ANNO PASTORALE 2016/2017 Vivere da discepoli missionari

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“Verso la tua Parola
guida il mio cuore”
ANNO PASTORALE 2016/2017
Vivere da discepoli missionari,
testimoni della gioia del Vangelo
Celebrazione Eucaristica presieduta dall’Amministratore Apostolico
S.E. Mons. Benigno Luigi Papa
e avvio del cammino pastorale diocesano 2016-2017
Omelia e linee guida per le Comunità dell’Arcidiocesi
Venerdi 30 settembre 2016, ore 18
Basilica Cattedrale “S. Maria Assunta”
Fratelli e sorelle carissimi,
ho pensato di dare ufficialmente inizio all’anno pastorale con questa
concelebrazione della santa Eucaristia, perché essa esprime al meglio la
nostra identità di Chiesa di Dio - Suo popolo, Suo Corpo - ci rende consapevoli del dovere di gratitudine che abbiamo verso di Lui per essere
stati fatti degni di essere suoi figli e della responsabilità che abbiamo
di far fruttificare i doni di grazia ricevuti con l’esercizio della missione
che siamo chiamati a svolgere nella Chiesa e nel mondo.
Giungiamo a questo appuntamento dopo una seria riflessione che la
nostra Diocesi ha avviato sull’Esortazione Apostolica “Amoris Laetitia”, prezioso dono di grazia offerto da Papa Francesco ad ogni famiglia
ed alla famiglia delle famiglie che è la Chiesa, nel corso del giubileo
straordinario della misericordia. È stata una riflessione sul Magistero di
Papa Francesco che la Diocesi, a mio modesto avviso, dovrà continuare
a fare per essere in grado di trascrivere il testo nella prassi pastorale
ordinaria della vita della Chiesa.
So che nella mia qualità di Amministratore Apostolico non posso e
non debbo tracciare programmi pastorali di lunga scadenza, ritengo,
tuttavia, di farvi cosa gradita se mi permetto di offrirvi alcuni suggerimenti pastorali che ritengo utili per la vita e la missione della Chiesa.
1. Il primo mi è proposto dalla memoria liturgica di S. Girolamo, il
quale, come è noto, diceva che “l’ignoranza della Scrittura è ignoranza
di Cristo”. Egli ci invita ad amare la Sacra Scrittura, a cercare nella
lettura assidua e orante di essa la Parola di Dio, a porre la vita perOmelia di avvio anno pastorale
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sonale e l’attività pastorale sotto la sua luce e la sua forza. La Chiesa
infatti è opera di Dio e soltanto Lui può aprire il cuore dell’uomo alla
fede e far sì che essa produca frutti nella perseveranza; soltanto Dio
può far crescere una comunità cristiana ed operare che essa viva sempre
radicata nel suo amore. Dio con la sua Parola, non solo genera sempre
nuovi figli alla vita nuova del Vangelo, ma con essa anche li educa
perché annuncia eventi di grazia, insegna, illumina, esorta, incoraggia,
consola, libera, infonde speranza, ma anche scuote dall’indifferenza e
dal pessimismo, rimprovera, processa, giudica, condanna, punisce, perdona, sempre animata dall’amore di un Padre che non vuole la morte
ma la vita dei suoi figli. Perciò la Parola di Dio è sempre “Parola della
sua Grazia” (At 20,32), espressione del suo amore paterno che modula
i suoi interventi in modo sempre puntuale ed efficace.
Giovanni Paolo II invitava i predicatori del Vangelo ad avere una
grande familiarità personale con la Parola di Dio per poterLa annunciare. Non è sufficiente che essi conoscano il suo aspetto linguistico
ed esegetico, che pure è necessario, ma è doveroso che essi accolgano
“la Parola di Dio con cuore docile e orante perché essa penetri a fondo
nei loro pensieri e sentimenti e generi in loro una mentalità nuova”
(Pastores dabo vobis 26). Papa Francesco aggiunge che non solamente
l’omelia deve alimentarsi dalla Parola di Dio ma tutta l’evangelizzazione è fondata su di essa: ascoltata, meditata, vissuta, celebrata e testimoniata. La Sacra Scrittura è fonte dell’evangelizzazione. La Chiesa non
evangelizza se non si lascia continuamente evangelizzare dalla Parola
di Dio. È indispensabile che essa diventi sempre più il cuore di ogni
attività ecclesiale (EG 174).
2. Il secondo suggerimento che vorrei darvi riguarda il giubileo straordinario della misericordia. Dobbiamo continuare a viverlo con sentimenti di profonda gratitudine al Santo Padre che ci ha fatto dono di uno
straordinario tempo di grazia finalizzato ad un profondo rinnovamento
della nostra vita cristiana personale e comunitaria. Questo obiettivo va
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Basilica Cattedrale “S. Maria Assunta” - Venerdì 30 settembre 2016
perseguito con serietà e perseveranza per dare credibilità alla nostra
azione pastorale. Dobbiamo, tuttavia, anche sapere che, con la chiusura
del giubileo straordinario della misericordia, la Chiesa non cessa di
essere Madre di Misericordia, perché l’anno del giubileo della misericordia, inaugurato da Gesù con il suo discorso programmatico tenuto
nella sinagoga di Nazaret (Lc 4,18), non dura 365 giorni ma tutto il tempo che va dalla Pasqua di Gesù fino al suo secondo ritorno alla fine
dei tempi. Per questo abbiamo sempre bisogno di contemplare il mistero della misericordia di Dio e tener presente il risvolto ecclesiologico
ed antropologico che scaturisce da tale contemplazione che dobbiamo
incarnare nella nostra vita e in quella delle nostre comunità cristiane.
Il Santo Padre afferma che la Chiesa come sacramento di Cristo
“volto della misericordia del Padre”, deve fare della misericordia “l’architrave che sorregge tutta la sua vita. Tutto, della sua azione pastorale,
dovrebbe essere avvolto dalla tenerezza con cui si indirizza ai credenti.
Nulla del suo annuncio e della sua testimonianza verso il mondo può
essere privo dell’amore. La credibilità della Chiesa passa attraverso la
strada dell’amore misericordioso e compassionevole” (MV 10). Non
dobbiamo mai dimenticare che “la prima verità della Chiesa è l’amore
di Cristo. Di questo amore la Chiesa si fa serva e mediatrice verso gli
uomini, pertanto dove la Chiesa è presente là deve essere evidente la
misericordia del Padre: nelle nostre parrocchie, nelle comunità, nelle
associazioni e nei movimenti, insomma, dovunque ci sono dei cristiani
chiunque deve poter trovare un’oasi di misericordia” (Ibid. 12).
Già nell’Evangelii Gaudium papa Francesco aveva scritto che la
Chiesa vive “un desiderio inesauribile di misericordia” (EG 24), e “senza sminuire il valore dell’ideale evangelico bisogna accompagnare con
misericordia e pazienza le possibili tappe di crescita della persona che
si viene costruendo giorno per giorno” (Ibid. 44).
Luogo privilegiato dell’esercizio della misericordia è il sacramento della confessione che è affidato in maniera esclusiva all’azione dei
sacerdoti. Carissimi fratelli nel sacerdozio, mi sono accorto in questi
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pochi mesi che sono tra voi quanto vi stia a cuore il sacramento della
confessione, e per la crescita della vostra vita spirituale personale e per
la crescita della vita cristiana dei vostri fedeli. Ricordiamo sempre le
parole del Papa: “il confessionale non deve essere sede di tortura, bensì
il luogo della misericordia del Signore che ci stimola a fare il bene possibile” (EG 44).
La Chiesa potrà essere oasi di misericordia se noi cristiani otteniamo
la grazia di essere misericordiosi come il Padre, e modelliamo il nostro
stile di vita personale su quello di Gesù, ricordando che “alla sera della
vita saremo giudicati sull’amore” (MV 15).
3. Infine il terzo consiglio pastorale che desidero darvi è vivere come
discepoli missionari, testimoni della gioia del Vangelo. È quanto ci
invita a fare, tra l’altro, il Santo Padre con la sua Esortazione programmatica sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale. Essere persone
felici di aver incontrato nel Signore Gesù la risposta a quel bisogno
profondo del nostro cuore e condividere tale gioia con quante più persone è possibile.
Il primato della testimonianza su altre forme di comunicazione del
Vangelo, oltre ad essere fondato sulle parole del Risorto agli Apostoli
“sarete miei testimoni … fino ai confini della terra” (At 1,8), è affermato dal Concilio e da Paolo VI del quale è nota la frase della sua esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi: “l’uomo contemporaneo ascolta
più volentieri i testimoni che non i maestri, e se ascolta i maestri lo fa
perché sono suoi testimoni” (EN 41).
Non bisogna mai dimenticare che la fede cristiana resta una realtà viva e visibile soltanto attraverso la testimonianza dei credenti. Se
nella chiesa, Dio non voglia, venisse meno la testimonianza di fede il
volto della Chiesa sarebbe completamente snaturato. Essa non sarebbe
più il popolo di Dio che cammina con fede nella storia verso il Regno,
ma un aggregato di persone cultori del sacro, amanti del folclore religioso, rappresentanti di un’accademia delle religioni o dell’estetica. La
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testimonianza del Vangelo suppone un’esperienza di fede vissuta. “Non
possiamo tacere – dicono Pietro e Giovanni alle autorità religiose di
Gerusalemme che avevano proibito di annunciare Gesù come Signore e
Messia – ciò che abbiamo visto e udito” (At 4,20).
Vedere e udire sono i verbi caratteristici dell’esperienza di fede. La
testimonianza di Gesù suppone la familiarità con Lui presente nell’Eucaristia, nella Scrittura Santa, nella comunione di credenti, nei poveri.
Possiamo essere testimoni di Gesù e della gioia del suo Vangelo se viviamo sempre come suoi discepoli, attenti non soltanto a capire bene il
suo messaggio, la sua dottrina, ma anche e soprattutto a capire la sua
modalità di vita che in quanto discepoli siamo chiamati a condividere.
E dal momento che con Gesù è entrata nel mondo la gioia e il cristianesimo è la religione della gioia, essere testimoni di Gesù vuol dire vivere
la nostra esperienza umana nella gioia più profonda del nostro cuore.
Si tratta di una gioia tutta speciale, perché è dono dello Spirito, perché
è garantita a quanti ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica, e
soprattutto perché resta presente anche nei momenti di sofferenza. Per
raggiungere questo obiettivo è necessario mantenere sempre vivo il nostro incontro personale con Gesù e lasciarsi guidare dal suo Spirito che
è la sorgente inesauribile della gioia.
Fratelli e sorelle carissimi, viviamo una stagione bellissima della
Chiesa, illuminata dall’esempio e dal magistero del Santo Padre che,
con le sue Esortazioni Apostoliche Evangelii Gaudium e Amoris Laetitia,
apre sì prospettive pastorali nuove ma che sono tutte ancorate al Vangelo, fedeli al Concilio e alla tradizione apostolica di Paolo VI, Giovanni
Paolo II e Benedetto XVI.
Per intercessione di Maria, Madre della Lettera, chiediamo al Signore la grazia di accogliere con gratitudine il magistero di Papa Francesco
e di impegnare tutte le nostre forze per scriverlo nella nostra vita personale e nella pastorale quotidiana delle nostre comunità.
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