X- La Politica
II 1948 segnò per l'Italia un momento cruciale sul piano politico; il periodo
post/bellico fu ricco di fermenti sociali e politici, legato ai riflessi della “questione
sociale”, all'incertezza economica dei lavoratori, alla questione morale, ai diversi
problemi legati alla ricostruzione.
Anche la provincia agrigentina fu protagonista, con forti tensioni, della lotta
socio/politica/religiosa. I fermenti si presentavano con connotazioni decisamente
nuove, dettate dal ritorno al regime democratico/parlamentare e da una rinnovata
mentalità di partecipazione dei cittadini alla vita pubblica, dall'ansia delle riforme
sociali e dalla ridistribuzione della ricchezza in termini nuovi. La situazione provocava
in molte località della provincia scontri violenti, scioperi di varia natura, sommosse,
anche uccisioni.
Sotto la spinta delle sinistre di ispirazione marxista, anche Cianciana, essendo un
centro agricolo minerario, risentì di tale clima di estrema tensione fino al verificarsi di
tentativi di occupazione delle terre e delle miniere, al grido di "viva il comunismo !"
"viva l'Italia !".
Si vivevano momenti gravi e difficili nei quali parvero essere minacciate non
solo le istituzioni pubbliche ma anche le libertà civili e religiose; la Chiesa nelle sue
gerarchie ed istituzioni e nel suo patrimonio di fede e di morale viveva momenti
difficili.
Il Vescovo Peruzzo quale illuminato pastore della diocesi agrigentina,
consapevole del delicato momento, raccogliendo intorno a sé il clero ed un gruppo di
collaboratori laici, avviò una serie di iniziative, missioni, predicazioni, incontri del
clero, mobilitazione dell'Azione Cattolica, formazione di Comitati Civici.
Richiamando i ministri di Dio alla missione affidata loro da Gesù Cristo,
ricordava le parole stesse delle Beatitudini di chi, immolato, deriso e vilipeso per la
causa del Vangelo, proprio allora avrebbe dovuto godere ed esultare(67).
Un problema di fondo, che il Vescovo nella sua venerata saggezza ed intelligenza
67
Cfr. D. De Gregorio: Mons. Peruzzo - Trapani 1972, pg. 272 e ss.
precisava, definiva e chiariva, era il rapporto della Chiesa con la politica, sostenendo
che la Chiesa doveva operare al di sopra dell'ambito prettamente politico; ma, nel
momento in cui l'azione politica si indirizzasse direttamente ad avversare e contrastare
la fede e la morale cristiana, la Chiesa e le sue istituzioni dovevano intervenire, con
tutto il vigore necessario, per salvaguardare i valori cristiani.
Anche don Gerlando rispose con tutte le sue forze all'appello del Vescovo, per
affrontare con energia la situazione nel proprio ambiente paesano e parrocchiale;
situazione che si presentava non meno difficile e pericolosa anche a Cianciana dove
accadeva che la propaganda comunista, attraverso qualche suo noto esponente(68),
andava sostenendo che gli edifici sacri del paese sarebbero diventati bagli per chiudervi
buoi e pecore.
Quegli anni tra il 1944 ed il 1948 furono per don Gerlando tempo di grande
cimento in piazza, nei circoli, nelle campagne, nelle miniere, specialmente durante le
campagne elettorali.
In questo lavoro fu molto aiutato dai giovani dell'Azione Cattolica, dal
Comitato Civico e dagli interventi frequenti di Mons. Ginex, di don Giuseppe Cuffaro,
di Vincenzo Foti, di Paolo Ciotta, di Enzo Lauretta, di Carmelo Nobile e di altri
sacerdoti e laici, pionieri del riscatto morale e religioso, politico e sociale della nostra
diocesi(69).
Memorabili furono i comizi durante la campagna elettorale del 1948,
indimenticabili gli interventi di don Gerlando dai balconi della Piazza Orologio e dalle
balconate laterali della gradinata. Avveniva che i capi del partito notoriamente avverso
alla Chiesa, durante i comizi, nei loro discorsi ufficiali, criticavano aspramente la
Chiesa, il Papa, i preti. Una di queste occasioni si presentò la sera del 16 aprile 1948,
allorquando padre Re, assistendo ad un comizio di questo genere, salì sul podio per
rintuzzare punto per punto le calunniose accuse del comiziante, candidato comunista,
un ciancianese ex ciabattino, trapiantatosi a Sambuca di Sicilia.
Alla fine del suo intervento l'entusiasmo del popolo ciancianese esplose in un
coro di applausi e di consensi e padre Re fu portato in trionfo per la piazza e per le vie
68
Augello, inteso "Aceddu", accanto esponente locale del P.C.I., zolfataro in pensione.
Ricordo che questi personaggi in occasione della loro venuta a Cianciana abitualmente
erano ospiti nella casa di Don Gerlando.
69
del paese(70).
Di fronte ad una accesa e calunniosa propaganda, don Gerlando, nei suoi calorosi
interventi, sosteneva con fermezza che Cristo, attraverso la presenza della Santa Madre
Celeste, non doveva più fuggire dai nostri cuori, ma rinascere in noi, nella nostra casa, nei
nostri posti di lavoro, nella nostra società. Tra l’altro sosteneva che i beni materiali e la
“sporca” politica avrebbero voluto fare staccare gli uomini da Dio e dalla Santa Madre. Ma
la Chiesa doveva vigilare sui fedeli, su coloro i quali, anche se non ferventi e praticanti,
avevano ricevuto il battesimo, la cresima, la Santa Eucarestia, si erano sposati nella
Chiesa, sarebbero morti e sarebbero stati assistiti e accompagnati dal prete, da quel prete
che aveva il sacrosanto diritto e il sacrosanto dovere di chiamare queste anime al seno
materno della Chiesa e fare loro intendere come la dottrina di Cristo si confacesse a tutte le
politiche di questo mondo.
La politica voleva la pace nel mondo?
Chi, prima o meglio di Cristo, si era preoccupato della pace nel mondo?
Voleva l'uguaglianza? Chi prima e meglio di Cristo aveva promulgato
l'uguaglianza dei diritti e dei doveri e la fratellanza senza distinzioni di classe, di categoria,
di razze?
La politica inneggiava al lavoratore del braccio e della mente? Chi era stato il
primo lavoratore per eccellenza, se non Cristo Gesù?
Durante la difficile e complessa campagna elettorale del 1948, nei pubblici
comizi qualche attivista comunista sentenziava che il Papa voleva la guerra! I preti
70
In quella occasione, padre Re, rivolgendosi all’aspirante onorevole Domenico Cuffaro
esclamò la stessa frase di Apelle: "sutor ne ultra crepidam!".
Apelle, pittore greco del 4° secolo a.c. visse prevalentemente ad Efeso. Molto amante
dei colori e dei particolari. Usava esporre le sue pitture al balcone nascondendosi poi per
sentire i commenti e le critiche dei passanti, tra i quali ognuno diceva la sua. Tra i tanti,
passò un ciabattino che criticò le scarpe della figura rilevandone qualche difetto. Il pittore
corresse il difetto, ma il ciabattino passando e ripassando, tornava a criticare la pittura per
altri versi al di fuori delle scarpe. Il pittore Apelle allora, indispettito, lo ammonì
invitandolo a limitare le sue critiche alle scarpe: "Sutor ne ultra crepidam!", cioè "ciabattino
non andare al di là della scarpa!".
Il Prof. Antonino Bellanca, nei suoi ricordi, così scrive all'Autore: "durante il passaggio
da Cianciana della Madonna Pellegrina per tutta la settimana era lui ad organizzare
processioni e preparare canti, riunire i giovani che lo collaborassero ed aiutassero. Era
sempre a disposizione della religione e della Chiesa. Non dimenticherò, in tempo di
elezioni politiche quel "sutor ne ultra crepidam" lanciato da don Gerlando in un comizio contro
un candidato regionale comunista, già calzolaio (che aveva lavorato con mio padre), che
precedentemente aveva parlato male della Chiesa.
Anche in politica la sua attività è stata importante. Tra l'altro era anche oratore forbito che riusciva ad
attirare la gente non con polemica inutile ma con argomenti convincenti e persuasivi."
erano dei guerrafondai! Ebbene, diceva, la facesse questa guerra, con i suoi preti, con i
suoi frati, con le sue suore, con i suoi iscritti all'azione cattolica e ai comitati civici!
Don Gerlando, a tale proposito, rivolgendosi ai fedeli li esortava ad accettare
questa sfida facendo la "loro" guerra, la guerra dell'amore, di quell'amore di Dio che
la Madonna portava nei loro cuori e nella loro mente, in un campo di "battaglia"
quale la "loro" Chiesa, la "loro" parrocchia, che si potevano considerare le istituzioni
democratiche per eccellenza. Egli sottolineava, infatti, che la "massa" solo in Chiesa
aveva libero ingresso, senza distinzione di categoria, di classe, di partito. Solo nella
parrocchia, nella Chiesa, si accettava e si promuoveva l'uomo in tutta la sua
espressione: intelligenza e cuore, anima e corpo, col fine di portare le anime a Dio e alla
“politica” del Vangelo.
L'invito che rivolgeva ai fedeli era, dunque, questo: Rinnovare nella Chiesa e in
Cianciana lo spirito di fede, di pace, e di amore: lo spirito di fede di Tobia e di
Giacobbe e degli altri padri e antenati di Gesù; lo spirito di fede nell'essere fratelli; lo
spirito di amore per Dio, per farlo amare ed essere vittime d'amore; ecco la politica
della Chiesa, la politica del Papa, la politica del Vescovo, la loro politica.
Il popolo fedele intuì, capì le ragioni profonde del messaggio; e le forze del
bene vinsero grazie all'impegno della Chiesa e della sua gerarchia, in campo nazionale e
locale.
Anche
Cianciana
visse
quel
momento
drammatico
che fu
superato
brillantemente grazie al suo clero nel quale brillava la stella di
don Gerlando Re, sacerdote di Gesù e di Maria, prete del popolo di Dio.
Il prof. A. Bellanca nelle sue memorie, ricordando quel periodo e questi episodi,
riferisce che anche in politica l’attività di Padre Re fu importante. Tra l’altro, notando che
era oratore forbito, che suscitava e attirava la gente non con polemiche inutili, ma con
argomenti convincenti e persuasivi.
Il prof. F. Cannatella in una sua recente conferenza, ricordando quel periodo e questi
episodi, diceva che in politica si ritrova don Gerlando protagonista nelle campagne elettorali
del 1947/48. Cianciana ricordava ancora i suoi forbiti ed azzeccati interventi.