LA PIANTA
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Fiorino P. Marone E., 20015/2016
Appunti di Lezione 2015/2016
STRUTTURA DELLA PIANTA
E
CENNI DI ORGANOGRAFIA
Appunti di Lezione 2015/2016
Figura tratta da: Bell and Bryan, Plant Form, Timber Press, London, 2008
Appunti di Lezione 2015/2016
LE FOGLIE
Le strutture fogliari sono la parte che le piante rinnovano con
periodicità tipica di ogni specie.
In base alla velocità di rinnovo, del fogliame,le diverse specie sono:
Caducifoglie, quando le foglie permangono da 3 a 6-7 mesi (pesco,
vite).
Semisempreverdi, quando le foglie (di un anno) cadono alla
successiva ripresa vegetativa (cratego).
Sempreverdi quando le foglie permangono 2 o più anni (30-36 mesi
per olivo-, 4-5 anni per abete).
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LE FOGLIE
Lungo il FUSTO o CAULE, in corrispondenza
dei NODI, si sviluppano le FOGLIE, dove
avviene la FOTOSINTESI.
Morfologicamente una foglia tipica consiste di
una LAMINA piatta, espansa, di un PICCIOLO,
allungato e di una base; quando il picciolo
manca la foglia si dice SESSILE.
Un sistema di NERVATURE, nel quale scorrono
i TESSUTI VASCOLARI della foglia, attraversa
la lamina secondo diversi modelli caratteristici.
Le foglie possono essere “guainanti”
(Monocotiledoni: cereali), cioè prive di picciolo,
intere e parallelinervie, e con la lamina
direttamente inserita sull’asse del fusto, in modo
da impiantarsi su di esso con larga base,
versando nel caule stesso un numero
considerevole di fasci.
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LE GEMME
Lungo l’asse, all’ascella delle foglie o all’apice del fusto, si formano tra le altre
GEMME a funzione vegetativa, le GEMME A FIORE, cioè gemme che sviluppandosi
danno origine a FIORI o INFIORESCENZE, in grado di generare il frutto, che contiene
il SEME, cioè la nuova pianta.
Nelle MONOCOTILEDONI e nelle DICOTILEDONI a CICLO ANNUALE, i processi
che portano alla formazione delle gemme a fiore sono “automatici”, cioè si
determinano quando la pianta ha raggiunto una determinata ETA’ DEL MERISTEMA,
o VOLUME DELLA CHIOMA, mentre, nelle SPECIE PERENNI, i processi che
portano alla formazione delle gemme a fiore, seppure largamente automatici, sono
fortemente controllati da stimoli ambientali ed equilibri endogeni nutrizionali od
ormonali.
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IL FRUTTO
Nelle ANGIOSPERME, dopo
l’IMPOLLINAZIONE, con la
FECONDAZIONE dell’OVULO e con
lo sviluppo dell’EMBRIONE si
accrescono anche i tessuti
dell’OVARIO (FRUTTO VERO) e,
talora, anche tessuti diversi localizzati
in prossimità dell’ovario stesso (FALSO
FRUTTO).
I frutti possono essere classificati in
funzione della struttura, forma e
Figura tratta da: Fabbri, Produzioni vegetali, Calderini, 2001
dimensioni, in genere molto variabili tra
le diverse specie.
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IL FRUTTO
Sono frutti veri il BACCELLO delle Leguminose, che contiene il seme (fagiolo), la
BACCA del pomodoro e della vite, la DRUPA del pesco e dell’olivo.
Sono falsi frutti la mela, la pera e la fragola.
Nel caso dei cereali (grano) il frutto è riunito in infruttescenze (pannocchie o spighe)
ed i semi sono chiamati cariossidi.
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IL FRUTTO
In alcuni tipi di frutti (nocciolo e castagno) il frutto (NUCULA) indeiscente, non è
direttamente commestibile ma contiene la parte edule, genericamente identificata per
il seme con il nome di FRUTTA SECCA.
Alla categoria della FRUTTA SECCA possono appartenere semi originati da diversi
tipi di frutto:
NUCULA (nocciolo, castagno, anacardio e macadamia);
DRUPA (noce e mandorlo);
BACCELLO (arachide)
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LE PIANTE ERBACEE
Si considerano PIANTE ERBACEE tutte quelle prive di
accrescimento CAMBIALE (SECONDARIO).
Il loro ciclo vitale si esaurisce in una stagione di crescita (il mais si
semina a maggio e si raccoglie ad ottobre, arrivando “da seme a
seme”), o in due stagioni di crescita (colza e barbabietola da
zucchero, che si semina da marzo alla tarda estate, fiorisce nella
primavera successiva e si raccoglie all’inizio dell’estate dell’anno
seguente), oppure, nei Paesi a clima equatoriale, alcune specie
crescono continuativamente per 16-20 mesi, prima di produrre
l’infiorescenza e la fruttificazione (banano, ananas).
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LE PIANTE ERBACEE
In questo gruppo ricade la maggior
parte delle piante coltivate, che
forniscono semi, frutti o altre parti
di pianta, utilizzabili
nell’alimentazione.
Come si nota in figura, è possibile
utilizzare l’accrescimento
“anomalo” di radici, fusto, foglie,
gemme e fiori per ottenere prodotti
Organi metamorfosati che
possono dare origine a
prodotti per l’alimentazione
alimentari.
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LE PIANTE ERBACEE
In questi modelli, dopo l’induzione antogena
la pianta inizia a morire,autodistruggendosi e
convogliando verso il seme tutte le risorse
esistenti nelle diverse parti della pianta (dalle
radici, dal fusto e dalle foglie).
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LE PIANTE ERBACEE
In alcuni casi le parti di pianta che sono
utilizzate come deposito di queste
sostanze destinate a finire nel seme, sono
utilizzate per l’alimentazione umana ed
animale prima che il ciclo vitale della
pianta si esaurisca.
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LE PIANTE ERBACEE
Quando si consumano le carote (radici) o quando si
gustano delle foglie di lattuga, si consumano quegli organi
che naturalmente sono dei veri e propri depositi destinati
al nutrimento e crescita dell’embrione con la formazione
del seme, arricchito di nutrienti di riserva che permettono
alla nuova piantina di germogliare ed affrontare la prima
fase della crescita autonoma.
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LE PIANTE ERBACEE
Si utilizzano le RADICI delle seguenti specie:
RAPA e tutte le specie correlate (alimentazione umana
ed animale);
CAROTA ;
BARBABIETOLA DA ZUCCHERO (dalla quale si
estraggono i succhi cellulari);
MANIOCA (utilizzata cotta nell’alimentazione umana,
e industrialmente per l’estrazione dell’amido, l’amido
di TAPIOCA);
BATATA (la patata dolce o patata americana, radice-
tubero utilizzata nell’alimentazione umana).
Nelle piante la loro funzione è quella di accumulo di
Figura tratta da: Fabbri, Produzioni vegetali, Calderini, 2001
Organi metamorfosati che
possono dare origine a
prodotti per l’alimentazione
riserve, che dovrebbero sostenere la successiva
fioritura e formazione del seme.
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LE PIANTE ERBACEE
Sono strutturalmente assimilabili ai FUSTI:
TUBERI (patata);
RIZOMI (ginger).
In questo caso le strutture del fusto assumono una duplice funzione:
1) di accumulo di sostanze di riserva;
2) di moltiplicazione della specie.
Infatti il RIZOMA ed il TUBERO sono le parti di pianta normalmente utilizzate anche
per la “semina”.
Figura tratta da: Fabbri, Produzioni vegetali, Calderini, 2001
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LE PIANTE ERBACEE
FUSTI e FOGLIE METAMORFOSATI danno origine a vari tipi di BULBI (aglio, cipolla).
Il carciofo è un FIORE del quale consumiamo i petali, ed i “cavolini di Bruxelles” sono delle GEMME
anormalmente sviluppate su un fusticino di cavolo.
La maggior quantità di prodotti alimentari consumati proveniente da piante erbacee deriva dall’uso
del FRUTTO (banana-Musacee; pomodoro, peperone, melanzana-Solanacee; melone, zucchina,
zucca-Cucurbitacee) o dall’uso del SEME con i propri involucri (cereali-Graminacee; legumiLeguminose; girasole-Asteracee; colza-Crucifere).
Figura tratta da: Fabbri, Produzioni vegetali, Calderini, 2001
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ESEMPI DI PARTI DI PIANTA UTILIZZATE A SCOPO ALIMENTARE
RADICI: CAROTA (fittone ingrossato); RAPA
e BIETOLA (da orto); RAVANELLO (ipocotile ingrossato); MANIOCA,
BATATA
FUSTI: CANNA DA ZUCCHERO
FUSTI METAMORFOSATI:
RIZOMI: GINGER (ZENZERO)
TUBERI: PATATA
RAMI: ASPARAGO (giovani germogli)
FOGLIE: RAPA (lamina fogliare); TE’ (foglie e germoglio apicale, apice del germoglio); FINOCCHIO E SEDANO
(picciolo e guaine fogliari); LATTUGA, BASILICO e SPINACIO (lamina fogliare); PORRO (lamine fogliari ingrossate)
GEMME: CAVOLINI DI BRUXELLES (gemme ascellari)
FIORI: CARCIOFO (ricettacolo del fiore e capolino); CHIODI DI GAROFANO (boccioli fiorali e gambi); CARCADE’
(calici); BROCCOLI (infiorescenza metamorfosata), CAPPERO (boccioli fiorali)
FRUTTI: ZUCCHINA (ovario appena fecondato); BANANA, POMODORO, PEPERONE, MELANZANA, MELONE,
ZUCCA, OLIVO, VITE, MELO, PERO, PESCO, MANGO)
SEMI (CON I PROPRI INVOLUCRI): CEREALI, LEGUMI, GIRASOLE, COLZA, CAFFE’, CACAO
BULBI (FUSTI E FOGLIE METAMORFOSATI): CIPOLLA, AGLIO
FASCI FIBROVASCOLARI: ZUCCA SPAGHETTO
CORTECCIA: CANNELLA (corteccia dei rami dell’anno)
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LE PIANTE ERBACEE
Fiore di zucchina con frutto in formazione (ovario ingrossato)
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LE PIANTE ARBOREE
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LE PIANTE ARBOREE
Delle specie arboree per l’uso dell’alimentazione dell’uomo (cibi e
bevande) si utilizzano pressoché esclusivamente il FRUTTO (olivo,
vite, pesco) o il SEME (caffè, cacao).
Eccezioni:
Nel tè si utilizzano gli apici dei germogli e le giovani foglioline.
Per la preparazione della cannella si utilizza la corteccia dei rami
dell’anno.
Per chiodi di garofano e carcadè i boccioli fiorali.
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CICLO VITALE DI UNA PIANTA
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CICLO VITALE
Una pianta che nasce da seme
(linea blu) cresce aumentando il
volume della chioma (fase
giovanile); la massa vegetativa
matura e, dopo un certo numero di
anni, inizia a produrre (linea
rossa), e raggiunge il massimo
della produttività, con il volume
della chioma in equilibrio con
l’ambiente. La produzione non
rimane costante, ma oscilla tra gli
anni, in relazione alla specie
(alternanza).
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Semenzali di vite
Figura da: Manzoni
La vite da seme, sviluppa con due cotiledoni (opposti) ed una prima serie di foglie con fillotassi
spiralata (2/5).
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La fase giovanile è contraddistinta da cambiamenti metabolici e
morfologici per presenza di spine, struttura del fusto, dimorfismo
nella forma delle foglie; diapositiva precedente: vite; sotto: passiflora
con foglie giovanili intere.
Figura da: Manzoni
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LE PIANTE ARBOREE
INVECCHIAMENTO (AGING): è il
raggiungimento ed il mantenimento di
stati (morfologici, fisiologici) successivi
(trascorrere del tempo).
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LE PIANTEARBOREE
SENESCENZA: è il decadimento
funzionale di organi o tessuti che porta
ad un decremento degli accrescimenti e
della vitalità delle piante.
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Alternanza di produzione
Nelle piante arboree esiste un equilibrio tra crescita e
fruttificazione, equilibrio che naturalmente ma con meccanismi
diversi, funziona come salvaguardia della singola pianta, che dopo
una annata di elevata produzione riduce quella dell’anno successivo.
Il fenomeno è noto come alternanza.
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Alternanza di produzione
Tra le specie arboree la vite (es. linea azzurra) è poco
alternante, il pistacchio (es. linea rossa) risulta estremamente
alternante.
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LE PIANTE ARBOREE
Le piante arboree sono caratterizzate dalla presenza di
un meristema secondario (CAMBIO) che ne permette
anche la crescita trasversale.
Nelle piante arboree esiste una specializzazione delle
funzioni, con il fusto delegato a crescere in altezza ed
occupare lo spazio, e le ramificazioni destinate invece a
portare gli organi fiorali.
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Figura tratta da: Baldini, Arboricoltura generale, Clueb, Bologna, 1988
Lo SCHELETRO di una pianta arborea è
costituito dal FUSTO (prolungamento
dell’apice vegetativo primario) e dalle
BRANCHE.
La struttura del fusto può essere fortemente differenziata e può dare origine a 2 forme, architettonicamente
differenti: l’ALBERO ed il CESPUGLIO.
Nel caso dell’albero il MERISTEMA PRIMARIO continua ad accrescersi in altezza, mentre nel caso del
cespuglio l’accrescimento sia in altezza che in larghezza è affidato alle RAMIFICAZIONI.
Qualora per cause naturali o ad opera dell’uomo il fusto venga “troncato” (privato della cima) prende il nome
di TRONCO, ma si tratta di una suddivisione terminologica “artificiale”.
Nelle specie arboree esiste un terzo raggruppamento a portamento LIANOSO, caratterizzato dall’assenza di
un fusto il cui compito è quello di occupare stabilmente lo spazio. Tra le specie coltivate appartiene a questo
gruppo la vite.
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Figura tratta da: Fregoni, Viticoltura di qualità, Phytoline, Affi (VR), 2005
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La vite è una pianta a portamento lianoso; il tronco non acquisisce mai la capacità di
sostenere la pianta, ma serve (solo) a raccordare la vegetazione all’apparato radicale
E’ con i cirri che riesce ad abbarbicarsi a strutture solide e tronchi di arbusti ed alberi, innalzandosi verso la
luce.
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LE PIANTE ARBOREE
Sono a portamento arbustivo
il nocciolo e l’olivo; sono a
portamento arboreo il
castagno, il pero, il ciliegio, il
noce.
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LA STRUTTURA DELLA CHIOMA
La chioma è articolata in branche principali,
secondarie, terziarie e così via.
Le branche principali insieme al tronco
costituiscono lo scheletro, la struttura
permanente dell’albero, secondo modelli
variabili in funzione della forma di allevamento
adottata.
Figura tratta da: Fiorino P. (a cura di), Olea.
Trattato di Olivicoltura. Edagricole, 2003
Nelle diverse forme di allevamento si
considerano parte permanente della struttura le
branche secondarie, mentre quelle dalle terziarie
in poi vengono periodicamente rinnovate
attraverso la potatura.
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Sezione mediana di una gemma (ibernante) di vite
Nelle piante arboree i complessi
gemmari risultano molto
articolati, con gemme principali
(ibernanti nelle specie delle zone
temperate) e diverse tipologie di
sottogemme, in genere come
salvaguardia da danni alla
gemma principale (vite, melo) o
specializzate a fiore (pesco).
Figura da: Manzoni
Al momento della schiusura, la struttura gemmaria si presenta così
organizzata: al centro l’asse principale, con evidenti formazioni a frutto,
ai due lati le gemme di controcchio.
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Zona di attività
meristematica
a funzione definita
Zona di attività
meristematica
Apice principale
Figura da: Manzoni
Zona di attività
meristematica
Apici laterali
MIDOLLO
Zona di allungamento
Schema della formazione di un
asse gemmario
In vite, all’atto della formazione del complesso gemmario, l’apice meristematico
centrale (principale), deposita lateralmente, in posizione quasi opposta, meristemi
diversi, dei quali uno a funzione definita (cirro o grappolo), ed uno a funzione
indefinita, destinato a reiterare il ciclo.
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COMPLESSI GEMMARI NEL PESCO
Figura tratta da: Baldini, Arboricoltura generale, Clueb, Bologna, 1988
Più semplice può essere considerato il
sistema di gemme ascellari nel pesco, ove
in corrispondenza di ogni nodo possono
esistere tipicamente solo due gemme
laterali a fiore ed una gemma centrale e
legno, destinata cioè a produrre un nuovo
ramo.
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GEMMA MISTA NEL MELO
Figura da: Fundamentals of Temperate Zone Tree Fruit Production
Edited by J. Tromp, A.D. Webster and S.J. Wertheim,
Backhuys Publishers, The Netherlands, 2005
Più semplice può
INFIORESCENZA (CORIMBO)
NEL MELO
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COMPLESSO GEMMARIO
IN OLIVO
Foto by E. Marone
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Sul fusto e sulle branche possono esistere anche altre
tipologie di gemme:
-GEMME LATENTI: sono così definiti quei primordi
gemmari che proseguono all’interno della corteccia
provenendo da sottogemme, e che sono in grado di
schiudere e dare origine a nuova vegetazione anche molti
anni dopo la loro formazione.
-GEMME AVVENTIZIE: sono così definiti quei
primordi gemmari che si creano in modo autonomo in
zone della corteccia nella fascia esterna ai tessuti cambiali
a partire da singole cellule (cellule madri) in grado di
sdifferenziarsi per dare origine ad un nuovo meristema
Figura da: Baldini, Arboricoltura generale, Clueb, Bologna, 1988
vegetativo indipendente da quello primario delle gemme
principali. La loro origine è denunciata dalla mancanza di
collegamento con i tessuti interni del legno.
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POLLONI E SUCCHIONI
I POLLONI sono rami che emergono dal
I SUCCHIONI sono rami a legno vigorosi,
terreno e provengono dalle radici o dalla
inseriti sulle branche o sul fusto e
zona del colletto. Nella figura un albero di
provengono da gemme latenti o avventizie.
ciliegio circondato da abbondanti polloni
alla base del fusto (mancanza L1)
Figure da: Baldini, Arboricoltura generale, Clueb, Bologna, 1988
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Forme indefinite e forme definite
 Nei modelli architetturali più semplici il meristema
vegetativo apicale, invecchiando, differenzia a fiore e la
pianta fruttificando muore (mais, banano). Lo spostamento
della funzione riproduttiva dall’apice vegetativo alle
gemme laterali (Palme) permette di avere unità poliennali.
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Forme indefinite e forme definite
 Una terza tappa nella evoluzione delle strutture si
determina quando sia il meristema apicale che quelli
primari laterali mantengono la funzione vegetativa,
demandando a successive vegetazioni la funzione
riproduttiva: questo permette la creazione di grosse unità,
arboree quando compare il cambio.
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Forme indefinite e forme definite
 In alcune specie erbacee (pomodoro, soia, fagioli, pisello)
le forme primitive appartengono a questo terzo gruppo, e
per la coltivazione richiedono strutture di sostegno;
naturalmente e per effetto della selezione operata per
adattare le piantagioni alla meccanizzazione, sono presenti
e prevalenti forme “definite”, con meristemi laterali ed
apicale che “fioriscono”, terminando la crescita.
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L’apparato radicale delle piante arboree
 L’apparato radicale è
perenne, destinato a
rimanere decenni.
Esistono diverse tipologie
di radici, in relazione alla
loro funzione.
 Supporto (strutture
principali)
 Traslocazione (di diametro
intermedio ma
permanenti)
 Di assorbimento
(capillizio, rinnovato con
cicli di giorni o settimane)
 Di esplorazione
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Figura tratta da: Baldini, Arboricoltura generale, Clueb, Bologna, 1988
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Figura da: Baldini, Arboricoltura generale, Clueb, Bologna, 1988
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Figura da: Baldini, Arboricoltura generale, Clueb, Bologna, 1988
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Figura da: Baldini, Arboricoltura generale, Clueb, Bologna, 1988
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RAPPORTI DI COMPETIZIONE
NEGLI ALBERI
(pozzo = sink)
(sorgente = source)
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Crescita e
Rapporti di competizione
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Figura da: Fundamentals of Temperate Zone Tree Fruit Production
Edited by J. Tromp, A.D. Webster and S.J. Wertheim,
Backhuys Publishers, The Netherlands, 2005
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CO2
Schema delle relazioni in
piante di vite
Luce
Apparato
aereo
Frutti
Semi
H2O
Apparato
radicale
Fe++
P
H2O
N
Zuccheri
LEGENDA:
In rosso: elaborati
foglie
In blu: elaborati radice
Una pianta da frutto può essere
immaginata come un triangolo
ai vertici del quale si possono
porre la crescita vegetativa, la
crescita radicale e la crescita
dei frutti. Per i fotosintati si
crea un rapporto di
competizione tra la chioma
(che deve alimentare la propria
crescita), i frutti che debbono
crescere e maturare e le radici
che debbono crescere e
assorbire (fabbisogno
energetico). La gerarchica che
ne consegue è chioma >
frutto> radice, anche se talora
il frutto diviene prevalente.
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Sorgenti e pozzi
(sources e sinks)
primari
SOURCES = SORGENTI:
Foglie
Grappoli
Riserve
SINKS = POZZI:
Radici
La sorgente (source) principale è rappresentata dalle foglie e la traslocazione a lunga
distanza dei fotosintati prodotti dalle foglie mature alle zone dove sono utilizzati per la
crescita o accumulati per successivi usi, avviene attraverso il floema.
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Apici
SINKS = POZZI:
Foglie giovani
Frutti
Semi
RISERVE
SOURCE
Riserva funzionale
Apici
radicali
Nel tronco e nelle radici si possono accumulare
importanti quantità di fotosintati (riserve funzionali),
che possono essere utilizzate per sopperire a deficienze
nutrizionali (defogliazione improvvisa), e sostenere la
prima crescita dei germogli e dei grappolini.
Sorgenti e pozzi
(sources e sinks)
funzionali
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SORGENTE
POZZO
Sorgenti e pozzi
(sources e sinks) con
sfasamenti temporali
Nelle foglie in sviluppo, la necessità di carboidrati supera la capacità fotosintetica ed
esse sono sinks rispetto alle foglie mature; crescendo il germoglio (e le foglie) man
mano i sinks si spostano con la formazione di foglie nuove e il complesso di foglie
mature continua ad alimentare la crescita, con il surplus che può essere utilizzato dai
frutti ed in progressione, dalle radici e dalle riserve. Seme>frutto>apice vegetativo =
foglia > radici > riserve.
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Figura tratta da: Fiorino P. (a cura di), Olea.
Trattato di Olivicoltura. Edagricole, 2003
Fig. 18.4 Rappresentazione schematica del ciclo biennale di fruttificazione in
olivo
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