"IL BOTTICINO,: i\'lARMO O PIETRA? Dct diversi lettori ci è stato posto l'interrogativo sintetizzato nel titolo. Nè la domanda appare priva. di fondamento, soprattutto in Brescict la cui atmosferu architettonica prende vita e dignità proprio dal largo impiego di questo materiale, il « Botticino », sia come pietra dct conci, sia come marmo nelle statue, negli ornati anche m.inutissimi, nelle lucide rivestiture dal caratteristico bianco lunare. La, distinzione fra « marmo >> e <<pietra » risponde a crilc'ri m erccologici, glottologici, oppure a forme di struttura fisico -chimiche? All'interrogutivo risponde, in modo obiettivo ed esauriente, lTALO ZAI NA La stessa domanda che ci viene fatta p el « Botticino )> potrebbe valere anche per altre rocce - come i rossi e i gialli di Verona, il Chiampo vicentino, e il ligure Portoro dalle vene giallo-oro ch e, pure essendo classificate nei calcari compatti ( e quindi non criswllini) vengono tuttavia chiamali marmi. È noto al riguardo come i pelrografi chiamino marmi soltanto i calcari cristallini, come diversi marmi carraresi, i tipi di Lasa in val Venosta, il Vallestrona de] Novar ese, il Vezza d'Oglio di Valcamonica, e a ltri. .Ma nel linguaggio merceologico attuale, e così pure dall'uso ch e è venuto a noi fino dall'antica Roma, vengono ch ia_ mati marmi tutte le rocce calcaree, sia ct·istalJine e sia com patte (come il Bott icino, il Verona, ecc.) le quali si pxesentino salde, suscettibili di accurata lucidatura (per cui « risplendono ») e, eventualmente, di scultura. Il latino marmou (marmi) viene dal greco «mar- mairon » ch e vuoi dire appunto nsp lendere. Ora, il « Botticin o >> è fra i calcari più puri (98j 99 j{ di carhonato di calcio), fra quelli ch e assumono una perfetta luci datura a specchio, dopo la quale mostra la sua pasta avorio attraversata da ven uzze color ocra a mo' di salda sutura cranica, variata da macchiette orhicola_ ri p iù chiare. È un marmo fra i p iì:t ricercati. È saldo, a scheggia tura secca, duro, ma di grana fini ssima, docile allo scal p ello che vi può imprimere minutissimi ornati. È chiaro che se il « Botticino », il « Verona J>, il << Portoro }), ecc., sono tolti da strati non saldi o comunque difettosi, così da non poter essere lucidati o scolpiti, e da essere invece usati p er calce, pe t· con c.i da costruzione, argin ature od altr o, non possono esser chiamali marmi, ma sol o pietre, oppure pietrame da caJce, per arginature, per altri usi. 9 Abbia mo dunque marmi costituili da calcari cristallini o da calcari compat. ti: ma n e abbiamo anch e altri costituiti da rocce in parte calcaree c in parte si. licee t come co tituenti principali), in cui rabbonda nte silice è derivata da r occe ignee, ammorbidite tuttavia dal fenomeno del melamorfismo : sono le serpentinose (come il serpentino verde di val Malenco) e specialmente le oficalci in cui il serpentino di base è variato da vena tu re di calcite chiara 1com e il « rosso Levanto )), il << verde Alpi », il « verd e l ssorie >>, ecc.). Mancano d elle qualità essen ziali d ei ma rm i i cal cari ten e ri o porosi, oppure a grana non fina , quelli vacu olati o facili a spezzarsi, i tufi , i travertini, le a re. narie, i conglome rati. Essi entran o p erciò ne lla categoria delle ·p ietre: i Romani li chi am avano la.pides, cioè appunto « pietre>>. Abbiam o così il « la pis tiburtinus)) (travertino), il « lapis ruber >> t tufo vulcani co di Ro ma e dintorni), il « lapis a p h ites » (serpenti n o « verde can occh ia »), il<< la pis at racius » (oficalce brecciata chiamata « verde antico >> ). Dal n ome di que ti u ltimi due tipi si d esume ch e i Romani, a differenza di noi, escludevan o dai m armi anche le serpentine e le oficalci p erchè conten enti troppa silice: e con ciò attestavano giusta mente ch e la d elica tezza d el mar. mo, a nch e nel colore, è data d al car bonato di ca lcio. Le rocce ign ee ( m agma tiche, con altro te rmine), p et· la loro com posizione più o men o notevolmente silicea, e quindi p iù I'Udi e m e no atte a d are certe sfumatu re d e licate n e i colori, sono state dai Romani classificate come pietre, non ostante l a bellezza d i alcuni tipi : sia le ignee iutrusive a struttura granulare, raffr eddatesi sotto la cop ertura di rocce sedimentarie o d'a ltra n a tura (gra n iti, d ioriti, sien iti), sia le effusive t vulcanich e): tanto le più a ntich e come i porfidi e le porfiriti, quanto le m en o a nti. ch e o recenti come i basalti, le trach iti, le lipariti, ecc. Abbiam o co ì, p e r fare qualche esem· pio, queste denominazioni, sempre col sostantivo « lapis " (pietra), pe r indicare i tipi ch e n oi chiamia mo graniti, dioriti, porfidi, ecc.: lapis Syenites 1granito rosso d egli obelischi egizia ni), lapis lacedaemonius (porCido ve rde del Peloponneso), lapis p orp hyrites t porCi do rosso d 'E giuo). Il te1·mine « rocce orn amenta li )) com. p1·ende sia i marmi sia ogni altro tipo di roccia ch e serva appunto pe r orn amento nelle costruzioni o p er scultura. Chiudo questa risp osta su l Botticino notando ch e, pur essendo esso classificato fra le rocce com pa tte ( qu indi n on cristalline) in eCCetto d en uncia al microscopio una struttura criptocristallina 1n on visibile di con eguenza a d occhio nudo) d alla qual e di pen do no alcune pregevol i sue doti. S'intende ch e nel te rmine « Botticino )), si vogliono qui compre n dere i giacimenti d i rocce simili al classico Botticino, escavate a Nuvolera, Vi rle, Mazzano e luogh i vicini: tutte appartenti alla cosiddetta «corna >l (c dello stesso piano geologico chiamato Liassico inferiore) cui si associa in più luoghi - come a P aitone, Vallio, Teglie - la po. licroma « Breccia Aur·ora >> con tratti ch iari di tipo Botticino c altri a vari col ori (caffè, carnicino, ecc.) con abbondanti vene di sopraggiunta calcite b ianca che ha contri builo a saldare insieme i framm enti originali della breccia. 10 - l