TIME ZONES 2009
XXIV edizione
DAVID DARLING + DAKOTA SUITE
David Darling (Elkhart, 3 marzo 1941) è un
violoncellista e compositore statunitense.
cominciò a studiare il violoncello all'età di
10 anni. Continuò gli studi fino a conseguire
un baccalaureato e un master in educazione
musicale presso l'Università dell'Indiana,
negli USA. Svolse il ruolo di direttore di
gruppi musicali scolastici e, nel 1969,
cominciò a insegnare educazione musicale e
a dirigere l'orchestra della Western Kentucky
University. Nel 1970 entrò nel Paul Winter
Consort e contestualmente nella Nashville
Symphony Orchestra. Nel 1987 abbandonò
questi gruppi musicali per proseguire
l'attività come solista.
Nel 1986 entrò nella Young Audiences, Inc.,
un'organizzazione che si propone di educare
i bambini alla musica e all'arte. Nello stesso
anno fondò Music for People che si propone
di incoraggiare le persone ad esprimersi
attraverso l'improvvisazione musicale.
Nel
2000
registrò
una
inusuale
collaborazione con Wulu Bunum, un gruppo di aborigeni taiwanesi.
Le composizioni e le esecuzioni di Darling si basano su un'ampia gamma di stili che
includono la musica classica, il jazz, la musica brasiliana, africana e indiana.
Attualmente vive a Goshen, nel Connecticut dove svolge la sua attività di compositore,
insegnante ed esecutore.Darling ha collaborato con moltissimi musicisti come Bobby
McFerrin, Spyro Gyra, Peter Paul and Mary, Oregon, Jan Garbarek, Terje Rypdal, e con
l'innovativo ensemble di danza Pilobolus.
Oltre a svolgere la propria attività come musicista solista e in gruppi, ha scritto la musica
per una dozzina di importanti film, come, ad esempio, Fino alla fine del mondo (1991) e
Così lontano, così vicino (1993) diretti da Wim Wenders.
Nel 2002 fu selezionato per il Grammy Award per l'album Cello Blue.
Darling è un insegnante di improvvisazione musicale particolarmente dotato ed è un
appassionato sostenitore della teoria che ogni essere umano ha la capacità di imparare ad
esprimersi attraverso la musica.
DAKOTA SUITE
Dakota Suite è la delicata creatura di
Chris
Hooson,
compositore
e
polistrumentista inglese con molti
albums alle spalle, dei quali “This River
only Brings poison” è solo l’ultimo atto.
La musica dei Dakota Suite è una
galleria d’immagini in bianco e nero,
datate, così piacevolmente fuori da
qualsiasi
inclinazione
verso
il
modernismo che pare collocata in un
qualche momento degli anni 70, accanto
ad altre opere di rilievo di altri autori
significativi come Jackson Browne o
John Martyn. Da questi Hooson eredita
soprattutto la malinconia e il
minimalismo
folk
strumentale,
caratterizzato essenzialmente da una
chitarra acustica e una voce sofferta, a
turno accompagnati da squarci di
tromba, tappeti di archi o da morbidi
sussulti ritmici. Non si fa in tempo a
premere play che si è già travolti dalla
intima bellezza di “The lepers
companion”, una ballata folk amara,
pungente ma assai rilassante, in cui
Chris Hooson sembra sussurrare le parole attraverso un dolore interiore che non trova pace.
Non sono da meno le successive “Boats in a sunken ocean” e “The finished river”, lente,
immerse in un universo slow core da cui è veramente difficile trovare spiragli di luce. Si
passa attraverso le toccanti e calde note di piano di “Verdriet” e “Sands fools the shoreline”
per poi approdare alle atmosfere autunnali di ”Lets be on our own”, per un trionfo di magie
acustiche di rara eleganza, in cui trovano spazio alcune frasi incantate di pedal steel e
mellotron. Le ultime 4 tracce di questo meraviglioso “This river only brings poison” sono
composizioni già edite su altri album dei Dakota Suite tra cui si fa notare una alienante
“When I think of myself dead”, strumentale per pianoforte, fiati e percussioni a dir poco
struggente. In più di una occasione tornano in mente i meravigliosi lamenti esistenziali dei
Red House Painters, ma Dakota Suite è comunque entità di notevole caratura artistica e
personalità destinata a risvegliare la profonda sensibilità degli esseri umani più fragili.
Magia infinita.
TIME ZONES 2009
XXIV edizione
BERLIN AFTER 20
ARNOLD DREYBLATT ENSEMBLE
KLANGSTAUB: BERNHARD GUENTER / GARY SMITH (AUFGEHOBEN)
FEAT. LILLEVAN (RECHENZENTRUM)
ARNOLD DREYBLATT
(Table of the Elements, Cantaloupe, Choose, Tzadik)
www.myspace.com/arnolddreyblatt
www.dreyblatt.net
Arnold Dreyblatt (New York City, 1953), compositore
della seconda generazione del minimalismo newyorkese,
ha studiato musica con La Monte Young, Tony Conrad,
Pauline Oliveros, John Cage, Morton Feldman and Alvin
Lucier e media-art con Woody and Steina Vasulka; dal
1984 vive a Berlino dove nel 2007 è stato eletto membro
a vita della Akademie der Künste, sezione arti visive. Attualmente è professore di media art
alla Muthesius Academy of Art di Kiel. Ha creato numerosi e originalissimi strumenti,
tecniche di esecuzione e sistemi di accordatura
Il suo stile è considerato il più rock-oriented della scena minimalista. Ha collaborato con
Jim O'Rourke, David Grubbs, Kevin Drum, Pellegrini Quartet, Bang On A Can Allstars,
Jörg Hiller, Jason Kahn, Werner Durand, Paul Brody, Pierre Berthet, Paul Panhuysen, Crash
Ensemble, Austin New Music Co-op, Megafaun, Peter Phillips, Yoshi Wada, Terry Fox,
Alvin Curran. Grazie alle sonorità estatiche e trascendentali della sua Orchestra of Excited
Strings si è guadagnato un forte e fedele pubblico nella scena underground.
I suoi lavori sono stati da molte delle più interessanti etichette d’avanguardia come la
Tzaddik di John Zorn, la Hat Hut, la Table of the elements e Cantaloupe.
Le creazioni visive di Dreyblatt sono una complessa visualizzazione testuale e spaziale degli
oggetti della memoria: ha realizzato installazioni permanenti, digital room projections,
oggetti testuali dimanici, e pannelli di testi lenticolari multi-livello. Si è esibito in gallerie,
musei e spazi pubblici come il Hamburger Bahnhof Museum for Contemporary Art di
Berlino, il Jewish Museum di New York il MAK di Vienna. I suoi lavori artistici sono
esposti permanentemente al HL Holocaust Center di Oslo e al Jewish Museum di Berlino.
KLANGSTAUB
www.klangstaub.com
www.myspace.com/klangstaub
Klangstaub è il progetto di improvvisazione del duo composto dal musicista, compositore,
produttore elettronico tedesco Bernhard Guenter di Coblenza) e il chitarrista inglese Gary
Smith (Londra). I due artisti condividono l’idea che l’improvvisazione sia una forma di
composizione istantanea e sono interessati alla creazione sul momento di nuove strutture
musicali: partono dalla libera improvvisazione strumentale per aggiungere poi elementi
elettronici su ispirazione. Bernhard ha coniato il termine “compovisation” per questo tipo di
approccio all’esibizione.
Mentre Gary ha un set estremamente essenziale (chitarra-pedale-amplificatore), Bernhard ha
concepito e opera su una sorta di “cabina di comando” costituita da mixer- loop station –
unità digitale multi effetto collegati insieme da un intricato sistema di cablaggio. Questo
permette di controllare la musica suonata dal vivo, mixarla, metterla in loop (quella di uno o
di entrambi) e reintrodurne delle parti per creare sul posto strutture sonore più complesse: in
tal modo l’equipaggiamento elettronico diventa esso stesso uno strumento. Il risultato può
così modificarsi volta per volta muovendosi tra i due estremi della semplice
improvvisazione strumentale e il digital soundscape. Le possibilità creative di questo
approccio sono infinite e sempre disponibili ad essere scoperte dei musicisti, i quali, più che
come rigidi compositori, si muovono come avventurosi esploratori. Il personalissimo modo
di suonare dei due si inserisce perfettamente nella più positiva forma di musica
contemporanea, perché costantemente aperta a nuovi sviluppi.
LILLEVAN
www.lillevan.com
Lillevan Pobjoy è un artista multimediale noto sopratutto per essere membro fondatore dei
seminali Rechenzentrum (1997-2008). Tuttavia la sua storia e la sua esperienza raccontano
di una lunga serie di progetti importantissimi nell’attuale scena della musica e dell’arte
contemporanea. Lillevan si è confrontato con la musica classica, elettronica, dance, minimal
e l’opera, invitato ad esibire il proprio alvoro in tutti i principali festival del mondo. Il suo
background riguarda studi di storia e teoria del cinema. A cavallo tra gli ’80 e i ’90 scrive
numerosi testi sull’argomento ed è molto attivo nella scena dei film e dell’animazione.
Tuttavia questo mondo gli appare sempre più stretto e ripetitivo, così, con la caduta del
muro si avvicina all’arte dell’europa dell’est e inizia a frequentare i club berlinesi. Queste
nuove esperienze, unite all’arrivo delle moderne tecnologie dei computer e dei media gli
permettono di ottenere una nuova e più eccitante prospettiva sulla video-art, decidendo così
di far rivivere l’arte delle immagini in movimento, che reputa persa nel cinema e nell’arte
commerciale. Il suo lavoro si concentra così sugli aspetti non-narrativi dei film, realizzando
lavori astratti, ma anche collage esplorativi della storia del cinema e opere per compagnie di
ballo. Sempre più analizza la musicalità delle immagini in movimento: l’intensità e la
tessitura sono più importanti della narrazione e delle figure. Esplora la relazione tra le
immagini, l’occhio, la mente e la mente; si appassiona all’archeologia dei media e interroga
le modalità della visione e le manipolazione delle immagini; ricontestualizza, ricombina e
politicizza frammenti e immagini di film esistenti.
Le immagini sono un mezzo comunicativo che interagisce con la musica: la selezione delle
immagini può supportare o scontrarsi con i suoni, ad ogni modo si ottiene un dialogo.
Interferenze e immagini spezzate costituiscono l’elemento drammaturgico centrale nella
creazione e nell’esibizione. Alcuni film non necessitano di una colonna sonora, le immagini
stesse sono musicali e spingono lo spettatore a una composizione psico-visivo. Il lavoro di
Lillevan si esplica in una ricerca godardiana della relazione tra immagini, intensità e
tessiture. Le sue opere sono composizioni multistrato che danno allo spettatore la possibilità
di concentrarsi su differenti dettagli e momenti. La percezione umana rimane l’elemento
interattivo finale delle sue performance, rifuggendo la natura assoluta del montaggio
tradizionale, ridonando alle immagini la loro originaria ambiguità, collegandole secondo
relazioni nuove e inaspettate
“L’estetica dell’immagine non deve essere cercata nella sua bellezza, densità o completezza,
ma nella sue trasparenze e nelle sue potenzialità”
”Io preferisco sempre prendermi il rischio di fallire negli esperimenti dal vivo, piuttosto che
esibirmi secondo ben testati metodi; l’improvvisazione è un principio creativo decisivo”,
TIME ZONES 2009
XXIV edizione
WIM MERTENS
Wim Mertens (Neerpelt, 14 maggio
1953) è un compositore, pianista,
chitarrista musicologo e controtenore
belga.
Autore di musica contemporanea,
legato alle correnti meno sperimentali
del minimalismo ed al cross-over, in
Italia
raggiunse
una
discreta
popolarità nella seconda metà degli
anni
'80
quando
una
sua
composizione, Struggle for Pleasure,
venne utilizzata come colonna sonora
di una pubblicità. La stessa opera fu
utilizzata per lo stesso scopo anche in
altri paesi del mondo.
Mertens studiò Scienze politiche e sociali all'Università di Leuven (laureandosi nel 1975) e
musicologia all'Università di Gent; ha anche studiato teoria della musica e pianoforte nei
Reali Conservatori di Gent e Bruxelles
Iniziò a lavorare alla BRT (Belgian Radio and Television) nel 1978, ricoprendo il ruolo di
produttore; su Radio 2, una radio di provincia, produsse concerti di Philip Glass, Steve
Reich, Terry Riley, Meredith Monk, Urban Sax ed altri e condusse un programma chiamato
Funky Town insieme a Gust De Meyer (col quale ha registrato un CD sperimentale
intitolato For Amusement Only).
Mertens ha anche registrato sotto lo pseudonimo di "Soft Verdict" ed è autore del libro
American Minimal Music, un lavoro dedicato alla scuola americana della musica
minimalista.
Nel marzo 1998 Mertens divenne Ambasciatore Culturale delle Fiandre.
Il compositore e pianista belga continua con determinazione il suo cammino innovativo
nella nuova musica europea, fra composizioni per il cinema e la sua personale ricerca sul
pianoforte e la voce. Il suo immutato successo è un invito a diffidare delle tante imitazioni
Dagli esordi con i Soft Verdict alle colonne sonore per Peter Greenaway e Jan Fabre,alle
musiche utilizzate da Godard ed alla sua ultima evoluzione "orchestrale" il compositore
belga ha saputo aggiornare le intuizioni minimaliste di Philip Glass con una emozionante
gamma di armonie.
Quando si pensa a Wim Mertens, raffinato musicista e intellettuale, e alla sua musica, lieve
ma interiormente complessa, ci si immagina momenti di pacata quotidianità, romantica e
minima, intima. Piccole ma intense stanze con molta luce, un chiarore che ti riscalda dentro.
Finestre che offrono sprazzi sul profondo verde delle Ardenne o sull’ondulata linearità delle
Fiandre. Smbra di sentire un leggero vento, di quelli che ti svegliano e ti obbligano a
pensare, e il Mare del Nord, freddo ma coinvolgente, come sfondo.
Pianista e compositore fiammingo, Mertens si è imposto come ricercatore di musiche non
convenzionali, come un artista paradigmatico nel frastagliato universo dell’avanguardia
europea. Le sue composizioni, improntate da chiari echi provenienti dalla tradizione classica
e da una vocazione melodica di matrice popolare, appaiono sostanzialmente leggere, cariche
di bellezza, ma anche intrinsecamente complicate, spesso articolate in ardite strutture
labirintiche. Sviluppate attraverso un’intricata matassa di citazioni e richiami.
Un intenso lavoro sempre in equilibrio fra teoria e pratica: la lunga serie di prodotti
discografici, dagli album per pianoforte e voce a quelli realizzati con originali piccole
orchestre, a quelli dedicati a uno strumento solo (tutti lavori che non nascondono mai il
principio di dare al disco il giusto ruolo di oggetto d’arte), le colonne sonore per il cinema e
il teatro, la feconda attività concertistica svolta sui palcoscenici di tutto il mondo. Le storie
raccontate non con le parole, ma con l’intima delicatezza del suo personale linguaggio
vocale. Le orchestrazioni inconsuete, affatto altere.
In oltre vent’anni di carriera (avendo intrapreso la professione di musicista relativamente
tardi), ha fatto breccia sugli animi più sensibili, ma forse anche su una fetta di umanità
contraddittoria e inaridita, preoccupata ma disponibile verso la libertà intellettuale. Verso
una spiritualità laica. Verso l'uso dell'intelligenza. E quindi predisposta alla ricchezza dei
sentimenti.
Mertens è un vero e proprio maestro della divulgazione d’avanguardia, con la sua musica
colta e accessibile. Una musica senza confini, senza timori, senza nome”.