Conoscere il mondo degli investimenti
L’inflazione
L’inflazione influisce su tutti gli aspetti dell’economia, dalla spesa per i consumi agli investimenti aziendali,
dalla disoccupazione ai programmi di governo, dalla politica fiscale ai tassi d’interesse. Capire l’inflazione
è essenziale per gli investitori, perché la crescita dei prezzi può ridurre il valore dei rendimenti ottenuti
sugli investimenti.
negli anni ’90. Come mostra la Figura 1, l’inflazione scese
da oltre il 3% all’inizio del decennio a meno di zero alla
fine. Questa disinflazione fu dovuta al brusco rallentamento
dell’attività economica che seguì allo scoppio di una bolla dei
prezzi dei titoli azionari. La disinflazione può scaturire anche
da un’azione concertata intrapresa dalle autorità di governo
per riportare sotto controllo la crescita dei prezzi; ad esempio,
per gran parte degli anni ’90 gli Stati Uniti vissero una lunga
fase di disinflazione nonostante la buona tenuta della crescita
economica.
COS’È L’INFLAZIONE?
L’inflazione è un aumento sostenuto del livello generale
dei prezzi. Alla crescita economica è associata di norma
un’inflazione moderata, mentre un tasso d’inflazione elevato
può essere indicativo di un surriscaldamento dell’economia.
La crescita economica spinge i consumatori e le imprese a
incrementare la spesa per l’acquisto di beni e servizi. Nella fase
espansiva di un ciclo economico la domanda tende a superare
l’offerta e i produttori possono innalzare i prezzi, per cui il
tasso d’inflazione aumenta. In caso di brusca accelerazione
della crescita economica, la domanda si espande ancor più
rapidamente e i produttori continuano a incrementare i prezzi.
Si può generare così una spirale al rialzo dei prezzi, detta
“inflazione galoppante” o “iperinflazione”.
Quando i prezzi diminuiscono, si instaura una deflazione come
quella registrata in Giappone nel 1995, dal 1999 al 2003 e, più
di recente, dal 2009 al 2012. Spesso dovuta a una debolezza
prolungata della domanda, la deflazione può condurre a una
recessione e persino a una depressione.
Negli Stati Uniti, per descrivere l’inflazione, si dice che “troppa
moneta insegue una quantità insufficiente di beni”; in altre
parole, se la spesa aumenta più velocemente della produzione
di beni e servizi, l’offerta di moneta nell’economia finisce per
superare la quantità necessaria per le transazioni finanziarie.
Il risultato è che il potere d’acquisto della moneta diminuisce.
COME SI MISURA L’INFLAZIONE?
Per monitorare l’andamento dell’inflazione, si possono usare
diversi indicatori pubblicati con frequenza regolare. Negli Stati
Uniti l’indicatore più seguito è l’indice dei prezzi al consumo
(Consumer Price Index, CPI), che rispecchia i prezzi al dettaglio
di beni e servizi, tra cui i costi dell’alloggio, dei trasporti e
dell’assistenza sanitaria. La Federal Reserve, tuttavia, preferisce
porre l’accento sull’indice dei prezzi della spesa per consumi
personali (Personal Consumption Expenditures Price Index,
In generale, appena la crescita economica comincia a rallentare,
la domanda si indebolisce e l’offerta di beni aumenta rispetto
alla domanda. A questo punto il tasso d’inflazione solitamente
diminuisce. Tale fase di inflazione in calo è detta disinflazione.
Un esempio importante di disinflazione si ebbe in Giappone
FIGURA 1: INFLAZIONE IN GIAPPONE
Inflazione, prezzi al consumo (% annua)
Periodo di deflazione
4
3
Disinflazione
2
1
0
-1
-2
‘90
‘91
‘92
‘93
‘94
‘95
‘96
Fonte: Banca Mondiale al 31 dicembre 2015
‘97
‘98
‘99
‘00
‘01
‘02
‘03
‘04
‘05
‘06
‘07
‘08
‘09
‘10
‘11
‘12
‘13
‘14
‘15
2
Capire l’inflazione
PCE), che copre una gamma di voci di spesa più ampia di
quella del CPI. L’indicatore ufficiale dell’inflazione dei prezzi al
consumo nel Regno Unito è l’indice dei prezzi al consumo (IPC)
o indice armonizzato dei prezzi al consumo (IAPC). Anche
nell’eurozona, l’indicatore più comune è lo IAPC.
Nell’esaminare l’andamento dell’inflazione, economisti e
banche centrali si concentrano generalmente sull’“inflazione
di fondo” o “inflazione core”, che a differenza dell’inflazione
complessiva (quella che emerge dal dato ufficiale) esclude i prezzi
di alimentari ed energia, i quali sono spesso soggetti a brusche
fluttuazioni di breve periodo e possono fornire un quadro
fuorviante delle tendenze di lungo periodo dell’inflazione.
QUALI SONO LE CAUSE DELL’INFLAZIONE?
Gli economisti non sempre concordano sui fattori determinanti
dell’inflazione, ma in genere tendono a distinguere tra inflazione
da costi e inflazione da domanda.
Un aumento dei prezzi delle materie prime, ad esempio, è
una causa d’inflazione da costi. Si tratta di una delle forze
inflazionistiche più visibili, poiché generalmente un rincaro
delle materie prime accresce i costi dei beni e dei servizi di base.
Un aumento dei prezzi del petrolio, in particolare, può avere un
effetto pervasivo su un sistema economico. Innanzitutto, i prezzi
della benzina tenderanno a salire, spingendo al rialzo i prezzi
di tutti i beni e i servizi trasportati su gomma, su ferro o via
mare. Al contempo si registrerà anche un rincaro dei carburanti
per l’aviazione e un aumento delle tariffe del trasporto aereo,
ma anche un rincaro dei carburanti da riscaldamento, con
conseguenze negative per consumatori e imprese.
Provocando un aumento dei prezzi in tutto il sistema economico,
il rialzo delle quotazioni petrolifere erode il potere d’acquisto
di consumatori e imprese. Gli economisti considerano dunque
un rincaro del petrolio come un’“imposta” che può deprimere
un’economia già debole.
Le impennate dei prezzi del petrolio degli anni ’70 furono
seguite da recessioni o stagflazioni, fasi d’inflazione abbinate a
bassa crescita e forte disoccupazione.
Oltre che da un rincaro del petrolio, l’inflazione da costi può
essere causata da un aumento dei salari o da un deprezzamento
della valuta nazionale, che rende più costoso l’acquisto di beni
d’importazione esercitando pressioni al rialzo sul livello dei
prezzi in generale. Nel lungo periodo le valute dei Paesi con tassi
d’inflazione più elevati tendono a deprezzarsi rispetto a quelle
di Paesi con un’inflazione più contenuta. Dato che l’inflazione
erode il valore dei rendimenti degli investimenti nel tempo, gli
investitori potrebbero trasferire i propri fondi verso i mercati con
un’inflazione più moderata.
L’inflazione da domanda, a differenza dell’inflazione da costi, è
causata da un aumento troppo rapido della domanda aggregata
in un sistema economico.
Questa situazione può verificarsi se una banca centrale espande
velocemente l’offerta di moneta senza che vi sia un aumento
corrispondente della produzione di beni e servizi. La domanda
eccede l’offerta, provocando un aumento dei prezzi.
COME SI PUÒ CONTROLLARE L’INFLAZIONE?
Le banche centrali, come la Federal Reserve, la Banca Centrale
Europea (BCE), la Bank of Japan (BoJ) o la Bank of England
(BoE), cercano di controllare l’inflazione regolando il ritmo
dell’attività economica. A tale scopo, di solito, provvedono ad
aumentare o ridurre i tassi d’interesse a breve termine.
Una riduzione dei tassi a breve incoraggia le banche a
indebitarsi presso la banca centrale o altri istituti bancari,
incrementando l’offerta di moneta nell’economia. Le banche,
a loro volta, concedono maggiori prestiti a consumatori e
imprese, stimolando la spesa e l’attività economica complessiva.
All’accelerazione della crescita economica si accompagna
generalmente un aumento dell’inflazione. Un rialzo dei tassi a
breve termine produce generalmente l’effetto opposto: scoraggia
l’indebitamento, riduce l’offerta di moneta, raffredda l’attività
economica e frena l’inflazione.
La gestione dell’offerta di moneta da parte delle banche centrali
nelle rispettive regioni è detta politica monetaria. Quest’ultima
viene attuata principalmente mediante variazioni al rialzo e al
ribasso dei tassi d’interesse. Tuttavia, una banca centrale può
anche inasprire o allentare gli obblighi di riserva delle banche.
Gli istituti bancari devono detenere una percentuale dei propri
depositi presso la banca centrale o sotto forma di disponibilità
liquide. Un aumento del coefficiente di riserva obbligatoria
riduce la capacità delle banche di erogare prestiti, causando un
rallentamento dell’attività economica, mentre un allentamento
degli obblighi di riserva produce di solito un effetto di stimolo.
Qualche volta le autorità di governo cercano di contrastare
l’inflazione tramite la politica fiscale, anche se non tutti gli
economisti concordano sulla sua efficacia; nello specifico, il
governo può puntare a raffreddare l’inflazione alzando le tasse
o riducendo la spesa, in modo da frenare l’attività economica,
oppure può combattere la deflazione con un taglio delle imposte
e un aumento della spesa volti a stimolare l’attività economica.
EFFETTI DELL’INFLAZIONE SUGLI INVESTIMENTI
L’inflazione costituisce una minaccia insidiosa per gli investitori,
perché intacca i rendimenti reali del risparmio e degli
investimenti. Gli investitori in genere desiderano incrementare
il proprio potere d’acquisto nel lungo periodo. L’inflazione
mette a repentaglio questo obiettivo, perché i rendimenti degli
investimenti devono innanzitutto tenere il passo con l’inflazione
affinché il potere d’acquisto possa aumentare. Ad esempio,
un investimento che offre un rendimento nominale del 2% a
fronte di un’inflazione del 3% produce in realtà un rendimento
negativo (−1%) in termini reali, ossia corretto per l’inflazione.
Se gli investitori non proteggono i propri portafogli, l’inflazione
può pregiudicare in particolare i rendimenti dei titoli a reddito
fisso. Molti investitori acquistano titoli a reddito fisso perché
Capire l’inflazione
desiderano un flusso di reddito stabile, generalmente sotto
forma di pagamenti di interessi o cedole. Tuttavia, dato che il
tasso d’interesse (o cedola) della maggior parte degli strumenti a
reddito fisso rimane invariato fino alla scadenza, all’aumentare
dell’inflazione il valore reale degli interessi diminuisce.
Analogamente, un aumento dell’inflazione erode il valore
facciale degli strumenti a reddito fisso. Supponiamo che un
investitore acquisti un’obbligazione con scadenza a cinque anni
e un valore facciale di 100 dollari. Con un tasso d’inflazione
annuo del 3%, il valore facciale corretto per l’inflazione scenderà
a circa 83 dollari nei cinque anni di vita dell’obbligazione.
Dato l’impatto dell’inflazione, il tasso d’interesse su un titolo a
reddito fisso può essere espresso in due modi.
•Il tasso d’interesse nominale o tasso passivo è il tasso d’interesse
senza alcuna rettifica per l’inflazione. Il tasso d’interesse
nominale rispecchia due fattori: il tasso d’interesse che
prevarrebbe se l’inflazione fosse pari a zero (il tasso d’interesse
reale, cfr. sotto) e il tasso d’inflazione atteso, che dimostra
come gli investitori richiedano una remunerazione per la
perdita di rendimento dovuta all’inflazione. La maggior
parte degli economisti ritiene che i tassi d’interesse nominali
rispecchino le aspettative d’inflazione degli operatori di
mercato: un aumento dei tassi d’interesse nominali indica che
si prevede un rialzo dell’inflazione, un calo dei tassi segnala
invece che ci si attende una sua diminuzione.
•Il tasso d’interesse reale su un’attività è pari al tasso
nominale meno il tasso d’inflazione. Dato che tiene conto
dell’inflazione, il tasso d’interesse reale è maggiormente
indicativo della crescita del potere d’acquisto di un investitore.
Se un’obbligazione ha un tasso d’interesse nominale del 5% e
l’inflazione è al 2%, il tasso d’interesse reale è pari al 3%.
Diversamente da quanto accade con le obbligazioni, i prezzi
di alcune attività aumentano con l’inflazione. Questi rialzi
dei prezzi possono talvolta compensare l’impatto negativo
dell’inflazione.
•Le azioni sono spesso un ottimo investimento rispetto
all’inflazione su orizzonti temporali molto lunghi, perché
le imprese possono incrementare i prezzi dei loro prodotti
a fronte di un aumento dei costi dovuto a pressioni
inflazionistiche. I maggiori prezzi, a loro volta, possono
tradursi in maggiori profitti. Tuttavia, su orizzonti di tempo più
brevi, le azioni evidenziano spesso una correlazione negativa
con l’inflazione, e possono essere duramente penalizzate
dall’inflazione inattesa. Un aumento improvviso o imprevisto
dell’inflazione può infatti acuire l’incertezza economica,
provocando una revisione al ribasso delle previsioni sugli utili
aziendali e un ribasso dei corsi azionari.
•I prezzi delle materie prime tendono ad aumentare con
l’inflazione. I futures sulle materie prime, che rispecchiano
l’andamento atteso futuro dei prezzi, potrebbero dunque
reagire positivamente a una variazione al rialzo dell’inflazione
attesa.
3
COME PROTEGGERE UN PORTAFOGLIO A REDDITO FISSO
DALL’INFLAZIONE
Per contrastare l’effetto negativo della crescita dei prezzi, i
rendimenti di alcuni tipi di strumenti a reddito fisso sono
collegati alle variazioni dell’inflazione.
•Le obbligazioni indicizzate all’inflazione emesse da molti
governi sono espressamente collegate all’andamento
dell’inflazione. Negli anni ’80 il Regno Unito fu il primo Paese
sviluppato a introdurre le “obbligazioni reali” nel mercato.
Il suo esempio fu presto seguito da altri, tra cui Australia,
Canada, Messico e Svezia. Nel 1997 gli Stati Uniti introdussero
i Treasury Inflation-Protected Securities (TIPS), oggi la
maggiore componente del mercato globale delle obbligazioni
indicizzate all’inflazione.
•I titoli a tasso variabile offrono cedole che seguono l’andamento
dei principali tassi d’interesse. Il tasso d’interesse di un titolo
a tasso variabile viene ridefinito periodicamente in funzione
di un indice di riferimento, come il London Interbank Offered
Rate (LIBOR). Gli strumenti a tasso variabile evidenziano
quindi una correlazione positiva, benché imperfetta, con
l’inflazione.
Molte attività collegate alle materie prime possono analogamente
proteggere un portafoglio dagli effetti dell’inflazione, poiché
i loro rendimenti complessivi tendono generalmente ad
aumentare in un contesto inflazionistico. Tuttavia, alcuni
investimenti basati su materie prime sono influenzati da fattori
diversi dal prezzo. I titoli petroliferi, ad esempio, possono
fluttuare in funzione di specifici sviluppi aziendali e pertanto le
quotazioni di questi titoli e i prezzi del petrolio non sono sempre
allineati.
GLOSSARIO
Materie prime: beni fisici, come generi alimentari o
metalli, che gli investitori acquistano o vendono, di solito
mediante contratti futures.
Correlazione: una misura statistica dell’andamento
reciproco di due strumenti, come azioni, obbligazioni o
materie prime.
Azioni: titoli di proprietà e interessi in una società.
Reddito fisso: titoli/investimenti che assicurano un
reddito costante durante il periodo di detenzione.
Con questo termine si indica di solito qualsiasi tipo di
investimento obbligazionario.
Reddito: i proventi offerti da un titolo sotto forma di
interessi o dividendi.
Scadenza: la data alla quale un prestito, un’obbligazione,
un mutuo ipotecario o altro titolo di debito deve essere
rimborsato.
Due parole sul rischio: Investire sul mercato obbligazionario comporta determinati rischi, fra cui il rischio di mercato, di tasso di
interesse, di emittente, di credito, d’inflazione e di liquidità. Il valore di gran parte dei bond e delle strategie obbligazionarie è influenzato
dalla variazione dei tassi di interesse. I bond e le strategie obbligazionarie con una duration più lunga tendono a essere più sensibili e
volatili rispetto a quelli con duration più breve; il prezzo dei bond generalmente diminuisce all'aumentare dei tassi di interesse e l'attuale
contesto di tassi bassi accresce tale rischio. L'attuale diminuzione della capacità delle controparti obbligazionarie potrebbe contribuire al
calo della liquidità sui mercati e all'aumento della volatilità dei prezzi. Investendo in obbligazioni è possibile ricevere un importo superiore
o inferiore al capitale iniziale al rimborso. Le materie prime comportano elevati rischi, fra cui rischi di mercato, politici, normativi e
naturali, e possono non essere adatte a tutti gli investitori. Il valore delle azioni può diminuire in ragione delle condizioni generali di
mercato, economiche e settoriali, siano esse reali o percepite. I derivati possono comportare determinati costi e rischi, come il rischio
di liquidità, di tasso di interesse, di mercato, di credito e di gestione, nonché il rischio che una posizione non possa essere chiusa nel
modo più vantaggioso. Investendo in derivati si possono subire perdite superiori all’importo investito. Le obbligazioni indicizzate
all’inflazione (Inflation-linked bonds, ILB) emesse da un governo sono titoli a reddito fisso il cui valore viene modificato
periodicamente in base al tasso di inflazione; il valore delle ILB diminuisce quando i tassi di interesse reali salgono. I Treasury InflationProtected Securities (TIPS) sono ILB emesse dal governo statunitense. I prestiti a tasso variabile non sono scambiati su un mercato e
sono soggetti a significativi rischi di credito, di valutazione e di liquidità.
Non vi è alcuna garanzia che le strategie di investimento funzionino in qualunque contesto di mercato o siano adatte a tutti gli investitori.
Ogni investitore dovrebbe pertanto valutare la propria capacità di investire a lungo termine, specialmente in periodi di rallentamento del
mercato.
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