Lo stress Lo stress

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PSICHIATRIA
A cura di Riccardo Luchena *, Serafino De Giorgi **
Lo stress
e le risposte
dell’organismo
Quando la reazione ad un
evento diventa patologia.
noto come attacchi terroristici, guerre, bombe,
incidenti aerei, stermini di massa, torture, eventi
naturali catastrofici, siano tutti accomunati da
reazioni fisiologiche, che possono produrre effetti
non sempre desiderabili sulla salute mentale delle vittime
sopravvissute. Le persone che hanno vissuto un evento
stressante di estrema gravità, indipendentemente dalla loro
storia clinica, subiscono molti effetti negativi.
Chi non ricorda il tenente Don di “Forrest Gump”,
quello che viene salvato suo malgrado da Forrest e poi non
riesce più a ritrovarsi perché tutte le notti sogna la guerra,
è depresso e finisce per diventare alcolista?
A parte però eventi eccezionali o comunque “fuori
scala”, anche le vicende che – purtroppo – sono divenute
parte della vita quotidiana come una rapina, un furto, uno
stupro, maltrattamenti ed abusi su bambini, un incidente
automobilistico, la notizia di una malattia minacciosa per
la vita, gravi problemi in contesti di lavoro (mobbing, burnout, bossing), possono far scattare, in soggetti predisposti,
una gran varietà di sintomi che possono persistere per lungo
tempo e sconvolgerne l’esistenza.
Nel 1980, in parte sotto la pressione
del crescente riconoscimento di
condizioni post-traumatiche nei veterani
della guerra del Vietnam, i sistemi di
classificazione psichiatrica (DSM III –
Diagnostic and Statistical Manual of
Mental Disorders, III Edition,
dell’American Psychiatric Association)
hanno descritto una nuova categoria
diagnostica, il Disturbo PostTraumatico da Stress (DPTS), che
raggruppava complessi sintomatologici,
sindromi caratterizzate da risposte
patologiche ad eventi traumatici
prolungati.
Nato come disturbo conseguente ad
un evento vissuto al di fuori
dell’esperienza umana consueta (eventi
pugliasalute
eccezionalmente minacciosi o catastrofici), con gli anni si
è assistito ad una dilatazione delle diagnosi, considerato
che la maggior parte dei traumi che ne erano alla base,
afferivano invece ad eventi comuni, rientranti nella sfera
della vita quotidiana, ancorchè soggettivamente vissuti in
termini di stress particolarmente grave.
Descrizione clinica
Un passeggero è l’unico sopravvissuto di un aereo di
linea. Un soldato partecipa alla tortura e all’uccisione di
civili. Una donna viene picchiata selvaggiamente e
violentata da un assalitore sconosciuto. Un dipendente
aziendale viene isolato, penalizzato e mortificato dai
colleghi di lavoro o dal suo superiore gerarchico. Un
bambino è vittima o testimone di un atto di violenza.
Tra le persone che hanno vissuto un evento stressante
di estrema gravità come quelli descritti, indipendentemente
dalla loro storia clinica, molti subiscono effetti negativi,
alcuni sviluppano il DPTS. La probabilità di svilupparlo
aumenta parallelamente alla gravità
dell’evento traumatico: più sono marcati i
sintomi (le reazioni) iniziali, maggiori sono
le probabilità che in seguito venga sviluppato
il disturbo.
L’aspetto sintomatologico caratteristico
consiste nel rivivere l’evento traumatico
attraverso modalità diverse, di solito si tratta
di sogni o incubi notturni che compromettono
la durata e la qualità del sonno, disturbato
in modo grave sia nella prima fase
(addormentamento) sia nella seconda
(mantenimento).
Il risveglio è doloroso, con abbondante
sudorazione e tremori e sovente si avverte
la necessità di chiedere aiuto, di chiamare
chi è vicino per ottenere rassicurazioni.
Frequenti sono anche i ricordi improvvisi
e vividi dell’evento traumatico, vissuti come
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o conversazioni associate con il trauma, sfugge dalle attività,
dai luoghi e da quelle persone che in qualche modo gli
evocano il ricordo. Spesso è incapace di ricordare qualche
aspetto importante dell’evento.
L’ottundimento della reattività generale si manifesta nella
riduzione marcata dell’interesse o della partecipazione ad
attività significative e nel diminuito interesse per gli altri, in
un senso di distacco e di estraneità e nell’incapacità di provare
emozioni positive.
Studi di laboratorio hanno confermato che
i sintomi di aumentata attivazione fisiologica,
Chi ne è affetto
quali la difficoltà ad addormentarsi o a
mantenere il sonno, la difficoltà a concentrarsi,
può manifestare
l’ipervigilanza, l’irritabilità o gli scoppi di
invasivi ed egodistonici, che possono
irritabilità e scarso
collera e le esagerate risposte di allarme, sono
disturbare il paziente durante il giorno.
autocontrollo
finalizzati a combattere le immagini prodotte
Chi è affetto da DPTS vive in uno stato
dalla mente stessa del paziente.
di allarme ed ipervigilanza continui, ha spesso
grosse difficoltà a concentrarsi; a volte può manifestare un
Spesso i media, riproponendo assiduamente immagini
umore alterato, disforico, con irritabilità, incapacità ad
di “catastrofi”, sembrano non “aver cura” di questo,
esercitare un costante ed efficace autocontrollo e con frequenti
“evidenziando” il dramma e rievocando
scoppi di collera; può esperire sentimenti di distacco ed
insistentemente l’evento traumatico ai sopravvissuti.
estraneità per ciò che accade intorno a lui, incapacità di
interessarsi ad attività precedentemente gradite, fino a difficoltà
In alcuni soggetti, infine, il DPTS può innescare
ad essere coinvolto e provare emozioni come intimità,
problematiche di natura psicosomatica (dolori lombari, disturbi
tenerezza o interesse sessuale.
gastrointestinali) o - addirittura - concretizzare pensieri e
Altri sintomi possono includere senso di colpa per essere
progetti di suicidio.
sopravvissuti (all’evento psicotraumatico), per non aver
La sofferenza da post-trauma può emergere a qualsiasi
prevenuto l’esperienza traumatica, depressione, ansia, attacchi
età, inclusa l’infanzia. Le manifestazioni cliniche possono
di panico, vergogna e rabbia, comportamento ostile o
essere lievi o gravi, di solito si sviluppano qualche tempo
impulsivo.
dopo il trauma: la latenza può essere breve, fino ad una
La vista di oggetti/immagini che possono far riaffiorare nelle
settimana, o lunga fino a trent’anni.
vittime il ricordo dell’incidente/trauma subìto può essere
I sintomi possono fluttuare nel tempo accentuandosi in
molto angosciante e potrebbe indurre tali soggetti ad evitare
concomitanza con periodi di stress.
certi luoghi o situazioni riattivanti, direttamente o
Il decorso del DPTS può essere sia acuto (durata inferiore
indirettamente, quelle memorie.
a tre mesi) sia cronico (durata superiore a tre mesi). La
prognosi sembra essere migliore per quei casi in cui c’è un
Molti possono essere gli eventi ordinari in grado di
rapido inizio dei sintomi, un buon funzionamento premorboso,
rinvigorire precedenti ricordi e creare immagini intrusive
un forte sostegno sociale e familiare ed assenza di altri disturbi
(flashback), che fanno perdere alla persona stessa il senso
psichiatrici, medici o correlati a condotte d’abuso (alcol,
della realtà e rivivere il trauma per un periodo di tempo che
droghe, etc.).
varia da qualche secondo a qualche ora e, molto raramente,
a qualche giorno.
É da sottolineare come una persona che attraversa
un “flashback” (sotto forma di immagini, rumori, odori
o sensazioni) generalmente crede, anzi ne è convinta,
che il trauma si stia effettivamente per ripresentare.
Stimoli anche banali che rappresentano
simbolicamente l’evento (per es. il tuono che ricorda
al reduce il campo di battaglia) oppure gli anniversari
di una determinata esperienza, possono causare
reattività fisiologica ed un intenso disagio psicologico.
Il rivivere l’esperienza traumatica è un aspetto di notevole
importanza, in quanto probabile fonte delle altre categorie di
sintomi. Secondo alcune teorie ciò sarebbe la caratteristica
centrale del disturbo, in quanto tale “rottura” viene attribuita
all’incapacità di integrare l’evento traumatico in uno schema
preesistente (le c.d. convinzioni generali che la persona aveva
sul mondo).
Chi soffre di DPTS si sforza di evitare pensieri, sensazioni
pugliasalute
Eziologia
Un evento traumatico è il primo fattore causale nello
sviluppo di un DPTS. L’evento stressante però, benché
necessario, non è sufficiente allo sviluppo del disturbo,
infatti non tutti manifestano un disturbo post-traumatico
da stress dopo un evento traumatico.
Fattori di vulnerabilità
1. la presenza di un trauma infantile
2. tratti di disturbo borderline, paranoide, dipendente o
antisociale di personalità
3. un inadeguato sistema di supporto
4. una vulnerabilità genetico-costituzionale alle malattie
psichiatriche.
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Altre reazioni allo stress
Esistono diverse forme di reazione allo stress, tutte
meritano attenzione, ma naturalmente solo alcune richiedono
un trattamento con specifiche terapie.
Tra i problemi più comuni della pratica psichiatrica c’è
infatti quello di riconoscere e differenziare rapidamente
quand’è che, fattori stressanti che generano alterazioni
dell’umore di grado lieve, mantengono pur sempre i caratteri
di risposta adattativa fisiologica o, al contrario, assumono
una connotazione patologica.
Nel caso di disturbi “minori”, infatti, si fa costantemente
riferimento al concetto di “soglia”.
Generalmente viene definito “subsindromico” o
“sottosoglia” ogni disturbo che non abbia i requisiti minimi
richiesti per essere inquadrato in una delle categorie
diagnostiche dei moderni manuali tassonomici, di frequente
uso nella pratica clinica. In altre parole il disturbo non crea
“evidenti” o “gravi” manifestazioni psicopatologiche.
Queste alterazioni del vissuto soggettivo che non sono
di entità tale da alterare in modo evidente le capacità di
funzionamento generale di un individuo, possono però, in
varia misura, interferire col rendimento sociale e lavorativo,
impedendo, a chi ne è affetto, di raggiungere o mantenere
un livello di funzionamento ottimale.
Il rendimento al di sotto delle normali capacità può essere
fonte di disagio e di malessere, che a lungo andare esitano
in patologia franca.
Il Disturbo dell’adattamento
Il disturbo dell’adattamento (DA), come il DPTS è una
“sindrome in risposta allo stress”. Essendo però una patologia
sottosoglia e di “confine”, un ponte tra normalità e patologia,
l’interesse nel riconoscerla risulta fondamentale per un
eventuale trattamento mirato.
Il DA (come il DPTS e il Disturbo Acuto da Stress) è
fenomenologicamente correlato allo stress: il fattore stressante
ha determinato un’alterazione dell’adattamento e sintomi che
sono limitati nel tempo, almeno finché il fattore stressante
non è eliminato o si è realizzata una nuova condizione di
adattamento.
Un divorzio, la perdita di un impiego, la morte di una persona
importante, una relazione intrafamiliare discordante, lo
sposarsi, l’andare in pensione, possono essere cause
frequenti di DA.
L’entità del disturbo è disegnata come un mezzo per
classificare le condizioni psichiatriche che hanno un profilo
sintomatologico ancora insufficiente per soddisfare i criteri
specifici delle sindromi maggiori, ma che, al contempo,
creano dei disagi eccessivi rispetto a una reazione “normale”
nei confronti del fattore di stress in questione, alterando il
funzionamento lavorativo e interpersonale del soggetto colpito.
Le manifestazioni cliniche prevalenti sono di tipo
depressivo o combinazioni di ansia e depressione, a volte
sono prevalenti i disturbi della condotta e il soggetto presenta
svogliatezza, vandalismo, guida pericolosa e rissosità. In
alcuni casi il DA si esprime con sintomi fisici quali mal di
testa, mal di schiena, stanchezza e altre lamentele corporali.
La natura sottosoglia e la mancanza di un elenco esaustivo
pugliasalute
di sintomi possono rendere difficoltosa la diagnosi, che rimane
fondamentale nel prevenire l’evoluzione in disturbi più gravi.
È auspicabile l’individuazione dei primi stadi, caratterizzati
da manifestazioni psichiatriche ancora scarsamente sviluppate.
La diagnosi precoce, infatti, porta spesso alla risoluzione del
caso con un modesto investimento terapeutico.
Chi e quando decide che un individuo
ha superato la soglia?
La naturale collocazione di “confine”, la diagnosi “non
scientificamente rigorosa” e la “dinamicità” del disturbo, lo
rendono di esclusivo dominio dello specialista psichiatra,
che deve non solo riconoscerlo, ma anche decidere se e come
trattarlo.
Trattamento
Quando il medico intercetta un paziente che ha subìto un
trauma di entità tale da aver generato un quadro
disfunzionale o patologico, i principali approcci sono il
sostegno, l’incoraggiamento a discutere il fatto e l’educazione
sui meccanismi psicologici per affrontarlo.
Il trattamento segue due strade: una psicoterapica e l’altra
psicofarmacologia, che non si escludono atteso che, non di
rado, si usano entrambe.
Tra gli interventi psicoterapici sono indicati la terapia
comportamentale, la terapia cognitiva e l’ipnosi.
Questi interventi dovrebbero seguire un modello di
intervento sulla crisi per poi affrontare il problema
dell’insegnamento di tecniche di gestione dello stress.
Per incoraggiare l’espressione verbale delle paure,
dell’ansia, della rabbia, della disperazione e del senso di
impotenza che lo stress impone all’individuo, si può anche
usare terapia familiare e trattamenti di gruppo.
Lo scopo della terapia in ogni caso è quello di chiarire
le preoccupazioni e i conflitti che il paziente sta avvertendo,
identificare i mezzi per ridurre lo stress, migliorare le capacità
del soggetto di affrontarli e aiutarlo ad avere una migliore
prospettiva dei problemi e a stabilire relazioni nella gestione
dello stress e di se stesso.
Lo stress può essere di entità tale da generare alterazioni
neurochimiche e psicofisiologiche durevoli e può determinare
compromissione e malessere significativi.
Talvolta l’intensità dei sintomi è sufficientemente grave
da precludere l’impiego efficace della psicoterapia incentrata
sul trauma. In queste situazioni l’uso dei farmaci non deve
essere inutilmente rinviato.
Gli inibitori selettivi del reuptake della serotonina (SSRI)
hanno oggi sostituito i classici antidepressivi triciclici e sono
considerati di prima scelta nel trattamento di questi casi, sia
perché ne è provata l’efficacia (pari agli stessi triciclici) sia
perché sono gravati da minori effetti collaterali e, pertanto
sono più “graditi” al paziente.
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* Dirigente Psichiatra presso il S.P.D.C.
dell’Ospedale di Galatina. AUSL LE/1
** Serafino De Giorgi. Direttore
del Dipartimento di Salute Mentale. AUSL LE/1
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I criteri diagnostici del disturbo
post traumatico da stress*
Per la diagnosi di disturbo post-traumatico è necessario
che siano presenti sei criteri diagnostici (A, B, C, D, E, F):
A) La persona è stata esposta ad un evento traumatico nel quale erano
presenti entrambe le caratteristiche seguenti:
1. la persona ha vissuto, assistito o si è confrontata con un evento o
con eventi che hanno implicato morte, o minaccia di morte, o gravi lesioni,
od una minaccia all'integrità fisica propria o di altri
2. la risposta della persona comprendeva paura intensa, sentimenti di
impotenza, o di orrore (nei bambini ciò potrebbe essere espresso con
comportamento disorganizzato o agitato)
B) L'evento "traumatico" viene rivissuto persistentemente in almeno
uno dei seguenti modi:
1. ricordi spiacevoli ricorrenti e intrusivi dell'evento, che comprendono
immagini, pensieri, o percezioni (nei bambini piccoli si possono manifestare
giochi ripetitivi in cui vengono espressi temi o aspetti inerenti il trauma)
2. sogni spiacevoli ricorrenti dell'evento (nei bambini possono essere
presenti sogni spaventosi senza un contenuto riconoscibile)
3. agire o sentire come se l'evento "traumatico" si stesse ripresentando
(ciò include sensazioni di rivivere l'esperienza, illusioni, allucinazioni, ed
episodi dissociativi di flashback, compresi quelli che si manifestano al risveglio o in stato di intossicazione); (nei
b a m b i n i p i c c o l i p o s s o n o m a n i f e s ta r s i r a p p r e s e n ta z i o n i r i p e t i t i v e s p e c i f i c h e d e l t r a u m a )
4. disagio psicologico intenso all'esposizione a fattori scatenanti interni o esterni che simbolizzano o assomigliano
a qualche aspetto dell'evento "traumatico"
5. reattività fisiologica o esposizione a fattori scatenanti interni o esterni che simbolizzano o assomigliamo a qualche
aspetto dell'evento "traumatico"
C) Evitamento persistente degli stimoli associati con il trauma e attenuazione della reattività generale (non presenti
prima dell'evento "traumatico"), come indicato da almeno tre dei seguenti elementi.
1. sforzi per evitare pensieri, sensazioni o conversazioni associati al "trauma"
2. sforzi per evitare attività, luoghi o persone che evocano ricordi del trauma
3. incapacità di ricordare qualche aspetto importante del trauma
4. riduzione marcata dell'interesse o della partecipazione ad attività significative
5. sentimenti di distacco o di estraneità verso gli altri
6. affettività ridotta (per es., incapacità di provare sentimenti di amore)
7. sentimenti di diminuzione delle prospettive future (per es., aspettarsi di non poter avere una carriera, un
matrimonio o dei figli, o una normale durata della vita).
D)
Sintomi persistenti di aumento di arousal (non presenti prima del "trauma"), come indicato da almeno due
dei seguenti criteri:
1. difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno
2. irritabilità o scoppi di collera
3. difficoltà di concentrazione
4. ipervigilanza
5. esagerate risposte di allarme.
E) La durata del disturbo è superiore ad un mese.
F) Il disturbo causa disagio clinicamente significativo o menomazione nel funzionamento sociale, lavorativo (o
scolastico) o di altre aree importanti.
Il clinico dovrà specificare se:
Acuto: se la durata dei sintomi è inferiore ai tre mesi
Cronico: se la durata dei sintomi è di tre mesi o più
e/o se:
Ad esordio ritardato: se l'esordio dei sintomi avviene almeno sei mesi dopo l'evento stressante
* Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali IV ed. (DSM-IV)
pugliasalute
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settembre 2005
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