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SISTEMI NUMERICI.
1.
CONTARE: I NUMERI NATURALI
Il contare è un processo mentale innato. Il suo sviluppo e uso in tutte le culture umane è evidenziato dai molti sistemi di
numerazione esistenti: segni e suoni per comunicare il contare. Per esempio
I, II, III, IV, V, …
1, 2, 3, 4, 5, …
uno, due, tre, …
primo, secondo, terzo, …
one, two, three, …
I, II, III, IIII, IIIII, …
1.1. Ci sono due aspetti fondamentali del contare:
ordinale: riguardante l’ordinamento delle cose, o delle liste; e
cardinale: rispondente alla domanda, Quanti ?
Essi sono espressi da sistemi di numerazione separati (uno, due,… e primo, secondo,…). Più spesso, la distinzione è
data dal contesto e un singolo sistema di numerazione è impiegato.
L’atto del contare un insieme di oggetti consiste nello stabilire una corrispondenza uno-a-uno tra gli oggetti e l’insieme
dei numeri. Dal momento che ciascun sistema numerico è soltanto un mezzo di espressione del contare, l’essenza del
contare deve essere trovata in ciò che è comune a tutti i sistemi di numerazione. Questa essenza consiste nel fare dei
passi da un numerale al numerale successivo assieme al punto di partenza o “primo” numerale.
Così, il contare consiste essenzialmente in un insieme di simboli o oggetti per i quali è definita una nozione di
successore, che soddisfa:
a) Ogni oggetto ha un unico successore;
b) Oggetti differenti hanno successori differenti;
c) C’è un oggetto che non è successore di nessun oggetto: il “primo” oggetto.
Si giunge all’idea astratta di un insieme di oggetti  nel quale c’è un’operazione astratta “successore di” * (se nN
allora n* indica il successore di n) che soddisfa a), b) e c).
Si richiede che il sistema astratto  obbedisca all’ulteriore condizione
d) un sottoinsieme di N è tutto N se esso include il primo elemento di N e include il successore di ciascun elemento
che esso include.
La descrizione del contare con le condizioni da a) a d) è dovuta a Giuseppe Peano nel 1889. Il sistema dei numeri
naturali  è caratterizzato da
Assiomi di Peano:
a) ogni n ha un unico successore n*.
b) nm implica n* m*.
c) c’è un elemento, chiamato 1, in N tale che 1n* per tutti gli n.
d) se S  N soddisfa:
1 S (Base)
e
nS implica n*S (Passo induttivo)
allora
S = N.
1.2 L’ultimo assioma di Peano è la base dell’induzione matematica, un metodo sia per definire concetti che per
dimostrare asserzioni, riguardanti i numeri naturali. Così, l’insieme S di numeri naturali per i quali un concetto
è stato definito, o un’asserzione dimostrata, è tutto N, provato che 1  S e che l’ipotesi induttiva, nS porta
alla n*S.
Come esempio, noi definiamo l’addizione di un numero naturale con un fissato numero naturale m
m + 1 = m*
m + n* = (m + n)*.
L’insieme S di numeri naturali per i quali è definita l’operazione “sommare a m” include 1 e il successore di
ciascuno dei suoi membri, con queste formule.
L’assioma induttivo porta a S = N; l’addizione di n a m è definita per tutti gli nN. Dal momento che mN è
arbitrario, segue che m + n è definita per tutte le coppie m, n  N. La definizione sostituisce la notazione
alternativa m + 1 per m*; il successore di m è m + 1.
L’addizione soddisfa la legge associativa (m + n) + k = m + (n + k)
e la legge commutativa m + n = n + m.
In breve, “associare in coppie” e “ribaltare l’ordine” non influiscono sui risultati delle addizioni in . (In
particolare, indicare somme di parecchi naturali con simboli come m + n + k hanno un significato non ambiguo).
 Dimostrare l’associatività e la commutatività dell’addizione.
Dimostrazione. 1 (Base)
(m + n) + 1 = m + (n + 1) m, n  
Questa è la seconda formula della definizione, espressa in termini di + 1 invece che con la notazione *.
2 (Passo induttivo). Supponiamo che (m + n) + k = m + (n + k) m, n  
dobbiamo dimostrare che (m + n) + (k + 1) = m + [n + (k + 1)] m, n  .
Abbiamo m, n  ,
(m + n) + (k + 1) = [(m + n) + k] + 1 per la base
= [m + (n + k)] + 1 per l’ipotesi induttiva
= m + [(n + k) + 1] per la base
= m + [n + (k + 1)] per la base.
Così, se S è l’insieme di tutti i k  N per i quali
(m + n) + k = m + (n + k) m, n  ,
allora 1 S e (kS implica che k + 1 S), così S = N e la legge associativa è vera m, n  .
Nota. Le leggi associativa e commutativa per l’addizione sono fatti che riceviamo come eredità culturale; in verità
non siamo consci di usarli e quando lo facciamo , è quasi automatico. Perché, allora dare prove dell’ovvio? Il fatto
è che la dimostrazione, qui, non serve a convincere, ma piuttosto a rivelare connessioni: la familiare addizione
fluisce logicamente dall’atto di contare. Anche questo fatto non è sorprendente! L’addizione deve essere emersa
culturalmente come un aiuto sistematico al contare; per contare una borsa di mele, si separano in piccoli insiemi
disgiunti, si contano e si sommano i risultati. Una volta che uno ha acquisito i fondamenti dell’addizione nel suo
sistema di numerazione e una certa dimestichezza nel loro uso, la sua efficienza ed accuratezza nel contare saranno
certamente aumentate. Così l’addizione discende culturalmente dal contare. Se essa non fluisce logicamente come
dovrebbe, bisogna ritenere inadeguati gli assiomi del contare. La dimostrazione provvede, quindi, non solo alla
chiarezza circa le connessioni, ma diventa una conferma della scelta dei nostri assiomi.
1.3 La moltiplicazione è anch’essa una efficiente forma di conteggio (il numero dei banchi in una classe come
prodotto del numero delle file per il numero dei banchi in ogni fila). La precisa definizione è per induzione sul
secondo fattore, con un arbitrario m  N come primo fattore:
m1= m,
m(n + 1) = mn + m.
diciamo che 1 è l’elemento neutro per la moltiplicazione, dal momento che 1m = m1 = m m  .
Che le due operazioni di addizione e moltiplicazione possano essere eseguite in qualsiasi ordine con lo stesso
risultato, è il contenuto della legge distributiva:
m(n + k) = mn +mk,
“somma, poi moltiplica” = “moltiplica, poi somma”.
Un ordine naturale degli elementi di N è presente: per definizione, m<n significa
m + k = n per qualche k  N.
Valgono le seguenti proprietà d’ordine:
legge transitiva: l < m e m < n implica l <n
tricotomia: m, n  , una delle seguenti leggi è vera: m = n o m < n o n < m.
Esempi di definizione per ricorrenza:
fattoriale n!:
0! = 1
(n + 1)! = (n + 1)n!
potenza:
a0 1
a n 1  a n  a
Esempi o di dimostrazione per induzione:
Per ogni numero reale  e per ogni intero vale la disuguaglianza:
(1   ) n  1  n
(1   ) 0  1  1(base)
(1   ) n  1  n (vera)
(1   ) n 1  (1   ) n (1   )  (1  n )(1   )  1  n    n 2  1  (n  1)
La nostra disuguaglianza vale per n=0 e, se vale per un intero n, vale anche per l’intero n+1. Dunque risulta
dimostrata per ogni n  .
2.
I numeri cardinali; gli insiemi finiti
La nozione di corrispondenza biunivoca sta alla base della nozione di numero: contare significa stabilire una
corrispondenza biunivoca tra un insieme di oggetti e un insieme “campione” (ad esempio : l’insieme delle dita di
una mano).
Def.1
Dati due insiemi, si dice che essi hanno lo stesso numero cardinale se essi possono essere posti in
corrispondenza biunivoca.
Def.2
Si dice che un insieme X è finito se esiste un nN tale che X si possa mettere in corrispondenza
biunivoca con I n ; in questo caso si dice che X ha numero cardinale n, e si scrive c(X)=n. Se non esiste alcun n
per cui questo è possibile, si dice che X è infinito.
Teorema Per ogni intero n>=1, l’insieme I n non può essere posto in corrispondenza biunivoca con una sua
parte propria.
Principio della somma
Se X e Y sono insiemi finiti disgiunti, si ha:
Principio del prodotto
Se X e Y sono insiemi finiti disgiunti, si ha:
c( X  Y )  c( X )  c(Y )
c( X  Y )  c( X )  c(Y )
Nell’insieme X, sia  una relazione di equivalenza tale che tutte le classi di
Principio del quoziente
equivalenza abbiano il medesimo numero cardinale r; allora si ha:
c( X )  rc ( X / ).
Problemi
a) Dato un insieme B con c(B)=n, e preso un intero k<=n, trovare il numero dei sottoinsiemi di composti di k
elementi.
Indichiamo questo numero con C n , k (essendo chiaro a priori che questo numero dovrà dipendere solo da n e da
k). Con terminologia classica, il numero C n , k viene detto “numero delle combinazioni di n elementi, di classe
k”.
b) Dati due insiemi A e B, con c(A)=k, c(B)=n, calcolare il numero Fn , k delle applicazioni di A in B.
c)
Dati due insiemi A e B, con c(A)=k, c(B)=n, calcolare il numero D n , k delle applicazioni iniettive di A in B.
D n , k è detto “numero delle disposizioni semplici” di n elementi, di classe k mentre per il numero Fn , k si parla di
“numero delle disposizioni con ripetizione”, di n elementi, e classe k.
Cominciamo con il problema b), che è più semplice. Si potrà procedere per induzione rispetto a k. È’ evidente,
anzitutto, che è Fn ,1  n (se A consta di un solo elemento, le applicazioni A sono Tante quanti gli elementi di
B). Supponiamo ora che A sia costituito di k elementi, con k>1; sia ora a un qualunque elemento di A: ripartiamo le
applicazioni A in classi, mettendo in una stessa classe le applicazioni che coincidono in A-a; dunque, una
stessa classe conterrà tanti elementi, quante sono le applicazioni a cioè n, mentre il numero delle classi sarà
Fn , k 1 . Dunque per il principio del quoziente, si ha la relazione:
Fn, k  Fn, k 1  n
Tenendo conto che Fn ,1  n , si ottiene subito
Fn,k  n k .
A
Questa formula suggerisce anche la notazione B , con cui si indica l’insieme di tutte le applicazioni di A in
B (anche nel caso in cui A e B non siano finiti).
Il problema c) si tratta in modo abbastanza simile; notiamo solo che, perché esista un’applicazione iniettiva
A, deve essere n > k, (altrimenti si finirebbe per avere un’applicazione biiettiva di un insieme finito in una
sua parte propria, cosa che resta esclusa dal teorema sopra citato).
Come prima D n ,1  n . Supponiamo ora che A abbia k > 1 elementi, e sia a uno di essi. Riportiamo l’insieme
delle applicazioni iniettive AB in classi, mettendo in una stessa classe le applicazioni che coincidono in Aa. Una classe conterrà n – (k – 1) elementi: infatti tanti sono i valori che restano disponibili in B, non
potendo un’applicazione iniettiva assumere nel punto a alcuno dei k –1 valori già assunti in A-a. Allora,
sempre per il principio del quoziente, si ha la formula:
D n , k  D n , k 1 (n  k  1)
Procedendo per induzione, e tenendo conto che D n ,1  n si ottiene il risultato:
D n , k  n(n  1)( n  2)...n  k  1)
Un caso particolarmente interessante è quello in cui sia k = n.
Il numero D n , n può essere visto come numero delle applicazioni iniettive di un insieme di n elementi in sé;
queste applicazioni sono necessariamente anche surgettive (per la solita ragione che altrimenti, vi sarebbe
un’applicazione biiettiva di un insieme finito in una sua parte propria). Tali applicazioni vengono dette
sostituzioni. Dunque, il numero delle sostituzioni su un insieme di n elementi è dato dalla formula:
Dn.n  1 2  3  ...  n  n!
Siamo ora in grado di risolvere il problema a). Consideriamo l’insieme di tutte le applicazioni iniettive di un
insieme A di k elementi, in un insieme B di N elementi (k <=n).
Introduciamo nell’insieme di queste applicazioni la seguente relazione di equivalenza. In altre parole, due
applicazioni sono equivalenti se hanno la stessa immagine
f  g  def f(A) = g(A).
Le possibili classi di equivalenza sono tante quanti i sottoinsiemi di B costituiti da k elementi, cioè C n , k .
Ogni classe contiene tanti elementi quante sono le applicazioni biiettive di un insieme di k elementi in un altro
(di k elementi). Si può concludere allora:
D n , k  k! C n , k .
E’ da notare che questa formula fornisce anche un risultato aritmetico tutt’altro che evidente: il prodotto di k
interi consecutivi è divisibile per k! Dunque
C n,k 
n(n  1)...( n  k  1)
k!
abbiamo supposto k>0; possiamo porre C(n,0) =1 (c’è un unico sottoinsieme vuoto!)
Moltiplichiamo numeratore e denominatore per (n - k)!
n
n!
   C n, k 
k! (n  k )!
k 
Notiamo che, avendo posto 0!=1, questa relazione vale anche nei casi estremi k = 0, k = n.
I coefficienti binomiali hanno molte interessanti proprietà. In primo luogo:
n n 
   

k  n  k 
dato un insieme di n elementi, vi è un’ovvia corrispondenza biunivoca tra la famiglia dei sottoinsiemi di k
elementi e quella dei sottoinsiemi di n - k elementi: quella che associa ad ogni insieme il suo complementare.
Per k > 1 vale inoltre l’eguaglianza:
 n   n  1  n  1
   
  

 k   k   k  1
Dimostrazione di carattere combinatorio.
Secondo la nostra definizione
n
C n, k    è il numero dei sottoinsiemi di k elementi contenuti in un insieme
k 
B di n elementi. Fissato un elemento a, i sottoinsiemi di k elementi di B si possono ripartire in due classi:
 n  1

 (perché sono i
k


n

1


 (perché sono in
sottoinsiemi di B - a costituiti da k elementi); gli altri sono in numero di 
k

1


quelli che non contengono a, e quelli che contengono a. I primi sono in numero di
corrispondenza biunivoca con i sottoinsiemi di B - a costituiti da k – 1 elementi: aggiungendo a ciascuno di
questi l’elemento a si ottiene uno di quelli).
 n   n  1  n  1
n
   
  
 permette di calcolare i numeri C n, k    mediante il noto
 k   k   k  1
k 
n
“triangolo”; questa è una tabella di numeri disposti su righe e colonne; il numero C n, k    viene scritto
k 
L’uguaglianza
all’incrocio della n-esima riga e della k-esima colonna (k<=n).
Si ha
n  n
n
      1 e, inoltre, per 0 < k < n, C n, k    è somma di due numeri che si trovano nella riga
0  n
k 
precedente: uno nella stessa colonna e l’altro nella colonna precedente.
1
1
1
1
2
1
1
3
3
1
1
4
6
4
1
1
5
10
10
5
1
…
FORMULA DI NEWTON DELLO SVILUPPO DEL BINOMIO
Siano a e b numeri reali (o, più generale, elementi di un anello commutativo). Allora vale l’uguaglianza:
n
n
(a  b) n    a n  k b k
k 0  k 
0
(in questa formula si deve intendere: x  1 , qualunque sia x).
Dimostrazione di carattere combinatorio.
La potenza
(a  b) n è un prodotto:
(a+b)(a+b)…(a+b) di n fattori.
Il suo sviluppo è una somma di monomi tutti di grado n in a e b del tipo a
nk
b k ,con 0 < k < n; il monomio
a n  k b k compare tante volte quanti sono i modi di fissare i k fattori da cui estrarre b (estraendo a dai rimanenti
n
n – k): cioè C n, k    volte.
k 
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