grado di soddisfazione che gli individui traggono dal consumo di

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ESERCITAZIONI DI ECONOMIA POLITICA
(programma di MICROECONOMIA)
anno accademico 2012 – 2013
1
Per domande, dubbi o chiarimenti scrivere a:
[email protected]
1. EQUAZIONE DELLA RETTA
Nello studio delle decisioni dei singoli soggetti, così come nell’analisi dei principali fenomeni
macroeconomici, l’economista fa uso di modelli economici. Il modello economico è la
rappresentazione semplificata della realtà (del fenomeno) oggetto d’indagine, in cui sono
trascurati gli elementi ritenuti meno importanti al fine di concentrarsi su quelli più importanti.
La singola equazione può essere vista come il più semplice dei modelli economici. Nello specifico,
si farà riferimento a delle rette, cioè equazioni lineari del tipo:
y=α+β∙x
dove la y è la nostra variabile dipendente, il cui valore ‘dipende’ da quello assunto dalla variabile
indipendente x, mentre α è l’intercetta e β la pendenza. L’intercetta è il valore assunto dalla
variabile dipendente (y) quando la variabile indipendente (x) è pari a zero. Tale valore, quindi, è
(sempre) un parametro, una costante. La pendenza è il rapporto tra la distanza verticale e quella
orizzontale calcolata in due punti qualsiasi. Si consideri il seguente esempio:
Y
y
x
10
0
6
2
2
4
0
5
10
A
6
B
2
2
4
X
5
Considerando il passaggio dal punto A al punto B, la distanza verticale è (2 – 6) = – 4 (poiché y si
riduce), mentre la distanza orizzontale è (4 – 2) = 2 (x aumenta). La pendenza, ovviamente
negativa, è pari a – 2. Nello specifico, quindi, l’equazione della retta è:
y = 10 – 2 ∙ x
Il risultato non cambia se si considerano altri punti o il mutamento inverso: dal punto B al punto A
(in quel caso, infatti, y aumenta ma x si riduce).
Data la pendenza ed un generico punto, è possibile confermare che l’intercetta è pari a 10. Ad
esempio, si consideri il punto y = 2 e x = 4. Si ricava che:
2
2=α–2∙4
→
α = 2 + 8 = 10
È immediato notare che in caso di funzioni lineari/rette – e solo per quelle – la pendenza è
costante (per le altre funzioni, invece, la pendenza è funzione della variabile indipendente x).1
2. DOMANDA E OFFERTA
Solitamente, per quanto riguarda le curve di DOMANDA e di OFFERTA di un bene, sull’asse delle
ordinate è riportato il prezzo (che è quindi la nostra variabile dipendente y) e su quello delle
ascisse la quantità (la nostra variabile indipendente x):
P (prezzo)
Q (quantità)
Esempio:
CURVA DI OFFERTA
→
P= 2+Q
[1]
(spiegazione relazione positiva P/Q: costi opportunità crescenti).2
CURVA DI DOMANDA
→
Q = 10 – P
[2]
(spiegazione relazione negativa P/Q: effetto sostituzione e/o effetto reddito).3
CURVA DI DOMANDA “INVERSA”
→
P = 10 – Q
[2B]
(si ricava dalla [2]: il prezzo è espresso come funzione della quantità domandata).
1
Al fine di calcolare la pendenza, si può ricordare la semplice regola di derivazione di funzioni lineari. Infatti, la
pendenza β è la derivata di y = α + β ∙ x rispetto a x.
2
Il costo opportunità è il valore della migliore alternativa a cui bisogna rinunciare per poter svolgere una
determinata attività. Un produttore/venditore, generalmente, sostiene costi opportunità crescenti per produrre
(sottraendo tempo e risorse per fare altro), per questo è necessario praticare un prezzo maggiore al fine di invogliarlo
ad incrementare la produzione.
3
Se il prezzo di un bene aumenta, la quantità domandata può ridursi perché il compratore decide di
acquistare un altro bene divenuto più conveniente (effetto sostituzione), oppure perché dato lo stesso reddito può
acquistare solo una quantità inferiore del bene (effetto reddito).
3
Una volta ottenuta la curva di domanda “inversa”, è possibile procedere alla rappresentazione
grafica delle due curve, in cui viene rispettato l’ordinamento degli assi.
P (prezzo)
10
2
10
Q (quantità)
È immediato calcolare la pendenza di ogni curva. Si consideri l’intercetta di ogni equazione
(cioè il valore di P quando Q = 0) e il punto Q = 1 (si tratta quindi dei due punti necessari per il
calcolo).
La distanza orizzontale è (sempre) pari a 1. Di conseguenza, la pendenza:
 per la curva di domanda “inversa” è:
 per la curva di offerta, invece, è:
2.1
(9 – 10) / 1 = – 1
(3 – 2) / 1 = + 1
EQUILIBRIO
Le equazioni che descrivono le curve di domanda e di offerta,
4
P= 2+Q
[1]
Q = 10 – P
[2]
compongono un sistema di due equazioni (la [1] e la [2] appunto) in due incognite (P e Q). In
sostanza, ciò significa che è possibile ricavare i valori di equilibrio di P e Q (nel grafico successivo
indicati con P* e Q*).4
Sostituendo la [2] nella [1], si ottiene: P = 2 + (10 – P), quindi P* = 12 / 2 = 6. Di conseguenza,
Q* = 10 – 6 = 4.
P (prezzo)
10
P*=6
2
Q*=4
10
Q (quantità)
Si noti che lo stesso risultato è ottenuto sostituendo la [1] nella [2] oppure usando la [2B] al posto
della [2].
3. SURPLUS
Dall’analisi appena effettuata è immediato ricavare il surplus totale (il guadagno complessivo
realizzato dalle parti attraverso lo scambio). Il surplus totale diventa, ovviamente, massimo nel
punto di equilibrio: per quantità inferiori a quella di equilibrio (cioè inferiori a Q* = 4), infatti, il
compratore sarebbe disposto a pagare un prezzo più alto di quello di equilibrio, mentre il
venditore sarebbe disposto a ricevere un prezzo più basso. Ad esempio, sapendo che in equilibrio
P* = 6, nel caso in cui Q = 3, il prezzo che il compratore sarebbe disposto a pagare è pari a 7 (si
veda l’equazione 2B), mentre il prezzo che il venditore sarebbe disposto a ricevere è pari a 5.
4
L’equilibrio è quella situazione in cui entrambe le parti sono soddisfatte dall’esito dello scambio. Di
conseguenza, tale situazione è stabile poiché le parti non hanno interesse a modificarla.
5
Il surplus totale è pari alla somma del surplus del consumatore (Prc – P*) e del surplus del
venditore (P* – Prv), per tutti i livelli di Q compreso tra 0 e il suo valore di equilibrio, dove Prc e
Prv sono, rispettivamente, il prezzo di riserva del compratore e quello del venditore.5 In sostanza, il
surplus “identifica” un’area e non un singolo punto. Ovviamente, per quantità superiori a quella di
equilibrio lo scambio non si realizza (il prezzo massimo offerto dal compratore è inferiore al prezzo
minimo che il venditore è disposto a ricevere).
Trattandosi nello specifico di triangoli, è immediato calcolare il surplus del compratore (area di
colore verde) e del venditore (area di colore rosso) ricorrendo alla formula:
Surplus = (cateto orizzontale ∙ cateto verticale) / 2
Nello specifico, il surplus è uguale per entrambe le parti:
COMPRATORE
=
4 ∙ (10 – 6) / 2 = 8
VENDITORE
=
4 ∙ (6 – 2) / 2 = 8
Il surplus totale è dunque pari a 8 + 8 = 16. È, ovviamente, possibile calcolare direttamente il
surplus totale ricorrendo alla stessa formula: 4 ∙ (10 – 2) / 2 = 16.
Tale schema grafico sarà molto utile per determinare la perdita di surplus in presenza di una
qualche inefficienza del mercato (monopolio) o di tassazione.
5
Il surplus del venditore è la differenza tra il prezzo praticato (riscosso) e il suo prezzo di riserva, mentre il
surplus del compratore è la differenza tra il suo prezzo di riserva e il prezzo effettivamente pagato. Il prezzo di riserva
del venditore (Prv) è l’importo monetario minimo al quale il venditore è disposto a vendere il bene, mentre il prezzo
di riserva del compratore (Prc) è l’importo monetario massimo che il compratore è disposto a pagare per acquistare il
bene.
6
4. SPOSTAMENTI “LUNGO” LA CURVA E SPOSTAMENTI “DALLA” CURVA
Nel descrivere i mutamenti che avvengono nel mercato, occorre avere chiara la distinzione tra
variazione della quantità domandata e variazione della domanda.
La variazione della quantità domandata è uno spostamento “lungo” la curva di domanda che
descrive come varia la quantità del bene che i compratori sono disposti ad acquistare al variare del
relativo prezzo.
Aumento del prezzo del bene considerato
Riduzione del prezzo del bene considerato
P
P
D
D
Q
Q
La variazione della domanda, invece, è uno spostamento “dell’intera” curva di domanda e deriva
da eventi esterni allo specifico mercato considerato (ad esempio, in seguito alla variazione del
prezzo dei beni complementari o dei beni sostituti).6 Una distinzione analoga si applica al lato
dell’offerta.
In particolare, considerando il mercato di un generico bene i:

Una riduzione (un aumento) del prezzo di un bene complementare sposta verso destra (verso
sinistra) la curva di domanda del bene i, di conseguendo aumentando (riducendo) la quantità
domandata del bene i;

Una riduzione (un aumento) del prezzo di un bene sostituto sposta verso sinistra (verso destra)
la curva di domanda del bene i, di conseguenza riducendo (aumentando) la quantità
domandata del bene i;

Un aumento (una riduzione) dei prezzi degli input utilizzati nella produzione (fattori produttivi)
sposta verso sinistra (verso destra) la curva di offerta del bene i, di conseguenza riducendo
(aumentando) la quantità offerta del bene i.
6
I beni complementari sono beni che assumono più valore se consumati insieme, mentre i beni sostituti sono
beni che svolgono funzioni simili o che appagano gli stessi bisogni.
7
Si consideri il seguente equilibrio nel mercato del bene i (dove D e O sono, rispettivamente, la
domanda e l’offerta di mercato del bene i):7
P
O
P*
D
Q
Q*
Determinare cosa accade al prezzo e alla quantità di equilibrio (P* e Q*), spiegandone il significato
economico, nel caso in cui:
a) si riduce il prezzo di un bene complementare al bene i;
b) si riduce il prezzo di un bene sostituto al bene i;
a)
P
O
P*
D’
D
Q*
Q
7
La curva di domanda di mercato è pari alla somma orizzontale delle curve di domanda individuali, cioè si
ottiene sommando le quantità domandate dai singoli consumatori in corrispondenza di tutti i possibili livelli di prezzo.
In modo analogo, la curva di offerta di mercato si ottiene come somma orizzontale delle curve di offerta delle singole
imprese.
8
Data la definizione di bene complementare, una riduzione del suo prezzo stimolerà positivamente
anche la domanda del bene i (il cui consumo ha più valore se effettuato insieme a quello del bene
complementare); di conseguenza, la domanda di mercato del bene i si sposterà verso destra
determinando un aumento sia del prezzo che della quantità di equilibrio.
b)
P
O
P*
D’
Q*
D
Q
Data la definizione di bene sostituto, una riduzione del suo prezzo avrà un effetto negativo sulla
domanda del bene i (tra il bene i ed un suo sostituto-rivale, il consumatore sceglierà quello con il
prezzo più conveniente); di conseguenza, la domanda di mercato del bene i si sposterà verso
sinistra determinando una riduzione sia del prezzo che della quantità di equilibrio.
Nota: una variazione del prezzo del bene considerato (il bene i) determinerà uno spostamento
“lungo” la curva di domanda e NON uno spostamento “dell’intera” curva di domanda.
5. ELASTICITÀ
Si consideri nuovamente la generica equazione di una retta:
y=α+β∙x
L’elasticità di y rispetto a x è un indicatore della sensibilità, reattività di y rispetto a variazioni di x,
che ha lo scopo di fornire previsioni più precise circa gli effetti di x su y. In sostanza, è un modo più
accurato di esprimere la variazione di y al variare di x. Infatti, in termini più formali, l’elasticità di y
rispetto a x è definita come la variazione % (percentuale) di y derivante da una variazione di x
pari all’1%. Indicando con ε (epsilon) l’elasticità, la formula da ricordare è la seguente:
9
ε = (∆y / y) / (∆x / x)
l’elasticità è il rapporto tra la variazione percentuale di y (∆y/y) rispetto alla variazione
percentuale di x (∆x /x). Un semplice passaggio algebrico, ci consente di riscrivere la formula nel
modo seguente:
ε = (∆y / ∆x) / (x / y)
il primo rapporto altro non è che la variazione di y rispetto alla variazione di x (cioè la derivata di y
rispetto a x). In pratica, il calcolo dell’elasticità consente di depurare la variazione di y rispetto alla
variazione di x (la pendenza) dall’effetto unità di misura, cioè l’elasticità tiene conto del fatto che
prezzo e quantità sono misurati in modo differente. Questo è il motivo per cui è ampiamente
utilizzata in economia. Si noti che al fine di calcolare l’elasticità, è necessario precisare il punto in
cui determinare il rapporto (x / y). In altri termini, anche nel caso di rette, l’elasticità è diversa a
seconda del punto considerato per il calcolo.
5.1
PENDENZA ED ELASTICITÀ
Data la seguente tabella:
P (prezzo) Q (quantità)
10
0
8
1
6
2
4
3
2
4
0
5
Si ricavi:
1) La pendenza;
2) La relativa equazione;
3) L’elasticità nel punto (6,2).
4) S’interpreti economicamente il risultato ottenuto nel punto precedente;
5) La curva/retta è elastica, anelastica o a elasticità unitaria?
6) Si mostri che nel punto medio l’elasticità è unitaria.
Innanzitutto, per risolvere correttamente l’esercizio, può essere utile rappresentare graficamente
la relazione tra P e Q:
10
P (prezzo)
10
A
6
B
4
0
2
3
5
Q (quantità)
1) Essendo una retta, la pendenza è la stessa a prescindere dai punti scelti, cioè pari a – 2 (quando
la quantità aumenta di 1, infatti il prezzo si riduce di 2 e viceversa).
2) Data la relazione negativa, siamo di fronte ad una curva di domanda anziché di offerta. Quindi,
la curva di domanda inversa è P = 10 – 2 ∙ Q e la curva di domanda è Q = 5 – (1/2) ∙ P.
3) la formula dell’elasticità della domanda è la seguente:
ΔQ
ΔQ
P
ΔQ
P
ε
Q

ε
  
ε
 
ΔP QΔP ΔP
Q
P
L’elasticità della domanda rispetto al prezzo è il rapporto tra la variazione percentuale della
domanda e la variazione percentuale del prezzo. In altri termini, possiamo esprimerla come il
prodotto tra la variazione (la derivata) di Q rispetto a P e il rapporto prezzo/quantità.
AVVERTIMENTO ! : Dato che il grafico è costruito con P sull’asse delle ordinate e Q su quello delle
ascisse, – 2 = ∆P / ∆Q, mentre il suo reciproco – (1/2) = ∆Q / ∆P. Poiché nel calcolo
dell’elasticità della domanda si è interessati a come varia Q al variare di P, il valore da usare per la
pendenza è – (1/2). Di conseguenza, se stiamo usando la curva di domanda inversa, occorrerà fare
attenzione e usare nel calcolo dell’elasticità il reciproco della pendenza (che è sempre pari a –
1/2), poiché – 2 individua la variazione di P al variare di Q:
– (1/2) ∙ (6/2) = – 3/2 = – 1,5 %
4) un aumento del prezzo pari all’1% determinerà una riduzione della quantità domandata pari
all’1,5%.
11
5) poiché l’elasticità in valore assoluto è pari a 1,5 la curva di domanda in questione è elastica,
cioè è sensibile, reattiva a variazioni del prezzo (a piccoli aumenti del prezzo corrisponderanno
sensibili riduzioni della quantità domandata).8
6) Semplicemente calcolando la media dei valori riportati nella colonna del prezzo e nella colonna
della quantità, considerando anche il valore zero, si ricava che il punto medio è (5 ; 2,5).
È immediato verificare che:
– (1/2) ∙ (5/2,5) = – 1%, quindi in valore assoluto ε = 1
Poiché la pendenza di una retta è costante e il rapporto P/Q decresce man mano che ci si sposta
verso il basso lungo la curva di domanda, si avrà che al di sopra del punto medio la domanda è
elastica (come già verificato), mentre al di sotto è anelastica (come si può facilmente verificare). In
sostanza, sebbene la pendenza sia costante, l’elasticità varia al variare dei prezzi e della quantità.
Per questo motivo nel calcolo dell’elasticità, occorre far riferimento ad un punto preciso della
curva.
5.2
ELASTICITÀ E SURPLUS
Come detto, in caso di curva di domanda inversa (in cui il prezzo è funzione della quantità
domandata), la formula dell’elasticità della domanda è (1 / pendenza) ∙ (P / Q).
Si considerino i seguenti casi:
(1)
P
Distanza
verticale = 0
Domanda
Q
8
Si parla di domanda anelastica se l’elasticità in valore assoluto è inferiore a 1, e di domanda ad elasticità
unitaria se l’elasticità in valore assoluto è pari a 1.
12
La distanza verticale è nulla, di conseguenza, la pendenza (il rapporto tra distanza verticale e
distanza orizzontale) è zero e l’elasticità infinità. In tal caso, la curva di domanda è detta
perfettamente elastica, cioè per uno stesso prezzo il consumatore è disposto a domandare
qualsiasi quantità del bene.
(2)
P
Domanda
Distanza orizzontale = 0
Q
Ora è la distanza orizzontale a essere nulla, di conseguenza, la pendenza è infinità e l’elasticità
pari a zero. In tal caso, la curva di domanda è detta perfettamente anelastica, ciò vuol dire che a
prescindere dal prezzo, il consumatore domanderà sempre la stessa quantità di bene.
Un ragionamento analogo vale, ovviamente per la curva di offerta.
Si consideri ora il seguente esercizio. Data la curva di offerta:
P=2+Q
Nel mercato vi sono due diversi consumatori che hanno due diverse curve di domanda (inversa),
D1 e D2:
D1 → P = 10 – Q
quindi la curva di domanda è Q = 10 – P
D2 → P = 10 – 3Q
quindi la curva di domanda è Q = (10/3) – (1/3)P
Perché non è necessario procedere al calcolo del surplus per dimostrare che è il consumatore con la
curva di domanda inversa D1 ad avere un surplus maggiore ?
13
P
10
O
2
D2
10
3
D1
10
Q
Il consumatore con la curva di domanda inversa più piatta (cioè la D1) è più reattivo, più sensibile
a variazioni di prezzo rispetto al consumatore con la curva di domanda più ripida D2, poiché più la
curva di domanda inversa è piatta, maggiore è la sua elasticità (si è visto il caso estremo in cui una
curva di domanda orizzontale ha un’elasticità infinita).
Al fine di dimostrare ciò, si procede al calcolo dei due surplus. Per D1 si ha che la condizione di
equilibrio è: 2 + Q = 10 – Q, quindi la quantità di equilibrio è Q* = 4 e il prezzo di equilibrio è P*
= 6. Il surplus del consumatore è quindi pari a: (4 ∙ (10 – 6)) / 2 = 8.
Per D2 si ha, invece, che la condizione di equilibrio è: 2 + Q = 10 – 3Q, quindi la quantità di
equilibrio è Q* = 2 e il prezzo di equilibrio è P* = 4. Il surplus del consumatore è quindi pari a (2 ∙
(10 – 4)) / 2 = 6.
6. Utilità
L’utilità è il grado di soddisfazione che gli individui traggono dal consumo di beni e servizi. Si
domandano beni e servizi, attraverso l’uso di risorse (monetarie) limitate, al fine di soddisfare i
propri (illimitati) bisogni. L’utilità consente al consumatore di valutare/misurare l’efficacia dei
diversi beni nel soddisfare i propri bisogni e di porre in essere, quindi, scelte di consumo ottimali
(cosa domandare, cosa consumare).
Intuitivamente e realisticamente, l’utilità cresce al crescere del consumo di un bene ma in modo
sempre minore. Detto in termini più formali, l’utilità totale è crescente nel consumo di un bene
14
(“più è meglio”) ma la sua variazione rispetto a quella del consumo – l’utilità marginale – cresce a
tassi decrescenti (legge dell’utilità marginale decrescente). In sostanza, se raddoppiamo il
consumo di un bene, la nostra utilità aumenterà ma non raddoppierà (si pensi al tempo libero: se
ne abbiamo poco, un’ora in più vale tanto; se ne abbiamo già tanto, un’ora in più vale pochissimo
o niente). Si consideri la seguente tabella:
Quantità del bene i consumata (C) Utilità totale (U) Utilità marginale MU = ∆U / ∆C
0
0
-
1
50
+50
2
90
+40
3
120
+30
4
140
+20
5
150
+10
6
140
-10
Dato il consumo del bene (colonna 1) e la relativa utilità totale (colonna 2), l’utilità marginale è la
differenza tra l’utilità attuale e quella precedente, rapportata alla differenza tra il consumo attuale
e quello precedente (che nell’esempio è sempre pari a 1).
Quale è la quantità del bene i che massimizza l’utilità derivante dal consumo ? Quella per cui
l’utilità totale è massima e l’utilità marginale è positiva o nulla (nello specifico C = 5). Se si
fermasse a C = 4, infatti, il consumatore rinuncerebbe a una quota di soddisfazione maggiore
derivante dal consumo di un’altra unità del bene. Per C = 6, invece, l’utilità marginale è negativa.
6.1
LA SCELTA DI CONSUMO OTTIMA: LA MASSIMIZZAZIONE DELL’UTILITÀ
Nel precedente esempio si assumeva l’esistenza di un solo bene e che il consumo dello stesso non
aveva costi. Inoltre, non si davano indicazioni circa il reddito a disposizione del consumatore.
Poiché le risorse disponibili sono limitate e il consumo di un bene implica dei costi (il prezzo da
pagare), il consumatore è chiamato a effettuare la migliore tra le scelte possibili.
Supponendo che esistano due soli beni, il bene A (il cui prezzo unitario è pari a 10) e il bene B (il
cui prezzo unitario è pari a 20) e che il reddito del consumatore sia pari a 100, deve valere la
seguente condizione, definita come vincolo di bilancio:
100 = 10 ∙ A + 20 ∙ B
[1]
15
Il consumatore, infatti, non può spendere più di 100; potrebbe spendere meno, ma per semplicità
si trascura la possibilità di risparmiare parte delle risorse e si assume che l’intero reddito a
disposizione del consumatore sia speso.
La condizione [1] non ci permette da sola di determinare l’allocazione ottima del reddito tra i beni
A e B, cioè la scelta di consumo ottima (si noti che è una sola equazione in due incognite). Insieme
al vincolo di bilancio, infatti, occorre usare la nota regola della spesa razionale:
MU(A) / 10 = MU(B) / 20
[2]
Dove MU è l’utilità marginale derivante dal consumo del bene considerato. La regola della spesa
razionale afferma che, al fine di massimizzare l’utilità, il reddito deve essere allocato tra i diversi
beni in modo tale che il rapporto tra utilità marginale e prezzo (l’utilità marginale per unità
monetaria) è uguale per ciascun bene. Infatti, se MU(A) / 10 > MU(B) / 20, al consumatore
converrà trasferire parte delle risorse dal bene B al bene A che presenta un’utilità marginale per
unità monetaria più alta (cioè, in sostanza, un miglior rapporto utilità goduta e prezzo speso).
Ora le condizioni [1] e [2] formano un sistema di 2 equazioni in 2 incognite che può essere
facilmente risolto per conoscere le quantità di consumo ottime di A e B. Ad esempio, se MU(A) =
1/A e MU(B) = 1/B, cioè utilità marginali decrescenti, si ricava che:
[1]
100 = 10 ∙ A + 20 ∙ B
[2]
(1/A) / 10 = (1/B) / 20
→
A=2*B
Di conseguenza, sostituendo nel vincolo di bilancio, si ottiene:
100 = 10 ∙ 2 * B + 20 ∙ B →
B = 2,5
A=5
È facile verificare che tali valori rispettano il vincolo di bilancio.
6.2
DERIVAZIONE DELLA REGOLA DELLA SPESA RAZIONALE (ARGOMENTO FACOLTATIVO)
La regola della spesa razionale può essere derivata in modo relativamente semplice attraverso la
massimizzazione dell’utilità soggetta al vincolo di bilancio. A solo titolo informativo, viene
presentata la sua derivazione.
Si supponga che la nostra utilità totale (che vogliamo massimizzare) derivante dal consumo del
bene A e del bene B sia data dalla somma delle singole utilità:
U(A) + U(B)
soggetta al vincolo di bilancio in precedenza incontrato:
100 = pA ∙ A + pB ∙ B
16
La funzione obiettivo da massimizzare diventa:
U(A) + U(B) +  ∙ (100 – pA ∙ A + pB ∙ B)
dove il parametro  serve per “collegare” la funzione di utilità (da massimizzare) con il vincolo di
bilancio (da rispettare). La condizione di massimizzazione dell’utilità prevede che la derivata prima
della funzione obiettivo rispetto al consumo di ciascun bene sia uguale a zero: 9
MU(A) –  ∙ pA = 0
MU(B) –  ∙ pB = 0
dove MU è l’utilità marginale, cioè la derivata di U rispetto al consumo del bene considerato; il
secondo termine a sinistra del segno di uguaglianza è ottenuto attraverso la conoscenza della
elementare regola di derivazione di funzioni lineari: infatti, la derivata di  ∙ (100 – pA ∙ A + pB ∙ B)
rispetto ad A e B è pari, rispettivamente a –  ∙ pA e –  ∙ pB.
Risolvendo entrambe le espressioni per  ed eguagliando i termini si ottiene la regola della spesa
razionale:
MU(A) / pA = MU(B) / pB
9
Nel punto in cui la derivata prima della funzione rispetto alla(e) variabile(i) di scelta si annulla, infatti, esiste il
punto di massimo della funzione stessa.
17
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