Thomas Piketty, le scienze sociali e il metodo

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Thomas Piketty, le scienze sociali e il metodo
interdisciplinare
Author : Sergio Ristuccia
Categories : Copertina, Metodo interdisciplinare, Recensioni
Date : nov 1, 2014
Il libro di Thomas Piketty, storico economico ed economista francese, intitolato “Il Capitale nel
XXI secolo”, ha avuto enorme successo negli Stati Uniti. Il dibattito é acceso. Notevoli le
controversie anche riguardo alla identificazione dei dati statistici sui quali la ricerca di Piketty si
fonda. In ogni caso Paul Krugman - economista e saggista statunitense - ha parlato di
“un'opera superba che cambierà il modo in cui pensiamo la società”. Affermazione,
quest'ultima, che colpisce molto anche perché fa implicito rinvio ad alcune pagine delle
conclusioni del libro nelle quali l'autore si spende energicamente a favore di un lavoro di tipo
interdisciplinare fra tutte le scienze sociali.
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Le parole di Piketty, a guardar bene le cose, confermano che la Grande Crisi di questi
anni ha chiamato in causa le scienze sociali, dimostratesi incapaci di tessere quella massa
critica di conoscenze e interpretazioni, necessaria per affrontare le dinamiche sociali in un
periodo di drammatiche e durature trasformazioni.
La parola a Piketty. Partendo dalla sua disciplina egli afferma che: “non riesco a concepire
l'economia se non come una sottodisciplina delle scienze sociali, da accostare alla storia, alla
sociologia, all'antropologia, alle scienze politiche e a tante altre”. D'altra parte, osserva che é
troppo facile per tutti i ricercatori di scienze sociali “porsi al di fuori del pubblico dibattito e del
confronto politico, e limitarsi a svolgere il ruolo di commentatori e demolitori di ogni discorso e di
ogni statistica”. Il loro impegno “deve concretizzarsi in scelte,istituzioni e politiche precise, si
tratti di Stato o di imposte o di debito pubblico. (….)Secondo me, l'idea che l'etica del ricercatore
e quella del cittadino sarebbero inconciliabili, e che si dovrebbe scindere il dibattito sui mezzi da
quello sui fini, é una pura illusione: certo comprensibile, ma sostanzialmente pericolosa”.
Insomma, “gli economisti, se vogliono davvero rendersi utili, devono soprattutto imparare a
essere più pragmatici nelle loro scelte metodologiche, fare tabula rasa delle proprie certezze, se
occorre, e porsi in rapporto con le altre scienze sociali. A loro volta gli altri ricercatori di scienze
sociali non devono lasciare lo studio dei fatti economici ai soli economisti, devono smetterla di
andare in fibrillazione quando vedono una cifra, magari gridando all'impostura, e limitarsi a
riconoscere che ogni cifra é una costruzione sociale, una cosa verissima ma anche
insufficiente”. Importante é non lasciare il campo libero agli altri, dice Piketty il che significa non
lasciare libero il campo alle semplificazioni del "sentito dire "che temono la complessità sociale
e la falsificano, più o meno sistematicamente rimanendo intrappolati nei simulacri di politica
economica e sociale.
Il discorso di Thomas Piketty sulle scienze sociali risuona alle orecchie di chi ha lungamente
sostenuto la centralità del metodo interdisciplinare. Metodo che dovrebbe essere proprio
soprattutto delle scienze sociali ma che viene poco perseguito in ragione delle sue molteplici
difficoltà. L'appello destinato alle scienze sociali, affinché queste facciano fronte comune alla
Grande Crisi - "chiamata" con la quale ritenni di dover concludere il mio saggio introduttivo alla
traduzione italiana del libro “Le tre culture” di Jerome Kagan (Feltrinelli Editore, 2013) - è oggi
ancora valido e emergenziale nella sua estrema attualità.
Foto: CC 2.0 di Blue-news org
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