ITG A. POZZO
LICEO TECNOLOGICO
PIEGHE E FAGLIE
INDIRIZZO: Costruzioni, Ambiente, Territorio - opzione B
GEOLOGIA E TERRITORIO
Classe 3^ - 3 ore settimanali
Schede a cura del prof. Romano Oss
Più volte nelle nostre schede abbiamo sottolineato come il nostro pianeta
sia in continua evoluzione. A causa della tettonica e ai conseguenti
fenomeni abbiamo visto infatti che la crosta è sede di un susseguirsi
temporale di nuove catene montuose che si formano.
Le porzioni di roccia che si trovano in
corrispondenza degli scontri fra placche
vengono sottoposte, come è facile
immaginarsi, a enormi forze di
compressione talvolta deformandosi,
talvolta spezzandosi. E' proprio a
seconda di come sono direzionate le
forze in gioco e la velocità con cui queste
sono applicate, oltre al tipo di roccia su
cui agiscono, che si avranno in queste
rocce comportamenti differenti, che in
linea generale si possono raggruppare in
deformazioni plastiche e rigide.
Le deformazioni di tipo plastico sono quelle che modificano la forma, e a
volte la struttura della roccia, ma senza che questa subisca delle rotture.
Questo processo quindi "piega" le rocce, un po' come si piega una barra di
ferro. È questo tipo di deformazione che da vita al fenomeno delle pieghe.
Tutti i tipi di roccia possono essere interessati da pieghe, ma i risultati di
tali piegamenti si notano più facilmente in rocce sedimentarie che per la
loro particolare geometria costituita da strati sovrapposti aiutano
l'osservatore ad individuare l'andamento curvilineo della deformazione.
Le pieghe in cui gli strati sono incurvati verso l'alto si dicono sinclinali,
mentre quelle con gli strati verso il basso sono chiamate anticlinali.
I meccanismi di piegamento possono essere di piegamento semplice per
compressione laterale (buckling), per scivolamento flessurale, cioè
involve uno scivolamento tra gli strati durante il piegamento e in genere
coinvolge corpi con strati potenti separati tra loro da netti piani di
stratificazione; esistono anche altri modelli più complessi di piegamento
come l'oblique share che coinvolge strati verticali, un po' come con un
mazzo di carte tenuto verticale e si spinge le carte centrali, o il kinking,
prodotta dalla rotazione di una serie di strati su entrambe le parti di un
piano e dà vita a pieghe con fianchi rettilinei e cerniere aguzze (pieghe a
chevron e kink bands, a scala più piccola). Comunque in generale un
sistema di pieghe può essere simmetrico, quando ogni piega ha le stesse
caratteristiche, o asimmetriche quando le pieghe presentano un fianco
diverso dall'altro.
piega anticlinale
pieghe a kink
piega a chevron con piani assiali coricati
piega isoclinale coricata
La deformazione elastica è quel genere di deformazione attraverso il
quale la materia si deforma solo nel momento della spinta e quando questa
viene meno torna nel suo stato iniziale senza aver subito alcuna
modificazione. Questo tipo di deformazione in realtà si osserva raramente
in natura poiché noi vediamo e studiamo i risultati della deformazione e non
mentre questa avviene, inoltre materiali completamente elastici non
esistono in natura.
Le deformazioni fragili invece sono quelle che danno vita a delle fratture
nella roccia e sono dette faglie. Infatti una faglia identifica un piano lungo il
quale si è avuto un movimento relativo tra le due parti di roccia e si intende
che questo piano continua in profondità fino a quando incontra una zona a
comportamento plastico capace di ammortizzare il movimento, per rocce
cristalline silicatiche si arriva anche a profondità dell'ordine di 10 Km.
Questo fenomeno riveste una grandissima importanza nello studio della
crosta e delle sue strutture. È infatti lungo i piani di faglia che avvengono
tutti quei movimenti tra le varie placche che formano la crosta terrestre che
possono essere anche di notevoli proporzioni.
Il blocco di roccia che sta sopra l'altro si definisce tetto (o hangingwall),
mentre quello che si trova più in basso è chiamato piede o letto (footwall);
si definisce rigetto della faglia l'entità del movimento relativo tra i due
blocchi.
In base alla direzione dei movimenti relativi tra le due parti della faglia si
distinguono in faglie dirette, classiche di zone in fase di distensione
(allargamento come il Graben Africano), faglie inverse, tipiche di zone in
compressione, e le faglie trascorrenti, nel quale il movimento avviene su
un piano orizzontale, come la faglia di San Andreas.
due tipologie di faglia diretta ed inversa
Spesso, ma non sempre, le rocce vicino
al piano di faglia risultano intensamente
fratturate e frantumate (brecce di faglia,
clasti angolosi cementati da sostanze
minerali) a causa del movimento
avvenuto tra i blocchi e si identificano
nella zona di faglia
Come detto le faglie dirette sono
tipiche di zone distensive (dove le
placche si allontanano) ed danno
vita ad una serie di bacini
(graben) allungati in una direzione
affiancati ai lati da monti (horst)
che corrono paralleli al bacino.
Poiché in quella zona la crosta è
stata tirata e lo spessore è
diminuito, i blocchi sono scivolati
verso il basso assottigliandosi.
Questo fenomeno si nota bene nel Graben del Reno (Germania) che attraversa quasi tutta
l'Europa centrale ed è una valle larga anche 30 Km fiancheggiata dagli horst dei Vosgi e
della Foresta Nera, o nella Rift Valley (Africa). Strutture più modeste si ritrovano anche in
Italia come in Toscana (il graben di Firenze, Prato e Pistoia), e in Sardegna (graben di
Campidano, tra Oristano e Cagliari).
Nelle zone in compressione spesso si ritrovano molte pieghe e faglie
inverse poiché in quel punto la crosta viene accorciata e allora i blocchi
tendono a salire l'uno sull'altro. Tra queste devono venire distinte le faglie
di scorrimento (o sovrascorrimento) che presentano un angolo con
l'orizzontale molto basso, infatti sono faglie inverse con inclinazioni
comprese tra 0 e 45° o in ramp con inclinazioni tra 10° e 45° che in
genere tagliano, quindi fagliano, gli strati) e possono coinvolgere enormi
spessori di terreno. Una struttura formata da più strutture di
sovrascorrimento si chiama struttura a falde; come i prismi di accrezione
che sono il risultato di una serie di sovrascorrimenti impilati l'uno sull'altro;
l'Appennino Settentrionale stesso è identificato come una struttura a falde
faglia diretta
faglia inversa
piano di faglia
Come abbiamo visto le faglie sono il prodotto di una deformazione fragile ed
improvvisa, le pieghe invece sono formate da un lento e continuo
cambiamento in condizioni di deformazione duttile.
Tuttavia i due processi non sono del tutto separati, ma anzi talora sono l'uno
conseguenza dell'altro.
In certe condizioni ad esempio il piegamento può portare ad un fagliamento
come deformazione progressiva; oppure livelli di materiali più resistenti
interstratificati con livelli più teneri mostreranno un fagliamento, mentre quelli
più teneri si piegheranno.
Alcuni piegamenti possono addirittura essere conseguenza delle faglie come
avviene nei sovrascorrimenti che producono delle pieghe anticlinali da ramp
intervallate da delle pieghe sinclinali.
tipica sequenza di
sovrascorrimento
più sovrascorrimenti che
creano una struttura a
falde.
CENNI SULLA SITUAZIONE TRENTINA
La gran parte delle valli trentine ha avuto origine da una frattura,
un “invito” formatosi nella discontinuità della massa rocciosa su
cui hanno operato gli agenti erosivi: corsi d’acqua, gelo/disgelo,
glaciazioni.
Due importanti faglie del trentino sono la “Linea del Tonale” su
cui si è formata la Val di Sole e la “Linea delle Giudicarie” che ha
dato origine alle valli Rendena e Giudicarie.
Queste si uniscono nella crosta terrestre nella zona di Dimaro.
Alcune faglie correlate e di minori dimensioni si possono
osservare bene anche su alcune strade: da Calliano a Folgaria, da Ranzo
a Vezzano.
Faglie di Linea Tonale e Linea Giudicarie
I FOSSILI
All'inizio del 1800 gli scienziati giunsero finalmente alla conclusione che i
fossili erano i resti più o meno modificati di organismi vissuti milioni di anni
prima, e da allora la paleontologia (studio degli esseri antichi), la scienza
che li studia, ha fatto enormi balzi in avanti.
Più anticamente le idee erano molto confuse e la teoria maggiormente
accreditata considerava i fossili, queste strane pietre dalla forma bizzarra,
come forme di vita a cui Dio non aveva distribuito l'anima, in due parole
esseri viventi mancati. In realtà già nel rinascimento un noto scienziato
aveva più o meno capito tutto, Leonardo da Vinci.
In maniera molto semplice si può definire un fossile come il risultato di un
processo che inizia con la morte di un qualche essere vivente, prosegue con il suo
seppellimento e termina con la sostituzione delle molecole organiche dell'essere
stesso con le molecole inorganiche presenti nel sedimento in cui è seppellito.
In realtà solo una piccolissima parte degli organismi vissuti nel passato
si è conservata allo stato fossile.
Normalmente i resti di un animale o di una pianta si decompongono
completamente nel giro di pochi anni non lasciando alcuna traccia della loro
breve esistenza.
Affinché ciò non avvenga occorrono due distinte condizioni:
che l'organismo subisca un rapido seppellimento
che l'organismo possieda delle parti dure (vedremo che questa
seconda condizione non sempre necessita di essere soddisfatta).
In quest'ottica si capisce perché solo le rocce sedimentarie possono
conservare dei fossili al loro interno; va da sé infatti che i processi che
formano una roccia metamorfica o un roccia ignea distruggerebbero
completamente l'organismo.
La paleontologia, è una branca della geologia che si occupa dello studio
delle antiche forme di vita e si basa sull'esame dei fossili, ossia dei
resti o delle impronte di organismi del passato, che si sono conservate fino
a noi. La maggior parte dei fossili ritrovati rappresentano resti parziali di
animali (denti, ossa, frammenti di conchiglie ecc...), è infatti molto raro
ritrovare resti di animali completi. Questi sono casi eccezionali dovuti a
speciali condizioni climatiche e geologiche che possono permettere una
perfetta conservazione (come i mammut trovati congelati nella tundra
siberiana e dell'Alaska).
In figura numerosi gusci di
ammoniti in rocce calcaree
del Giurassico.
Esistono diverse modalità attraverso le quali i resti di un essere vivente
possano trasformarsi in fossile: uno molto spettacolare è quello della
pietrificazione.
la sostanza organica originaria viene sostituita da composti inorganici che si
trovano nelle acque circolanti nel sottosuolo; molti minerali possono fungere
da agenti litificanti come la calcite (CaCO3), o la silice (SiO2).
legno opalizzato (Australia).
pezzi di tronco
silicizzati
(foresta
pietrificata
Arizona, Stati
Uniti)
Si considera un fossile anche una semplice impronta: se per esempio
una conchiglia, rimasta sepolta nei sedimenti, viene nel tempo
completamente sciolta dalle acque sotterranee, nella roccia sedimentaria
potrebbe rimanere una sua impronta (o un suo calco esterno) in grado
di riprodurre fedelmente la forma esterna originaria. Rispetto agli altri
processi di fossilizzazione questo rimane comunque il più incompleto, dal
momento che, ovviamente, non fornisce alcuna informazione sulle
strutture interne.
La carbonizzazione è un altro tipo di fossilizzazione ed è particolarmente
adatto alla conservazione dei vegetali e degli animali privi di "parti dure".
Questa si ha quando la pressione del sedimento, che deve essere molto
"fine", provoca la fuoriuscita dei componenti liquidi e gassosi
dall'organismo e alla fine rimane solo una sottile pellicola esterna che
testimonia la sua presenza.
A volte anche questa sottile pellicola viene persa, ma il fine sedimento
carbonioso, nella quale il fossile era inglobato, conserva comunque una
controimpronta estremamente dettagliata. Lo studio dei grandi
giacimenti di carbone europei e americani ha messo in evidenza che essi
si sono formati lungo antiche zone costiere di tipo paludoso che venivano
periodicamente invase dal mare. Quando questo avveniva, tutti i
sedimenti biologici che fino a quel momento si erano deposti, venivano
coperti da uno strato di sabbie e argille, preservandoli così dalla
decomposizione.
Nella foto accanto un'ape
fossile conservata come una
sottile pellicola carboniosa.
Organismi delicati come gli insetti raramente si conservano in questo
modo, e di conseguenza i loro fossili sono piuttosto rari; infatti è
necessario non solo che venga evitata la loro decomposizione, ma anche
la pressione del terreno sovrastante, che li schiaccerebbe totalmente.
Molti resti di insetti preistorici sono comunque giunti fino a noi intrappolati
nell'ambra. Questa è una comune resina di una pianta preistorica che ha
inglobato l'insetto quando era ancora liquida; con il passare del tempo
questa resina si è indurita fino a diventare dura come una roccia ed ha
trattenuto al suo interno l'insetto.
Dal momento che ci si rese conto
che a particolari periodi della storia
della Terra corrispondevano
particolari fossili, questi diventarono
il mezzo migliore per correlare rocce
della stessa età, ma presenti in
regioni diverse.
insetto
racchiuso
nell'ambra
Sono quindi stati individuati dei fossili guida, cioè fossili di quegli
organismi che ebbero una contemporanea e ampia distribuzione
geografica, e una durata molto limitata nel tempo;
la presenza di questi fossili in rocce diverse indica che queste
hanno la stessa età.
I fossili inoltre possono fornire importanti informazioni anche sulle
caratteristiche dell'ambiente del passato.
Per esempio i fossili di bivalvi (es. le cozze) in un calcare indicano che
quel calcare si è deposto in un mare poco profondo dal momento che i
bivalvi hanno bisogno di luce (non proprio loro, ma gli organismi di cui si
nutrivano).
Così ad esempio esaminando i vari tipi di fossili possiamo ricostruire
approssimativamente la paleolinea di una costa.
Alcuni esemplari di fossili di corallo ci possono addirittura fornire indicazioni
sulla temperatura del mare in quel periodo, visto che alcune di queste
specie vivono solo a determinate temperature.
Accanto il fossile di Archaeopteryx
conservato in sedimenti di una laguna
giurassica presso Solnhofen, Germania. Si
ritiene che sia il lontano collegamento tra
uccelli e dinosauri.
Esemplare di
palma fossile
dell'Eocene
trovato presso
Verona.