Allergie e reazioni avverse in Odontostomatologia

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Gianfranco Favia
Eustachio Nettis
Allergie e reazioni avverse
in Odontostomatologia
Classificazione, diagnosi e protocolli di gestione
del paziente
In copertina:
Vincent van Gogh, Marguerite Gachet nel giardino
Gli Autori ringraziano la Dr.ssa Mariagrazia Lacaita, ricercatore confermato MED-28 dell’Università
degli Studi di Bari, per aver selezionato i casi clinici di età infantile presentati nel testo e la Dr.ssa Dominique Toscano, laureata in Odontoiatria e perfezionanda in Chirurgia Laser dell’Università di Bari
per la raccolta bibliografica, la Revisione sistematica del testo e il collegamento interdisciplinare.
Un ringraziamento particolare viene espresso dagli Autori alla Dr.ssa Maria Cristina Colanardi e alla
Dr.ssa D’erasmo Maddalena, Cattedra di Allergologia e Immunologia Clinica dell’Università degli
Studi di Bari, per la loro insostituibile collaborazione.
Con il patrocinio di
Università degli Studi di Bari
Società Italiana di Patologia e Medicina Orale
I diritti di traduzione, di riproduzione, di memorizzazione elettronica e di adattamento totale e parziale con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi.
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Tel. – 339/6979312- E-mail [email protected]
P. IVA 07617950014
1a Edizione: Aprile 2009
I NDICE
Presentazioni al volume
VIII
Il punto di vista dell’odontoiatra
XIII
Introduzione
XV
PARTE A: REAZIONI ALLERGICHE (RALL)
1
1 Reazioni allergiche (RALL) ad antibiotici, antinfiammatori, anestetici locali,
mezzi di contrasto, anestetici generali
Definizione ed eziopatogenesi
Quadri clinici più comuni
RALL immediate
Orticaria/angioedema
Shock anafilattico
Asma
RALL tardive
Farmaci maggiormente responsabili di RALL
Antibiotici
Antinfiammatori non streroidei
Anestetici locali
Mezzi di contrasto
Anestetici generali
Diagnosi
Anamnesi
Esame obiettivo
Prove allergiche cutanee
Test di provocazione a farmaci
Test in vitro
Diagnosi differenziale
Terapia
2
3
4
4
4
5
5
6
6
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8
8
9
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11
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14
16
16
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Letture consigliate
16
2 Reazioni allergiche (RALL) da contatto
18
19
19
19
19
20
21
21
Definizione
Epidemiologia
Classificazione e patogenesi
Eziologia
Metalli e leghe metalliche
Metalli puri
Leghe metalliche
III
INDICE
Resine
Gomme
Aromatizzanti
Antimicrobici
Anestetici locali
Dentifrici e colluttori
Clinica
Dermatite allergica da contatto
Stomatite allergica da contatto
Diagnosi e diagnosi differenziale
Prevenzione
Terapia
22
23
24
24
26
26
26
26
27
27
29
29
Letture consigliate
30
3 Allergia al lattice della gomma
32
Definizione
Epidemiologia e gruppi a rischio di sensibilizzazione
Fattori di rischio
Patogenesi e clinica
Diagnosi
Test in vivo
Test in vitro
Prevenzione
Gestione del paziente allergico al lattice
Procedure in ambulatorio di odontostomatologia
Procedure in sala operatoria
Allestimento della sala operatoria
Preparazione del paziente
Programmazione dell’intervento
Terapia
33
33
34
34
35
35
37
37
37
38
41
41
41
42
42
Letture consigliate
42
4 Reazioni allergiche (RALL): quadri clinici particolari
44
A – Patologie allergiche da alimenti
Sindrome orale allergica (SOA)
Definizione
Eziopatogenesi
Clinica
Diagnosi e diagnosi differenziale
Terapia
Patologia orodigestiva da Anisakis
Definizione
Eziopatogenesi
Clinica
Diagnosi e diagnosi differenziale
IV
45
45
45
45
46
46
47
47
47
47
47
49
INDICE
Terapia
Letture consigliate
49
49
B – Lesioni lichenoidi (da farmaci, da materiali dentari)
Definizione
Eziopatogenesi
Clinica
Diagnosi e diagnosi differenziale
Terapia
Letture consigliate
50
50
51
53
53
53
54
C – Glossite eritematosa migrante
Definizione
Eziopatogenesi
Clinica
Diagnosi e diagnosi differenziale
Terapia
Letture consigliate
55
55
55
56
57
57
57
D – Sindrome della bocca bruciante
o Burning Mouth Syndrome (DMS)
Definizione
Eziopatogenesi e clinica
Diagnosi e diagnosi differenziale
Terapia
Letture consigliate
58
58
58
59
60
60
E – Angioedema ereditario (AEE)
Definizione
Eziopatogenesi
Clinica
Diagnosi e diagnosi differenziale
Terapia
Letture consigliate
60
60
60
61
61
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62
5 Trattamento delle emergenze allergologiche in odontostomatologia
64
65
67
68
Trattamento iniziale dell’anafilassi
Trattamento dell’asma acuto
Trattamento dell’orticaria acuta
Letture consigliate
68
6 Protocolli di diagnosi e di gestione del paziente allergico
70
76
76
76
76
77
78
Gestione del rischio
Pazienti a basso indice di rischio
Pazienti a medio indice di rischio
Pazienti ad alto indice di rischio
Protocolli di premedicazione
Appendice – Protocolli da adottare in caso di RALL
V
INDICE
PARTE B: REAZIONI AVVERSE
81
7 Reazioni avverse a farmaci (RAF)
82
83
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96
96
Definizione ed eziopatogenesi
Fattori di rischio
Quadri clinici
Eritema multiforme (EM)
Definizione
Eziopatogenesi
Clinica
Diagnosi e diagnosi differenziale
Terapia
Ulcerazioni orali da farmaci
Definizione
Eziopatogenesi
Clinica
Diagnosi e diagnosi differenziale
Terapia
Angina bullosa emorragica
Definizione
Eziopatogenesi
Clinica
Diagnosi e diagnosi differenziale
Terapia
Reazioni avverse a ipoclorito di sodio
Definizione
Eziopatogenesi
Clinica
Diagnosi e diagnosi differenziale
Terapia
Diagnosi e diagnosi differenziale
Terapia
Letture consigliate
96
8 Reazioni avverse a presidi da contatto
98
Dermatite irritativa da contatto
Definizione
Eziopatogenesi
Clinica
Diagnosi e diagnosi differenziale
Terapia
Stomatite irritativa da contatto
Definizione
Eziopatogenesi
Clinica
Diagnosi e diagnosi differenziale
Terapia
VI
99
99
99
100
100
100
100
100
100
101
102
103
Letture consigliate
103
9 Protocollo di gestione delle reazioni avverse
104
Glossario
106
Indice analitico
110
VII
P RESENTAZIONI
AL VOLUME
Ritengo di notevole interesse ed estrema utilità la pubblicazione del volume “Le allergie e le reazioni avverse in Odontostomatologia”, nel quale, con il consueto rigore scientifico e singolare capacità
esplicativa, il caro amico e stimato collega prof. Gianfranco Favia in collaborazione multidisciplinare con l’allergologo dr. Eustachio Nettis affronta tematiche di confine, così importanti per la formazione e l’aggiornamento degli odontoiatri e degli studiosi di medicina orale.
L’esigenza da parte degli odontoiatri di avere un’adeguata conoscenza multidisciplinare su tale
materia è dovuta essenzialmente a due importanti motivi: l’aumento dell’età media della popolazione, che comporta una sempre più crescente necessità di dover fornire trattamenti odontostomatologici a pazienti affetti da patologie sistemiche croniche e, quindi, obbligati all’assunzione cronica di
farmaci (antipertensivi, antidiabetici, antidepressivi ecc.), e un utilizzo sempre maggiore di alcuni
dei farmaci principalmente responsabili di reazioni avverse (antibiotici, antinfiammatori non steroidei, anestetici) nella pratica odontoiatrica. In tale scenario, l’odontostomatologo risulta coinvolto
nella problematica delle reazioni avverse ai farmaci secondo un duplice ruolo: sia come figura medica deputata alla gestione e al trattamento di reazioni che si manifestano prevalentemente o esclusivamente nel cavo orale (come angioedema ereditario, eritema multiforme, lesioni lichenoidi, ulcere
orali ricorrenti), sia come operatore sanitario responsabile della somministrazione di farmaci con
potenziali effetti avversi. Altro argomento trattato nel libro è l’allergia al lattice, problema emergente che coinvolge la classe medica e gli operatori sanitari in generale e che risulta di rilevante interesse per l’odontoiatra sia come possibile malattia professionale sia come patologia che richiede l’assunzione di specifiche e opportune accortezze per il trattamento odontoiatrico di pazienti che ne sono
affetti; infine, di interesse prettamente odontostomatologico sono le patologie irritative e allergiche
dovute a materiali dentari (e.g. metalli, resine, dentifrici, collutori).
È indubbio che in questa sua opera il prof. Favia confermi le sue doti di appassionato clinico e
rigoroso studioso, riuscendo nell’ammirevole impresa di coniugare evidenza scientifica ed esperienza clinica. Per tale motivo, presento con onore e piacere questo volume con l’auspicio che possa essere strumento condiviso per la formazione degli studenti e l’aggiornamento di professionisti e ricercatori.
Prof. Lorenzo Lo Muzio
Presidente SIPMO
(Società Italiana di Patologia e Medicina Orale)
IX
L’aggiornamento e l’indispensabile collaborazione con altri specialisti allergologi, immunologi, dermatologi e infettivologi rivestono un ruolo importante nella tutela della professionalità dell’odontoiatra.
Chi svolge la propria attività lavorativa confrontandosi ogni giorno con i pazienti ha precise
responsabilità non solo professionali, ma anche medico-legali e, pertanto, non deve mai sottovalutare i rischi e le insidie che la professione medica e di odontoiatra nascondono.
L’uso di anestetici locali o di farmaci in soggetti con riferite o non riportate allergie o intolleranze
a presidi farmacologici, ovvero l’uso di dispositivi medico-chirurgici in gomma in pazienti con celata allergia al lattice, o ancora il largo impiego di presidi odontoiatrici, alcuni dei quali responsabili
di allergie o irritazioni da contatto, sono tutti fonte di rischio.
Gli Autori hanno elaborato una serie di capitoli che fanno il punto sulle conoscenze attuali nell’ambito dell’epidemiologia, della patogenesi, della clinica, della terapia, delle allergie e delle reazioni avverse in ambito odontoiatrico, ponendo particolare attenzione alle attuali metodologie diagnostiche.
Viene inoltre dedicato ampio spazio alle possibilità di prevenzione e ai protocolli di gestione dei
pazienti affetti da tali problematiche.
Lungi dall’essere un semplice concentrato di informazioni, questo libro, di agevole lettura e consultazione, rappresenta un sicuro e valido ausilio nella pratica quotidiana dell’odontoiatra che voglia
organizzare razionalmente e trasferire al paziente le conoscenze offerte dal volume.
Va fatto un doveroso riconoscimento agli Autori che hanno collaborato alla stesura del volume
per la loro competenza, professionalità e per l’attenzione che hanno posto nel riportare le varie conoscenze, non soltanto sul piano teorico, ma soprattutto sul piano pratico, delineando sia le possibilità applicative sia i limiti che ancora oggi esistono in questo settore.
Prof. Angelo Vacca
Ordinario di Medicina Interna
Primario U.O.
di Allergologia, Università Policlinico-Bari
XI
IL
PUNTO DI VISTA DELL ’ ODONTOIATRA
Nella mia venticinquennale esperienza clinica ho potuto constatare come una delle più frequenti diagnosi, che vengono riferite dai pazienti durante l’anamnesi, sia quella di “allergia”.
Quest’ultima è una diagnosi che, molto spesso, viene posta con superficialità, senza osservare un
iter determinato e basato sulle evidenze e può innescare nel paziente un senso di angoscia e nell’odontoiatra di disorientamento. Spesso si tratta infatti di patologie fantasma, senza corrispondenti quadri clinici tipici evidenziabili all’esame obiettivo.
Il continuo, costante e progressivo incremento dell’incidenza di tali fenomeni rende indispensabile un corretto inquadramento di queste patologie, onde poter pianificare con chiarezza e decisione
le terapie odontostomatologiche.
L’odontostomatologia può imbattersi in lesioni orali evidenti correlate all’allergie o alle reazioni
avverse, o può essere coinvolto nella gestione multi-specialistica di complessi quadri clinici sistemici di allergie e di reazioni avverse, i quali vanno adeguatamente inseriti in appositi protocolli standardizzati di diagnosi e terapia dei pazienti.
Prof. Gianfranco Favia
XIII
I NTRODUZIONE
La patologia allergica in ambito odontoiatrico rappresenta un argomento di notevole importanza e
frequente riscontro per il medico odontoiatra.
Nel testo sono descritte sia le patologie allergiche che interessano gli odontoiatri sia quelle che
interessano i pazienti.
Data l’estrema complessità e vastità dell’argomento, si è voluto fornire al lettore uno specifico
glossario, integrato con la seguente trattazione, al fine di precisare la terminologia del testo e guidarne dettagliatamente la lettura.
Il testo è stato diviso in due parti.
La Parte A tratta le reazioni allergiche e consta di 6 capitoli: il primo risulta una presentazione
delle reazioni allergiche ai farmaci. Vengono quindi valutate le reazioni allergiche agli antibiotici,
agli antinfiammatori non steroidei, mezzi di contrasto e agli anestetici locali e generali.
Nella descrizione di questi argomenti si è cercato di privilegiare gli aspetti applicativi e pratici,
dedicando ampio spazio alle modalità di diagnosi delle reazioni da ipersensibilità allergica a farmaci e, soprattutto, alle modalità di scelta razionale di un farmaco alternativo a quello responsabile
della reazione allergica.
Il secondo capitolo è dedicato alla descrizione delle dermatiti e stomatiti allergiche causate dal
contatto con i presidi odontoiatrici.
Nel terzo capitolo viene dedicato ampio spazio al problema dell’allergia al lattice, ormai di rilevanza sociale; a un’impostazione generale, segue un’analisi particolareggiata delle manifestazioni
cliniche, della diagnosi e della gestione del paziente allergico al lattice.
In questi primi capitoli i temi trattati sono rinforzati e ampliati da dati derivanti dall’esperienza
clinica e di ricerca degli Autori.
Il quarto capitolo è dedicato alla descrizione concisa, ma altamente esplicativa, di alcune particolari forme morbose a patogenesi allergica che, per la loro importanza, devono essere riconosciute
tempestivamente e gestite nella maniera più appropriata dallo specialista.
Il quinto capitolo è dedicato alla trattazione delle emergenze allergologiche che possono verificarsi durante l’esecuzione di una pratica odontoiatrica. Sono riportate le differenti espressioni cliniche
di una reazione anafilattica, i segni e i sintomi che permettono in tempi brevi di riconoscerla, i comportamenti da adottare e le terapie da attuare a seconda della gravità della reazione.
Il sesto capitolo si propone di schematizzare varie appendici, di facile e rapida consultazione, al
fine di segnalare in modo semplificativo l’iter da seguire nella gestione dei pazienti affetti dalle
manifestazioni allergiche più comuni.
La Parte B dell’opera tratta le reazioni avverse, le quali entrano in diagnosi differenziale con le
reazioni allergiche da cui si distinguono per patogenesi, clinica, diagnosi e terapia. Consta di tre
capitoli di cui il primo è dedicato alla trattazione delle reazioni avverse a farmaci, con particolare
attenzione a peculiari quadri clinici, nelle quali insorgono manifestazioni orali che vanno distinte da
quadri allergici.
Il secondo capitolo è dedicato alla descrizione delle reazioni avverse da contatto a presidi odontoiatrici.
Il terzo capitolo, infine, si propone di fornire un’adeguata schematizzazione dei protocolli di
gestione delle reazioni avverse.
Alla fine di ogni capitolo c’è una bibliografia aggiornata e una serie di letture consigliate che
potranno consentire ulteriori approfondimenti degli argomenti trattati.
XV
Parte A
Reazioni allergiche
(RALL)
1
REAZIONI ALLERGICHE
(RALL) AD ANTIBIOTICI,
ANTINFIAMMATORI,
ANESTETICI LOCALI,
MEZZI DI CONTRASTO,
ANESTETICI GENERALI
D EFINIZIONE
ED EZIOPATOGENESI
Le reazioni allergiche a farmaci sono manifestazioni cliniche di risposte anomale del sistema immunitario verso il farmaco, sostanza estranea ma normalmente innocua per l’organismo stesso.
Dati OMS calcolano che negli USA il 3-5% di tutti i ricoveri ospedalieri nei reparti di allergologia
è dovuto a reazioni ai farmaci; solo una minima quota (6-14%) di queste reazioni, però, è a patogenesi allergica, ovvero indotta da un meccanismo immunologico.
Le reazioni allergiche ai farmaci sono reazioni immunologiche (o da ipersensibilità allergica),
avvengono cioè per coinvolgimento diretto del sistema immunitario.
Possono essere classificate secondo i quattro meccanismi eziopatologici di Gell e Coombs (TAB. 1.1).
• Reazione IgE-mediata o di tipo I: dovuta alla produzione di anticorpi IgE che si legano su appositi recettori presenti sulla membrana cellulare di mastociti o basofili. Il legame dell’allergene con
le IgE specifiche legate a queste cellule determina la loro degranulazione e il rilascio di mediatori responsabili del quadro clinico.
• Reazione citolitica o citotossica o di tipo II: dovuta ad anticorpi IgG o IgM in grado di attivare il
complemento. Questi si legano ad apteni presenti sulla superficie cellulare, causando citolisi da
complemento.
• Reazione da immunocomplessi o di tipo III: gli immunocomplessi sono formati da anticorpi,
generalmente IgG, e antigeni che si depositano a livello della parete dei piccoli vasi, attivando il
complemento responsabile dei danni tissutali.
• Reazione cellulo-mediata o ritardata o di tipo IV: l’antigene penetrato attraverso l’epidermide
viene inglobato dalle cellule di Langerhans, processato e presentato ai linfociti CD4+ che, attivati, liberano sostanze responsabili dei sintomi. Si distinguono due classi di reazioni: di tipo eczematoso (dermatite allergica da contatto) e di tipo tubercolinico (reazioni autoimmuni con coinvolgimento di più fattori come quelli citotossici o di complemento, per es. sindrome di StevensJohnson o necrolisi epidermica tossica).
TABELLA 1.1 Correlazioni tra meccanismo d’azione e manifestazione clinica (Classificazione di Gell e Coombs)
Classificazione
secondo Gell e Coombs
Meccanismo
Clinica
Reazione di tipo I
IgE-mediata
Anafilassi, asma, orticaria/angioedema
Reazione di tipo II
Citotossica/citolitica
Anemia emolitica, trombocitopenia, agranulocitosi
Reazione di tipo III
Immunocomplessi
Glomerulonefriti, vasculiti
Reazione di tipo IV
Cellulo-mediata
Esantemi, sindrome di Stevens-Johnson, necrolisi epidermica
tossica
3
CAPITOLO 1
REAZIONI ALLERGICHE AD ANTIBIOTICI, ANTINFIAMMATORI, ANESTETICI LOCALI
Solo alcuni farmaci, quali antisieri eterologhi, streptochinasi, insulina e altri estratti d’organo (per
es. ACTH e calcitonina) sono antigeni completi in grado di indurre una risposta immune.
La maggior parte dei farmaci è costituita da sostanze chimiche di basso peso molecolare che, comportandosi da apteni, si legano stabilmente a una molecola carrier (di solito proteine o glicoproteine
plasmatiche e membrane cellulari) e stimolano una risposta immune specifica.
Molte sostanze farmacologiche non sono, tuttavia, sufficientemente reattive per formare un complesso aptene-carrier stabile e, quindi, non sono in grado di scatenare una reazione allergica. In questi casi sono alcuni metaboliti attivi del farmaco a fungere da apteni, provocando in tal modo la reazione allergica. Questo è il caso della penicillina e dei sulfamidici.
Q UADRI
CLINICI PIÙ COMUNI
Le reazioni da ipersensibilità allergica possono essere distinte in immediate e tardive in rapporto al
tempo di comparsa dopo la somministrazione del farmaco.
RALL immediate
Le reazioni immediate, più frequenti e generalmente più gravi rispetto alle reazioni tardive, compaiono, di norma, entro pochi minuti dalla somministrazione e sono: l’orticaria/angioedema, lo shock
anafilattico, l’asma e la rinite.
Orticaria/angioedema
L’orticaria/angioedema è tra le più frequenti reazioni allergiche ai farmaci con insorgenza acuta. In
alcuni casi, può essere anche legata a un meccanismo pseudoallergico.
L’orticaria è morfologicamente caratterizzata da un’eruzione rapida più o meno circoscritta, cutaneo-mucosa con lesioni eritemato-papulose rilevate, solitamente di colore pallido, circondate da cute
normale o rosea e accompagnate da prurito più o meno intenso. Le lesioni sono fugaci, solitamente
della durata di qualche ora e si risolvono con completa restitutio ad integrum. L’orticaria è un’affezione cutanea tra le più frequenti (FIG. 1.1). Si stima che il 20-30% degli individui abbia almeno un episodio di orticaria acuta nella loro vita. Da un punto di vista evolutivo, distinguiamo l’orticaria acuta,
che perdura massimo 6 settimane, e l’orticaria cronica, che si manifesta per almeno 6 settimane. Le
forme acute sono frequentemente secondarie all’assunzione di farmaci, all’ingestione di alimenti (latte, uova, noci, pesce) e a punture di insetti. L’orticaria cronica quasi sempre è idiopatica. Ri-
FIGURA 1.1 Orticaria acuta dopo assunzione di
Ketoprofene. Elementi eritemato-pomfoidi diffusi.
4
QUADRI CLINICI PIÙ COMUNI
FIGURA 1.2 Angioedema acuto del labbro successivo
all’assunzione di FANS (ketoprofene).
FIGURA 1.3 Angioedema acuto del labbro successivo
all’assunzione di amoxicillina.
conosciamo, inoltre, le orticarie fisiche, le cui lesioni cliniche possono essere ripetutamente indotte
da vari stimoli fisici, quali il caldo, il freddo, la pressione, la luce, l’acqua.
L’angioedema (FIGG. 1.2, 1.3), frequentemente associato all’orticaria, è caratterizzato da lesioni
edematose, scarsamente eritematose e non pruriginose, a carico di cute e mucose, accompagnate da
senso di tensione e bruciore. Interessa prevalentemente il volto (edema labiale, tumefazione delle
palpebre) e le estremità (mani e piedi). Nel caso in cui vengano interessate le mucose dell’apparato
digerente, la malattia provoca dolori addominali intensi con vomito e, in alcuni casi, diarrea, simili
a quelli dell’“addome acuto”. Talvolta l’edema insorge a livello della glottide o della mucosa delle
vie aeree superiori e può provocare difficoltà respiratoria di vario grado, fino a giungere all’asfissia,
se non si interviene terapeuticamente.
L’orticaria/angioedema può rappresentare la sindrome prodromica di uno shock anafilattico e,
per questo motivo, va trattata tempestivamente.
Shock anafilattico
È la manifestazione più temibile di una reazione allergica a farmaci poiché potenzialmente letale, se
non si interviene con rapidità e competenza.
Il sistema cardiocircolatorio è il principale organo bersaglio della reazione anafilattica sistemica,
con ipotensione secondaria alla caduta delle resistenze periferiche e ipovolemia, aritmie ventricolari fino all’arresto cardiaco. L’insieme di queste alterazioni può condurre allo shock.
L’interessamento dell’apparato respiratorio può essere, inizialmente, limitato alle vie superiori e
manifestarsi con sintomi quali raucedine, stridore, disfonia e sensazione di “nodo alla gola”, dovuti
all’edema orofaringeo; l’interessamento cutaneo si esplicita nella comparsa di orticaria e angioedema.
A carico dell’apparato gastrointestinale si possono riscontrare sintomi quali: nausea, vomito e
dolori addominali crampiformi.
Infine, come conseguenza della ridotta perfusione cerebrale e dell’effetto diretto di alcuni mediatori chimici, possono presentarsi sintomi neurologici quali: cefalea, vertigini, confusione mentale,
perdita di coscienza e convulsioni.
Asma
Il sintomo tipico della malattia, il broncospasmo, consiste in una contrazione involontaria della
muscolatura bronchiale che ostacola il passaggio dell’aria e rende difficoltosa la respirazione, con
conseguente comparsa di dispnea di vario grado. Al momento della crisi i bronchi dell’asmatico
sono ostruiti, è presente edema della mucosa bronchiale e abbondante secrezione di muco dalle
ghiandole bronchiali. Il paziente avverte una sensazione sempre più intensa e angosciante di soffocamento e di “fame d’aria”. Il respiro diventa sibilante, ovvero si odono dei fischi. La tosse può pre-
5
CAPITOLO 1
REAZIONI ALLERGICHE AD ANTIBIOTICI, ANTINFIAMMATORI, ANESTETICI LOCALI
TABELLA 1.2 Principali reazioni tardive da ipersensibilità allergica a farmaci
Sindromi
Manifestazione clinica
Manifestazioni cutanee
Dermatite allergica da contatto, eritema polimorfo, eritema fisso, esantemi diffusi,
eritrodermia esfoliativa, necrosi epidermica tossica, eritema nodoso, reazione fotoallergica, sindrome di Stevens-Johnson, vasculiti da farmaci
Emopatie
Anemia, granulocitopenie, trombocitopenia
Malattia da siero
Febbre, artralgia, lesioni cutanee solitamente di tipo orticarioide
Manifestazioni polmonari
Alveoliti allergiche estrinseche, polmonite eosinofila
Nefropatie
Glomerulonefrite, tubulopatia, nefrite interstiziale, vasculiti renali
Reazioni epatiche
Colestasi, epatolisi
Reazioni neurologiche
Meningite asettica
cedere, accompagnare o segnare la fine dell’attacco asmatico. Le crisi durano da pochi minuti a qualche ora; a volte si risolvono da sole ma, più spesso, per curare l’attacco, è necessario ricorrere ai farmaci broncodilatatori.
RALL tardive
Le reazioni tardive sono essenzialmente rappresentate da reazioni esantematiche, eruzioni orticarioidi, alterazioni ematologiche, manifestazioni renali, polmonari e neurologiche (TAB. 1.2). Risultano
meno frequenti di quelle immediate.
F ARMACI
MAGGIORMENTE RESPONSABILI DI
RALL
Antibiotici
Rappresentano (FIG. 1.4) tutt’oggi i farmaci più frequentemente implicati nelle reazioni allergiche.
Tutte le classi antibiotiche sono potenzialmente in grado di suscitare reazioni avverse. In termini di
frequenza, gli antibiotici b-lattamici costituiscono gli agenti antimicrobici maggiormente coinvolti;
seguono, in ordine, i sulfamidici, i fluorchinolonici, gli aminoglicosidi, i macrolidi, le tetracicline.
b-lattamici. Le penicilline e le cefalosporine sono b-lattamine e rappresentano il 70% degli antibiotici venduti.
La prevalenza delle reazioni da penicillina è quantificabile in misura dello 0,7-8% per ciclo terapeutico. La molecola più frequentemente coinvolta è l’amoxicillina, che da sola è responsabile di
circa il 30% dei casi di reazioni allergiche ai b-lattamici. Il meccanismo patogenetico coinvolto è di
tipo immunologico. Sono stati, tuttavia, descritti casi di reazioni pseudoallergiche. Come la maggior
parte dei farmaci, questi antibiotici non sono in grado, da soli, di innescare una reazione immunologica in quanto dotati di basso peso molecolare. Pertanto, la reazione immunopatogena è innescata
da un determinante antigenico, a sua volta originato dall’unione di una proteina plasmatica con
l’anello b-lattamico.
Il complesso prende il nome di BPO (penicilloide) e rappresenta il determinante antigenico maggiore in quanto la maggioranza (95%) delle IgE specifiche per la penicillina interagisce con tale antigene. Solo il 5% delle penicilline viene metabolizzato nei cosiddetti determinanti antigenici minori, tra i
6
FARMACI MAGGIORMENTE RESPONSABILI DI RALL
FIGURA 1.4 Farmaci antibiotici, antinfiammatori non steroidei e farmaci per narcosi.
quali il penicilloato, penicillenato ecc. In realtà, le reazioni più severe appaiono connesse ai determinanti antigenici minori della penicillina.
L’anello b-lattamico è presente anche nelle cefalosporine ed è responsabile dell’allergia crociata
tra queste e le penicilline.
Recentemente, si è rilevata l’importanza di altri determinanti antigenici, presenti nella molecola
penicillinica, nell’evocare la reazione allergica. Questi altri determinanti sono rappresentati dal
gruppo tiazolidinico e dalle catene laterali, responsabili della diversità morfologica, funzionale e
allergenica delle varie b-lattamine.
Pertanto, il problema della cross-reattività immunologica tra penicilline, penicilline semisintetiche e cefalosporine (dovuta essenzialmente al nucleo tetra-atomico b-lattamico) è stato ridimensionato, soprattutto per le cefalosporine di terza generazione. La cross-reattività tra penicilline e cefalosporine può essere quantificata nel 10% per le cefalosporine di prima generazione e nel 2% per le
cefalosporine di terza generazione. L’unica cefalosporina che sembra reagire con significatività statistica è la cefalexina che cross-reagisce, nel 10% dei casi, con le aminopenicilline.
Macrolidi. Sino agli anni ’80 i macrolidi venivano considerati farmaci sicuri e consigliati sempre in
alternativa alle penicilline. Si è osservato, viceversa, che anche i macrolidi possono sensibilizzare
provocando, essenzialmente, prurito e orticaria (claritromicina ed eritromicina), eccezionalmente
anafilassi. Sebbene non sia stata dimostrata, eccetto in rare segnalazioni, una cross-reattività tra i vari
antibiotici di questa famiglia, è preferibile, in caso di pregressa reazione ai macrolidi e considerando
un imprescindibile rischio teorico, utilizzare antibiotici appartenenti a famiglie diverse.
Chinolonici. Sono farmaci in genere ben tollerati. È stata, comunque, segnalata una cross-reattività
tra i farmaci di questa famiglia. Per tale motivo, in caso di avvenuta reazione allergica con un qualsiasi chinolone, il paziente dovrà evitarli tutti.
Sulfonamidi. È una categoria di farmaci che negli ultimi tempi, a causa dell’aumento delle infezioni
da HIV e delle infezioni correlate, è stata usata in maniera più intensa. Questi antibiotici sono
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CAPITOLO 1
REAZIONI ALLERGICHE AD ANTIBIOTICI, ANTINFIAMMATORI, ANESTETICI LOCALI
responsabili di un elevato numero di reazioni allergiche. Le manifestazioni anafilattiche sono rare,
molto più comuni risultano, invece, le reazioni cutanee, quali orticaria e angioedema. Le cross-reattività tra farmaci appartenenti a questa famiglia sono frequenti e, pertanto, non possono essere
assunti da pazienti con riferita storia di allergia a uno di essi. È stato, inoltre, dimostrato che più del
20% dei soggetti con allergia alle b-lattamine può avere reazioni con il Bactrim®. Per tale motivo il
Bactrim® non è indicato nei soggetti allergici agli antibiotici b-lattamici.
Antinfiammatori non steroidei
I farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS, vedi FIG. 1.4) rappresentano la categoria di medicinali maggiormente prescritta al mondo. Il crescente numero di reazioni allergiche che si registra nei
confronti di questa categoria di farmaci è sostanzialmente imputabile al loro diffuso e abituale consumo. Ciò è favorito dal fatto che alcuni di essi, per esempio l’acido acetilsalicilico (ASA), il paracetamolo e l’ibuprofene, sono ormai considerati farmaci per automedicazione, senza l’obbligo della
ricetta medica.
I sintomi clinici delle reazioni possono manifestarsi sia con episodi isolati sia con sintomi cronici
che si riacutizzano all’assunzione di altri FANS. Per esempio, il 30% dei soggetti con orticaria cronica manifesta una riacutizzazione della sintomatologia a seguito dell’assunzione di un FANS che, se
assunto dal paziente quando asintomatico, può essere perfettamente tollerato. L’ASA, inoltre, è in
grado di suscitare attacchi broncocostrittivi in circa il 20% dei soggetti asmatici. Il quadro più completo e tipico dell’allergia da acido acetilsalicilico è l’ASA triad. È caratterizzata dalla progressione
cronologica della patologia che inizia come rinite e si complica con poliposi nasale, asma e reazioni
da ipersensibilità non allergica dopo assunzione di ASA.
La maggior parte delle reazioni presenta, tuttavia, una patogenesi non immunologica. I FANS
condividono, infatti, l’effetto farmacologico dell’inibizione della ciclossigenasi. Tale effetto è essenziale per la loro efficacia come antinfiammatori e analgesici, ma da questa azione scaturiscono alcune reazioni avverse. L’ipotesi più convincente è quella di uno squilibrio del metabolismo dell’acido
arachidonico, provocato dall’inibizione delle ciclossigenasi, che devierebbe il metabolismo verso la
lipossigenasi e, quindi, verso un accumulo di leucotrieni infiammatori.
Anestetici locali
Gli anestetici locali utilizzati nella pratica clinica sono dei composti azotati che possono essere suddivisi in due gruppi (TAB. 1.3), secondo le rispettive caratteristiche chimiche. Al primo gruppo appartengono gli esteri dell’acido benzoico e dell’acido paraminobenzoico, di uso limitato, almeno in forma
iniettabile; al secondo i non esteri, tra cui le amidi dell’acido benzoico e altre sostanze di più recente
e vasto impiego clinico. Gli anestetici locali bloccano la generazione dei potenziali d’azione e la conduzione dell’impulso nervoso dolorifico, agendo primariamente a livello della membrana cellulare ove
intervengono riducendo o prevenendo l’aumento della permeabilità al sodio, che normalmente è prodotto dalla depolarizzazione della membrana. Nella pratica clinica l’uso degli anestetici locali ha registrato un costante e continuo incremento, soprattutto per l’introduzione delle moderne tecniche miniinvasive e per la crescente diffusione della pratica odontoiatrica, che ha visto migliorare le possibilità
terapeutiche grazie all’utilizzo di questi farmaci. Le reazioni allergiche sono considerate di rara evenienza e rappresentano circa lo 0,6-1% di tutte le reazioni avverse agli anestetici locali (Cap. 7).
Analogamente alle reazioni allergiche agli altri farmaci, anche le reazioni allergiche agli anestetici locali sono reazioni immunologiche (o da ipersensibilità allergica).
Possono essere classificate, secondo i quattro meccanismi eziopatologici di Gell e Coombs, in reazioni di tipo I o IgE-mediate, reazioni di tipo II o citolitiche o citotossiche, reazioni di tipo III o mediate da immunocomplessi, reazioni di tipo IV o cellulo-mediate (vedi TAB. 1.1).
Le preparazioni commerciali di anestetici locali contengono, oltre al principio attivo dotato di proprietà anestetiche, altre sostanze che, a loro volta, possono essere responsabili di reazioni allergiche
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FARMACI MAGGIORMENTE RESPONSABILI DI RALL
TABELLA 1.3 Classificazione chimica degli anestetici locali
Esteri
Non esteri
Acido benzoico
• Cocaina
• Meprilcaina
Acido aminobenzoico
• Benzocaina
• Butetamina
• Butacaina
• Cloroprocaina
• Procaina
• Tetracaina
Acido metaminobenzoico
• Metabutetamina
• Isobucaina
Amidi
• Articaina
• Dibucaina
• Bupivacaina
• Lidocaina
• Mepivacaina
• Prilocaina
• Etidocaina
• Ropivacaina
• Fenacaina
Eteri
• Pramoxina
Chetoni
• Diclomina
• Antistaminici
• Clorfeniramina
e in generale di reazioni avverse (Cap. 7) la cui presenza deve essere considerata nella diagnostica
differenziale delle manifestazioni cliniche in corso di reazioni ad anestetici locali.
I parabeni, oggi sostituiti, nella maggior parte delle formulazioni, dai solfiti come conservanti,
sono stati ritenuti responsabili di occasionali reazioni allergiche locali di tipo ritardato e, in misura
ancor minore, di reazioni IgE-mediate.
Le reazioni da ipersensibilità allergica o allergiche, pur essendo rare, sono rilevanti da un punto di
vista clinico sia per l’imprevedibilità, sia per i potenziali rischi di cui possono essere responsabili. Si
deve sospettare una reazione verosimilmente allergica nei casi di orticaria, angioedema, broncospasmo
ed edema della glottide, che possono verificarsi entro 2 ore dalla somministrazione dell’anestetico.
Mezzi di contrasto
L’uso dei mezzi di contrasto per via endovenosa consente l’opacizzazione dei vasi e dei tessuti durante l’esecuzione dell’esame radiologico, fornendo, in tal modo, più informazioni per valutare il
problema clinico del paziente.
I mezzi di contrasto radiologici, che possono essere, a seconda della struttura chimica, ionici o non
ionici, sono considerati relativamente sicuri, anche se un significativo numero di pazienti va incontro a
reazioni da ipersensibilità sia allergica che non allergica. Queste reazioni possono essere distinte in immediate e ritardate. Le reazioni anafilattiche immediate, entro 1 ora dalla somministrazione, variano da
orticaria e angiodema a edema laringeo, ipotensione e collasso cardiocircolatorio. Le reazioni ritardate
ai mezzi di contrasto iodato avvengono in un periodo compreso tra 1 ora e 1 settimana dopo la somministrazione e consistono, generalmente, in manifestazioni cutanee. Una precedente storia di reazioni ai
mezzi di contrasto e l’atopia sono fattori predisponenti alle reazioni ai mezzi di contrasto iodato.
In ragione di quanto detto sopra, tutti i pazienti che devono essere sottoposti a esami contrastografici devono essere interrogati in maniera approfondita, questo sia per escludere eventuali reazioni allergica pregresse ai mezzi di contrasto, sia per individuare pazienti che hanno storia di diatesi allergica
(oculorinite, orticaria, allergie alimentari o pregresse reazioni a farmaci) e che, pertanto, possano essere maggiormente predisposti a reazioni. In tutti questi pazienti, l’uso deve essere limitato ai soli casi in
cui esista una precisa indicazione clinica all’esame contrastografico, previo utilizzo di premedicazione.
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CAPITOLO 1
REAZIONI ALLERGICHE AD ANTIBIOTICI, ANTINFIAMMATORI, ANESTETICI LOCALI
TABELLA 1.4 Principali raccomandazioni nei pazienti a rischio di reazioni allergiche da mezzi di contrasto
(MdC)
Considerare la possibilità di effettuare una procedura diagnostica che non richieda l’utilizzo di un MdC
Nel caso l’utilizzo del MdC si renda indispensabile
• impiegare un protocollo di premedicazione
• utilizzare un MdC non ionico a bassa osmolarità
• eseguire l’esame contrastografico in presenza di un anestesista-rianimatore
La prevenzione nei pazienti a rischio di reazioni indesiderate da mezzi di contrasto si basa su alcune
fondamentali norme (TAB. 1.4). L’utilizzo di una premedicazione farmacologica, unitamente all’impiego di mezzi di contrasto non ionici, ha di fatto ridotto l’incidenza delle reazioni di tipo immediato,
anche se ciò non sembra riferibile alle reazioni di tipo ritardato e a quelle più severe.
Anestetici generali
Molti farmaci o presidi impiegati in anestesia generale possono indurre reazioni da ipersensibilità
allergica e non allergica. Tali reazioni presentano frequenze variabili in diversi Paesi e nelle diverse
casistiche tra 1/1000 e 1/20000-1/30000 pazienti; nel 3-9% dei casi risultano mortali. Ne sono prevalentemente colpiti gli adulti tra 30 e 50 anni, per lo più di sesso femminile.
La sintomatologia può essere varia e, a seconda della severità, le reazioni sono classificate in cinque gradi:
• I grado (reazioni solo cutaneo-mucose): eritema, orticaria con o senza angioedema;
• II grado: reazioni sistemiche moderate con manifestazioni cutaneo-mucose, ipotensione e tachicardia, tosse, dispnea;
• III grado: reazioni sistemiche severe, pericolose per la vita, con collasso, tachicardia o bradicardia,
aritmia cardiaca, broncospasmo severo;
• IV grado: arresto respiratorio e/o circolatorio;
• V grado: decesso.
La frequenza con cui i diversi farmaci o presidi impiegati in anestesia generale determinano reazioni da ipersensibilità varia nelle diverse casistiche. I miorilassanti risultano responsabili di più
della metà delle reazioni, seguiti da ipnotici, succedanei colloidali del plasma, benzodiazepine e
oppiacei. Un ruolo di notevole importanza lo sta acquistando, nel determinismo di queste reazioni,
il lattice, implicato in oltre il 10% di reazioni intraoperatorie. Le reazioni da curarici (suxametonio,
vecuronio, pancuronio, alcuronio, atracurium) sono per lo più gravi, colpiscono prevalentemente il
sesso femminile e sono conseguenti al meccanismo di ipersensibilità indotta dagli ioni ammonio
quaternario, determinanti antigenici condivisi da tutti gli appartenenti a questa classe di farmaci. La
frequenza e la gravità dell’anafilassi ai curarici trovano spiegazione nelle caratteristiche strutturali
delle molecole (molecole bivalenti in grado di legare a ponte anticorpi IgE, anche quando la loro concentrazione è relativamente bassa) e nella facilità di contatto con gli ioni ammonio quaternario nell’ambiente (sensibilizzazione acquisita latente). Sostanze contenenti ioni ammonio quaternario sono,
infatti, presenti in colliri, antisettici, detergenti per biancheria, conservanti alimentari e cosmetici. Da
qui la possibilità di una reazione anche alla prima anestesia. Nell’ambito degli ipnotici, sono da
ricordare le reazioni al tiopentale, poco frequenti se riferite al largo impiego.
Sono oggetto tuttora di discussione i fattori favorenti le reazioni in anestesia generale. Tra questi
vanno ricordati:
• età: compresa tra 30 e 50 anni;
• sesso femminile: in particolare per quanto riguarda gli eventi anafilattici da miorilassanti, tiopentone e lattice;
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DIAGNOSI
• altre reazioni da ipersensibilità a farmaci;
• anestesie ripetute: il loro ruolo è controverso e, in ogni caso, da considerarsi nell’anafilassi vera,
in particolare per tiopentale e lattice;
• atopia.
Tra i fattori aggravanti vanno segnalati soprattutto la concomitante presenza di asma bronchiale
e l’uso di farmaci b-bloccanti.
D IAGNOSI
Alcune manifestazioni di ipersensibilità allergica a farmaci possono mettere a repentaglio la vita del
paziente e, per esse, si rende assolutamente necessario il tempestivo riconoscimento e inquadramento diagnostico, per un corretto trattamento terapeutico.
Il diverso periodo di latenza condiziona, poi, pesantemente, il sospetto diagnostico e la frequente polimedicazione impedisce, spesso, l’esatta identificazione del farmaco. Per la complessità dell’inquadramento diagnostico e della gestione di un paziente con pregressa storia di reazioni da ipersensibilità allergica a farmaci, è opportuno che il paziente sia inviato presso una struttura ospedaliera
di allergologia.
L’iter diagnostico, nei casi di sospetta reazione allergica a farmaci, prevede un’accurata anamnesi, l’esame obiettivo, i test allergologici in vivo e in vitro (TAB. 1.5).
Anamnesi
L’anamnesi rappresenta il cardine fondamentale e indispensabile nella diagnosi di reazioni allergiche a farmaci e, pertanto, deve essere condotta nel modo più accurato e corretto possibile. Deve essere volta soprattutto ad accertare:
• l’atopia personale e familiare;
• la correlazione temporale tra l’assunzione del farmaco e la comparsa dei sintomi (immediata o
tardiva), la loro durata e la remissione, spontanea o terapeutica;
• le caratteristiche cliniche delle manifestazioni, con una descrizione quanto più possibile particolareggiata, soprattutto in caso di manifestazioni cutanee (tipo di manifestazione, sua estensione, coinvolgimento delle mucose, presenza di prurito o malessere generale e aspetto morfologico);
• le modalità di assunzione del farmaco (orale, rettale, topica, parenterale o intralesionale), la posologia, la durata del trattamento, le precedenti assunzioni del farmaco o di farmaci della stessa
famiglia o chimicamente correlati;
• la mono- o pluri-assunzione di farmaci diversi;
• le precedenti reazioni allergiche, ove presenti, e, in tal caso, la stazionarietà o il peggioramento dei
sintomi;
• le condizioni patologiche, acute o croniche, che hanno condotto all’assunzione del farmaco;
• l’elenco dei farmaci tollerati.
TABELLA 1.5 Iter diagnostico per reazioni allergiche a farmaci
•
•
•
•
•
Anamnesi
Esame obiettivo
Test cutanei (skin prick test, test intradermico, patch test)
Test di provocazione orale con il farmaco sospetto o alternativo
Dosaggio delle IgE specifiche per il farmaco (RAST)
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CAPITOLO 1
REAZIONI ALLERGICHE AD ANTIBIOTICI, ANTINFIAMMATORI, ANESTETICI LOCALI
Esame obiettivo
L’esame obiettivo deve essere mirato a definire la natura e l’entità delle eventuali manifestazioni
in atto, soprattutto nelle forme cutanee, valutando: l’aspetto morfologico delle lesioni, l’estensione, l’interessamento delle mucose e di altri organi o apparati, la localizzazione in aree cutanee
fotoesposte, la presenza di altre condizioni morbose quali le virosi (in corso di numerose malattie
infettive possono comparire rush cutanei su base infettiva che il paziente attribuisce ai farmaci
assunti).
Prove allergiche cutanee
Nella pratica clinica la loro esecuzione va valutata caso per caso, a seconda delle caratteristiche cliniche e della rapidità di insorgenza della sintomatologia, non trascurando la modalità di assunzione del farmaco, l’emivita, la sua affinità per le proteine sieriche e l’intervallo di tempo intercorso fra
la sua somministrazione e la comparsa delle manifestazioni.
I test cutanei indicati nella diagnosi delle reazioni IgE-mediate da farmaci sono rappresentati
dal prick test (FIG. 1.5), seguito, eventualmente, dal test intradermico (FIG. 1.6), utilizzando, in
entrambi i casi, opportune diluizioni; vanno, inoltre, valutati tramite il confronto con il test con
l’istamina. Per effettuare i test allergologici occorre adottare delle precauzioni, sia selezionando i
pazienti da sottoporre alle prove allergologiche, sia predisponendo i presidi farmacologici e l’attrezzatura necessaria per trattare una reazione anafilattica. È importante che tali test siano eseguiti entro un anno dalla reazione allergica; è stato, infatti, osservato un aumento delle cuti-reazioni
falsamente negative proporzionalmente all’intervallo di tempo intercorso tra manifestazione clinica ed esecuzione del test.
I prick test e i test intradermici sono risultati sufficientemente attendibili per i seguenti farmaci:
• penicillina e suoi metaboliti;
• cefalosporine;
• sulfametossazolo (SMX-polilisina);
• ormoni (insulina, ACTH, calcitonina, corticosteroidi ecc.);
• miorilassanti;
• enzimi (chimopapaina, streptochinasi, lisozima ecc.);
• sieri immuni eterologhi e tossoide tetanico;
• vaccini;
• alcuni anti-neoplastici (carboplatino, cis-platino, ciclofosfamide, 5-fluorouracile ecc.).
FIGURA 1.5 Skin prick test (SPT) in paziente con sospetta reazione allergica a farmaci antibiotici. Modalità di esecuzione del test e lettura dei risultati dopo pochi minuti.
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DIAGNOSI
FIGURA 1.6 Test intradermico (ID) in paziente con sospetta reazione allergica a farmaci antibiotici. Modalità di
esecuzione con opportune diluizioni e confronto mediante test con istamina e soluzione di controllo. La lettura
dei risultati risulta immediata e tardiva.
In caso di reazione ritardata, in cui sia coinvolto un meccanismo cellulo-mediato (di tipo IV), si
eseguono i test epicutanei o patch test (FIG. 1.7) su cute sana, il test intradermico, l’open test, lo
scratch patch test su cute opportunamente disepitelizzata, il foto patch test (quest’ultimo in caso di
fotodermatiti) con lettura a 48 ore e anche oltre.
La lettura dei test intradermici, quando questi sono effettuati nella diagnosi di reazioni allergiche
non immediate, deve essere protratta a 48-96 ore dall’inizio del test stesso; generalmente i test intradermici si eseguono con b-lattamici, anticonvulsivanti ed eparina.
È assolutamente da evitarsi la pratica del cosiddetto pomfo di prova, purtroppo ancora in auge
in numerosi reparti, soprattutto chirurgici. Nonostante la valenza medico-legale che le viene attribuita, tale metodica, peraltro molto pericolosa per il paziente, è del tutto priva di significato diagnostico e predittivo.
FIGURA 1.7 Patch test (PT) o test epicutaneo in paziente con sospetta reazione allergica a farmaci antibiotici di
tipo ritardato. Applicazione dell’allergene su cute integra, posizionato su cellette di supporto e mantenuto in sede
mediante cerotti anallergici. Lettura effettuata a partire da 48-72 ore.
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CAPITOLO 1
REAZIONI ALLERGICHE AD ANTIBIOTICI, ANTINFIAMMATORI, ANESTETICI LOCALI
TABELLA 1.6 Test cutaneo e Incremental Challenge test con anestetici locali
Tempo
Diluizione
Dopo 20-30 minuti
Dopo 20-30 minuti
Dopo 20-30 minuti
Dopo 20-30 minuti
Dopo 20-30 minuti
Dopo 20-30 minuti
Dopo 20-30 minuti
Dopo 20-30 minuti
1:100
1:1
1:100
1:100
1:10
1:1
1:1
1:1
Test
“prick”
“prick”
0,02 ml id
0,1 ml sc
0,1 ml sc
0,1 ml sc
0,5 ml sc
1 ml sc
id: intradermo; sc: sottocute.
In caso di allergia ad anestetici locali, il protocollo seguito prevede, in primo luogo, l’esecuzione
del prick test e, successivamente, l’intradermoreazione. Il test cutaneo è, tuttavia, gravato da un elevato tasso di reazioni falsamente positive. Un modesto ma insoddisfacente valore predittivo, invece, lo
avrebbero solo le risposte cutanee a elevate diluizioni. Ne deriva l’esigenza di completare il test con il
challenge test che deve sempre seguire il test cutaneo (TAB. 1.6). Esso prevede la somministrazione per
via sottocutanea di anestetico; le dosi, a intervalli di 20-30 minuti, devono garantire il raggiungimento della dose complessiva, compresa tra 0,6 e 3 ml. In caso di pregresse reazioni allergiche ritardate, le
dosi devono essere somministrate ogni 24-48 ore. Il paziente, al termine del test, dovrà rimanere in
osservazione per circa 2 ore. Nella pratica clinica, per l’esecuzione del test, usualmente si utilizza un
anestetico diverso da quello sospettato di aver provocato reazione avversa o, in assenza di identificazione, un amide (generalmente mepivacaina o, in secondo luogo, lidocaina) privo di vasopressori e
conservanti. Secondo alcuni Autori, la mepivacaina e la lidocaina hanno un rischio inferiore, rispetto
ad altri anestetici, di provocare reazioni. In alcuni casi, per mettere in evidenza un’allergia ai conservanti contenuti nella fiala dell’anestetico, si esegue il test di provocazione orale con conservanti.
Il challenge test è a oggi considerato l’unico test sicuro e attendibile per l’identificazione di un anestetico locale “sicuro” in pazienti con riferita storia di reazioni allergiche ad anestetici locali. Garantisce una buona sensibilità e specificità diagnostica e, quindi, una maggiore sicurezza all’odontoiatra che lo deve somministrare. È, tuttavia, fondamentale che per la sua esecuzione ci sia una giusta
indicazione, un consenso informato e che sia garantita la presenza di personale qualificato. Tutto ciò
garantisce la corretta esecuzione del test e insigna questo di elevato potere predittivo, corroborato dal
fatto che, negli studi di follow-up, non sono state segnalate reazioni a seguito dell’utilizzo dell’anestetico precedentemente testato. Altri test di provocazione mucosale non possono essere, sino a oggi,
alternativi al challenge, in quanto non standardizzati, pericolosi e privi di potere predittivo.
Test di provocazione a farmaci
Il test di provocazione con il farmaco sospetto (FIG. 1.8), potenzialmente pericoloso per il paziente, è
giustificato solo in caso di reale necessità. Va eseguito con estrema cautela e dopo aver valutato attentamente le condizioni generali del paziente. Il test dovrebbe essere eseguito solo nel caso in cui
l’anamnesi non sia dirimente e nei casi in cui si verifichino tre condizioni concomitanti:
• il paziente è in terapia pluri-farmacologica;
• la terapia non può essere sospesa;
• per uno o più farmaci non esistono principi alternativi;
• uno o più farmaci sono indispensabili o insostituibili.
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DIAGNOSI
FIGURA 1.8 Test di provocazione a farmaci eseguito in paziente con sospetta reazione allergica a farmaci antinfiammatori non steroidei.
Il test consiste nella somministrazione di dosi crescenti del farmaco, a intervalli variabili da 60
minuti a 7 giorni l’una dall’altra, fino al raggiungimento della posologia terapeutica, al fine di
riprodurre il quadro sintomatologico riportato dal paziente. Deve essere praticato in ambiente specializzato, con attrezzature e competenze specialistiche per far fronte a eventuali situazioni di emergenza.
Al fine di individuare un farmaco da poter somministrare a un paziente con pregressa reazione
da ipersensibilità a farmaci, si esegue il test di provocazione con farmaco alternativo, in cui il farmaco da
testare è strutturalmente differente dal farmaco sospettato e con medesime indicazioni. Il tipo di farmaco da testare deve essere scelto in base alla sua tollerabilità e in base all’azione desiderata.
Sono stati condotti diversi studi circa i test con farmaci alternativi in pazienti con storia di reazioni da ipersensibilità allergica cutanea, con antinfiammatori non steroidei e con antibiotici. In particolare, in caso di reazioni allergiche a FANS, soprattutto ad aspirina o, comunque, a inibitori non
selettivi delle ciclossigenasi 1 e 2, i farmaci maggiormente tollerati sono stati nimesulide, paracetamolo, morniflumato, meloxicam, benzidamina, rofecoxib, etoricoxib e parecoxib (questi ultimi tre
sono inibitori altamente selettivi della ciclossigenasi 2).
Nel caso di reazioni da ipersensibilità allergica ad antibiotici, essenzialmente b-lattamici e cefalosporine, sono stati testati e, complessivamente, ben tollerati macrolidi, in particolare la rokitamicina, chinolonici soprattutto la levofloxacina, e tetracicline, in particolar modo la doxiciclina.
Tutti gli studi hanno confermato come il test di provocazione con il farmaco alternativo rappresenti il mezzo più sicuro per l’identificazione di un farmaco strutturalmente differente da quello che
ha provocato la reazione, nei soggetti con storia di reazioni da ipersensibilità allergica a farmaci. Il
test di provocazione con il farmaco alternativo è, inoltre, dotato di elevato potere predittivo in quanto studi di follow-up hanno dimostrato che la quasi totalità dei pazienti sottoposti a tale test hanno
assunto successivamente il farmaco testato senza la comparsa di reazioni allergiche.
Per alcuni farmaci quali aspirina, alcuni antibiotici, anti-tumorali, insulina ed eparina, è possibile instaurare uno stato di desensibilizzazione temporaneo, ma solo quando vi sia la necessità assoluta di utilizzare un farmaco specifico e insostituibile, già responsabile della reazione allergica, per
il quale non esistono molecole terapeutiche alternative.
Il trattamento desensibilizzante deve essere effettuato in ambiente idoneo (per il rischio di reazioni allergiche anche gravi) e consiste nel somministrare gradualmente dosi crescenti del farmaco, per
un periodo di tempo variabile da ore (metodica rush) a giorni.
Dopo la desensibilizzazione il farmaco può essere somministrato a dosi piene ma lo stato di
desensibilizzazione è temporaneo e dura fino a quando il paziente assume il farmaco; in caso di
sospensione può ritornare uno stato di sensibilizzazione, per cui un successivo ciclo di terapia richiede una nuova desensibilizzazione.
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CAPITOLO 1
REAZIONI ALLERGICHE AD ANTIBIOTICI, ANTINFIAMMATORI, ANESTETICI LOCALI
Test in vitro
Nella procedura diagnostica per identificare una reazione allergica da farmaci sono stati messi a punto dosaggi radioimmunologici o immunoenzimatici (per es. RAST) per la determinazione delle IgE
specifiche, generalmente presenti in soggetti allergici. Sino a oggi, il RAST risulta valido solo per alcuni farmaci (insulina, penicillina G, penicillina V, amoxicillina, ampicillina, cefoclor e miorilassanti).
Questi test possono essere considerati affidabili per farmaci che costituiscono un antigene completo (per es. insulina) e, in tali casi, possono essere preferiti ai test cutanei.
Nel caso di farmaci che non costituiscono un antigene completo, la validità di questi test è limitata, in quanto non sono disponibili test per tutti i possibili determinanti antigenici del farmaco. Infine, considerando che le IgE sieriche specifiche per un farmaco tendono spesso a ridursi a distanza di tempo dall’episodio reattivo, anche questi test, in tale circostanza, possono risultare falsamente negativi.
Altri test, quali il test di trasformazione linfocitaria e il test di attivazione linfocitaria, trovano
impiego, attualmente, soprattutto nel campo della ricerca.
Il dosaggio sierico della triptasi (proteasi liberata dai mastociti) può essere utile in caso di reazioni immediate da farmaci, considerando che, in tali casi, i livelli sierici del predetto enzima possono risultare alterati in un intervallo di tempo che va da 1 a 24 ore dalla reazione.
D IAGNOSI
DIFFERENZIALE
La diagnosi differenziale delle reazioni allergiche ai farmaci si pone con la totalità dei quadri patologici rappresentati dalle reazioni avverse agli stessi (Cap. 7).
T ERAPIA
La terapia delle reazioni da ipersensibilità allergica a farmaci consiste prima di tutto nell’immediata
sospensione del farmaco stesso e nella somministrazione di antistaminici e corticosteroidi sistemici
o topici, a posologia variabile a seconda del quadro clinico.
In corso di shock anafilattico, naturalmente, è necessario mettere prontamente in atto tutti i presidi farmacologici opportuni, innanzitutto la somministrazione di adrenalina (Cap. 5). Il paziente
deve essere, quindi, inviato dall’allergologo che imposterà un appropriato iter diagnostico e provvederà, se necessario, ad eseguire test con farmaci alternativi. Una volta individuati, questi potranno
essere somministrati o prescritti senza l’ausilio di una premedicazione.
Quest’ultima va eseguita preventivamente con lo scopo di ridurre, ma non annullare, l’incidenza
delle reazioni da ipersensibilità (o la gravità delle stesse) alla somministrazione di mezzi di contrasto in pazienti atopici e, come recentemente documentato, in pazienti che devono essere sottoposti a
interventi in anestesia generale, i quali, indipendentemente dalla presenza di uno stato atopico, riferiscano pregresse reazioni a farmaci. La premedicazione viene eseguita secondo il seguente schema:
• Prednisone (Deltacortene®) 50 mg/os 13 ore, 7 ore e 1 ora prima dell’intervento;
• Ranitidina (Ranidil®) 300 mg/os 13 ore, 7 ore e 1 ora prima dell’intervento;
• Clorfenamina maleato (Trimeton®) 10 mg/im 1 ora prima dell’intervento.
Letture consigliate
Bader JD, Bonito AJ, Shugars DA. A systematic review of cardiovascular effects of epinephrine
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17
2
REAZIONI ALLERGICHE
(RALL) DA CONTATTO
D EFINIZIONE
La patologia allergica da contatto è rappresentata da un’affezione cutanea e/o mucosa causata dal
contatto diretto con agenti esterni (apteni), nei confronti dei quali si realizza una risposta immunitaria.
Quando è interessato il distretto cutaneo si parla di dermatite allergica da contatto, quando è interessata la mucosa orale si parla di stomatite allergica da contatto.
E PIDEMIOLOGIA
Le reazioni da contatto possono essere di tipo allergico (20% delle reazioni) è, più frequentemente,
di tipo irritativo (80%) (Cap. 8).
L’utilizzo di materiali e sostanze ad azione allergizzante in campo odontoiatrico ha favorito l’insorgenza di dermatiti professionali di tipo allergico e irritativo, che interessano il 40% degli odontoiatri e il 43% degli odontotecnici.
C LASSIFICAZIONE
E PATOGENESI
Si esprime clinicamente con due forme:
• dermatite allergica da contatto: colpisce soprattutto il personale odontoiatrico;
• stomatite allergica da contatto: interessa il paziente odontoiatrico ed è legata all’impiego di materiali dentari.
L’incidenza della stomatite allergica da contatto è sottostimata, sia perché è difficoltoso testare
tutte le sostanze responsabili della sensibilizzazione, sia perché i sintomi obiettivi sono frequentemente assenti, inducendo errate diagnosi.
Entrambe le manifestazioni, da un punto di vista patogenetico, sono espressione di reazioni cellulo-mediate di tipo IV (secondo la classificazione di Gell e Coombs).
E ZIOLOGIA
Gli allergeni causa di dermatiti e stomatiti allergiche da contatto si trovano nelle sostanze e nei prodotti che vengono utilizzati in campo odontostomatologico (Tab. 2.1).
Gli allergeni responsabili dei due quadri clinici sono gli stessi ma con una diversa incidenza, a
seconda che interessino il personale odontoiatrico o il paziente odontoiatrico: metalli e leghe
metalliche, gomme, resine, aromatizzanti, antimicrobici, anestetici locali, dentifrici e colluttori.
19
CAPITOLO 2
REAZIONI ALLERGICHE (RALL) DA CONTATTO
TABELLA 2.1 Prodotti utilizzati in ambito odontoiatrico spesso causa di allergie da contatto
• Metalli e leghe metalliche
• Gomme (lattice e additivi)
• Resine (componenti, trasportatori, attivatori
e inibitori)
• Aromatizzanti
• Anestetici locali (esteri e amidi)
• Antimicrobici (antisettici, disinfettanti, conservanti,
antibiotici topici)
• Dentifrici
• Colluttori
Metalli e leghe metalliche
I metalli sono costituenti fondamentali di materiali odontoiatrici di tipo restaurativo, ortognatodontico e protesico (protesi fisse e rimovibili, parziali e totali, riabilitazioni in metallo-ceramica o
costituzione di perni-moncone), in qualità di materiali puri o facenti parte della costituzione di
numerose leghe. Chimicamente le caratteristiche di questi materiali sono strettamente legate alla
capacità di ionizzazione passiva in un mezzo, con conseguente liberazione di cationi, possibile grazie alla presenza della soluzione elettrolitica salivare che risulta essere ottima conduttrice chimica
(TAB. 2.2).
Le corrosioni elettrochimiche nel cavo orale possono essere dovute a:
• differenze nella composizione dei materiali metallici (differenza di potenziale creatosi tra una lega
d’oro e un’amalgama dentaria);
• differenze nella composizione dell’elettrolita (differente concentrazione di ossigeno nella soluzione in zone diverse del restauro metallico);
• differenze di sollecitazione dei materiali metallici (cella galvanica formatasi tra zone del metallo
che subiscono una lavorazione plastica a freddo e zone che non la subiscono).
TABELLA 2.2 Alcuni esempi di leghe e materiali odontoiatrici del commercio
Lega nobile
Carrara PdF (Elephant)
Au-Pt-Ag
Academy Gold
(Ivoclar)
Harmony PF
(Ivoclar Vivadent)
Maxigold
(Ivoclar Vivadent)
Pontor MFP
(Weber Dental)
Lega vile
Fili dritti, rotondi,
rettangolari,
intrecciati (SIA)
Fe-Cr-C
NI-TI termici (SIA)
Ni-Ti-Co
NI-TI superelastici
(SIA)
Ni-Ti-Co
TRILOY
(DENTAURUM)
Cr-Co-Mo
Pisces Plus
(Ivoclar Vivadent)
Cr-Co
Perossido
di benzoile
Prime & Bond NT
(DENTSPLY)
Precision-dual one
base
(DENTALICA)
Precision-one QBOND CGT
(DENTALICA)
Clearfil majestyflow-estheticposterior (ISASAN)
Precision-dual one
base
(DENTALICA)
Precision-one QBOND CGT
(DENTALICA)
Clearfil majestyflow-estheticposterior
(ISASAN)
Precision-dual one
base
(DENTALICA)
Precision-one QBOND CGT
(DENTALICA)
Clearfil majestyflow-estheticposterior
(ISASAN)
Canforochinone
BIS-GMA
(Resine
metacriliche)
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Prime & Bond NT
(DENTSPLY)
EZIOLOGIA
Metalli puri
A causa dei fenomeni sovracitati, delle caratteristiche chimiche e dell’interazione con l’ambiente circostante, sono raramente coinvolti in processi di corrosione elettrochimica. Mostrano, inoltre, uno
scarso utilizzo nella pratica odontoiatrica.
• Oro: è impiegato allo stato puro per le ricostruzioni dirette di tipo restaurativo. È un metallo nobile e non subisce fenomeni di alterazione. Oggi risulta meno utilizzato, dati gli alti costi e le proprietà non estetiche del materiale. I casi di allergia sono poco frequenti.
• Platino: è impiegato sotto forma di lamine per la costruzione di cappette sulle quali effettuare
costruzione e cottura di corone a giacca. Sono rari i casi di allergia al platino.
• Mercurio: entra nella composizione delle amalgame dentarie usate per ricostruzioni dirette e nei
cementi dentari. Sono riportate riacutizzazioni di dermatiti in soggetti allergici al mercurio, dovute all’assorbimento in circolo del metallo presente nelle amalgame dentarie oppure, in coincidenza con l’esecuzione di un’otturazione, per il rilascio di vapori mercuriali dall’amalgama.
Quest’ultima è responsabile di pigmentazioni della mucosa in sede di contatto. Il mercurio provoca, negli individui già sensibilizzati, stomatiti allergiche da contatto o dermatiti allergiche delle
mani, in relazione all’esposizione diretta al metallo. La prevalenza dell’allergia da contatto al mercurio nel personale odontoiatrico presenta dati discordanti. Spesso, sono osservabili casi di patologia da intossicazione sistemica per inalazione del metallo.
Leghe metalliche
Sono i materiali maggiormente coinvolti in processi elettrogalvanici, considerando la concomitante
associazione di componenti aventi differente potenziale di ossidoriduzione.
Le leghe metalliche, secondo la classificazione ADA Wataha 2002, si differenziano in:
• leghe altamente nobili: con una percentuale in peso di Au >40;
• leghe nobili: con una percentuale in peso di metalli nobili >25;
• leghe con predominanza di metalli vili: con una percentuale in peso di metalli nobili <25.
Argento, Rame, Stagno e Zinco. Sono metalli costituenti l’amalgama dentaria, la quale si ottiene
miscelando il mercurio (liquido a temperatura ambiente) con una lega in polvere, detta lega per
amalgama. Si differenziano in leghe convenzionali a basso contenuto di rame e leghe ad alto contenuto. Nonostante l’elevata esposizione al rame, l’allergia a tale metallo è molto rara. Rara è anche la
sensibilizzazione allo stagno mentre l’argento non è responsabile di allergie da contatto. Il nitrato di
argento, usato come antisettico, può provocare dermatite allergica da contatto. Nel fenomeno della
corrosione chimica, mostra maggiore tendenza all’ossidazione lo stagno, seguito dal rame.
Leghe ortodontiche. Le leghe di acciaio (ferro-cromo-carbonio) costituiscono i bracket in metallo, i
fili ortodontici e le bande; una cella galvanica, formatasi tra le suddette specie, condurrà a una più
spiccata tendenza all’ossidazione del ferro, seguito dal cromo. Le leghe nichel-titanio-cobalto costituiscono i fili ortodontici superelastici con memorie di forme utilizzati durante la prima fase di terapia di allineamento e livellamento e nell’ultima fase di completamento terapeutico; è il nichel a presentare il potenziale di ossidoriduzione più basso, seguito dal cobalto. Il metallo maggiormente
incriminato quale responsabile di fenomeni allergici è, infatti, il nichel che nel cavo orale, una volta
rilasciato come ione libero, forma composti salini (nichel solfato) solubili in acqua e ad alta attività
sensibilizzante. Sebbene la sensibilizzazione a nichel, cobalto e cromo nella popolazione generale sia
alta, in particolar modo nel sesso femminile, è stato dimostrato che questi metalli, liberandosi dalle
protesi dentarie, possono essere, tuttavia, infrequentemente responsabili di un’allergia da contatto a
livello della mucosa adiacente la protesi. Inoltre, per assorbimento sistemico dell’aptene, possono
essere causa di aggravamento di eczemi allergici da contatto già pre-esistenti sulla cute e di eruzioni papulose delle pieghe dei gomiti e delle ginocchia, nei soggetti già sensibilizzati.
21
CAPITOLO 2
REAZIONI ALLERGICHE (RALL) DA CONTATTO
Palladio, Titanio, Indio. Il palladio, utilizzato come lega per protesi dentali, può essere responsabile
di allergia da contatto. Considerata la concomitante allergia da contatto al nichel in numerosi soggetti allergici al palladio, si ritiene che ci possa essere cross-reattività tra i due apteni. Secondo alcuni Autori, inoltre, il palladio può essere uno degli apteni responsabili della “sindrome della bocca
bruciante”, specialmente nei soggetti che presentano ipersensibilità al nichel, anche se il suo ruolo è
stato in passato trascurato. È un metallo nobile e presenta un alto potenziale redox. Il titanio e l’indio, metalli di recente impiego, sembrano essere scarsamente sensibilizzanti. L’indio è la specie chimica maggiormente tendente all’ossidazione rispetto al titanio.
Cromo, Cobalto, Nichel, Molibdeno, Alluminio, Ferro. Sono leghe utilizzate per la costruzione di
protesi parziali rimovibili. Il cromo fornisce passività e ha una buona resistenza alla corrosione; il
cobalto garantisce la durezza e la rigidità della lega e il nichel ne incrementa la duttilità. L’alluminio
risulta essere il più facilmente ossidabile, seguito dal ferro, molibdeno, nichel, cobalto e cromo.
Resine
Le resine acriliche sono costituite dalla polimerizzazione di un monomero acrilico (metilmetacrilato
o MMA), composto acrilico ad alta azione sensibilizzante. Il MMA, che si presenta allo stato liquido associato a inibitori della polimerizzazione, viene aggiunto a una polvere in cui si trovano il prepolimero, un catalizzatore o iniziatore (appartenente alla specie chimica dei perossidi, tra cui il più
utilizzato, in virtù della buona stabilità, risulta essere il perossido di benzoile, che catalizza una reazione di perossidazione radicalica) e un acceleratore (amina terziaria aromatica che, talvolta, conduce a una reazione massiva, rapida, incontrollabile e incompatibile con le esigenze di tipo pratico
del materiale). Si ottiene un impasto che polimerizza dopo essere stato lavorato dal personale
addetto. La reazione di polimerizzazione può essere ottenuta con l’uso del calore, di sostanze chimiche o della luce (visibile o UV). Le resine acriliche, dopo la polimerizzazione, vengono usate
soprattutto per costruire protesi totali o parziali, elementi provvisori o restauri dentari diretti o
indiretti. L’allergia da contatto con questi composti è dovuta soprattutto al MMA che si libera
durante la fase di pre-polimerizzazione operata dall’odontoiatra o dal tecnico. Questi ultimi, che
lavorano direttamente a contatto con il monomero acrilico, risultano più facilmente sensibilizzati
rispetto ai pazienti portatori di protesi in resine acriliche (FIG. 2.1). La resina polimerizzata della
protesi, infatti, non libera il monomero acrilico in quanto è praticamente inerte. È utile, tuttavia,
FIGURA 2.1 Reazione allergica da contatto: lesioni marcatamente eritematose a livello della mucosa del fornice
vestibolare, del labbro superiore e della mucosa geniena, in seguito all’utilizzo di resina morbida finalizzata al
ribasamento delle flange protesiche. Paziente positivo al patch test per l’Hydro-cast.
22
EZIOLOGIA
porre in diagnosi differenziale tali forme a patogenesi allergica con le manifestazioni cliniche di stomatite subprotesica che spesso colpiscono il paziente. Quest’ultima si localizza a diretto contatto
con l’infradosso del manufatto, è dovuta al trauma meccanico di sfregamento delle mucose in caso
di protesi incongrue e l’inadeguata igiene orale del paziente può peggiorare il quadro clinico con
sovrainfezione da Candida albicans. La dermatite allergica da contatto da acrilati colpisce, in genere, i polpastrelli delle mani di odontoiatri e odontotecnici ma, in alcuni casi, può interessare il volto.
Ciò avviene per trasporto delle resine con le mani contaminate o per contatto aerotrasmesso con gli
acrilati volatili.
Anche gli attivatori e gli inibitori utilizzati per la reazione di polimerizzazione delle resine acriliche possono rivestire un ruolo tra gli agenti sensibilizzanti. Tra gli attivatori, si possono menzionare
il benzoile perossido (catalizzatore), il canforochinone, la N,N-dimetil-p-toluidina (DMT, iniziatore)
e la 4-tolil-dietanolamina; tra gli inibitori, l’idrochinone e il metil-idrochinone.
I materiali compositi utilizzati per restauri dentari sono più raramente allergizzanti, in particolare
attraverso due loro componenti: il polimero bisfenolglicidilmetacrilato (BIS-GMA) e il trietilenglicoledimetacrilato (TREGMA). Possono contenere come impurità una sostanza potenzialmente allergizzante ottenuta dalla combinazione tra bisfenolo A ed epicloridina (DGEBA-ER).
Gli adesivi smalto-dentinali, seppur raramente, sono causa di allergia da contatto, soprattutto con
due sostanze sensibilizzanti che li contengono: il BIS-GMA e il 2-HEMA (2-idrossietilmetacrilato),
forma idrosolubile di una resina metacrilica.
Esiste, infine, la possibilità (estremamente rara) di allergia da contatto ai trasportatori di resine quali
l’N-etil-4-toluene sulfonamide e agli assorbenti di luce UV per materiale dentario (come il 2-idrossi-4metossi-benzofenone).
Gomme
La gomma esercita il suo potere allergizzante tramite il lattice e gli additivi in essa contenuti. Guanti
odontoiatrici, mascherine, aspirasaliva, dighe dentali, gommini per lucidatura e rifinitura di restauri estetici di tipo diretto e indiretto, elastici per apparecchi ortognatodontici, retainer in gomma vulcanica risultano essere dispositivi utilizzati comunemente durante la pratica clinica odontoiatrica e
presentano la gomma come materiale costituente fondamentale.
Il lattice della gomma è responsabile di reazioni allergiche IgE-mediate di tipo I, anche severe, che
riguardano sia gli operatori sanitari che i pazienti (Cap. 3).
Gli additivi utilizzati nel processo di fabbricazione della gomma sono, spesso, causa di allergia
da contatto di tipo IV negli utilizzatori di guanti in lattice (FIG. 2.2). La mucosa orale è raramente
FIGURA 2.2 Dermatite allergica da contatto, in
fase acuta, associata all’utilizzo di guanti in lattice. Lesioni eritemato-vescicolari e desquamative con sintomatologia pruriginosa correlata. Paziente positivo al patch test per i tiurami (additivi della gomma).
23
CAPITOLO 2
REAZIONI ALLERGICHE (RALL) DA CONTATTO
sede di stomatite allergica causata dagli allergeni liberati, a livello del cavo orale, dall’azione della
saliva; è possibile, inoltre, che questi allergeni vengano assorbiti in circolo causando l’aggravamento o la cronicizzazione di eczemi allergici da contatto pre-esistenti sulla cute. L’allergia da contatto è da attribuire, soprattutto, agli acceleranti del processo di vulcanizzazione della gomma,
quali tiurami e mercaptobenzotiazolo. Altri additivi meno spesso in causa sono antiossidanti,
antiozonanti (gruppo della parafenilendiamina, fenoli e chinoline) e vulcanizzanti (benzoile
perossido e 4,4-ditiodimorfolina); il metil-p-toluene sulfonato lo si ritrova nel materiale in gomma
utilizzato per impronte.
Aromatizzanti
L’eugenolo (C10H12O2) è un composto aromatico idrossilato, un guaiacolo con catena modificata. Si
tratta di un liquido oleoso, di colore quasi trasparente o giallo chiaro, che viene estratto da alcuni olii
essenziali (specialmente dall’olio di chiodo di garofano e dalla cannella) e si estrae dai fiori con
potassa caustica. Ha un odore piacevole, speziato e viene comunemente aggiunto alla composizione
di prodotti dell’industria cosmetica. Quando viene utilizzato in preparazioni odontoiatriche (materiali da impronta e cementi all’ossido di zinco per il posizionamento di protesi fisse parziali e totali,
provvisorie e definitive, impacchi parodontali, cementi endodontici e colluttori) può causare stomatiti, cheiliti e dermatiti allergiche da contatto.
Vi sono poi altri componenti (dotati di attività sensibilizzante) da citare.
Il mentolo è un alcol chirale e a temperatura ambiente si presenta come un solido bianco dall’odore caratteristico. Viene estratto dall’olio essenziale della menta piperita di cui è il principio attivo
maggiore, è usato per confezionare preparati a utilizzo alimentare (gomme da masticare, gelati, spezie e bibite alla menta), estetico (profumi, creme idratanti e solari, lozioni rinfrescanti) e medicamentoso (materiali da impronta, paste abrasive, dentifrici e colluttori).
L’eucaliptolo è una sostanza contenuta nell’olio di eucalipto, si presenta come liquido incolore, di
odore simile alla canfora, è dotato di proprietà antisettiche, balsamiche e di una modesta azione anestetica locale.
L’isoeugenolo è un etere aromatico di origine naturale e dalla spiccata azione antisettica, contenuto in cosmetici e colluttori medicati, di cui ben nota risulta la capacità allergizzante locale (dermatiti e stomatiti allergiche da contatto) e sistemica (crisi asmatiche in prevalenza).
L’aldeide cinnamica e l’alcol cinnamico direttamente estratti dalle piante cinnamomum zeylanicum e
cinnamomum aromaticum nees in qualità di olii essenziali, presentano un aroma secco e pungente che
ricorda quello dei chiodi di garofano con una nota pepata. Hanno proprietà astringenti, digestive,
aromatizzanti, stimolanti; sono finalizzati a utilizzo alimentare, estetico (cosmetici e creme emollienti) e medicamentoso (in qualità di aromatizzanti di preparati medicinali, sciroppi per la tosse, colluttori e paste dentifricie). Sono teratogeni e responsabili di reazioni allergiche.
Il balsamo del Perù viene prodotto dall’estratto della corteccia della pianta di myroxylon balsamum linn e successivamente purificato in un resinoide, dal vago profumo di vaniglia. È contenuto in alimenti (dolci, cioccolata, canditi, gelati, gomme da masticare, aperitivi analcolici, bevande
a base di cola, tè, agrumi), cosmetici (rossetti, matite per labbra, creme, saponi, shampoo, lozioni,
profumi, deodoranti, repellenti, prodotti solari e abbronzanti) e medicamenti (sciroppi e pastiglie
per la tosse, supposte, colluttori, dentifrici, paste abrasive odontoiatriche, cementi chirurgici). Può
determinare dermatiti e stomatiti allergiche da contatto, orticaria, fotosensibilità e comedogenesi
a livello cutaneo.
Antimicrobici
È nota l’attività sensibilizzante della formaldeide e della glutaraldeide presenti in soluzioni disinfettanti impiegate per la sterilizzazione di strumentario odontoiatrico non autoclavabile (FIG. 2.3).
La formaldeide viene commercializzata in soluzione acquosa, come liquido incolore di odore pun-
24
EZIOLOGIA
FIGURA 2.3 Dermatite allergica da contatto con eczema in fase subacuta in seguito all’utilizzo di detergenti antisettici di tipo aldeidico. Lesioni eritematose rosso-rosee, a contorni sfumati e accenno a desquamazione a piccole lamelle, associate a sintomatologia pruriginosa. Tipica localizzazione a livello del dorso e dei palmi delle mani.
Paziente positivo al patch test per formaldeide.
gente; può essere indicata anche come formalina, formolo, E 240, metanale, ossimetilene, aldeide formica. La formalina è formaldeide al 37% in acqua, è utilizzata come conservante nei farmaci a uso
parenterale (vaccini e vitamine) e persino come principio attivo in qualità di disinfettante in preparati per il trattamento di affezioni settiche della cavità orale, faringea (Formitrol®, oggi ritirato dal
commercio) e delle vie urinarie (esametilentetramina). Viene, inoltre, utilizzata come fissatore e conservante nella realizzazione di preparati istologici. Si trova nell’alcol denaturato, è, inoltre, presente
in prodotti topici con azione fungicida, battericida e cheratolitica. È presente in preparati cosmetici
quali shampoo, dentifricio, latte e olio da bagno, deodoranti, mascara, maschere per la pulizia della
pelle, prodotti per le unghie; in campo alimentare ha funzione di conservante. Contenuta in molti
inchiostri idroresistenti, in vernici e collanti, nell’industria tessile è usata come apprettante, impermeabilizzante, antipiega; nell’industria delle conciature è, inoltre, impiegata per la produzione di
cere e lucidanti per pellame.
La glutaraldeide è un liquido incolore leggermente giallino, di odore pungente moderato in parte
per la presenza di essenza di limone. Molti casi di dermatite allergica da contatto professionale da
gluteraldeide sono stati riportati tra gli odontoiatri (FIG. 2.3).
Altri antisettici e disinfettanti possono essere responsabili di processi di sensibilizzazione (TAB.
2.3). I parabeni (conservanti ad azione batteriostatica e micostatica), presenti nei farmaci per uso topico e nei dentifrici, possono causare allergie da contatto e quadri di cheilite angolare. In passato, antibiotici topici come la tirotricina e la tirocidina sviluppavano stomatiti allergiche da contatto.
TABELLA 2.3 Antisettici e disinfettanti utilizzati in ambito odontoiatrico spesso causa di allergie da contatto
•
•
•
•
Glutaraldeide
Benzalconio cloruro
Formalina
Etanolo
• Derivati dei fenoli (diclorofene o G4, esaclorofene o G11,
paraclorometaxilenolo, clorocresolo)
• Mercuriali (mertiolato o timerosal, mercurocromo o merbromina)
• Clorexidina
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CAPITOLO 2
REAZIONI ALLERGICHE (RALL) DA CONTATTO
TABELLA 2.4 Principali sostanze ad attività allergizzante contenute nei dentifrici e colluttori
• Antisettici e preservanti (mercuriali, formaldeide,
diclorofene, parabeni)
• Miglioranti (aldeide cinnamica, eugenolo)
• Coloranti anilinici o azo-derivati
• Detergenti (alchil-solfati)
• Composti dell’ammonio quaternario
• Sostanze antiplacca e anticarie (floruri)
Anestetici locali
La benzocaina e la tetracaina sono due anestetici locali, spesso ritrovati in componenti odontoiatrici,
che possono sensibilizzare l’odontostomatologo attraverso la manipolazione e il contatto dei prodotti che li contengono (garze, pomate, soluzioni). Appartengono al “gruppo para”, sostanze
immunologicamente correlate che hanno una struttura chimica simile e che cross-reagiscono tra di
loro. Al gruppo “para” fanno riferimento, oltre a benzocaina e tetracaina, altri anestetici locali quali
la procaina e la piperocaina, coloranti per capelli, sulfamidici, diuretici benzotiazidici e ipoglicemizzanti orali.
L’allergia da contatto provocata da questi anestetici colpisce preferenzialmente i polpastrelli (che
si presentano ipercheratosici e fissurati) delle prime tre dita delle mani dei dentisti.
Gli altri anestetici locali sono meno frequentemente causa di sensibilizzazione da contatto; dermatiti allergiche da contatto alla lidocaina sono state occasionalmente riportate in letteratura con
possibili reazioni crociate alla mepicavacaina e alla dibucaina.
Dentifrici e colluttori
Contengono numerose sostanze a potere sensibilizzante (TAB. 2.4): antisettici e preservanti, miglioranti, coloranti anilinici o azo-derivati, detergenti, composti dell’ammonio quaternario, sostanze
antiplacca e anticarie. Le reazioni più comuni a questi prodotti sono senso di dolore o bruciore del
cavo orale, afte della mucosa orale, cheiliti e dermatiti da contatto allergiche periorali, sostenute
soprattutto dall’aldeide cinnamica e dall’azulene.
C LINICA
Dermatite allergica da contatto
La dermatite allergica da contatto professionale, che riguarda il personale odontoiatrico, colpisce
quasi sempre le mani, in particolar modo i palmi, il dorso, le dita o l’intera mano. Possono essere
interessati le unghie, anche da sole, e gli avambracci. Il viso è colpito in caso di allergeni aereotrasmessi (per es. vapori di mercurio). È caratterizzata da eritema, edema e vescicolazione in fase di
acuzie oppure da ipercheratosi e fissurazioni localizzate soprattutto ai polpastrelli. Il processo può
assumere caratteristiche vescico-bollose quando si diffonde a tutta la mano. Spesso è presente prurito con fenomeni di ipoestesia.
Il metilmetacrilato, che è in grado determinare un eczema allergico professionale, penetra facilmente i guanti di gomma e può causare talvolta, oltre alla sensibilizzazione, anche una neuropatia, localizzata solitamente alle dita, con tipiche manifestazioni parestesiche che possono durare anche mesi.
Va ricordato, inoltre, che le particelle di cromo, rilasciate dalle leghe metalliche, possono determinare, oltre a una dermatite allergica da contatto, anche la comparsa di lesioni ulcerative di piccole
dimensioni che tendono a cronicizzare e che possono interessare non solo le articolazioni delle dita
ma anche il volto e il collo.
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DIAGNOSI E DIAGNOSI DIFFERENZIALE
Stomatite allergica da contatto
La mucosa orale si sensibilizza in minor misura rispetto alla cute, in virtù dell’abbondante vascolarizzazione che allontana rapidamente l’allergene, dell’azione della saliva che modifica la struttura
chimica e diluisce l’allergene in concentrazioni non sensibilizzanti, della struttura della mucosa orale
in cui è minore la disponibilità di proteine che si coniugano all’aptene e della breve durata di contatto della mucosa con le sostanze sensibilizzanti.
La sintomatologia della stomatite allergica è, in genere, sovrapponibile a quella della stomatite da
contatto irritante.
Il quadro clinico è caratterizzato da una sintomatologia soggettiva in cui prevale la sensazione di
bruciore accompagnata da dolore, senso di torpore, disgeusia, ageusia e, in alcuni casi, xerostomia.
I segni obiettivi possono essere assenti o dar luogo a tre varianti cliniche delle stomatiti allergiche:
• le mucose del cavo orale interessate si presentano moderatamente iperemiche nelle forme lievi e
caratterizzate da un marcato eritema ed edema nelle forme più gravi e avanzate. L’edema rende
la mucosa liscia, lucida e vi è, spesso, un limite netto fra la mucosa eritematosa coperta dalla protesi e quella sana adiacente;
• nei soggetti sensibilizzati ad alcune sostanze (per es. il mercurio dell’amalgama), oltre alla stomatite in sede di contatto, si sviluppa o si riacutizza una dermatite allergica da contatto del volto o
di altre regioni, dovuta all’assorbimento per via transmucosa dell’aptene. In linea generale, se un
soggetto presenta un’allergia cutanea a un dato aptene (per es. il nichel) che continua ad avere
contatto con la pelle difficilmente andrà incontro a manifestazioni a carico della mucosa orale,
mentre un soggetto con stomatite allergica da contatto, se persiste il contatto a livello orale con
l’aptene responsabile, più facilmente potrà andare incontro a manifestazioni cutanee;
• le mucose sono interessate da erosioni e ulcerazioni ricoperte da detriti di tessuto necrotico
sovrapponibili ad afte. Sono colpiti i soggetti allergici a colluttori, dentifrici, monomeri acrilici e
metalli di protesi mobili o fisse.
Il contatto di un aptene con la mucosa potrà elicitare o no una stomatite allergica; in questo caso
la manifestazione mucosa si svilupperà a distanza di tempo variabile, da settimane ad anni, dall’inizio del contatto.
D IAGNOSI
E DIAGNOSI DIFFERENZIALE
La diagnosi della dermatite allergica da contatto e della stomatite allergica da contatto si basa su due
criteri: quello clinico-anamnestico e quello allergologico.
L’anamnesi deve tener conto della cronologia degli eventi, delle sedi, dell’evoluzione delle lesioni e delle modalità dell’eventuale diffusione. Si cercherà, inoltre, di identificare le sostanze in causa.
In ambito professionale andranno indagati i prodotti manipolati, i mezzi di protezione, i mezzi di
detersione e disinfezione. Nei soggetti con stomatite da contatto si valuteranno i prodotti a contatto
con la mucosa orale (protesi, colluttori, dentifrici ecc.).
La clinica, insieme all’anamnesi, fornisce il sospetto di un’allergia da contatto che deve essere confermato attraverso il patch test o test epicutaneo.
Sarà cura del dermato-allergologo scegliere gli allergeni da testare. Nella TABELLA 2.5 sono
riportati gli apteni più rappresentativi da testare nel personale odontoiatrico con sospetta dermatite allergica da contatto professionale o in soggetti con sospetta stomatite allergica da contatto. I
suddetti apteni fanno parte della cosiddetta “serie integrativa odontoiatrica”. Il patch test può
essere effettuato anche con il materiale portato dall’odontoiatra o dal paziente che si pensa possa
essere causa di allergia da contatto. Gli apteni vengono posti, generalmente, a contatto con il dorso
della cute del paziente, mediante un apparato testante che consta di un cerotto e di un supporto
che verranno rimossi dopo 48 ore; le letture vengono eseguite dopo 24-48 ore dalla rimozione e
anche oltre. La positività del test a uno o più apteni identificherà l’avvenuta sensibilizzazione da
27
CAPITOLO 2
REAZIONI ALLERGICHE (RALL) DA CONTATTO
TABELLA 2.5 Principali sostanze da testare in soggetti con sospetta patologia allergica da contatto in ambito
odontoiatrico
Apteri
Potassio dicromato
Nichel solfato
Colofonia
Formaldeide
Cobalto cloruro
Timerosal
Benzoilperossido
Mercurio
Tiosolfato di oro e sodio
Palladio cloruro
Alluminio cloruro esaedrato
Argento nitrato
Titanio-oxide
Mentolo
Olio cinnamico
Balsamo del Perù
Eugenolo
Clorexidina digluconato
Trietilenglicole dimetacrilato
Etilenglicole dimetacrilato
N.N-dimetilaminoetilmetacrilato
1,6-esandioldiacrilato
Tetraidrofurfuril-2-metacrilato
Metilmetacrilato
BIS-GMA
Uretano dimetacrilato
2-idrossi-4-metossi-benzofenone
N-etil-4-toluenesulfonamide
Tetraetilenglicoledimetacrilato
Mercaptobenzotiazolo mix
2-Idrossietil metacrilato
Tiurami mix
Mercurio ammonio cloruro
Esaclorofene
Benzocaina
Lidocaina
Procaina
Concentrazione (%)
0,5
5
20
1
1
0,1
1
0,5
0,5
2
1
1
10
2
1
25
2
0,5
2
2
0,2
0,1
2
2
2
2
10
0,1
2
2
2
1
1
1
5
5
2,5
contatto a quelle sostanze. Considerato che, da un punto di vista morfologico, dermatiti e stomatiti da contatto irritanti sono sovrapponibili a quelle allergiche, si comprende come il patch test sia
elemento fondamentale per distinguere le forme da irritazione da quelle da allergia. Un patch test
positivo con una storia clinica suggestiva depone per una forma allergica; un patch test negativo
indirizza verso una forma irritativa.
La diagnosi differenziale delle reazioni allergiche da contatto si pone con le reazioni avverse da
contatto (Cap. 8), da cui esse vanno differenziate al fine di impostare un’adeguata terapia.
28
TERAPIA
P REVENZIONE
Un’attenta valutazione nella preparazione dei vari materiali utilizzati in ambito odontoiatrico
dovrebbe prevedere anche un’analisi della loro capacità allergenica, la quale può arrecare danno sia
al paziente sia agli odontostomatologi e ai loro collaboratori.
La prevenzione delle dermatiti allergiche da contatto negli operatori del settore dentale si basa
sull’allontanamento della noxa allergogena e sulla riduzione dei fattori irritanti che favoriscono possibili ulteriori sensibilizzazioni. I soggetti predisposti allo sviluppo di una sensibilizzazione allergica dovrebbero fare uso di detergenti e saponi idonei (Cap. 8); inoltre, quando possibile, dovrebbero
evitare l’uso di guanti in lattice e preferire i guanti in nitrile o in polietilene.
L’uso di guanti di gomma, o in polivinilcloruro, in soggetti con allergie alle resine acriliche non
rappresenta un provvedimento preventivo idoneo in quanto il monomero acrilico è in grado di penetrare attraverso i guanti stessi. Piuttosto che impiegare guanti più spessi, poco pratici in quanto interferiscono sui movimenti, sembra preferibile, in questi casi, effettuare un ricambio continuo dei guanti durante la manipolazione delle resine.
La prevenzione delle stomatiti allergiche da contatto prevede l’allontanamento dell’agente causale. In caso di sensibilità al cobalto possono essere scelti acciai senza questo elemento per la costruzione di una protesi; in caso di allergia al nichel si può usare vitallium senza nichel; qualora vi sia
sensibilità al cobalto, al nichel e/o al cromo si può utilizzare il titanio.
È consigliabile, prima dell’applicazione di una protesi, effettuare un esame allergologico tramite
un patch test, con gli apteni della “serie odontoiatrica”, per evidenziare un’eventuale allergia da contatto.
T ERAPIA
La terapia della dermatite allergica da contatto professionale può essere topica o generale.
Il trattamento locale prevede, per lo stadio acuto essudante, gli impacchi astringenti (argento
nitrato 1-2%, permanganato di potassio 0,25%, acido borico 3%, infuso di camomilla) ripetuti 2-4
volte al giorno e in un secondo tempo le paste assorbenti. Nelle fasi in cui prevalgono l’infiltrazione
e la desquamazione si ricorre all’uso di paste semigrasse incorporandovi farmaci risolventi quali l’ittiolo e il tumenolo a basse concentrazioni (1-2%). In caso di ipercheratosi giovano cheratolitici a base
di vaselina e acido salicilico al 3-10%. Oltre a questi validi galenici vanno prese in considerazione le
preparazioni cortisoniche che forniscono ottimi risultati nelle forme acute, episodiche e nelle forme
croniche. L’uso prolungato di queste, in particolare di prodotti ad alta attività terapeutica, può però
provocare gravi effetti secondari. I cortisonici per uso topico vanno impiegati per 5-7 giorni a cui fa
seguito l’uso di creme idratanti applicate per un’altra settimana. Si procede, pertanto, con preparazioni topiche steroidee e non steroidee alternate.
La terapia generale ricorre all’uso di antistaminici di sintesi di ultima generazione che, oltre a
un’azione antiflogistica, esercitano una costante e spiccata azione sulla sintomatologia pruriginosa.
Un trattamento di breve durata con cortisonici a dosi modicamente elevate è opportuno nelle forme
diffuse, specie ove non sia realizzabile l’eliminazione dell’aptene.
La terapia primaria della stomatite allergica da contatto consiste nella rimozione della sostanza
allergizzante e nella sostituzione con sostanze chimicamente non a essa correlate, segue poi un protocollo prestabilito.
La terapia locale è rappresentata dalla disinfezione del sito mediante full mouth disinfection (FMD).
Quest’ultima è un complesso di procedure mediche e strumentali non chirurgiche, finalizzate alla
decontaminazione di tutti i tessuti duri e molli del cavo orale nell’ambito delle 24 ore.
Nel trattamento FMD del tessuto dento-parodontale si distinguono:
• procedure strumentali: ablazione tartaro sopragengivale con ultrasuoni; scaling manuale (detartrasi sottogengivale); root planing (levigatura radicolare e rimozione del cemento necrotico);
rimozione dei focolai flogistici attivi, dentali, protesici, traumatici;
29
CAPITOLO 2
REAZIONI ALLERGICHE (RALL) DA CONTATTO
• procedure farmacologiche: applicazione topica di farmaci (antimicotici e antibiotici, quali il gel di
metronidazolo che, applicato nel solco gengivale, modifica la propria fluidità per trasformarsi in
un gel colloidale stabile per 24-36 ore); minociclina con effetto >21 ore contro gli anaerobi obbligati; doxicillina con effetto antimicrobico prolungato per 4 mesi; tetraciclina batteriostatica, disponibile in gel, soluzione o fibre; collutori medicati, antibatterici (clorexidina, benzidamina); antinfiammatori (nimesulide).
Il trattamento FMD dei tessuti molli si attua mediante:
• procedure strumentali: peculiare attenzione è da porre nei confronti dell’igiene linguale da attuare con appositi strumenti (spazzolini a setole medie e ansa nettalingua di metallo), con movimenti singoli ripetuti postero-anteriori dalla radice all’apice linguale; per il raggiungimento di sedi
difficili è opportuno realizzare tray personalizzati per ogni singolo paziente, in resina dura di 12 mm di spessore che consentano l’alloggiamento del farmaco (antibiotico, antimicotico, cortisonico, antinfiammatorio) e la sua permanenza sulle mucose per tempi terapeuticamente validi;
• procedure farmacologiche: applicazione topica di farmaci (antibiotici e antimicotici); applicazione di colluttori medicati, antibatterici (clx, benzidamina, soluzione iodata); applicazione di antinfiammatori (nimesulide).
Risulta essere utile la terapia antiflogistica locale mediante collutorio (Erreflog coll®) a base di
nimesulide 0,1%: 1 sq per 2/die.
In caso di lesioni erosive della mucosa orale agenti idratanti alleviano la sintomatologia e ripristinano l’integrità della mucosa. Il gel Aminogam® a base di acido jaluronico e aminoacidi ha dimostrato, secondo la nostra esperienza clinica, una sorprendente accelerazione del processo di guarigione delle forme ulcerative-produttive, in relazione alle proprietà modulatrici della flogosi e idratanti dovute alla struttura chimica dei suddetti principi attivi.
Nelle forme acute, episodiche e croniche può esser indicato l’utilizzo di corticosteroidi topici
quali:
• clobetasolo dipropionato: gel/unguento 0,05%, da applicare sulla lesione 2 volte al giorno;
• flucinonide: gel 0,05%/pomata 0,025%, da applicare sulla lesione 2 volte al giorno.
Vengono associati ad antimicotici topici quali:
• amfotericina B: sospensione orale 100 mg/ml, 1 sciacquo ogni 6 ore per 14-21 giorni;
• nistatina: sospensione orale 100.000 IU/ml, 1 sciacquo da 6 ml ogni 6 ore per 14-21 giorni.
La terapia generale si esplicita parimenti a quella sovracitata per la dermatite allergica da contatto.
Letture consigliate
Akhavan A, Alghaithi K, Rabach M, Mirchandani N, Cohen SR. Allergic contact stomatitis.
Dermatitis. 2006 Jun;17(2):88-90.
Gates T. Atopic dermatitis: diagnosis, treatment, and aeromedical implications. Aviat Space Environ
Med. 2007 Jan;78(1):29-37.
Grange A, Roth B, Tortel MC, Guillaume JC. Chromium-induced vasculitis-like purpuric allergic
contact dermatitis. Ann Dermatol Venereol. 2005 Dec;132(12 Pt 1):993-5.
Hamann CP, DePaola LG, Rodgers PA. Occupation-related allergies in dentistry. J Am Dent Assoc.
2005 Apr;136(4):500-10.
Nettis E, Assennato G, Ferrannini A, Tursi A. Type I allergy to natural rubber latex and type IV allergy to rubber chemicals in health care workers with glove-related skin symptoms. Clin Exp Allergy.
2002;32(3):441-7.
Nettis E, Colanardi MC, Soccio AL, Ferrannini A, Tursi A. Occupational irritant and allergic contact
dermatitis among healthcare workers. Contact Dermatitis. 2002;46(2):101-7.
Nettis E, Marcandrea M, Colanardi MC, Paradiso MT, Ferrannini A, Tursi A. Results of standard series
patch testing in patients with occupational allergic contact dermatitis. Allergig 2003 Dec;58(12):1304-7.
30
LETTURE CONSIGLIATE
Rycroft RJG, Mennè T, Frosch PJ (eds). Textbook of contact dermatitis, 2nd ed. Springer-Verlag, Berlin
1995.
Sertoli A. Dermatologia allergologica professionale ed ambientale. Il Pensiero Scientifico Ed, Roma, 1991.
Torgerson RR, Davis MD, Bruce AJ, Farmer SA, Rogers RS 3rd. Contact allergy in oral disease. J Am
Acad Dermatol. 2007 Aug;57(2):315-21. Epub 2007 May 25.
31
3
ALLERGIA AL LATTICE
DELLA GOMMA
D EFINIZIONE
L’allergia al lattice è una reazione a patogenesi IgE-mediata o di tipo I, talora con quadri clinici estremamente gravi, che si manifesta in pazienti sensibilizzati all’esposizione a proteine contenute nel lattice (un liquido lattiginoso che scorre nel tronco di un albero chiamato Hevea Brasiliensis). In alcuni
casi l’allergia, di tipo cellulo-mediato o di tipo IV, può essere causata non dalle proteine del lattice
ma dagli additivi utilizzati nella fabbricazione dei manufatti.
La sensibilizzazione al lattice, con conseguenti manifestazioni cliniche che, talvolta, possono essere anche molto gravi e rischiose per la vita, negli ultimi anni ha mostrato un notevole e rapido incremento della sua prevalenza e incidenza. Ciò è relazionabile al rapido e progressivo sviluppo di sempre nuovi manufatti contenenti lattice, immessi sul mercato per gli usi più svariati (dall’abbigliamento agli articoli di uso domestico, fino agli oggetti di impiego sanitario).
Tutto ciò ha portato, come conseguenza fortemente negativa, all’incremento della patologia da
lattice, sia respiratoria che cutanea, che si configura come una vera e propria patologia “ambientale”, ulteriormente complicata dalla cross-reattività, che si dimostra sempre più frequente, con numerosi alimenti, soprattutto vari tipi di frutta.
E PIDEMIOLOGIA
E GRUPPI A RISCHIO DI SENSIBILIZZAZIONE
Le prime descrizioni di reazioni IgE-mediate al lattice risalgono al 1927. Si trattò di un caso di orticaria e angioedema del cavo orale da protesi dentale, contenente un substrato in lattice, e di un caso
di asma occupazionale.
Sino ad oggi sono stati identificati nel lattice più di 200 polipeptidi, dei quali circa 50 sono stati
caratterizzati come allergeni.
La prevalenza della sensibilizzazione al lattice nella popolazione generale, se si escludono gli atopici, è inferiore all’1%. Tra il 1992 e il 1998 la Food and Drug Administration (FDA) ha ricevuto oltre
1000 segnalazioni di reazioni allergiche al lattice, di cui 15 mortali. In Francia il lattice è responsabile del 19% delle reazioni allergiche intra-operatorie. Gli studi epidemiologici si sono soprattutto concentrati sulla stima della prevalenza dell’ipersensibilità allergica al lattice in gruppi di soggetti considerati a rischio per l’esposizione, lavorativa e non, al lattice.
Sulla base dei dati della letteratura si possono, quindi, identificare i seguenti gruppi a rischio:
• personale sanitario: la prevalenza è riportata tra il 2,8 e il 12,1%;
• addetti all’industria della gomma: la prevalenza varia da 1,5 a 11%;
• soggetti che abbiano subito ripetuti interventi chirurgici: per esempio bambini affetti da spina
bifida o da anomalie urogenitali. La prevalenza della sensibilizzazione al lattice tra i bambini con
spina bifida varia tra il 18 e il 72%;
• parrucchieri, casalinghe, cuochi: costituiscono un gruppo a rischio per il frequente uso di guanti
in lattice.
33
CAPITOLO 3
ALLERGIA AL LATTICE DELLA GOMMA
I pazienti allergici al lattice che, quando non riconosciuti come tali, vengono a contatto con manufatti in lattice in ambito lavorativo, in corso di interventi chirurgici o in corso di procedure diagnostiche e terapeutiche (visite odontoiatriche o visite ginecologiche) possono sviluppare gravi reazioni
sistemiche.
F ATTORI
DI RISCHIO
Il fattore di rischio principale per la sensibilizzazione al lattice è il frequente e prolungato contatto in
ambito lavorativo ed extralavorativo. Oltre questo, ve ne sono altri che devono essere considerati:
• appartenenza al sesso femminile;
• interventi chirurgici: indipendentemente dalla patologia di base, rappresentano un fattore di
rischio per il contatto diretto tra lattice e mucose (attraverso i guanti o altri strumenti utilizzati in
sala operatoria);
• contatto del lattice con cute lesa: tutte le forme morbose sono accomunate dalla presenza di piccole soluzioni di continuo sulla cute, la quale, priva del film lipidico protettivo, favorisce la penetrazione delle proteine idrosolubili del lattice;
• atopia: lo stato atopico, che predispone alla sensibilizzazione ai comuni aeroallergeni, e la presenza di un’allergia respiratoria IgE-mediata, asma bronchiale e oculorinite allergica, rappresentano
un fattore predisponente;
• sensibilizzazione/allergia a determinati cibi: banana, castagna, avocado e kiwi in particolare, per
la presenza nella struttura di questi alimenti di determinanti antigenici che si ritrovano nella
struttura del lattice stesso (cross-reattività).
P ATOGENESI
E CLINICA
L’esposizione ai manufatti in lattice provoca diversi tipi di reazione, sia di natura allergica che irritativa. Le reazioni di tipo irritativo si manifestano soprattutto con il quadro clinico della dermatite da contatto irritante che compare, solitamente, in seguito al contatto con guanti in lattice. Le reazioni di natura allergica sono, nella maggior parte dei casi, riconducibili a due diversi meccanismi patogenetici
descritti di seguito.
• Da ipersensibilità allergica, di tipo I, immediata o IgE-mediata: comprendono i temibili quadri
morbosi dell’allergia al lattice ossia orticaria da contatto, orticaria generalizzata, angioedema,
congiuntivite, rinite, asma e shock anafilattico. Sono le più frequenti e si verificano, essenzialmente, in pazienti sensibilizzati alle proteine del lattice. Le manifestazioni delle reazioni di tipo
I dipendono, essenzialmente, dalla modalità di esposizione al lattice. La manifestazione più
comune di reazione IgE-mediata da guanti è l’orticaria da contatto (OC). L’OC da proteine del
lattice inizia 10-30 minuti dopo l’esposizione ai guanti, può essere tardiva se l’assorbimento
degli allergeni è più lento o insorgere più rapidamente se si indossano guanti su mani umide.
Clinicamente è caratterizzata da elementi cutanei rilevati, solitamente di colore pallido, circondati da cute normale o rosea e accompagnati da prurito più o meno intenso. Tipicamente le lesioni, simili a quelle provocate da una puntura di insetto, compaiono nella sede di contatto con i
guanti, sono fugaci e si risolvono con completa restitutio ad integrum. Con il continuo uso dei
guanti i sintomi tendono a manifestarsi sempre più precocemente. L’orticaria aumenta per intensità ed estensione sino a forme generalizzate, associate o meno ad angioedema del tessuto sottocutaneo. L’OC da guanti in lattice va, quindi, distinta dalle frequenti lesioni eczematose e eritemato-vescicolari fisse, che durano molto tempo, caratteristiche di una dermatite da contatto irritante e che si possono verificare per un contatto continuo con i guanti in lattice (Cap. 8). Il contatto dei guanti dell’odontostomatologo con le labbra o la mucosa orale di un soggetto allergico
al lattice causa, quindi, tumefazione temporanea nella zona di contatto. In un paziente, un’orticaria da contatto da lattice che si manifesta durante la somministrazione di un anestetico locale
può essere scambiata per una reazione causata dall’anestetico stesso. In un bambino, una storia
34
DIAGNOSI
di tumefazione delle labbra mentre gonfia un palloncino in gomma spesso sottintende un’allergia al lattice. Anche l’apposizione di dighe dentali può provocare la comparsa di OC. Se le proteine del lattice sono aerosolizzate (per esempio presenti nella polvere dei guanti di lattice che si
disperde nell’ambiente dopo averne aperta una confezione) possono essere inalate e possono
essere responsabili di orticaria generalizzata, di angioedema, di manifestazioni respiratorie e
oculari. I sintomi oculari consistono in prurito e iperemia congiuntivale. La rinite si presenta con
prurito nasale, starnutazione, ostruzione e rinorrea acquosa. La manifestazione respiratoria IgEmediata più frequente negli operatori sanitari che inalano allergeni del lattice è l’asma. L’asma,
inoltre, può essere l’unica manifestazione di reazione allergica al lattice o essere uno dei sintomi
in corso di shock anafilattico, l’espressione più grave e drammatica della ipersensibilità allergica al lattice. L’anafilassi può essere provocata dall’esposizione al lattice per via cutanea, mucosale, inalatoria o, soprattutto, per via parenterale. Il rischio è essenzialmente legato alla rapidità
e alla quantità di allergeni che entrano nell’organismo. L’anafilassi intra-operatoria da lattice è
dovuta al suo contatto durante l’intervento chirurgico con mucose o sangue. Le cause più comuni sono: guanti, cateteri e tubi endotracheali. L’individuazione dell’elemento responsabile dell’anafilassi intra-operatoria è spesso difficile, sia perché vi sono altre cause che possono esserne
responsabili (antimicrobici, anestetici generali e miorilassanti), sia perché il quadro clinico può
essere modificato da farmaci utilizzati in corso di anestesia. In letteratura sono riportati alcuni
casi di reazioni anafilattiche causate dal lattice presente in contenitori di preparazioni farmaceutiche, come, per esempio, nei tappini multi-perforabili di flaconi e fialoidi. In questo caso, il lattice può essere trasportato passivamente attraverso gli aghi delle siringhe. Le proteine idrosolubili possono anche contaminare direttamente il farmaco contenuto nei flaconi. Questo problema
sembra destinato a scomparire in quanto l’industria farmaceutica è sempre più orientata all’utilizzo di materiale sintetico privo di lattice.
• Da ipersensibilità allergica di tipo IV, ritardata o cellulo-mediata: molto frequenti, generalmente
causate dal contatto con guanti, scarpe, abbigliamento sportivo o strumentazioni mediche. Si presentano sotto forma di dermatite allergica da contatto e sono causate soprattutto dagli additivi
impiegati nella lavorazione della gomma o, molto di rado, dalle proteine del lattice. Compaiono
dopo circa 48 ore dall’esposizione all’antigene, a seguito dell’attivazione di numerose cellule
infiammatorie richiamate in sede.
D IAGNOSI
L’individuazione di soggetti allergici al lattice e di gruppi ad alto rischio rappresenta il cardine per
lo sviluppo di tutte le procedure atte a prevenire e minimizzare le reazioni allergiche al lattice. Essa
si basa su una raccolta attenta e particolareggiata dei dati anamnestici e sulla valutazione immunologica.
L’anamnesi deve evidenziare alcuni aspetti fondamentali della patologia da lattice: le modalità di
esposizione ad articoli di gomma naturale, il tipo di manifestazione clinica, la sequenza dei sintomi
e l’associazione con l’esposizione al lattice. Si deve indagare anche su precedenti interventi chirurgici, con eventuali loro complicanze, e sulla presenza di una storia familiare e/o personale (rinite, congiuntivite, asma) di atopia. L’anamnesi, per quanto suggestiva, è solo indicativa di una possibile
allergia al lattice in quanto i sintomi possono essere atipici o sfumati, quasi impercettibili, oppure
mascherati dalla presenza di una concomitante dermatite irritativa come nelle forme provocate da
guanti. La diagnosi si basa quindi su esami in vivo ed esami in vitro.
Test in vivo
Skin prick test (SPT, FIG. 3.1). Sono attualmente disponibili in commercio preparazioni standardizzate (Stallergenes, Alk-Abellò, Lofarma), sebbene il prick test possa anche essere eseguito con estratti estemporanei da guanti di lattice. Vi è la possibilità di falsi positivi e di falsi negativi e sono state,
35
CAPITOLO 3
ALLERGIA AL LATTICE DELLA GOMMA
FIGURA 3.1 Skin Prick Test positivo in paziente con allergia
al lattice della gomma. È preferibile eseguire tali test in
ambiente ospedaliero attrezzato e sotto stretto monitoraggio.
inoltre, segnalate reazioni sistemiche durante l’esecuzione dei test. Gli skin prick test e i test di provocazione devono essere effettuati con estrema cautela, da personale esperto e in ambiente ospedaliero attrezzato. In caso di storia di reazioni gravi è consigliabile cominciare l’iter diagnostico con il
dosaggio sierico delle IgE specifiche e, quindi, procedere con cautela all’esecuzione di test in vivo, se
necessario.
Test di provocazione (FIG. 3.2). L’unico test utile per dimostrare la responsabilità del lattice nelle
reazioni di ipersensibilità allergica è il test di provocazione. Il test d’uso con guanto di lattice è utilizzato per dimostrare, solitamente, le forme di allergia cutanea. Il test di provocazione nasale specifico e bronchiale specifico si effettua di solito per la dimostrazione delle forme allergiche respiratorie.
Patch test. Esso viene, invece, eseguito dopo una diagnosi di eczema al fine di formulare una diagnosi differenziale fra una dermatite allergica (reazione di tipo IV) e una irritativa.
FIGURA 3.2 Test di provocazione con guanto o test d’uso nel medesimo paziente. Si effettua invitando lo stesso
a indossare un guanto (test) in lattice e un guanto (controllo) in vinile. Il test può esser limitato a un unico dito.
La lettura viene eseguita entro pochi minuti dopo la rimozione del guanto che viene tenuto indossato solitamente dai 30 ai 120 minuti.
36
GESTIONE DEL PAZIENTE ALLERGICO AL LATTICE
Test in vitro
Dosaggio delle IgE specifiche. Tale dosaggio è effettuato, solitamente, con la metodica RAST. Viene
eseguito un semplice prelievo su siero per evidenziare, in circolo, la presenza di eventuali anticorpi
IgE specifici per il lattice. I test in vitro (ELISA, RAST) sono meno sensibili degli SPT.
P REVENZIONE
I soggetti con documentata allergia al lattice devono:
• evitare l’impiego lavorativo ed extralavorativo di guanti in lattice;
• evitare il contatto e l’esposizione a manufatti in lattice quali: mezzi anticoncezionali (condom, diaframma), oggetti per l’infanzia (giocattoli, palloncini, succhiotti), equipaggiamenti sportivi (pinne,
maschere sub, accessori per la vela, palle e palloni sportivi), arredi e manufatti di uso domestico
(tende per la doccia, borsa dell’acqua calda, adesivi, francobolli, gomma per cancellare);
• eliminare dagli ambienti piante di Ficus benjamina;
• assumere con cautela gli alimenti con documentata cross-reattività con il lattice: kiwi, banana, castagna ecc.
• munirsi di una targhetta metallica da portare al collo in cui sia scritto: soggetto con allergia al lattice;
• portare con sé una confezione di adrenalina autoiniettabile da utilizzare all’occorrenza.
G ESTIONE
DEL PAZIENTE ALLERGICO AL LATTICE
Poiché l’allergia al lattice può causare esiti anche fatali ed essendo questo materiale estremamente
diffuso in ambienti ospedalieri e ambulatoriali (TAB. 3.1), è necessario porre particolare attenzione
all’assistenza dei soggetti allergici al lattice. Va, inoltre, considerato che la reazione allergica può essere provocata anche dall’esposizione a sostanze (aeroallergeni) disperse nell’ambiente e che, quindi,
anche una piccola disattenzione può provocare una grave manifestazione anafilattica.
TABELLA 3.1 Esempi di dispositivi medici contenenti lattice
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Apparecchi ortodontici in gomma
Bende adesive
Bende elastiche
Borse dell’acqua calda
Borse delle urine
Cannule per uso endovenoso
Catetere fogarty per disostruzione
biliare
Catetere fogarty per embolectomia
arteriosa
Catetere prostatico
Catetere venoso centrale
Cateteri per clisteri di bario
Cateteri urinari
Cateteri vescicali
Cerotti
Cerotto Albuplast
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•
•
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Circuito anestesia
Componenti in gomma delle siringhe
Condom
Contenitori per liquidi infetti
Copricapo e cuffie
Diaframmi
Dighe dentali
Drenaggio aspirazione e sovrapubico
Elastici per apparecchi dentali
Emodializzatori
Guanti
Introduttore femorale
Lacci emostatici
Maschera aerosolterapia/ossigenoterapia
• Maschere anestesiologiche
• Palloni (per es. tipo Ambu)
•
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•
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•
•
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Raccordi per deflussori
Rete elastica
Sacche raccogliurina
Sensori
Sfigmomanometri
Sonde
Sondino naso-gastrico
Succhiotti in gomma
Tappi di flaconi per farmaci
Tettarelle in gomma
Tubi da flebo
Tubi endobronchiali
Tubi endotracheali
Unità respiratorie
Valvole
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CAPITOLO 3
ALLERGIA AL LATTICE DELLA GOMMA
TABELLA 3.2 Quesiti per identificare un paziente con sospetta allergia al lattice
1.
Il paziente ha avuto prurito buccale, difficoltà respiratorie, angioedema in seguito all’ingestione di particolari alimenti quali banana, kiwi, avocado, castagna?
2.
Il paziente è esposto a prodotti in lattice nel suo ambiente lavorativo e ha mai manifestato angioedema, orticaria, difficoltà respiratorie, tosse, rinocongiuntivite durante l’attività lavorativa?
3.
Il paziente ha mai manifestato prurito, orticaria, angioedema, difficoltà respiratorie o rinocongiuntivite mentre
indossa guanti in lattice?
4.
Il paziente ha mai manifestato i sintomi su citati in seguito al contatto con guanti in lattice in corso di visite ginecologiche, prelievi di sangue e altre manovre diagnostiche?
5.
Il paziente ha mai manifestato gonfiore labiale, tosse, difficoltà respiratorie, rinocongiuntivite gonfiando un palloncino o in corso di visite odontoiatriche?
6.
Il paziente ha mai manifestato orticaria, angioedema, prurito in seguito al contatto con profilattici o diaframmi o
dopo una visita rettale?
7.
Il paziente è stato mai sottoposto a interventi chirurgici e ha avuto complicanze che hanno richiesto l’intervento
dell’unità di rianimazione?
8.
Il paziente è affetto da spina bifida o da problemi del tratto urinario che abbiano richiesto interventi chirurgici o
cateterizzazione?
Il paziente che giunge in una U.O. odontostomatologica o in un ambulatorio specialistico può
essere a conoscenza della sua condizione di allergico al lattice. Talvolta, tuttavia, ciò non accade e la
procedura medico-chirurgica a cui il paziente viene sottoposto può rappresentare la prima occasione del manifestarsi di una reazione anafilattica.
In ogni struttura sanitaria il riconoscimento di un paziente che non sa di essere allergico al lattice
rappresenta un presupposto fondamentale, al fine di assicurare prestazioni sanitarie sicure. Pertanto,
deve essere effettuata un’attenta e scrupolosa anamnesi che preveda la somministrazione di apposito questionario (TAB. 3.2) in tutti i pazienti sottoposti a visita medica con indicazione a intervento
chirurgico, o ad altra procedura diagnostica o terapeutica che richieda l’uso di dispositivi in lattice.
Se dalle risposte al questionario risulterà una sospetta allergia al lattice, il paziente sarà indirizzato,
per un approfondimento diagnostico, presso lo specialista allergologo.
Particolare attenzione deve essere posta ai pazienti appartenenti a gruppi ad alto rischio di sviluppare un’allergia al lattice, quali i bambini affetti da spina bifida, malformazioni urogenitali, ano
imperforato, fistola tracheo-esofagea, atresia esofagea e sindrome di VATER. Questi soggetti saranno indirizzati verso le stesse procedure che vengono adottate per i pazienti con allergia al lattice,
anche in assenza di documentata allergia, al fine di evitare l’istaurarsi di una precoce sensibilizzazione.
Procedure in ambulatorio di odontostomatologia
È necessario sottolineare che i pazienti portatori di un’allergia al lattice e i pazienti con sospetta allergia al lattice, per i quali non è possibile effettuare un’appropriata diagnostica allergologica, devono
essere trattati in condizioni latex safe (FIG. 3.3). Per poter rendere possibile tutto questo si renderà
necessario prendere alcuni importanti accorgimenti, come descritto di seguito.
38
GESTIONE DEL PAZIENTE ALLERGICO AL LATTICE
FIGURA 3.3 Simbologia latex free, dispositivi medici
latex free e carrello latex free in dotazione presso la
Sala Operatoria di Anestesia Generale della Clinica
Odontostomatologica del Policlinico di Bari.
39
CAPITOLO 3
ALLERGIA AL LATTICE DELLA GOMMA
TABELLA 3.3 Esempi di farmaci che contengono lattice nella confezione
• Carboplatino Pharmacia ev fl
• Cisplatino Pharmacia fl ev
• Emagel fl
• Fragmin 2500 e 5000 U.I. fl sir
• Fraxiparina sir
• Vincristina ev
• L’odontostomatologo e i suoi assistenti devono indossare guanti non in lattice, sebbene l’uso dei
guanti in materiale alternativo comporti alcuni sacrifici in termini di protezione, performance
(presa, flessibilità e indossabilità) e costi. Tra i guanti alternativi, sia per visita medica sia chirurgici, possiamo annoverare guanti in vinile, guanti in neoprene, guanti in elastirene, guanti in nitrile e guanti in tactylon. I guanti alternativi possono essere privi anche degli additivi della gomma,
responsabili in alcuni casi di dermatiti allergiche da contatto.
• Il personale deve detergersi le mani in maniera accurata prima di accedere all’ambulatorio.
• Nell’ambulatorio deve essere introdotto solo materiale latex free e devono essere eliminati tutti i
dispositivi che potrebbero contenere lattice. Nel caso in cui vi sia materiale insostituibile (per es.
poltrone), questo deve essere ricoperto con teli di cotone o con pellicole in plastica tipo domopack.
• Nel caso di bracciali per la determinazione della pressione arteriosa, qualora non fosse possibile
averne a disposizione uno latex free, si può interporre, tra il braccio del paziente e il manicotto,
un telo di cotone. La stessa precauzione deve essere seguita nell’impiego dei lacci emostatici, se,
ovviamente, non latex free.
• Al di fuori dell’ambulatorio deve essere posto un carrello contenente camici monouso, i quali
saranno indossati da tutto il personale prima di entrare nella stanza. In alternativa, si possono utilizzare camici puliti non contaminati da particelle di lattice.
• I farmaci iniettabili devono essere aspirati, con una siringa latex free, da fiale in vetro o da flaconi che non contengano lattice, nemmeno come costituente del tappo. In tal caso il tappo (costituito da lattice) non va perforato ma eliminato completamente. Si tenga presente, inoltre, che esistono farmaci che contengono lattice nella confezione (TAB. 3.3).
• Nell’ambulatorio deve essere sempre garantita la presenza di un carrello con materiale latex free
adeguato alla tipologia di prestazione da erogare, al fine di evitare l’esposizione al lattice nei soggetti allergici (TAB. 3.4). Il materiale deve essere chiuso in un involucro di plastica per evitare contaminazioni per via aerea.
TABELLA 3.4 Esempio di lista di materiale latex free, presente in carrello, disponibile in ambulatorio odontoiatrico
•
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•
•
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•
•
40
Aghi a farfalla
Aghi cannula
Aghi intramuscolo
Ambu Silicone
Bulbo su contagocce
Cerotti
Cerotti tnt
Contenitori per amalgama
Dighe di gomma
Dischetti lucidanti
Elastici delle maschere facciali
Elastici per ortodonzia
•
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•
Fiale di anestetico locale senza gommino
Guanti chirurgici latex free
Laccio emostatico latex free
Maschere per ossigenoterapia
Materiale per impronta
Pistola spray aria e acqua
Sfigmomanometro
Siringhe
Siringhe per anestetico (stantuffo)
Tubi endotracheali
Tubo del sistema di aspirazione
GESTIONE DEL PAZIENTE ALLERGICO AL LATTICE
• È necessario assicurarsi che i dispositivi medici per la somministrazione dell’ossigeno (maschera,
tubi e palloncino), siringhe e tutto il materiale per eseguire le flebo in dotazione della stanza siano
latex free.
• A seconda del tipo di prestazione da effettuare, si valuti l’opportunità che nella stanza vi sia anche
uno specifico carrello latex free dell’anestesia-rianimazione.
Per quanto riguarda l’allestimento di un ambiente operatorio, la preparazione del paziente all’intervento odontoiatrico e la programmazione dell’intervento, si veda il paragrafo successivo.
Procedure in sala operatoria
Allestimento della sala operatoria
Il responsabile del quartiere operatorio in cui si allestisce la sala operatoria deve assicurare il percorso latex safe all’interno del quartiere operatorio stesso, l’allestimento della sala operatoria e la segnalazione, con apposito cartello, dell’intervento in regime latex safe in corso. All’uopo si dovranno eseguire le procedure di seguito indicate.
• L’allestimento della sala operatoria, della stanza di preparazione e di risveglio deve essere condotto da personale che non utilizzi guanti in lattice e che sia stato scrupolosamente istruito sulle
modalità di allestimento. Va, inoltre, eseguito trasportando all’esterno tutto il materiale e le apparecchiature, quando ciò sia possibile, e riammettendo solo il materiale essenziale, dopo aver verificato che sia privo di lattice. Il materiale in lattice non sostituibile (per es. materassi) deve essere
ricoperto da pellicola trasparente tipo domopack o da teli di cotone. Nella preparazione del
paziente all’intervento chirurgico vanno evitati dispositivi in lattice (per es. uso di enteroclismi
con parti in lattice).
• All’interno della sala deve essere posto un carrello con tutto il materiale latex free necessario per
l’intervento. Tale carrello deve essere allestito in un locale separato dalle sale operatorie al fine di
evitare qualsiasi contaminazione con particelle aerodisperse. Il materiale contenuto nel carrello
deve essere scelto e preparato appositamente per quel paziente e per quel tipo di intervento. Tutti
i dispositivi, elencati in una check-list, sono scelti preventivamente dal chirurgo operatore che si
avvale dell’ausilio del caposala. La check-list dovrà essere intestata con il nome del paziente, datata e firmata dall’operatore che l’ha stilata.
• Per gli interventi d’urgenza deve essere disponibile un carrello con materiali latex free standard; è necessario che nella sala vi sia anche lo specifico carrello latex free dell’anestesia-rianimazione.
• Nella sala operatoria è sempre opportuno affiggere l’elenco del materiale che assolutamente non
deve essere utilizzato (per es. guanti in lattice). Le gravi reazioni allergiche intra-operatorie sono
legate, soprattutto, al contatto dei guanti in lattice con le mucose di un paziente allergico.
• Tutto il personale coinvolto nella gestione del paziente deve essere adeguatamente informato che
il paziente è allergico; è, inoltre, tassativamente vietato l’ingresso nella sala al personale non direttamente coinvolto.
• Il personale deve, prima di entrare nella sala, indossare camici monouso e adoperare mascherine
prive di elastici e copriscarpe, nel caso in cui gli zoccoli contengano lattice.
Preparazione del paziente
• È opportuno eseguire sia la preparazione che il risveglio in sala operatoria e solo quando il
paziente è autosufficiente va posto a letto, senza l’aiuto del passamalati, se non latex free.
• Sebbene vi siano pareri discordanti, in caso di intervento chirurgico si preferisce trattare profilatticamente il paziente allergico al lattice utilizzando antistaminici e cortisonici come indicato di
seguito:
41
CAPITOLO 3
ALLERGIA AL LATTICE DELLA GOMMA
– prednisone (Deltacortene®) 50 mg/os 13 ore, 7 ore e 1 ora prima dell’intervento;
– ranitidina (Ranidil®) 300 mg/os 13 ore, 7 ore e 1 ora prima del’intervento;
– clorfenamina maleato (Trimeton®) 10 mg/im 1 ora prima dell’intervento.
Programmazione dell’intervento
• È importante programmare l’intervento chirurgico affinché non vi siano livelli elevati di allergeni del lattice aerodispersi nell’ambiente operatorio.
• Gli interventi di elezione dovrebbero, pertanto, essere programmati di lunedì mattina dopo aver
provveduto alla preparazione della sala il venerdì, senza aver utilizzato la sala stessa nel fine settimana. Se ciò non fosse realizzabile bisognerebbe effettuare la preparazione della sala con un
adeguato ricambio d’aria nelle 6 ore precedenti l’intervento.
• Se tutto ciò non fosse possibile, si dovrebbe programmare l’intervento come primo della seduta
operatoria del giorno, dopo aver accuratamente spolverato, con la tecnica a umido, tutte le superfici della sala, con lo scopo di eliminare le particelle di lattice depositatesi durante la notte.
T ERAPIA
L’immunoterapia allergene specifica per via sublinguale (vaccino) è efficace e ben tollerata nei soggetti allergici al lattice.
La terapia di un’eventuale reazione allergica dipende dal tipo di manifestazione.
Le reazioni eczematose di tipo IV vanno trattate solitamente con topici cortisonici e antistaminici
somministrati per os.
Per l’ampio spettro di manifestazioni cliniche delle reazioni di tipo I, la terapia varia a seconda
del quadro clinico. È, generalmente, effettuata per via sistemica e si avvale di antistaminici e steroidi, fino a un trattamento intensivo nello shock anafilattico.
Nel corso del trattamento dello shock anafilattico, nel paziente allergico al lattice, vanno allontanati tutti i dispositivi contenenti gomma e va utilizzato esclusivamente materiale latex free. In questi soggetti è indispensabile l’impiego di adrenalina quale farmaco di elezione, vista la sua efficacia
terapeutica nelle reazioni allergiche IgE-mediate (Cap. 5).
Letture consigliate
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García JA. Type I latex allergy: a follow-up study. J Investig Allergol Clin Immunol. 2007;17(3):1647.
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Nettis E, Colanardi MC, Ferrannini A. L’allergia al lattice della gomma. Edit Copyright Editore, Bari.
2002.
42
LETTURE CONSIGLIATE
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reazioni allergiche nelle strutture sanitarie della regione Puglia. Deliberazione n. 45/2007 del 21 marzo
2007 del Direttore Generale Agenzia Sanitaria Regione Puglia (AReS).
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Oral Med Oral Pathol Oral Radiol Endod. 2002;93(2):144-48.
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blind, placebo controlled study of sublingual immunotherapy in patients with latex-induced
urticaria: a 12-month study. Br J Dermatol. 2007;156:674-681.
43
4
REAZIONI ALLERGICHE
(RALL): QUADRI CLINICI
PARTICOLARI
Fondamentale nella pratica odontoiatrica è il riconoscimento precoce di quadri clinici a patogenesi
allergica, al fine di impostare un adeguato protocollo diagnostico e terapeutico per il paziente.
A – P ATOLOGIE
S INDROME
ALLERGICHE DA ALIMENTI
ORALE ALLERGICA
(SOA)
Definizione
Complesso di sintomi indotti dall’esposizione della mucosa orale e orofaringea ad allergeni di tipo
alimentare. I sintomi della stessa sono caratterizzati da una severità ingravescente.
Eziopatogenesi
La sindrome orale allergica può manifestarsi nel 20-40% dei pazienti pollinosici (FIGG. 4.1, 4.2).
Il meccanismo patogenetico è di tipo IgE-mediato. Un soggetto allergico ai pollini produce IgE
specifiche capaci di legarsi ai mastociti localizzati a livello della mucosa orale. Gli allergeni alimentari di origine vegetale, che cross-reagiscono con i pollini, si legano alle IgE specifiche adese alle
mastcellule causando degranulazione con liberazione di mediatori chimici e conseguente esplicitazione sintomatologica.
Le reazioni crociate tra alimenti e inalanti, filogeneticamente lontani, sono giustificate dalla presenza di panallergeni, molecole ubiquitarie di tipo proteico pressoché immutate nel corso dell’evoluzione e dalla sequenza altamente conservata.
FIGURA 4.1 SOA a insorgenza acuta in paziente pollinosico con skin prick test positivi per
banana e carota. Si noti il quadro clinico simile all’angioedema ma caratterizzato da lesioni
più superficiali: lesioni bollose, di piccolo diametro a livello della mucosa labiale inferiore e
di diametro maggiore a livello labiale superiore, con maggiore componente vascolare ed
esiti di devescicolazione della lesione.
45
CAPITOLO 4
REAZIONI ALLERGICHE (RALL): QUADRI CLINICI PARTICOLARI
FIGURA 4.2 SOA a insorgenza acuta in paziente pollinosico con skin prick test positivi per melone. Glossite con
lesioni multiple eritematose a livello del dorso e del ventre linguale, con sintomatologia disfagica, algica e urente.
Clinica
È caratterizzata da sintomi che interessano prevalentemente il cavo orale e insorgono da pochi minuti a un’ora dal contatto con l’alimento cui il soggetto è sensibile. Generalmente i sintomi orali si manifestano entro pochi minuti dal contatto con l’alimento, mentre quelli che interessano altri organi possono manifestarsi dopo 30-60 minuti.
Lo spettro dei sintomi è variabile e si distinguono classicamente quattro stadi in base alla gravità:
• stadio 1: compaiono sintomi da contatto della mucosa orale quali prurito orofaringeo, edema
delle labbra, papule/vescicole e lesioni eritematose multifocali del cavo orale;
• stadio 2: compaiono difficoltà alla deglutizione, vomito, gastralgia e diarrea;
• stadio 3: compaiono sintomi generalizzati quali l’orticaria;
• stadio 4: compaiono sintomi estremamente gravi quali edema della glottide sino allo shock anafilattico.
La sindrome orale allergica è di frequente riscontro tra i pazienti affetti da allergie a pollini; il
motivo risiede nell’esistenza di una cross-reazione allergica tra pollini e alimenti vegetali quali frutta e verdure crude.
Le IgE polline-specifiche, seguendo un andamento stagionale, fanno sì che durante la stagione
pollinica la sindrome orale allergica sia più frequente.
L’esempio più emblematico di reattività crociata, poiché più importante da un punto di vista clinico, è quello mela-betulla. Essa è dovuta all’elevata omologia tra Bet v 1 (allergene maggiore della betulla) e Mal d 1 (allergene maggiore della mela), entrambi appartenenti alla famiglia delle pathogen-related-protein, proteine che vengono espresse dalla pianta quando viene attaccata da agenti infettivi.
Altre cross-reattività tra allergeni inalatori e alimentari sono:
• nocciolo: mela, pesca, ciliegia, carota, limone;
• parietaria: gelso, ciliegia, basilico, melone;
• betulla: mela, pesca, pera, prugna, albicocca, noce, banana, nocciola, finocchio, carota, sedano;
• graminacee: anguria, pomodoro, melone, frumento, arancia, kiwi;
• compositae: melone, mela, anguria, sedano, pistacchio, camomilla, nocciole.
Diagnosi e diagnosi differenziale
Un valido aiuto è fornito da un’indagine anamnestica accurata che può dare utili indicazioni sull’alimento ingerito, sulle caratteristiche sintomatologiche e sull’intervallo di tempo intercorso tra l’inge-
46
A – PATOLOGIE ALLERGICHE DA ALIMENTI
stione e la comparsa delle manifestazioni. Per confermare i dati anamnestici si ricorre a test diagnostici specifici: in vivo (skin prick test) e in vitro (dosaggio delle IgE specifiche sieriche o RAST). Se il
sospetto diagnostico viene confermato dai test si elimina dalla dieta l’alimento in questione.
Terapia
La terapia farmacologia generale è utile in fase acuta, successivamente a full mouth disinfection, mediante la somministrazione di cortisonici. È stato descritto in letteratura l’utilizzo, a scopo preventivo, di
disodiocromoglicato per os. La terapia preventiva mediante antistaminici non è tutt’oggi consolidata da
validi supporti nella letteratura scientifica a causa della limitatezza del campione utilizzato e dell’impiego di farmaci di vecchia generazione. Tuttavia, la totale e completa astinenza dall’alimento scatenante
conduce alla scomparsa delle manifestazioni cliniche e si dimostra la più efficace e adeguata scelta terapeutica e preventiva.
P ATOLOGIA
ORODIGESTIVA ALLERGICA DA
A NISAKIS
Definizione
Patologia allergica causata soprattutto dall’ingestione di nematodi (Anisakis simplex, Anisakis physeteris o Pseudoterranova) appartenenti alla famiglia Anisakidae, presenti solitamente in qualità di parassiti nell’intestino di pesci, di cefalopodi e di mammiferi marini.
Eziopatogenesi
Secondo le stime epidemiologiche più dell’85% delle aringhe, l’80% delle triglie e il 70% dei merluzzi sono infestati dal parassita (FIG. 4.3) .
L’uomo risulta un ospite accidentale del nematode. La trasmissione dell’infezione avviene per via
alimentare, tramite l’ingestione di pesce infestato crudo, non completamente cotto o in salamoia. Il
parassita è particolarmente resistente agli acidi (aceto e limone) ma estremamente sensibile alla cottura e al congelamento che lo disattivano rapidamente ma talvolta non completamente. Successivamente all’ingestione, generalmente, essendo sensibile all’acido cloridrico gastrico, il parassita
muore, in genere, nell’apparato digerente umano senza poter completare il ciclo vitale. Le larve possono, tuttavia, impiantarsi sulla parete dell’apparato gastrointestinale dello stomaco fino al largo
intestino. Per difendersi dai succhi gastrici attaccano le mucose con notevole capacità perforante.
L’eziologia molecolare sembra essere correlata a polipeptidi antigenici di peso molecolare compreso fra 30 e 50 kd, non ancora completamente isolati e caratterizzati, localizzati sull’involucro
esterno del nematode (FIGG. 4.4, 4.5). Questi ultimi sarebbero in grado di determinare un incremento di IgE specifiche, con conseguente degranulazione mastocitaria e comparsa di reazioni IgE-mediate come orticaria, angioedema, crisi asmatiche e anafilassi.
Nell’area mediterranea è stata stimata una prevalenza di sensibilizzazione all’Anisakis simplex pari
al 5% sul totale della popolazione generale.
Clinica
Variabilmente possono comparire (FIG. 4.6):
• sindrome orticarioide acuta, con lesioni fugaci (pomfi) pruriginose insorgenti entro 4-6 ore dal
contatto con l’allergene scatenante;
• tumefazioni angioedematose del cavo orale e della glottide, a livello delle mucose palpebrali, con
imminente pericolo di vita;
47
CAPITOLO 4
REAZIONI ALLERGICHE (RALL): QUADRI CLINICI PARTICOLARI
FIGURA 4.3 Aspetto macroscopico di carne fresca di Nasello che mostra l’aspetto e le dimensioni dell’Anisakis, che può raggiungere alcuni mm
di lunghezza.
FIGURA 4.4 Sezione istologica trasversale di
Anisakis che mostra la complessità strutturale
dell’involucro esterno che contiene numerosissimi siti fortemente allergizzanti.
FIGURA 4.5 Il microscopio con focale laser evidenzia maggiormente l’estrema irregolarità dell’involucro esterno che assume aspetti simil-villosi (freccia).
48
A – PATOLOGIE ALLERGICHE DA ALIMENTI
FIGURA 4.6 Glossite atrofica da carenza di ferro,
con lesioni multiple, eritematose, ulcerative e
vescicole di 1-2 millimetri di diametro, a insorgenza acuta, in paziente con skin prick test positivi per estratti commerciali di Anisakis simplex.
Sintomatologia disfagica, algica e urente.
• sintomi respiratori asmatici con dispnea, prevalentemente espiratoria, dovuta a broncocostrizione;
• shock anafilattico, per interessamento dei basofili circolanti, con alterazione del sistema cadiocircolatorio, cutaneo e respiratorio, compromissione delle funzioni vitali e imminente pericolo di
vita del soggetto.
La sintomatologia allergica può, tuttavia, limitarsi a una sensibilizzazione locale con conseguenti disturbi gastrointestinali, nausea, vomito, diarrea, a volte sanguinolenta, e algia addominale diffusa associata a febbre.
Diagnosi e diagnosi differenziale
La diagnosi si basa su una corretta indagine anamnestica nei confronti del paziente, indagando le
abitudini alimentari e considerando la possibilità di una patologia professionale negli addetti al
reperimento e alla lavorazione ittica. I test cutanei in vivo (skin prick test con estratti commerciali di
Anisakis simplex) e quelli in vitro (dosaggio sierico delle IgE specifiche per Anisakis o RAST) forniscono un valido supporto diagnostico. Indagini strumentali endoscopiche ed ecografiche identificano
alterazioni macroscopiche e lesioni del tratto digestivo.
Terapia
La terapia è essenzialmente preventiva di elezione (evitare l’ingestione di pesce parassitato crudo o
poco cotto) e sintomatica nelle forme acute. La cottura prolungata e il congelamento del pesce per
almeno 24 ore spesso sono sufficienti a inattivare gli allergeni del parassita.
Letture consigliate
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sensitization to pollen antigen, especially to mugwort. Arerugi. 2006 Oct;55(10):1321-6.
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49
CAPITOLO 4
REAZIONI ALLERGICHE (RALL): QUADRI CLINICI PARTICOLARI
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( DA
B – L ESIONI LICHENOIDI
FARMACI , DA MATERIALI DENTARI )
D EFINIZIONE
Le lesioni lichenoidi sono alterazioni a patogenesi disergica-allergica, clinicamente e istologicamente
simili al lichen planus orale (FIG. 4.7). Sono tipicamente localizzate a livello dei margini laterali della
lingua, della mucosa geniena e della gengiva aderente, spesso non bilaterali e asimmetriche, e guariscono conseguentemente alla rimozione della noxa patogena scatenante (farmaci, materiali dentari).
I tatuaggi da amalgama risultano, invece, lesioni asintomatiche, incapaci di causare patologia
allergica o lesioni lichenoidi. Derivano da un impianto accidentale di amalgama nella mucosa orale
durante una procedura dentale, con conseguente area circoscritta scura e pigmentata. Sono costituiti da piccoli frammenti di amalgama o granuli di diverse dimensioni. I frammenti più grandi sono
incapsulati da fibre collagene e possono permanere immodificati per molti anni. Di contro, le particelle di più piccole dimensioni, intorno ai 35 mm, sono fagocitate dai macrofagi e, a seguito della
digestione intracellulare, vengono rilasciati mercurio e piccole particelle contenenti argento. I tatuaggi possono essere associati a lesioni lichenoidi da materiali dentari.
FIGURA 4.7 Paziente con documentata diagnosi
istologica di lichen planus orale. Si noti la presenza di lesioni biancastre di aspetto reticolare
in relazione a protesi parziale fissa in oro-ceramica. Occorre valutare con peculiare attenzione
tali casi, al fine di una corretta diagnosi differenziale tra lesioni lichenoidi e lichen planus
orale.
50
B – LESIONI LICHENOIDI (DA FARMACI, DA MATERIALI DENTARI)
E ZIOPATOGENESI
Le lesioni lichenoidi epidemiologicamente si rilevano nel 2% della popolazione adulta.
Sono molteplici i fattori causali, capaci di predisporre o scatenare la comparsa di una lesione
lichenoide a livello orale. Fattori e cofattori genetici, agenti infettivi, molecole farmacologicamente
attive, agenti chimici, fattori stressogeni, fisici e psichici, traumi, alimenti, tossici locali, reazioni elettrogalvaniche, malattie sistemiche come diabete, ipertensione, reazioni autoimmuni, malattie epatiche croniche e neoplasie maligne possono essere capaci di causare le lesioni. Interessante risulta, tuttavia, l’ipotesi eziopatologica allergica dimostrata tramite test allergologici in vivo e in vitro, che
dimostrano una iperattività dei linfociti T (CD4+) che si accumulano nella lamina propria subepiteliale con un infiltrato a banda (vedi FIG. 4.13).
Oggi si distinguono le lesioni lichenoidi, in base a eziologia e patogenesi, in due gruppi:
• da farmaci: poco comuni e legate all’assunzione di farmaci ipoglicemizzanti orali, ACE-inibitori,
FANS, sali d’oro e penicillamina. Questi farmaci possono indurre, a livello della mucosa orale, la
comparsa di lesioni eritematose, atrofico-erosive o ulcerate e dolenti, associate a strie bianche, di
aspetto reticolare e simmetrico, difficilmente distinguibili dalle lesioni del lichen planus orale. Le
lesioni compaiono a distanza di tempo variabile, da pochi giorni a molti anni, dall’inizio della
terapia e recedono con la sospensione del farmaco responsabile. La diagnosi di eruzioni lichenoidi da farmaci si fonda sulle caratteristiche istopatologiche delle lesioni, valutate in associazione
all’anamnesi farmacologica del paziente e/o all’evoluzione delle lesioni in relazione alla reintroduzione o sospensione del farmaco incriminato;
• da contatto: causate da una stomatite allergica da contatto (materiali dentari). Complesse sono le
ipotesi patogenetiche riguardo la capacità di materiali utilizzati per restauri dentari diretti di scatenare lesioni lichenoidi orali.
Le amalgame dentarie (FIGG. 4.8, 4.9) possono agire attraverso un meccanismo di allergia da contatto cellulo-mediato (tipo IV); inoltre, biodegradandosi attraverso processi di dissoluzione, evaporazione e corrosione, possono determinare reazioni locali a livello orale con conseguente alterazione
di antigeni dei cheratinociti basali. Questi ultimi diventano target del danno autoimmune cellulomediato che si esplicita nella manifestazione clinica delle lesioni lichenoidi orali.
Nel caso di materiali compositi (FIGG. 4.10-4.12), il meccanismo patogenetico sembra esser correlato a episodi di allergia da contatto cellulo-mediato (tipo IV) alla formaldeide presente nel riempitivo o all’interazione tra il mercurio dell’amalgama e la formaldeide del composito.
Un ulteriore meccanismo è rappresentato dall’azione della placca batterica aderente alle superfici di amalgama e composito; quest’ultima, inducendo reazioni chimiche e fenomeni di dissolu-
FIGURA 4.8 Lesioni lichenoidi stabili, di tipo
misto (bianche ed eritematose) del margine posteriore linguale, del trigono retromolare e della
mucosa geniena, in vicinanza di restauri in amalgama, a margini debordanti, in paziente con
patch test positivo per un componente dell’amalgama.
51
CAPITOLO 4
REAZIONI ALLERGICHE (RALL): QUADRI CLINICI PARTICOLARI
FIGURA 4.9 Lesioni lichenoidi monolaterali, in prossimità di otturazioni in amalgama. La paziente, dopo la rimozione di otturazioni in amalgama, ha sviluppato un lichen planus orale tipico, con lesioni bilaterali simmetriche.
Tale caso fa comprendere la difficoltà della diagnosi differenziale delle due entità nel caso di esordio monolaterale.
FIGURA 4.10 Lesioni lichenoidi, bianche e eritematose, localizzate a livello della mucosa geniena, in vicinanza di
protesi parziale fissa in lega aurea a basso titolo e associata a fenomeni di polimetallismo, in paziente con patch
test positivi per la serie integrativa odontoiatrica. La colorazione di Lugol evidenzia la reale estensione delle lesioni.
FIGURA 4.11 A sinistra: lesione lichenoide biancastra, a placca, associata a capsula in oro-resina e a gancio metallico di protesi parziale rimovibile. A destra: controllo, successivo a terapia topica corticosteroidea, in paziente
con patch test positivi per la serie integrativa odontoiatrica e che rifiuta la sostituzione dei materiali protesici.
52
B – LESIONI LICHENOIDI (DA FARMACI, DA MATERIALI DENTARI)
FIGURA 4.12 Lesioni lichenoidi biancastre, a
placca, associate a protesi fissa in oro-ceramica,
in presenza di polimetallismo del cavo orale, in
paziente con patch test positivi per alcuni apteni della serie integrativa odontoiatrica.
zione e corrosione del materiale, può essere responsabile di una risposta infiammatoria aspecifica
locale.
Le lesioni lichenoidi potrebbero, inoltre, configurarsi quale manifestazione di patologia da contatto irritativa o, più spesso, allergica, data la positività dei pazienti ai patch test specifici.
C LINICA
Clinicamente la patologia lichenoide da contatto, non bilaterale e asimmetrica, si presenta con lesioni ipercheratosiche bianche reticolari o a placca asintomatiche e/o con lesioni eritematose, erosive e
frequentemente associate a sintomatologia urente lieve, sia spontanea che provocata da alimento.
Tali lesioni, istologicamente indistinguibili dal lichen planus orale (LPO), presentano, analogamente a esso, due fondamentali aspetti diagnostici rappresentati dalla degenerazione progressiva e
liquefattiva delle cellule dello strato basale e dal tipico infiltrato linfocitario a banda (T linfociti).
D IAGNOSI
E DIAGNOSI DIFFERENZIALE
La diagnosi delle lesioni lichenoidi risulta da un’indagine anamnestica accurata, dall’esame clinicoobiettivo del paziente che mira all’identificazione degli agenti scatenanti la patologia e dalla valutazione istopatologica. L’esecuzione del patch test risulta di valido ausilio.
L’esame istologico (FIG. 4.13), da solo non dirimente, identifica la presenza di ipercheratosi, ipergranulosi, spongiosi, degenerazione liquefattiva dello strato basale (con la caratteristica presenza dei
corpi eosinofili di Civatte), perdita della continuità basale con degenerazione delle papille epiteliali
“a dente di sega” e infiltrato flogistico linfocitario “a banda”; c’è una evidente componente eosinofila nell’infiltrato subepiteliale.
Le lesioni si differenziano dal lichen planus orale per la risoluzione della patologia conseguentemente all’allontanamento dell’agente causale e per essere spesso monolaterali.
T ERAPIA
La terapia delle lesioni lichenoidi è primariamente finalizzata alla rimozione degli agenti eziologici
scatenanti. Non ci sono, tuttavia, a oggi, lavori della letteratura scientifica internazionale che provino i risultati a lungo termine della rimozione dei restauri dentali incriminati.
La percentuale di completa guarigione varia dal 37,5 al 100%, con follow-up a 3, 6 e 12 mesi.
La combinazione tra patch test positivo e forte associazione clinica e topografica tra lesioni e
restauri odontoiatrici, specie in amalgama, è un eccellente fattore predittivo positivo di remissione
53
CAPITOLO 4
REAZIONI ALLERGICHE (RALL): QUADRI CLINICI PARTICOLARI
FIGURA 4.13 Aspetto istologico delle lesioni lichenodi:
ipercheratosi, ipergranulosi, spongiosi, degenerazione
liquefattiva dello strato basale, perdita della continuità basale con degenerazione delle papille epiteliali “a
dente di sega” e infiltrato flogistico linfocitario “a
banda”. I corpi eosinofili di Civatte, rappresentativi
della degenerazione delle citocheratine dello strato
basale, risultano particolarmente caratteristici delle
lesioni.
della patologia, conseguentemente alla rimozione dei restauri. Tuttavia, esiste evidenza di lesioni
lichenoidi correlate con restauri in materiali compositi, associate a completa remissione clinica della
patologia di conseguenza a rimozione degli stessi.
Risulta, pertanto, inutile e sconveniente intervenire nella sostituzione di restauri in amalgama in
tali pazienti, la cui predisposizione a reazioni di ipersensibilità allergica potrebbe ricondurre alla presentazione del medesimo quadro clinico, in tal caso associato a materiali compositi. La liberazione
di vapori mercuriali rende, inoltre, la rimozione delle amalgame un processo lesivo, da un punto di
vista biologico, per il paziente e per l’odontoiatra.
In conclusione, valutando il rapporto costi biologico-economici/benefici, la sostituzione dei
restauri non sembra essere particolarmente conveniente in qualità di scelta terapeutica.
Sono descritti in letteratura diversi casi di risoluzione spontanea della patologia.
In rari casi, tali lesioni possono divenire precancerose.
In fase acuta può esser utile una full mouth disinfection, una terapia antiflogistica e una terapia
antalgica locale.
54
C – GLOSSITE ERITEMATOSA MIGRANTE
L’applicazione di corticosteroidi topici, mediante medicazioni occlusive, determina la remissione
delle lesioni. In casi più gravi l’utilizzo di corticosteroidi sistemici è terapeutico. Sono state descritte
terapie alternative a base di retinoidi, LASER con effetto biostimolante, con risultati incostanti.
Letture consigliate
Al-Hashimi I, Schifter M, Lockhart PB, Wray D, Brennan M, Migliorati CA, Axéll T, Bruce AJ,
Carpenter W, Eisenberg E, Epstein JB, Holmstrup P, Jontell M, Lozada-Nur F, Nair R, Silverman
B, Thongprasom K, Thornhill M, Warnakulasuriya S, van der Waal I. Oral lichen planus and oral
lichenoid lesions: diagnostic and therapeutic considerations. Oral Surg Oral Med Oral Pathol Oral
Radiol Endod. 2007 Mar;103 Suppl:S25.e1-12. Epub 2007 Jan 29.
DeRossi SS, Ciarrocca KN. Lichen planus, lichenoid drug reactions, and lichenoid mucositis. Dent
Clin North Am. 2005 Jan;49(1):77-89, viii.
Dunsche A, Frank MP, Lüttges J, Açil Y, Brasch J, Christophers E, Springer IN. Lichenoid reactions of
murine mucosa associated with amalgam. Br J Dermatol. 2003 Apr;148(4):741-8.
Ismail SB, Kumar SK, Zain RB. Oral lichen planus and lichenoid reactions: etiopathogenesis, diagnosis, management and malignant transformation. J Oral Sci. 2007 Jun;49(2):89-106.
Magnin P, Stuck M, Meier E, Kägi M, Lussi A, Braathen L, Buser D. Amalgam-associated lichenoid
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Ostman PO, Anneroth G, Skoglund A. Amalgam-associated oral lichenoid reactions. Clinical and
histologic changes after removal of amalgam fillings. Oral Surg Oral Med Oral Pathol Oral Radiol
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Pang BK, Freeman S. Oral lichenoid lesions caused by allergy to mercury in amalgam fillings. Contact
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Staines KS, Wray D. Amalgam-tattoo-associated oral lichenoid lesion. Contact Dermatitis. 2007; 56:
240–241.
Svedman C, Dunér K, Kehler M, Möller H, Gruvberger B, Bruze M. Lichenoid reactions to gold from
dental restorations and exposure to gold through intracoronary implant of a gold-plated stent.
Clin Res Cardiol. 2006 Dec;95(12):689-91. Epub 2006 Oct 30.
Thornhill MH, Sankar V, Xu XJ, Barrett AW, High AS, Odell EW, Speight PM, Farthing PM. The role
of histopathological characteristics in distinguishing amalgam-associated oral lichenoid reactions
and oral lichen planus. J Oral Pathol Med. 2006 Apr;35(4):233-40.
C – G LOSSITE
ERITEMATOSA MIGRANTE
D EFINIZIONE
Patologia infiammatoria cronica disimmunitaria, prevalentemente localizzata a livello del dorso e
dei margini linguali, poco comune sulla superficie ventrale e in altri siti del cavo orale.
E ZIOPATOGENESI
La prevalenza nella popolazione generale è stimata tra lo 0,28% e il 2,4%; epidemiologicamente risulta
essere più frequente in soggetti giovani, non è, tuttavia, una condizione rara dopo la quarta decade di
vita. Alcuni Autori ritengono che la patologia sia più frequente nei soggetti di sesso femminile, altri che
non ci sia una particolare predilezione. Condizioni psicologico-fisiche stressanti presentano un ruolo
eziologico nei pazienti con glossite migrante. Si ipotizza, altresì, una reazione irritativa da contatto
verso sostanze contenute in cibi e bevande, che potrebbero riesacerbare la sintomatologia e che agirebbero attraverso stimoli chimici (alcol, acidi) o fisici (calore), capaci di scatenare una risposta abnorme. Disturbi ormonali, utilizzo di contraccettivi orali, condizioni sistemiche come disordini gastrointestinali associati ad anemia, sindrome di Reiter e sindrome di Down si associano alla patologia.
55
CAPITOLO 4
REAZIONI ALLERGICHE (RALL): QUADRI CLINICI PARTICOLARI
La glossite migrante è significativamente più frequente in pazienti psoriasici (14%) rispetto alla
popolazione generale (6%). Alcuni Autori identificano l’importanza della familiarità ed ereditarietà
nella manifestazione della patologia; quest’ultima sembra, infatti, essere correlata a una maggiore
espressione di antigeni HLA-B15, DR5 e DRW6, suggestivi di un’implicazione immunologica nell’eziopatogenesi della malattia. Tale patologia è molto frequente nei pazienti con diatesi allergica
(atopici, pollinosici). Esiste la presenza di un’associazione positiva tra glossite migrante benigna,
asma e rinite allergica. In tal caso, la patologia sarebbe espressione di un meccanismo di ipersensibilità allergica di tipo I o IV.
C LINICA
Clinicamente le lesioni della glossite migrante possono essere distinte secondo la seguente classificazione:
• tipo I: lesioni limitate unicamente al dorso della lingua con fasi attive e di remissione (forma
migrante);
• tipo II:
– a: lesioni ricorrenti nella stessa sede (forme fisse, non migranti),
– b: macchie bianche giallastre ricorrenti nella stessa sede senza aree rosse;
• tipo III: come quelle tipo I ma con lesioni estese ad altre aree della mucosa orale (stomatite a carta
geografica);
• tipo IV: come quelle di tipo III senza lesioni alla lingua (lingua a carta geografica ectopica).
La patologia si manifesta con aree multifocali, eritematose, circondate da un orletto biancastro e
rilevato (FIG. 4.14). La superficie centrale corrisponde alle zone di atrofia papillare. I bordi sono,
invece, composti da papille filiformi rigenerate e neutrofili frammisti a cheratina. È caratterizzata da
remissioni prive di esiti cicatriziali e riesacerbazioni, localizzate in siti immediatamente adiacenti
alla pregressa area colpita e atte a identificare il tipico pattern migratorio.
Solitamente asintomatica, talvolta la glossite migrante determina nel paziente sensazione di bruciore, algia localizzata o fastidio, riesacerbati dall’assunzione di alimenti speziati, acidi (succo di
limone, olio, pomodoro) o da bevande alcoliche. Ciò ha condotto Marks et al. a ipotizzare un’eziopatogenesi flogistica, associata a uno stato di aspecifica atopia, capace di scatenare la patologia.
Il paziente può riferire sintomi di alterazione del gusto (disgeusia) e ipersalivazione. Istopatologicamente (FIG. 4.15) si apprezza la riduzione in numero e dimensioni delle papille filiformi. A livello dei margini delle lesioni sono presenti segni di ipercheratosi e acantosi. La perdita dello strato di
cheratina è caratteristico delle aree centrali della lesione. Nell’epitelio sono presenti neutrofili e linfociti. È presente un infiltrato infiammatorio composto, a livello della lamina propria e nel connettivo sottostante, da plasmacellule, linfociti e neutrofili.
FIGURA 4.14 Glossite eritematosa migrante cronica con tipiche lesioni figurate circondate da
orletto biancastro a margini rilevati in paziente
privo di sintomatologia e con familiarità per atopia.
56
C – GLOSSITE ERITEMATOSA MIGRANTE
FIGURA 4.15 Aspetto istologico della glossite migrante: ipotrofia delle papille filiformi, ipercheratosi e acantosi
epiteliale, abbondante infiltrato infiammatorio di neutrofili, con i cosiddetti microascessi intraepiteliali di
Munroe, linfociti e plasmacellule, maggiormente presenti nel chorion.
D IAGNOSI
E DIAGNOSI DIFFERENZIALE
La diagnosi clinica è semplice, risulta sufficiente valutare il caratteristico aspetto delle lesioni.
L’esame bioptico è consigliato solo raramente.
T ERAPIA
Le lesioni sono solitamente autolimitantesi. Si necessita unicamente di full mouth disinfection.
Nel caso di documentata eziologia allergica la rimozione dell’antigene scatenante si mostra risolutivo.
L’evoluzione risulta essere completamente benigna.
Nei casi più gravi è utile rimuovere tutti i fattori scatenanti sovracitati (alimentari e traumatici),
utilizzare colluttori medicati antiflogistici e, in rari casi, ricorrere a corticosteroidi topici. Si sconsiglia
l’applicazione di clorexidina, data l’assenza di noxae patogene di tipo microbico e la capacità della
stessa di riesacerbare la sintomatologia disgeusica e orale.
Letture consigliate
Adams SP. Dermacase. Georgraphic tongue. Can Fam Physician. 2002 Apr;48:697, 702.
Espelid M, Bang G, Johannessen AC, Leira JI, Christensen O. Geographic stomatitis: report of 6 cases.
J Oral Pathol Med. 1991 Oct;20(9):425-8.
Gonsalves WC, Chi AC, Neville BW. Common oral lesions: Part I. Superficial mucosal lesions. Am
Fam Physician. 2007 Feb 15;75(4):501-7.
57
CAPITOLO 4
REAZIONI ALLERGICHE (RALL): QUADRI CLINICI PARTICOLARI
Morris LF, Phillips CM, Binnie WH, Sander HM, Silverman AK, Menter MA. Oral lesions in patients
with psoriasis: a controlled study. Cutis. 1992 May;49(5):339-44.
Noonan V, Gallagher G, Kabani S. Geographic stomatitis. J Mass Dent Soc. 2007 Winter;55(4):49.
Younai FS, Phelan JA. Oral mucositis with features of psoriasis: report of a case and review of the
literature. Oral Surg Oral Med Oral Pathol Oral Radiol Endod. 1997 Jul;84(1):61-7.
D – S INDROME DELLA BOCCA BRUCIANTE
O B URNING M OUTH S YNDROME (BMS)
D EFINIZIONE
La sindrome della bocca bruciante (BMS, FIG. 4.16), conosciuta anche come glossodinia, consiste in
una sensazione di bruciore limitata alla lingua (glossopirosi), o estesa ad altre regioni della cavità
orale (stomatopirosi), in assenza di lesioni muco-membranose e di alterazioni cliniche compatibili
con la sintomatologia riferita.
E ZIOPATOGENESI
E CLINICA
È una patologia di difficile inquadramento in quanto non è ancora stata riconosciuta una chiara eziologia e mancano schemi di trattamento riconosciuti ed efficaci.
Negli ultimi anni si rileva una sempre crescente attenzione nei confronti di questa patologia, sino
a considerarla un vero problema sociale con un numero sempre maggiore di pazienti colpiti. Studi
FIGURA 4.16 Aspetto clinico del dorso linguale
in paziente con riferita BMS: assenza di alterazioni macroscopiche interessanti la mucosa specializzata della lingua e completa integrità anatomica. Si osserva una lieve area iperemica a
livello dell’apice linguale, con papilliti multiple;
si osserva, inoltre, una serie di fissurazioni sul
dorso della lingua.
58
D – SINDROME DELLA BOCCA BRUCIANTE O BURNING MOUTH SYNDROME (BMS)
riportano una prevalenza del 5,1-15% nella pratica odontoiatrica generale condotta sulla popolazione europea, con una predilezione per il sesso femminile.
Per facilitare l’inquadramento clinico della BMS, Lamey e Lewis nel 1989 proposero una classificazione in cui definirono tre differenti forme cliniche in base a una differente variazione della sintomatologia durante la giornata:
• tipo 1: i pazienti non presentano la sintomatologia al risveglio ma durante la mattinata si ha la
comparsa del bruciore che tende ad acuirsi e ad aggravarsi fino a sera;
• tipo 2: i pazienti riferiscono la presenza della sintomatologia durante tutto l’arco della giornata;
• tipo 3: i pazienti riferiscono una sintomatologia intermittente con giornate di remissione e giornate di esacerbazione del bruciore.
La forma più frequente risulta essere il tipo 2, molto spesso associata a uno stato ansioso e/o
depressivo molto accentuato. La forma di tipo 1 sembra essere associata a fattori di natura non psicologica (per esempio deficit nutrizionali) mentre quella di tipo 3 è stata associata a particolari condizioni di allergia, in particolare allergie da contatto: vari alimenti e molecole farmacologicamente
attive sono stati riconosciuti come responsabili dell’insorgenza della sintomatologia urente al cavo
orale. Tra questi hanno maggior rilievo l’aldeide cinnamica (3-fenil propenale), che fornisce ai cibi
l’aroma di cannella, il mentolo (alcol chirale), che risulta essere il più importante principio attivo
della menta, il peppermint e i parabens. Questi ultimi, utilizzati nei cibi per impedire lo sviluppo dei
batteri e prolungare la conservazione dei prodotti, sono riconosciuti capaci di scatenare sintomatologia allergica cutanea, mucosa e sistemica in diversi pazienti. Anche farmaci quali enalapril, captopril, lisinopril, eprosartan e clonazepam vengono segnalati come responsabili di bruciore orale.
L’eziologia sembra essere correlata all’espressione di peculiari aplotipi HLA, i quali documentano la relazione tra fattori genetici predisponenti e reazioni allergiche. Sono in particolar modo l’HLA
DQA1 05 e l’HLA DQB1 02 a codificare per specifiche proteine strutturali delle cellule T e sarebbero
capaci di scatenare risposte atopiche verso i suddetti antigeni, con conseguente sintomatologia associata di glossodinia, glossopirosi e stomatopirosi.
Il sintomo generalmente riferito è il bruciore che può essere più o meno intenso e distribuito
diversamente nell’arco della giornata. Inoltre, sovente, è riportata dai pazienti una sensazione puntoria, pruriginosa, di dolore, di tensione o calore. Ad accompagnare il quadro di bruciore sono, spesso, riferiti un senso di gonfiore, che interessa il cavo orale, una sensazione di xerostomia (40-50% dei
pazienti), ipogeusia e disgeusia (riferendo un sapore metallico nel 30% dei casi).
Le sedi maggiormente colpite sono il dorso linguale (soprattutto i 2/3 anteriori), il margine linguale e le labbra nella loro componente mucosa. Possono essere, comunque, interessati il palato, la
mucosa geniena e, più raramente, il pavimento del cavo orale e l’orofaringe. Una volta che la sindrome fa il suo esordio, i sintomi perdurano per lunghi periodi (anche anni).
D IAGNOSI
E DIAGNOSI DIFFERENZIALE
A oggi non vi è un iter clinico-diagnostico-terapeutico scientificamente accettato per lo studio e il
trattamento della BMS. La maggior parte degli studi che affrontano tale patologia si basa su esperienze personali. I pazienti vengono sottoposti a un’accurata indagine anamnestica e, quindi, a patch
test utili per rilevare un’allergia da contatto, anche se, in realtà, la diagnosi della BMS è fondamentalmente di esclusione.
È doveroso sempre escludere una candidosi, in special modo in caso di riferita sintomatologia
ipogeusica e disgeusica (utile eseguire un tampone e uno striscio citologico orale). È, inoltre, opportuno valutare l’assetto marziale del paziente (sideremia, transferrina, ferritina, vitamina B12 e folati)
per eliminare ulteriori fattori sistemici che causano bruciore, quali modificazioni dell’equilibrio
ormonale, diabete, carenze vitaminiche, di oligoelementi o deficit nutrizionali di altra natura.
Dagli studi epidemiologici realizzati si evince la notevole frequenza, in tali pazienti, di disturbi dell’umore (ansia, depressione), della personalità, ipocondria, cancerofobia, nevrosi e life events negativi.
59
CAPITOLO 4
REAZIONI ALLERGICHE (RALL): QUADRI CLINICI PARTICOLARI
T ERAPIA
Successivamente alla rassicurazione del paziente circa l’assoluta benignità della patologia, nonostante, attualmente, non esistano terapie specifiche, la maggior parte dei pazienti trae beneficio
dall’assunzione di benzodiazepine, da aumentare progressivamente ogni 4-7 giorni. La somministrazione di capsaicina a livello sistemico, con azione sulla sostanza P ed effetto anestetico selettivo periferico, benché abbia fornito buoni risultati terapeutici, determina effetti collaterali gastrointestinali che ne limitano tutt’oggi l’utilizzo; acido a-lipoico con somministrazione 200-400 mg/die
per 2-3 mesi, dà buoni risultati in alcuni casi.
La terapia cognitivo-comportamentale e l’assunzione di antidepressivi è stata descritta in letteratura ma è da effettuarsi in collaborazione con lo psichiatra.
In letteratura viene riportato un 3% di remissione spontanea della patologia.
Risulta controindicato l’utilizzo di colluttori a base di clorexidina, la quale tende a incrementare
la sintomatologia disgeusica e ageusica senza risolvere il quadro clinico.
Letture consigliate
Patton LL, Siegel MA, Benoliel R, De Laat A. Management of BMS: systemic review and management recommendations. Oral Surg Oral Med Oral Pathos Oral Radiol Endod. 2007 Mar;103 Suppl:
S39.e1-13.
Sardella A. An up-date view on BMS. Minerva Stomatol. 2007;56:327-40.
Sardella A, Lodi G, Demarosi F, Bez C, Cassano S, Carrassi A. BMS: a retrospective study investigatine spontaneous remission and response to treatments. Oral Dis. 2006 Mar;12(2):152-5.
Savage NW, Boras VV, Barker K. Burning mouth syndrome: Clinical presentation, diagnosis and
treatment. Australasian Journal of Dermatology. 2006;47:77-83.
Serra MM, Llorca CS, Donat FJS. Pharmacological treatment of burning mouth syndrome: a review
and update. Med Oral Patol Oral Cir Bucal. 2007;12:E299-304.
E – A NGIOEDEMA
EREDITARIO
(AEE)
D EFINIZIONE
Episodi ricorrenti di angioedema a carico di cute e mucose causati dalla carente attività di una proteina, il C1 inibitore, che interviene nella regolazione del complemento e di altri sistemi coinvolti nei
processi infiammatori (chinine, fibrinolisi, coagulazione).
E ZIOPATOGENESI
L’angioedema o edema angioneurotico o edema di Quincke, spesso associato all’orticaria, consiste in
una localizzazione dell’edema più profondo rispetto a quello dell’orticaria.
Le tipiche alterazioni istologiche, quali edema e vasodilatazione, si localizzano, infatti, a livello
dermo-ipodermico e non solo dermico, come, invece, accade nell’orticaria.
Stress e microtraumi evocati in corso di interventi odontoiatrici possono essere responsabili della
comparsa di angioedemi non pruriginosi, in pazienti affetti dall’angioedema erediario.
L’angioedema ereditario, che si riscontra in meno dell’1% dei pazienti con angioedema, è causato da una mutazione nel gene per il C1 inibitore che è situato sul cromosoma 11. Le varie forme di
mutazioni possono comportare la mancata trascrizione del gene (variante fenotipica nota come
angioedema ereditario di tipo 1), ovvero la sintesi di una proteina strutturalmente alterata e, pertanto, non funzionante (angioedema ereditario di tipo 2). La malattia viene ereditata come carattere
autosomico dominante. Il C1 inibitore interviene nella regolazione del complemento e di altri siste-
60
E – ANGIOEDEMA EREDITARIO (AEE)
mi coinvolti nei processi infiammatori (chinine, fibrinolisi, coagulazione). La sua carenza provoca il
rilascio di sostanze vasoattive con conseguente aumento della permeabilità dei vasi capillari e formazione di edemi.
Nonostante la condizione di deficit, l’organismo è in grado di mantenere un certo equilibrio tra
questi sistemi, per cui, in assenza di fattori scatenanti, non si ha estrinsecazione della patologia.
L’alterazione dell’equilibrio, indotto, per esempio, da un banale trauma, provoca la liberazione di
sostanze vasoattive, in primo luogo la bradichinina, responsabili della formazione di angioedema.
Un ruolo importante è svolto anche dal complemento, in particolare dal fattore C2, dotato anch’esso di azione vasopermeabilizzante e vasodilatante.
La gravità del quadro clinico non correla con l’entità del deficit di C1-INH, né è stata dimostrata
una correlazione tra variabilità dell’espressione della malattia, o severità della stessa, e presenza di
una specifica mutazione genetica.
L’angioedema ereditario può associarsi a malattie autoimmuni quali lupus eritematoso sistemico,
tiroidite, sclerodermia, sindrome di Sjögren, rettocolite ulcerosa e artrite reumatoide.
A volte, il deficit di C1-INH può essere acquisito e, sebbene sia simile, clinicamente, alla forma
ereditaria, insorge in età avanzata e si associa a malattie linfoproliferative monoclonali della linea
B (linfoma a cellule B, leucemia cronica linfocitaria e mieloma multiplo) e lupus eritematoso sistemico.
C LINICA
L’AEE è una affezione caratterizzata da episodi ricorrenti di angioedemi localizzati e circoscritti a
livello della sottomucosa e del sottocutaneo. Le lesioni sono, generalmente, solitarie, dolorose, mal
delimitate e di colore uguale a quello della cute; si manifestano all’improvviso, anche se, spesso, i
pazienti possono percepire il sopraggiungere dell’attacco, avvertendo un senso di tensione o un formicolio. A seconda della localizzazione, le lesioni possono avere consistenza molle-elastica, a livello
del volto e genitali, oppure teso-elastica, a livello della regione palmo-plantare e cosce. Caratteristica
è l’assenza di prurito, mentre, in dipendenza dalla localizzazione, possono associarsi emicrania,
artralgie, difficoltà respiratoria, addominoalgie, vomito e diarrea. Tutti i distretti cutanei o mucosi
possono essere interessati ed è di particolare gravità l’impegno della mucosa della glottide; in tal
caso, infatti, è ostacolata la pervietà delle vie aeree, causando asfissia.
I sintomi della malattia dipendono dal distretto corporeo colpito di volta in volta durante l’attacco acuto. Nel caso in cui vengano interessate le mucose dell’apparato digerente, la malattia provoca
dolori addominali intensi con vomito, che mimano il quadro di un addome acuto e, talvolta, diarrea
che durano 24-48 ore. Se l’edema insorge a livello della glottide o della mucosa delle vie aeree superiori, può provocare difficoltà alla respirazione. L’età di esordio è molto variabile, in genere i primi
sintomi compaiono entro la seconda decade di vita e la gravità della malattia è molto variabile da
individuo a individuo e, anche nello stesso individuo, può modificarsi notevolmente durante la vita.
D IAGNOSI
E DIAGNOSI DIFFERENZIALE
La diagnosi di AEE, generalmente, non pone particolari difficoltà, ma nella maggior parte dei casi, è
formulata in ritardo a causa della sua rarità e della aspecificità dei sintomi, che simulano spesso un
angioedema allergico, un’appendicite o una colica. Nell’iter diagnostico un ruolo fondamentale riveste l’anamnesi, che deve valutare:
• la storia familiare, per individuare la presenza di casi analoghi, anche se una piccola percentuale
di casi è riconducibile a una mutazione ex-novo, risultando silente l’anamnesi familiare;
• le manifestazioni cliniche;
• la frequenza degli attacchi;
• gli eventuali fattori scatenanti.
61
CAPITOLO 4
REAZIONI ALLERGICHE (RALL): QUADRI CLINICI PARTICOLARI
La diagnosi di certezza dell’angioedema da deficit di C1-INH prevede la valutazione quantitativa e funzionale del C1-INH. Il deficit del C1-INH può essere sia funzionale sia quantitativo (tipo I),
oppure con dosaggio quantitativo normale o aumentato o appena ridotto e riduzione funzionale
(tipo II). A supporto del sospetto diagnostico, si deve valutare anche la complementemia, in quanto
i livelli di C1 e C3 sono normali, mentre quelli di C4 e C2 risultano diminuiti.
L’AEE deve essere posto in diagnosi differenziale con la forma acquisita di deficit del C1-INH e
con l’angioedema idiopatico, in cui non si individuano fatori scatenanti e caratteristica è la risposta
alla somministrazione di adrenalina, cortisonici o antistaminici.
T ERAPIA
Gli attacchi acuti gravi vengono trattati con l’infusione endovenosa del concentrato plasmatico
umano di C1 inibitore. Gli attacchi acuti di lieve entità possono regredire più rapidamente con la
somministrazione di acido tranexamico. Esiste anche una terapia profilattica degli attacchi di angioedema, basata sull’utilizzo di androgenoderivati attenuati, come il danazolo (200-600 mg/die) e lo
stanozololo (0,5-2 mg/die), capaci di stimolare la sintesi di C1-INH. Queste terapie possono essere
utilizzate come farmaco di scelta per i lunghi e i brevi periodi di profilassi (avulsioni dentarie).
Risultano efficaci quando assunti continuativamente. Le forme dovute ad autoanticorpi beneficiano
maggiormente di una terapia corticosteroidea.
Attualmente sono in fase di studio clinico farmaci in grado di inibire il meccanismo patologico
per vie differenti: il C1-INH ricombinante, un antagonista della callicreina e un antagonista recettoriale della bradichinina (Icatibant), che ha ottenuto recentemente l’autorizzazione alla commercializzazione. Queste nuove molecole potrebbero, in futuro, modificare il trattamento dell’angioedema
ereditario, rendendo più agevole il management del paziente.
Letture consigliate
Agostini A, Cicardi M. Hereditary and acquired C1-inhibitor deficiency: biological and clinical characteristics in 235 patients. Medicine (Baltimore). 1992;71:206-215.
Cicardi M, Zingale LC, Pappalardo E, Folcioni A, Agostoni A. Autoantibodies and lymphoproliferative
diseases in acquired C1-inhibitor deficiencies. Medicine (Baltimore). 2003 Jul;82(4):274-81.
Cicardi M, Zingale LC. The deficiency of C1 inhibitor and its treatment. Immunobiology. 2007;212(45):325-31. Epub 2007, May 21.
Cugno M, Zanichelli A, Fotene F, Caccia S, Cicardi M. C1-inhibitor deficiency and angioedema =
molecular mechanism and clinical progress. Trends Mol Med. 2009 Jan 20.
García Cobas CY, González Diaz SN, Arias Cruz A, Weinman AM, Zárate Hernández Mdel C.
Atypical presentation of hereditary angioedema. A report of a case and literature review. Rev
Alerg Mex. 2006 Sep-Oct:53(5):189-93.
Guarino MD, Perricone C, Guarino S, Gambardella S, D’Apice MR, Fontana L, Novelli G, Perricone
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2007 Oct;120(4):962-5. Epub 2007, Jul 19.
Lock RJ, Gompels MM. C1-inhibitor deficiencies (hereditary angioedema): where are we with therapies? Curr Allergy Asthma Rep. 2007 Jul;7(4):264-9.
Nettis E, Colanardi MC, Loria MP, Vacca A. Acquired C1-inhibitor deficiency in a patient with systemic lupus erythematosus: a case report and review of the literature. Eur J Clin Invest. 2005
Dec;35(12):781-4.
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and angioedema. BR J Dermatol. 2003; 148(3):501-6.
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May;111(5):1137; reply 1137.
Rusicke E, Martinez-Saguer I, Aygoren-Pursun E, Kreuz W. Home treatment in patients with heredittary angioedema (HAE). J Allergy Clin Immunol. 2006;117:S180.
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E – ANGIOEDEMA EREDITARIO (AEE)
Socker M, Boyle C, Burke M. Angio-oedema in dentistry: management of two cases using C1 esterase
inhibitor. Dent Update. 2005 Jul-Aug;32(6):350-2, 354.
Zuraw BL. Novel therapies for hereditary angioedema. Immunol Allergy Clin North Am. 2006
Nov;26(4):691-708.
63
5
TRATTAMENTO
DELLE EMERGENZE
ALLERGOLOGICHE IN
ODONTOSTOMATOLOGIA
T RATTAMENTO
INIZIALE DELL ’ ANAFILASSI
(F IG . 5.1)
L’elemento patogenetico delle reazioni anafilattiche è la massiva liberazione di mediatori che determinano rapide e complesse modificazioni dell’apparato cardiovascolare e respiratorio. Questo determina un rapido e importante passaggio di liquidi circolanti dallo spazio vascolare a quello extravascolare con conseguente ipotensione e shock.
La reazione anafilattica è caratterizzata, oltre che dalla rapidità dell’insorgenza e dell’evoluzione,
dall’imprevedibilità del decorso clinico. Infatti, sebbene i bersagli principali dell’anafilassi sistemica
siano gli apparati cardiovascolare, respiratorio e cutaneo, questi possono essere coinvolti singolarmente o in varie combinazioni.
Presupposto per la corretta terapia dell’anafilassi è la rapida valutazione dell’intensità e della
modalità di insorgenza e progressione dei sintomi.
Una misura terapeutica preliminare fondamentale da attuare in un paziente con reazione anafilattica (CAP. 6, TAB. A.1) è il reperimento di un accesso venoso utilizzando un catetere di calibro pari
a 18 G, in previsione del fatto che l’eventuale collasso venoso periferico possa rendere difficile l’accesso. Il paziente va, inoltre, posto con gli arti inferiori sollevati in posizione Trendelemburg.
Per trattare adeguatamente lo shock anafilattico è necessario contrastare l’aumentata vasopermeabilizzazione, mantenere un’adeguata pressione di riempimento del ventricolo sinistro, sostenere la funzione inotropa del cuore e assicurare adeguati livelli ematici di pO2.
Quando è possibile identificare la causa scatenante, questa va immediatamente rimossa. Nel caso
di iniezione dell’allergene (per es. iniezione di un farmaco), si deve limitare al massimo la diffusione dell’allergene.
• Adrenalina: è il farmaco di prima scelta nelle reazioni anafilattiche. È in grado di inibire il rilascio dei mediatori dai mastociti e dai basofili e antagonizza gli effetti dei mediatori dell’anafilassi a livello degli organi bersaglio. Pertanto, nella maggior parte dei casi, l’effetto terapeutico
dell’adrenalina è immediato e provoca la regressione della sintomatologia in pochi minuti. Il
paziente deve, tuttavia, essere continuamente monitorato e deve essere somministrata terapia
di supporto. La via di somministrazione da preferire è quella sottocutanea (sc) o, meglio, intramuscolare nell’adulto e quella intramuscolare nel bambino; la sede che assicura un assorbimento più rapido per via sc è la superficie esterna del braccio. Attraverso la via intramuscolare l’effetto dell’adrenalina è più rapido rispetto alla via sottocutanea. La terapia con adrenalina va
iniziata tempestivamente con un’iniezione di 0,3-0,5 ml di adrenalina 1:1000 monitorando la
pressione arteriosa. L’obiettivo della terapia con adrenalina è, infatti, quello di riportare la pressione sistolica a valori adeguati (80-100 mmHg). Se entro 10 minuti dall’iniezione le condizioni cliniche appaiono stazionarie, o peggiorano, la dose di adrenalina (0,3-0,5 ml di una soluzione 1:1000) può essere ripetuta. In caso di ulteriore mancata risposta entro 10 minuti, si deve
somministrare nuovamente il farmaco per via im oppure per infusione ev con una dose, nell’adulto, di 2 mg/minuto. L’introduzione per via venosa deve essere molto lenta per evitare aritmie cardiache. È consigliabile schermare la soluzione con carta argentata per evitare l’ossidazione dell’adrenalina alla luce. Nei bambini è preferibile la via intramuscolare profonda: 0,1
65
CAPITOLO 5
TRATTAMENTO DELLE EMERGENZE ALLERGOLOGICHE IN ODONTOSTOMATOLOGIA
FIGURA 5.1 Soluzione glucosata,
riempitivi ematici, proteine plasmatiche e molecole farmacologicamente attive (bicarbonato di sodio,
atropina, aminofillina, corticosteroidi, antistaminici e broncodilatatori)
utilizzati nel trattamento ambulatoriale e ospedaliero delle emergenzeurgenze in ambito odontoiatrico.
ml/10 kg di peso corporeo fino a un massimo di 0,3 ml (soluzione di adrenalina 1:1000). La
dose può essere ripetuta due volte ed eventualmente raddoppiata, in caso di mancata risposta
clinica, dopo 5-10 minuti; in alternativa, in caso di mancata risposta clinica, può essere somministrata per ev (in 10 ml di soluzione fisiologica). L’adrenalina viene iniettata per via sublinguale nel terzo posteriore della lingua, se non c’è accesso venoso per eseguire la somministrazione
endovenosa. L’adrenalina va tenuta al buio (eventualmente avvolta nella carta stagnola) e può
essere conservata a temperatura ambiente (non necessariamente in frigorifero); scade dopo sei
mesi.
Si rammenta la presenza in commercio dell’adrenalina in soluzione iniettabile intramuscolare per
auto-somministrazione: l’autoiniettore da 330 mcg (Fastjekt® adrenalina) eroga una singola dose
di adrenalina di 0,33 mg (pari a circa 0,33 ml di una soluzione di adrenalina 1:1000) mentre l’autoiniettore da 165 mcg (Fastjekt® junior adrenalina) eroga una singola dose di adrenalina di 0,165
mg (pari a circa 0,185 ml di una soluzione di adrenalina 1:1000). Il Fastjekt® junior adrenalina è,
pertanto, sottodosato per i bambini di 20-30 kg. L’autosomministrazione di adrenalina va fatta
nella superficie laterale della coscia (anche attraverso gli indumenti) con l’ago che deve restare
nell’arto per almeno 10 secondi.
• Ossigeno: una delle cause di decesso nell’anafilassi sistemica è l’ostruzione acuta e severa delle
vie aeree superiori e dei bronchi. Pertanto, dopo la somministrazione di adrenalina, che ha effetto favorevole anche sul broncospasmo e sull’edema delle vie aeree superiori, è fondamentale assi-
66
TRATTAMENTO DELL’ASMA ACUTO
curare un adeguato apporto di ossigeno. Lo si deve erogare con maschera al 40-100% (2-5 l/min),
in modo da mantenere la pO2>60 mmHg.
• Riempitivi ematici: al fine di ripristinare un’adeguata pressione arteriosa è necessaria, oltre
all’adrenalina, la somministrazione rapida di liquidi per ev allo scopo di ricostituire il volume
plasmatico circolante (NaCl soluzione isotonica: per ev fino a 1000 ml ogni 20-30 minuti; nei bambini 20-30 ml/kg/ora). L’impiego di soluzioni saline isotoniche o di soluzioni colloidali è parte
primaria della terapia da attuare in corso di anafilassi, insieme all’uso di adrenalina e alla somministrazione di O2.
• Altri farmaci: l’impiego di farmaci secondari quali antistaminici, cortisonici e aminofillina ha
un’efficacia limitata nel trattamento acuto delle reazioni anafilattiche.
Il loro utilizzo potrebbe, tuttavia, ridurre o prevenire l’insorgenza di reazioni anafilattiche bifasiche o protratte.
– Antistaminici: come anti-H1. Si può raccomandare la clorfenamina 10 mg (Trimeton®) da ripetere ogni 6-8 ore (im o preferibilmente ev 0,30-0,35 mg/kg, circa due fiale in un soggetto di 70
kg di peso; nei bambini si preferisce, per le iniezioni per ev, diluire il farmaco nella siringa con
5-10 ml di NaCl 0,9%: 2,5-5 mg dai 2-5 anni, 5-10 mg dai 6-12 anni, 10-20 mg dai 12-18 anni).
Per evitare l’insorgenza di effetti collaterali, la somministrazione per ev degli anti-H1 va eseguita lentamente, in un tempo pari a 3-5 minuti. Come anti-H2 si può utilizzare la cimetidina
300 mg (Ulcedin®), per ev o per os, ogni 6-8 ore o la ranitidina 100 mg (Ranitidina®) per ev nell’adulto e 1,5 mg/kg nei bambini.
– Corticosteroidi: esplicano la maggior parte dei loro effetti farmacologici dopo almeno 1-4 ore e
sono, pertanto, utili nel prevenire l’anafilassi bifasica e protratta e nell’inibire le reazioni ritardate a livello cutaneo e bronchiale. Vanno somministrati per ev [metilprednisolone emisuccinato 100-1000 mg per ev (Solu-Medrol®) e nei bambini 1-2 mg/kg, oppure idrocortisone emisuccinato 500-1000 mg per ev (Flebocortid®) e nei bambini 5-10 mg/kg].
– Aminofillina: se persiste il broncospasmo può essere utile la somministrazione di aminofillina
[Aminomal® fiale 240 mg per ev: dose di carico di poco più di 5 mg/kg in 20-30 minuti (pari a
una fiala e mezza in un paziente del peso di 70 kg) seguita da una dose di mantenimento con
0,3-0,9 mg/kg/ora (corrispondente a poco più di 60 mg/ora in un soggetto del peso di 70 kg);
nei bambini: dose di carico di 5 mg/kg fino a 12 anni e di 250-500 mg dai 12-18 anni in 20-30
minuti, seguita da una dose di mantenimento con 1 mg/kg/ora fino a 12 anni e di 0,5
mg/kg/ora dai 12-18 anni].
È fondamentale richiedere il trasferimento urgente del paziente presso una struttura ospedaliera,
nonostante l’attuazione di tutte le procedure sopra indicate (FIGG. 5.2, 5.3).
T RATTAMENTO
DELL ’ ASMA ACUTO
I principi del trattamento delle crisi di asma sono orientati essenzialmente al conseguimento di una
rapida risoluzione dell’ostruzione delle vie aeree (CAP. 6, TAB. A.2). Il miglior trattamento consiste,
quindi, nella somministrazione ripetuta di b2-agonisti a rapida insorgenza di azione per via inalatoria [4-6 spruzzi di salbutamolo (Ventolin®) fino a 10 ogni 15-20 minuti nella prima ora, 100 µg per
spruzzo, sia in adulti che in bambini].
Nelle forme di particolare intensità è utile l’impiego di corticosteroidi per via generale: metilprednisolone emisuccinato 40-80 mg per ev (Solu-Medrol®) e nei bambini 1-2 mg/kg oppure idrocortisone emisuccinato 200-400 mg per ev (Flebocortid®) e nei bambini 5 mg/kg. È fondamentale riconoscere tempestivamente i segni che richiedono il trasferimento urgente del paziente presso una struttura ospedaliera.
Va rilevato, in particolare, che è assolutamente necessario trasferire il paziente quando, dopo
un’ora circa dall’inizio del trattamento, la risposta clinica sia scarsa, quando nell’anamnesi sia presente una storia di pregressi ricoveri in ospedale per crisi asmatiche e quando l’esame obiettivo evidenzi sintomi gravi (sonnolenza, confusione mentale).
67
CAPITOLO 5
TRATTAMENTO DELLE EMERGENZE ALLERGOLOGICHE IN ODONTOSTOMATOLOGIA
FIGURA 5.2 Attrezzatura di Anestesia-Rianimazione,
per il monitoraggio del paziente, presso la Sala
Operatoria di Anestesia Generale della Clinica
Odontoiatrica del Policlinico di Bari.
FIGURA 5.3 Alimentatori di ossigeno e protossido di
azoto.
T RATTAMENTO
DELL ’ ORTICARIA ACUTA
Gli antistaminici anti-H1 sono i farmaci di prima scelta nel trattamento dell’orticaria acuta (CAP. 6,
TAB. A.3).
Si può utilizzare la clorfenamina 10 mg (Trimeton®) im o preferibilmente per ev 0,30-0,35 mg/kg,
circa due fiale in un soggetto di 70 kg di peso; nei bambini si preferisce per le iniezioni per ev diluire
il farmaco nella siringa con 5-10 ml di NaCl 0,9%: 2,5-5 mg dai 2-5 anni, 5-10 mg dai 6-12 anni, 10-20
mg dai 12-18 anni. La somministrazione per ev va eseguita lentamente in un tempo pari a 3-5 minuti.
Nei casi lievi si può utilizzare l’antistaminico per via orale: per esempio la desloratadina (Aerius® cp),
o la levocetirizina (Xyzal® cp) o l’ebastina (Kestine Lio® cp), 1-2 cp al dì per almeno 5-7 giorni.
Gli steroidi possono essere utili nella fase acuta, quando si associa l’angioedema.
Si possono somministrare: metilprednisolone emisuccinato 40-500 mg per ev (Solu-Medrol®) e nei
bambini 1-2 mg/kg, oppure idrocortisone emisuccinato 200-500 mg per ev (Flebocortid®) e nei bambini 5 mg/kg, oppure ancora betametasone sodio fosfato 4-8 mg im/ev (Bentelan®).
Se l’orticaria è inserita in un contesto di anafilassi si utilizzeranno l’adrenalina e i presidi terapeutici indicati nell’anafilassi.
Letture consigliate
AAAI Board of Directors (1994). Position statement. The use of epinephrine in the treatment of anaphylaxis. J Allergy Clin Immunol. 94:666-668.
Bochner BS, Lichtenstein LM. Anaphylaxis. N Engl J Med. 1991;324:1785-1790.
Chiu CY, Lin TY, Hsia SH, Lai SH, Wong KS. Systemic anaphylaxis following local lidocaine administration during a dental procedure. Pediatr Emerg Care. 2004 Mar;20(3):178-80.
Coulthard P, Bridgman CM, Larkin A, Worthington HV. Appropriateness of a Resuscitation Council
(UK) advanced life support course for primary care dentists. Br Dent J. 2000 May 13;188(9):507-12.
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LETTURE CONSIGLIATE
Huber MA, Terezhalmy GT. Adverse reactions to latex products: preventive and therapeutic strategies. J Contemp Dent Pract. 2006 Feb 15;7(1):97-106.
Lorenzi P, Fabbri LP, Filoni M, Marsili M, Boncineli S. Reazioni di tipo anafilattico-anafilattoide ai
farmaci di interesse odontoiatrico. Giornale di Anestesia Stomatologia. 24; 109-117, 1995.
Sale SR, Greenberger PA, Patterson R. Idiopathic anaphylactoid reactions. JAMA 1981;246:2336-2339.
Worobec AS, Metcalfe DD. (1996) Systemic anaphylaxis. In: Lichtenstein LM, Fauci AS: Current Therapy
in Allergy, Immunology, and Rheumatology, 5th edition, Mosby-Year Book, St Louis, pp. 170-175.
69
6
PROTOCOLLI DI DIAGNOSI
E DI GESTIONE
DEL PAZIENTE ALLERGICO
I più comuni tests allergologici in vivo sono rappresentati nella TABELLA 6.1.
TABELLA 6.1 Tests allergologici in vivo più comuni
Skin prick test (SPT)
A cosa serve
Il test è utilizzato per la diagnostica delle allergie IgE-mediate. Si basa sulla degranulazione dei
mastociti cutanei, con adese le IgE specifiche, a seguito del contatto con lo specifico allergene.
Sino a oggi sono disponibili estratti standardizzati per allergeni alimentari, inalanti, lattice e
veleno di imenotteri; mancano, invece, estratti commerciali per farmaci. È un’indagine solitamente più sensibile rispetto al RAST.
Come si esegue
Consiste nell’applicare una goccia dell’estratto allergenico sulla superficie volare dell’avambraccio e nel pungere poi, attraverso la goccia, gli strati superficiali della cute con una lancetta sterile dotata di punta da 1 mm.
Interpretazione dei risultati
Il test è considerato positivo quando il diametro del pomfo è maggiore di 3 mm rispetto al controllo negativo. La lettura va eseguita dopo 15-30 minuti dall’applicazione dell’estratto. Agli SPT
non può essere attribuito un valore assoluto, il loro significato clinico deve essere sempre attentamente e criticamente valutato. Infatti, un test cutaneo positivo per un dato allergene non implica necessariamente che questo rappresenti il fattore eziologico delle manifestazioni cliniche.
Reazioni indesiderate
È possibile la comparsa di reazioni locali o, seppure molto raramente, sistemiche (orticaria generalizzata, asma, shock anafilattico) in corso di prick test. È sempre necessaria la presenza di un
medico pronto a intervenire e la disponibilità di farmaci e strumenti di emergenza per il trattamento delle reazioni.
Test intradermico
A cosa serve
Il test serve per la dimostrazione delle IgE specifiche nei confronti dello specifico allergene inoculato.
Come si esegue
Si basa sulla iniezione di piccole quantità di estratto allergenico (0,02-0,03 ml) utilizzando siringhe del tipo tubercolinico, munite di ago sottile che viene orientato in direzione quasi parallela
alla superficie cutanea.
Interpretazione dei risultati
Il test prevede una valutazione planimetrica o semiquantitativa mediante il confronto con il
pomfo elicitato dall’istamina, in ogni caso 15-30 minuti dopo la somministrazione dell’estratto.
In alcuni casi la lettura è a 48-72 ore. Come nel caso degli SPT non sempre l’intensità della reazione clinica cutanea, che dipende da molte variabili individuali, è correlata al grado di sensibilizzazione e, tanto meno, alla gravità della sindrome clinica. Si possono avere, quindi, allergopatie severe con una modesta positività delle reazioni cutanee specifiche e, al contrario, sindromi
clinicamente modeste con intensa positività dei test cutanei.
71
CAPITOLO 6
PROTOCOLLI DI DIAGNOSI E DI GESTIONE DEL PAZIENTE ALLERGICO
TABELLA 6.1 Test allergologici in vivo più comuni (segue)
Reazioni indesiderate
In confronto all’SPT, il test intradermico presenta una maggiore sensibilità. Tuttavia, di contro,
risulta essere meno specifico e maggiormente pericoloso per possibili reazioni generali e severe.
Patch test o test epicutaneo
A cosa serve
Rappresenta la prova diagnostica elettiva nella dermatite allergica da contatto, riproducendone
la modalità di sensibilizzazione.
Come si esegue
Consiste nell’applicazione, sul dorso del paziente, di un cerotto contenente supporti su cui è adagiato materiale aptenico (sostanze da testare). In base alla storia clinica possono essere utilizzate serie precostituite standard, “per es. serie Sidapa” , serie aggiuntive, “per es. serie odontoiatrica”, o anche materiale aptenico preparato estemporaneamente.
Interpretazione dei risultati
L’apparato testante viene rimosso dopo 48 ore dalla sua applicazione. La prima lettura viene eseguita 30-60 minuti dopo la rimozione dei patch. Una seconda lettura si effettua a 72 ore (un
giorno dopo la rimozione dei cerotti) o a 96 ore (due giorni dopo la rimozione dei cerotti).
Si può, infine, effettuare un’ultima lettura una settimana dopo l’applicazione del patch. Il motivo principale per cui si effettuano le letture a distanza di tempo variabile è che esiste una percentuale importante di reazioni positive tardive che, al momento del distacco dei cerotti, 48 ore
dopo l’applicazione, si presentano come reazioni negative o dubbie. Inoltre, confrontare i risultati di una lettura tardiva con quelli della prima lettura può essere di aiuto per differenziare una
forma irritativa (evidente a 48 ore e in fase di regressione entro 1-2 giorni) da una forma allergica (evidente dopo 48-72 ore e anche oltre con fase di regressione di lunga durata).
Tutte le positività devono essere valutate criticamente e di ciascuna bisogna stabilire la correlazione con le manifestazioni cliniche in atto.
Reazioni indesiderate
In corso di patch test si possono verificare reazioni anche di notevole entità. Tra queste, quelle
più severe sono le reazioni da assorbimento sistemico dell’aptene con riacutizzazione della dermatite esistente o pre-esistente.
Si possono, inoltre, manifestare reazioni a carico di altri organi caratterizzate da asma bronchiale e angioedema; sono reazioni IgE-mediate che compaiono dopo l’applicazione del test epicutaneo in pazienti già sensibilizzati.
Test di provocazione orale/Incremental Challenge Test
A cosa serve
Il test di provocazione e l’incremental challenge test con il farmaco sospetto serve per individuare un farmaco responsabile di una reazione. Il test di provocazione orale e l’incremental challenge test con il farmaco alternativo è utilizzato per identificare farmaci alternativi in caso di pregresse reazioni a farmaci quali: antibiotici, antinfiammatori non steroidei e anestetici locali. In
questo caso, il farmaco da testare deve essere strutturalmente differente da quello responsabile della reazione, non deve cross-reagire con questo e deve essere scelto in modo attento in base
sia alla storia del paziente sia alla bassa incidenza di reazioni allergiche nella popolazione generale.
Come si esegue
Consiste nella somministrazione a dosi crescenti di un farmaco, sfruttando la via orale o quella
cutanea, fino al raggiungimento della dose terapeutica.
72
TEST ALLERGOLOGICI
TABELLA 6.1 Tests allergologici in vivo più comuni (segue)
Interpretazione dei risultati
Il test di provocazione orale è eseguito in singolo cieco e ha una durata di alcune ore durante
le quali il paziente, assumendo le dosi del farmaco, è tenuto in stretta osservazione per la comparsa di eventuali reazioni cutanee (orticaria, angioedema), respiratorie (asma, rinite) o sistemiche sino allo shock anafilattico. L’osservazione del paziente, dopo ciascun test, deve protrarsi per
almeno 24-48 ore per escludere eventuali reazioni ritardate. Nell’incremental challenge test il
farmaco viene somministrato solitamente per via sottocutanea a concentrazioni e dosaggi sempre maggiori.
Reazioni indesiderate
I test con farmaci devono essere praticati con molta attenzione in soggetti ad alto rischio (per
esempio in pazienti in cui il farmaco abbia prodotto uno shock anafilattico) e devono essere eseguiti esclusivamente in ambiente ospedaliero, da personale specializzato in presenza di tutti i
dispositivi rianimatori.
I più comuni tests allergologici in vitro sono rappresentati nella TABELLA 6.2.
TABELLA 6.2 Tests allergologici in vitro più comuni
RAST
A cosa serve
È utilizzato per la dimostrazione e il dosaggio di IgE specifiche sieriche verso un determinato
allergene. Rappresenta un’indagine solitamente meno sensibile rispetto allo skin prick test.
Come si esegue
Si esegue mediante prelievo venoso. Differenti reagenti (radioimmunologici, immunoenzimatici, fluorimetrici) sono stati proposti per la ricerca delle IgE specifiche verso uno o più allergeni.
Sono disponibili test per il dosaggio di IgE specifiche per allergeni alimentari, inalanti, lattice,
veleno di imenotteri e alcuni farmaci.
Interpretazione dei risultati
Possono verificarsi false negatività (per es. in casi non recenti di allergia alla penicillina) o, più
spesso, false positività per fenomeni di “binding aspecifico”. In altri casi, inoltre, possono verificarsi positività senza significato eziologico nei confronti della manifestazione in atto. Come per
altri test di laboratorio, il dosaggio delle IgE specifiche deve essere sempre valutato criticamente, a confronto con i dati anamnestici e clinici e soltanto quando vi sia concordanza con la clinica assume un chiaro significato in senso diagnostico-eziologico.
PRIST
A cosa serve
Il test è utilizzato per il dosaggio delle IgE totali sieriche.
Come si esegue
Si esegue mediante prelievo venoso, con successiva determinazione delle IgE totali mediante
metodiche radioimmunologiche o immunoenzimatiche.
Interpretazione dei risultati
Le IgE totali risultano, generalmente, elevate nelle sindromi allergiche. Sebbene i valori massimi
di IgE si riscontrino nelle allergopatie, è altrettanto vero che il riscontro di valori normali di IgE
sieriche totali non esclude la diagnosi di allergopatia. Vi sono, infatti, molti casi di pazienti allergici con valori normali di IgE totali. Le IgE totali sono, inoltre, aumentate in varie condizioni
patologiche non allergiche (connettiviti, parassitosi intestinali, plasmocitoma-IgE) e anche in
alcune condizioni fisiologiche o parafisiologiche (per es. nei fumatori).
Pertanto, non è assolutamente possibile formulare una diagnosi di reazione allergica sulla base
della sola determinazione delle IgE totali.
73
CAPITOLO 6
PROTOCOLLI DI DIAGNOSI E DI GESTIONE DEL PAZIENTE ALLERGICO
Anamnesi di reazioni da ipersensibilità allergica ad antibiotici o FANS
Il paziente ha già assunto dopo la reazione
da ipersensibilità allergica un farmaco alternativo
a quello riportato nell’anamnesi,
senza comparsa di alcuna reazione avversa
Il paziente non ha assunto farmaci successivamente
alla reazione da ipersensibilità allergica
o non è possibile identificare i farmaci assunti
e tollerati dopo l’evento avverso riportato in anamnesi
Consigliare l’assunzione
del farmaco già assunto e tollerato
Inviare il paziente
dall’allergologo
Test per la dimostrazione dell’allergia al farmaco e,
se positivi, test di provocazione orale con farmaci
chimicamente distinti da quelli resposabili
della reazione allergica
Test di provocazione
orale negativo
Test di provocazione
orale positivo
Consigliare l’assunzione,
in caso di necessità,
dei farmaci testati
Riconsiderare
un ulteriore farmaco
alternativo
FIGURA 6.1 Algoritmo diagnostico dei pazienti con allergia a farmaci (antibiotici e FANS).
74
TEST ALLERGOLOGICI
Anamnesi di reazioni da ipersensibilità allergica ad anestetico locale
Il paziente è già stato sottoposto
ad anestesia locale
successivamente all’evento allergico,
senza comparsa di alcuna reazione
Il paziente non è stato successivamente sottoposto
ad anestesia locale o non è possibile identificare
l’anestetico utilizzato dopo l’evento allergico
riportato nell’anamnesi
Utilizzare quest’ultimo
come anestetico locale
Inviare il paziente
dall’allergologo
Sottoporre il paziente a incremental challenge test
con anestestico locale alternativo
Incremental challenge
test negativo
Incremental challenge
test positivo
Somministrare,
in caso di necessità,
l’anestetico tollerato
senza l’utilizzo
di un premedicazione
Riconsiderare
un ulteriore anestetico
alternativo
FIGURA 6.2 Algoritmo diagnostico di pazienti con pregressa reazione da ipersensibilità allergica ad anestetico
locale.
75
CAPITOLO 6
PROTOCOLLI DI DIAGNOSI E DI GESTIONE DEL PAZIENTE ALLERGICO
G ESTIONE
DEL RISCHIO
Prima di intraprendere una procedura odontoiatrica in un paziente affetto da patologia allergica è
bene stabilirne il grado di rischio. Possiamo distinguere: pazienti a basso indice, pazienti a medio e
pazienti ad alto indice di rischio.
Pazienti a basso indice di rischio
Rientrano i soggetti affetti da:
• rinite, congiuntivite, oculorinite allergica;
• dermatite e/o stomatite allergica da contatto;
• allergia a farmaci di grado lieve (escluse le reazioni a mezzi di contrasto);
• allergie ad alimenti;
• pregressi orticaria/angioedema acuti o ricorrenti;
• sindrome orale allergica;
• lesioni lichenoidi da amalgama;
• glossite migrante.
Procedure da attuare:
• richiedere inquadramento specialistico allergologico;
• non eseguire premedicazione;
• avere disponibili le attrezzature e i farmaci utili per fronteggiare le situazioni di emergenza;
• operare in ambiente ambulatoriale o ospedaliero.
Pazienti a medio indice di rischio
Rientrano i soggetti affetti da:
• allergia a farmaci di grado moderato/severo;
• pregresse reazioni ai mezzi di contrasto;
• orticaria/angioedema cronici o in atto;
• angioedema ereditario;
• pregressi episodi di anafilassi;
• allergia al lattice della gomma.
Procedure da attuare:
• richiedere inquadramento specialistico allergologico;
• eseguire premedicazione (non nei pazienti con angioedema ereditario, facoltativo nei pazienti
allergici al lattice);
• eseguire profilassi specifica solo per pazienti con angioedema ereditario e allergia al lattice;
• avere disponibili le attrezzature e i farmaci utili per fronteggiare le situazioni di emergenza;
• operare in ambiente ambulatoriale od ospedaliero.
Pazienti ad alto indice di rischio
Rientrano i soggetti affetti da:
• patologie allergiche in fase acuta associate a gravi patologie metaboliche e/o cardiopolmonari.
Procedure da attuare:
• richiedere inquadramento specialistico allergologico;
76
PROTOCOLLI DI PREMEDICAZIONE
•
•
•
•
eseguire premedicazione;
avere disponibili il saturimetro, il frequenzimetro e le cannule endovenose;
avere disponibili le attrezzature e i farmaci utili per fronteggiare le situazioni di emergenza;
operare in ambiente ospedaliero.
P ROTOCOLLI
DI PREMEDICAZIONE
Premedicazione in caso di intervento eseguito in elezione:
• prednisone (Deltacortene®) 50 mg/os 13 ore, 7 ore e 1 ora prima dell’intervento;
• ranitidina (Ranidil®) 300 mg/os 13 ore, 7 ore e 1 ora prima del’intervento;
• clorfenamina maleato (Trimeton®) 10 mg/im 1 ora prima dell’intervento.
Premedicazione in caso di intervento eseguito in urgenza:
• idrocortisone (Flebocortid®) 200 mg/ev, immediatamente prima dell’intervento;
• clorfenamina maleato (Trimeton®) 10 mg/im, immediatamente prima dell’intervento.
77
CAPITOLO 6
PROTOCOLLI DI DIAGNOSI E DI GESTIONE DEL PAZIENTE ALLERGICO
APPENDICE
P ROTOCOLLI
DA ADOTTARE
IN CASO DI REAZIONI ALLERGICHE (RALL)
TABELLA A.1 Riassunto dei farmaci da somministrare in caso di anafilassi
Farmaco da somministrare
Adrenalina
Adrenalina fiale da 1 ml, im/ev, soluzione 1:1000
(1 mg in 1 ml)
Soluzioni cristalloidi
NaCl isotonica o glucosata fl, ev 500 ml
Antistaminici
Clorfenamina fiale, im/ev 10 mg (Trimeton®)
Dose e frequenza di somministrazione
Impiego sottocutaneo o, preferibilmente, intramuscolare: somministrare
immediatamente 0,3-0,5 ml, da ripetere in caso di effetto insoddisfacente
dopo 5-10 min.
Se l´impiego intramuscolare è inefficace si passa a un impiego endovenoso: diluire 1 ml di una soluzione 1:1000 in 500 ml di NaCl e somministrare nell´adulto alla velocità di 0,25-2,5 ml/minuto.
Nei bambini si impiega la via intramuscolare: 0,1 ml/10 kg di peso corporeo fino a un massimo di 0,3 ml. La dose può essere ripetuta due volte
ed eventualmente raddoppiata in caso di mancata risposta clinica dopo
5-10 minuti.
Impiego endovenoso: fino a 1000 ml ogni 20-30 minuti.
Nei bambini la velocità di infusione deve essere pari a 20-30 ml/kg/ora.
Ranitidina fiale, ev 100 mg (Ranitidina®)
Impiego intramuscolare o, preferibilmente, endovenoso: 0,30-0,35
mg/kg (equivalente a circa due fiale in un soggetto di 70 kg di peso) da
somministrare per ev in 3-5 minuti.
Nei bambini, per le iniezioni per ev, diluire il farmaco nella siringa con 5-10
ml di NaCl 0,9% e somministrare in 3-5 minuti con la seguente posologia:
2,5-5 mg dai 2-5 anni, 5-10 mg da 6-12 anni, 10-20 mg dai 12-18 anni.
Impiego endovenoso: 100 mg.
Nei bambini: 1,5 mg/kg.
Corticosteroidi
Metilprednisolone fiale, ev 40-125-500-10002000 mg (Solu-Medrol®)
Impiego endovenoso: 100-1000 mg.
Nei bambini: 1-2 mg/kg.
Aminofillina
Aminofillina fiale, im/ev 240 mg (Aminomal®)
In caso di broncospasmo persistente.
Impiego endovenoso: dose di carico di poco più di 5 mg/kg in 20-30
minuti (pari a una fiala e mezza in un paziente del peso di kg 70), seguita da una dose di mantenimento con 0,3-0,9 mg/kg/ora (corrispondente a poco più di 60 mg/ora in un soggetto del peso di 70 kg).
Nei bambini: dose di carico per ev di 5 mg/kg fino a 12 anni e di 250-500
mg dai 12-18 anni in 20-30 minuti, seguita da una dose di mantenimento con 1 mg/kg/ora fino a 12 anni o di 0,5 mg/kg/ora dai 12-18 anni.
È fondamentale stabilire immediatamente un accesso venoso con catetere
È fondamentale tenere il paziente in posizione supina con gli arti inferiori sollevati e somministrare ossigeno
È fondamentale il trasferimento del paziente presso un presidio ospedaliero
78
APPENDICE – PROTOCOLLI DA ADOTTARE IN CASO DI REAZIONI ALLERGICHE (RALL)
TABELLA A.2 Riassunto dei farmaci da somministrare in caso di accesso acuto asmatico
Farmaco da somministrare
Dose e frequenza di somministrazione
b22-agonisti
Salbutamolo aerosol dosato (100 µg per spruzzo)
(Ventolin®)
4-6 spruzzi (fino a 10) di salbutamolo ogni 15-20 minuti nella prima ora,
in adulti o bambini.
Corticosteroidi
Metilprednisolone fiale, ev 40-125-500-1000-2000
mg (Solu-Medrol®)
Impiego endovenoso: 40-80 mg.
Nei bambini: 1-2 mg/kg.
TABELLA A.3 Riassunto dei farmaci da somministrare in caso di orticaria acuta
Farmaco da somministrare
Antistaminici
Clorfenamina fiale, im/ev 10 mg (Trimeton®)
Dose e frequenza di somministrazione
Impiego intramuscolare o, preferibilmente, endovenoso: 0,30-0,35
mg/kg (equivalente a circa due fiale in un soggetto di 70 kg di peso) da
somministrare per ev in 3-5 minuti.
Nei bambini, per le iniezioni ev, diluire il farmaco nella siringa con 5-10
ml di NaCl 0,9% e somministrare con la seguente posologia: 2,5-5 mg
dai 2-5 anni, 5-10 mg da 6-12 anni, 10-20 mg dai 12-18 anni.
Oppure nei casi lievi
Ebastina cp sublinguali, 10 mg (Kestine® lio)
Corticosteroidi
Metilprednisolone fiale, ev 40-125-500-10002000 mg (Solu-Medrol®)
Oppure
Betametasone fiale, im/ev 1-4 mg (Bentelan®)
1-2 cp da sciogliere sotto la lingua.
Proseguire per almeno 5-7 giorni l´assunzione di un antistaminico per
via orale
Impiego endovenoso: 40-500 mg.
Nei bambini: 1-2 mg/kg.
Impiego endovenoso o intramuscolare: 4-8 mg.
79
Parte B
Reazioni avverse
Lo scopo dell’opera è quello di approfondire le reazioni allergiche, di cui, sinora, si è realizzata
ampia trattazione. Le reazioni allergiche, tuttavia, fanno parte di una serie di reazioni che, più
globalmente, vengono definite reazioni avverse.
Le reazioni avverse non allergiche devono, pertanto, entrare in diagnosi differenziale con quelle
allergiche, in quanto non sono caratterizzate dalla medesima eziopatogenesi e, dunque, spesso
necessitanti di differente terapia.
7
REAZIONI AVVERSE
A FARMACI (RAF)
D EFINIZIONE
ED EZIOPATOGENESI
Si definisce reazione avversa a farmaci (RAF) qualsiasi reazione non voluta e legata all’assunzione
di un farmaco a scopo terapeutico, profilattico e\o diagnostico. Reazione non dovuta alle proprietà
del farmaco stesso, né a situazioni patologiche e\o fisiologiche né a interferenze con altri farmaci.
Si comprende, dunque, dalla pregressa definizione, quanto le RAF comprendano reazioni a patogenesi non immune (sovradosaggio, effetti collaterali, effetti secondari, interazioni farmacologiche,
reazioni da intolleranza, reazioni pseudo-allergiche, idiosincrasia) e immune (reazioni allergiche
vere e proprie), di cui si è precedentemente discusso.
In uno studio retrospettivo, condotto presso la Cattedra di Allergologia e Immunologia Clinica del
Policlinico di Bari, è stata presa in considerazione una casistica di 2287 pazienti con RAF, osservati
negli ultimi 10 anni. I farmaci ritenuti sicuramente responsabili di tali reazioni sono stati identificati
in 1973 soggetti. I medicinali maggiormente coinvolti nel determinismo dell’affezione (TABB. 7.1-7.3)
sono stati gli antinfiammatori non steroidei e gli antibiotici (soprattutto i b-lattamici, 34,2% dei casi).
In odontoiatria, gli studi epidemiologici riportano un’incidenza di reazioni avverse agli anestetici locali pari al 2,5-10%.
L’andamento epidemiologico delle reazioni a farmaci ha mostrato, negli ultimi anni, la tendenza
a un costante incremento, soprattutto nelle donne durante la terza decade di vita.
Le reazioni avverse a farmaci possono essere classificate in due tipi (A e B).
A. Reazioni di tipo A (Augmented): sono legate all’azione farmacologica della sostanza utilizzata,
sono molto frequenti (80% dei casi) e si verificano in soggetti predisposti. Si tratta di reazioni prevedibili e dose-dipendenti. Sono essenzialmente dovute a:
• sovradosaggio: reazioni direttamente correlate alla quantità del farmaco assunta (eccessiva
rispetto al comune dosaggio) o dovute a un suo accumulo per anomalia escretoria o metabolica nel paziente;
• effetti collaterali: per esempio la sonnolenza da antistaminici;
• effetti secondari: possono, talora, simulare la comparsa di una nuova patologia sovrapposta
(per es. enterocolopatia per alterazione della normale flora batterica in corso di terapia antibiotica protratta);
• interazioni farmacologiche: determinano un aumento o una diminuzione degli effetti di uno
dei farmaci o di entrambi (per es. l’uso contemporaneo di due o più farmaci con attività anticolinergica, come un antipsicotico e un antidepressivo triciclico, produce comunemente effetti
anticolinergici esagerati, compresa la xerostomia e l’annebbiamento della vista).
Tutte le reazioni sopracitate si possono manifestare anche alla prima somministrazione del farmaco.
B. Reazioni di tipo B (Bizarre): sono meno frequenti (20% dei casi), non correlate all’azione del farmaco ma alla risposta individuale di soggetti predisposti. Sono reazioni imprevedibili e, spesso,
dose-indipendenti. Sono di due tipi: extra-immunologiche e immunologiche:
• reazioni extraimmunologiche: comprendono le reazioni da intolleranza, le reazioni da idiosincrasia [dovute ad alterazioni della costituzione genetica, per esempio: anemia emolitica da primachina in soggetti con deficit di G6PD (deficit enzimatico)] e le reazioni pseudoallergiche
83
CAPITOLO 7
REAZIONI AVVERSE A FARMACI
TABELLA 7.1 Farmaci antinfiammatori non steroidei e analgesici responsabili di 1100 casi di RAF su 2287
pazienti analizzati
Pazienti
Farmaco
Salicilati
• Acido acetilsalicilico
• Lisina acetilsalicilato
Pirazolonici
• Noramidopirina
• Feprazone
• Propifenazone
• Aminofenazone
Arilpropionici
• Naprossene
• Ibuprofene
• Ketoprofene
• Flurbiprofene
• Acido Tiaprofenico
• Indoprofene
• Suprofene
Sulfonanilidi
• Nimesulide
Fenetidinici
• Paracetamolo
Pazienti
No.
%
412
407
5
331
128
115
85
3
141
43
43
40
9
3
2
1
60
60
51
51
37,45
37
0,45
30,1
11,64
10,45
7,73
0,28
12,82
3,91
3,91
3,63
0,82
0,28
0,18
0,09
5,45
5,45
4,64
4,64
Farmaco
Arilacetici
• Diclofenac
• Ketorolac
Oxicam
• Piroxicam
• Tenoxicam
• Meloxicam
Fenamati
• Acido Mefenamico
• Acido Niflumico
• Morniflumato
Indolici
• Indometacina
• Tolmetin
Altri
• Bromelina
• Benzidamina
• Glafenina
• Galattosaminoglucano
• Diacerina
• Seaprose s
• Serrapeptasi
No.
%
37
33
4
32
25
5
2
7
3
2
2
4
3
1
25
8
4
4
3
2
2
2
3,37
3,1
0,36
2,9
2,27
0,45
0,18
0,64
0,28
0,18
0,18
0,36
0,28
0,08
2,27
0,73
0,36
0,36
0,28
0,18
0,18
0,18
(PAR) o da ipersensibilità non immune. Queste ultime sono reazioni che clinicamente mimano
i segni e i sintomi delle reazioni allergiche ma si verificano attraverso un meccanismo nonimmunologico. Viene ipotizzata una liberazione diretta, non immunologica, di istamina e altri
mediatori dai mastociti e basofili, elicitata da anafilatossine C3a e C5a (prodotte in corso di attivazione del complemento), da neuropeptidi (per es. sostanza P), da endorfine e da alterazioni
osmotiche (mezzi di contrasto radiografici);
• reazioni immunologiche: comprendono le reazioni allergiche o da ipersensibilità allergica di
cui si è precedentemente discusso (Cap. 1).
F ATTORI
DI RISCHIO
I fattori che aumentano il rischio di insorgenza di una RAF sono di tre tipi: correlati al paziente, al
farmaco e a terapie e malattie concomitanti.
Tra i fattori paziente-correlati bisogna considerare:
• età: in genere tutte le reazioni avverse a farmaci sono maggiormente frequenti nei soggetti tra i 20
e i 40 anni, mentre sono piuttosto rare nei bambini e negli anziani, per la ridotta reattività immunologica degli stessi;
• sesso: risulta maggiormente colpito il sesso femminile; ciò, però, potrebbe essere in parte legato
al fatto che le donne assumono più farmaci, anche autoprescritti, e consultano più frequentemente i medici rispetto al sesso maschile;
• anamnesi familiare: per ipersensibilità allergica a farmaci.
84
FATTORI DI RISCHIO
TABELLA 7.2 Antibiotici responsabili di 674 casi di RAF su 2287 pazienti analizzati
Farmaco
Penicilline
No.
%
Farmaco
No.
%
296
43,88
• Rokitamicina
6
0,89
• Amoxicillina
111
16,46
• Claritromicina
4
0,59
• Ampicillina
65
9,64
• Josamicina
3
0,45
• Bacampicillina
43
6,37
• Spiramicina
3
0,45
• Penicillina G
37
5,48
• Roxitromicina
3
0,45
• Piperacillina
20
2,96
• Azitromicina
3
0,45
• Diaminocillina
11
1,63
Chinolonici
27
4,02
7
1,04
• Ofloxacina
9
1,34
• Cinoxacina
6
0,89
• Ciprofloxacina
5
0,74
• Cloxacillina
• Dicloxacillina
2
0,3
97
14,38
• Norfloxacina
3
0,45
Cefatrizina
11
1,63
• Pefloxacina
2
0,3
Cefaclor
Cefalosporine
I Generazione
10
1,48
• Ac. pipemidico
1
0,15
Cefalessina
9
1,34
• Ac. ossolinico
1
0,15
Cefazolina
7
1,04
Lincosamidi
15
2,22
Cefadroxil
2
0,3
• Lincomicina
14
2,07
Cefuroxime
4
0,59
Tetracicline
Cefonicid
1
0,15
II Generazione
• Clindamicina
III Generazione
1
0,15
11
1,64
• Tetraciclina
6
0,89
• Minociclina
3
0,45
Cefotaxime
17
2,51
• Clortetraciclina
2
0,3
Ceftriaxone
16
2,37
Rifamicine
9
1,34
Ceftazidime
13
1,92
• Rifampicina
7
1,04
Cefixima
3
0,45
• Rifaximina
2
0,3
Ceforidime
2
0,3
Carbapenemi
5
0,74
Cefoperazone
1
0,15
• Imipenem
5
0,74
Cefepime
1
0,15
Aminoglicosidi
5
0,74
Sulfamidi, Trimetoprim e analoghi
82
12,17
• Streptomicina
4
0,59
• Sulfametossazolo-Trimetoprim
74
10,98
• Netilmicina
1
0,15
• Sulfadiazina
7
1,04
Monobattami
2
0,3
• Brodimoprim
1
0,15
• Aztreonam
2
0,3
Combinazioni
66
9,79
Altri
8
1,2
• Amoxicillina-Ac. Clavulanico
59
8,75
• Tiamfenicolo
2
0,3
• Ampicillina-Sulbactam
6
0,89
• Tinidazolo
2
0,3
• Cefoperazone-Sulbactam
1
0,15
• Fosfomicina
1
0,15
Macrolidi
51
7,58
• Nitrofurantoina
1
0,15
• Eritromicina
20
2,96
• Metronidazolo
1
0,15
• Miocamicina
9
1,34
• Clofoctolum
1
0,15
85
CAPITOLO 7
REAZIONI AVVERSE A FARMACI
TABELLA 7.3 Altri farmaci (non antimicrobici, non FANS) responsabili di 199 casi di RAF su 2287 pazienti
analizzati
Pazienti
Farmaco
No.
Pazienti
%
Farmaco
Anestetici locali
37
18,7
Vaccini, sieri immuni,
immunoglobuline (Ig)
• Mepivacaina
24
12,1
• Lidocaina
13
6,6
Gastrointestinali
36
18,1
• Ioscina-Metilbromide
12
• Butilscopolamina
No.
%
10
5
• Ig antitetano
4
2
• Vaccino antinfluenzale
2
1
• Altri
4
2
6
Mezzi di contrasto iodati
9
4,5
9
4,6
Neuropsichiatrici
9
4,5
• Altri
15
7,5
• Ganglosidi
2
1
Cardiovascolari
21
10,6
• Altri
7
3,5
5
2,5
Anestetici generali
5
2,5
• Nifedipina
• Captopril
3
1,5
• Tiopentale
3
1,5
• Altri
13
6,6
• Succinilcolina
1
0,5
Vitamine, minerali, elettroliti
21
10,6
• Atracurio
1
0,5
• B1-B6-B12
6
3,1
Diuretici
4
2
• B6
4
2
• Acetazolamide
1
0,5
• A-E
2
1
• Furosemide
1
0,5
• Altri
9
4,5
• Mannitolo
1
0,5
19
9,5
• Idroclortiazide-amiloride
1
2
Altri
Broncopolmonari
• Bromexina
4
12
0,5
6
• Altri
15
7,5
• Allopurinolo
5
2,5
Ormoni
16
8
• Tiocolchicoside
3
1,5
• Calcitonina
5
2,5
• Metilergometrina
3
1,5
• Etilestradiolo
3
1,5
• Iodoformio
1
0,5
• Altri
8
4
Lo stato atopico (propensione a produrre IgE specifiche nei confronti di comuni allergeni) non
sembra, a oggi, un fattore di rischio per l’allergia a farmaci, eccetto che per le reazioni avverse ai
mezzi di contrasto iodati, sebbene sia stato ipotizzato che l’atopia possa predisporre il soggetto a
determinate manifestazioni cliniche di allergia ai farmaci.
I fattori di rischio farmaco-correlati sono rappresentati da:
• struttura del farmaco: sostanze ad alto peso molecolare costituiscono antigeni completi e sono,
quindi, in grado di indurre più facilmente una sensibilizzazione rispetto a quelle a basso peso
molecolare;
• via di somministrazione del farmaco: in particolar modo sono ritenute maggiormente sensibilizzanti la somministrazione topica e quella intramuscolare; naturalmente, una volta che si è instaurato uno stato di sensibilizzazione, la successiva somministrazione della sostanza è in grado di
determinare, anche in piccole dosi e indipendentemente dalla modalità di somministrazione, la
comparsa della reazione di ipersensibilità allergica;
• frequenza, durata e dose di somministrazione: in linea generale quanto maggiori sono i dosaggi
e più lungo il periodo di somministrazione, tanto più grande è la probabilità di sensibilizzazione;
esistono eccezioni come la penicillina, che, per periodi lunghi di somministrazione ad alti dosaggi, può causare l’insorgenza di anemia emolitica, mentre, per brevi e intermittenti periodi di somministrazione a basse dosi, può determinare l’insorgenza di reazioni IgE-mediate (per es. orticaria, angioedema).
86
FATTORI DI RISCHIO
Può accadere che il paziente possa sensibilizzarsi a un farmaco (soprattutto antibiotici) in seguito a somministrazioni occulte dello stesso oppure in seguito a somministrazione di farmaci crossreattivi (per es. penicilline-cefalosporine).
Terapie e malattie concomitanti possono rappresentare un fattore di rischio per l’insorgenza di
una RAF per esempio:
• la mononucleosi infettiva e la leucemia linfatica cronica aumentano il rischio di rash maculopapulare dopo l’assunzione di amoxicillina e ampicillina;
• un’infezione da HIV aumenta il rischio di ipersensibilità allergica nei confronti di trimetoprimsulfametossazolo (Bactrim®);
• il concomitante uso di b-bloccanti incrementa il rischio di reazioni avverse a FANS, penicillina e
a mezzi di contrasto iodati.
Nel caso di anestetici locali, le reazioni avverse possono essere (TAB. 7.4):
• di tipo tossico: dovute a iperdosaggio, errori di somministrazione (per esempio endovenosa),
rapido o eccessivo riassorbimento o, talora, metabolizzazione lenta o alterato assorbimento del
farmaco, cui consegue iperattivazione del sistema nervoso centrale con agitazione, ansia, convulsioni, tremori e, a più alte dosi, depressione e coma;
• di tipo psico-somatico: è coinvolto il sistema nervoso autonomo, con sindrome da iperventilazione e parestesie oppure, più frequentemente, con vertigini, pallore, ipotensione, sudore freddo,
bradicardia e sincope;
• idiosincrasiche: da deficienze enzimatiche, dose-indipendenti, con convulsioni, blocco respiratorio e metemoglobinemia;
• da ipersensibilità o allergiche: con orticaria, angioedema, asma bronchiale e shock (Cap. 1);
• pseudollergiche: con espressioni cliniche sovrapponibili alle reazioni allergiche ma con meccanismi patogenetici non immunologici e prevalentemente dose-dipendenti.
Spesso tali reazioni sono associate alla presenza di sostanze aggiunte al principio attivo del farmaco nella preparazione commerciale.
I vasocostrittori (adrenalina) sono frequentemente associati all’anestetico locale allo scopo di prolungare la durata dell’anestesia regionale e di rendere ischemica la zona da operare, in modo da
ritardare l’assorbimento dell’anestetico e aumentare la concentrazione nel sito desiderato.
TABELLA 7.4 Classificazione delle reazioni avverse da anestetici locali
Reazioni non correlate all’anestetico locale
• Risposte psicomotorie:
– Iperventilazione
– Sincope vaso-vagale
• Da stimolazione simpatica:
– Endogena
– Da somministrazione di adrenergico
Reazioni di tipo tossico
• Effetti sul sistema nervoso centrale: agitazione, ansia, convulsioni, tremori e, a più alte dosi, depressione e coma
• Effetti sull’apparato cardiovascolare: tachicardia, bradicardia, collasso cardiocircolatorio
• Effetti locali: necrosi ossea-mucosa
Reazioni imprevedibili
• Tipo idiosincrasico (dose-indipendenti): convulsioni, blocco respiratorio, metemoglobinemia
• Tipo allergico (dose-indipendenti): orticaria, angioedema, asma bronchiale e shock
• Tipo pseudoallergico (solitamente dose-dipendenti): reazioni da iperattivazione mastocitaria e complemento
87
CAPITOLO 7
REAZIONI AVVERSE A FARMACI
Tuttavia, una parte del vasocostrittore può essere assorbito e può indurre eventi avversi, anche
clinicamente rilevanti, essenzialmente di tipo cardiovascolare in pazienti particolarmente suscettibili (per es. per concomitanti patologie cardiache). Nei soggetti sani le stesse reazioni si possono verificare in caso di un’esagerata risposta individuale o un elevato e rapido passaggio in circolo, come
succede nel caso di puntura accidentale di un vaso. È stato, tuttavia, dimostrato che l’infiltrazione
locale dei 18 mcg di adrenalina, presenti in una tubo-fiala di mepivacaina da 1,8 ml con adrenalina
1:100.000, aumenta la concentrazione plasmatica di questa catecolamina in entità analoga a quella
conseguente alla liberazione di catecolamine endogene, causata dal solo stress dell’anestesia locale
o dal solo intervento odontoiatrico. In ogni caso, i sintomi evocati dalla somministrazione del vasocostrittore si riassumono in tremori, ansietà, tachicardia e crisi ipertensive.
Gli additivi quali i parabeni e i solfiti sono, rispettivamente, utilizzati come batteriostatici e antiossidanti nelle preparazioni in cui è presente adrenalina. I metabisolfiti possono causare reazioni prevalentemente pseudoallergiche clinicamente evidenti come rinite, congiuntivite, asma, orticaria,
edema della glottide, sino all’anafilassi. Va, peraltro, sottolineato come tali reazioni siano generalmente dose-dipendenti e, quindi, scatenate da assunzioni di consistenti quantità di additivi quali
quelli presenti nei cibi. La modesta concentrazione di metabisolfito presente nelle tubo-fiale degli
anestetici locali (0,5-2 mg/ml) risulta, generalmente, ben tollerata.
Q UADRI
CLINICI
Eritema multiforme (EM)
Definizione
Vasculite leucocitoclastica con necrosi ischemica dei tessuti da reazione di ipersensibilità acuta
muco-cutanea non allergica, con linfociti CD8+ e cellule con azione citotossica che inducono l’apoptosi dei cheratinociti.
Eziopatogenesi
L’EM si riscontra con una maggiore prevalenza nei soggetti giovani adulti, in particolare tra la seconda e quarta decade di vita. Circa il 20% dei casi si manifesta nei bambini.
Risulta più colpito il sesso maschile rispetto a quello femminile. Esistono fattori genetici predisponenti, i pazienti maggiormente colpiti presentano infatti gli epitopi HLA B15, 35, A33, DR53, DQB1
0301 come antigeni di istocompatibilità.
L’EM è dovuto alla somministrazione di farmaci quali: antibiotici (aminopenicilline, sulfamidici,
cefalosporine), barbiturici, antinfluenzali, FANS, anticonvulsivanti, inibitori delle proteasi.
L’EM è scatenato anche da altre noxae patogene:
• agenti infettivi: soprattutto Herpes simplex virus, Adenovirus, Coxachievirus, Echovirus, HAV,
HBV, HCV e Mycoplasma pneumoniae;
• condizioni immunologiche: pazienti con trapianto di midollo, sarcoidosi, lupus sistemico eritematoso, poliartrite nodosa, morbo di Bowen;
• sostanze chimiche: non dimostrato il ruolo di benzoati, nitrobenzene, profumi.
L’intimo meccanismo patogenetico dell’EM prevede che intervengano fattori cellulari e umorali,
con una reazione immuno-mediata T-cellulare scatenata dalla precipitazione di un agente successivamente espresso dal cheratinocita basale o soprabasale dell’epidermide, capace di provocare un
attacco immunologico verso lo stesso cheratinocita legato all’antigene not-self.
La reazione scatenata da antigeni virali determina produzione di INF-g con apoptosi del cheratinocita basale, mentre la reazione conseguente al contatto con la molecola farmacologicamente attiva
scatena produzione di TNF-a e necrosi cellulare e tissutale.
88
QUADRI CLINICI
FIGURA 7.1 Aspetto istologico dell’eritema multiforme: ulcerazione e degenerazione spongiosica epiteliale associata ad abbondante infiltrato infiammatorio a ridosso della membrana basale che invade l’epitelio.
Anatomopatologicamente (FIG. 7.1) le lesioni sono caratterizzate da infiltrato infiammatorio lichenoide aspecifico a ridosso della membrana basale, edematoso e spongiosico, linfociti e monociti a
livello dell’epitelio ed in profondità nel chorion.
Si rilevano depositi granulari di IgM, C3 e fibrina in sede perivascolare, segno evidente di compromissione della micro- e macro-circolazione.
Clinica
Nelle forme lievi si osservano solo ulcerazioni orali; nelle forme più gravi si osservano anche ulcerazioni cutanee, delle mucose orali e genitali (FIGG. 7.2-7.4). Queste varietà rappresentano la sindrome di Stevens-Johnson e la sindrome di Lyell che possono avere una prognosi grave e un’evoluzione mortale.
L’EM può essere ricorrente e manifestarsi ad ogni esposizione dell’organismo all’agente scatenante; la gravità del quadro clinico peggiora progressivamente ad ogni episodio successivo.
Le lesioni orali si presentano con:
• erosioni, bolle, ulcerazioni che progrediscono e si diffondono nel cavo orale;
• edema labiale con formazione di bolle e croste;
• lesioni della mucosa non cheratinizzata, soprattutto nella parte anteriore del cavo orale.
Possono essere interessate anche cute (lesioni simmetriche “a bersaglio”) e mucose oculari (lacrimazione, fotofobia), genitali (dolore, bruciore), le zone faringo-esofagee (disfagia, bruciore) e renali
(insufficienza renale).
89
CAPITOLO 7
REAZIONI AVVERSE A FARMACI
FIGURA 7.2 Eritema multiforme: lesioni ulcerose progressive, a insorgenza acuta, localizzate a livello della similcute del labbro inferiore, superiore, della mucosa specializzata del dorso linguale, della mucosa geniena bilaterale e del palato duro e molle, post assunzione di aminopenicilline.
FIGURA 7.3 Eritema multiforme: manifestazioni generalizzate, a insorgenza acuta, a livello della mucosa genitale (ulcera dolente del glande) e a livello cutaneo, con tipico aspetto delle lesioni a coccarda e a bersaglio, dopo
assunzione di FANS.
90
QUADRI CLINICI
FIGURA 7.4 Eritema multiforme: coinvolgimento degli arti inferiori e superiori nel medesimo paziente.
Diagnosi e diagnosi differenziale
La diagnosi anamnestica e clinica deve essere confermata da test di laboratorio e dalla biopsia della
mucosa orale con immunofluorescenza. È importante identificare l’agente scatenante.
La diagnosi differenziale deve essere posta con stomatiti virali, pemfigo, pemfigoide bolloso,
malattia lineare da IgA, epidermolisi bollosa acquisita.
Terapia
La terapia causale si basa sulla completa rimozione dell’agente scatenante.
Nelle forme lievi la risoluzione, in genere spontanea, risulta essere un processo lento (2-3 settimane). Nelle forme più gravi, si utilizzano corticosteroidi topici o sistemici (prednisone 0,5-1
mg/kg/die); in quest’ultimo caso, la dose va diminuita gradualmente dopo la remissione clinica
della patologia, nonostante persistano discordanze riguardo l’utilizzo di tali farmaci. È, inoltre,
descritto in letteratura l’utilizzo di ciclosporina o ciclofosfamide 1-2 mg/kg/die. Nei casi particolarmente resistenti, si consiglia una terapia a base di ossigeno iperbarico, granulocyte colony stimulating factor e plasmaferesi.
Nei casi di episodi ricorrenti di EM, devono essere identificati i fattori scatenanti e, possibilmente, rimossi. Se l’EM è causato da Herpes simplex si somministra aciclovir orale 1 gr/die per 5 giorni e
400 mg per 4/die per intervallati cicli settimanali per una durata anche di 6 mesi per prevenire le
recidive. In alternativa, è utile la somministrazione di valaciclovir 500 mg per 2/die.
Ulcerazioni orali da farmaci
Definizione
Le ulcere da farmaci (FIG. 7.5) sono lesioni a carico del cavo orale causate dalla somministrazione di
alcuni medicamenti e si manifestano, da un punto di vista clinico, con dolore all’ingestione di alimenti e sensazione di bocca che brucia, associati a dolenzia dei linfonodi satelliti.
Rappresenta una patologia scatenata dall’assunzione di molti farmaci di uso frequente quali: antibiotici, immunosoppressori, chemioterapici antineoplastici, antinfiammatori non steroidei
(FANS), antinfiammatori e antireumatici (penicillamine), bifosfonati (acido alendronico), vasodilatatori (nitrati) e antipertensivi (calcio antagonisti), per un meccanismo vasculitico lisergico.
91
CAPITOLO 7
REAZIONI AVVERSE A FARMACI
FIGURA 7.5 A) presenza di lesioni ulcerative a livello della mucosa geniena, labiale e del palato duro e molle, a
insorgenza acuta in paziente in terapia con antiflogistici (FANS).
FIGURA 7.5 B) ulcere aftoidi multiple del labbro in paziente in terapia con
antinfluenzali (Zerinol®).
Eziopatogenesi
La patogenesi di tali lesioni è su base non immunologica: esiste evidenza scientifica della capacità di
inibitori della ciclossigenasi di tipo 1, e, recentemente, anche di tipo 2, di determinare la comparsa
di ulcerazioni dolenti, solitamente non sanguinanti, successivamente all’assunzione di tali farmaci
per un periodo variabile da 4 a 6 mesi. Il probabile meccanismo risiede nell’alterazione del metabolismo dell’acido arachidonico indotto da tali farmaci, con accumulo di leucotrieni capaci di scatenare reazioni flogistiche simil-allergiche, atopiche e ulcerative.
L’acido acetilsalicilico si è, inoltre, dimostrato capace di alterare i messaggi molecolari delle cellule epiteliali. Ciò avviene tramite l’interazione con il p38 mytogen activating protein-kinasi e causando,
quindi, iperattivazione della risposta proflogistica con secrezione di TNF-a, IL-1, IL-6 e IL-8, upregulation apoptotica e inibizione della progressione del ciclo cellulare con arresto delle fasi G0/G1 e
G2/M.
Clinica
Le lesioni orali consistono in ulcerazioni aftoidi (singole o multiple) a insorgenza rapida, ricoperte
da una pseudomembrana biancastra e circondate da un alone eritematoso. Può essere interessata
qualsiasi sede del cavo orale e, talvolta, si possono localizzare anche a livello cutaneo e delle mucose genitali.
92
QUADRI CLINICI
Il paziente avverte una spiacevole sensazione di bocca urente, dolore all’ingestione di alimenti e
dolenzia dei linfonodi satelliti. Le lesioni compaiono durante o dopo il trattamento farmacologico e
non sono solitamente dose-correlate. Le ulcerazioni aftoidi regrediscono dopo 7-15 giorni dalla
sospensione del farmaco; il paziente presenta difficoltà di alimentazione e deve eseguire dieta idonea, priva di acidi e di irritanti.
Diagnosi e diagnosi differenziale
La diagnosi è anamnestica, clinica, istologica e si completa con test allergologici specifici.
Le ulcerazioni orali da farmaci devono essere differenziate dalle lesioni presenti in corso di eritema
multiforme, lichen erosivo, ulcere aftosiche, pemfigoide, pemfigo, malattia da depositi di IgA, epidermolisi bollosa acquisita, lupus eritematoso.
Terapia
La terapia consiste nell’utilizzo di corticosteroidi topici e full mouth disinfection. La somministrazione dei complessi vitaminici A e B può favorire una rapida risoluzione delle ulcere. Dieta idonea.
Angina bullosa emorragica
Definizione
Patologia acuta caratterizzata dall’insorgenza repentina, sulla mucosa orale, di bolle sottobasali contenenti sangue scuro coagulato.
Eziopatogenesi
Nonostante i traumi locali ripetuti sembrino predisporre alla patologia, è l’uso continuato di corticosteroidi topici o di aerosol-terapia e l’uso di farmaci immunosoppressori che contribuisce all’insorgenza della patologia.
Clinica
Clinicamente le lesioni orali si presentano come bolle sottobasali emorragiche singole o multiple, di
colorito marrone scuro-brunastro, localizzate sul palato molle (FIG. 7.6), sulla lingua e sulle guance
(FIG. 7.7). La rottura delle bolle provoca la fuoriuscita di sangue coagulato marrone scuro e la successiva evoluzione ulcerosa. Le lesioni hanno, solitamente, una risoluzione spontanea in circa 3-8
giorni.
Diagnosi e diagnosi differenziale
La diagnosi risulta essere clinica, anamnestica e istologica (bolle subepiteliali). L’immunofluorescenza diretta negativa è utile nella diagnosi differenziale con le altre patologie vescicolo-bollose.
È, pertanto, fondamentale escludere, durante il processo diagnostico, ulteriori malattie quali il
pemfigoide, pemfigo, malattia da depositi lineari di IgA, epidermolisi bollosa, amiloidosi, discrasie
del sangue, melanomi e nevi, angiomi e angiomatosi, eritroplachie.
93
CAPITOLO 7
REAZIONI AVVERSE A FARMACI
FIGURA 7.6 Angina bullosa emorragica localizzata a
livello del palato molle, a insorgenza acuta, in paziente in terapia con farmaci immunosoppressori.
FIGURA 7.7 Angina bullosa del margine linguale sinistro e della mucosa geniena, a insorgenza acuta, in pazienti
con traumatismo della mucosa orale e in terapia con corticosteroidi topici con puff inalatori per bronchite cronica.
Terapia
La condotta terapeutica mira, in senso preventivo, a evitare traumi sulla mucosa orale e i farmaci
menzionati. La patologia è, solitamente, autolimitante; risulta essere utile la full mouth disinfection e,
nei casi più severi, si raccomanda l’uso di corticosteroidi sistemici per os.
Reazioni avverse a ipoclorito di sodio
Definizione
L’ipoclorito di sodio è il sale di sodio dell’acido ipocloroso. Puro risulta un sale pentaidrato particolarmente instabile. Viene utilizzato durante la terapia endodontica in ambito odontoiatrico, in soluzione acquosa, con concentrazioni comprese tra lo 0,5 e il 5,25%, a temperatura ambiente o scaldato
sino a 50 °C. Risulta essere battericida, sporicida, fungicida e virocida.
94
QUADRI CLINICI
Eziopatogenesi
L’utilizzo dell’ipoclorito di sodio durante la terapia endodontica, in qualità di irrigante canalare, è
legato alla sua capacità di determinare dissoluzione dello smear layer prodotto durante la strumentazione dell’elemento dentario e del tessuto pulpare vitale o necrotico ivi presente, disinfezione
microbica del sistema canalare, lubrificazione della strumentazione e sbiancamento del dente. Il suo
effetto è chimicamente legato al rilascio immediato di ioni cloro attivi, con azione ossidativa, dato il
suo pH basico (11-12). Il meccanismo eziopatogenetico scatenante le reazioni avverse risulta essere,
nella maggioranza dei casi, di tipo tossico e non allergico, data l’evidente negatività dei pazienti agli
skin prick test (SPT) specifici per l’NaOCl.
Clinica
Le manifestazioni cliniche si esplicitano con emolisi, ematomi, ecchimosi, emorragia, edema, trisma,
ipo- e/o iperestesia, ulcerazioni cutanee e mucose conseguenti a necrosi dei tessuti e successive a
inoculazione endocanalare di ipoclorito di sodio (FIG. 7.8). Si associa sintomatologia algica e urente
severa del paziente. Si è presentato all’attenzione della Clinica Odontoiatrica del Policlinico di Bari,
ed è stato descritto in letteratura, un caso di paziente con tumefazione localizzata a livello dell’emivolto destro, ecchimosi diffuse a livello della regione periorbitraria destra, guancia, labbro superiore, collo e mucosa orale, associati a dolore acuto, sviluppatisi rapidamente conseguentemente a
lavaggio radicolare con ipoclorito di sodio, finito oltre apice.
FIGURA 7.8 Reazione avversa a ipoclorito di sodio, a
esordio acuto, conseguentemente all’utilizzo del suddetto quale irrigante canalare durante terapia endodontica dell’11. Presenza di lesioni extraorali con ematoma diffuso della regione perilabiale, mandibolare e
periorbitaria e intraorali eritematose, emorragiche e
necrotiche, a livello della mucosa labiale superiore e
geniena. (Cortesia dr. Vito Crincoli.)
95
CAPITOLO 7
REAZIONI AVVERSE A FARMACI
Diagnosi e diagnosi differenziale
La diagnosi risulta essere clinica, basata sulla correlazione causa-effetto tra la patologia e la noxa
patogena scatenante. La diagnosi differenziale si pone con le reazioni allergiche all’ipoclorito di
sodio, escluse tramite test cutanei specifici.
Terapia
La prevenzione di tali reazioni, che risulta fondamentale, avviene tramite un’inoculazione a pressione moderata dell’irrigante e aspirazione dello stesso a termine del lavaggio. Nel caso di episodi
acuti, le reazioni avverse devono essere trattate con abbondanti lavaggi a mezzo di soluzione fisiologica (con lo scopo di diluire e allontanare la noxa scatenante), adeguata analgesia (che può arrivare all’utilizzo di anestetico locale per il blocco della conduzione nervosa), terapia antibiotica profilattica (per prevenire le sovrainfezioni associate al danno), terapia corticosteroidea e antistaminica
(prednisone 25 mg/die e cetirizina dicloridrato 10 mg/die) in casi selezionati.
La rimozione completa dell’agente scatenante e la sua sostituzione, durante le pratiche endodontiche, con perossido di idrogeno, clorexidina gluconato o acqua ossigenata attivata chimicamente sono
risolutive nel caso di pazienti con documentata reazione avversa pregressa all’ipoclorito di sodio.
D IAGNOSI
E DIAGNOSI DIFFERENZIALE
La diagnosi delle RAF è anamnestica, clinica e istologica. La diagnosi differenziale delle reazioni
avverse a farmaci si pone con le manifestazioni a eziopatogenesi allergica, identificate dagli specifici test allergologici in vivo e in vitro (Cap. 1).
T ERAPIA
La terapia delle reazioni avverse a farmaci risulta strettamente dipendente dall’eziopatogenesi correlata. Si basa sulla totale astinenza dal farmaco scatenante e la sostituzione dello stesso con farmaci
alternativi.
Letture consigliate
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97
8
REAZIONI AVVERSE
A PRESIDI DA CONTATTO
D ERMATITE
IRRITATIVA DA CONTATTO
Definizione
La dermatite irritativa da contatto (FIG. 8.1) è una reazione infiammatoria cutanea non immunologica ad agenti esterni che agiscono producendo un danno cellulare diretto. Danno che rimane circoscritto alla zona cutanea dove è avvenuto il contatto.
Eziopatogenesi
Interessa prevalentemente gli odontoiatri, gli odontotecnici e gli assistenti di poltrona ed è dovuta,
soprattutto, al frequente lavaggio delle mani durante la giornata, specialmente quando vengono
impiegati detergenti e saponi ad elevata attività irritante.
Altri agenti chimici presenti in ambiente lavorativo rappresentano ulteriori importanti cause. I
più rappresentativi sono i disinfettanti: glutaraldeide, clorexidina gluconata, benzalconio cloruro,
alcol e perossido di idrogeno.
Anche i guanti di gomma e di vinile possono essere causa di irritazione da contatto.
Il meccanismo patogenetico non è riferibile a meccanismi allergici.
FIGURA 8.1 Dermatite irritativa da contatto (DIC) di tipo professionale da detergenti cutanei. Cute eritematosa,
secca e desquamante. Presenza di sintomatologia algica-urente.
99
CAPITOLO 8
REAZIONI AVVERSE A PRESIDI DA CONTATTO
Clinica
Le sedi colpite sono le mani e, talvolta, gli avambracci. La cute interessata si presenta secca, pruriginosa e possono essere presenti fissurazioni di varia entità. Nelle fasi acute prevale l’eritema, la vescicolazione e l’essudazione.
Diagnosi e diagnosi differenziale
La diagnosi è anamnestica e clinica. La diagnosi differenziale si pone con quadri simili a eziologia
allergica.
Terapia
La prevenzione è di primaria importanza per le dermatiti da contatto professionali di tipo irritante e prevede, laddove possibile, l’identificazione e l’eliminazione degli irritanti presenti in ambiente di lavoro o la sostituzione con sostanze meno irritanti. È, inoltre, previsto l’uso di guanti protettivi a scarso potere irritante. Si preferiscono disinfettanti con minore capacità irritante come i composti dell’ammonio e iodo-povidone, l’ipoclorito di sodio e la clorexidina a basse concentrazioni
(non superiori all’1%). La prevenzione primaria e secondaria hanno come scopo, essenzialmente,
il mantenimento dell’integrità del film idrolipidico acido di superficie e dello strato corneo della
cute. Si consiglia l’utilizzo di detergenti cutanei a scarso potere aggressivo e quanto più possibile
lenitivi (liquidi a base di alchileteresolfati o esteri sulfosuccinati), oppure l’ordinario sapone da
bucato (o di Marsiglia). Preparati emollienti, inoltre, dovrebbero essere impiegati giornalmente al
fine di ridurre la secchezza cutanea. Anche se circa l’utilità delle creme barriera, “guanti invisibili”, vi sono pareri discordanti, la maggior parte degli Autori è sostanzialmente favorevole al loro
uso regolare.
La terapia prevede impacchi freddi di soluzioni debolmente antisettiche e topici corticosteroidei
nelle fasi acute. Nelle forme secche sono utili le creme o gli unguenti emollienti. Nelle forme ipercheratosiche si impiegano cheratolitici a base di vaselina e acido salicilico al 3-10%.
S TOMATITE
IRRITATIVA DA CONTATTO
Definizione
La stomatite irritativa da contatto rappresenta una particolare e fastidiosa localizzazione del processo flogistico nel cavo orale, da attribuire al contatto irritante con alcuni materiali. La mucosa orale è
più resistente agli irritanti primari rispetto alla cute, tuttavia, si possono osservare quadri clinici differenti a seconda soprattutto del tipo di sostanze responsabili della stomatite da contatto.
Eziopatogenesi
La stomatite irritativa da contatto può essere legata all’azione di stimoli chimici (nitrato d’argento,
fenolo). Arsenico e pasta iodoformica (FIGG. 8.2, 8.3), nel passato utilizzati durante la terapia endodontica quali agenti necrotizzanti, si sono dimostrati capaci di causare stomatiti irritative da contatto, scatenate anche da presidi di disinfezione del cavo orale utilizzati per via topica (clorexidina gel)
o contenuti in dentifrici e colluttori [colluttori iodati e contenenti clorexidina (FIGG. 8.4, 8.5)] e dal
perossido di carbamide (FIG. 8.6). Quest’ultimo viene utilizzato nello sbiancamento dei denti vitali,
attivando e sostenendo i processi di ossidoriduzione che degradano i pigmenti presenti nello smalto interprismatico. Possono essere causa di stomatiti irritative da contatto anche i prodotti di cosme-
100
STOMATITE IRRITATIVA DA CONTATTO
FIGURA 8.2 Stomatite irritativa da contatto ulceronecrotizzante. Osteonecrosi da utilizzo di pasta arsenicale come devitalizzante endodontico.
si [cera microcristallina contenuta negli stick-lip idratanti (FIG. 8.7)] e detergenti usati per le protesi dentarie che, pertanto, vanno deterse con cura prima di essere utilizzate.
Clinica
La sintomatologia soggettiva consiste in sensazione di bruciore, intorpidimento, dolore e disgeusia.
Le forme clinico-morfologiche più comuni sono le seguenti: la stomatite eritemato-edematosa in cui
la sintomatologia obiettiva è caratterizzata da eritema della mucosa, solitamente di lieve entità, con
o senza edema. La mucosa si presenta liscia e lucida e le papille della lingua possono scomparire.
Con una netta linea di demarcazione tra parte sana e malata si evidenzia il fenomeno irritativo: è circoscritto e chiaramente indica che solo quella parte di mucosa lesa è entrata in contatto con la sostan-
FIGURA 8.3 Stomatite irritativa da contatto grave,
ulcero-necrotizzante, successiva all’utilizzo della pasta
iodoformica, quale agente necrotizzante, durante la
terapia endodontica. Si evidenzia estesa necrosi della
mucosa vestibolo-labiale superiore, associata a grave
sintomatologia algica.
101
CAPITOLO 8
REAZIONI AVVERSE A PRESIDI DA CONTATTO
FIGURA 8.4 Stomatite irritativa da contatto successiva
all’utilizzo di colluttori iodati per il completamento
dell’igiene orale. Necrosi della mucosa gengivale aderente, del vestibolo e della mucosa labiale superiore.
za irritante. La stomatite eritemato-vescicolo-bollosa, dovuta all’azione di sostanze irritanti forti e
caratterizzata dalla presenza di vescicole o bolle ma, più spesso, da abrasioni conseguenti alla rottura delle stesse. La stomatite ulcerativo-necrotica, provocata da irritanti primari forti che agiscono ad
alta concentrazione o per un lungo periodo di tempo in cui si osservano lesioni di tipo ulcerativo e
aree di necrosi anche estese (FIG. 8.3).
Diagnosi e diagnosi differenziale
La diagnosi è anamnestica e clinica. La diagnosi differenziale si pone con quadri simili a eziologia
allergica.
FIGURA 8.5 Stomatite irritativa da contatto in fase
cronica, successiva all’utilizzo di colluttori a base di
clorexidina.
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LETTURE CONSIGLIATE
FIGURA 8.6 Stomatite irritativa da contatto ulcero-necrotizzante di media entità, insorta in seguito all’applicazione topica di gel, rispettivamente, a base di clorexidina e perossido di carbamide. Necrosi della mucosa gengivale libera e aderente.
FIGURA 8.7 Stomatite irritativa da contatto lieve, e
cheilite in fase cronica, localizzata a livello della commissura buccale e del vermilion, in seguito all’utilizzo
di lip-sticks idratanti.
FIGURA 8.8 Glossite irritativa da contatto ulcerativa
superficiale secondaria all’applicazione sulla lingua di
compresse per la disinfezione del cavo orofaringeo
(Dequadin).
Terapia
L’allontanamento o la riduzione delle sostanze irritanti rappresenta, laddove possibile, una efficace
misura preventiva. La terapia prevede esecuzione di full mouth disinfection (FMD, Cap. 2) indipendentemente dalla noxa irritante, al fine di prevenire il peggioramento delle condizioni cliniche del
paziente come conseguenza di sovrainfezione microbica e mantenere l’omeostasi del cavo orale; si
consiglia l’utilizzo di corticosteroidi topici e antimicotici, nelle fasi acute della patologia, e di agenti
idratanti, nelle forme desquamative.
Letture consigliate
Angelini G, Vena GA. Dermatologia professionale ed ambientale. Vol. 1, 2, 3 ISED, Brescia, 1997, 1999.
Lachapelle JM, Frimat P, Tennstedtd, et al. Dermatologie professionelle et de l’environment. Masson, Paris
1992.
103
9
PROTOCOLLO DI GESTIONE
DELLE REAZIONI AVVERSE
• Anamnesi dettagliata del paziente (familiare, fisiologica, patologica remota e prossima).
• Esame clinico obiettivo.
• Diagnosi differenziale. Test di laboratorio, test allergologici, valutazione assetto genico (deficit
enzimatici ereditari), esame bioptico (specialmente per alcuni quadri morbosi quali EM, ulcerazioni orali da farmaci, lesioni bollose e lesioni lichenoidi croniche refrattarie alle terapie).
• Esclusione di patologia allergica e/o patologia extraimmunologica (vedi glossario).
• Diagnosi di reazione avversa e identificazione della noxa patogena.
• Rimozione della noxa patogena.
• Terapia medica specifica dell’evento patologico.
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GLOSSARIO
Agente sensibilizzante: molecola capace di indurre una sensibilizzazione.
Allergene o Agente allergizzante: sostanza estranea al nostro organismo in grado di indurre, nel
paziente sensibilizzato ad essa, una reazione allergica specifica, IgE-mediata, responsabile dei sintomi clinici.
Anafilassi o Reazione anafilattica: manifestazione clinica IgE-mediata molto grave, in cui è in pericolo la vita.
Antigene: sostanza estranea al nostro organismo in grado di indurre, nel paziente sensibilizzato ad
essa, una reazione allergica specifica, anche non IgE-mediata, responsabile dei sintomi clinici.
Aptene: antigene incompleto, generalmente farmaci a basso peso molecolare o loro metaboliti, che
per poter indurre una reazione allergica specifica deve coniugarsi a un “carrier” (proteina o membrana cellulare). Una volta avvenuta la sensibilizzazione, l’aptene da solo è in grado di scatenare la
reazione.
Atopia: predisposizione genetica a produrre una maggior quantità di IgE verso sostanze estranee,
normalmente innocue, con tendenza a sviluppare manifestazioni cliniche allergiche, quali asma e
rinite.
Capacità allergenica: capacità della molecola di scatenare una reazione allergica.
Desensibilizzazione: perdita della capacità di un agente esterno di determinare una modificazione
del sistema immunitario, con conseguente reazione dello stesso.
Effetti collaterali: effetti indesiderati di un qualsiasi farmaco, legati alle proprietà farmacologiche
del farmaco stesso (per es. sonnolenza da antistaminici, gastrite da FANS).
Effetti secondari: effetti indiretti correlati all’azione principale di un farmaco (per es. alterazione
della flora intestinale in corso di terapia antibiotica).
Epitopo o Determinante antigenico: struttura molecolare che interagisce direttamente con la singola molecola anticorpale.
Interazioni farmacologiche: la somministrazione contemporanea di due o più farmaci può aumentare o ridurre la concentrazione ematica dei farmaci stessi, potenziandone o riducendone gli effetti
farmacologici.
Reagine: anticorpi IgE in grado di legarsi ai recettori presenti sulla superficie cellulare.
107
GLOSSARIO
Reazione allergica, immunologica, da ipersensibilità allergica o allergia: risposta anomala dell’organismo umano verso sostanze estranee ad esso; normalmente innocue, queste sostanze sono in
grado di scatenare, nei pazienti divenuti sensibili ad esse, una reazione allergica specifica. Può manifestarsi con diversi meccanismi (Gell e Coombs):
• reazione IgE-mediata o di tipo I: dovuta alla produzione di anticorpi IgE i quali si legano su
appositi recettori presenti sulla membrana cellulare di mastociti o basofili. Il legame dell’allergene con le IgE specifiche legate a queste cellule determina la loro degranulazione e il rilascio di
mediatori responsabili del quadro clinico;
• reazione citolitica o citotossica o di tipo II: dovuta ad altri anticorpi, come IgG o IgM, in grado
di attivare il complemento. Questi si legano ad apteni presenti sulla superficie cellulare, causando citolisi da complemento;
• reazione da immunocomplessi o di tipo III: gli immunocomplessi sono formati da anticorpi,
generalmente IgG e antigeni, che si depositano a livello della parete dei piccoli vasi, attivando il
complemento responsabile dei danni tissutali;
• reazione cellulo-mediata o ritardata o di tipo IV: l’antigene penetrato attraverso l’epidermide
viene inglobato dalle cellule di Langherans, processato e presentato ai Linfociti CD4+ i quali, una
volta attivati, liberano sostanze responsabili dei sintomi.
Reazione avversa: qualsiasi reazione indesiderata scatenata da una sostanza esterna introdotta attraverso l’alimentazione o attraverso l’assunzione di farmaci.
Reazione avversa agli alimenti: qualsiasi reazione indesiderata scatenata dall’ingestione di uno o
più alimenti. Possono essere di natura allergica, pseudoallergica, tossica o da intolleranza.
Reazione avversa ai farmaci: manifestazione clinica di una reazione non voluta, legata all’assunzione di un farmaco a scopo terapeutico, profilattico e\o diagnostico. Non è dovuta alle proprietà del
farmaco stesso, né a situazioni patologiche e\o fisiologiche, né a interferenze con altri farmaci. Le
cause sono molteplici: sovradosaggio, effetti collaterali e secondari, interazioni farmacologiche, reazioni da intolleranza, idiosincrasia, cause pseudoallergiche e allergiche. Il testo mirerà ad approfondire prevalentemente queste ultime.
Reazione crociata o cross-reazione o sensibilità crociata: reazione da parte del sistema immunitario dell’organismo, sensibilizzatosi in seguito al contatto con un determinato antigene, verso un
secondo antigene diverso dal primo ma con struttura chimica correlata.
Reazione da contatto: reazione cutanea o mucosa dovuta al contatto con agenti esterni causanti una
lesione. Solitamente è circoscritta alla zona in cui è avvenuto il contatto:
• reazione irritativa o irritante o da irritazione: reazione infiammatoria, a patogenesi non immunologica, dovuta ad agenti che esplicano un danno cellulare diretto;
• reazione allergica: reazione dovuta al contatto con agenti esterni (apteni) nei confronti dei quali
si realizza una risposta immunitaria.
Reazione extraimmunologica o non immunologica: reazione associata a patogenesi non riconducibile ai 4 meccanismi di Gell e Coombs:
• reazione da idiosincrasia: alterata risposta a un farmaco somministrato, dovuta a deficit enzimatici su base genetica (per es. anemia emolitica con antimalarici da deficit di G6PDH);
• reazione da intolleranza: possiamo distinguerne due tipi:
– intolleranza da farmaci: è la conseguenza di un abbassamento della soglia alla normale azione farmacologia del prodotto, con effetto quantitativamente aumentato ma qualitativamente
normale. Si manifesta come un aumento in efficacia del farmaco (per es. il cinconismo a basse
dosi di chinino);
– intolleranza da alimenti: è una reazione dovuta a un difetto enzimatico, congenito o acquisito (come nel caso dell’intolleranza al lattosio), o a ipersensibilità non allergica;
108
GLOSSARIO
• reazione pseudo-allergica o da ipersensibilità non allergica: reazione clinicamente del tutto
simile a quella allergica ma su base non immunologica (attività istamino-liberatrice sui mastociti,
attivazione del complemento, sbilanciamento del sistema ciclossigenasi\lipossigenasi).
Reazione tossica: reazione da sovradosaggio, se riferita a farmaci, o da avvelenamento, se riferita a
alimenti, dovuta alla presenza naturale di sostanze tossiche negli alimenti (ne è un esempio la reazione tossica, e a volte mortale, dovuta all’ingestione di funghi non commestibili). Può essere, inoltre, prodotta da batteri o funghi che hanno contaminato gli alimenti stessi.
Sensibilizzazione: interazione tra sistema immunitario dell’organismo e antigene esterno capace di
modificare il sistema immune e di determinare, o non determinare, una manifestazione clinicamente evidente della stessa.
Sovradosaggio: reazione avversa a un farmaco. È correlato alla dose del farmaco stesso, che risulta
essere maggiore rispetto a quella prevista per aumentato dosaggio o per accumulo dovuto a patologie a carico degli organi (fegato e reni) deputati alla metabolizzazione o escrezione. Reazione a carico di organi più suscettibili come cuore e SNC.
Tolleranza immunologica: capacità di peculiari molecole di non indurre una risposta immunitaria.
Si tratta di una situazione instaurata dall’organismo verso i propri antigeni (che assumono denominazione “self”) e verso antigeni estranei, i quali interagiscono con l’organismo stesso durante il processo di maturazione del sistema immune.
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INDICE ANALITICO
Alimenti, patologie allergiche da, 45
Anafilassi, trattamento iniziale dell’, 65
Analgesici responsabili di RAF, 84
Anestetici
– generali, reazioni allergiche (RALL) agli, 2
– locali, reazioni allergiche (RALL) ad, 2
Angioedema ereditario (AAE), 60
– clinica, 61
– definizione, 60
– diagnosi, 61
–– differenziale, 61
– eziopatogenesi, 60
– terapia, 62
Anisakis, patologia orodigestiva allergica da,
47
– clinica, 47
– definizione, 47
– diagnosi, 49
–– differenziale, 49
– eziopatogenesi, 47
– terapia, 49
Anisakis physeteris, 47
Anisakis simplex, 47
Antibiotici
– reazioni allergiche (RALL) ad, 2
– responsabili di RAF, 85
Antinfiammatori, reazioni allergiche
(RALL) ad, 2
Asma acuto, trattamento dell’, 67
Bourning Mouth Syndrome (BMS), vedi
Sindome della bocca bruciante, 58
Candida albicans, 23
Dermatite irritativa da contatto, 99
– clinica, 100
– definizione, 99
– diagnosi, 100
–– differenziale, 100
– eziopatogenesi, 99
– terapia, 100
Farmaci, reazioni avverse a (RAF), 82-96
– anestetici locali, 87
–– classificazione delle reazioni avverse da, 87
– antinfiammatori non steroidei, 84
– definizione, 83
– diagnosi, 96
–– differenziale, 96
– eziopatogenesi, 83
– fattori di rischio, 84
– quadri clinici, 88
–– angina bullosa emorragica, 93
––– clinica, 93
––– definizione, 93
––– diagnosi, 93
–––– differenziale, 93
––– eziopatogenesi, 93
––– terapia, 94
–– eritema multiforme (EM), 88
––– clinica, 89
––– definizione, 88
––– diagnosi, 91
–––– differenziale, 91
––– eziopatogenesi, 88
––– terapia, 91
–– reazioni avverse a ipoclorito di sodio, 94
––– clinica, 95
––– definizione, 94
––– diagnosi, 96
–––– differenziale, 96
––– eziopatogenesi, 95
––– terapia, 96
–– ulcerazioni orali da farmaci, 91
––– clinica, 92
––– definizione, 91
––– diagnosi, 93
–––– differenziale, 93
––– eziopatogenesi, 92
111
INDICE ANALITICO
––– terapia, 93
– terapia, 96
– vasocostrittori, 87
Gell e Coombs, classificazione di, 3
Glossite eritematosa migrante, 55
– clinica, 56
– definizione, 55
– diagnosi, 57
–– differenziale, 57
– eziopatogenesi, 55
– terapia, 57
Lattice della gomma, reazioni al, 32-42
– clinica, 34
– definizione, 33
– diagnosi, 35
–– test in vitro, 37
–– test in vivo, 35
––– patch test, 36
––– skin prick test, 35
––– test di provocazione, 36
– epidemiologia, 33
– fattori di rischio, 34
– gestione del paziente allergico al, 37
–– procedure
––– in ambulatorio di odontostomatologia,
38
––– in sala operatoria, 41
–––– allestimento della sala operatoria, 41
–––– preparazione del paziente, 41
–––– programmazione dell’intervento, 42
– gruppi a rischio di sensibilizzazione, 33
– patogenesi, 34
– prevenzione, 37
– terapia, 42
Lesioni lichenoidi da materiali dentari, 50
– clinica, 53
– definizione, 50
– diagnosi, 53
–– differenziale, 53
– eziopatogenesi, 51
– terapia, 53
Mezzi di contrasto, reazioni allergiche (RALL)
ai, 2
Odontostomatologia, trattamento
delle emergenze allergologiche in, 64-68
Orticaria acuta, trattamento dell’, 68
Presidi da contatto, reazioni avverse a,
98-103
112
Protocolli
– da adottare in caso di RALL, 78-79
– di diagnosi e di gestione del paziente
allergico, 70-77
–– gestione del rischio, 76
––– pazienti a basso indice di rischio, 76
––– pazienti a medio indice di rischio, 76
––– pazienti ad alto indice di rischio, 76
– di premedicazione, 77
Pseudoterranova, 47
RALL immediate, 4
– angioedema, 4
– asma, 5
– orticaria, 4
– shock anafilattico, 5
RALL tardive, 6
– principali reazioni da ipersensibilità allergica
a farmaci, 6
RALL, farmaci responsabili di, 6
– anestetici generali, 10
–– benzodiazepine, 10
–– curarici, 10
–– ipnotici, 10
–– miorilassanti, 10
–– oppiacei, 10
–– succedanei colloidali del plasma, 10
– anestetici locali, 8
– antibiotici, 6
–– b-lattamici, 6
–– chinolonici, 7
–– macrolidi, 7
–– sulfonamidi, 7
– antinfiammatori non steroidei, 8
– diagnosi, 11
–– anamnesi, 11
–– esame obiettivo, 12
–– prove allergiche cutanee, 12
––– pomfo di prova, 13
–– test di provocazione, 14
–– test in vitro, 16
– diagnosi differenziale, 16
– mezzi di contrasto, 9
– terapia, 16
RALL: quadri clinici particolari, 44-62
Reazioni allergiche (RALL), 2-16
– definizione, 3
– eziopatogenesi, 3
–– classificazione di Gell e Coombs, 3
– quadri clinici piu comuni, 4
Reazioni allergiche (RALL) da contatto, 18-30
– classificazione e patogenesi, 19
–– dermatite allergica da contatto, 19
INDICE ANALITICO
–– stomatite allergica da contatto, 19
– clinica, 26
–– dermatite allergica da contatto, 26
–– stomatite allergica da contatto, 27
– definizione, 19
– diagnosi, 27
–– differenziale, 27
– epidemiologia, 19
– eziologia, 19
–– anestetici locali, 26
–– antimicrobici, 24-25
–– aromatizzanti, 24
–– colluttori, 26
–– dentifrici, 26
–– gomme, 23-24
–– leghe metalliche, 20, 21-22
–– metalli, 20, 21
–– resine, 22-23
– prevenzione, 29
– terapia, 29
–– procedure
––– farmacologiche, 30
––– strumentali, 29, 30
Reazioni avverse, protocollo delle,
104-105
Sindrome della bocca bruciante, 58
– clinica, 58
– definizione, 58
– diagnosi, 59
–– differenziale, 59
– eziopatogenesi, 58
– terapia, 60
Sindrome orale allergica (SOA), 45
– clinica, 46
– definizione, 45
– diagnosi, 46
–– differenziale, 46
– eziopatogenesi, 45
– terapia, 47
Stomatite irritativa da contatto, 100
– clinica, 101
– definizione, 100
– diagnosi, 102
–– differenziale, 102
– eziopatogenesi, 100
– terapia, 103
Test allergologici
– in vitro, 73
– in vivo, 71-73
113
Questa pubblicazione è stata resa possibile grazie a un contributo educazionale
di Errekappa Euroterapici SpA
Finito di stampare
nel mese di Aprile 2009
A4 Servizi Grafici
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