La musica "senza storia".

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La musica "senza storia".
Se, nonostante i più nobili sforzi compiuti per ·illuderci in senso ottimistico, la
musica contemporanea non è apprezzata
dai più e, anzi, correntemente si parla di
un dissidio fra compositori e pubblico che
è persino diventato tema di un Congresso,
verrebbe fatto di pensare che, in opposizione a tante tonnentate esperienze, la
musica del passato sia una specie di Eldorado che ripaga d'ogni pena e d'ogni
sterilità. Ma anche questo è un punto
dubbioso, poichè sotto la rapida indicazione di «musica del passato» non s'intende - in rapporto alla quantità degna
di essere rivissuta nella pratica, quotidiana esperienza - che una minima parte
di essa.
Il solo periodo rimasto veramente vivo
è l'Ottocento, in breve il Romanticismo,
con i suoi ben individuati e localizzati
post-romanticismi; al quale soltanto si
può aggiungere una parte del Settecento,
e anche questo accettato nelle sue più
evidenti o desiderate funzioni preromantiche. Ad alcuni pare, per di più, che
l'estraniarsi del gusto moderno dalla musica antica sia un'altra conferma della natura romantica della musica: impossibile
quindi risalire nei secoli la corrente, se
non per trovare quegli accenti e quei modi
principali ai quali poi i genI del Romanticismo daranno la più compiuta validità
espressiva. Validità espressiva che, sempre secondo tali nostalgici epigoni romantici, si va obliterando nell'assurdo tentativo di una nuova sintassi, d'un nuovo
gusto armonico, timbrico-strumentale,
ecc., destinato a priori al fallimento. Idea
per lo meno ingenua, che, in altre parole,
minaccia la fine dell'arte, nel perenne rinnovarsi della « querelle des anciens et des
modernes ». E allargando il problema, di-
cono ancora: anche il linguaggio musicale
antico è deficiente, ed ha la pe.rfetta correlazione nell'insufficienza di quello moderno: tutt'al più si concede che il primo
contenga in potenza quei valori che il Romanticismo rivelerà, e che il secondo sia
per lo meno tollerabile in quanto, nel sovvertimento, permangono dei valori precedentemente affermati in qualità di schietta tempra romantica. Tantochè molti, senza saperlo, assumono il pensiero del N 0valis, che la musica sia l'arte romantica,
senz'altro. Questa situazione è, nelle sue
linee fondamentali, a tutti chiarissima: e
non se ne voglia, per carità, dedurre una
negazione del Romanticismo, dovessimo
ricordare soltanto che noi non possiamo
negare i nostri padri.
Orbene, qui si vuoI affermare fuori
d'ogni equivoco, che le cause per cui la
musica del passato, anteriore a Vivaldi e
a Bach, non vive realÌliente nel gusto
moderno, sono identiche, ma spiritualmente assai più gravi, di quelle per cui
la musica moderna è lontana dai contemporanei. In entrambi i casi, il pubblico si
trova dinanzi ad un linguaggio che non
comprende, di cui gli è ignoto il lessico,
antico o nuovo, dal quale deve attingere
in nuova sintesi gli sparsi elementi sonori.
Linguaggio che va decifrato con un gusto,
anzi con un amore, che anche nelle giornate di miglior vena difficilmente si riesce
a identificare nel pubblico medio degli
ascoltatori. Ammettiamo tuttavia che, pur
ristretto al Sette-Ottocento, questo Eldorado esista: ma presto bisognerà ' tener
conto, per qualche autore e per qualche
forma, di alcuni indizi di stanchezza e
già d'incomp.r ensione, i quali potrebbero
far pensare che l'interpretazione di un
cosÌ glorioso periodo musicale si tinga già
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di luci artificiali, o per lo meno la prospettiva si alteri per leggi tanto misteriose quanto fatali di deformazione storica.
Lo stesso termine, cosÌ frequente, con
cui si indica il ritorno alla vita di una più
lontana opera musicale: riesumazione, evoca un corpo mummificato che per breve
tempo si sottrae alle dotte misurazioni degli archeologi, per riacquistare una parvenza di vita che sembra il prodotto di
un rituale scongiuro: dopo il quale tutto
ritorna più tranquillo di prima, e cioè
l'opera rimuore con l'immediato svanire
dei suoni nei quali la sua larva si è brevemente incorporata. Ecco perchè dianzi
si diceva che, a conti fatti, risulterà ben
legittima l'asserzione che la musica del
~assato è, non dico altrettanto, ma maggiormente estranea al gusto moderno della
stessa dal gran pubblico deprecatissima
m',lsica contemporanea.
Questo può anche sembrare parzialmente in contrasto con le voci autorevoli
.che si odono levarsi in lode della rinascita
effettiva della musica antica, la cui riconquista si deve certamente considerare come una delle glorie più sicure del movimento storico moderno. Ma di queste preziose esperienze, di questi felici risultati
non credo possa essere tra noi ammiratore dubbioso; il problema vuoI essere
considerato, nella sua urgente necessità,
nei rapporti della vita musicale contemporanea. Siamo sicuri, infatti, che la critica e la storia future, strapperanno all'oblio altri mondi, per ora dissolti, di
bellezza musicale: ma sarà sempre - e
chissà poi in fondo non costituisca il loro
grande prestigio - per opera di pochi dotti
e raffinati. Ma a questa restrizione d'élite si oppone l'azione che possono compiere i
nuovi mezzi di diffusione musicale quali
la radio e i dischi, che non debbono rimanere inoperosi. Attraverso la considerazione dell'efficacia di questi strumenti si cade
nel problema vivo dell'ampliamento della
cultura e della sensibilità necessarie alla
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comprensione di musiche lontane: e qui
veramente, nonostante alcuni innegabili
progressi, moltissimo resta da fare, poichè gli elementi positivi hanno ancora
troppo modesto rilievo. Ce lo dice l'esperienza immediata e diretta, quando si osserva l'atteggiamento dei musicisti creatori ed esecutori, del pubblico e anche
della scuola. I musicisti, ad esempio, sembrerebbero i più atti per nativa sensibilità
a comprendere linguaggi che, pur sintatticamente diversi, tutti si organizzano nel
suono, ossia nell'elemento primario attraverso cui si esprime la loro stessa personalità. Ed è ovvio che quanto è più forte
la personalità di un creatore, tanto più
esplicita sia la sua intolleranza verso forme d'arte da altri perfettamente definite
e conchiuse. Ma fosse quest'intolleranza
davvero rigorosa: non avremmo cosÌ diffuso il gusto della contaminazione; unico
esempio, fra tutte le arti, di una falsificazione che vorrebbe essere avvallata dall'impossibile presenza di troppi Liszt e di
troppi Busoni. Fatto sul quale bisogna
tornare, anche se così gravi parole - e secondo me a ragione - sono state altre
volte proferite contro la « trascrizione ».
Si dice, fra l'altro, dai zelatori, che
per mezzo delle trascrizioni ritornano nel
gusto del pubblico opere che altrimenti
resterebbero irrimediabilmente ignote, dimenticate per sempre. Più fallace motivo
non potrebb'essere addotto. E assurdo,
per fortuna, pensarlo; ma se anche fosse:
se, con gli stessi pretesti, il bronzeo rintocco d'una terzina dantesca venisse adulterato in una lega di più vile metallo, se
le inafferrabili vibrazioni dei ritmi petrarcheschi venissero più corposamente trascritte, il sacrilegio sarebbe evidente. E ancora, tutti sanno il disagio che si prova
dinanzi ad un quadro rifatto nei suoi colori e nelle sue luci: l'adulterazione dell'originale è immediatamente registrata
come un'offesa alla verità. A parte il rispetto, è il senso superiore della storia che
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lo vieta: ma per la musica il termine di confronto, l'originale, è caduto dalla memoria; è assai meno di un povero fiore senza
profumo disseccato fra le pagine di un
antico libro.
Ritorna, dunque, urgentissimo, il problema dell' educazione, della formazione di
un gusto musicale che ahhia almeno la
dignità di quello letterario e di quello
figurativo, gusto musicale che per ora
è scarso, malsicuro, contradittorio: perchè è evidente che le forme musicali si
organizzano in rapporti sonori che non
hasta percepire con l'udito; hisogna cogliere il nesso, la ragione del diverso atteggiarsi di tali rapporti nella melodia,
nell'armonia, nel ritmo propri di periodi
storici diversi. Altrimenti i suoni si disgregano, prevale il peso della loro risonanza fisica: si riducono a quella povera
cosa che sono le vibrazioni d'aria scisse
dal centro spirituale che lc ha originate.
Vedete, ad esempio, l'estasi negli ascoltatori di una melodia di Bellini o di Chopin,
oppure il vigore del pathos heethoveniano
o verdiano perfettamente aderente al respiro, allo sp.odo, al rilievo dell'espressione musicale stessa: e vedete lo stupore,
l'indifferenza, la noia dinanzi all'aerea vihrazione di melodie medioevali, dinanzi
alle rifrazioni ora sottili ora possenti del
contrappunto, che pur a parole viene riconosciuto il dominatore di un'arte multiforme come la polifonia, e cioè una vetta
raggiunta nella civiltà artistica d'Occidente.
E allora che dire di questi suoni senza
musica? Poichè semhra od è spezzata la
tradizione, che invece ancor ci tiene più
o meno saldamente avvinti al Romanticismo, si deve dunque dire che la musica,
rispetto al gusto moderno è talvolta l'arte
di oggi, più spesso l'arte di ieri, ma non
può essere più quella di un men vicino
passato? La musica sconterehhe dunque
la sua maggiore efficacia sentimentale con
il più compiuto dissolvimento di se stessa,
non appena il filo della tradizione si spezzi oppure rimpicciolito dall'uso si rifonda
nel canapo di una tradizione più recente?
Fra tutte le arti, la musica è dunque
l'unica che si possa dire «senza storia»,
se storia heninteso vuoI significare coscienza e attualità di vita, ossia presenza
spirituale? Che la musica, in confronto
alle altre arti, non possegga quindi c l a s s i c i s m o, nel senso deteriore di canone
accademico è una constatazione che allieterà ognuno: il guaio è che la musica non
possiede nemmeno una sua particolare
c l a s s i c i t à, nel senso hen più alto
di un persistere nel gusto moderno di valori universali, di punti di riferimento costanti perchè il gusto moderno a quella
non si ribella violentemente, ma rimane
con atteggiamento se mai incline ad una
moderata ironia, o di pacata indifferenza.
Ma può esistere davvero una c l a s s i c i t à della musica? o la hreve tradizione
dal Romanticismo in poi s'è affermata
proprio come irrimediahile distruzione di
una c1assicità anteriore, il cui significato
è per noi definitivamenté perduto?
Strano contrasto, o piuttosto saggio
compenso della storia. Dal seno del Romanticismo stesso sorge il desiderio di
musicali terre lontane e s'inizia quel movimento di ricerca che ha generato e che
ha conseguito mirahili risultati, frutto di
tenaci sacrifici, -d i una quasi testarda volontà di ritrovare un senso vitale nell'inerte schematismo di segni poco allettanti
nel loro stesso paleografico ermetismo.
Una voce sola, forse, quella di un
profondo studioso della 'musica medioevale, J acques Handschin, si è levata contro i pericoli che possono derivare da
un'eccessiva audizione di musica del passato; c so hene qual sia l'intimo pensiero
che ha suggerito una cosÌ ardita riserva:
e cioè il timore che un ampliamento o un
approfondimento del gusto della musica
del passato avvenga ad imitazione dell'assolutezza di gusto che si è venuta for39
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mando per la musica dell'Ottocento e dun- fiducia davvero confortante nelle possique finisca per ostacolare la conoscenza di bilità di ricupero oggi più che mai raffor. noi stessi quale si manifesta nelle opere zate dal potentissimo ausilio dei dischi e
musicali contemporanee. Per cont9 nostro, della radio.
invece, di musica preromantica non se ne
N aturalmente, bisognerà evitare, il
farà mai abbastanza; non per dilettazio- senso q u a n t i t a t i v o di queste cone o vanità erudita, ma proprio allo scopo noscenze che, ammassate materialmente,
di conoscere noi stessi, come sempre de- finirebbero per darci soltanto il senso di
sideriamo quando vogliamo rifare nostra un'irrimediabile malinconia sorgente dalla
la vita multanime del passato. Poichè al- coscienza della nostra pretesa decrepitezcuni pensatori contemporanei affermano za di moderni, di ultimi arrivati. La moche l'esistenza non è che il tempo divenuto dernità, la novità dell'atteggiamento come
concreto, la nostra intera concretezza o implicita premessa del nostro vivere stescompiuta realtà di musicisti non si attin- so dev'essere la spirituale comprensione
ge che superando i limiti di una pratica di queste musiche che celano una parte
o di un gusto parziali. Senza dire che di- di noi stessi. Per questo non s'ha da tesposizionj della musicalità moderna ci ri- mere come rinunzia il ritorno ad una conchiamano a libertà più antiche: bastereb- cezione veramente storica dell'arte, come
be ricordare, nel senso nuovo della libertà forma di vita: ossia innalzare la musica
delle parti, quel contrappunto linearmen- allo stesso compito di educazione della
te più fluido che si richiama a forze non letteratura e delle arti figurative in una
ancora vincolate alla fissità di un gusto tradizione di classicità ricolma di un prcarmonico sette-ottocentesco: e altri facili stigio ch'è la coscienza delle più alte possibilità umane.
esempi.
N el gusto musicale dei moderni, non
Così è ancor troppo presto temere che
l'approfondita conoscenza dell'arte musi- par vero, manca l'ansia dell'ignoto lontacale del passato possa causare una steri- no, non per troppo amore di giovinezza,
lità creativa; e nemmeno, all' opposto, che .ma più semplicemente per quella pigrizia
possa essere un compenso di quelle pause che induce a ricantare sempre le stesse
proprie dei periodi di attesa tormentosa, melodie e a riascoltare gli stessi ritmi:
quando l'anima par sospesa nel presagio non si tema di ricostruire il passato, se
imminente di un genio che liberi nell'esat- si vuole che anche per la musica si riacquitezza del suo messaggio, non il segreto di sti il senso della sua verità. Antiquitas saeuna lambiccata novità, ma la lettera chia- culi, juventus mundi è il detto di un sagra del suo stile, dico della sua arte uma- gio del passato, ma anche di tutti coloro
che vivono per lo spirito. Per le altre arti,
nissima.
Sulle difficoltà dell'esecuzione esatta e questo è da molto tempo ragione della
dell'interpretazione veritiera di voci spen- loro forza; quando sarà cosÌ per la mute da secoli si leggono del resto non di sica, anch'essa riavrà la sua storia.
rado dotte e vive parole di studiosi insiLUIGI RONGA.
gni che, nonostante tutto, mostrano una
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