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Dispense Storia dell'Igiene

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Igiene generale
e degli alimenti
Dott.ssa Carmela Colica
Master di I livello
Direttore dei servizi socio-sanitari
Indice
Definizione di igiene
Storia dell’Igiene
1
Dalle origini ai giorni nostri, come è cambiato il concetto di Igiene e Salute
2
Etimologia della parola Igiene
2
Gli albori dell’Igiene
2
Le prime testimonianze scritte
3
L’Igiene nell’antica Roma
5
La decadenza igienica dei secoli bui
6
La nascita di nuove regolamentazioni
9
Era moderna, malattie ‘moderne’
11
L’epoca delle esplorazioni
12
Cambia il secolo, cambiano le regole
14
Il secolo dei lumi
15
Ottocento, nasce l’epidemiologia
17
Novecento, il secolo dell’Igiene
21
Una nuova definizione di Salute
24
La svolta nell’Igiene degli alimenti
25
L’evoluzione parallela dell’Igiene ‘pubblica’ e ‘degli alimenti’
28
Enti e leggi sanitarie nell’Italia del XX secolo
31
Le riforme del ventennio fascista
33
Le leggi sanitarie della prima Repubblica
36
La privatizzazione della Sanità
38
La Sanità italiana del III millennio
41
La normativa CEE
44
Il Codex Alimentarius
47
Il Libro Verde
50
L’HACCP
52
Il Libro Bianco
54
Il regolamento CE n. 178/2002
58
Il Pacchetto Igiene
60
Il concetto di qualità
65
Le nuove sfide dell’Igiene
69
Definizione di Igiene
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità
(OMS), l’Igiene è la disciplina che si occupa della
promozione,
del
potenziamento
mantenimento
dello
stato
di
e
salute
del
della
popolazione, intendendo per salute una condizione
di completo benessere fisico, psichico e sociale.
È una disciplina appartenente alle scienze biosanitarie
che,
attraverso
il
potenziamento
di
fattori utili alla salute e l’allontanamento o la
correzione
malattie,
dei
tende
fattori
a
responsabili
conservare
uno
delle
stato
di
benessere fisico, mentale e sociale dei singoli e della
collettività.
È
l’esigenza
dell’uomo,
inserito
nella
sua
comunità, di evitare la malattia, le menomazioni e
una morte precoce.
1
Storia dell’Igiene
Dalle origini ai giorni nostri, come è cambiato
il concetto di Igiene e Salute
Che
l’Igiene
generale
e
l’Igiene
degli
alimenti
si
siano
evolute
contemporaneamente è ovvio, in quanto la seconda può essere considerata parte
integrante della prima; perciò, per meglio comprendere il loro stretto legame, la loro
storia verrà trattata parallelamente.
Etimologia della parola Igiene
La parola “igiene” deriva dal greco Ὑγίεια (Ighìeia che significa “salute”,
“rimedio”, “medicina”) una divinità della mitologia greca e, successivamente, romana.
Igea è raffigurata sotto l’aspetto di una giovane donna prosperosa, nell’atto di
dissetare con una coppa un serpente.
Il serpente è il simbolo della Madre Terra, dunque Igea si prende cura della
terra, ossia piante e animali (uomo compreso). Nella mitologia romana, Igea viene
indicata come Salus o Valetudo, sinonimi, in latino, di (buona) salute.
Il culto di Igea è associato strettamente a quello del padre Asclepio, tutelando in
questo modo l’intero stato di salute dell’individuo.
Igea viene invocata per prevenire malattie e danni fisici; Asclepio per la cura
delle malattie e il ristabilimento della salute persa.
Gli albori dell’Igiene
L’igiene non è nata in epoca moderna, ma è antica quanto il mondo.
In generale sono le religioni i primi “ministeri della sanità”, con prescrizioni sulla
pulizia del corpo (comprese le abluzioni rituali), sul consumo dei cibi, sull’isolamento
di malati infettivi. Le indicazioni medico-igieniche sono precetti sacri, in cui il fine
sanitario e quello religioso sono complementari: se lo dice un dio è di sicuro effetto.
2
Già nell’antico Egitto e nella civiltà Minoica vengono promulgate leggi, norme di
Igiene pubblica da osservare nella vita di comunità e provvedimenti
eseguiti
mediante opere pubbliche di utilità sociale. Nell’antica civiltà egizia, l’arte culinaria è
praticata da medici e sacerdoti, i loro trattati consistono in lunghe compilazioni di
ricette e precetti igienici.
Nel Huangdi Neijing Su Wen (Libro Esoterico dell'Imperatore Giallo), un antico
trattato di Medicina Tradizionale cinese del 2697 a.C., le principali misure dietetiche e
igieniche, sono rivolte al beneficio dell’individuo come parte della comunità.
Nel I capitolo leggiamo:
Gli uomini dell’alta antichità erano osservanti della Via.
Si regolavano sullo Yin/Yang e raggiungevano l’armonia con le pratiche e i numeri.
Bevevano e mangiavano con misura,
lavoravano e si riposavano con regolarità,
non si estenuavano in attività sconsiderate.
Potendo così mantenere l’unione del corpo e degli Spiriti,
arrivavano alla fine dell’età naturale e, CENTENARI, se ne andavano.
Notiamo come viene evidenziato che l’osservanza della via fosse la moderazione
e la pratica dell’alternanza regolare lavoro-riposo.
La religione ebraica dà molto rilievo all’igiene: la Bibbia è piena di prescrizioni
rituali, miranti a tutelare non solo l’individuo, ma anche la collettività. Presso gli
antichi ebrei, la salute della comunità è perseguita sia con norme di igiene alimentare
che di igiene generale, infatti, per la prima volta nella storia dell’umanità, viene
sancita la necessità del riposo fisico a intervalli regolari (l’osservazione del Sabato, che
per la religione ebraica è il giorno in cui Dio, finita la Creazione, si riposò).
Significative sono le prescrizioni impartite da Mosè (1400 – 1200 a.C.) per la raccolta,
la preparazione e la conservazione della manna da utilizzare nel giorno di Sabato, in
modo che non vada a male.
Greci ed Etruschi conoscono le correlazioni tra terreno paludoso e febbri
malariche, ovviando a ciò mediante bonifiche dei terreni. Aristotele, per esempio, nella
Costituzione degli Ateniesi, parla dell’esistenza di un “assessorato” che dirige il lavoro
dei coprologi, gli spazzini di allora, che hanno il compito di portare i rifiuti ad almeno
due chilometri dalla città, liberando il centro urbano dal suo principale problema:
l’accumulo d’immondizia nelle vie. Galeno conosce la relazione tra tipo di attività
lavorativa e durata della vita: “la vita di molte persone è legata alla loro professione, è
inevitabile che vengano danneggiate dal lavoro che fanno”.
3
Le prime testimonianze scritte
Per quanto riguarda l’Igiene degli alimenti, fin dall’antichità si sente l’esigenza
di emanare norme che disciplinino le filiere agroalimentari, dalla produzione primaria
alla commercializzazione dei prodotti finiti.
Già Hammurabi, re di Babilonia dal 1792 al 1750 a.C., pone le prime basi scritte
per tutelare i consumatori dalle frodi alimentari e quindi per garantire loro la qualità
dei prodotti sottolineando in tal senso la responsabilità del produttore e del venditore.
Il cosiddetto codice di Hammurabi è inciso in una stele cilindrica in diorite nera, alta
2,25 m, nelle cui parte superiore è raffigurato lo stesso Hammurabi, in piedi al
cospetto del dio Marduk, il sovrano celeste di Babilonia, che gli porge il cerchio e il
bastone, simboli tradizionali del potere regale. All’inizio c’è un prologo, nel quale il
re celebra la propria potenza e la propria autorità, dovute non soltanto alla
benevolenza degli dei, ma anche al fatto che il suo potere è legittimo e giusto
appunto
perché
difende
il
diritto.
Seguono
poi
282
articoli
senza
ordine
sistematico (concernenti la proprietà, la famiglia, la successione, le offese fisiche,
gli affitti, i salari, gli schiavi, gli animali e così via) e, infine, un epilogo, che
ribadisce i concetti del prologo: “Ogni uomo oppresso che abbia in corso una
contesa venga presso questa stele e legga con attenzione le mie preziose parole:
possano esse chiarire il suo caso. Io, Hammurabi, sono il re del diritto, al quale
Marduk ha affidato le leggi”. Per quanto riguarda l’Igiene alimentare, nel corpus delle
sue leggi troviamo ad esempio, riferimenti al grano (usato anche come moneta di
scambio), all’olio di oliva, alla birra e disposizioni riguardanti la violazione degli
standards stabiliti per la produzione di detta bevanda, così come la sua vendita in
locali privi della licenza richiesta. Le sanzioni sono molto severe e prevedono in certi
casi la condanna a morte come nel caso di chi è colto ad annacquare la birra.1 È
interessante ricordare che già in questo codice si trovano riferimenti alla professione e
alla responsabilità veterinaria.2
1 Legge 108: “Se una taverniera tenutaria di una taverna non accetta frumento secondo il peso lordo per il pagamento
della birra, ma prende denaro, o se ricevendo il frumento, annacqua la birra, sia condannata e gettata nell’acqua.”
2 Legge 224: Qualora un chirurgo veterinario esegua una seria operazione su un asino od un bue, e lo curi, il
proprietario pagherà come compenso al chirurgo un sesto di shekel (il conio del tempo).
Legge 225: Qualora egli esegua una seria operazione su un asino od un bue, e lo uccida, pagherà al proprietario un
quarto del suo valore.
4
L’Igiene nell’antica Roma
I Romani tengono in forte considerazione la sanità e l’igiene pubblica:
vespasiani, acquedotti, e i loro ospedali pubblici sono rimasti insuperati fino ai tempi
moderni. Le terme, l’ordinamento dei parchi, la sorveglianza igienica sugli alimenti, le
cloache e le leggi sanitarie a difesa della salute pubblica sono ampiamente diffuse in
tutto l’impero; Roma diviene maestra di igiene sociale nel mondo.
Nella Grecia e a Roma l’igiene ha un significato purificatore: anche se non si
conosce il sapone, sono molto diffusi bagni a varia temperatura, massaggi, e la pulizia
della pelle si effettua con lo strigile3 e unguenti profumati.
I Romani, con acquedotti e terme, mettono in pratica le raccomandazioni
sull’igiene di esperti greci come Ippocrate, Erodico e Galeno.
Nella Roma imperiale 22 acquedotti portano ogni giorno più di un miliardo di
litri d’acqua corrente (circa 500 litri a persona) non contaminata e garantiscono a più
di un milione di persone di bere, lavarsi ed espletare in sicurezza i propri bisogni
fisiologici.
I Romani hanno un atteggiamento positivo nei riguardi dell’igiene pubblica e
personale: la considerano indispensabile e addirittura di origine divina, così che tutti i
cittadini la praticano come un diritto oltre che come un dovere.
L’istituzione delle Terme consente a chiunque, anche ai non abbienti, di aver
cura del proprio corpo limitando in tal modo il diffondersi delle malattie.
Già nel VI secolo a.C. a Roma viene realizzata la Cloaca Maxima, una delle
prime grandi opere di urbanizzazione. Probabilmente la più antica fogna ancora
funzionante al mondo. Inoltre s’intraprendono diverse misure per la salvaguardia delle
condizioni igienico-sanitarie.
Norme igieniche generali: leggi regolano lo smaltimento dei rifiuti urbani, le
fognature, lo svuotamento dei pozzi neri, la manutenzione delle strade.
Acqua: bonifica di zone paludose insalubri e malariche mediante la costruzione
di canali di drenaggio, sorveglianza dello smaltimento delle acque di rifiuto,
costruzione di acquedotti.
3 strumento in metallo o avorio costituito da un manico diritto e da una parte terminale ricurva e concava che veniva
passata sulle membra. Impiegato alle terme o in palestra, per detergere dal corpo la mistura di olio, unguenti e sabbia
usata per pulirsi.
5
Igiene mortuaria: i cadaveri sono bruciati e le ceneri riposte in urne e
depositate in tombe comuni o familiari. Poveri, schiavi e animali sono gettati in fosse
comuni a cielo aperto. Sia la cremazione sia la sepoltura dei cadaveri (inumazione)
deve avvenire fuori della città.
Igiene alimentare: sorveglianza sui generi alimentari, particolarmente grano e
carni. Controllo di qualità sui prodotti in vendita nei mercati. Sappiamo che a Roma le
derrate alimentari messe in commercio, ed anche le carni, sono controllate da
apposite autorità statali: gli Edili Curuli, tra i loro compiti vi è quello di visitare le
botteghe di generi alimentari e di controllarne le merci. Agli edili Curuli, patrizi, Cesare
nel 44 a.C. aggiunge due edili Ceriali, plebei, col compito di occuparsi dell’annona;
Augusto intorno al 7 a.C. affida questo incarico ai Prefetti dell’annona4, tra i cui
compiti c’è quello di sovrintendere all’immagazzinamento delle enormi scorte di grano
con metodi che ne permettano la perfetta conservazione per lunghi periodi di tempo.
Il mercato in cui vengono convogliate le merci destinate alla vendita è il
macellum: si tratta di un mercato specializzato nella vendita al dettaglio di carne,
pesce e commestibili vari. Il primo esempio di macellum compare a Roma nella
seconda metà del III secolo, rimanendo un unicum fino al 179 a.C., quando viene
eretto in città un secondo mercato da Marco Fulvio Nobiliore. Successivamente,
diventa un elemento fisso dell’urbanistica romana: lo testimoniano il Macellum Liviae
sull’Esquilino di età augustea e il Macellum Magnum sul Celio di età neroniana. Da
questo momento inizia la diffusione dell’edificio anche fuori del territorio strettamente urbano.
La decadenza igienica dei secoli bui
Ma durante i secoli che seguono alla caduta dell’Impero Romano, man mano
che la gente lascia le città e si disperde nei campi, nei villaggi sulle montagne, per
sottrarsi alle invasioni barbariche, alle guerre e ai costi che la vita ha raggiunto nei
grandi agglomerati urbani, la cura dell’igiene personale e pubblica si va rarefacendo.
Per dare un’idea della totale mancanza di una seppur minima concezione
igienica basti conoscere lo stratagemma adottato dalle donne longobarde per
salvaguardare la loro virtù dagli istinti degli invasori, che tengono nelle parti intime,
appesa ad una cordicella, una coscetta di pollo, la quale, putrefacendosi, emana un
odore nauseabondo, che respinge l’orripilato assalitore!
4 Prefetti al vettovagliamento, funzionari equestri preposti alla supervisione dei rifornimenti di grano.
6
In questo contesto di abbandono e ignoranza, spicca la figura di Carlo Magno e
non solo nel campo dell’igiene. Egli, nel suo De villis, una raccolta di norme per la
conduzione di una fattoria, dà suggerimenti di carattere igienico, ad esempio
raccomanda, tra l’altro, che tutti i cibi e le bevande che dovranno essere utilizzati
come ‘provviste’ siano preparati e conservati con estrema pulizia.
La Scuola Salernitana (XI secolo) rivaluta l’importanza dell’igiene alimentare,
Federico II, applicando le norme salernitane, stabilisce nella prima metà del XIII
secolo, una legislazione relativa all’igiene pubblica nel Sacro Romano Impero
all’avanguardia per l’epoca.
Ma, il problema del tempo è la difficoltà di comunicazione, nell’Italia di allora le
norme emanate nelle capitali difficilmente raggiungono le popolazioni sparse nelle
campagne o arroccate sulle montagne, inoltre la frammentazione politica impedisce la
trasmissione delle conoscenze tra i vari stati; senza considerare che la nostra
penisola, è comunque progredita in campo igienico rispetto al resto d’Europa.
Si suole affermare addirittura che forse un uomo si lava solo due volte nella
vita: dopo essere nato e il giorno delle nozze.
Di certo non esistono, anche nelle abitazioni dei ricchi, stanze delegate alle
pratiche igieniche. Una donna che si lavi più spesso della comune norma è considerata
di facili costumi. Gli abiti, anche quelli festivi, non si lavano mai o molto raramente, e
vengono indossati nonostante siano sporchi e maleodoranti.
Si può facilmente intuire che in questo contesto sociale l’igiene urbana non sia la
preoccupazione principale: è consuetudine gettare
tutto fuori dalla porta o dalla
finestra, nelle strade si formano fiumi di acqua sporca e liquame, che favoriscono le
grandi epidemie, come la “peste nera” di inizio Trecento.
È facile immaginare come, in questa situazione di “decadenza igienicosanitaria”, la popolazione sia facile preda delle più diverse tipologie di germi patogeni.
È
in
quest’epoca,
infatti,
che
si
verificano
terribili
epidemie
che
decimano
letteralmente gli abitanti di tutta l’Europa: le cosiddette ‘pestilenze’ (con questa parola
si indicava qualsiasi malattia epidemica rapidamente diffusibile anche per cause
diverse dal contagio vero e proprio).
Dal XII secolo in Europa c’è una pestilenza ogni 10-15 anni. L’epidemia di peste
bubbonica dal 1347 al 1350 causa in Europa 43 milioni di morti. Oltre alla peste c’è
poi la lebbra, il colera, la malaria, il vaiolo, lo scorbuto....
Di qui la necessità di separare i malati dal resto della comunità.
7
Con la caduta dell’impero romano e l’entrata in crisi della struttura legislativa
dello Stato, la Chiesa cattolica rappresenta la struttura che si fa carico di problemi
come l’assistenza e la tutela della salute pubblica, intese non come prevenzione ma,
piuttosto, quasi come ‘repressione’, adottando misure come: l’allontanamento e
l’espulsione dalle città dei malati, la sepoltura dei morti fuori città, la proibizione dei
funerali (intesi come visite a casa del defunto e accompagnamento alla sepoltura), il
rogo di suppellettili e case dei malati, l’obbligo di denuncia della malattia,
l’allontanamento dalla città per 10 giorni delle persone che avessero assistito i malati.
Vengono accesi fuochi in cui si gettano unguenti, resine, erbe aromatiche con l’inutile
intento di depurare l’aria dai miasmi che si ritiene diffondano il male. Le navi che
provengono da paesi sospetti devono rimanere fuori dal porto almeno per 40 giorni
(da qui il termine quarantena).
In Italia nel Medioevo così come nel periodo feudale e poi dei Comuni e delle
Signorie si consolidano una serie di norme disciplinanti materie proprie dell’igiene
pubblica:
 disposizioni concernenti fiere e mercati
 trasporti e commercio di derrate
 canalizzazione e deflusso di acque sporche
 bonifica delle terre paludose
 costruzione di impianti fognari e acquedotti
 pulizia delle piazze.
Tali disposizioni assolvono, comunque, più ad esigenze di prelievo fiscale
piuttosto che a motivazioni sanitarie. Il potere civile non si occupa delle esigenze
sanitarie e quando se ne occupa è solo per necessità produttivistiche. Lo Stato non si
fa carico della salute di tutti, le informazioni ‘scientifiche’ sono patrimonio di pochi.
Il concetto di salute esteso a tutti deve attendere fino al Rinascimento, dopo le
lotte per la conquista dei diritti universali.
Nasce in quest’era la pratica dell’assistenza caritativa agli ammalati ed ai
poveri. Nei primi secoli dell’anno mille sono gli Ordini e le Congregazioni religiose che
creano e gestiscono strutture di ricovero per anziani, derelitti e malati di malattie
gravi e croniche, mentecatti, strutture di asilo per viandanti e lazzaretti per malati
durante le epidemie. Tutti gli ospedali nascono come OPERE PIE da donazioni di
benefattori che lasciano il loro patrimonio per la costituzione dell’ospedale oppure per
il mantenimento dell’attività assistenziale.
8
La nascita di nuove regolamentazioni
Nel Medioevo il consumo di carni, al contrario di quanto si crede, raggiunge
livelli piuttosto elevati nella dieta della popolazione urbana di tutti gli strati sociali,
nonostante il calendario liturgico imponga numerosi giorni “di magro”. La diffusa
richiesta dei consumatori e i problemi legati alla macellazione e alla vendita della
carne costituiscono un serio impegno per l’autorità cittadina, chiamata a favorire il
rifornimento dei mercati e a difendere i consumatori dalle possibili frodi e speculazioni
degli esercenti alimentari.
Le aree destinate alla macellazione sono fornite di fontane e fognature per il
deflusso delle acque di scarico, infrastrutture indispensabili per garantire livelli minimi
di igiene nelle lavorazioni delle carni e per consentire le periodiche pulizie che sono
anch’esse curate dall’organizzazione del mestiere. Nel caso in cui il macellaio venda
carni di diverso genere su uno stesso banco, queste devono essere nettamente divise
e la normativa impone l’esposizione dell’intero animale, compresa la testa, perché il
compratore possa verificarne il genere e, sulla base dello sviluppo dei denti, l’età.
Ogni giorno i macellai fiorentini allineano i loro banchi nella beccheria, intorno alla
quale si dispongono in circolo i banchi di altri generi alimentari, formando la
caratteristica “grillanda”, cioè la ghirlanda di mercato.
Tra la fine dell’XI e gli inizi del XII secolo, si costituiscono nell’Europa medievale
numerose associazioni su basi del tutto volontarie con regole rigide a cui attenersi (gli
statuti) e con un elenco preciso dei propri iscritti (le matricole).
In Italia, nell’epoca dei comuni, la Repubblica fiorentina elabora una serie di
norme e precetti – raccolti in un corpus statutario dell’arte – volti al controllo
dell’approvvigionamento alimentare della città, regolando, anche, l'espletamento di
alcuni mestieri come quello dei beccai, con ordinamenti indirizzati soprattutto a
controllare gli aspetti legati all'igiene pubblica e alla pulizia urbana.
Il corpus fissa una serie di regole che abbracciano tutti i diversi aspetti legati
alla professione, dalla commercializzazione in senso lato, ai divieti di vendita fuori
dalle botteghe, al rispetto delle festività, ai luoghi deputati e/o interdetti per uccidere
gli animali, ai tempi e le stagioni in cui macellare le diverse carni, alle dimensioni e
alla copertura del banco di vendita. Prevede sanzioni severe anche verso chi
trasgredisce le norme igieniche, come mettere accanto carni di specie o di sesso
differenti, e verso chi non ne garantisce la provenienza affinché non si vendano carni
di animali morti per cause naturali o morbose.
9
Tuttavia, gli scarti e le carcasse sono scaricati a valle del fiume Arno, senza
alcun tipo di smaltimento, ciò sta a dimostrare la concezione di Igiene dell’epoca. Solo
dopo una grave epidemia di tifo, ci si accorge che il bel fiume di Firenze e i suoi
artistici ponti sono diventati un'immonda pattumiera.
Un’altra città, osservatorio interessante della legislazione dell’epoca, è Bologna.
Questa città è una delle più popolose di Europa, grazie alle sue Università che
richiamano all’interno delle mura numerosi docenti e studenti, con l’ingente indotto
che ne deriva, rendendo di primario interesse avere sempre un approvvigionamento
alimentare adeguato al gran numero di consumatori presenti. Per questo motivo
l’autorità cittadina, considerando il rischio di carestie, vieta a chi si occupa
dell’approvvigionamento dei viveri ritenuti di prima necessità, quali farina, pane e
vino, di riunirsi in corporazioni, per evitare che attuino speculazioni sugli alimenti e
“manovrino” le carestie. Perciò queste classi sono sottoposte ad un controllo ispettivo
di competenza di ufficiali cittadini appositamente eletti. Anche a Bologna sono
emanate una serie di norme che regolamentano la produzione e la vendita di derrate
alimentari che, come a Firenze, pongono attenzione specialmente alla frode
alimentare piuttosto che alla reale igienicità dell’alimento. I macellai e i pescivendoli,
ad esempio, sono obbligati a non gettare in strada o nel fiume gli scarti delle loro
lavorazioni e a preoccuparsi della pulizia dei luoghi di vendita una volta alla settimana,
o anche più spesso in periodi di festività. A questi statuti comunali si aggiungono quelli
della società dei Beccai, in cui vi sono altre norme, come ad esempio il divieto di
gonfiare la carne se non soffiando cum sprocho5.
È uso, infatti, gonfiare i polmoni degli animali macellati per aumentare la durata
della loro freschezza, appoggiando le labbra direttamente sulla carne rischiando così il
propagarsi di infezioni, che con lo sprocho si possono evitare.
Anche il pesce, nel Medioevo, è molto consumato e apprezzato, soprattutto per il
fatto che circa un giorno su tre è vietato il consumo di carne per prescrizioni religiose.
Negli statuti cittadini del tempo le norme dedicate a chi commercia pesce sono
di gran lunga meno numerose rispetto a quelle di chi commercia carne, ma comunque
vigono diversi obblighi, ad es. quello di allestire i banchi per la vendita solamente
all’interno del mercato del pesce; ogni giorno il pesce deve essere fresco ed esposto
non in ceste bensì su banconi; ci si deve occupare della pulizia del mercato e, nel caso
il pesce non sia stato venduto, è obbligatorio procedere al taglio della coda affinché il
consumatore possa constatare, il giorno dopo, che non è fresco.
5 Cum sprocho significa con lo sprocho, una specie di tubo, simile a quello che si usa per attizzare il fuoco nel camino.
10
A garantire il rispetto delle norme è istituito un corpo di ufficiali denominati
“Ufficiali della Carne e del Pesce”, con compiti di controllo sul mercato alimentare
cittadino: intervengono sui prezzi e sulle attività legate alla commercializzazione dei
prodotti, controllano la qualità delle merci e sorvegliano qualità e salubrità dei viveri.
Dopo la peste nera che colpì l’Europa tra il 1346 e il 1348 si sente inoltre il
bisogno di creare anche degli uffici permanenti preposti a trattare gli affari di sanità:
si comincia infatti a considerare con sempre maggiore importanza il problema della
sanità collettiva, legata non solo alla salute delle persone, ma anche all’ambiente in
cui esse vivono. Proprio per questi motivi l'ufficio si trova spesso ad affrontare le
problematiche inerenti alla produzione e commercializzazione di alimenti, considerate
le attività più “pericolose” per il decoro e la pulizia della città.
L’intensificarsi delle direttive di controllo è continuo, ma questo non impedisce il
verificarsi di una varietà di trasgressioni di cui si hanno frequenti memorie nei
provvedimenti punitivi emanati nei confronti degli inadempienti: si va dalle semplici
multe pecuniarie ai provvedimenti più rigorosi, come ad es. la “serrata” della bottega,
in caso di reiterazione delle trasgressioni, o addirittura l'esilio e la galera.
Era moderna, malattie ‘moderne’
La fine del Medioevo, non segna la fine delle pestilenze, sia perché non c’è un
miglioramento delle norme igienico-sanitarie pubbliche, sia perché la ripresa dei
commerci e, di conseguenza, la fine dell’isolamento geografico di molte popolazioni
portano ad un notevole incremento dei contatti e della promiscuità.
Così, una nuova malattia, comincia a manifestarsi nel 1495 a Napoli durante
l’occupazione dei Francesi di Carlo VIII. Essa è chiamata “morbo gallico” o “mal
francese”, o, ancora, “morbo di Napoli”. Presto si diffonde in tutta Europa, nei luoghi
in cui ci sono guerre e soldati. Poiché il medico veronese Gerolamo Fracastoro scrive
un poemetto in latino in cui spiega in forma mitica l’origine del male con la favola del
pastore Sifilo, la malattia prende il nome di “sifilide”.
Nel Rinascimento la sifilide (e altre malattie gravissime) si propagano senza che
nessuno sappia spiegare come. Si diffonde la teoria che l’acqua penetri nel corpo
attraverso i pori e trasmetta le malattie; si pensa che uno strato di sporcizia sia una
protezione dalla malattie. Nell’igiene personale dell’epoca niente acqua, solo un panno
pulito per strofinare le parti visibili del corpo. La virulenza e la velocità di diffusione del
11
nuovo male è tale da essere paragonabile oggi solo al contagio verificatosi per l’AIDS,
che, per altro, avviene per le stesse vie.
Questa situazione di estrema vulnerabilità fa nascere, dopo il 1500, in tutta
Europa l’idea di Sanità pubblica, che stimola progetti per il miglioramento delle
condizioni di vita della specie umana.
Nell’opera “Utopia” del 1516 Thomas More descrive un paese perfetto nel quale
la salute dei cittadini è protetta dall’igiene e curata dalla medicina. Ospedali, acqua
potabile, assicurazione contro le malattie, accertamenti medici e altre pratiche
sanitarie sono soddisfatti dallo stato.
Nascono
in questo secolo in Inghilterra, e si diffondono in tutta Europa,
demografia e statistica sanitaria con due provvedimenti legislativi:
1. istituzione obbligatoria nelle parrocchie europee del registro degli abitanti;
2. censimento settimanale dei decessi effettuato a Londra casa per casa.
L’epoca delle esplorazioni
Dopo la “scoperta dell’America”, grazie a Cristoforo Colombo nel 1492, inizia
l’epoca delle esplorazioni e gli europei vengono in contatto con culture completamente
diverse, diffondendo , tra i popoli conquistati malattie ad essi sconosciute e per questo
letali. Gli indigeni (sia quelli americani che quelli asiatici) non tollerano il cattivo odore
che emana dai corpi dei conquistatori, che non si lavano mai, che indossano abiti di
lana e velluto anche nella stagione calda, che ignorano l’esistenza e l’uso di fibre
vegetali come il cotone e il lino. In alcune zone, poi, il clima è sempre più caldo, in
qualsiasi mese dell’anno, di quello europeo. Sotto le corazze e le divise, le maglie di
lana degli europei, sono sporche e piene di parassiti, così come capelli, lunghi e incolti,
barbe, sudice ed unte, ascelle e pube.
Con l’umidità e il calore dei tropici, tra gli europei scoppiano vere e proprie
epidemie di dermatite, scabbia e di ogni genere di malattie della pelle.
Ad insegnare agli uomini l’opportunità prima e poi la necessità di lavarsi, sono
le donne, che, allorquando i rapporti sessuali divengono più spontanei e non coercitivi,
manifestano la loro intolleranza per tanta sporcizia e un così pessimo odore,
rifiutandosi di lasciarli avvicinare se non si fossero lavati e se non avessero pulito i
loro indumenti. Le donne dei popoli conquistati insegnano ai conquistatori quanto
possano soffrire meno, come possano curarsi e rendere più gradevole lo star loro
12
vicini consigliando il bagno quotidiano, che per quei popoli è di uso familiare
collettivo. Dapprima gli Europei sono scandalizzati dal fatto che quelle popolazioni
considerino normale prendere un bagno quotidiano riunendo al mattino tutta la
famiglia in una stessa vasca.
Superata l’iniziale diffidenza, però, cominciano ad
apprezzare l’azione curativa del bagno e l’uso di tessuti più leggeri: seta, cotone, fibre
di origine vegetale a loro sconosciute, consentono di indossare abiti che lasciano
passare l’aria e permettono di evitare le fastidiose malattie della pelle.
Paradossalmente, i conquistatori sono vinti dai conquistati sul piano della pulizia
personale.
Per questa origine della pratica igienica, i bagni e la pulizia del corpo vengono
considerati ancora per molto tempo peccaminosi dagli ecclesiastici, sin quando
constatano essi stessi l’opportunità dell’igiene personale e il sollievo che può derivare,
nei luoghi dal clima più caldo, dall’indossare abiti più leggeri che permettano alla pelle
di respirare.
Tornando a casa, gli Europei, mercanti, uomini d’affari, militari, marinai,
portano con sé le nuove idee che diffondono nei paesi d’origine. Abituatisi ad essere
puliti nei vestiti e nel corpo, si rendono conto di quale sporcizia sia depositaria
l’Europa e decidono di adottare anche nei loro paesi di origine nuovi sistemi che
consentano di avere una migliore qualità della vita. Cominciano a pretendere che le
loro mogli e le loro donne si lavino, si taglino i capelli e li puliscano, che puliscano i
bambini e tolgano ai neonati le orribili fasce che li mummificano sin dalla nascita.
Questo fu un aspetto delle usanze occidentali fra i più difficili da smantellare. Infatti,
sino all’inizio del secolo passato – il Novecento! – i neonati venivano puliti, nella
migliore delle ipotesi, solo una volta al giorno, di mattina. Dopo di che, dall’addome ai
piedi, venivano fasciati strettamente, per obbligare le gambe, naturalmente storte dei
neonati, a raddrizzarsi, così che il piccolo crescesse diritto! Niente di più errato! In tal
modo si favoriva, anziché contrastare, la displasia dell’anca! Inoltre, tale forma di
inconsapevole tortura aveva spesso esiti mortali: l’epidermide delicata dei neonati, a
contatto con i prodotti della digestione che si accumulavano dentro le fasce ben
strette, si infiammava e si ammalava, spesso con complicazioni tali da indurre la
morte. Quando finalmente si comprese che bisognava lasciare i neonati liberi di
sgambettare e che i pannolini andavano cambiati spesso, al bisogno, la mortalità
infantile diminuì improvvisamente.
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Cambia il secolo, cambiano le regole
Tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo avviene una delle scoperte che
hanno rivoluzionato non solo la scienza ma il mondo intero: il microscopio. Secondo
alcuni, infatti, è inventato da due ottici olandesi, Zacarias e Hans Janssen (padre e
figlio) che, nel 1604, avrebbero creato il prototipo di uno strumento lungo circa 40
centimetri, composto da tre tubi che scorrono uno dentro l’altro. Altri, invece, ne
attribuiscono l'invenzione a Galileo Galilei che, nel 1624, avrebbe messo a punto un
telescopio di dimensioni ridotte, chiamato occhialino. Nella seconda metà del secolo,
questo strumento viene perfezionato: nel 1665 da Robert Hooke, uno dei più grandi
scienziati del Seicento e una delle figure chiave della rivoluzione scientifica, nel 1674
da Anthoni van Leeuwenhoek, un mercante olandese dai molteplici interessi, anche
scientifici e, tra il 1680 e il 1716, da Louis Joblot, un naturalista francese.
Dopo
il telescopio
di Galilei, che ha permesso
lo
studio
dell’universo
infinitamente lontano, questo rivoluzionario strumento apre le porte alla conoscenza di
un nuovo universo, quello dell’infinitamente piccolo. Vengono così minuziosamente
descritti minuscoli esseri viventi – più che altro, insetti ed ectoparassiti – e scoperti
cellule e vari microrganismi.
Ma il problema della comunicazione permane e le nuove nozioni rimangono
appannaggio di pochi eletti, quindi, dalla teoria alla pratica il divario è ancora
incolmabile. Un esempio esplicativo di questa situazione è la moda del tempo. Nel
Seicento vengono in uso le parrucche, confezionate con capelli veri tagliati ai defunti o
a chi li cede per denaro in caso di bisogno. Ma poiché i capelli non si lavano mai, può
capitare di acquistare una parrucca abitata da spiacevoli parassiti. I più sopportano
stoicamente tale tortura che provoca prurito e malattie della pelle, ma già alla fine del
secolo si cominciano a richiedere parrucche che non siano state almeno confezionate
con i capelli degli appestati, e ci sono testimonianze scritte che non si tollera più di
acquistare una parrucca infestata da parassiti.
Nel 1639 ha inizio la registrazione civile delle nascite e dei morti nella colonia
Britannica del Massachussetts (adottata in Francia per effetto del Codice Napoleonico
nel 1792).
Nel 1662 John Graunt, statistico britannico, calcola una delle prime tavole di
mortalità,
uno
strumento
fondamentale
per
l'analisi
statistica
della
mortalità
nell'ambito della demografia in generale. Descrive per singole generazioni (a seconda
della disponibilità dei dati, anche singoli anni di nascita) l'andamento del numero di
14
sopravvissuti dal momento della nascita fino alla morte dell'ultimo. Essa non
rappresenta il numero effettivo di persone viventi in dato territorio, ma astrae tenendo
conto di eventi non fisiologici quali ad esempio le migrazioni, eventi bellici o catastrofi
naturali.
A Londra dopo l’incendio del 1666, il Re e il Parlamento proibiscono di costruire
case troppo vicine le une alle altre. Sorgono quartieri dalle vie larghe ma dalle case
più piccole per lasciare spazio a strade e piazze, che proprio perché più grandi sono
più arieggiate e meno maleodoranti e, per decreto di legge, devono essere pulite. I
cittadini non osano sporcarle gettando i rifiuti dalle finestre, come usavano prima della
peste e dell’incendio. Dunque, le istituzioni dell’epoca impongono norme di igiene
pubblica, ma l’igiene personale rimane ancora un concetto alquanto sconosciuto.
Il secolo dei lumi
Nel Settecento prende forma la civiltà industriale e inizia l’urbanizzazione;
tornano in uso i gabinetti comuni nelle case e si impone il divieto di gettare
escrementi dalle finestre; le autorità cittadine invitano gli abitanti a gettare le
immondizie in appositi carretti col cassonetto ribaltabile.
Purtroppo l’industrializzazione non tiene nel giusto conto la pratica dell’igiene,
dal momento che, anche nelle case appositamente costruite per gli operai in
prossimità delle fabbriche, i servizi igienici hanno uno spazio minimo e non
contemplano i bagni o le docce.
Ma il fermento scientifico aumenta costantemente e sono sempre più le
personalità di spicco che diffondono idee e scoperte. Bernardino Ramazzini, medico,
scienziato, accademico e scrittore, è considerato il fondatore della moderna Medicina
del Lavoro; il suo spirito, acuto e critico, lo spinge allo studio delle malattie
occupazionali, per primo, riconosce la necessità di realizzare ambienti di lavoro
“sicuri”, obiettivo che cerca di raggiungere proponendo i primi, rudimentali ancorché
ingegnosi, dispositivi di protezione dei lavoratori. Nel 1700 pubblica un trattato –
probabilmente il primo dell’età moderna – sulle malattie professionali.
Il chimico svedese Carl Wilhelm Scheele, membro dell'Accademia delle scienze
di Stoccolma, nella sua farmacia compie molti esperimenti, che gli permettono di
isolare l'ossigeno e studiare il suo comportamento nella combustione. Scheele scopre
inoltre il tungsteno, il molibdeno, l'azoto, il manganese e, nel 1774, il cloro (negli anni
15
successivi si scoprirà la sua azione disinfettante); la sua dedizione e la sua curiosità gli
sono fatali, visto che scompare prematuramente all'età di 43 anni dopo aver
assaggiato degli elementi chimici altamente tossici.
L’inglese George Adams jr., celebre ideatore e costruttore inglese di apparecchi
scientifici, tra il 1770 e il 1780 si distingue per i perfezionamenti apportati al
microscopio.
Nonostante i notevoli progressi sociali e scientifici, fino a tutto il '700 il concetto
di salute sta a significare un fatto personale, privato a cui provvedere a propria cura e
spese e consiste essenzialmente nell’assenza di malattia. La cura è diretta alla
malattia senza occuparsi di quello che sta prima e dopo questo stato. La salute, la
sanità e l'igiene pubblica sono estranei all'organizzazione sociale.
In Inghilterra nascono dalla metà del ‘700 le Friendly Societies, piccole
associazioni in cui i soci versando contributi ricevono visite mediche gratuite e sussidi
in caso di malattia.
Ma solo verso la fine del secolo dei lumi si inizia a concepire il concetto di salute
come un diritto sociale.
In Francia, infatti, dopo la rivoluzione francese, nel 1789 viene stilata la
‘Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino’ nasce la consapevolezza che: “… la
salute non è solo un bene del singolo ma della società, del singolo che è costitutivo del
tessuto sociale ...”
Dato comune di quest’epoca, comunque, in Italia come in Europa, è che la
salute non è un diritto o un bene da tutelare né un valore sociale ed economico che lo
Stato si impegna a tutelare o di cui si fa carico, almeno per alcuni aspetti. Solo in caso
di comprovata e pubblica indigenza i municipi e le congregazioni caritatevoli
intervengono. La salute è una condizione personale e tutelarla è un’iniziativa privata.
La cura della malattia culturalmente assolve ad esigenze di ordine pubblico interno e
non di sanità pubblica. Infatti una malattia endemica crea nella popolazione fattori di
rischio ai fini della quiete pubblica.
Ottocento, nasce l’epidemiologia
Nell’Ottocento si ha un rinnovamento delle nozioni sull’igiene. Fino a questo
periodo nelle città italiane ed europee (eccetto a Roma) vi sono poche fontane
pubbliche (con acqua di buona qualità); prevalgono pozzi privati scavati nei cortili
16
delle case; l’acqua è prelevata dalla falde acquifere superficiali o da cisterne di acqua
piovana, di bassa qualità igienica, con residui fecali dei pozzi neri delle case, dato che
ancora non esistono fognature. Dal 1835 al 1910 si susseguono otto epidemie di
colera. Nel 1836
la registrazione delle nascite e dei morti viene adottata anche in
Inghilterra.
È in questo scenario che inizia a svilupparsi l’epidemiologia. Nell’epidemia del
1848 a Londra si registrano 15.000 morti, tutti residenti a sud del Tamigi. In queste
zone l’acqua viene distribuita da due società idriche che la prelevano in una zona
centrale della città dal fiume stesso. Un giovane medico, John Snow, intuisce che il
colera si trasmette da ammalato a sano. Ipotizza quindi la presenza di un ‘veleno’
capace di moltiplicarsi nel soggetto malato, che può essere portato lontano tramite
qualche via e che per poter provocare la malattia deve essere ingerito in qualche
modo. Secondo Snow l’acqua potabile è la via di diffusione più probabile. Le sue idee
ricevono un’accoglienza ben poco calorosa dalla comunità scientifica. Nel frattempo
una delle due società responsabili dell’erogazione dell’acqua potabile ristruttura i suoi
impianti e trasferisce il punto di approvvigionamento idrico a monte della città, mentre
l’altra preleva ancora l’acqua dal centro. Nel 1853 il colera si ripresenta sempre al sud
del Tamigi, esattamente come in precedenza. Snow capisce che dipende dal fatto che
l’acqua prelevata dal fiume è contaminata, infatti, la società che ha spostato il punto
di prelievo, eroga acqua più pulita ed i casi di colera sono più scarsi nelle zone da
questa servite.
L‘epidemia colpisce particolarmente alcune zone, Snow stila una
mappa dei casi. La maggior parte di essi è concentrata intorno ad una pompa
pubblica. Snow la rende inutilizzabile, le persone non prendono più acqua da lì ed i
casi di malattia cominciano a diminuire drasticamente. È uno dei primi studi
epidemiologici che getta le basi per le successive scoperte.
Nonostante le ottuse resistenze dell’ambiente scientifico, s’impone l’esigenza di
una maggiore attenzione all’igiene pubblica e lo studio accademico dell’igiene assume
piena autonomia con l’istituzione, nel 1866, a Monaco, del primo Istituto Universitario
di Igiene.
Nei piccoli centri l’igiene è praticata con maggior diffusione che nel passato. Le
grandi concentrazioni urbane sono, come al solito, divise in fasce sociali che, praticano
differenti livelli di forme di igiene e di pulizia personale e dei siti abitativi. In linea di
massima, però, tranne che per i quartieri più popolosi e più degradati, la maggior
parte delle città possiedono condotte idriche, fognature, pozzi per la raccolta dei
liquami e discariche pubbliche anche se a cielo aperto, ma spesso fuori dai limiti
17
dell’agglomerato urbano. Come conseguenza c’è l’incremento della popolazione
mondiale e la diminuzione della mortalità infantile.
Il fenomeno della migrazione, conseguente all’industrializzazione, crea grandi
sobborghi industriali, che induce i governi più illuminati ad affrontare in maniera
organica e normata i problemi di sanità pubblica.
In Europa si afferma il centralismo, con uno stretto controllo statale su ogni atto
rivolto all’igiene individuale e meno a quella dell’ambiente. Dalla metà dell’800, si
costruiscono ospedali statali dove i pazienti vengono ricoverati e curati gratuitamente.
In Francia la medicina è intesa come un servizio dello Stato per la società.
L’epoca napoleonica è “l’epoca d’oro della vaccinazione”. La Costituzione della
Seconda Repubblica recita: “La Repubblica deve assicurare l’assistenza dei cittadini in
stato di necessità sia dando risorse sia aiutando chi non può più lavorare”. Nella metà
dell’800 la Francia diventa punto di riferimento per le politiche sociali che, comunque,
si limitano a un contributo statale alle organizzazioni previdenziali volontarie esistenti.
In Italia durante la Repubblica Cisalpina vengono promosse campagne vaccinali
antivaiolose coprendo in nove anni (1800-1809) circa 1,5 milioni di persone. Durante
il periodo della Restaurazione, però, (1815-1830) le vaccinazioni vengono soppresse.
In Austria la sanità pubblica è inquadrata come medicina sociale e sostenuta da
misure di polizia sanitaria.
In Inghilterra si crea la corrente di pensiero che la povertà è la causa principale
della mancanza di salute. Nasce quindi, nel 1848, la Legge di istituzione del Servizio
Nazionale di sanità pubblica inglese (public health act), che garantisce ai non abbienti
l’assistenza anche medica. Viene istituita la figura dell’ufficiale sanitario che ha anche
il compito di raccogliere dati epidemiologici. Inoltre, si collega per la prima volta la
salute umana alla qualità igienica dell’ambiente di vita e di lavoro. Sir Edwin
Chadwick, riformatore sociale inglese noto per la riforma delle leggi per i poveri e per
l’Igiene e la Sanità pubblica, scrive: “… le condizioni insalubri delle città provocano
malattie biologiche e sociali, degrado psicologico, vizi e spingono alla rivoluzione. Il
dono pubblico di ambienti salubri rende il proletariato felice, sano e soprattutto
produttivo e docile”.
In nord America il pensiero inglese influenza in maniera determinante il modo di
affrontare i problemi della sanità pubblica, si dà spazio all’amministrazione locale, il
governo centrale si limita alla programmazione, al controllo e alla consulenza.
Anche se con tempi diversi dovunque si vanno affermando il concetto di
assicurazione contro le malattie e il diritto alla salute.
18
In Germania lo sviluppo dell’industrializzazione determina l’ingigantirsi della
questione sociale. Nel 1883 viene istituita per gli operai l’assicurazione obbligatoria
contro le malattie (casse alimentate per 2/3 dagli operai e per 1/3 dagli imprenditori).
L’operaio malato ha diritto in caso di malattia a un’indennità per le prime 13
settimane.
Chi
non
risulta
iscritto
a
nessuna
cassa
viene
iscritto
d’ufficio
all’Assicurazione Comunale. Nel 1885 l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro è a
totale carico del datore di lavoro. L’inabilità viene tutelata con i 2/3 dello stipendio e in
caso di morte la vedova ne riceve il 60%. Nel 1889 viene istituita la legge per la tutela
di vecchiaia e invalidità, chi ha una retribuzione inferiore ad un certo valore è
obbligato ad assicurarsi (casse alimentate da contributi degli operai, degli imprenditori
e dello stato). Queste leggi per le assicurazioni obbligatorie coprono solo i lavoratori
industriali (esclusione dei lavoranti domestici e agricoli). Nel 1895 ancora solo la metà
dei lavoratori è coperta da assicurazione.
Grazie alle ricerche di scienziati quali Pasteur e Koch, nella metà dell’800
viene chiarito il legame tra infezioni e qualità dell’acqua (fino al 1895 le malattie
infettive gastrointestinali erano responsabili del 15% della mortalità generale, del
25% di quella infantile). Nelle città sono costruite fosse biologiche e sistemi di scarico
delle acque reflue per tutte le nuove costruzioni, compaiono le prime stanze da bagno
di concezione inglese (con gabinetto, lavabo e vasca) in tutta Europa. Sul versante
scientifico sono faticosamente superate molte vecchie credenze, come quella della
“generazione spontanea”.6
Significativo il caso del medico ungherese Ignác Semmelweis; verso il 1850
scopre nei reparti dell’Allgemeines Krankenhaus (Ospedale Generale) di Vienna – il più
moderno ospedale europeo dei tempi, inaugurato nel 1784 dall’imperatore Giuseppe II
– la causa dell'epidemia che causa la morte post-partum di molte donne; sono i
medici stessi a diffondere la cosiddetta febbre puerperale, da donna a donna,
visitandole con le loro mani infette dopo aver effettuato le autopsie; nei reparti gestiti
dalle ostetriche – che non effettuano autopsie – i decessi sono 10 volte di meno (1%
contro il 10%): Semmelweiss impone l’obbligo del lavaggio delle mani con ipoclorito di
sodio ed il cambio delle lenzuola alle partorienti: salva la vita a migliaia di donne, ma
viene deriso dai colleghi e licenziato (morirà in manicomio).
6 Dal 400 a.C., con Aristotele, si riteneva che alcuni organismi potessero generarsi spontaneamente dalla materia non
vivente, per esempio le larve e le mosche che si generano sulla carne in decomposizione. Nonostante tale teoria fosse
stata smentita da Francesco Redi, medico personale del granduca di Toscana, nel 600, questa errata credenza perdurò
per quasi tutto l’800.
19
I lavori del francese Louis Pasteur (1879) e dello scozzese Joseph Lister (1883)
dimostrano – con 40 anni di ritardo – la grandezza delle intuizioni di Semmelweis e la
miseria intellettuale dei suoi detrattori (in pratica, l’intero ambiente medico del
tempo). Con Semmelweiss, Pasteur e Lister nasce l’igiene moderna, basata sulla
prevenzione, la pulizia e le vaccinazioni. Louis Pasteur dimostra, tra l’altro, come la
fermentazione di liquidi sia legata ai batteri e come la bollitura sia capace di bloccarla.
Lister intuisce che nelle ferite avviene qualcosa di simile: se il calore blocca la
fermentazione, che cosa può impedire la putrefazione? Lister usa il fenolo (deodorante
per le fogne). È un successo, che pubblica sulla rivista The Lancet il 16 marzo 1867.
Questo metodo, detto antisettico, e la disinfezione degli attrezzi chirurgici dimostrano
il valore dell’igiene su base “scientifica”.
In questo panorama di fermenti scientifici, sociali e culturali, sull’esempio delle
Friendly Societies inglesi del ‘700, nascono forme di mutualità volontaria solidale.
Francia – ottengono il riconoscimento giuridico nel 1870 e crescono in
concomitanza con il processo di industrializzazione.
Germania – come mutualismo solidale nascono a metà dell’800 le casse sociali
di credito per i lavoratori rurali.
Italia – nascono nel 1844 a Pinerolo le società di mutuo soccorso, che si
diffondono poi in altre regioni (Piemonte, Lombardia, Emilia, Toscana). Hanno il
riconoscimento giuridico nel 1886.
Nel secolo seguente, però, la mutualità volontaria ha un declino per:

Esigua percentuale di popolazione coperta.

Insostenibilità finanziaria per allungamento della vita che richiede un’assistenza
per malattia e vecchiaia per troppe persone, per troppi anni.

Arginamento delle malattie infettive causa di epidemie.
L’organizzazione sanitaria in tutti i paesi rafforza le strutture di sanità pubblica
deputate al controllo delle malattie infettive e parassitarie mentre la componente
assistenziale mantiene grossi problemi per differenze di censo e quindi con
conseguenze di ineguaglianza nell’accesso ai servizi.
Novecento, il secolo dell’Igiene
Il Novecento ha visto, per la prima volta, l’applicazione su larga scala dell’igiene
moderna; agli inizi del secolo, infatti,
la situazione igienica generale è ancora
20
precaria. Tranne pochi privilegiati, la popolazione vive in case senza acqua corrente e
senza servizi sanitari; manca il riscaldamento (eccetto un’unica stufa o un camino) e
l’illuminazione è insufficiente, le stanze sono in genere buie con piccole finestre; anche
l’alimentazione è insufficiente e monotona; il lavoro è massacrante: uomini, donne e
bambini lavorano dalle 12 alle 15 ore al giorno per 6 giorni a settimana senza
vacanze; per chi vive in campagna è normale convivere nelle stanze con gli animali e
le case coloniche hanno spesso le cucine sopra le stalle.
Con la scoperta dei vaccini e della sterilizzazione degli strumenti medici si
aprono nuovi orizzonti, si analizza l’acqua e si prescrive d’obbligo, da parte dei medici,
la pratica del bagno e dell’igiene personale.
A Dresda nel 1911 la prima mostra sull’igiene attira 5 milioni di persone.
Risalgono
agli
inizi
del
Novecento
le
prime
leggi
per
regolamentare
l’approvvigionamento di acqua, i sistemi per la distribuzione comunale dell’acqua e i
sistemi di smaltimento dei rifiuti fecali. Si iniziano a costruire gallerie in calcestruzzo
impermeabili, ad usare ghisa e acciaio nelle tubature dell’acqua; compaiono pompe
più efficienti per far risalire l’acqua ai serbatoi e fontane economiche nelle città e in
campagna; si diffondono le fognature in muratura e la disinfezione dell’acqua con
cloro per eliminare i microbi patogeni ancora presenti.
L’organizzazione sanitaria in tutti i paesi rafforza le strutture di sanità pubblica
deputate al controllo delle malattie infettive e parassitarie mentre la componente
assistenziale mantiene grossi problemi per differenze di censo e quindi con
conseguenze di ineguaglianza nell’accesso ai servizi. Il modello tedesco delle
“assicurazioni obbligatorie” rivolte a determinate categorie di lavoratori viene adottato
nei principali paesi europei, dove vengono attivate le assicurazioni degli infortuni sul
lavoro, sulla malattia e maternità, invalidità e vecchiaia, disoccupazione.
In alcuni paesi, accanto alla copertura assicurativa del lavoratori, vengono
introdotti elementi
universalistici negli
schemi assicurativi come
la
copertura
dell’assicurazione malattie ai familiari del lavoratore o schemi pensionistici rivolti a
tutti gli anziani (Gran Bretagna, Nuova Zelanda, Svezia, Danimarca, Norvegia,
Finlandia).
Lo “stato sociale” comincia a perdere il carattere “particolaristico” (volto alla
protezione di determinate categorie di lavoratori) e comincia ad occuparsi di settori
crescenti della popolazione.
La crisi del 1929 ha effetti sulle economie di Europa e Stati Uniti e mette in crisi
il sistema di copertura mutualistico.
21
Negli USA Franklin Delano Roosevelt è artefice di una legge per la “social
security” (1935) ovvero per la copertura assicurativa sulla vecchiaia, per l’assistenza
agli anziani, per l’indennità di disoccupazione, per l’assistenza ai figli a carico, per
l’assistenza ai ciechi, per l’assicurazione di invalidità. Non riesce ad introdurre nelle
legge provvedimenti nel campo dell’assistenza sanitaria per forti opposizioni.
In Nuova Zelanda nel 1938 oltre ad un “social security act” viene istituito un
“National Health Service” (Servizio Sanitario Nazionale) finanziato con il prelievo
fiscale e rivolto a tutta la popolazione.
Anche in Inghilterra, nel 1948, nasce il National Health Service, con una
profonda riforma delle istituzioni e organizzazioni deputate ad erogare assistenza
sanitaria. Tutti gli ospedali (sia privati no profit sia municipali, nonché i medici di
famiglia) passano sotto la gestione ed il controllo dello Stato.
In Europa si sviluppano sistemi sanitari orientati in senso universalistico
basati su due modelli:

Modello
È
un
britannico
modello
(Beveridge)
universalistico.
-
in
Tutti
Italia,
hanno
Spagna,
diritto
Portogallo,
all’accesso
ai
Grecia.
servizi
indipendentemente dal reddito o dall’appartenenza ad una categoria.
Il
finanziamento avviene attraverso la tassazione generale, il controllo è solo
pubblico.

Modello tedesco (Bismark) - in Germania, Francia, Svizzera, Austria, Belgio,
Olanda, Lussemburgo.
Si basa su tre componenti:
1. fondi assicurativi, suddivisi per categoria occupazionale, che servono per
compensare l’erogazione di assistenza in caso di malattia;
2. produttori di servizi (medici, servizi territoriali e ospedali);
3. stato, che figura come il regolatore del sistema; definisce i livelli
contributivi, assicura la copertura assistenziale per i non iscritti nei fondi
occupazionali, stabilisce i livelli di reddito oltre i quali non è più obbligatoria
l’iscrizione ad un fondo (ricorso ad assicurazioni private).
Nel 1948, l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), dopo soli tre anni dalla
sua istituzione, emana la ‘Dichiarazione universale dei diritti umani’, tra i quali, il
diritto alla salute: “Ogni persona ha diritto ad un adeguato livello di vita che assicuri a
lei e alla sua famiglia la salute ed il benessere, inclusi il cibo, il vestiario, l’abitazione,
l’assistenza medica e i servizi sociali necessari e il diritto alla sicurezza in caso di
disoccupazione, malattia, disabilità, vedovanza e vecchiaia”.
22
L’anno seguente, nel 1949, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) –
agenzia speciale dell'ONU per la salute, istituita da circa un anno – dà la definizione di
salute: “La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non
semplicemente un’assenza di malattia o infermità”. Cambiano sia il concetto di salute
che diventa un “diritto universale” che quello di assistenza sanitaria che diventa “un
servizio omnicomprensivo volto a garantire il miglioramento della salute fisica e
psichica delle persone attraverso gli interventi di prevenzione, diagnosi e cura delle
malattie”.
Queste definizioni vengono interpretate in maniera differente a seconda delle
nazioni. Negli USA non si è mai realizzata una vera riforma sanitaria. Nel secondo
dopoguerra si verifica un boom di assicurazioni sanitarie commerciali che però
coprono solo i lavoratori tenendo fuori i disoccupati, i disabili, gli anziani. Nel 1965
viene istituito il Medicaid programma di assistenza per i poveri ed il Medicare
programma di assistenza per gli anziani (oltre i 65 aa). Sono strumenti di protezione
sostenuti con fondi pubblici. Negli anni ’70-’80, negli USA si verifica una forte crescita
dei costi sanitari. Le imprese che offrono assieme al contratto di lavoro la copertura
assicurativa (benefit) si trovano nelle condizioni di non riuscire a sostenerne i costi. Si
sviluppano e prendono piede le HMO (Health Maintenance Organization) ovvero
organizzazioni che offrono prestazioni ambulatoriali, specialistiche e ospedaliere a
fronte di una quota fissa pre-pagata annualmente (inferiore alle tariffe praticate dalle
assicurazioni tradizionali) con il limite dell’esiguo numero di medici e strutture
specialistiche e ospedaliere convenzionate. Negli anni ’90 si sviluppa una nuova
formula di assicurazione privata, la MSA (Medical Saving Account) in cui l’assicurato
versa una quota fissa annuale in un conto vincolato per le spese sanitarie. In caso di
bisogno le prestazioni necessarie sono pagate attingendo dal conto. Esaurito il conto
interviene l’assicurazione per i rischi catastrofici.
Quella delle assicurazioni M.S.A. è una formula per le persone giovani e sane.
È una formula che ha avuto molto successo determinando una riduzione
importante delle iscrizioni alle assicurazioni convenzionali da parte dei lavoratori e
conseguentemente un aumento dei loro costi.
L’aumento dei costi delle assicurazioni tradizionali determina una minore
accessibilità da parte delle famiglie e una minore offerta da parte delle imprese di un
contratto di lavoro insieme al benefit della copertura assicurativa.
L’amministrazione Bush ha sostituito le MSA con la Health Savings Account
(HSA), un deposito bancario riservato alle spese sanitarie, rendendo la quota annuale
23
e gli interessi del conto deducibili dalle tasse e ha stabilito che quanto del conto non è
speso possa essere utilizzato come fondo pensione. Ciononostante, le persone che in
USA non sono iscritte a nessuna assicurazione, aumentano.
Nel 2010 entra in vigore la cosiddetta Obamacare, la riforma sanitaria
fortemente voluta e ottenuta da Obama, che ha consentito a milioni di statunitensi,
che non avevano alcuna forma di assistenza medica, di stipulare un'assicurazione
privata con un sistema di aiuti pubblici. Con l'approvazione della legge, vengono
tutelate 32 milioni di persone in più.
Una nuova definizione di Salute
La Crisi petrolifera degli anni ‘70- ‘80 ha effetti negativi sull’economia mondiale.
In questo scenario si svolge nel 1978 la Conferenza internazionale sull’assistenza
sanitaria ad Alma Ata (Kazakistan) promossa da OMS e UNICEF (United Nations
International Children's Emergency Fund, poi modificata in United Nations Children's
Fund, fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia), che definisce la salute come benessere
fisico, mentale e sociale e non solo come assenza di malattia o infermità; la dichiara
un diritto fondamentale dell’uomo e dichiara l’accesso ad un livello più alto di salute,
un obiettivo sociale estremamente importante, di interesse mondiale che presuppone
la partecipazione di numerosi settori socio-economici oltre che di quelli sanitari”.
Ma, la Banca Mondiale nel 1987 dà indicazioni per il risanamento (structural
adjustement) delle economie dei paesi più poveri: tagli nei consumi e nella spesa
pubblica,
(compresa
la
sanità)
per
ridurre
l’inflazione
e
il
debito
pubblico;
privatizzazione in tutti i settori; decentramento. In tal modo rende di fatto inattuabile
quanto dichiarato ad Alma Ata.
Il rapporto della Banca Mondiale del 1993 “Investing in health”
al fine di
investire in salute prevede una serie di misure che, anziché migliorare la situazione,
hanno come conseguenza:
o
diminuzione della quota del PIL destinata alla spesa sanitaria e ancora di più
della quota pubblica di questa spesa nei paesi poveri;
o
privatizzazione all’interno delle strutture pubbliche;
o
diffusione di riforme dei sistemi sanitari basate sul mercato in tutto il mondo
(anche in Paesi con sistemi universalistici).
24
Tali misure vengono applicate indistintamente a tutti i Paesi, senza tener conto
della loro situazione economica e provocano l’aggravamento delle condizioni di vita e
di salute nei paesi più poveri a causa di:

Malattie non trattate

Ridotto accesso ai servizi

Impoverimento a lungo termine (le spese sanitarie producono indebitamento,
rinuncia ad altre spese vitali, sono inaspettate e la loro entità è imprevedibile
fino alla fine del trattamento).
L’introduzione del “mercato” in sanità impatta sui sistemi universalistici europei
(Gran Bretagna, Italia, Spagna). Le regole di mercato mirano a una maggiore
efficienza del sistema, introducendo privatizzazione e competizione, che spesso,
invece, causano l’effetto opposto.
Nel 1987, in Inghilterra, Margaret Thatcher ha tentato di sostituire il
finanziamento statale del sistema sanitario con le assicurazioni private ma la manovra
non è riuscita per una forte opposizione.
Le riforme sanitarie che vediamo in Europa non modificano tanto il sistema di
finanziamento che rimane comunque sempre nelle mani dello Stato, ma modificano gli
assetti istituzionali, organizzativi e gestionali.
Si separa il finanziamento e la programmazione dalla gestione ed erogazione
dei servizi.
Viene introdotto il sistema contrattuale fra committenti e produttori.
La separazione fra committenti e produttori diventa costituzionale in tutti i
Sistemi sanitari europei e risponde all’esigenza di ridurre le inefficienze.
La svolta nell’Igiene degli alimenti
Di pari passo con il progresso sociale, l’Igiene pubblica, e con essa l’Igiene degli
alimenti, si evolve adeguandosi via via a nuove e stringenti normative. Alla luce di
quanto fin qui esposto, possiamo considerare Medioevo, Rinascimento e Illuminismo
come periodi di transizione fatti di contraddizioni, ma anche di evoluzioni che hanno
condotto alla nostra visione del concetto di sicurezza alimentare (le norme igienico
sanitarie di tali epoche possono essere viste come una massima semplificazione di
quelle odierne). In questa materia, il rapporto fra gli esercenti e le autorità sanitarie si
evolve in uno stato di conflittualità che perdura fino a tutto il XVIII secolo. Il punto di
25
svolta si registra nel corso del 1800, con i mattatoi centralizzati, con le condotte
veterinarie e con il nuovo apparato ideologico e scientifico che determina un contesto
completamente differente.
Per quanto riguarda l’Italia, essendo frammentata in diversi stati, la questione
della pubblica sanità viene affrontata in modo diverso da stato a stato. Al momento
dell’Unità d’Italia, l’amministrazione centrale della sanità è affidata a una sezione
amministrativa della divisione per le opere pie presso il Ministero dell’interno, e quella
periferica agli uffici di prefettura.
Dopo l’Unità di Italia si ha bisogno di una unificazione delle leggi sanitarie,
quindi nasce la prima normativa organica in materia, ovvero il Regio Decreto (R.D.)
20/04/1865
n. 2248 che reca il titolo “Ordinamento dell’amministrazione e della
assistenza sanitaria”, conosciuto come Legge Lanza, dal nome dell’allora Ministro
dell’Interno del Governo La Marmora, in cui si prevede che la tutela della salute
pubblica sia affidata, a livello centrale, al Ministro dell’Interno e, sotto la sua
dipendenza, in sede periferica, a Prefetti e Sindaci.
Viene istituito il Consiglio Superiore di Sanità composto da un Presidente di
diritto che era il Procuratore Generale presso la corte di appello di Torino e 12
membri, scelti tra esperti di Medicina, Chirurgia, Farmacia e Veterinaria, più il
“Conservatore del vaccino” per il vaiolo. Il Consiglio Superiore di Sanità funge da
organo tecnico consultivo del Ministero dell’Interno in cui è costituita una Direzione
Generale di Sanità Pubblica, mentre in periferia nascono i Consigli Sanitari Provinciali
alle dipendenze dei Prefetti.
È però una legge generica, che non entra nel merito delle professioni sanitaria e
veterinaria, oggetto di critiche per la sua incongruenza, in quanto si afferma che solo i
veterinari abilitati possano esercitare e poi che lo possa fare chiunque abbia dieci anni
di pratica alle spalle.
Che la salute sia considerata un problema di ordine pubblico è dimostrato anche
dal fatto che dal 1865 fino al 1958, in Italia il Responsabile politico dell’Igiene e Sanità
pubblica è il Ministero dell’Interno, non il Ministero della Sanità, che viene istituito
appunto in quell’anno.
Dal 1865 fino alla legge 30/12/1978, che istituisce il Servizio Sanitario
Nazionale (SSN), vi è un accentramento dei poteri e delle attribuzioni per quanto
riguarda l’organizzazione sanitaria e vi è una prevalenza dell’elemento amministrativo
sull’elemento tecnico. Ogni potere è dato al Ministro dell’Interno e ai Prefetti con
attribuzioni limitate ai municipi e soprattutto ai medici condotti. L’attività legislativa
26
stenta a partire se non in casi di emergenza con epidemie, endemie, epizoozie 7. Nel
periodo post-unificazione un codice sanitario è di difficile attuazione, in quanto non
esiste un sistema omogeneo di politica sanitaria, essendo stati ereditati sistemi sanitari
disomogenei provenienti da stati diversi per storia e organizzazione socio-economica.
Nel regno unificato la questione sanitaria è affrontata come un problema di
ordine pubblico e quindi da controllarsi con misure repressive di impronta poliziesca.
La riforma sanitaria stenta quindi a procedere per quanto sia prolifica l’attività
propositiva dei Congressi Nazionali di Medici e Veterinari, in cui è sempre sottolineata
la necessità di leggi sulla professione e sulla pratica ispettiva che siano attuali e in
armonia con l’evoluzione che le Scuole stesse del Regno stanno attuando.
Inoltre si richiede che sia imposto nei comuni un veterinario e che si creino nelle
province tante condotte quante ne servono; che si istituiscano nei comuni macelli
pubblici diretti da un veterinario per rendere così obbligatorie le ispezioni delle carni;
infine, che in tutti i comuni venga assicurata l’ispezione non solo della carne, ma di
tutte le derrate alimentari e che ci sia un servizio locale di Polizia Veterinaria in
contatto con il territorio nazionale e con l’estero e che venga affidato a veterinari
ufficiali scelti dal governo o dalla provincia stessa.
La necessità di consolidare lo Stato e l’Amministrazione rallenta sicuramente la
nascita di un vero SSN, in quanto non sembra che il problema sanitario sia prioritario
se non quando si devono affrontare situazioni di emergenza.
Una riforma sanitaria non trova la possibilità di affermarsi perché sono le forze
economiche a indirizzare le scelte politiche e la Sanità si presenta come una questione
di spesa pubblica secondaria.
Col R.D. del 9 ottobre 1889 n. 6442, a cui segue la circolare del 5 novembre,
viene disciplinata l’igiene delle bevande e degli alimenti, indicando le norme generali
per la macellazione, per la sorveglianza sui mattatoi e per impedire negli spacci
pubblici la vendita di cibi e bevande insalubri, nocivi o adulterati.
Si definiscono, infine, le misure contro la diffusione delle malattie infettive
dell’uomo e degli animali, specificando quali siano le malattie per le quali necessita la
denuncia e quali le precauzioni contro la loro diffusione.
Benché approvata, la legge stenta a decollare per mancanza di fondi, ciò induce
la Federazione Veterinaria Italiana a sollecitarne l’ottemperanza, nonché ad apportare
importanti modifiche.
7 In veterinaria, diffusione di una malattia infettiva, in un territorio più o meno esteso, a un gran numero di animali
della stessa specie o di specie diverse, ed eventualmente anche all’uomo (come nel caso della brucellosi o dell’aviaria).
27
L’evoluzione parallela dell’Igiene ‘pubblica’ e ‘degli alimenti’
Il 17 luglio 1890, la Legge Crispi trasforma le Opere Pie – che nascono dalla
tradizione caritativa della Chiesa Cattolica per l’assistenza di poveri, infermi, infanzia
abbandonata – vengono
trasformate in Istituzioni Pubbliche di Assistenza e
Beneficenza (IPAB), ovvero vengono inserite nella pubblica amministrazione; sono
regolamentate e sottoposte a controllo sia la funzione assistenziale sia i patrimoni
accumulati nei secoli da parte del Ministero dell’Interno (a livello provinciale tramite il
Prefetto). Sono dettate disposizioni circa amministratori e amministrazioni, la
contabilità e la vigilanza governativa. È il primo tentativo di “laicizzare” il settore
sanità. La prima forma di previdenza è rappresentata dalle Casse Malattia costituite
dalle Corporazioni con i contributi degli associati, seguono le “società di mutuo
soccorso” (mutualità volontaria) su base comunale, sindacale e aziendale in modo
libero e volontario. Non esiste un intervento statale. Nel 1886, con la Legge 3818, le
Mutue ottengono la personalità giuridica e vengono regolate come società civili: sono
associazioni che in cambio di una contribuzione assicurano ai loro iscritti ed ai loro
famigliari forme assistenziali e previdenziali in base alle disponibilità economiche delle
stesse; sono finanziate dai contributi dei lavoratori e dei datori di lavoro nella misura
determinata dal contratto collettivo di lavoro; l’assistenza sanitaria diventa oggetto di
trattative e accordi al momento della stipula di contratti di lavoro; l’entità dei
contributi varia in rapporto alla categoria di lavoratori.
Lo sviluppo del sistema mutualistico per i lavoratori dipendenti di industria,
aziende agricole, aziende commerciali, aziende di credito e così via da origine all’INAM
(Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro le Malattie) che garantisce assistenza
sanitaria generica, domiciliare e ambulatoriale, farmaceutica, ospedaliera, ostetrica,
pediatrica e assistenze integrative.
L’Istituto, in caso di malattia superiore a tre giorni, eroga indennità economica.
Per garantire la copertura dei rischi di malattia dei dipendenti pubblici, oltre
l’INAM, sono istituiti anche:
-
ENPDEP - Ente Nazionale Previdenza Dipendenti da Enti di Diritto Pubblico
-
ENPAS - Ente Nazionale Previdenza e Assistenza per dipendenti Statali
-
INADEL - Istituto Nazionale Assistenza per Dipendenti da Enti Locali
-
ENPALS - Ente Nazionale Previdenza e Assistenza Lavoratori dello Spettacolo.
28
Per i lavoratori autonomi vengono create casse mutue autonome provinciali:
casse
mutue
provinciali
di
malattia
per
coltivatori
diretti,
esercenti
attività
commerciali, artigiani …
Viene istituito l’INAIL (Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro) che
gestisce l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie
professionali nell’industria e nell’agricoltura.
Accanto a queste mutue sopravvivono le casse di mutuo soccorso “aziendali”
(Aziende
Autoferrotranviarie,
Aziende
Municipalizzate)
e
mutue,
che
tutelano
specifiche categorie di professionisti e lavoratori.
Il meccanismo con cui viene garantita la copertura dell’assistenza sanitaria è
quello del convenzionamento con i medici di base, gli specialisti, le farmacie, le
strutture ospedaliere pubbliche e private per garantire la diagnosi e cura a domicilio,
in ambulatorio, in ospedale, l’assistenza farmaceutica e la riabilitazione.
Le Mutue non coprono però tutta la popolazione perché c’è una quota di
benestanti che provvede direttamente alle proprie spese e i poveri alla cui copertura
assistenziale provvede un finanziamento del Comune di residenza.
L’assistenza garantita con il sistema mutualistico, non viene erogata in modo
uniforme, ma viene estesa negli anni a fasce sempre più vaste di popolazione,
garantendo forme di interventi di previdenza, assistenza sociale, sanitaria ed
ospedaliera.
Il R.D. del 3 agosto 1890 n. 7045 introduce un regolamento speciale per la
vigilanza igienica sugli alimenti e sugli oggetti di uso domestico, determinando i primi
interventi organici in materia alimentare. Nelle disposizioni generali si vieta la
fabbricazione, la vendita e la detenzione di prodotti alimentari o bevande che non
corrispondano per natura o qualità alla denominazione con la quale vengono
commercializzate. Non viene considerata l’aggiunta di sostanze cosiddette “innocue”
ovvero che servono solo per la commercializzazione del prodotto alimentare, a meno
che non siano aggiunte per aumentarne fraudolentemente il volume o mascherarne la
scadente qualità. Nel caso, quindi, che siano state aggiunte tali sostanze al prodotto
alimentare ne deve essere rivelata la presenza tramite specifica indicazione. Per
quanto riguarda le carni, a parte la regolamentazione di ubicazione, struttura, attività
e controllo dei macelli, vi sono regole sullo stato di salute e sull’età degli animali
destinati al macello e sull’indicazione delle modalità di vendita e di consumo delle loro
carni. Negli spacci l’autorità sanitaria deve fare frequenti ed improvvise visite di
controllo e le carni esposte senza adeguata marcatura vengono sequestrate e
29
considerate come merce di contrabbando. Vengono presi in esame nel dettaglio
animali da cortile e selvaggina, pesci, crostacei e molluschi e i latticini.
Per quanto riguarda, ad es., latte, burro e surrogati, formaggi e latticini si
legifera che chi voglia aprire una latteria deve darne annuncio, nei 15 giorni
precedenti, all’autorità municipale e il sindaco negli 8 giorni successivi debba far
eseguire un controllo dall’autorità sanitaria al fine di verificare le buone condizioni
igieniche e la disposizione dei locali rilasciando in caso di esito positivo una licenza.
Ogni capo aggiunto alla stalla deve essere denunciato nelle 24 ore seguenti al
suo arrivo e non possono prendere parte alle operazioni di mungitura persone
convalescenti o con patologie infettive in corso; negli altri casi comunque deve essere
fatta prima della mungitura una disinfezione delle mani con acqua e sapone e
aggiungendo preferibilmente, dopo, una soluzione di acido borico al 3%.
Proseguendo, vengono prese in esame uova, grassi animali e vegetali, cereali,
farine e panificati, frutti, legumi, funghi (gli articoli riguardanti questi ultimi sono
ancora ad oggi in vigore), conserve, miele, tè, cioccolato, spezie, acque gazzose e
limonate, profumi, dentifricio e, infine, petrolio.
Possiamo notare che ancora manca una definizione specifica di alimento, inteso come
“sostanze che si introducono nel tubo digerente e che, convenientemente modificate,
vanno a i tessu t i ” 8 , la com mest ib ilit à non è un requ is ito restr itt ivo per la
definizione di alimento; si parla anche di utensili da cucina, petrolio o comunque tutto
ciò che potesse venire in contatto con qualsiasi sostanza alimentare.
Nel 1896 la Direzione di sanità viene soppressa e ridotta a divisione della Direzione
generale dell’amministrazione civile; nel 1900 è sostituita con un Ispettorato generale di
sanità; nel 1902, con RD 28 dicembre n. 538 (Regolamento per l’esecuzione della legge sulla
tutela dell’igiene e della sanità pubblica), è ricostituita con dignità di direzione generale.
Enti e leggi sanitarie nell’Italia del XX secolo
Il “Regolamento generale sanitario”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (G.U.)
del Regno n.44, il 21 Febbraio 1901, stabilisce che spetta all’ufficio sanitario presso il
Ministero dell’Interno vegliare sulle condizioni di igiene e di sanità pubblica, proporre
al Ministro i provvedimenti necessari e vigilarne l’esecuzione, istruire gli affari sui quali
debba essere sentito il Consiglio Superiore di Sanità (CSS) e presentagli le relazioni.
8 Dizionario di Cognizioni utili, a cura di Mario Lessona, Vol I, pag 132, Torino 1905.
30
L’ufficio sanitario è diretto da un medico, e costituito da impiegati tecnici
(medici) e amministrativi. I prefetti e i sindaci si avvalgono dei medici provinciali,
circondariali e degli ufficiali sanitari comunali. Il CSS risponde solo al Ministro
dell’Interno che lo convoca in sessione ordinaria due volte l’anno, mentre i Consigli
Provinciali di Sanità (CPS), costituiti preferibilmente da professori universitari di
igiene, vengono convocati dal prefetto quattro volte l’anno e tutte le volte che questi
lo giudica opportuno.
Il veterinario provinciale è nominato da una commissione scelta dal Ministro
dell’Interno composta dal capo dell’ufficio sanitario, che lo presiede, e da altri membri
scelti tra i professori delle facoltà mediche e delle Scuole Superiori di Medicina
Veterinaria. I suoi compiti, oltre all’assistenza zooiatrica (il pubblico ufficiale di
riferimento è sempre il prefetto), sono: vigilanza sulle condizioni sanitarie del
bestiame e sull’igiene delle stalle; ispezione degli animali prima della macellazione, dei
locali del macello, delle carni e dei punti vendita; compilare un rapporto annuale sullo
stato sanitario del bestiame e sui provvedimenti adottati nel corso dell’anno.
Per quel che concerne l’igiene delle bevande e degli alimenti, è vietata la
vendita o somministrazione di carni di animali malati, alimenti adulterati oppure
“qualunque prodotto alimentare che, o per la sua sostanza o perché in modo anormale
preparato, possa riuscire dannoso alla salute di chi ne usa, o che presenti segni di
decomposizione anche solo incipiente”. Si dispone che gli animali colpiti da tubercolosi
possono, qualora la forma sia circoscritta, essere ammessi al consumo, se in buono
stato di nutrizione, mentre se la patologia si presenta grave e diffusa possono essere
venduti solo se bolliti per non meno di trenta minuti sotto il controllo dell’autorità
sanitaria. Gli animali colpiti da affezioni morvo-farcinose9, carbonchio o altre patologie
contagiose per l’uomo non possono essere macellati per il consumo alimentare.
Nei comuni i progetti di regolamento di igiene, deliberati dai consigli comunali,
devono essere trasmessi al prefetto per l’approvazione, previo parere del CPS.
Il prefetto rimane la figura di massima importanza a livello provinciale e
comunale, tanto da poter obbligare i comuni a creare consorzi ed emettere
provvedimenti contro cui si può far ricorso al solo Ministro dell’Interno. Il Ministro
dell’Interno, sentito il CSS, può in qualsiasi momento riformare o annullare i
provvedimenti locali se contrari alle leggi o ai regolamenti in vigore.
In questo regolamento vengono passate in rassegna tutte le professioni
sanitarie tra cui i veterinari al cui compito di assistenza zooiatrica, a livello comunale,
si aggiunge il controllo delle carni e delle industrie alimentari. Anche in questo
31
regolamento la definizione di alimento risulta poco circoscritta, tanto che si parla
ancora di utensili da cucina con particolare interesse alla presenza di zinco e piombo.
Nel 1907, viene adottato, con RD 636, il Testo Unico (T.U.) delle leggi sanitarie,
il quale dispone che la tutela della sanità pubblica spetta al ministro dell’interno e,
sotto la sua dipendenza, ai prefetti, ai sottoprefetti e ai sindaci.
Esso comprende un Regolamento di Igiene e Sanità che indica, tra l’altro, i
criteri in base ai quali si definisce quando una persona è povera e ha diritto dunque
all’assistenza sanitaria e chirurgica e ai medicinali gratuiti; istituisce Dispensari per la
profilassi e la cura gratuita delle malattie veneree, l’Opera Nazionale maternità e
infanzia, i Consorzi Provinciali antitubercolari e le assicurazioni contro la Tubercolosi.
Il T.U. è articolato in Titoli ad esempio: dell’igiene del suolo e dell’abitato; della
risicoltura (norme generali e disposizioni sulle condizioni igieniche per la coltivazione
del riso; disposizioni sul contratto di lavoro nelle risaie); dell’igiene delle bevande e
degli alimenti (misure contro la diffusione delle malattie infettive dell’uomo e degli
animali; disposizione per la profilassi delle malattie celtiche10 – blenorragia, ulcera
semplice contagiosa, infezione sifilitica; disposizioni per diminuire le cause della
malaria e per la vendita del chinino per conto dello Stato; disposizioni per la
prevenzione e la cura della pellagra).
Il Titolo “Dei regolamenti locali di igiene”, prescrive che ogni comune si doti di
un regolamento locale di igiene che deve contenere le disposizioni speciali dipendenti
dalla topografia del comune e dalle altre condizioni locali per l’esecuzione degli articoli
del T.U. riguardanti l’assistenza medica e la vigilanza sanitaria, la salubrità del suolo e
delle abitazioni, la difesa della purezza dell’acqua potabile e l’igiene e degli alimenti, le
misure contro la diffusione delle malattie infettive dell’uomo e degli animali e la polizia
mortuaria.
Dispone: che i regolamenti locali contengano altresì le prescrizioni per evitare o
rimuovere altre cause di insalubrità non enumerate nel T.U.; che le contravvenzioni
alle prescrizioni dei regolamenti locali di igiene, per le quali non siano dai precedenti
articoli stabilite pene speciali, siano punite con pene pecuniarie da ₤ 5 a ₤ 500 etc.;
che i regolamenti locali di igiene vengano deliberati dai Consigli Comunali e trasmessi
con le osservazioni dei Consigli Provinciali Sanitari e del medico provinciale al Ministro
dell’Interno il quale li approverà con le aggiunte e modificazioni che giudicherà
opportune.
9 Malattia contagiosa degli equini, che si manifesta con la formazione di ulcere e noduli.
10 Malattia celtica, o, più spesso, morbo celtico, cioè francese, era detta, in origine, la sifilide (perché nel
Rinascimento se ne attribuiva l’introduzione in Italia ai soldati francesi), poi anche, per estensione, le altre malattie
veneree.
32
Le riforme del ventennio fascista
La questione sanitaria viene ripresa in maniera organica con Benito Mussolini,
capo del Governo e Ministro dell’Interno.
Nel dicembre 1928 è emanato il R.D. n. 3298 col titolo “approvazione del
regolamento per la vigilanza sanitaria delle carni”, pubblicato poi sulla gazzetta
Ufficiale n. 36 del 12 febbraio 1929; questo regolamento abroga tutte le leggi
precedenti in materia.
Si afferma che la macellazione possa avvenire unicamente nei pubblici macelli
o, nei comuni che non sono tenuti ad averne uno, in locali riconosciuti idonei a tale
scopo dall’Autorità comunale. Nei macelli pubblici di particolare rilevanza, diventa
obbligatorio avere un reparto per la macellazione d’urgenza, un frigorifero per la
conservazione delle carni, la presenza di strumentazioni idonee alla salagione,
preparazione, cottura e sterilizzazione delle carni che devono essere vendute previo
trattamento e uno spaccio per la vendita delle Carni di Bassa Macelleria (CBM, carni
provenienti da animali morti per malattia o traumi di varia natura), dopo referto
“nettamente favorevole”.
La direzione e l’ispezione dei pubblici macelli devono essere affidate a veterinari
municipali: negli stabilimenti di elevata importanza tale figura deve essere scelta
tramite concorso con prove scritte ed orali riguardo all’ispezione e alla polizia
sanitaria, con giudizio di una commissione di tre professionisti veterinari nominati dal
prefetto.
Si elencano le disposizioni in merito alle preparazioni carnee come gli insaccati,
si trattano le carni avicole, cunicole e la selvaggina.
A differenza dei regolamenti precedenti, si passa da una visione non organica di
alimento ad una più specifica ed attenta alla salute del consumatore e molti degli
articoli possono essere considerati il punto di partenza delle più moderne disposizioni.
Si inizia anche a prestare maggiormente attenzione all’etichettatura dei prodotti, come
quelli in scatola, che deve precisare non solo il contenuto, ma anche il “nome della
ditta produttrice e la marca di fabbrica”; ci sono anche numerose disposizioni
riguardanti il trattamento delle carni in scatola, insaccate e congelate e del personale
addetto, che deve essere provvisto di certificato medico e sottoposto a regolari visite.
L’anno successivo viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 24 giugno 1929 il
R.D. n. 994 che approva il regolamento sulla vigilanza igienica del latte destinato al
consumo diretto.
33
I ricoveri per gli animali e i locali annessi devono essere autorizzati, previa
richiesta del proprietario, dal podestà allegando una descrizione dell’ubicazione e della
struttura, ed informando quanti animali dovrebbe contenere e di quale razza. Alla
domanda segue un controllo da parte di un veterinario per quanto concerne la parte
zootecnica, mentre un ufficiale sanitario controlla lo stato sanitario del personale di
stalla. Una volta rilasciata l’autorizzazione, il veterinario e l’ufficiale sanitario sono
obbligati,
come
pubblici
ufficiali,
ad
eseguire
controlli
ispettivi
periodici.
L’alimentazione deve essere fornita da foraggi privi di sostanze velenose o che
possano influenzare le proprietà organolettiche del latte. In caso di malattia del
bestiame deve essere avvertita l’autorità comunale che tramite un veterinario
comunale dà le necessarie disposizioni.
Per quanto riguarda le centrali del latte, queste devono avere determinate
caratteristiche per essere autorizzate a raccogliere il latte per destinarlo poi ai processi
di pastorizzazione, o ad altri trattamenti che siano stati riconosciuti idonei per
assicurare la salubrità del prodotto; i progetti devono essere approvati dal prefetto
dopo che sia stato sentito il parere del consiglio provinciale di sanità.
Un nuovo T.U. della sanità è approvato con il R.D. 27 Luglio 1934 n. 1265,
anche questo fondamentalmente non si discosta dalle linee guida già stabilite, in
quanto si mantengono come organi centrali la Direzione generale della sanità, sempre
dipendente dal Ministero dell’Interno, affiancata dal CSS e dagli Istituti di Ricerca e,
come organi periferici, il Prefetto, il CPS, il medico provinciale, i laboratori provinciali
di igiene e profilassi, gli ufficiali sanitari marittimi, di frontiera, degli aeroporti, il
sindaco e l’ufficiale sanitario.
L’interconnessione tra diritto all’alimentazione e diritto alla salute inteso come
salubrità degli alimenti, nel nostro paese, appare con evidenza già da questo testo
unico delle leggi sanitarie. Vi è, infatti, una sezione, intitolata “Della tutela igienica
dell’alimentazione, dell’acqua potabile e degli oggetti di uso personale”, dedicata alla
vigilanza igienica “sulla genuinità e salubrità degli alimenti e delle bevande”, al cui
interno diversi articoli prevedono il controllo da parte dell’autorità sanitaria al fine di
assicurare la tutela della sanità pubblica e a questo proposito è designato un prefetto
che può disporre della chiusura, temporanea o permanente, di uno stabilimento
commerciale presso il quale siano state poste in vendita sostanze in qualsiasi modo
pericolose per la salute pubblica. Altre sezioni sono dedicate alla tutela di specifiche
sostanze alimentari quali il granturco, ai recipienti destinati alla preparazione o alla
34
conservazione di alimenti e bevande, all’acqua potabile, ai colori nocivi per la salute e
all’alcool diverso da quello etilico.
Fino alla riforma del 1978, questo decreto fissò le specifiche funzioni dei singoli
organi dell’amministrazione sanitaria.
Il R.D. n. 1631 del 1938, ovvero la
Legge Petragnani, opera un’organica
riforma ospedaliera con l’emanazione di norme generali (che valgono sia per le
strutture ospedaliere pubbliche sia per le religiose e le IPAB) per l’ordinamento dei
servizi sanitari e il personale sanitario degli ospedali.
La legge distingue tra ospedali e infermerie:

gli ospedali sono classificati in generali e specializzati;

le infermerie si distinguono per malati acuti, convalescenti e cronici.
I servizi ospedalieri sono organizzati in reparti e sezioni; il personale medico è
differenziato in primario, aiuti e assistenti.
Le leggi sanitarie della prima Repubblica
Con il Decreto Legge (D.L.) 417 del 12 luglio 1945 è istituito l’Alto
Commissariato per l’Igiene e la Sanità pubblica, alle dirette dipendenze della
Presidenza del Consiglio dei Ministri e con il successivo D.L. del 31 luglio 1945 n. 446
ne vengono spiegate le funzioni e le competenze; inoltre viene soppressa la Direzione
Generale della Sanità.
Il primo di gennaio del 1948, viene emanata la Costituzione della Repubblica
Italiana, l’articolo 32 di detta Costituzione recita: "La Repubblica tutela la salute come
fondamentale diritto dell'individuo ed interesse della collettività e garantisce le cure
gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non
per disposizione di legge. La Legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal
rispetto della persona umana."
Con la legge del 13 marzo 1958 n. 296 è istituito il Ministero della Sanità, sorto
dall’esigenza di dare piena attuazione al sopracitato articolo, che sostituisce il
Ministero degli Interni come responsabile politico nazionale per l'Igiene e la Sanità
Pubblica. Le competenze espletate fino ad allora, in materia di sanità, dall’Alto
Commissariato e dalle altre Amministrazioni vengono assorbite dal Ministero della
Sanità, mentre a livello periferico rimangono le figure del Medico e del Veterinario
35
Provinciale, coordinate dal Prefetto, assieme agli Uffici Sanitari dei comuni, dei
consorzi e gli Uffici Sanitari speciali (di confine, porto e aeroporto).
Il 30 aprile 1962 viene emanata la legge n.283, fondamentale per la sicurezza
alimentare, che modifica il R.D. del 27 luglio 1934 n.1265 e regolamenta l’igiene della
produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande.
Con la Legge 132/68 il Ministro Mariotti, invece di varare una Riforma Sanitaria,
impone una Riforma Ospedaliera, incentrando tutto il problema sanitario sugli
ospedali. Vengono istituiti gli Enti Ospedalieri con cui viene riconosciuta agli ospedali
pubblici una soggettività di diritto pubblico, giacché diventano enti pubblici dotati di
personalità giuridica e gestiti da politici, istituzioni deputate al ricovero e cura degli
infermi. Diventano Enti Ospedalieri le IPAB, gli ospedali appartenenti ad Enti pubblici
ma con finalità solo assistenziali. Diventano Enti Ospedalieri e vengono distaccati
dall’Ente di appartenenza anche gli ospedali che alla data del 1968 appartenevano ad
Enti pubblici ma avevano finalità diverse oltre all’assistenza ospedaliera (es. gli
ospedali sanatoriali gestiti dall’INPS e gli ospedali ortopedico-traumatologici gestiti
dall’INAIL). Con questa legge, viene esteso il diritto all’assistenza ospedaliera a tutti i
cittadini, si incarica lo Stato di finanziare il debito degli ospedali e le Regioni, una volta
istituite, hanno il compito di curare la programmazione ospedaliera.
L’effetto voluto è quello di uniformare e rendere più razionale la rete sanitaria:
tutte le strutture sono sottoposte a stessi obblighi e controlli e gli ospedali sono
classificati in zonali, provinciali e regionali. Il rovescio della medaglia è che vengono
riconosciuti come ospedali di zona anche fatiscenti strutture sanitarie, sulle quali
interessi politici fanno a gara nel creare divisioni ospedaliere, nominando primari
accreditati politicamente. Viene anche instaurata la retta ospedaliera, cioè il quantum
che un ospedale incassa, a piè di lista, per ogni giornata di ricovero. Ciò comporta che
tutti gli spazi degli ospedali, a mo’ di albergo, siano strutturati in posti letto, relegando
i servizi nei sottoscala, poco funzionanti, per poter allungare le giornate di degenza e
quindi incassare più soldi.
Nonostante questa riforma in teoria abbia degli obiettivi ben precisi e delle
conseguenze rilevanti, in pratica non ha fatto altro che incentivare i ricoveri, creando
un enorme sperpero del denaro pubblico, senza offrire un servizio adeguato, a tutto
vantaggio delle case farmaceutiche e delle industrie di apparecchiature biomediche, di
conseguenza, non è in grado di risollevare dal dissesto finanziario le mutue.
I motivi del fallimento economico delle Mutue dipendono da un notevole
incremento progressivo dei costi di gestione a fronte di un mancato incremento delle
36
entrate. Gli Enti mutualistici non adeguano annualmente le rette di degenza per cui gli
ospedali garantiscono via via un’assistenza sempre migliore ed efficiente a fronte di
rette
di
degenza
che
non
coprono
i
reali
costi,
per
gli
ospedali
vanno
progressivamente esaurendosi le fonti di finanziamento di natura caritativa mentre
l’attività aumenta. Necessita quindi una fonte di entrate: la retta di degenza. Ogni
paziente è giornalmente una fonte di reddito per l’ospedale tanto più la sua degenza si
prolunga. Lo Stato deve intervenire nella gestione sanitaria; l’esito è che le mutue,
con la legge 386/74 e la legge 833/78, vengono prima commissariate e poi liquidate.
Questo primo cambiamento radicale ha dato il via al successivo e definitivo
cambiamento, cioè l’istituzione dell’attuale Servizio Sanitario Nazionale (SSN). La
legge 833/78 di riforma sanitaria istituisce il SSN, passando da un sistema
assicurativo di tipo mutualistico a un sistema ad accesso universale. Essa recita: “La
Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della
collettività mediante il servizio sanitario nazionale. La tutela della salute fisica e
psichica deve avvenire nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana. Il
servizio sanitario nazionale è costituito dal complesso delle funzioni, delle strutture,
dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento ed al recupero
della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni
individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l'eguaglianza dei cittadini nei
confronti del servizio. L'attuazione del servizio sanitario nazionale compete allo Stato,
alle regioni e agli enti locali territoriali, garantendo la partecipazione dei cittadini. Nel
servizio sanitario nazionale è assicurato il collegamento ed il coordinamento con le
attività e con gli interventi di tutti gli altri organi, centri, istituzioni e servizi, che
svolgono nel settore sociale attività comunque incidenti sullo stato di salute degli
individui e della collettività. Le associazioni di volontariato possono concorrere ai fini
istituzionali del servizio sanitario nazionale nei modi e nelle forme stabiliti dalla
presente legge”.
Nascono le Unità Sanitarie Locali (USL) che devono assolvere ai compiti del SSN
nell’ambito territoriale di competenza e gestiscono attività di prevenzione tramite:
Servizio di Igiene Pubblica ed Ambientale; Servizio di Tutela della Salute nei Luoghi di
Lavoro; Servizio Veterinario con competenza sia sull’igiene della zootecnia sia
sull’igiene degli alimenti di origine animale.
Di solito comprendono un ambito da 50.000 a 200.000 abitanti, tenuto conto
delle caratteristiche geo-morfologiche e socio-economiche della zona.
37
Ma, a soli tre mesi dalla emanazione della legge 833/78, viene introdotto il
“ticket” sui farmaci e sulle prestazioni sanitarie, una vera e propria “tassa sulla
malattia” che, prevedendo una forma di compartecipazione diretta dei cittadini alla
spesa sanitaria, incrina il principio della gratuità dell’accesso al sistema. Inoltre il
sistema dei partiti e importanti lobby economiche sono già in agguato, pronti a
mettere le mani sul nuovo SSN.
La privatizzazione della Sanità
Ed è così che nel 1992, durante il governo Amato, viene partorito, dall’allora
ministro della Sanità De Lorenzo,
il D.L. 502/92. Questo provvedimento, poi
leggermente modificato dal D.L. 517/93, varato dal governo Ciampi, inizia a sfaldare
l’omogeneità
delle
prestazioni
sul
territorio
nazionale
inserendo
un
cuneo
nell’universalità del servizio: pur identificando dei “livelli uniformi di assistenza” su
base
nazionale,
vengono
devoluti
grandi
poteri
alle
Regioni
che
diventano
economicamente e, in parte, politicamente responsabili dei propri sistemi sanitari;
inoltre le USL diventano Aziende Sanitarie Locali (ASL), vere e proprie aziende
pubbliche dotate di autonomia imprenditoriale e gestite da potenti “managers della
salute” principalmente secondo criteri di efficienza economica e “produttività”.
Parallelamente a questa vera e propria riorganizzazione in senso aziendalistico
della sanità pubblica, si spalancano le porte alle strutture sanitarie private, di fatto
equiparate a quelle pubbliche attraverso il meccanismo dell’accreditamento, che le
rende a tutti gli effetti un pilastro del SSN e non più semplicemente accessorie e
supplementari. Viene delineata, esattamente come accadeva con il sistema delle
mutue, una tendenziale separazione tra i soggetti committenti e paganti da un lato (le
ASL) e le strutture erogatrici delle prestazioni sanitarie dall’altro (le Aziende
Ospedaliere). In questo modo le ASL possono iniziare a rimborsare parimenti
prestazioni sanitarie “acquistate” dagli utenti presso Aziende Ospedaliere pubbliche o
da soggetti privati accreditati, alimentando così la concorrenza e la competizione tra i
due poli. Il D.L. 517/93 istituisce il Dipartimento di Prevenzione, comprendente i
Servizi di: Igiene e Sanità Pubblica; Prevenzione e Sicurezza degli Ambienti di Lavoro;
Igiene degli Alimenti e della Nutrizione; Attività Veterinarie (Sanità Animale, Igiene
degli alimenti di origine animale, Igiene degli Allevamenti e delle Produzioni
38
Zootecniche). Questo decreto conferma i principi fondamentali già introdotti dalla
precedente legge di riforma:

globalità degli interventi in materia di prevenzione, cura e riabilitazione

uguaglianza di tutti i cittadini di fronte al SSN

tutela della salute come diritto fondamentale dell’individuo e interesse della
collettività

livelli uniformi di assistenza

unitarietà strutturale del SSN

programmazione nazionale delle attività sanitarie (Piano Sanitario Nazionale
PSN e Piano Sanitario Regionale PSR)

partecipazione dei cittadini nell’attuazione del servizio.
Con la legge 61/94 viene istituita l’Agenzia Nazionale per la Protezione
dell’Ambiente (ANPA), un Organismo esterno al Ministero della Sanità che ha
Competenze di Tutela Ambientale a livello centrale – a cui corrisponde, a livello
regionale, l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente ARPA – che assorbe
alcune competenze e strutture sottratte alle ASL. In particolare, vengono attribuite
all’ANPA attività tecnico-scientifiche quali: protezione dell’ambiente; coordinamento
tecnico e metodologico delle ARPA; supporto nei confronti del Ministero dell’Ambiente
(relazione annuale sullo stato dell’ambiente).
Nel 1999 arriva il D.L. 299, la cosiddetta “riforma Bindi” o “riforma ter”, l’ultimo
grande passo legislativo ad oggi che il sistema sanitario abbia compiuto dalla sua
costituzione. Completando il processo di organizzazione e razionalizzazione necessario
per raggiungere un servizio sanitario efficiente ed efficace. Questa riforma, pur
tentando di correggere alcune criticità dei precedenti provvedimenti, ridefinendo i
principi di tutela del diritto alla salute, la programmazione sanitaria e i Livelli
Essenziali di Assistenza (LEA) da garantire a tutti i cittadini, conferma l’impostazione
fondamentalmente privatistica dell’ordinamento sanitario. I punti fondamentali del
D.L. 299 sono i seguenti:

Tutelare la salute come diritto fondamentale dell'individuo e interesse della
collettività (art. 32 Costituzione).

Assicurare LEA, individuati nel PSN contestualmente alla risorse finanziarie da
destinare alla sanità.

Prevedere prestazioni sanitarie e modalità della loro erogazione che
rientrare nei LEA se conformi ai principi etici di dignità dell'uomo.
39
possano

Garantire equità di accesso, requisiti di qualità e appropriatezza delle cure,
soddisfare il principio dell'economicità nell'impiego delle risorse (vengono
delimitati gli ambiti di intervento del SSN come obiettivi e garanzie che
escludono dai livelli assistenziali erogati a carico del SSN stesso le modalità
assistenziali e le prestazioni sanitarie che non corrispondano ai principi di:
tutela della necessità assistenziale, efficacia dimostrabile, appropriatezza,
economicità, efficienza dell'uso delle risorse).

I livelli di assistenza aggiuntivi rispetto a quelli essenziali sono a carico dei
Comuni; i fondi integrativi del servizio sanitario nazionale autogestiti e
alimentati da contributi dei singoli associati possono finanziare prestazioni
aggiuntive rispetto a quelle essenziali ma comunque con queste ultime
integrate ed erogate da professionisti e strutture accreditate. Con i fondi
integrativi possono essere fornite prestazioni di medicina non convenzionale,
cure odontoiatriche, cure termali, rimborsi dei tickets, tariffe di libera
professione intramuraria ecc.

Assicurare libera scelta del luogo di cura e dei professionisti da parte dei
cittadini, sempre però all’interno delle strutture del SSN (soggetti accreditati) e
degli accordi contrattuali previo condizionamento delle politiche tariffarie tra
Regioni atte a favorire l'autosufficienza regionale e il miglior utilizzo delle
strutture a valenza interregionale e nazionale.
Dopo circa sei mesi, viene approvata la Legge 13 maggio 1999 n. 133 che
determina la soppressione nell’arco di tre anni del Fondo Sanitario Nazionale,
lasciando alle Regioni il compito di finanziare direttamente il proprio Servizio Sanitario.
La Sanità italiana del III millennio
Nel 2001 muta il quadro costituzionale: la riforma del titolo V della Costituzione
ridefinisce i rapporti tra Stato e Regioni in senso federalistico e, attribuendo nuovi
poteri e autonomia a queste ultime, approfondisce ulteriormente la frammentazione e
la disomogeneità dei servizi erogati nei diversi territori. In sostanza, dagli anni
Settanta alla riforma del 2001, le regioni hanno visto crescere in tutti i campi la loro
autonomia organizzativa e di spesa, senza che, di pari passo, crescesse la loro
autonomia fiscale. Le regioni, quindi, si trovano ad avere la possibilità di spendere
sempre più denaro in un numero sempre maggiore di campi, ma nel contempo senza
40
doversi impegnare a recuperare quel denaro: senza che siano soldi loro. Le imposte
che vengono alzate per riparare ai buchi nei bilanci regionali, infatti, sono imposte
statali; e aumentano per decisione del Parlamento (che si prende anche tutte le
critiche). Molto spesso lo Stato aiuta direttamente le regioni, prelevando il denaro
dalla fiscalità generale (quella che pagano tutti i cittadini) e utilizzandolo per ripianare
le perdite di una sola regione. In questo modo si toglie anche agli abitanti della
regione l’incentivo a punire gli amministratori locali inefficienti. Se la perdita viene
spalmata su tutti gli italiani, gli abitanti della regione non subiscono particolari danni
da una gestione poco oculata dei soldi pubblici (paradossalmente potrebbero anche
riceverne dei vantaggi).
In questo panorama nasce la Legge Regionale 23 dicembre 2004 n. 29: “Norme
generali sull’organizzazione ed il finanziamento del servizio sanitario regionale”, i cui
principi fondamentali sono:
 Centralità del cittadino come titolare del diritto alla salute
 Responsabilità pubblica per la tutela del diritto alla salute
 Universalità e equità di accesso alle prestazioni
 Globalità della copertura assistenziale
 Finanziamento pubblico dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA)
 Responsabilità individuale e collettiva nella promozione di stili e ambienti di vita
 Libera scelta del luogo di cura
 Compartecipazione degli Enti locali alla programmazione
 Collaborazione con le Università
Nella organizzazione attuale il Ministero della Salute è l'organo centrale del
SSN. È preposto alle funzioni di:

indirizzo e programmazione in materia sanitaria;

definizione degli obiettivi da raggiungere per il miglioramento dello stato di
salute della popolazione;

determinazione dei livelli di assistenza da assicurare a tutti i cittadini in
condizioni di uniformità sull'intero territorio nazionale.
Attraverso il PSN approvato dal Parlamento, il ministero definisce degli obiettivi
generali da raggiungere per la salute pubblica, l’importo del fondo sanitario, il metodo
di ripartizione di tale fondo alle Regioni che, mediante la rete delle ASL – intese come
il complesso dei presidi di ricovero, cura e riabilitazione, degli uffici e dei servizi dei
comuni e delle comunità montane – garantiscono l’attività dei servizi sanitari. Il
ministero definisce inoltre i criteri generali per l’erogazione di tali servizi, le linee guida
41
per la formazione e l’aggiornamento di medici, infermieri e tecnici, nonché i sistemi di
controllo e verifica dei risultati raggiunti.
Gli altri organi del SSN sono:
 L’Istituto Superiore di Sanità (ISS), organo tecnico-scientifico del SSN, svolge
funzioni di ricerca, sperimentazione, controllo e formazione per quanto
concerne la salute pubblica.
 Il Consiglio Superiore di Sanità (CSS), organo tecnico-consultivo del Ministero
della Salute, esprime pareri e proposte in merito ai vari ambiti relativi alla
tutela e al miglioramento delle condizioni di salute della popolazione.
 L’Agenzia Nazionale per il Farmaco (AIFA), di recente istituzione, assolve a
diversi compiti. Riunisce competenze disperse a vari livelli e unifica la
problematica del farmaco. Sostiene il confronto tra i farmaci attualmente in uso
e quei farmaci che vengono proposti come innovativi. All’interno dell’Agenzia vi
è il fondo per le malattie rare che ha a disposizione risorse per studiare e per
trattare questo genere di patologie. Responsabilità dell’Agenzia è anche la
comunicazione e il sistema di informazione sui farmaci alla popolazione.
 L‘Istituto Superiore per la Prevenzione E la Sicurezza del Lavoro (IPSESL),
organo tecnico-scientifico che collabora direttamente con enti pubblici e privati.
Oltre a fornire consulenza al ministero nella stesura dei piani sanitari, si occupa
dell’ideazione di metodologie e criteri standard per valutare i rischi a cui può
essere soggetta la salute dei lavoratori e formulare proposte atte a migliorare la
sicurezza. Nel 2010 l’ISPESL viene soppresso con il Decreto Legge 78/2010,
convertito successivamente nella legge n.122 del 2010 e le sue funzioni
spostate all’INAIL.
 Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS), ospedali di eccellenza
che perseguono finalità di ricerca, prevalentemente clinica e traslazionale, nel
campo biomedico ed in quello della organizzazione e gestione dei servizi sanitari
ed effettuano prestazioni di ricovero e cura di alta specialità.
 Istituti
Zooprofilattici
Sperimentali
(IZS),
rappresentano
un
importante
strumento operativo di cui dispone il SSN per assicurare la sorveglianza
epidemiologica, la ricerca sperimentale, la formazione del personale, il supporto
di laboratorio e la diagnostica nell’ambito del controllo ufficiale degli alimenti.
Costituiscono una struttura sanitaria integrata, unica in Europa e nel mondo, in
grado di assicurare una rete di servizi per verificare la salubrità degli alimenti e
dell’ambiente, per la salvaguardia della salute dell’uomo.
42
 AGEnzia NAzionale per i Servizi sanitari regionali (AGENAS), organo tecnicoscientifico del SSN che svolge attività di ricerca e supporto nei confronti del
Ministero della Salute e delle Regioni. Punto di raccordo tra il livello centrale,
regionale e aziendale, l’AGENAS assicura il proprio supporto tecnico-operativo
alle Regioni e alle singole aziende sanitarie in ambito organizzativo, gestionale,
economico, finanziario e contabile, in tema di efficacia degli interventi sanitari,
nonché di qualità, sicurezza e umanizzazione delle cure, svolgendo attività di
ricerca, monitoraggio, valutazione, formazione ed innovazione con l’obiettivo di
migliorare le prestazioni sanitarie e l’organizzazione dei servizi.
Il Ministero della Salute emana periodicamente (in genere ogni tre anni) il
PIANO SANITARIO NAZIONALE, il principale strumento di programmazione sanitaria
mediante il quale, in un dato arco temporale, vengono definiti gli obiettivi da
raggiungere, attraverso l’individuazione di azioni e di strategie strumentali alla
realizzazione delle prestazioni istituzionali del Servizio Sanitario Nazionale. Esso
rappresenta quindi il primo punto di riferimento per ogni riforma e iniziativa
riguardante il sistema sanitario, sia a livello centrale sia a livello locale.
È attraverso il PSN che lo Stato stabilisce le linee generali di indirizzo del SSN,
nell’osservanza degli obiettivi e dei vincoli posti dalla programmazione economicofinanziaria nazionale, in materia di prevenzione, cura e riabilitazione, nonché di
assistenza sanitaria da applicare conformemente e secondo criteri di uniformità su
tutto il territorio nazionale.
Il primo PSN, approvato dopo le modifiche apportate al Titolo V della
Costituzione, con il DPR 23 maggio 2003, rappresenta il primo punto di equilibrio di un
patto “federale” tra Stato e Regioni in sanità, preceduto da una proposta formulata
dalle Regioni in sede di “auto-coordinamento” che ne delinea le linee generali tenuto
conto del nuovo quadro istituzionale e del ruolo assegnato allo Stato e alle Regioni.
La normativa CEE
Con il Trattato di Roma del 195711 nasce la Comunità Economica Europea (CEE)
e in Europa sorge l’esigenza di garantire la sicurezza nel libero scambio di persone e
merci tra gli Stati membri.
11 Il trattato venne stipulato tra 6 soli Stati: Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Francia, Germania, Belgio. L’articolo 30
recita: “Senza pregiudizio delle disposizioni che seguono, sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative
all’importazione nonché qualsiasi misura di effetto equivalente”.
43
La normativa CEE concernente le modalità e il controllo delle fasi di produzione
e distribuzione degli alimenti di origine animale è caratterizzata da una serie di atti di
tipo ‘verticale’, ovvero riferiti ai singoli comparti produttivi, emanati in un’ottica
oramai superata, che però rispecchia, all’epoca della sua istituzione, l’intenzione del
legislatore di arrivare a liberalizzare gli scambi commerciali all’interno dei confini
europei.
Fino agli anni ‘80, l’aspetto igienico non è avvertito ancora come una necessità
primaria e l’attività di tutela della salute dei cittadini è affidata ai singoli stati membri,
che si dedicano soprattutto a stabilire una normativa relativa agli aspetti tecnici delle
produzioni alimentari, con leggi che spesso si dimostrano essere un ostacolo piuttosto
che una facilitazione alla libera circolazione delle derrate alimentari, per la diversità
delle disposizioni nazionali in materia.
Nel nostro paese il concetto di autorizzazione e di controllo delle produzioni
alimentari trovano una prima organica sistemazione giuridica con la legge n. 283 del
30 aprile 1962.
Questa è di fondamentale importanza per la tutela della sicurezza degli
alimenti, così come il suo regolamento di attuazione (emanato con ben 18 anni di
ritardo ovvero il DPR 327/80), e si presenta sì come un testo normativo alquanto
complesso di carattere amministrativo, ma con importanti inserti di carattere penale –
come tutta la normativa dell’epoca – destinato a regolare l’intero ciclo merceologico
del prodotto alimentare, dalla preparazione alla distribuzione; fino ad oggi è rimasta,
se pur modificata in parte dalla legge 441/63, uno dei punti di riferimento, non solo
storico, per la legislazione alimentare di carattere nazionale. Questa legge modifica il
R.D. del 27 luglio 1934 n. 1265 (anche detto Testo Unico delle leggi sanitarie) e
disciplina l’igiene della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle
bevande.
Lo sviluppo della produzione industriale, l’inarrestabile urbanizzazione, nonché
la crescita del potere d’acquisto di ampi strati della popolazione sono fattori
determinanti una sempre maggiore complessità nella produzione e nel commercio
degli alimenti e, al contempo, elevate massificazioni e standardizzazioni nei consumi.
Questo sviluppo economico-sociale, che interessa l’intero territorio europeo, porta due
conseguenze fondamentali: la prima dovuta al fatto che l’eventuale nocività di una
partita di alimenti è oramai in grado di produrre effetti diretti su un numero di
consumatori sempre più ampio; la seconda dovuta alla crescente carenza di
informazioni possedute dal consumatore, all’interno di un mercato che oramai supera i
44
confini nazionali, riguardo alla sicurezza, alle tecniche di produzione e al luogo di
provenienza del prodotto alimentare.
A quanto detto si sommano poi i maggiori rischi derivanti dalle nuove tecniche
di lavorazione dei prodotti, dal crescente utilizzo di sostanze chimiche, sia nella
produzione primaria (come per esempio gli antiparassitari), che nella successiva fase
della trasformazione, basti pensare agli additivi alimentari.
Negli anni ‘60 infatti l’ampio uso di queste sostanze inizia a creare qualche
dubbio su una eventuale scarsa sicurezza e si ritiene necessario un controllo
legislativo; gli additivi vengono menzionati per la prima volta nel 1962 proprio nella
legge n. 283 dove si stabilisce che il loro uso da parte delle industrie deve essere
preventivamente approvato dal Ministero della Salute.
La legge n. 283 del 1962 permette di perseguire frodi e sofisticazioni alimentari
vigilando per tutelare la salute pubblica. Circa quaranta anni dopo la strategia
integrata dell’Unione Europea in materia di sicurezza alimentare ha individuato come
primario lo stesso obiettivo: garantire che al consumatore arrivino alimenti “sicuri”.
Nel corso degli anni, e con l’allargamento del territorio comunitario, la
normativa ha subito numerose rivisitazioni ed aggiornamenti che possiamo distinguere
in tre momenti principali:
a) L’armonizzazione con le Direttive verticali: a partire dagli anni ’60 è stata
sviluppata
una
serie
di
Direttive
per
regolare
la
produzione
e
commercializzazione di specifici alimenti; gli strumenti legislativi, denominati
“verticali” perché relativi a specifiche filiere, sono stati emanati unicamente per
quei prodotti ritenuti di particolare importanza per l’Unione Europea quali le
carni fresche, il latte, il burro, ecc. Al periodo iniziale risale anche l’introduzione
del “bollo CEE ” per identificare gli stabilimenti produttivi che, essendo in
possesso di particolari requisiti strutturali e sanitari prescritti dalla normativa
comunitaria, erano autorizzati a commercializzare i loro prodotti tra i Paesi di
tutta l’Unione. Gli stabilimenti sprovvisti del bollo CEE (in quanto con requisiti
strutturali e di sicurezza non in linea con le prescrizioni comunitarie) potevano
commercializzare i prodotti solo all’interno del singolo Stato Membro; questo
doppio livello di autorizzazione è stato comunemente identificato con il termine
“doppio mercato”.
b) La liberalizzazione del mercato: il secondo momento storico ha avuto inizio a
partire dalla fine degli anni ’80, a seguito della necessità di adeguare il
commercio alimentare alle novità introdotte dal MEC (Mercato Europeo
45
Comune). L’abolizione dei controlli alle frontiere e la libera circolazione delle
merci (oltre che di persone e capitali) imponeva, infatti, il rispetto di un livello
minimo di sicurezza comune tra tutti gli Stati aderenti al circuito comunitario e
la necessità di eliminare il cosiddetto “doppio mercato”.
In questo periodo
l’Unione Europea ha, da un lato, emanato norme comuni a tutti gli alimenti
indipendentemente dalla loro natura o categoria di appartenenza (Direttive
“orizzontali”) e, dall’altro, ha aggiornato gli strumenti legislativi di natura
“verticale” dettagliando le procedure igieniche di fabbricazione con precisi
requisiti tecnici.
Al primo gruppo appartengono,
ad es., le norme relative
all’igiene
alimenti,
sui
degli
ai
controlli
ufficiali
prodotti
alimentari,
all’etichettatura degli alimenti. Al secondo gruppo appartengono invece tutte le
Direttive inerenti alla produzione, trasformazione e commercializzazione degli
alimenti di origine animale.
c) Il nuovo approccio verso la sicurezza alimentare: la terza ed ultima fase è
iniziata a seguito delle gravi crisi alimentari che si sono verificate in Europa a
partire
dal
1996
(es.
BSE
–
Bovine
Spongiform
Encephalopathy
–
contaminazione da diossine negli alimenti, ecc.) e che hanno dimostrato una
non omogenea applicazione delle norme da parte degli Stati Membri e la
presenza di carenze nel sistema dei controlli.
Questi elementi hanno indotto la Commissione Europea (CE) ad avviare una
profonda revisione della normativa sulla sicurezza alimentare, per garantire la
sicurezza degli alimenti ai consumatori e salvaguardare il settore agroalimentare da
crisi ricorrenti. L’Unione Europea ha dunque adottato la strategia globale di intervento
“sicurezza dai campi alla tavola”. In questa formula è racchiuso lo spirito
dell’intervento normativo e di controllo degli ultimi anni: affrontare la sfida di
garantire cibi sani e sicuri lungo tutta la filiera12 produttiva, predisporre un controllo
integrato e abbandonare l’approccio settoriale e verticale. Essa si basa su una
combinazione di requisiti elevati per i prodotti alimentari e per la salute e il benessere
degli animali e delle piante, siano essi prodotti all'interno dell'UE o importati.
Le prime valutazioni sul tema risalgono all’anno 1997 con il “Libro verde della
Commissione sui principi generali della legislazione in materia alimentare dell’Unione
Europea” che trovano una formulazione condivisa nel “Libro Bianco sulla sicurezza
alimentare” del 2000.
12 Il termine filiera è molto ricorrente nella comunicazione pubblicitaria riguardante il settore alimentare, perciò è
bene conoscerne e comprenderne il significato, poiché è un concetto importante che riguarda la produzione alimentare.
La filiera consiste nell’insieme di tutte le imprese, anche entità istituzionali, che concorrono a un qualche titolo nella
produzione di un bene finale.
46
I libri verdi sono documenti pubblicati dalla Commissione europea, attraverso
cui si vuole stimolare la riflessione a livello europeo su un tema particolare. Essi
invitano le parti interessate (enti e individui) a partecipare ad un processo di
consultazione e di dibattito sulla base delle proposte presentate. Talvolta i libri verdi
danno origine a sviluppi legislativi che vengono poi presentati nei libri bianchi.
Il Codex Alimentarius
Un’importante tappa, raggiunta dalle Organizzazioni internazionali, lungo il
cammino della sicurezza alimentare, è l’istituzione del
Codex Alimentarius, un
insieme
standardizzate
di
linee
guida
e
codici
di
buone
pratiche,
a
livello
internazionale, che contribuisce al miglioramento della sicurezza, qualità e correttezza
del commercio mondiale di alimenti.
Il commercio internazionale di cibo esiste da migliaia di anni ma fino a non
molto tempo fa il cibo è stato prodotto, venduto e consumato per la maggior parte
localmente. Durante l'ultimo secolo il quantitativo di cibo commercializzato a livello
internazionale è cresciuto in modo esponenziale ed oggi enormi quantità e varietà di
alimenti, come mai in passato, viaggiano ogni giorno attraverso il globo. Si pone,
dunque, ai governi dei Paesi interessati, l’imperativo di uniformare le regole relative al
comparto agro-alimentare per garantire la sicurezza dei propri cittadini.
Il Codex Alimentarius è una raccolta di norme internazionali adottate da
un’apposita Commissione creata, nel 1962, da due Organizzazioni delle Nazioni Unite,
l'OMS e la FAO (Food and Agriculture Organization), con il compito di elaborare un
corpo di norme relative a una disciplina uniforme, nei diversi Stati, sulla produzione ed
il commercio dei prodotti alimentari, al fine di:
1. facilitare gli scambi internazionali, assicurando transazioni commerciali leali;
2. garantire ai consumatori un prodotto sano e igienico, non adulterato oltre che
correttamente presentato ed etichettato.
L’esistenza del Codex Alimentarius come ente ha radici che risalgono ad oltre
cento anni fa. Infatti, il Codex Alimentarius, che in Latino significa codice alimentare,
deriva direttamente dal Codex Alimentarius Austriacus, un insieme di standards e
descrizioni di svariati alimenti nell’Impero Austro-Ungarico tra il 1897 e il 1911.
47
Questo
insieme
di
norme
è
il
frutto
sia
dell’industria
alimentare
che
dell’ambiente accademico ed è stato usato dai tribunali per determinare l’identità del
cibo in maniera legale.
Già dal 1897 le nazioni erano spinte all’integrazione delle leggi nazionali verso
un insieme internazionale di standards che avrebbe ridotto le barriere commerciali
create dalle differenze tra le leggi nazionali. Mentre il Codex Alimentarius Austriacus
guadagnava terreno all’interno della sua area localizzata, anche l’idea di avere un
unico insieme di standards per tutta l’Europa ha iniziato a prendere piede. Dal 1954 al
1958 l’Austria ha perseguito con successo la creazione del Codex Alimentarius
Europaeus. Quasi immediatamente la FAO sotto la direzione dell’ONU è entrata in
azione quando la Conferenza Regionale della FAO per l’Europa ha espresso il desiderio
di un insieme internazionale, globale di norme alimentari. La Conferenza Regionale
della FAO ha successivamente inviato una proposta attraverso la catena di comando
della FAO stessa con il suggerimento di creare un programma congiunto FAO/OMS che
concernesse gli standards alimentari.
Proprio l’anno seguente, il Codex Alimentarius Europaeus ha adottato la
risoluzione che il suo lavoro sugli standards alimentari fosse affidato alla FAO. Nel
1961 è stato deciso dall’OMS, dal Codex Alimentarius Europaeus, dall’Organizzazione
per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE, in inglese Organization for
Economic Cooperation and Development, OECD) e dalla Conferenza della FAO di
creare un programma internazionale di standards alimentari noto come Codex
Alimentarius.
Nel
1963,
per
effetto
delle
risoluzioni
approvate
da
queste
organizzazioni due anni prima, è stato ufficialmente creato il Codex Alimentarius.
La serie di standards di sicurezza di carattere generale e specifico, sono quindi
formulati dalla Commissione del Codex con l’obiettivo di tutelare la salute del
consumatore e garantire la correttezza del commercio alimentare. I cibi immessi sul
mercato per il consumo locale o per l’esportazione devono essere sicuri e di buona
qualità. Inoltre, non devono contenere organismi vettori di malattie che potrebbero
danneggiare gli animali o le piante nei paesi che li importano.
Pur non essendo legalmente vincolanti, gli standards qualitativi adottati dal
Codex Alimentarius hanno notevole peso e sono ampiamente riconosciuti in quanto
basati su una solida documentazione scientifica. Ove opportuno, l’Organizzazione
Mondiale per il Commercio (World Trade Organization, WTO) fa riferimento agli
standards del Codex nella soluzione di controversie commerciali che interessano
48
generi o prodotti alimentari. Tali standards sono quasi sempre un punto di partenza
per le leggi e le norme nazionali e regionali.
L’influenza del Codex Alimentarius si estende a tutti i continenti e il suo
contributo alla tutela della salute pubblica e alla correttezza del commercio alimentare
è immenso.
Nel Codex Alimentarius vi sono migliaia di norme e standards, da quelle di
carattere generale, che si applicano a tutti gli alimenti, a quelle specifiche per un
determinato
alimento
o
prodotto.
Le
norme
generali
riguardano
l’igiene,
l’etichettatura, i residui di pesticidi e di farmaci veterinari, l’ispezione di importazioni,
esportazioni e sistemi di certificazione, i metodi di analisi e campionatura, gli additivi
alimentari, i contaminanti, l’alimentazione e i cibi per speciali usi dietetici. Vi sono
inoltre norme specifiche per tutti i tipi di alimenti e prodotti alimentari: frutta e
verdura fresca, surgelata e lavorata, succhi di frutta, cereali e legumi, grassi e oli,
pesce, carne, zucchero, cacao e cioccolato, latte e latticini.
Le preoccupazioni dell'opinione pubblica sui temi della sicurezza degli alimenti
hanno spesso visto il Codex al centro del dibattito internazionale. Biotecnologie,
pesticidi, additivi e contaminanti alimentari sono tra i principali argomenti trattati dalla
Commissione. Gli standard del Codex si basano su dati e considerazioni oggettive,
confortati dalle migliori acquisizioni scientifiche disponibili, provenienti da organismi di
ricerca indipendenti sulla valutazione dei rischi oppure su consultazioni internazionali
"ad hoc" organizzate dalla FAO e dall'OMS. Pur essendo solo raccomandazioni per
applicazioni volontarie degli stati membri, gli standards del Codex sono utilizzati
spesso come base per la legislazione sanitaria nei Paesi membri del Codex, che
coprono il 99% della popolazione mondiale.
Il Codex Alimentarius è gestito dalla Commissione per il Codex Alimentarius, un
organismo intergovernativo in cui tutti gli stati membri hanno un voto. Vari comitati
specialistici sono preposti all’elaborazione degli standards, che vengono poi approvati
dalla Commissione per il Codex. Il processo di definizione di una norma si avvia
quando un governo nazionale, o un comitato della Commissione per il Codex, propone
lo sviluppo di uno standard per un particolare problema o prodotto alimentare. Se la
Commissione per il Codex (o il suo Comitato Esecutivo) decide che è necessario
fissare uno standard, la Segreteria della Commissione redige una bozza e la diffonde
agli Stati membri per una valutazione. I commenti sono quindi riesaminati dal
comitato competente, che può presentare il testo come bozza di standard alla
Commissione per il Codex. Se la Commissione la approva, la bozza viene inviata ai
49
governi con una procedura per fasi successive, mediante la quale la bozza finale
diventa un nuovo standard del Codex.
Il procedimento, che prevede dai cinque agli otto steps, può richiedere vari anni
ed è impostato in modo da riscuotere il più ampio consenso possibile dagli Stati
Membri. Nel frattempo, il comitato competente, affiancato dalla Segreteria, modifica e
adatta i particolari sulla base delle richieste. A volte, possono essere ripetute alcune
fasi. Una volta approvato dalla Commissione per il Codex, lo standard è aggiunto al
Codex Alimentarius: il Codice Alimentare del mondo.
Il Libro Verde
Il 30 aprile 1997, la Commissione europea decide la pubblicazione di un libro
verde sul diritto europeo dei prodotti alimentari, allo scopo di avviare un dibattito
pubblico sull'argomento.
Esso tende a verificare in che misura le attuali disposizioni di legge in materia di
prodotti alimentari soddisfino le esigenze e le aspettative dei consumatori, dei
produttori, degli addetti alla trasformazione e dei rivenditori e in che limiti le misure
relative alla sicurezza, all'indipendenza, all'obiettività, all'equivalenza e all'efficacia dei
sistemi di ispezione e di controllo realizzino il loro obiettivo di garantire la fornitura di
prodotti alimentari sicuri e di gusto gradevole.
Il libro verde, come punto di partenza della discussione, fissa alcuni obiettivi
principali della legislazione comunitaria sui prodotti alimentari:
1. garantire un'elevata protezione della salute, della sicurezza e degli altri interessi
dei consumatori;
2. garantire la libera circolazione delle merci nel mercato interno;
3. garantire che le disposizioni di legge si basino innanzitutto su conoscenze
scientifiche e sulla valutazione dei rischi;
4. garantire la competitività dell'industria europea e migliorare le sue possibilità di
esportazione;
5. attribuire la responsabilità primaria della sicurezza dei prodotti alimentari ai
produttori, trasformatori e fornitori.
La legislazione sui prodotti alimentari dovrebbe inoltre essere coerente,
razionale e di facile applicazione.
Con il libro verde la Commissione invita a discutere pubblicamente:
50
-
se le attuali disposizioni legislative soddisfino le esigenze e le aspettative dei
consumatori, dei produttori, degli addetti alla trasformazione e dei rivenditori;
-
se i sistemi di ispezione e di controllo funzionino in modo soddisfacente; e
-
in che modo la legislazione comunitaria sui prodotti alimentari possa essere
ulteriormente sviluppata in futuro.
In complesso, la Commissione vuole aver cura che il quadro giuridico relativo
copra tutta la catena alimentare, in base al principio "dalla terra alla tavola" e che le
regole giuridiche comuni vengano correttamente eseguite anche in tutti gli Stati
membri e ne venga controllata l'applicazione.
Per raggiungere tale obiettivo la Commissione, nel libro verde, sottopone a
discussione fra l'altro le seguenti questioni:
- è possibile applicare le stesse regole generali alla produzione agricola e
all'industria di trasformazione dei prodotti alimentari, nonostante le differenze
esistenti fra i due settori?
- il principio della responsabilità dei produttori per i prodotti difettosi può essere
esteso anche ai prodotti agricoli primari?
- come può essere applicato in modo ottimale il principio di sussidiarietà, nel
settore del diritto dei prodotti alimentari?
- devono essere introdotte nuove definizioni nel corpo legislativo? (Per es. la
nozione di "prodotto alimentare" al momento della formulazione del libro verde
non è definita sul piano europeo)
- come si può garantire l'indipendenza e l'obiettività dei consulenti e dei comitati
scientifici?
- come si può garantire che l'apposizione di marchi e l'etichettatura, da un lato
non vengano regolamentate in modo inutilmente minuzioso e, dall'altro,
contengano tutte le informazioni utili per i consumatori?
Al termine di tale procedura di consultazione la Commissione considera quali
modifiche
siano
opportune.
Vengono
‘suggerite’
iniziative
del
seguente
tipo:
elaborazione di una proposta di direttiva generale in materia di legislazione sui
prodotti alimentari; il consolidamento ovvero la riformulazione delle disposizioni di
legge attuali; raccomandazioni o proposte di natura non legislativa, per es. modifiche
dei procedimenti e dei metodi di fabbricazione.
51
L’HACCP
In risposta alle sollecitazioni contenute nel Libro Verde, lo Stato italiano ha
emanato il D. Lgs. 155/97, entrato in vigore dal Dicembre 2000 e poi sostituito dal D.
Lgs. 193/07, una normativa cui devono adeguarsi tutte le aziende che hanno a che
fare nelle loro attività con il trattamento e/o la conservazione degli alimenti. Il D. Lgs.
155/97 nasce per stabilire le norme generali sull’Igiene degli Alimenti e le relative
modalità di verifica degli stessi. Detto decreto, oltre ai doveri, fornisce la definizione di
industria alimentare, sono quindi da considerarsi facenti parte di questo settore tutti i
soggetti pubblici o privati, aventi o meno scopo di lucro, che svolgano una qualsiasi
delle seguenti attività: organizzazione, variazione, produzione; imballaggio, custodia,
trasporto, distribuzione, trattamento, vendita o fornitura di prodotti alimentari. Non
rientrano in queste operazioni quelle legate alla produzione primaria come la raccolta
dei prodotti la macellazione e la mungitura.
Di particolare rilievo è l’art. 3 del decreto, in cui vengono indicati gli obblighi
che il responsabile dell’attività produttiva è tenuto a rispettare; il Responsabile
dell’Industria Alimentare (RIA) può anche non essere il titolare dell’azienda che ha
facoltà di nominare in sua vece un responsabile di sua fiducia, cui quindi saranno
delegati i suddetti obblighi. Il “delegato” deve avere ampi poteri di autonomia
decisionale conferitigli da parte del primo, oltre come è ovvio essere dotato di
adeguate capacità professionali. La delega costituisce un fatto importante dal punto di
vista giuridico, pertanto deve essere scritta con approvazione del ricevente, il quale
diventa il referente giuridico per tutto quello che riguarda la sicurezza alimentare dei
propri prodotti. L’attività principale del responsabile è quella di individuare, all’interno
della catena produttiva, tutte le fasi che potrebbero rilevarsi critiche per la sicurezza
degli alimenti, deve, inoltre, individuare, applicare e mantenere aggiornate le
procedure di sicurezza, avvalendosi dei principi su cui si basa il sistema di analisi dei
rischi e di controllo dei punti critici ossia l’HACCP (Hazard Analysis and Critical Control
Points).
L’HACCP nasce per volere della NASA nel 1960, con l’obiettivo di controllare gli
alimenti che dovevano nutrire gli astronauti durante le missioni spaziali. Dal 1960 ad
oggi le conoscenze di igiene e microbiologia degli alimenti sono decuplicate ma il
sistema HACCP rimane sostanzialmente invariato.
Grazie alla sua semplicità applicabilità e efficacia è reso obbligatorio con il D.
Lgs. 155/97 per tutti gli operatori del settore alimentare (OSA), con l’intento di
52
aumentare il livello di sicurezza degli alimenti, attraverso il controllo e la gestione dei
punti critici durante la manipolazione degli alimenti. Il metodo HACCP è basato su
sette principi:
1. Individuazione dei pericoli ed analisi del rischio
2. Individuazione dei punti critici di controllo
3. Definizione dei Limiti Critici
4. Definizione delle attività di monitoraggio
5. Definizione delle azioni correttive
6. Definizione delle attività di verifica
7. Gestione della documentazione
In base a questi principi si applicano i compiti del responsabile: analisi dei rischi
per gli alimenti; individuazione delle fasi di rischio per gli alimenti; identificazione delle
precauzioni da adottare per risolvere le criticità individuate; definizione delle
procedure di controllo per le precauzioni adottate; riesame periodico dei punti
precedenti.
Parallelamente al controllo sulla filiera produttiva, il responsabile deve:
 Accertarsi che anche gli addetti siano controllati e formati rispetto all’igiene
alimentare e alla mansione svolta.
 Verificare che i locali, i mezzi adibiti al trasporto, tutte le attrezzature in uso
rispondano anch’essi a requisiti di igiene, pulizia e manutenzione.
 Controllare che gli scarti alimentari vengano trattati secondo la normativa
vigente che riguarda deposito, smaltimento e rimozione.
Il sistema HACCP prevede anche forme di autocontrollo per salvaguardare
l’igiene degli cibi.
Ultimo compito, ma non per questo meno importante, il responsabile deve
essere in grado di mostrare all’autorità competente il documento aziendale di
autocontrollo, nel quale si troveranno tutte le informazioni su natura, frequenza e i
risultati dell’autocontrollo alimentare.
Il Libro Bianco
Come già accennato in precedenza, dalle importanti osservazioni avanzate nel
Libro Verde sui principi generali della legislazione alimentare dell’Unione Europea, è
53
scaturito, il 12 gennaio 2000, come sviluppo legislativo, il Libro Bianco della
Commissione sulla sicurezza degli alimenti.
In tale documento, la Commissione osserva innanzitutto che la normativa
comunitaria sull’igiene e salubrità degli alimenti si è sviluppata nell’arco di un
decennio in modo inorganico, spesso dando luogo a sovrapposizioni fra direttive o
creando “zone grigie” prive di precise disposizioni di riferimento. Il risultato di questo
quadro normativo è una realtà in cui il consumatore non si sente pienamente tutelato,
a causa della mancanza di omogeneità delle disposizioni nelle diverse fasi della filiera:
il prodotto finito è frutto di una serie di processi di trasformazione e di “passaggi” di
commercializzazione di cui spesso non si ha alcuna traccia, con gravi rischi per la
salubrità dello stesso, come molti recenti scandali alimentari hanno dimostrato (ad es.
polli alla diossina, BSE) La mancanza di coerenza sistematica della normativa crea,
inoltre, a parere della Commissione, disorientamento negli stessi operatori alimentari,
costretti a misurarsi con una selva di norme e spesso in difficoltà quando si tratti di
individuare le disposizioni vigenti.
Per porre rimedio a questi aspetti il libro bianco avanza oltre 80 proposte
diverse operando sostanzialmente in due diverse direzioni, da un lato a livello
“istituzionale” proponendo la riforma del sistema di consulenza scientifica vigente e la
creazione di nuovi organismi in materia, dall’altro a livello normativo, avanzando
proposte volte a dare coerenza organica e sistematica alla legislazione alimentare
vigente.
Sin dalle prime pagine del libro bianco risulta immediatamente evidente un
intento della Commissione ben più ampio dei provvedimenti degli anni ’90: l’igiene
delle produzioni alimentari infatti, pur rivestendo ancora un ruolo chiave nel quadro
dei meccanismi di tutela della salute dei consumatori, non è l’unico strumento oggetto
di discussione, rientrando nel concetto di “sicurezza degli alimenti” anche la normativa
sugli OGM, i fattori ambientali, le nuove sostanze impiegate nella industria alimentare,
l’applicazione del principio precauzionale, la rintracciabilità e così via.
Dal punto di vista “istituzionale” la Commissione europea, tracciando un quadro
del funzionamento dei meccanismi comunitari di raccolta ed analisi delle informazioni
sul mercato dei generi alimentari e la salute dei consumatori, indica chiaramente che,
nonostante la riforma dei comitati in materia operata nel 1997, l’aumento vertiginoso
delle questioni da esaminare rende l’attuale sistema sostanzialmente inefficiente.
Per sopperire a queste carenze la Commissione ha proposto nel libro bianco
l’istituzione di una nuova Authority alimentare (EFSA European Food Safety Authority:
54
Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) connotata da caratteristiche di spiccata
indipendenza, eccellenza scientifica e trasparenza. Questa nuova istituzione, che vede
la luce il 28 Gennaio 2002, con il regolamento 178/2002 (General Food Law – legge
alimentare generale), non è dotata di poteri normativi ma ha esclusivamente compiti
di sorveglianza e comunicazione scientifica. Attraverso la rete di istituzioni deputate al
monitoraggio di fenomeni di tossinfezioni e patologie alimentari nei diversi Paesi
membri e nei Paesi extra UE con cui abbia eventualmente stipulato accordi l’Authority
sarà in grado di fornire informazioni qualificate sotto forma di pareri scientifici e
comunicazioni alla Commissione che potrà così adottare eventuali provvedimenti
urgenti necessari a salvaguardia della salute dei consumatori europei o avanzare
proposte al Parlamento ed al Consiglio per l’adozione di nuove misure in materia.
L’Authority gode anche di un potere di iniziativa autonomo nella comunicazione dei
rischi potendo quindi disporre con propri fondi campagne di informazione e
sensibilizzazione dei consumatori tramite i media.
Per quanto riguarda gli aspetti normativi, il Libro Bianco, riaffermando la
necessità di creare un corpus coerente e trasparente di norme in materia di sicurezza
alimentare, formula proposte che delineano un nuovo quadro giuridico per la sicurezza
dei mangimi, la salute e il benessere degli animali, il coordinamento organico, la
semplificazione e il completamento delle normative relative ai contaminanti ed ai
residui, l’aggiornamento ed il completamento delle norme relative agli additivi, ai
metodi di irradiazione di alcuni alimenti e alle nuove sostanze. La Commissione è
animata in quest’opera da due esigenze fondamentali: rendere più trasparente,
coerente ed organica la normativa esistente, in modo che gli stessi operatori del
settore possano identificare facilmente le norme vigenti cui attenersi, e dare coerenza
organica agli interventi normativi pregressi in modo da eliminare quelle “zone grigie”
che fra una disposizione e l’altra siano rimaste prive di idonea “copertura normativa”.
Anche in questo caso, il reg. 178/2002 rappresenta il primo passo verso la riforma
prospettata, dal momento che, per la prima volta nel diritto comunitario, esso fissa i
principi generali della legislazione alimentare europea, creando un sistema di valori di
riferimento che faranno da guida per tutti gli interventi normativi futuri.
La proposta di riforma delle disposizioni sull’igiene delle produzioni alimentari
giunge
a
10
anni
di
distanza
dall’introduzione
dell’autocontrollo
aziendale
e
rappresenta, insieme con l’introduzione di principi quali la rintracciabilità di filiera e il
principio precauzionale, un tentativo importante per recuperare la fiducia dei
consumatori nelle produzioni alimentari industriali. Essa è, al contempo, anche il
55
completamento di quel processo iniziato nel 1997 con il ‘Libro Verde sui principi della
legislazione alimentare’ che dall’igiene degli alimenti ha portato il legislatore europeo a
parlare di “sicurezza alimentare”: l’ordinamento comunitario cerca così di dotarsi di
strumenti normativi in parte nuovi e comunque idonei a fronteggiare l’emergere di
nuovi pericoli derivanti da uno sviluppo industriale esasperato e spesso anche
scomposto. Come in concreto queste misure operino e quale efficacia esse abbiano è
materia di verifica negli anni a seguire.
Nel Libro Bianco si fa esplicito riferimento al Codex Alimentarius, a sottolineare
come l’UE, primo esportatore e importatore mondiale di prodotti agroalimentari,
attribuisca grande importanza alle linee guida emanate dalla Commissione del Codex e
partecipi con molto interesse ai lavori di tale Organizzazione.
Anche a causa delle recenti situazioni di grave crisi, l’UE ha avviato una
profonda riconsiderazione delle problematiche legate alla salute del consumatore e
alla sicurezza dei generi alimentari sostenendo, soprattutto, la separazione delle
responsabilità legislative da quelle di consultazione scientifica e di ispezione e
controllo, da potenziare e rendere più trasparenti. L’UE attua una continua revisione
normativa, al fine di completare, semplificare e razionalizzare la legislazione
comunitaria in materia alimentare con l’obiettivo di mantenere un elevato livello di
tutela dei consumatori.
Tale processo di razionalizzazione del sistema della sicurezza alimentare, nel
Libro Bianco trova il suo inquadramento programmatico.
Ricapitolando, il Libro Bianco sulla sicurezza alimentare è il documento ufficiale
nel quale la Commissione Europea ha riassunto i principali impegni che l’UE si è posta
per modernizzare la legislazione comunitaria in materia di alimentazione.
Le misure individuate dalla Commissione possono essere così sintetizzate:
a) la creazione di un'Authority alimentare europea autonoma (EFSA), incaricata di
elaborare pareri scientifici indipendenti su tutti gli aspetti inerenti la sicurezza
alimentare,
la gestione di sistemi di allarme rapido e la comunicazione dei
rischi;
b) la revisione del quadro giuridico normativo affinché possa coprire tutti gli
aspetti connessi con i prodotti alimentari dalla produzione al consumo (“from
farm to fork”: letteralmente dalla fattoria alla forchetta, si rende con: dalla terra
– o dai campi – alla tavola);
c) la creazione di un sistema di controllo più armonizzato;
56
d) l’avvio di un dialogo più trasparente con i consumatori e altre parti interessate
(stake holders: sostenitori di un’azienda).
I punti chiave del Libro Bianco sono:
• la politica della sicurezza alimentare deve basarsi su un approccio completo e
integrato;
• i produttori di mangimi, gli agricoltori e gli OSA hanno la responsabilità primaria
per quanto concerne la sicurezza degli alimenti;
• la politica "dai campi alla tavola" si dovrà attuare sistematicamente e in modo
coerente;
• una politica alimentare efficace richiede la rintracciabilità dei percorsi dei
mangimi e degli alimenti nonché dei loro ingredienti;
•
l'analisi del rischio deve costituire il fondamento su cui si basa la politica di
sicurezza degli alimenti;
• si applicherà il principio di precauzione nelle decisioni di gestione del rischio.
L’introduzione del concetto di ‘principio di precauzione’ rappresenta un punto
importante nell’evoluzione dell’Igiene degli alimenti. Il principio di precauzione
permette di reagire rapidamente di fronte a un possibile pericolo per la salute umana,
animale o vegetale, ovvero per la protezione dell'ambiente. Infatti, nel caso in cui i
dati scientifici non consentano una valutazione completa del rischio, il ricorso a questo
principio consente, ad esempio, di impedire la distribuzione dei prodotti che possano
essere pericolosi, ovvero di ritirare tali prodotti dal mercato.
Secondo la Commissione europea, il principio di precauzione può essere
invocato quando un fenomeno, un prodotto o un processo può avere effetti
potenzialmente pericolosi, individuati tramite una valutazione scientifica e obiettiva,
se questa valutazione non consente di determinare il rischio con sufficiente certezza.
Il ricorso al principio si iscrive pertanto nel quadro generale dell'analisi del
rischio (che comprende, oltre la valutazione del rischio, la gestione e la comunicazione
del rischio) e più particolarmente nel quadro della gestione del rischio che corrisponde
alla fase di presa di decisione.
La Commissione sottolinea che il principio di precauzione può essere invocato
solo nell'ipotesi di un rischio potenziale, e che non può in nessun caso giustificare una
presa di decisione arbitraria.
Il ricorso al principio di precauzione è pertanto giustificato solo quando
riunisce tre condizioni, ossia:
— l'identificazione degli effetti potenzialmente negativi;
57
— la valutazione dei dati scientifici disponibili;
— l'ampiezza dell'incertezza scientifica.
Il regolamento (CE) n. 178/2002
Esaminando più dettagliatamente il regolamento (CE) n. 178/2002, possiamo
constatare che un punto fondamentale è come
abbia accentuato l’estensione del
concetto di responsabilità alla produzione primaria. Infatti, tale regolamento introduce
esplicitamente il concetto che la responsabilità principale per la sicurezza degli
alimenti ricade sull’operatore del settore alimentare. Responsabilità diretta a tutte le
entità che operano lungo tutta la catena alimentare, a cominciare dalla produzione
primaria, ovvero dei prodotti della terra, dell’allevamento, della caccia e della pesca.
Il regolamento definisce la ‘tracciabilità di prodotto’, estende, inoltre, il campo
di applicazione della legislazione alimentare ai mangimi, definiti come: “qualsiasi
sostanza o prodotto, compresi gli additivi, trasformato, parzialmente trasformato o
non trasformato, destinato, per via orale,
alla produzione animale”. Rimangono
escluse la produzione primaria per uso domestico privato e la preparazione, la
manipolazione, la conservazione domestica di alimenti destinati al consumo domestico
privato.
Un altro caposaldo stabilito dal Reg. CE 178/2002 è l’aver stabilito l’analisi del
rischio come elemento basilare della legislazione alimentare, esso definisce:
- “rischio”, funzione della probabilità e della gravità di un effetto nocivo per la
salute, conseguente alla presenza di un pericolo;
- “pericolo” o “elemento di un pericolo”, agente biologico, chimico o fisico
contenuto in un alimento o mangime, o condizione in cui un alimento o un
mangime si trova, in grado di provocare un effetto nocivo sulla salute;
- “analisi del rischio”, processo costituito da tre componenti interconnesse:
valutazione, gestione e comunicazione del rischio;
- “valutazione del rischio”, processo su base scientifica costituito da quattro fasi:
individuazione
del
pericolo,
caratterizzazione
del
pericolo,
valutazione
dell’esposizione al pericolo e caratterizzazione del rischio;
- “gestione del rischio”, processo, distinto dalla valutazione del rischio, consistente
nell’esaminare alternative d’intervento e, se necessario, compiendo adeguate
scelte di prevenzione e controllo;
58
- “comunicazione del rischio”, lo scambio interattivo, nell’intero arco del processo
di analisi del rischio, di informazioni e pareri riguardanti gli elementi di pericolo
e i rischi, i fattori connessi al rischio e la percezione del rischio, tra responsabili
della
valutazione
del
rischio,
responsabili
della
gestione
del
rischio,
consumatori, imprese alimentari e del settore dei mangimi, la comunità
accademica e altri interessati, ivi compresi la spiegazione delle scoperte relative
alla valutazione del rischio e il fondamento delle decisioni in tema di gestione
del rischio.
A tal proposito, il Reg. CE 178/2002 ha istituito un sistema di allarme rapido per
la notificazione di un rischio diretto o indiretto per la salute umana dovuto ad alimenti
o mangimi (Rapid Alert System for Food and Feed, RASFF), un network tra le autorità
sanitarie dei paesi membri dell’Unione Europea, l’EFSA e la Commissione Europea.
Questo network permette ai diversi stati membri dell’Unione Europea di condividere
rapidamente le informazioni sulla circolazione di alimenti rischiosi nel mercato
europeo, grazie a procedure condivise e armonizzate per scambiarsi segnalazioni su
episodi o situazioni che possono costituire un pericolo per i consumatori e quindi far
scattare delle allerte.
Dunque, il Regolamento (CE) n. 178/2002: stabilisce i principi e i requisiti
generali della legislazione alimentare; dispone l’obbligo della tracciabilità e, di
conseguenza, della rintracciabilità lungo tutte le fasi di produzione, trasformazione e
commercializzazione degli alimenti e dei mangimi; istituisce l’Autorità Europea per la
sicurezza alimentare; fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare.
I termini tracciabilità e rintracciabilità possono sembrare sinonimi ma, in realtà,
identificano due processi distinti:

la tracciabilità (tracking) è il processo attraverso il quale si può seguire il
prodotto da monte a valle della filiera (“from farm to fork”) registrando
informazioni (“tracce”) in ogni fase della sua lavorazione;

la rintracciabilità (tracing) è il processo inverso, cioè quello che riprende e
collega tutte le informazioni precedentemente archiviate in modo tale da poter
risalire alla storia globale del prodotto e alle relative responsabilità nelle diverse
fasi di lavorazione.
La Rintracciabilità è quindi fortemente interconnessa con la Tracciabilità, anzi ne
è la diretta conseguenza.
Un ulteriore obbligo previsto dal Regolamento 178/02 è quello della gestione del
ritiro/richiamo del prodotto non conforme ai requisiti di sicurezza. Se un OSA ritiene o
59
ha motivo di ritenere che un alimento/mangime da lui importato, prodotto,
trasformato, lavorato o distribuito non sia conforme ai requisiti di sicurezza, e
l'alimento/mangime non si trova più sotto il controllo immediato di tale operatore,
esso deve provvedere al ritiro dello stesso.
Il Pacchetto Igiene
Il ‘Libro Verde’, il ‘Libro Bianco’ e il Regolamento (CE) n. 178/2002 sono i
documenti fondamentali che hanno ispirato l’impianto normativo comunitario in
materia di sicurezza alimentare; in particolare, il Regolamento (CE) n. 178/2002, che
introduce il principio fondamentale di un approccio integrato di filiera, è il fulcro da cui
discende un intero “pacchetto” di regolamenti comunitari, conosciuto come "Pacchetto
Igiene", entrato in vigore il 1° gennaio 2006, con cui cambiano definitivamente le
regole comunitarie sull'igiene e il controllo ufficiale degli alimenti.
Attraverso il Pacchetto Igiene tutti gli Stati Membri hanno gli stessi criteri
riguardo l’igiene della produzione degli alimenti e quindi i controlli di natura sanitaria
vengono effettuati secondo i medesimi standard su tutto il territorio della Comunità
Europea. Precedentemente esistevano notevoli differenze tra le legislazioni dei vari
paesi riguardo ai concetti, ai principi e alle procedure in materia alimentare.
Uniformando le norme sanitarie, si rende così sicura la libera circolazione di alimenti
contribuendo in maniera significativa al benessere dei cittadini nonché ai loro interessi
sociali ed economici.
I principi generali sui quali verte la nuova legislazione comunitaria sono:
 controlli integrati lungo tutta la catena alimentare
 interventi basati sull’Analisi del Rischio
 responsabilità primaria dell’operatore del settore per ogni prodotto da lui
realizzato, trasformato, importato, commercializzato o somministrato
 rintracciabilità dei prodotti lungo la filiera
 consumatore come parte attiva della sicurezza alimentare.
Il Pacchetto Igiene altro non è che un insieme di norme che regolamentano
l’igiene e la sicurezza degli alimenti, formato da quattro regolamenti divenuti
applicabili dal primo gennaio del 2006 di seguito riassunti:
-
Regolamento (CE) 852/2004 riguardante l’igiene dei prodotti alimentari.
60
- Regolamento (CE) 853/2004 riguardante l’igiene degli alimenti ad uso
zootecnico.
-
Regolamento (CE) 854/2004 riguardante le norme specifiche per i controlli
ufficiali su alimenti di origine animale.
-
Regolamento (CE) 882/2004 riguardante i controlli ufficiale (ispezione e
verifica).
A questi si affiancano – oltre al già discusso Reg. 178/2002, che stabilisce i
principi e i requisiti generali della legislazione alimentare – altri regolamenti specifici
come i Regg. 2073 – 2074 – 2075 – 2076/05 e la Dir. CE 2002/99, che vanno a
completare i diversi aspetti del Pacchetto Igiene, così come il recepimento della Dir.
CE 2004/41, nota a tutti come la direttiva killer.
Molti sono i cambiamenti e le sfumature apportate dal nuovo regolamento. Si
espande il campo di applicazione anche alla produzione primaria, cioè diventa
d’interesse anche per gli agricoltori, vengono introdotti specifici limiti su alcuni
parametri microbiologici,
variano alcune procedure di rapporto con la pubblica
amministrazione.
Andiamo ad analizzare sinteticamente i regolamenti citati.
-
Il Regolamento 852/2004 sull’igiene dei prodotti alimentari: mira a garantire
l'igiene alimentare in tutte le fasi del processo di produzione, dalla produzione
primaria fino alla vendita al consumatore finale. Non concerne tuttavia le
questioni riguardanti la composizione e la qualità dei prodotti alimentari. Né si
applica alla produzione primaria e alla
preparazione di alimenti per uso
domestico privato. Stabilisce i principi del sistema HACCP e impone agli
operatori del settore alimentare di predisporre, attuare e mantenere una
procedura permanente basata sui principi di detto sistema. Con questo
regolamento ci si sposta verso un nuovo concetto di Igiene degli alimenti e cioè
delle misure e delle condizioni necessarie per controllare i pericoli e garantire
l’idoneità al consumo umano di un prodotto alimentare. Nel regolamento viene
sottolineato il tema della responsabilità principale che incombe all’operatore del
settore alimentare. L’OSA rappresenta una persona fisica o giuridica Garante e
responsabile che dovrebbe garantire che la sicurezza non sia compromessa
lungo la catena alimentare.
-
Il Regolamento 853/2004 stabilisce norme specifiche in materia di igiene degli
alimenti di origine animale: fissa le prescrizioni d’igiene cui devono sottostare le
imprese del settore alimentare che trattano alimenti d’origine animale in ogni
61
fase della catena alimentare. Spetta alle imprese alimentari attuare il
regolamento,
garantendo
la
sicurezza
alimentare
mediante
la
corretta
applicazione di tutte le prescrizioni.
-
Il Regolamento 854/2004 stabilisce norme specifiche per l’organizzazione dei
controlli ufficiali sui prodotti di origine animale destinati al consumo umano: gli
operatori del settore devono fornire all’autorità competente assistenza e
disponibilità di accesso a strutture e documentazione e registri. I controlli
comprenderanno l’AUDIT delle buone prassi di igiene (i controllori ufficiali
verificheranno il costante rispetto delle procedure degli OSA), delle procedure
HACCP (conformità ai criteri microbiologici; sui residui, contaminanti e sostanze
proibite) e specifici Auditing; e controlli specifici di settore di talune filiere con
esigenze specifiche (carni fresche, molluschi bivalvi, prodotti della pesca, latte e
prodotti lattieri).
-
Il Regolamento 882/2004 relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la
conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla
salute e sul benessere animale: colma le lacune nella legislazione esistente,
riorganizzando i controlli ufficiali al fine di integrarli in tutte le fasi di produzione
e in tutti i settori e stabilisce le responsabilità degli ispettori nazionali e dell’UE.
Intende prevenire, eliminare e ridurre a livelli accettabili il rischio per esseri
umani e animali, garantire pratiche leali nel commercio di alimenti e mangimi e
proteggere il pubblico.
-
Il Regolamento n. 2073/2005 sui criteri microbiologici applicabili ai prodotti
alimentari. Il criterio microbiologico definisce l’accettabilità di una partita di
prodotti alimentari o di un processo in base alla assenza, alla presenza o al
numero
di
microrganismi
e/o
in
base
alla
quantità
delle
relative
tossine/metaboliti, per unità di massa, volume, area o partita. Il criterio di
sicurezza alimentare definisce l’accettabilità di un prodotto o di una partita di
prodotti alimentari, applicabile ai prodotti immessi sul mercato. Il criterio di
igiene del processo definisce il funzionamento accettabile del processo di
produzione; non si applica ai prodotti immessi sul mercato, fissa un valore
indicativo di contaminazione al di sopra del quale sono necessarie misure
correttive
volte
a
mantenere
l’igiene
del
processo
di
produzione
in
ottemperanza alla legislazione. Gli Operatori del Settore Alimentare (O.S.A)
provvedono a che i prodotti alimentari siano conformi ai relativi criteri
microbiologici fissati.
62
-
Il Regolamento n. 2074/2005 reca modalità di attuazione relative a taluni
prodotti di cui ad alcuni regolamenti precedenti, nello specifico: modalità di
attuazione relative a taluni prodotti di cui al regolamento (CE) n. 853/2004 del
Parlamento europeo e del Consiglio e all'organizzazione di controlli ufficiali a
norma dei regolamenti del Parlamento europeo e del Consiglio (CE) n.
854/2004 e (CE) n. 882/2004, deroga al regolamento (CE) n. 852/2004 del
Parlamento europeo e del Consiglio e modifica dei regolamenti (CE) n.
853/2004 e (CE) n. 854/2004
-
Il Regolamento n. 2075/2005 definisce norme specifiche applicabili ai controlli
ufficiali relativi alla presenza di trichine nelle carni: quali le norme per il
campionamento delle carcasse di specie a rischio di contaminazione da Trichine,
nonché le condizioni di importazione di carni nell’Unione.
-
Il Regolamento n. 2076/2005 fissa disposizioni transitorie per l’attuazione e/o
modifica di alcuni regolamenti precedenti, nello specifico: fissa disposizioni
transitorie per l’attuazione dei regolamenti del Parlamento europeo e del
Consiglio (CE) n. 853/2004, (CE) n. 854/2004 e (CE) n. 882/2004 e modifica i
regolamenti (CE) n. 853/2004 e (CE) n. 854/2004.
-
Direttiva CE 2002/99 stabilisce norme di polizia sanitaria per la produzione, la
trasformazione, la distribuzione e l’introduzione di prodotti di origine animale
destinati al consumo umano: tali norme riguardano tutte le fasi di produzione, i
processi di trasformazione e distribuzione effettuati all’interno dell’Unione
europea (UE) e le importazioni da altri paesi.
-
Direttiva Ce 2004/41 un provvedimento unicamente abrogativo di una serie di
normative
comunitarie
che
disciplinano
specificamente
alcuni
settori
dell’agroalimentare: contestualmente alla pubblicazione nel 2004 sulla Gazzetta
Ufficiale dell’Unione Europea dei regolamenti Ce 852/2004 e 853/2004
sull’igiene dei prodotti alimentari in generale e di quelli di origine animale in
particolare,
oltre
che
degli
altri
provvedimenti
costituenti
il
cosiddetto
“Pacchetto igiene”, è stata pubblicata anche tale direttiva, che ha abrogato
alcune direttive recanti norme sull’igiene dei prodotti alimentari e le disposizioni
sanitarie per la produzione e la commercializzazione di determinati prodotti di
origine animale destinati al consumo umano, e ha modificato
una serie di
direttive verticali di settore concernenti l’igiene degli alimenti di origine animale
(carni, prodotti ittici, latte e uova) che i vari Stati membri avevano provveduto,
63
nel corso degli anni, a recepire nei rispettivi ordinamenti giuridici con altrettanti
provvedimenti nazionali.
Tale innovazione riassume l’intento del legislatore comunitario, la filosofia del
nuovo quadro giuridico europeo in materia di igiene alimentare, ossia di stabilire
soltanto i requisiti minimi necessari in relazione agli scopi primari da raggiungere,
responsabilizzando maggiormente gli operatori del settore e facendo sì che la
sicurezza degli alimenti venga attivata sulle base delle concrete esigenze della fase
produttiva di volta in volta interessata.
Col passare degli anni, questa serie di normative si è evoluta, adeguandosi alle
mutate e sempre più stringenti esigenze di sicurezza in materia alimentare, scaturite
dalle emergenze sanitarie verificatesi – nonostante i severi controlli – in Europa e nel
mondo, complice la sempre più capillare rete di comunicazioni che ha fatto crescere in
maniera esponenziale gli scambi, i contatti (e i contagi) alimentari tra gli abitanti del
pianeta Terra. Restano comunque la base su cui si è impiantato tutto il quadro
normativo attuale.
Le modifiche più rilevanti consistono nel Regolamento (UE) n. 218/2014 della
Commissione, del 7 marzo 2014, che modifica gli allegati dei regolamenti (CE) n.
853/2004 e (CE) n. 854/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento
(CE) n. 2074/2005 della Commissione. Questi nuovi provvedimenti rendono conto dei
duplici obiettivi della politica europea di sicurezza alimentare: proteggere la salute
umana e gli interessi dei consumatori e favorire il corretto funzionamento del mercato
unico europeo. Di conseguenza, l’UE predispone affinché siano definite (e rispettate)
norme di controllo nei settori dell'igiene dei prodotti alimentari e dei mangimi, della
salute animale e vegetale e della prevenzione della contaminazione degli alimenti da
sostanze esterne. L'UE disciplina altresì l'etichettatura dei generi alimentari e dei
mangimi.
Come possiamo constatare, dunque, l’Igiene degli alimenti ha occupato un
posto via via più importante nel corso della storia della Sanità in Italia (come pure in
Europa e in tutte le società industrializzate), sviluppando un apparato di leggi e
provvedimenti e venendo dotata di enti specifici e di tutta una serie di figure
professionali specialistiche. Nata come disciplina accessoria dell’Igiene Pubblica, è
assurta agli onori di disciplina scientifica a tutti gli effetti, con un costante aumento
dell’interesse nei suoi riguardi, sia da parte dei cittadini che delle istituzioni, sintomo
di una accresciuta coscienza e consapevolezza che l’alimentazione è una delle basi
insostituibili dello stato di salute dell’uomo.
64
Il concetto di qualità
Un concetto che si è evoluto di pari passo con l’Igiene degli alimenti è la qualità
delle produzioni alimentari.
Nella storia, il concetto di qualità e le metodologie di certificazione dei vari
prodotti o servizi hanno subito dei cambiamenti non di poco conto. La nascita del
concetto di qualità può essere attribuita all’instaurarsi del lavoro di artigianato in cui il
produttore è allo stesso tempo controllore del proprio operato. Già al tempo dei fenici
si narra che gli ispettori mozzassero la mano a chiunque non rispettasse gli standards
di produzione prestabiliti. La più antica guida alla qualità risale, invece, al 1450 a.C.
nell’antico Egitto (spiega come è possibile verificare, con l’aiuto di una corda, la
perpendicolarità di un blocco di pietra). Queste istruzioni sono gli antenati delle
presenti certificazioni, ovvero guide con lo scopo di garantire una qualità standard per
ciò che viene offerto. Solo nel Medioevo, con l’avvento delle corporazioni, vengono
formalizzate per la prima volta le regole di base del lavoro dell’artigiano.
Mediante la trascrizione del know-how, infatti, si può garantire la ripetibilità
della fornitura (elemento essenziale per la garanzia di qualità) e la preservazione del
mestiere. Anche l’apposizione del marchio sui prodotti è un indice di come il concetto
di qualità si stia evolvendo. Un marchio identifica il produttore e ne attribuisce le
responsabilità relativamente alla qualità del prodotto.
Con l’avvento della prima rivoluzione industriale, risalente alla fine del XVIII
secolo, si ha una spinta verso un concetto di qualità più formalizzato. In questo
periodo infatti si passa da una produzione artigianale alla produzione di massa. Le
quantità prodotte aumentano considerevolmente, assieme alla loro standardizzazione,
grazie all’energia termica ricavata dall’utilizzo del carbone, all’introduzione di
macchinari innovativi per la produzione, alla possibilità di una maggiore suddivisione o
frammentazione del lavoro ed alla possibilità di trasporto rapido su rotaie. In questo
tipo di produzione i risultati qualitativi dipendono sempre meno dalle capacità del
singolo e sempre più dalla progettazione e dalla formalizzazione dei processi
produttivi.
Con l’avvento della seconda rivoluzione industriale (dalla seconda metà dell’800
alla prima guerra mondiale), grazie all’utilizzo di nuovi macchinari e all’energia
elettrica, si ha una spinta ulteriore verso la standardizzazione della produzione e verso
la scomposizione del lavoro degli operai, incentivata anche dalla produzione a catena
65
di
tipo
Fordista.13
Nel
periodo
antecedente
alla
prima
guerra
mondiale
le
organizzazioni iniziano a basarsi sui principi di ispezione e di collaudo.
La quantità rimane l’obiettivo principale della produzione mentre la qualità viene
affidata al nuovo organo del collaudo. La differenza si riscontra nella nuova tendenza
ad abbassare i volumi di produzione inserendo manodopera più qualificata e riducendo
lievemente la standardizzazione.
La qualità, nel senso tradizionale del termine, inizia ad apparire negli anni ’20,
con l’avvento delle prime grandi aziende con modelli organizzativi più complessi, per
la necessità di sottoporre i processi a sempre più rigidi controlli, per far fronte a
quantità sempre più elevate con costi sempre minori.
Lo scopo del controllo è quello di garantire la conformità del prodotto,
verificando i punti critici della produzione attraverso l’esame dei difetti ripetitivi, con
l’obiettivo principale di separare i prodotti conformi da quelli non conformi.
Tra gli anni ’20 e la seconda guerra mondiale, si introducono tecniche di
controllo sull’intero processo produttivo non limitandosi più a verificare la difettosità
dei prodotti solo alla fine del processo, ma facendo ricorso a metodi statistici che
prevengono le non conformità, tramite l’analisi di alcuni campioni che possono
evidenziare delle irregolarità lungo il processo produttivo. Nascono i primi metodi
statistici per il controllo della qualità basata sui grafici: le carte di controllo.
14
I controlli basati su criteri statistici hanno la massima applicazione durante la
seconda guerra mondiale, quando per l’industria bellica diventa necessario utilizzare in
modo massiccio manodopera femminile non specializzata e soggetta, quindi, ad un
margine di errore maggiore.
Alla fine della seconda guerra mondiale si inizia a parlare di qualità in maniera
sistematica grazie al Giappone che deve trovare uno strumento che gli permetta di
riprendersi dalla profonda crisi economica nella quale si dibatte dopo la sconfitta e che
rappresenti una nuova variabile competitiva. La qualità per i giapponesi diviene uno
strumento di rivalsa davanti al mondo. Non si tratta, però, della qualità di prodotti
ottenuta secondo i canoni della cultura industriale del tempo ma di una qualità dei
processi e della produzione in grado di generare prodotti migliori a costi inferiori.
13 Sistema di organizzazione e politica industriale, attuato a partire dal 1913 da H. Ford nella sua fabbrica di
automobili. Imperniato sull’organizzazione scientifica del lavoro basata sulla razionalizzazione del ciclo produttivo, mira
ad accrescere l’efficienza produttiva attraverso una rigorosa pianificazione delle singole operazioni e fasi di produzione,
l’uso generalizzato della catena di montaggio, un complesso di incentivi alla manodopera.
14 Le carte di controllo sono strumenti utilizzati nel controllo statistico preventivo della qualità. Servono per verificare
se un processo è sotto controllo o meno. Tramite questi grafici si possono prevedere eventuali scostamenti e, quindi,
intraprendere azioni correttive prima che si producano delle vere e proprie difettosità. Per analizzare la variabilità di un
processo, le carte utilizzano gli indici statistici. Un processo viene ritenuto sotto controllo quando, attraverso l’analisi di
misure effettuate, si può predire, con ragionevole approssimazione, il suo futuro andamento.
66
Cambia l’approccio al problema che passa dall’essere passivo all’essere
proattivo e basato non solo sulla rimozione della non qualità ma anche sulla
prevenzione degli incidenti attraverso la progettazione e l’applicazione di un Sistema
Qualità formale capace di ridurre la possibilità di generare errori.
Negli anni ’50 alcuni settori (aerospaziale, nucleare, petrolchimico) si chiedono
come possano fare per applicare il concetto di controllo di prodotto, considerando il
fatto che per i prodotti di questi settori deve essere effettuato in tempo reale.
La
risposta
è
quella
di
affiancare
alla
specifica
tecnica
una
specifica
organizzativa che illustri, ad esempio, come qualificare i fornitori, chi dovesse fare
cosa, ecc. Nasce così l'”Assicurazione Qualità”.
Per la prima volta si riconosce che la qualità è il risultato di sforzi congiunti di
tutte le funzioni e che ciò che conta è la qualità dei processi aziendali e non più solo
quella dei prodotti.
Negli anni ’70 i contatti diretti con la clientela assumono un ruolo preminente: si
cerca di venire incontro alle esigenze dei clienti più che di convincerli a comprare un
certo prodotto, abbandonando la concezione di produzione standard. La spinta
all’innovazione proviene dalla base. Le scorte di magazzino vengono abolite e viene
introdotta la flessibilità dei processi produttivi.
Nel 1979 le British Standards15 pubblicano la BS 5750 per i Sistemi Qualità, che
può essere considerata come la progenitrice delle attuali ISO 9001.
Solo negli anni ’80 vengono emesse a cura dell’ISO le prime norme di
riferimento finalizzate alla qualità. Nel 1987, infatti, l’International Organization for
Standardization adotta il codice britannico BS 5750 e pubblica quella che ora è
chiamata serie di norme ISO 9000. Nel 2000 gli standard ISO 9000 vengono rivisti.
Con l’emissione della serie UNI EN ISO 9000:2000 nasce la correlazione del concetto
di qualità certificata con quello di qualità percepita e della soddisfazione del cliente.
Per la prima volta vengono introdotti i concetti di processo, sistema e interazione di
processi.
Dalle norme ISO 9000 scaturiscono le norme ISO 9001, la più recente delle
quali è la norma ISO 9001:2015, basata su una nuova struttura denominata HLS
(High Level Structure).
15 Fondato nel 1901 in Inghilterra come primo ente di normazione al mondo, il Gruppo BSI è cresciuto fino a
diventare una delle principali organizzazioni di servizi alle imprese con più di 80.000 clienti. Presente in 120 Paesi, con
più di 50 sedi locali e circa 2.400 dipendenti, BSI è oggi uno dei principali organismi di certificazione e formazione a
livello mondiale.
La serie di norme ISO è stata sviluppata sulla base dello standard BSI, BS 5750, pubblicato per la prima volta nel
1979. Riconosciuto in tutto il mondo come lo standard di maggiore successo, BS 5750 è stato adottato da più di
950.000 organizzazioni in 175 Paesi.
67
Questa evoluzione corrisponde ad una volontà strategica dell’ISO di facilitare le
aziende e le organizzazioni nel loro percorso di integrazione ed unificazione dei diversi
Sistemi di Gestione aziendali (Qualità, Ambiente, Sicurezza, Energia, ecc.).
La globalizzazione dei mercati spinge le aziende del comparto alimentare a
competere con prodotti immessi sul mercato a prezzi sempre più concorrenziali. Si è
quindi costretti a diversificare il prodotto alimentare puntando sull’innovazione e sul
miglioramento qualitativo, facendo diventare il concetto di qualità e di sicurezza un
prerequisito del prodotto.
Tutte le figure coinvolte nella filiera agro-alimentare (aziende agricole, aziende
di trasformazione, grossisti, stoccatore, GDO) hanno la responsabilità di immettere sul
mercato un prodotto sicuro e igienicamente controllato. Le regole dettate dal mercato
internazionale richiedono però delle garanzie aggiuntive circa la sicurezza dei prodotti
a causa di condizioni di utilizzo e trasporto sempre più stressate e prolungate.
È
indispensabile,
quindi,
per
l’OSA
garantire
fin
dall’origine,
mediante
certificazioni standardizzate, non solo la qualità, ma anche la sicurezza del proprio
prodotto, per raggiungere la piena soddisfazione del Consumatore finale, che è molto
sensibile verso queste tematiche. Parallelamente, a livello internazionale, si sta
assistendo ad uno sforzo, non semplice, di snellire ed armonizzare le diverse
impostazioni dei numerosi standards presenti sul mercato.
Partendo proprio da queste considerazioni, per quanto riguarda il settore
“sicurezza alimentare”, la Commissione ISO ha lavorato alla pubblicazione della norma
ISO 22000 “Sistemi di gestione per la sicurezza alimentare. Requisiti per qualsiasi
organizzazione nella filiera alimentare”, uno standard volontario nato dall’esigenza di
armonizzare lo schema HACCP con i differenti standards utilizzati fino ad oggi.
Tale norma ha avuto un grande impatto sul mondo della certificazione perché
permette di utilizzare un unico riferimento, valido in tutto il mondo, universalmente
riconosciuto.
Le certificazioni di prodotto sono, quindi, il risultato di un’evoluzione culturale
strettamente legato al concetto di qualità e sicurezza procedurale. Un prodotto finito
altro non è che un insieme di processi produttivi, e la sua valorizzazione
necessariamente fa riferimento implicito alle diverse fasi che lo generano.
68
Le nuove sfide dell’Igiene
La nozione di igiene, come prevenzione delle malattie e baluardo della salute
pubblica, oggi è molto diffusa, grazie soprattutto alla sua introduzione nelle
scuole. Sicuramente rimangono ancora credenze e abitudini errate sul pulito e sullo
sporco – come la scarsa abitudine di lavarsi le mani dopo aver usato il bagno.
Volgendo lo sguardo indietro vediamo come le misure igieniche abbiano debellato
malattie come la sifilide, la peste, il colera, che hanno decimato la popolazione
mondiale per molti secoli. Le sfide per l’igiene sono oggi le nuove epidemie di Aids,
epatite B, epatite C ed Ebola, la recrudescenza della tubercolosi e l’ininterrotta strage
della malaria e delle altre malattie infettive mai debellate (shigellosi, tifo, colera) nei
Paesi del Terzo mondo. Le malattie infettive oggi sono ancora responsabili del 25%
della mortalità totale, di quasi il 50% della mortalità nei Paesi africani ed asiatici non
sviluppati, del 65% della mortalità dei bambini con meno di 5 anni.
Alcuni anni fa
si è svolta a Bruxelles una conferenza internazionale sulle
malattie infettive "trascurate, organizzata da membri del parlamento europeo. Essa si
è conclusa con un appello che invita tutti a rivolgere l’attenzione su alcune malattie
infettive che stanno decimando intere popolazioni nei Paesi in via di sviluppo.
L’ucera di Buruli, il dengue, la leishmaniosi, l’oncocercosi, la schistosomiasi, la
tripanosomiasi umana africana e la malattia di Chagas sono solo alcune delle malattie
attualmente “trascurate”, sebbene responsabili
di circa 500.000 morti l’anno e
di milioni di casi di disabilità; fra il 1975 e il 1999, dei 1400 nuovi farmaci che hanno
raggiunto il mercato, solo 13 (meno dell’1%) erano
molecole utili per le malattie
tropicali, mentre fra i farmaci attualmente disponibili, alcuni sono considerati
altamente tossici, inefficaci o di difficile somministrazione.
Il cibo che mangiamo può compromettere la nostra salute in diversi modi.
La scoperta del fuoco – intorno a 500.000 anni fa – rappresenta la prima grande
rivoluzione scientifica per la nostra specie ed ha portato almeno quattro grandi
vantaggi. Innanzitutto, ha reso commestibili cibi altrimenti velenosi o difficilmente
digeribili. In secondo luogo, ha aumentato il valore nutritivo di carne e cereali; ha poi
modificato la consistenza di molti cibi, riducendo il tempo da dedicare alla
masticazione (ad es. per lo scimpanzé, quasi metà della giornata deve essere
occupata nella masticazione). Infine, ha ridotto fortemente le infestazioni alimentari di
vermi, protozoi, batteri ed altri agenti patogeni.
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Il persistente consumo di prodotti carnei e ittici crudi – dal sushi giapponese
agli antipasti crudi mediterranei – nonché la diffusione di diete crudiste o, comunque,
legate al consumo di prodotti come latte e formaggi non pastorizzati non deve farci
dimenticare l’importanza della cottura come fondamentale misura di sicurezza per ciò
che mangiamo.
Ogni anno, circa il 10% della popolazione mondiale si ammala per aver
mangiato cibo contaminato e circa 420.000 persone muoiono per tossinfezioni
alimentari. Si tratta grosso modo dello stesso numero dei decessi per malaria.
Come per questa patologia, le popolazioni più colpite si trovano soprattutto nei
Paesi dell’Africa e del Sud Est asiatico, con particolare riguardo ai bambini con meno di
5 anni di età (125.000 decessi l’anno). Nel mondo occidentale l’impatto delle malattie
legate al cibo contaminato è minore, ma non trascurabile: decine di milioni di malattie
alimentari vengono registrate sia in Europa sia negli USA causando rispettivamente
5.000 e 9.000 vittime ogni anno.
I rapporti annuali dell’OMS ci dicono che sono in costante ascesa in tutti i Paesi
industrializzati, in particolare per l’enorme diffusione dei pasti consumati fuori casa
(soprattutto negli USA). Carni, formaggi, uova e piatti da buffet sono i cibi più a
rischio.
L’ambiente domestico rimane, comunque, il luogo dove si hanno il maggior
numero di focolai: c’è sempre meno tempo per la preparazione del cibo casalingo, si è
persa la capacità di confezionare e conservare gli alimenti, un tempo patrimonio
comune, e si sottovaluta l’importanza dell’igiene degli alimenti (oltre il 50% delle
intossicazioni alimentari domestiche sono semplicemente dovute alla scarsa igiene).
Tanta strada è stata percorsa dall’umanità da quando si sono formate le prime
civiltà. Ancora oggi, tuttavia, nell’era dell’innovazione tecnologica, del progresso
scientifico e delle conquiste sociali, c’è un’enorme disparità delle condizioni igienicosanitarie tra la ristretta minoranza di popolazione dei Paesi industrializzati e la
stragrande maggioranza di popolazione dei paesi sottosviluppati.
Potremo parlare di progresso, solo quando i diritti enunciati dall’ONU nel
lontano 1948 nella “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo” – di cui il diritto alla
salute costituisce parte integrante – varranno per tutti allo stesso modo.
70
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