medesimi.
2. Le fasi del project financing
- Progettazione e costruzione. I soggetti finanziatori mettono
progressivamente a disposizione del progetto le risorse necessarie alla sua
realizzazione. Normalmente la maggior parte delle risorse finanziarie è
messa a disposizione dal pool di banche finanziatrici attraverso appositi
contratti di finanziamento nei quali sono previste rigorose procedure che di
volta in volta consentono l’erogazione di singole tranche di finanziamento;
- Verifica se il progetto è stato realizzato secondo i tempi e le modalità
previste. Vengono attivate una serie di test volti a verificare la capacità del
progetto di funzionare secondo le modalità previste nel contratto di
costruzione e, pertanto di generare flussi di cassa necessari a rimborsare i
debiti contratti con i soggetti finanziatori.
- Gestione operativa. Una volta completata la fase di start-up il progetto
inizia a generare flussi di cassa
3. Elementi base del project financing.
- Soggetti coinvolti e struttura tipo: (Società veicolo, azionisti, finanziatori,
consulenti finanziari, consulenti legali , ecc, costruttore, gestore, clienti).
Viene riconosciuta l’autonomia del promotore. Il promotore è il soggetto
cardine della fase di promozione dell’opera pubblica da realizzare.
- Gestione dei rischi e struttura contrattuale Analisi ed allocazione dei
rischi (volumi e qualità del servizio, tariffa, certezza del flusso dei
pagamenti, solidità finanziaria delle controparti
- Sostenibilità economico-finanziaria. Modello finanziario:
+ ricavi da attività di gestione
costi per acquisto di input
costi per manutenzioni e riparazioni
altri costi (in particolare assicurativi)
imposte e tasse
= Flusso di cassa ante capitale circolante ed investimenti
± variazione del capitale circolante netto
= Flusso di cassa ante investimenti
investimenti
= Flusso di cassa operativo
172
Gli indicatori economici della redditività: VAN; SRI
Analisi di sensibilità
173
174
ELEMENTI DI MATEMATICA FINANZIARIA
Valore del denaro nel tempo
Un euro posseduto oggi vale di più di 1 € che si avrà tra n anni. Infatti
possedere 1 € oggi permette di investirlo per un periodo di tempo pari a
n anni rispetto allo stesso € che si avrà tra n anni. Poiché il denaro può
generare reddito, il valore attuale di 1€ investito per n anni sarà l’euro
originario più gli interessi:
1€
→
1€ + interessi
t=1
t = n anni
Il tasso di interesse i rappresenta in percentuale il prezzo della
rinuncia alla disponibilità di denaro, mentre l’interesse maturato I(t)
rappresenta il compenso versato da chi ottiene capitali in uso è per un
determinato periodo di tempo t.
Il denaro ha valore nel tempo non solo per la capacità di generare
reddito ma anche per il diverso potere d’acquisto. Durante i periodi di
inflazione l’insieme dei beni che possono essere acquistati diminuisce.
Occorre dunque riconoscere sia la capacità reddituale del denaro sia il
suo potere d’acquisto.
Processo di capitalizzazione
Interesse semplice Interesse composto
Mutuo o prestito
Mutuante colui che presta il denaro Mutuatario
è il debitore
Somma data a prestito è il capitale
Montante è costituito dal capitale
+ interesse
Capitale C=100
│→
→
→ →
Momento valutazione t = 0
Montante M5 =161,05
→ → → │
Fine periodo t=5
Interesse semplice o capitalizzazione semplice: l’interesse semplice è
proporzionale al capitale e al tempo; viene calcolato sul capitale iniziale
in base alla seguente formula:
I = Cit
Esempio 35.000€ al 6% per 7 anni
I = 35.000 x 0,06 x 7 = 14.700
175
Periodicità del tasso di interesse e unità di misura del tempo devono
coincidere. Ad esempio per calcolare il montante maturato dopo 8 anni
di una somma di 2 milioni depositata ad un i = 2% bimestrale è
necessario riferire il tempo t a un’unità di misura coerente con il tasso di
interesse e cioè il bimestre
Esempio trovare l’interesse di 156.000 al 4% semestrale per 3 anni (6
semestri)
I = 156.000 x 0,04 x 6 = 37440
Al momento della riscossione l’interesse viene sommato al capitale
ottenendo così il montante: la somma che dovrà essere restituita al
mutuatario per il prestito ricevuto
M = C + I = C + Cit = C (1+it)
C = capitale iniziale (es. 100€)
i = tasso di interesse (in genere annuo) (10%)
t = durata temporale dell’operazione (un anno)
M = capitale finale dell’operazione, detto anche montante, pari alla
somma iniziale più gli interessi maturati (100 x 1,1 ) = 110
Esempio: C = 1000
i = 5% t=1 anno
Int. = 1000 x 0,05 = 50
Il montante da rimborsare dopo 1 anno è M = 1000 + 50 = 1050
Esempio: calcolare il montante o il capitale maturato dopo 8 mesi di una
somma di 2 milioni € depositata ad un tasso di interesse del 2%
bimestrale.
M(4) = 2.000.000 (1+ 0,02 x 4) = 2.000.000 x 1,08 =
2.160.000
Esempio: si prestano 32.000€ al 4,5% per 48 giorni, qual è il montante.
M = 32.000 (1+ 0,045 x 48/360) = 32.000 (1+ 0,045 x 2 / 15) = 32.000
x 15+0,09/ 15 = 32.192
- Interesse composto: l’interesse dovuto alla fine di ogni periodo di
capitalizzazione viene aggiunto al capitale iniziale che lo ha generato e
concorre a sua volta a determinare interessi. Capitalizzare gli interessi
significa dunque che l’interesse si somma al capitale e da quel momento
l’interesse si calcola sul montante, cioè anche l’interesse precedente
produce interesse.
- Interesse annuo
176
Per determinare il montante di un capitale C, dopo un numero n di anni
e impiegato ad interesse composto ( annuo) i si procede come segue:
M1 = C (1+i)
M2 = M (1+i) = C(1+i)((1+i) = C(1+i)2
dopo n anni
Mn = C (1+i)n
La grandezza (1+i)n prende il nome fattore di capitalizzazione: esprime
il coefficiente per il quale si deve moltiplicare il capitale iniziale per
ottenere il montante dopo n anni.
Esempio: si vuole conoscere il capitale finale dopo 4 anni della somma
di 1000€ depositata in banca al tasso di interesse del 10%
M84) = 1000 (1+0,10)4 = 1.464
Esempio: trovare il montante di 250.000€ all’interesse composto del 5%
per 18 anni.
M = 250.000 x (1+ 0,05)18 =250.000 x 1,0518 = 601.657
- Montante per tempi frazionari
Si calcola l’interesse composto per il numero intero di anni e poi
l’interesse semplice (sull’ultimo montante) per la frazione d’anno.
Esempio: trovare il montante di 250.000€ al 4,5% dopo 8 anni e 4 mesi.
C = 250.000 i = 0,045 n = 8 f = 4/12 = 1/3
M = 250.000 x 1,0458 (1+ 0,045 x 1/3) = 250.000 x 1,42210061 x
1,015 = 360.858
Più semplicemente si può trovare il montante dopo 8 anni e poi
aggiungere l’interesse semplice per 4 mesi:
250.000 x 1,0458 = 250.000 x 1,42210061= 355.525,15
Interesse 4% per 4 mesi
355.525,15 x 0,04 x 4/12 = 5.332, 87 + 355.525,15 = 360,858
- Interesse frazionato
La capitalizzazione degli interessi può avvenire anche a periodi diversi
dell’anno, per esempio semestralmente, trimestralmente. Si parla in
questo caso di capitalizzazione frazionata. Essa non dà luogo a nuove
formule purché n rappresenti il numero dei periodi di capitalizzazione
Esempio: montante di 250.000€ in capitalizzazione trimestrale al 2%
trimestrale per 8 anni (n=32 perché 8 anni comprendono 32 trimestri)
M = 250.000 (1+0,02)32 = 250.000 x 1,88454059 = 471.135
In pratica però si è abituati a parlare sempre di tasso annuo e perciò
anche se la capitalizzazione è frazionata si indica un tasso annuo. Così
177
si dice che una banca pratica l’interesse del 6% annuo con
capitalizzazione semestrale. In realtà essa applica il 3% semestrale.
Esempio: trovare il montante di 350.000€ al 6% annuo nominale
convertibile trimestralmente, per 12 anni. La capitalizzazione avviene
trimestralmente 0,06/4 = 0,015 il numero di periodi trimestrali è 48
M = 350.000 x 1,01548 = 350.000 x 2,04347829 = 715.217
Processo di attualizzazione
Il processo di attualizzazione o di sconto è esattamente contrario a
quello di capitalizzazione. Una persona ha un credito che non può
incassare perché non è scaduto ma avendo bisogno di denaro può
cercare di incassarlo anticipatamente concedendo al debitore uno
sconto. Sottraendo lo sconto dal capitale si ottiene la somma scontata o
valore attuale. Il valore attuale è il valore che si attribuisce oggi a un
credito ( o debito).
Se dunque se cede un credito di € C scadente al tempo t e si calcola lo
sconto composto al tasso i, il compratore pagherà una somma scontata
V = C-S tale che il montante di V a interesse composto al tasso i per il
tempo t sia C, cioè:
V (1+i)t = C da cui V = C / (1+i)t = C (1+i)-t
Esempio: devo riscuotere 400.000 fra 9 anni. Quale somma potrò
riscuotere oggi cedendo il credito con lo sconto composto del 4%?
V = 400.000 x 1,04-9 = 400.000 x 0,70258674 = 281.035
La formula generale del valore attuale è dunque: VA n = C 1/(1+i)n
dove: VAn = valore attuale di un capitale disponibile dopo n anni e C =
il capitale disponibile dopo n anni
Esempio: valore attuale di un capitale di 100€ disponibile tra 1 anno
VA1 = 100 1/(1+0,10) = 100 x 0,909 = 90,9
100€ disponibili tra un anno hanno un valore oggi di 90,9 (è
finanziariamente equivalente disporre 100€ oggi o 90,9€ tra un anno)
VA = 90,9
Capitale C = 100
│←
←
←
← ←│
Momento della
fine anno
valutazione t=0
n
1/(1+i) prende il nome di fattore di attualizzazione o di sconto
Esempio: devo pagare 250.000€ fra 7 anni. Pagando oggi ottengo uno
sconto composto del 4,20%. Quanto pago?
178
V = 250.000 x 1,042-7 . Procediamo per interpolazione rispetto al tasso
si ha
Tassi
4
4,2
4,5
valore attuale di 1€ scadente fra 7 anni
0,75991781
0,75991781 + p
0,73482846
(4,5 -4) : (4,2-4) = (0,73482846 - 0,75991781) : (0,75991781+p –
0,75991781)
0,5 : 0,2 = 0,02508935 : p
p = 0,2 x 0,02508935 / 0,5 = 0,01003574
-7
quindi 1,042 = 0,75991781 – 0,01003574 = 0,74988207
V = 250.000 x 0,74988207 = 187.471
Esempio: si devono pagare 100€ alla fine di ogni annoi per i prossimi 5
anni. Qual è la somma che versata oggi in un c/c al tasso del 10%,
consente di prelevare ogni anno 100€ per 5 anni.
Anno fattore 10%
1
0,909
2
0,826
3
0,751
4
0,683
5
0,621
rata
100
100
100
100
100
500
valore attuale
90,9
82,6
75,1
68,3
62,1
379,0
Se si vuole oggi una somma di 379€ ad un tasso i=10% si potrà contare
su di un flusso costante di prelievi di 100€ all’anno per 5 anni.
Rendite periodiche
Si parla di rendita o annualità quando si ha necessità di accantonare (o
versare) periodicamente una certa somma di denaro (rata) per costituire
(o estinguere) un determinato capitale (debito) dopo un dato periodo di
tempo
Rendite perpetue cioè illimitate
rendite temporanee o limitate che
hanno un determinato numero di termini
Rendita anticipata quella in cui i termini si riscuotono all’inizio di ogni
periodo; rendita posticipata quando i termini si riscuotono alla fine di
ogni periodo
179
Il valore di una rendita a una data epoca è la somma dei valori attuali o
dei montanti a quell’epoca, di tutti i termini della rendita. Si tratta
quindi di applicare le formule precedenti per trovare i singoli montanti
o valori attuali e poi sommarli. Si hanno comunque delle formule di più
rapido calcolo
Montante di una rendita costante periodica - è dato dalla somma dei
montanti dei singoli pagamenti. Quando le rate sono pagate alla fine di
ogni anno per t periodi e calcolate al tasso annuo di interesse i, il
capitale finale o montante scaturisce dal seguente procedimento di
calcolo:
- alla fine del primo anno si deve accantonare la somma R1 che,
rimanendo investita per t-1 anni al tasso i fornisce un capitale uguale a :
M1 = R(1) (1+i)t-1
- alla fine del secondo anno si deve accantonare la somma R2 che
rimanendo investita per t-2 anni al tasso i, fornisce un montante uguale
a: M2 = R(2) (1+i)t-2
- al termine dell’anno t-1 si avrà: M(t) = R(t-1) (1+i)1
- al termine del t-esimo anno la rata R(t) non produrrà alcun interesse.
Essendo coincidente con la costituzione del capitale finale, cioè M(t) =
R(t) (1+i)0
La formula generale sarà data da : Mi,t = R {[(1+i)t -1]/i}
Esempio: montante di una rendita costante posticipata.
Si vuole conoscere il capitale accumulato dopo 5 anni versando ogni
anno 1.000.000€ ad un tasso i=8%.
M 8%,5 = 1.000.000 [1+ 0,08)5 -1]/0,08 = 5.866.600
Trovare il montante al 4% di una rendita posticipata di 50.000€ annue
per 5 anni
M = 50.000 x 5,41632256 = 270.816
Questo montante potrebbe essere trovato in modo più elementare
calcolando ogni anno i versamenti e la formazione dell’interesse:
1° versamento 50.000 interesse 50.000x0,04 = 2000
2° versamento 50.000 montante 102.000 interesse 102.000 x 0,04 =
4.080
3° versamento 50.000 montante 156.080 interesse 156.080 x 0,04 =
6.243
4° versamento 50.000 montante 212.323 interesse 212323 x 0,04 =
8.493
5° versamento 50.000 montante 270.816
180
Esempio: montante di una rendita costante anticipata
Si vuole accantonare all’inizio dei prossimi 5 anni 1.000.000€, si vuole
conoscere il montante della rendita
In questo caso la rendita è costante e anticipata nel senso che le rate
sono accantonate all’inizio e non alla fine di ciascun anno per cui
occorre considerare che ciascuna rata R rimane investita per un ulteriore
anno rispetto alla rendita posticipata. E’ quindi sufficiente calcolare il
montante dopo un anno del capitale iniziale Mi,t = M i,t (1+i) = R
{[(1+i)t -1 ] /i} x (1+i)
M 8%,5 = 5.866.600 1+ 0,08 6.335.928
Valore attuale di una rendita periodica
Il valore attuale VA di una successione di pagamenti Rk ( o incassi) è
dato dalla somma dei valori attuali dei singoli pagamenti attualizzati
con un opportuno tasso di valutazione i
VAi,t = R1 /(1+i)1 + R2 /(1+i)2 + …+ Rt /(1+i)t
Nell’ipotesi una rendita costante si ha
VAi,t = R Σk=1 t [1/(1+i)]k
Si possono ricavare i fattori di sconto o di attualizzazione della rendita,
riportati nelle tavole finanziarie. Si riprende il fattore del montante Mi,t
= R {[(1+i)t -1]/i} e poiché risulta VAi,t = Mi,t [1/(1+i)]t sostituendo
Mi,t nella formula del VAi,t si ottiene
VAi,t = R x [1 – (1+i)-t ] / i
Esempio: valore attuale di una rendita periodica costante. Si stima di
ottenere entrate per 200 milioni alla fine di ogni anno per un periodo di
8 anni, si vuole determinare il valore attuale della rendita nell’ipotesi di
un tasso di attualizzazione del 10%
VA10%,8 = 200 {[(1+0,10)8 - 1] / [ 0,10 (1+0,10)8 ]} = 1.066,99
milioni
Trovare il VA al 3% di una rendita di 80.000€ annue immediata
posticipata di durata 20 anni
V = 80.000 x 14,87747486 1.190.198
181
Costituzione di un capitale e ammortamento
Una persona vuole fare dei versamenti in modo da poter disporre in un
dato giorno una somma S e si domanda quali versamenti deve
effettuare. La costituzione del capitale può avvenire con un unico
versamento oppure con versamenti periodici.
Costituzione in una sola volta
Si vuole costituire il capitale S fra n anni con un solo versamento attuale
l’importo x di tale versamento sarà tale che il suo versamento tra n anni
sia S si ha quindi
x (1+i)n = S x = S / (1+i)n = S (1+i)-n
Esempio: si vuole disporre fra 20 anni di 100.000€ Quale somma dovrà
essere versata oggi per costituirsi quel capitale se il tasso è del 5%.
100.000 x 1,05-20 = 100.000 x 0,37688948 = 37.689
Costituzione a rate costanti posticipate
R {[(1+i)t -1]/i} = S
R = S / {[(1+i)t -1]/i}
Esempio: una persona vuole costituire fra 25 anni la somma di
1.000.000€ versando alla fine di ogni anno una rata costante. Quale è
l’importo di questa rata se i versamenti fruttano 4%
R = 1.000.000 x 0,02401196 = 24.012
Ammortamento di un debito
Il prestito di una somma avviene ad una tasso di interesse che di solito
rimane fisso per tutta la durata del prestito. Gli elementi da esaminare
sono:
- il TAN (tasso annuo nominale) cioè il tasso di interesse, espresso in
percentuale e su base annua;
- il TAEG (tasso annuo effettivo globale), esprime, in termini
percentuali rispetto al capitale erogato, il costo effettivo del, credito,
includendo oneri diversi rispetto al tasso di interesse (spese connesse ad
eventuali inadempimenti, spese per il trasferimento dei fondi, spese per
assicurazioni o garanzie, ecc.).
In realtà il tasso può essere fisso o variabile. Il tasso fisso è adatto a
coloro che a monte vogliono sapere l’importo delle rate da pagare per
182
tutta la durata del mutuo e pertanto l’ammontare complessivo del debito
contratto e che prevedono un aumento del costo del denaro. Il tasso
variabile è adatto a coloro che sottoscrivono un mutuo in un periodo di
incertezza sull’andamento futuro dei tassi.
Altro elemento importante è il piano di ammortamento e cioè il piano
di rimborso rateale del finanziamento. La quota da restituire è calcolata
come somma del denaro ricevuto e degli interessi da pagare.
Il rimborso di un debito si chiama anche ammortamento. Questo
termine si usa principalmente quando il debito viene rimborsato
gradualmente. In questo caso il debitore paga annualmente l’interesse e
una quota del debito che così si riduce gradualmente. La somma che
versa il debitore annualmente si dice rata d’ammortamento e comprende
la quota interesse, che serve a pagare l’interesse sul debito, e la quota
capitale che serve a rimborsare parzialmente il debito.
Di solito si stabilisce che sia costante la quota capitale (allora le rate
risulteranno decrescenti poiché la quota interesse diminuisce
gradualmente) è questo l’ammortamento a quote capitali costanti o
uniforme (ammortamento all’italiana), oppure che sia costante la rata,
allora essendo la quota interesse decrescente, la quota capitale risulterà
crescente. Quest’ultimo metodo è detto progressivo o francese ed è
quello più diffuso in Italia.
Ammortamento progressivo – Le rate sono costanti e gli interessi sono
calcolati sul capitale residuo. Poiché la rata è costante, le quote capitale
saranno crescenti e le quote interessi decrescenti. La somma S data a
prestito deve essere uguale al valore attuale di tutte le n rate; il loro
importo è R, quindi S deve essere il valore attuale di una rendita di n
termini di € R.
Per costruire il piano di ammortamento sarà necessario calcolare per
ogni periodo:
Quota interessi = capitale residuo (periodo precedente) x tasso di
interesse (rapportato al periodo)
Quota capitale = rata (costante) – quota interessi
Rata = quota capitale + quota interessi
Capitale residuo = capitale residuo (periodo precedente) – quota
capitale.
Una volta calcolata la quota interessi per la prima rata sarà possibile
calcolare la quota capitale e il nuovo capitale residuo per differenza. Ne
consegue un piano di ammortamento con quote di interessi decrescenti,
in quanto calcolate su un capitale residuo che decresce, e quote capitali
crescenti, in quanto calcolate sottraendo alla rata costante una quota
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interessi sempre più piccola. Sommando tutte le quote capitali si ottiene
il capitale iniziale chiesto in prestito, mentre sommando tutte le quote
interessi si ottiene il totale interessi da rimborsare (nel caso di un tasso
fisso). L’effetto dei tassi di interesse si avverte maggiormente nel primo
periodo del piano di ammortamento, successivamente tende ad influire
sempre meno sulla composizione della rata.
Ammortamento a quota capitale costante - Per costruire il piano di
ammortamento è necessario calcolare per ogni periodo:
(quota capitale = capitale iniziale/numero rate
Capitale residuo = capitale residuo (periodo precedente) – quota capitale
(costante)
Quota interessi = capitale residuo (periodo precedente) x tasso di
interesse (rapportato al periodo)
Rata = quota interessi + quota capitale.
Rispetto al piano di ammortamento alla francese, questa formula
consente di risparmiare sul totale interessi a causa del più rapido
rimborso del capitale. Il piano di ammortamento all’italiana presenta un
capitale residuo sempre più contenuto rispetto a quello francese.
Dunque gli interessi saranno calcolati sempre su un valore più
contenuto, determinando un totale interessi ridotto.
Pre-ammortamento – I piani di ammortamento dei mutui erogati dalle
banche possono presentare un insieme di variazioni rispetto alla
struttura di riferimento costituita dalla forma dell’ammortamento
francese. Il principale elemento che caratterizza le forme contrattuali
più ricorrente sul mercato può essere riferito al periodo di
preammortamento che è un periodo del piano di rimborso che prevede
il pagamento di rate composte da soli interessi. L’unico vantaggio è di
pagare rate iniziali più “contenute”, tuttavia i costi finali saranno più
elevati.
Il periodo di preammortamento può essere aggiunto alla durata del
mutuo, determinando un aggravio di spese per interessi (interessi di
preammortamento + interessi ammortamento), oppure incluso nella
durata del mutuo. In quest’ultimo caso è necessario aumentare l’importo
delle date di ammortamento in quanto il rimborso del capitale deve
avvenire in un periodo più breve (durata ammortamento – durata
preammortamento). Ciò determina un aggravio di spesa per interessi
meno consistente (interessi preammortamento + interessi
ammortamento ridotti grazie alla riduzione della durata).
Preammortamento tecnico - Normalmente il preammortamento viene
utilizzato dalle banche per ragioni tecniche di allineamento delle
scadenze. Ad esempio stipulando il mutuo il 15 del mese, verranno
184
conteggiati 16 giorni di preammortamento allo scopo di allineare la
scadenza delle rate al 1° del mese successivo.
Gli interessi di preammortamento possono essere ricavati mediante la
seguente formula: (g x C x TAN) / 36500
dove g sono i giorni di preammortamento, C il capitale e TAN il tasso di
sconto % annuo.
Esempio mutuo di 100.000€ i = 7% a rate semestrali, viene erogato il 4
dicembre e gli interessi del piano di ammortamento cominciano a
decorrere dal primo gennaio e saranno pagati con la rata che scade a
fino giugno. Restano coì scoperti i giorni compresi fra il 4 e il 31
dicembre:
I = 100.000 x 7 x 28/36500 = 536,98
Preammortamento finanziario – è un periodo di tempo piuttosto
lungo (fino a 5 anni) in cui si pagano solo interessi.
Ammortamento ai fini economici e fiscali
L’ammortamento è un procedimento economico – contabile che permette di
ripartire il costo dei beni che durano più anni in più esercizi in funzione della
loro durata economica. Se così non fosse il costo verrebbe imputato
interamente all’esercizio in cui viene acquistato. Data la vita utile
dell’investimento, il costo e il valore residuo si possiedono gli elementi per
determinare le quote annuali di ammortamento.
La procedura dell’ammortamento è prescritta dal Codice civile ai fini della
redazione del bilancio di esercizio. È importante ai fini fiscali poiché influisce
sulla determinazione della base imponibile ai fini della liquidazione delle
imposte.
A seconda dell’oggetto dell’ammortamento si distingue in:
immobilizzazioni materiali (insieme di tutti i fattori produttivi ad utilità
pluriennale fisicamente tangibili); immobilizzazioni immateriali (brevetti,
marchi, diritti di utilizzo delle opere di ingegno, costi di ricerca e sviluppo,
costi di pubblicità, ecc.). Occorre conoscere: vita utile dell’investimento; il
costo; il valore residuo
▪ Ammortamento lineare o a quote costanti
D = (Vi – Vf) / n
Vi = valore iniziale
Vf = valore finale
n = numero anni vita utile
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D = deprezzamento è l’aliquota di valore perduto in ciascun anno
Esempio: a fine esercizio un’impresa comericiale ammortizza i fabbricati,
del costo storico di 780.000€, applicando il coefficiente di ammortamento del
3%, il costo delle aree occupate delle costruzioni è pari a 195.000€. Il valore
da ammortizzare è dato dalla differenza tra il costo storico dei fabbricati ed il
costo
delle
aree
occupate
dalle
costruzioni.
780.000 – 195.000 = 585.000 x 3% = 17.550 quota ammortamento di
competenza dell’esercizio
▪ Ammortamento a quote decrescenti
Ai primi anni viene imputato un deprezzamento maggiore in modo da
assicurare che una più rilevante frazione del bene risulti già ammortizzata
entro un più ridotto numero di anni. È sufficiente stabilire la percentuale
annua del saggio “r” di cui si vuole ridurre il valore contabile di ciascun anno
\ D = Vi-1 (1-r)
▪ Ammortamento a quote crescenti
Si tratta di beni strumentali impianti e macchinari il cui valore decresce
lentamente fin quando il rendimento produttivo rimane pari a quello iniziale e
i costi di manutenzione rimangono contenuti. Al decrescere del rendimento
produttivo e all’aumentare dei costi di manutenzione il bene presenta una
riduzione di valore assai più rapida (conseguente a fenomeni di obsolescenza)
fino ad attestarsi su un certo valore dell’usato.
Esempio: Vi = 1000 Vf = 120 r = 35%
D quote decrescente
Vi-1 (1-r)
Vi
V1 = (1-0,35) 1000
V2 = (1-0,35) 650
V3 = (1-0,35) 422,5
V4 = (1-0,35) 274,6
V5 = (1-0,35) 178,5
1000
650
422,5
274,6
178,5
116
D quote costanti
Vi –Vf /n = 176
1000
824
648
472
296
120
La legislazione italiana – La determinazione delle quote di ammortamento
fiscalmente deducibili è regolata dagli artt.67 e 68del TU delle imposte
dirette, si concretizza nell’applicare dei coefficienti d’ammortamento
contenuti nelle tabelle del DM 31 dicembre 1988.
Le quote devono risultare proporzionali al consumo o al deprezzamento dei
beni strumentali materiali a partire dall’esercizio di inserimento nei circuito
produttivo.
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Il legislatore ha previsto varie deroghe al regime di ammortamento ordinario:
- I coefficienti ordinari possono essere aumentati fino a una quota del 100%
nel primo esercizio e nei due successivi in considerazione di una eventuale
obsolescenza tecnica.
- I coefficienti ordinari possono essere aumentati in qualsiasi esercizio in
relazione a una più intensa e documentabile utilizzazione dei beni strumentali
(ammortamento intensivo)
Il Ministero dell’economia provvede periodicamente a pubblicare una
“tabella dei coefficienti di ammortamento degli immobili, degli impianti, dei
macchinari e degli altri beni mobili destinati all’esercizio di attività
produttive”
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