Viva la vita (anche la mia). La straordinaria storia di Danilo Ferrari

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24/4/2014
Viva la vita (anche la mia). La straordinaria storia di Danilo Ferrari - Panorama
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Viva la vita (anche la mia). La straordinaria storia di
Danilo Ferrari
Non parla, non emette suoni, non utilizza le mani. Ma riesce a scrivere con gli occhi. E ha
scritto il suo primo libro: Il coraggio è una cosa
23-04-2014
15:00
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Danilo Ferrari, 29 anni, affetto da tetraparesi spastico-distonica. Laureato in scienze dell’educazione a
Catania, è giornalista e attore.
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DANILO FERRARI PANORAMA IN EDICOLA
Lui la guarda e lei traduce. Ogni parola? "Parola per parola. Ho tempo, tanto tempo. Il tempo è una
grande ricchezza". Non sbaglia mai? "Quando non capisco una parola, lo aspetto. Poi vado avanti".
Forse un giorno potrebbe stancarsi... "Adesso sono io che ho bisogno di lui. Oggi Danilo ha 29 anni.
È dalla scuola superiore, da quando ho cominciato a prendermi cura di lui, che non riesco a
staccarmi". Maria Stella trova le chiavi per aprire a Danilo le porte della comunicazione e spazza via
del tutto l’idea che lui sarà per sempre l’unico custode dei suoi pensieri. Questa chiave è il tempo.
Danilo chiedeva solo questo. Il tempo di trasformare quegli sguardi in parole, in sentimenti limpidi, in
emozioni, in incazzature, in battute ironiche, in apprezzamenti, in poesie, in articoli di giornale, in un
libro.
Maria Stella Accolla, insegnante di sostegno alla scuola Lombardo Radice di Catania, dice che Danilo
Ferrari, affetto da tetraparesi spastico-distonica che gli impedisce qualsiasi movimento e
comunicazione, è uno spasso. Uno spasso? "Sì, uno spasso. Legga qui cosa ha scritto ai suoi lettori
della rivista San Francesco patrono d’Italia: “Non vi incupite lettori, dopo tutto potrei essere anche
cieco o sordo”".
Danilo non parla, non emette suoni, non utilizza le mani. Danilo scrive con gli occhi, Maria Stella gli
presta il braccio: "A 5 anni mi sentivo come un cavaliere con la sua armatura fatta di cinghie e aste
rigide". A 9 anni non riusciva a trattenere la saliva, però una vita con l’impermeabile non sapeva
pensarla: "Ma ve la immaginate una vita con l’impermeabile?". Dice che è stato lui a convincere
mamma Adele ad autorizzare l’intervento: "Era ancora in via di sperimentazione e per farlo dovetti
andare in Francia. Andò bene". A casa di Danilo non ci sono impermeabili. "Non sono guardabile?
Dite: non sono pronto per il mio debutto in società?".
A Catania su una sedia a rotelle da 29 anni, la medicina esce sconfitta e smentita. Ai genitori
avevano detto: dimenticatelo, pensatelo come un mai nato, vivrà pochi anni. E invece Danilo è
l’ennesimo "nato due volte". Qui i luminari vengono stracciati da un diploma, da una laurea in scienze
dell’educazione che mamma Adele, insieme al compagno Alfio e alla nonna Naris, tiene appesa come
un capolavoro sulla parete di casa: "Il giorno in cui si è laureato con una tesi sulla filosofia antica, un
docente si è avvicinato a Danilo e gli ha detto: “Sappi che non ti abbiamo regalato nulla. Te lo sei
http://scienza.panorama.it/Storia-Danilo-Ferrari-Catania
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meritato”".
Danilo ha due fratelli che si chiamano Narayen e Sathya di 24 e 19 anni. Il padre se n’è andato
quando era piccolo, poi è arrivato Alfio, adesso compagno di mamma Adele. È stato Alfio a
ristrutturare il bagno: "L’ho fatto a misura per Danilo e per la sua sedia". Danilo non ha due gambe
ma quattro ruote. La sua è una lingua rara: "È fatta di segni trasmessi con gli occhi". Per Danilo è solo
una lingua essenziale: "Pensate a quanti sordi parlano, a quanti ciechi leggono con le dita. In fondo
l’elemento che ci accomuna è, nella sua semplicità, la voglia di comunicare". E per comunicare a
Danilo possono bastare dieci parole: "Poche, chiare, semplici. Chi parla tanto di solito ha poco da
dire. Pensate invece ai cani". Da piccolo avrebbe voluto essere un cane: "Esprimono tanti pensieri
che non possono diventare parole, come me".
Non poteva scrivere e ha scritto un libro, non poteva parlare e ha recitato a teatro, non muoveva le
gambe e ha giocato a calcio. E sempre mamma Adele ricorda che Danilo ha fatto pure da arbitro di
calcio: "Al solito dalla sua sedia a rotelle". Arbitro? "Sì, arbitro". E forse anche questo sarebbe stato
un primato: il primo arbitro a non essere insultato. Maria Stella è convinta che se lo avessero fatto,
Danilo avrebbe sospeso la partita e che con lo sguardo al posto del fischietto avrebbe ammonito. E
per espellere? A questo ci hanno pensato Piero Ristagno e Monica Felloni, fondatori e attori della
compagnia teatrale Néon di Catania. Piero e Monica hanno insegnato a Danilo il linguaggio del corpo:
"Giorno dopo giorno, ogni volta che Danilo usciva da scuola e veniva alle prove lo prendevamo dalla
sua sedia, lo rotolavamo – con delicatezza – di qua e di là, e poi insieme a lui stavamo a terra, a
guardare. Sa che Danilo scrive pure?". Cosa? "Pensieri". Come Pascal? "Eccone uno: L’errore
consiste proprio nel pensare a un’unica verità". Piero, che li ha raccolti in un libro che uscirà a breve
per le edizioni Néon dal titolo Il coraggio è una cosa, anticipa che c’è di tutto: la malattia, il suo
rapporto con gli altri, perfino la crudeltà dell’umanità intera. "E sapete che Danilo è il protagonista
dello spettacolo?". Anche lo spettacolo si chiama come il libro e lo mettono in scena sempre Piero e
Monica insieme alla loro compagnia, che è fatta da ragazzi down, sensibili, anche se loro preferiscono
chiamarli "i singolari". Danilo invece chiama Piero e Monica "i traghettatori" e Stella, anzi Stellina, la
"traghettatrice". E con Stella si parlano a occhiate, che è il linguaggio dell’empatia e degli amanti,
come il piano è appendice del pianista: "Mi sono lasciata trascinare dal desiderio di sentirlo
raccontare". Maria Stella viene ogni giorno: "Appena finisco da scuola, iniziamo a leggere e scrivere".
Solo a Maria Stella, dopo la madre, Danilo ha concesso il privilegio di imboccarlo. E per mamma Adele
Maria Stella è grande quanto uno Stato, un’istituzione. Chiedo delle altre istituzioni. Adele non ha visto
altre istituzioni: "Me la sono dovuta vedere io. E poi la scuola, certo. L’unica che ha favorito il suo
inserimento scolastico".
Fanno a gara a chi gli toglie più parole, più pensieri e Piero che è drammaturgo ma anche poeta ogni
volta di fronte a Danilo perde l’ispirazione, dice che si sente spoglio: "Per me è un corpo intero che
parla parole. Parole che restano piombate nel cuore". La mamma racconta che da bambino si
metteva a giocare con i numeri: "Si faceva disporre la sedia di fronte a un orologio da parete, poi
immaginava di scrivere i numeri nell’aria utilizzando una penna e dialogava con l’orologio". A Danilo il
maestro della pittura Piero Guccione, che secondo Leonardo Sciascia nelle sue tele era riuscito a
fermare il tempo, ha donato uno dei suoi quadri azzurri ed è come se avesse portato il mare in questa
casa.
Piero, Monica, Maria Stella, Adele si sono passati il testimone come in una staffetta, poi si è aggiunta
anche Maria Elena, la compagna di scuola dell’adolescenza. Lei dice: "Ci siamo aggrappati". Lui
scrive nel suo libro: "Un giorno nefasto sentii il rumore dello schianto del mio cuore. I miei compagni
presero accordi per vedersi, io ero convintissimo che sarei stato uno di loro, invece non fu così". Lei
diventa la nave che lo conduce fuori dal porto, lui l’ancora che la trattiene: "Danilo era diventato il mio
confidente, un custode". Un po’ come La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano? "È tra i libri
preferiti da Danilo" risponde Piero. Un giorno Aldo, maestro alle elementari di Danilo, gli ha perfino
regalato due gambe. Lo prese sotto le ascelle e gli fece tirare calci a un pallone. Danilo lo ringraziò:
"Che stupenda sensazione riuscire a fare qualcosa con le proprie gambe". Lo faceva giocare anche
quando fuori pioveva: "Nello spazio davanti all’ingresso della scuola". Le gambe di Danilo sono di
ferro, plastica e legno. Danilo le custodisce gelosamente: "Le mie gambe sono la mia sedia, che è
parte di me".
Per Danilo, Concetta Lanza, direttrice della scuola superiore Lombardo Radice di Catania, ha
cambiato metodo d’interrogazione: "Ci siamo inventati le risposte multiple e un metodo infallibile". Per
dire sì, Danilo guardava verso l’alto, per dire no, bastava scuotere la testa. E poi? "Poi l’allenatore di
calcio, il maestro Marotta, lo ha portato con sé ogni settimana. Per tre anni. Così anche lui poteva
sentirsi parte del team". È finita che si è messo a scrivere di sport per il quotidiano La Sicilia. Come un
giornalista? "Certo, come un giornalista" risponde Alfio, che dopo il bagno gli ha costruito l’ufficio. E
Alfio adesso non sembra un padre ma la figura che racchiude tutti i padri, sembra Giuseppe con gli
arnesi e il legno, l’ufficio una culla: "Ha pure il puntatore ottico che lo aiuta a scrivere". Ma mamma
Adele dice che Danilo i pezzi preferisce dettarli a Maria Stella. Come una dimafonista?, chiedo. "A me,
veramente Maria Stella sembra un angelo".
Il direttore di San Francesco patrono d’Italia lo ha voluto come collaboratore. Lo ha chiamato e gli ha
chiesto: "Ti va di scrivere per noi?". Danilo ha accettato. Questo è l’inizio del suo primo articolo: "Io,
Danilo Ferrari, nato a Paternò (Catania) il 20 settembre 1984, non avendo nessuna intenzione di
commuovermi con le mie peripezie, voglio raccontarvi le mie avventure. Partiamo dal concetto di
tempo. Io il tempo non lo contavo in ore, bensì in minuti, in secondi. Ci pensate? Due ore passano
presto ma 120 minuti, 720 secondi, vissuti quasi secondo per secondo, sempre seduto, guardando gli
altri muoversi freneticamente...". Adesso all’Ordine dei giornalisti c’è una tessera da giornalista
pubblicista in più a nome Danilo Ferrari.
Maria Stella racconta che a Danilo piace leggere. Cosa legge? "Gesualdo Bufalino, Alda Merini,
Roberto Roversi. Il titolo del libro di Danilo viene dalle pagine di Roversi. Sa cosa faceva Roversi che
era libraio? Ogni volta che spediva un libro per congedarsi scriveva una piccola poesia e la infilava
http://scienza.panorama.it/Storia-Danilo-Ferrari-Catania
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dentro le pagine". Nel libro di Danilo ce n’è una, è di un anonimo cinese: "Non camminare davanti a
me/ potrei non seguirti/ non camminare dietro di me/ non saprei dove condurti/ cammina al mio fianco
e saremo sempre amici".
Danilo è da 29 anni che non parla, ma si scusa: "Perdonatemi: ho parlato troppo?".
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