zione neolitica
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Giuseppe Rotilio
Eliana Marchese
1. G. Biondi, F. Martini, O. Rickards, G. Rotilio,
In carne e ossa, Editori Laterza, Bari-Roma
2006.
md
Il significato nutrizionale
della transizione neolitica
nell’evoluzione umana
Gli studi antropologici hanno ormai chiarito il ruolo di primo piano svolto dalla nu t rizione nel lungo cammino dell’evoluzione umana. Il passag gio dai pri m ati antro p o m o r fi alla comparsa del ge n e re Homo nel Paleolitico superi o re (circa 2 milioni di anni fa) è infatti cara t t e rizzata da una graduale transizione da diete vegetariane basate su foglie, fiori, frutti e tuberi, a una dieta progressivamente carnea, che contiene una mag gi o re concentrazione di energia e nu t ri e n t i .Ciò
ha contribuito allo sviluppo e al mantenimento di una struttura complessa come il cervello umano, con la conseguente acquisizione delle straord i n a rie capacità di adattamento tipiche della nostra specie.1
Un secondo fondamentale passag gio nella dieta dell’uomo è av ve nuto a part i reda 12. 000 anni fa (Mesolitico), quando un forte aumento di temperatura determinò nel Vicino Oriente l’instaurarsi di ambienti umidi e aperti, ricchi di cereali selvatici e selvag gina, s o p rattutto gazzelle, nei quali si ebbe la prima graduale affe rmazione delle tecniche di coltivazione e allevamento. S e m b ra che
l’insediamento dei primi villag gi perm a n e n t i ,fondati dalla civiltà natufiana (che 133
ha preso il suo nome dall’insediamento di Uadi el-Natuf in Israele), abbia pre c eduto l’inizio delle pratiche agricole. La varietà e abbondanza delle risorse naturali portò inizialmente a conserva re i cereali selva t i c i , come testimoniano le fo sse di stoccaggio trovate nella valle del Giordano.
Il passag gio completo da una economia di caccia-raccolta a una di agri c o l t ura - a l l evamento si ebbe solo ve rso il 7500 a.C. Questo periodo di stasi, riscontrato anche in altri centri di domesticazione, come l’America centrale e la Cina, i nduce a pensare che il movente principale per l’inizio dell’agricoltura non fu tanto la carenza alimentare, causata da un aumento di popolazione,ma il signifi c a t o
simbolico, re l i gioso o sociale,di cui si cari c avano le piante coltivate, a l l o ra rare.
Inoltre, prima di aver subito una opportuna selezione genetica da parte dell’uomo, che ne ha modificato i tra t t i , cioè una ve ra “domesticazione”, queste
piante non erano dotate di caratteri s t i che part i c o l a rmente va n t ag gi o s e . I semi
erano piccoli e liberarli dal loro involucro protettivo costituito da fibre indigeribili era particolarmente laborioso, mentre la fragilità del rachide determinava
lo spargimento dei chicchi al momento della raccolta.
Il passag gio da una economia di predazione a una di produzione, che ha costituito la base per lo sviluppo successivo di tutte le grandi civiltà, ha lasciato
t racce archeologiche che testimoniano interessanti effetti sull’anatomia umana,
alcuni dei quali collegati ai cambiamenti alimentari . Gli sch e l e t ri risalenti a questo periodo mostrano una generale diminuzione di statura, con segni di danneggiamento della colonna ve rt e b rale e delle gi n o c chia nel caso delle donne, a cui
toccava il ruolo di macinare i cereali per molte ore al gi o rno. I n o l t re i cambiamenti osservati nella dentizione, con diffusione di carie, sono stati attribuiti all’uso di cibi ri c chi di carboidrati resi più biodisponibili dai trattamenti di pre p arazione alimentare. Infine la capacità cranica, indice di sviluppo cerebrale, mostra una leggera diminuzione rispetto a quella delle specie umane paleolitiche,
Neanderthal e Sapiens arc a i c o,che rappresentano il massimo di carn i vorismo
nella storia dell’evoluzione umana.
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Fig. 1 A sinistra è rappresentata una
ipotetica piramide alimentare
(= rappresentazione delle quantità relative
del consumo di alimenti in ordine
decrescente dal basso verso l’alto) del
Paleolitico recente in area geografica
soggetta a glaciazioni. A destra è riprodotta
invece una piramide di società moderna
post-agricola.
* Posizione della piramide invertita. Il
rapporto fra grassi polinsaturi e grassi saturi
negli animali selvatici è 1, 41, negli animali
da allevamento è 0, 44 (è 1, 00 nella dieta
consigliati dai moderni nutrizionisti).
** Posizione della piramide stabile,
rinforzata da noci e bacche al vertice della
piramide paleolitica.
*** Posizione che entra nella piramide
nell’era post-paleolitica.
I cambiamenti conseguenti all’av vento dell’agri c o l t u ra e dell’alleva m e n t o
animale hanno determinato però una vera e propria “rivoluzione nutrizionale”
che analizzeremo prima nei suoi tratti generali, e successivamente nell’apport o
delle singole classi di alimenti. Si è prodotta una non più sporadica e incerta disponibilità di cibi ri c chi di nu t rienti di alto va l o re (aminoacidi essenziali, v i t amine e ioni minerali come calcio, ferro e rame), ma soprattutto di energia molto concentrata e prontamente spendibile. Questo è stato alla base dell’aumento di popolazione e della formazione delle prime società stanziali. Questa associazione di cibi più energetici e di stili di vita più sedentari è peraltro considerata la causa della comparsa di patologie che sono andate poi ad aumentare fino ai nostri gi o rni, in part i c o l a re la “ s i n d rome metab o l i c a ” (obesità ipertensione, diabete). I n fatti questi cambiamenti sono av venuti troppo rapidamente in
termini evolutivi perché il genoma della nostra specie, adattatosi allo “stile di vita” paleolitico, fondato sulla sporadica e incerta acquisizione di alimenti nel corso di circa 2 milioni di anni, abbia avuto la possibilità di riequilibrarsi alle nuove condizioni, che non esigevano più la capacità di conserva re sotto forma di
tessuto adiposo le energie alimentari in previsione di lunghi periodi di carestia
( “ genotipo ri s p a rm i a t o re ” ) . Ormai molti studiosi concordano sul fatto che alcune malattie, diffuse soprattutto nei Paesi occidentali, sono conseguenza di questo mancato adattamento.A questo proposito è interessante notare come nelle
popolazioni che hanno cambiato stile di vita da poco (esquimesi, popolazioni
africane, polinesiane, americani nativi) la “ s i n d rome metabolica” assuma una gravità maggiore.2
Vediamo ora quali sono i “novel foods” del Neolitico, cioè alimenti con cui
s i c u ramente l’uomo del Paleolitico non può essere ve nuto in contatto, se non
forse sporadicamente, e le conseguenze nutrizionali del loro uso.
I Cereali e legumi Poiché i cereali selvatici sono difficili da raccogliere senza gli strumenti adatti, e da digerire senza una adeguata preparazione (molit u ra e cottura), il ri t rovamento degli attrezzi in pietra necessari segna l’ini-
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zio del loro occasionale sfruttamento nel Paleolitico superi o re (da 40. 000 a
12. 000 anni fa).3 L’introduzione regolare nella dieta di cereali selvatici risale però ad un’epoca più recente, con il sorgere della cultura natufiana circa
13. 000 anni fa . L’aspetto nu t rizionale positivo è la pronta disponibilità dell ’ e n e rgia proveniente dai carboidrati, m e n t re un aspetto negativo è legato
alla frazione proteica chiamata ‘glutine’, i m p o rtante nella panifi c a z i o n e , c o nt e nuta abbondantemente nei cereali come grano, segale, orzo, avena, che non
è tollerata tuttora dall’1% circa della popolazione e causa il morbo celiaco.
Attualmente i carboidrati fo rniscono la mag gior parte dell’energia della dieta (circa il 55%), e nelle popolazioni tecnologicamente più evolute questo
comporta un uso eccessivo di zuccheri semplici e fa rine ra ffi n a t e , alimenti
con alto indice glicemico (ra p p o rto fra l’aumento del glucosio nel sangue
indotto da un alimento e quello indotto da una uguale quantità di glucosio).
Questo tipo di alimentazione produce nel genotipo “risparmiatore”, se accompagnato da scarsa attività fi s i c a , un’aumentata secrezione di insulina,
con conseguente deposito di tessuto adiposo che, a sua vo l t a ,p roduce insulino-resistenza e “sindrome metabolica”.
Ci sono prove ge n e t i che e archeologiche che la domesticazione di cere ali primitivi come la farragine e il fa rro nel Medio Oriente è stata accompagnata da quella di legumi come lenticchie, fave , piselli e ceci. Questo abb inamento ha una grande ri l evanza nu t rizionale perché i legumi, a parità di
c a r b o i d rati con i cereali, hanno molta più fibra e quindi un più basso indice glicemico. Inoltre i due tipi di ve getali sono complementari per quanto ri g u a rda il valore nu t rizionale delle loro pro t e i n e , in quanto aminoacidi essenziali assenti nei legumi sono presenti nei cereali e viceve rsa. Il consumo dei legumi fre s chi presenta d’altronde fenomeni di intolleranza in
individui geneticamente predisposti, come il favismo per le fave e il latirismo per i piselli.
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I Frutta e verd u r a L’ o rt i c u l t u raela frutticoltura hanno selezionato una gra nde quantità di piante da frutto e di verdure più palatabili e digeribili rispetto alle qualità selvatiche. Questo nel complesso ha mantenuto un buon apporto di antiossidanti e fibra nella dieta, anche se inferiore a quello presente nella dieta paleolitica, fondata su bacche e frutti selvatici, ed ha allo stesso tempo incrementato l’apporto di zuccheri semplici, tipico della frutta coltivata.
I Carne di animali domestici Il Neolitico ha determinato, oltre a una riduzione della quantità di carne a favo re dei cereali come fonte di energi a , un
cambiamento qualitativo dei grassi apportati, a causa dell’introduzione dell’allevamento. Negli animali selvatici i grassi depositati nel tessuto adiposo
sottocutaneo e viscerale sotto forma di triacilgliceroli (cioè tre molecole di
acidi grassi legati con legame estere al glicerolo), principalmente grassi saturi (SFA), sono molto ridotti per la mag gior parte dell’anno, m e n t re sono
sempre presenti quelli muscolari, composti da acidi grassi monoinsaturi (MUFA) e polinsaturi (PUFA). Con l’alleva m e n t o , l’abbattimento stagionale dei
grassi è evitato dalla continua somministrazione di cibo agli animali. Con
l’aumento della produttività agricola, poi, sono utilizzati come mangimi anche i cereali, che causano, come nell’uomo, un rapido accumulo di grassi saturi nel tessuto adiposo. L’aumento di grassi saturi nell’alimentazione è concordemente associata all’aumento del ri s chio di art e riosclerosi, collegata all’alterato metabolismo del colesterolo.
2. S. B. Eaton, M. J. Konner, Paleolithic Nutrition: a consideration of its Nature and current implications, in «New England Jo u rnal of
medicine» 312, 1985, pp. 283-89.
3. D. R. P i p e rno et al., Processing of wild cereal grains in the Upper Pa l e o lythic revealed by
S t a rch Grain Analy s i s,«Nature»,430, 2004,pp.
670-73.
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I Latte e derivati L’assunzione di latte dopo lo svezzamento non può essere
iniziata che dopo l’inizio dell’addomesticamento del bestiame, c i rca 11.000
anni fa , per la difficoltà di cattura re e mu n ge re gli animali selva t i c i . Le più
a n t i che tracce di grassi deri vati dal latte e dalla pre p a razione del form ag gi o ,
trovate sulle ceramiche, risalgono però solo a 6.000 anni fa. L’aspetto nutrizionalmente positivo del consumo di questi alimenti dopo il periodo dell’allattamento è l’alta biodisponibilità di calcio per il metabolismo osseo. L’aspetto negativo più importante è che ancora oggi solo il 50% dell’umanità è in
grado di tollera re il latte dopo lo svezzamento (intolleranza al lattosio).4 Pera l t ro le popolazioni intolleranti (ad esempio i cinesi) hanno una bassa incidenza di art e ri o s clerosi, p e rché il latte ha la stessa qualità di grassi della carne degli animali domestici.
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4. L.L.C avalli Sforza,P.Menozzi,A. Piazza,Storia
e ge o gra fia dei geni umani, Adelphi, Milano
2000.
I Oli vegetali La produzione di olio vegetale (oliva, lino e sesamo) con presse meccaniche risale a circa 6.000 anni fa, ed era utilizzata anche per scopi
non alimentari , come la pre p a razione di medicine, l’illuminazione, la lubri ficazione.
L’assunzione di oli ve getali come condimento limita, dato che hanno lo stesso contenuto calorico degli altri grassi, l’assunzione di alimenti ri c chi di gra ssi saturi e quindi può avere effetti protettivi contro il rischio cardiovascolare, dovuti sia alla loro composizione in acidi grassi (per la mag gior parte monoinsaturi nell’olio di oliva e polinsaturi negli altri oli),sia a componenti minori come vitamine,polifenoli, antiossidanti e composti quali i fi t o s t e roli che
inibiscono l’assorbimento del colesterolo.
L’uso eccessivo di oli ve getali e la composizione dei grassi degli animali da
alleva m e n t o , ha comunque spostato il ra p p o rto Ω- 6 /Ω-3 troppo a favo re
della serie Ω- 6 , a scapito degli Ω- 3 , s o p rattutto a lunga catena (LC PUFA),
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che sono presenti specialmente negli alimenti di ori gine marina e che hanno un ruolo importante nella stru t t u rae nelle funzioni cara t t e ri s t i che del
cerve l l o .
I Alcol Si tratta di una fonte di energia sconosciuta nel Paleolitico, dato che
la produzione dei prodotti alcolici fe rmentati, come vino e birra , risale a
7.000 anni fa nel Medio Oriente. Ferma restando la tossicità dell’alcol a dosi eccessive , le bevande alcoliche fermentate hanno anche un ruolo nutrizionale positivo : nella birra, per esempio,è presente un’alta concentrazione
di vitamine del gruppo B, m e n t re il vino rosso ha capacità antiossidanti grazie ai polifenoli, in particolare il re s ve ra t rolo, presenti nella buccia dell’acino d’uva . La lunga abitudine al consumo di quantità moderate di vino rosso
in molte popolazioni umane sembra abbia avuto effetti positivi nella preve nzione di malattie cardiovascolari.
I Sale A n che se nel Paleolitico le popolazioni che vivevano in zone costiere
possono occasionalmente aver cotto i cibi in acqua di mare, il consumo gi o rn a l i e rodi NaCl era certamente < 1 g, mentre più alto era l’apporto di potassio da carne e ve getali selva t i c i . Poiché il sodio è fondamentale per il mantenimento della pressione sanguigna, l’organismo umano si è geneticamente pro grammato a non eliminarlo e questo genotipo non è stato capace di
eliminarne l’eccesso dovuto al rapido aumento del suo consumo fra 10. 000
e 5.000 anni fa (dapprima essenzialmente come conservante della carne) fino a va l o ri vicini ai 10 g/die attuali. Il rovesciamento del rapporto sodio-potassio, che così si è prodotto nel passaggio alla dieta neolitica, è senza dubbio alla base della mag gi o re tendenza ad ipertensione e a malattie collegate
come arteriosclerosi, ictus e infarto.
Fig. 2 Confronto tra un bue selvatico (l'uro)
e un bue domestico. La domesticazione
comportò una riduzione della taglia degli
animali e un accumulo di grassi, indotto
dalla continua somministrazione di cibo e
dall'utilizzo dei cereali come mangimi. Tale
cambiamento comportò per l'uomo una
maggiore assunzione di grassi saturi
(da G. Tosello, Variazione delle dimensioni
dei bovini, in Il Neolitico, alle origini della
civiltà, Electa/Gallimard).
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