LA “PIA OPERA”: UN LINGUAGGIO EDUCATIVO PER APRIRE CAMMINI DI FUTURO Emmarosa Trovò Se l’educazione è sempre una sfida che si inserisce nel rapporto adulto-non adulto ovunque e in ogni tempo, essa si presenta come potenziata per una ‘associazione di natura ecclesiale’ che affonda le sue radici agli inizi del 1800. La Pia Opera vuole lanciare, a partire dalla forza ispiratrice della sua genesi, una parola di vita e di futuro per i giovani di questo nostro tempo e di questa nostra realtà di chiesa. Perciò nonostante l’elemento di sfida, farne memoria, consente di rimettere a fuoco aspetti vitali e può aiutare a recuperare indicazioni di percorso che sostengano nel presente e aprono a cammini di futuro. L’Opera di Santa Dorotea, superfluo ricordarlo, è stata pensata e voluta da Don Luca Passi fin dal lontano 1815, e si muove dentro un contesto di appartenenza socio-religiosa. Al tempo di Don Luca l’infanzia e l’adolescenza potevano essere pensate effettivamente come terra di nessuno, giacché la famiglia e la società in generale disponevano di scarse risorse per accompagnarne la crescita e la maturazione. Don Luca ipotizzò ed attuò con tutte le sue energie questa “opera” per rendere la vita, in particolare delle fanciulle e delle giovani, ma non solo, territorio di approdo e spazio di scambio di doni e di opportunità, affinché ogni persona, nel processo che la muove verso la propria realizzazione, possa raggiungere quella misura di “compimento della propria statura” tale da esplicitare l’originalità e la ricchezza della personale unicità. Don Luca chiamò “opera” questa sua intuizione-proposta: cioè qualcosa che si fa, che si compie, in cui ci si compromette e ciò, secondo lui, si attua a due livelli: il livello di chi compie l’opera (quali sono i soggetti) e quello di cosa fa questa opera (quale linguaggio parla, come lancia ponti, come si propone). I soggetti dell’Opera Nel testo originale1 in ordine ai soggetti c’è una doppia indicazione o movimento: dalla persona adulta verso chi è in crescita ma anche dal giovane al giovane. a. L’adulto e i tratti che lo distinguono “L’oggetto della Pia Opera è comunicare lo spirito di Dio” (Pia Opera, p.133) quindi all’adulto, oltre una buona maturità umana e spirituale, vengono suggerite alcune competenze per meglio raggiungere tale obiettivo. Esse sono: - conoscere le giovani (cfr p. 20-21) - fare in modo che si affezionino alla persona che le guida (cfr p. 33; 40) - non aggravarle di pratiche e impegni faticosi (cfr p. 40) - trattarle con affabilità e dolcezza (cfr p. 33) - procurare di guadagnarne il cuore (cfr p. 40) - e altro di questo tenore (cfr p. 46-47). Uscendo dal linguaggio del tempo si tratta di coltivare ed assumere tutti quegli accorgimenti e quelle metodiche che le odierne scienze umane continuano ad elaborare e a proporre per rendere efficace il processo formativo delle nuove generazioni, anche in relazione alle problematiche culturali, sociali e religiose del nostro tempo. Efficaci e stimolanti possono risultare alcune immagini del testo originale: “L’opera è come un’amorosa guida che pongasi in compagnia del viaggiatore” (p. 21) “È come una mano che si porge a chi si è smarrito nel buio di un bosco e non riconosce la strada per ritornare a casa” (p. 87). E ancora altre espressioni ormai note e divenute familiari: “Chi non arde, non incendia” (p. 99) “Bisogna divenire lampada ardente che illumina e attrae” (Manuale, 1916, p.14) 1 Cfr Pia Opera di Santa Dorotea, Lucca, Ferrara e Landi, 1854. 1 Nell’opera bisogna farsi“pizzico di lievito che fermenta tutta la pasta” (Pia Opera, p.129). Si tratta di immagini ed espressioni evocative che rimandano al compito di adulti quali presenze discrete, solide, disponibili, aperte al dialogo, all’ascolto ed al confronto, capaci di orientare senza spingere o imporre, di esserci nelle sconfitte e nelle fatiche per incoraggiare e capire, di accogliere nelle fasi di buio e incertezza, talvolta di stare semplicemente in silenzio con sguardo amorevole, di sostenere quando sono in gioco scelte piccole o grandi e l’esigenza di misurarsi con la realtà, di sperimentarsi con la vita e aprirsi al nuovo. Da qui i linguaggi propri di questa istituzione; linguaggi che non possono non incrociare le attese e i bisogni dei giovani, coniugati secondo i codici che le varie età e situazioni suggeriscono. Sono: Il linguaggio della “cura” o “del guadagno del cuore” (p. 40) che traduce cosa fa l’Opera. Troviamo nel testo espressioni come: “La cura che si assume…chi abbisogna di cura” (p.19); Il linguaggio “dell’incontrare l’altro là dove vive” (p.19; 41; Il linguaggio della correzione, (p.18; 26), della sollecitazione verso il cambiamento, della canalizzazione delle energie orientate al ‘magis’, al più. Sono linguaggi che muovono da un animo ardente e appassionato per la salvezza dei giovani, e traducono l’aspirazione di ogni adulto a creare condizioni perché diventi operativo il linguaggio della salvezza che è il linguaggio della vita: “perchè tu sia , in pienezza, a partire da te!”. Si tratta di “prendersi a cuore l’altro” nell’ottica di una “buona relazione”, come “attenzione rivolta a...” che rifugge da sostituzioni o al contrario da distanze, ed è intrisa di rispetto, di accoglienza, di ascolto, dello stare nel confronto; è uscire e far uscire dall’isolamento, sfondare le barriere dell’incomunicabilità, gettare ponti; è, in fondo esserci. E questo con obiettivo pastorale, perché la crescita e la maturazione della persona si apra alle varie dimensioni dell’esistenza, compresa la dimensione religiosa, con responsabilità e con gioia. Per questo nel cuore dell’adulto c’è una parola segreta; in fondo, se, come già ricordato, “l’oggetto della Pia Opera è comunicare lo Spirito di Dio” (p.133), là dove l’identità personale adulta è ben compaginata, la comunicazione si fa naturale giacché, sempre per il Passi, “lo Spirito si comunica da sé” quando è “grande la carità verso Dio e verso il prossimo” (p.133). In tal modo, lambiti da questo fuoco e avvolti da questa luce, si può diventate guide esperte in umanità, indicatori di cammino, accompagnatori di percorsi di vita. b. Amicizia tra pari Nella economia della organizzazione della Pia Opera appare determinante anche il rapporto tra pari e quindi l’influsso del gruppo. Secondo Don Luca l’efficacia della relazione tra pari è data dal fatto che la comunanza di età, sesso e condizione sociale in genere rende concreta ed efficace una relazione di amicizia (cfr p. 23 ss.) che facilita l’interscambio, la confidenza, il sostegno reciproco. Diciamo che la lettura che Don Luca propone del rapporto fra giovani e dell’amicizia, presenta connotati socialmente molto diversi dai legami che si stringono oggi fra pari nei vari contesti, tuttavia rimane acquisito che la forza e il condizionamento del gruppo sono determinanti in molti casi rispetto all’agire dei singoli e quindi l’intuizione di fondo resta valida. L’amicizia vera rappresenta un legame ed una spinta positiva e costruttiva: essa va intesa non solo come sentimento dentro una relazione affettiva ma come “virtù”, attività che favorisce l’emergere dell’eccellenza della persona consentendole di esprimere e di portare a pienezza le sue doti e possibilità migliori. Da qui l’esigenza di formare all’amicizia e di educare l’amicizia stessa perché possa diventare spazio originale in cui le energie dell’eros si colorano di simpatia, di altruismo, di aperture, si cimentano a spezzare barriere egocentriche, ad utilizzare una sana aggressività per un esodo verso l’alterità che si fa normativo per la propria esistenza fino ad osare di affidarla al mistero che ci sovrasta. In tal modo l’esistenza decentrata attua l’esplosione di tutta la vita personale perché tutti esistiamo per amore e siamo impegnati a costruire vita attraverso gesti di amore. Si colgono da questa prospettiva le risorse positive che la vita di gruppo cela al suo interno e che l’amicizia può portare ad espressione, sviluppo e consolidamento. 2 Conclusione Aprire l’orizzonte dell’Opera comporta oggi farle incrociare un’antropologia che, fedele all’ispirazione originaria, accolga tutta la persona nel suo processo di maturazione e nel suo confronto-scontro con le problematiche che l’attuale contingenza culturale, l’esplosione dei mezzi tecnologici, gli spazi di socializzazione, di incontro, di divertimento e di evasione mettono a disposizione del giovane; un’antropologia che recuperi il linguaggio dell’educazione tale che aiuti il giovane a crescere e maturare nelle relazioni e affrontare le sfide della vita individuale e collettiva. Nello stare in relazione poi “ci si educa insieme”, si fa “casa” dove l’ospitare e l’essere ospitati sviluppa lo scambio dello stare bene insieme, disponibili e aperti alla vita da accogliere come dono e da mettere a disposizione come dono, uscendo dalla neutralità, e rendendo il cuore dei giovani, ma anche quello degli adulti, isola buona a cui approdare. L’OSD ha quindi una via aperta davanti a sé per interagire con il mondo giovanile ed offrire il proprio umile ma convinto contributo affinché i giovani possano uscire dalla loro “invisibilità e dalle loro solitudini alimentate dalla sbornia di tecnologie, stimoli, informazioni incontrollate”,come ha affermato Marida Lombardo nell’intervista di presentazione del suo libro “L’età indecente”, fattale da Silvana Mazzocchi, giacché i giovani non sono stati rimossi e abbandonati a sé stessi:2 adulti, ricchi in umanità e spinti dalla forza positiva attinta al vangelo di Gesù li guardano con amore e si fanno loro compagni di viaggio. 2 S. Mazzocchi, Gli attacchi di “nientite”, Repubblica, 24/09/2009. 3