08/05/2011 Il Trecento in Francia ARS NOVA FRANCESE Le innovazioni introdotte da Francone di Colonia e da Petrus de Cruce prepararono il terreno a quella fase, nella storia della musica, che in Francia venne definita della Ars Nova in opposizione al periodo precedente che d’ora in poi sarà definito della Ars Antiqua. Introno al 1300 nel pensiero musicale francese si verificò un grande mutamento. Venne introdotta la suddivisione binaria imperfetta accanto alla divisione ternaria perfetta che aveva dominato nei secoli precedenti. Ammettere che la duplicità potesse essere lecita quanto la ternarietà era una posizione di vago sapore ereticale, anche perché si riteneva che ogni scienza e arte umana traesse origine da Dio e che quindi ne dovesse rispecchiare l’immutabile perfezione. 1 08/05/2011 Uno dei più convinti assertori del principio che l’arte musicale potesse essere suscettibile di progresso era Johannes de Muris. Tra il 1318 e il 1321 de Muris (1295-1360) preparò cinque trattati che dedicò alle discipline del Quadrivium (aritmetica, astronomia, geometria e musica) uno dei quali riguardava la musica (si tratta del Notitia artis musice). A questi trattati ne aggiunse un altro nel 1322 che intitolò Compendium musice pratice. Questo invito fu accolto in particolare da Philippe de Vitry (1291-1361) un diplomatico al servizio del re di Francia che trasmise oralmente le sue teorie a degli allievi i quali le trascrissero in un trattato diviso in due parti: nella prima si espone il sistema della musica misurata così come era alla fine del XIII secolo, ed è denominata ars vetus; la seconda, espone le trasformazioni del sistema proposte da Vitry, ed è denominata Ars Nova (da qui il nome dato all'epoca appena aperta). 2 08/05/2011 Una pagina del trattato di Philippe de Vitry, intitolato Ars nova(1320), che ha dato il nome a tutta la polifonia trecentesca. Di fatto il sistema mensurale descritto da Vitry è solo un perfezionamento di quello apparso l'anno prima ad opera di un altro insegnante dell'Università di Parigi, Johannes de Muris. La principale novità dell'Ars Nova fu, come si diceva, la piena legittimazione del ritmo binario (imperfectus) accanto al ritmo ternario (perfectus): mentre l'ars vetus prevedeva tra le note solo un rapporto ternario e quindi solo misure "perfette" ternarie, l'ars nova ammise anche il rapporto binario e di conseguenza consentì l'adozione di misure "imperfette" binarie. La struttura definitiva del nuovo sistema quale apparirà codificato nel Libellus cantus mensurabilis attribuito a de Muris, prevederà 4 misure: tempo perfetto con prolazione perfetta tempo perfetto con prolazione imperfetta tempo imperfetto con prolazione perfetta tempo imperfetto con prolazione imperfetta. Si definisce tempo la divisione della breve in 2 o 3 semibrevi; si definisce prolazione la divisione della semibreve in 2 o 3 minime. 3 08/05/2011 Brevis = unità di tempo L’altra novità della Ars Nova è l’introduzione di segni indicanti la durata della battuta. Il cerchio indica il tempo perfetto, il semicerchio quello imperfetto, mentre la presenza del puntino indica la Prolatio perfecta, altrimenti imperfecta. 4 08/05/2011 Tempus perfectum Prolatio maior 9/8 Tempus perfectum Prolatio minor 3/4 Tempus imperfectum Prolatio maior 6/8 Tempus imperfectum Prolatio minor 2/4 Un’altra novità dell’Ars Nova è l’isoritmia Questo procedimento consiste nella ripetizione di uno schema melodico (detto color) e di uno schema ritmico (detta talea) a una melodia per lo più tratta dal gregoriano che funge da tenor nei mottetti. Questa ripetizione ritmica e melodia è detta isoritmia e i mottetti nei quali si trova applicata sono detti isoritmici. Esempio color talea 5 08/05/2011 color I talea talea II talea III talea ecc. I color II color III color Fra i primi ad adottare il procedimento dell’isoritmia troviamo Philippe de Vitry (1291 – 1361), compositore, teorico e musicista, nonché professore di Quadrivium all’università di Parigi. Alcuni mottetti a lui attribuiti si trovano nel poema satirico di Gervais de Bus intitolato Roman de Fauvel (dove Fauvel è l’acrostico dei vizi capitali: Flateritie, Avarice, Uilanie, Varieté, Envie e Lachete, ossia adulazione, avarizia, villania, incostanza, invidia, vigliaccheria) redatto fra il 1310– 14 ma ampliato da altra mano nel 1316. Questo mottetto, rigorosamente isoritmico e costruito secondo i canoni più razionali, dimostra anzitutto come il genere del mottetto fosse diventato un genere colto, riservato agli ambienti universitari; in secondo luogo come la totale mancanza di rapporto fra la poesia e la musica, derivi da una concezione scientifica del far musica, tipica del pensiero medievale: la musica è Ars nel senso di scienza musicale. 6 08/05/2011 Pagina decorata del Roman de Fauvel, 1310; n.b. il nome del protagonista, Fauvel, è l'acrostico dei vizi capitali: Flateritie, Avarice, Uilanie, Varieté, Envie, Lascheté Ars Nova – Analisi del tenor del mottetto isoritmico Garrit-Gallus di de Vitry 7 08/05/2011 Garrit Gallus – Talea Garrit Gallus – Color Questa melodia (che ricorre in altri mottetti di Ph.de Vitry) è chiamata Neuma Quinti Toni Musica .pdf Il tenor del mottetto Garrit Gallus è costruito attorno a un fulcro corrispondente a una pausa. Inoltre è palindromo. 8 08/05/2011 Nel mottetto in esame a ogni color (e in Garrit abbiamo due ripetizioni dello stesso color) corrispondano tre talee, secondo lo schema seguente: Musica .pdf Audio Simbologia animale in Garrit Gallus Enguerrand de Marigny (1260 – 1315) è stato un giurista francese, ministro di Filippo il Bello. E’ la volpe di cui si parla in Garrit Gallus. I galli sono i francesi Filippo IV di Francia, in francese Philippe IV (Fontainebleau, 1268 – Fontainebleau, 29 novembre 1314), fu re di Francia dal 1285 alla sua morte. E’ il Leone. 9 08/05/2011 Ars Nova francese GUILLAUME DE MACHAUT Guillaume de Machaut (1300-1305 / 1377) Guillaume de Machaut è certamente la figura più importante dell'Ars Nova. Caso forse unico, Machaut dominava sia l'arte musicale che quella letteraria e si serviva della prima per intonare i versi nati dalla seconda. In qualità di poetamusicista, Machaut ebbe un rapporto esclusivo con se stesso: a differenza dei suoi colleghi compositori, Machaut trovò ispirazione musicale solo nei testi da lui medesimo scritti e non nei componimenti altrui. Particolarmente ricche di suggestione sul rapporto musica e poesia sono due opere poetiche nelle quali la musica si inserisce direttamente nel contesto narrativo: il Remede de Fortune e il Voir dit. 10 08/05/2011 Remede de Fortune Composto attorno al 1342 è un trattato didattico in versi sull'amore e la fortuna. Nel corso del racconto i personaggi sono presentati nell'atto di cantare determinati componimenti musicali. Questo procedimento assai diffuso nella letteratura francese medievale, si arricchisce qui di un particolare certo non trascurabile: nei vari luoghi musicali del racconto, Machaut inserì nel testo i versi e la musica, anche polifonica, delle canzoni intonate dai protagonisti. La funzione primaria di questi pezzi è quella di comunicare espressioni d'amore. Voir Dit La musica diviene qui un momento di intensificazione dei sentimenti. La vicenda, scritta da Machaut intorno al 1360, narra la storia di una fanciulla, grande ammiratrice di Machaut, che gli inviò un rondeau. Il pezzo piacque al poeta che a sua volta ricambiò con l'invio di un suo rondeau. La giovane allora gli scrisse una lettera che segna l'avvio di una lunga corrispondenza e di un rapporto amoroso durante il quale i due, divenuti amanti epistolari, si scambiarono poesie di propria composizione. Machaut mentre scrive, da un manoscritto del XVI secolo Machaut ascolta il canto degli uccelli 11 08/05/2011 Machaut e amore Pagina del Remede de Fortune 12 08/05/2011 Le composizioni di Machaut, che adottano le forme tipiche di quel periodo, sono raccolte (spesso insieme ai componimenti poetici) in edizioni manoscritte particolarmente curate, a testimonianza della considerazione nella quale era tenuto dai suoi contemporanei. Si tratta di: ventitré mottetti sacri e profani (più un altro dubbio), quarantadue ballades (la struttura è quella della ballata francese) venti rondeau (rondò: dolce viso musica – Audio) trentatré virelais (è l’unico genere monodico è detto anche chanson balladée) diciannove lais e sette composizioni similari contenute nel Remède de fortune, due composizioni liturgiche: la Messe de Notre-Dame, a quattro voci (composta nel 1364. E’ la prima messa completa scritta da un solo autore, in un’epoca in cui le Messe erano formate da Introito, Graduale, Alleluja, Offertorio e Communio scritti da diversi autori) e un hoquetus (stile alternante note e pause). GLI OPPOSITORI 13 08/05/2011 Naturalmente le novità portate dall’Ars Nova conobbero molti oppositori: fra questi si citano Jacobus da Liegi che nel trattato Speculum musicae (1330) sosteneva che i valori più piccoli introdotti dagli ars novisti fossero solo un espediente grafico, ma che nella sostanza la loro musica non fosse più veloce di quella dei compositori del passato. Inoltre metteva in dubbio il fatto che la possibilità di alternare ritmo binario e ternario costituisse un arricchimento del discorso musicale. Il secondo oppositore fu papa Giovanni XXII che nella Bolla docta sanctorum patrum (1324/25) criticava la polifonia che non salvaguardava l’integrità del testo liturgico ma anche una funzione della musica che non fosse strettamente legata alle pratiche liturgiche. Polemiche: dalla bolla Docta sanctorum patrum di papa Giovanni XXII (1324-25) Alcuni discepoli di una nuova scuola, impegnando tutta la loro attenzione a misurare il tempo, cercano con nuove note di esprimere arie inventate solo da loro, a scapito degli altri canti che essi sostituiscono con altri composti di brevi e semibrevi e di note quasi inafferrabili. Essi interrompono le melodie, le rendono effeminate con l'uso del discanto, le riempiono a volte di triple e di volgari mottetti, in modo da giungere spesso a disprezzare i principi fondamentali dell'Antifonario e del Graduale, ignorando i fondamenti stessi su cui costruire, confondendo i toni senza conoscerli. La moltitudine delle loro note cancella i semplici ed equilibrati ragionamenti per mezzo dei quali nel canto piano si distinguono le note una dall'altra. Essi corrono e non si riposano mai, inebriano le orecchie e non curano gli animi; essi imitano con gesti ciò che suonano, cosicché si dimentica la devozione che si cercava e viene mostrata la rilassatezza che doveva essere evitata. In tal modo non intendiamo impedire che a volte e soprattutto nei giorni di festa, cioè nelle messe solenni e negli offici divini, si ponga sopra il canto ecclesiastico spoglio qualche consonanza che ne sottolinei la melodia, cioè lo si accompagni all'ottava, alla quinta e alla quarta o con consonanze dello stesso tipo, ma sempre in modo che l'integrità del canto stesso rimanga immutata, che nulla sia mutato nel ritmo corretto della musica e soprattutto che si soddisfi lo spirito con l'ascolto di tali consonanze e che non si permetta di intorpidire l'animo di coloro che cantano in onore di Dio. 14 08/05/2011 •Fra gli strumenti: arpa, salterio, liuto, gittern (vicino parente del liuto), e viella. •La viella (a sinistra) era uno strumento a cinque corde capace di riprodurre la scala guidoniana. Strumenti a fiato alla corte di re Charles V (1378) 15 08/05/2011 un organo positivo polifonia ARS NOVA ITALIANA 16 08/05/2011 LA MUSICA NELLA LETTERATURA… 17 08/05/2011 Il termine Ars Nova riferito all'Italia fu introdotto da uno studioso contemporaneo, il tedesco Riemann, il quale intendeva con esso sottolineare la notevole e per certi versi sorprendente fioritura di brani polifonici in Italia durante il XIV secolo. Tale fioritura risulta in effetti sorprendente per via del fatto che, prima di questa, l'Italia non sembra aver prodotto alcun esempio di musica polifonica. In realtà il problema è controverso in quanto fino al XV secolo i compositori italiani non registrano le loro composizioni mediante la notazione ma si limitano a comporre e a far circolare le loro opere per trasmissione orale. Non scritte sono le composizioni del Casella (? – Firenze 1299), musicista citato da Dante né d'altra parte risultano scritti i canti e le ballate che inquadrano le novelle del Decamerone del Boccaccio. La musica in Italia: fonte letteraria Boccaccio, Decamerone, I novella Le vivande dilicatamente fatte vennero e finissimi vini fur presti: e senza piú, chetamente li tre famigliari servirono le tavole. [106] Dalle quali cose, per ciò che belle e ordinate erano, rallegrato ciascuno, con piacevoli motti e con festa mangiarono. E levate le tavole, con ciò fosse cosa che tutte le donne carolar sapessero e similmente i giovani e parte di loro ottimamente e sonare e cantare, comandò la reina che gli strumenti venissero; e per comandamento di lei, Dioneo preso un liuto e la Fiammetta una viuola, cominciarono soavemente una danza a sonare; [107]per che la reina con l'altre donne insieme co' due giovani presa una carola, con lento passo, mandati i famigliari a mangiare, a carolar cominciarono; e quella finita, canzoni vaghette e liete cominciarono a cantare. 18 08/05/2011 …E NELLA PITTURA Andrea da Firenze, Giardino d'amore 19 08/05/2011 Giotto, Banchetto d'Erode Simone Martini, San Martino armato cavaliere – particolare 20 08/05/2011 Giotto, Presepe di Greggio Eppure il sistema musicale mensurale che vedrà la luce fra il 1318 e il 1326 per opera di un teorico italiano, Marchetto da Padova («maestro di canto» del Duomo di quella città, vissuto tra la fine del '200 e l'inizio del '300), sembra indicare la presenza di una pratica polifonica consolidata e soprattutto di numerosi e intensi contatti con la cultura musicale francese. In effetti non è un caso che Marchetto provenisse da Padova, centro di molteplici rapporti con l'ambiente francese in special modo all'interno dell'Università. Sappiamo infatti che studenti francesi frequentavano l'università veneta e sappiamo anche di insegnanti che a lungo soggiornarono - prima di iniziare i loro insegnamenti a Padova - a Parigi. 21 08/05/2011 Un episodio importante è rappresentato dall'apparizione, in una data imprecisata fra il 1318 e il 1326, del trattato di Marchetto da Padova intitolato Pomerium (Frutteto, titolo metaforico derivato da pomus, che significa 'melo'); che espone un sistema di notazione mensurale diverso da quello francese, più elaborato di quello franconiano ma meno progredito di quello di Philippe de Vitry. Rispetto a quest'ultimo il sistema di Marchetto, che rimarrà in uso nella polifonia italiana per i primi due terzi del secolo, si mostra meno razionale e organico, ispirato a criteri più pratici. imperfezioni perfezioni 22 08/05/2011 A Padova, oltre a Marchetto, visse Antonio da Tempo, che nel 1332 scrisse e dedicò ad Alberto della Scala Delle rime volgari, un trattato di metrica che codificò le principali forme poetiche del tempo, comprese quelle destinate ad essere musicate, ed acquistò grande autorità presso i poeti e i compositori. Una vera fioritura artistica della polifonia italiana è documentata solo a partire circa dal 1340. Nonostante il gran numero di musiche pervenute e ascritte a vari compositori, si trattò comunque di un'arte assai meno diffusa nella società di quanto non fosse quella francese, che, partita dalle università, aveva conquistato gli ambienti cortesi: l'ars nova italiana, praticata per lo più da ecclesiastici e da pubblici funzionari, limitò la sua circolazione a ristretti cenacoli di intenditori, mentre la musica preferita dagli ambienti mondani, quella delle «allegre brigate» della società cittadina italiana, a cui per esempio accenna Boccaccio nel Decameron, era monodica e consisteva in ballate, canzoni e danze strumentali, la cui musica è pervenuta in misura assai scarsa, giacché di norma la monodia non si metteva per iscritto. La prima zona di diffusione della polifonia italiana trecentesca è rappresentata da alcune città dell'Italia settentrionale, dove la nuova musica fu apprezzata dai rispettivi signori: Mastino II della Scala, di Verona, suo fratello Alberto, di Padova, e Luchino Visconti di Milano. E' fra queste città che si colloca l'attività dei primi arsnovisti: Jacopo da Bologna e Giovanni da Cascia (detto anche Iohannes de Florentia; Cascia è un villaggio presso Firenze), che fioriti verso la metà del secolo, disputarono a Verona gare musicali componendo musiche sugli stessi testi. 23 08/05/2011 Madrigale Durante questa prima fase dell'ars nova la forma più in uso fu il madrigale. L'etimologia della parola è incerta: forse deriva da «matricale», che significa «nella lingua madre»; meno probabilmente da «mandria» (quest'ultima etimologia, accreditata già nel '300, fa pensare a un genere di origine agreste e trova un riscontro nel carattere un po' rudimentale dello stile poetico e dello svolgimento polifonico dei più antichi madrigali, anonimi, risalenti ai primi decenni del secolo). Il madrigale era una forme fixe: a una serie di strofe di numero variabile (da due a quattro), formate da tre versi ciascuna, sulle quali si ripeteva la prima sezione musicale, seguiva il cosiddetto ritornello, formato da uno o due versi, su cui si cantava la seconda sezione musicale, piuttosto breve, spesso contrastante metricamente con la prima, perché si presentava con una diversa «divisio». I madrigali di Giovanni da Cascia e di Iacopo da Bologna hanno un carattere assai diverso dalla contemporanea musica francese: nei testi, lontani dai motivi lirici di tradizione cortese (che in Italia invece si ritrovano nella poesia del «dolce stil novo» e nelle ballate monodiche) e tendenti alla sentenziosità, talvolta alla satira, oppure alla descrizione naturalistica; e nella musica, che con la sua fluida e spontanea cantabilità, priva di complicazioni ritmiche e svolta attraverso un limpido fraseggio ben delineato dalle cadenze armoniche, trova nell'agile sistema ritmico-notazionale di Marchetto un interprete assai adatto; in particolare all'inizio e alla fine di ogni verso, vi sono melismi assai ricchi, tipici dell'ars nova italiana, mentre al centro, soprattutto in Giovanni da Cascia ci si avvicina allo stile sillabico (così il testo viene messo in particolare evidenza, diversamente da quanto avviene in Machaut). Il madrigale era solitamente a 2 voci; la voce inferiore, meno melismatica, tendeva ad assumere una funzione di sostegno armonico; la presenza di imitazioni fra le voci fa però supporre un'esecuzione totalmente cantata. 24 08/05/2011 musica Non al suo amante più Diana piacque, quando per tal ventura tutta ignuda la vide in mezzo de le gelide acque, terzina A ch'a me la pastorella alpestra et cruda posta a bagnar un leggiadretto velo, ch'a l'aura il vago et biondo capel chiuda, terzina A tal che mi fece, or quand'egli arde 'l cielo, tutto tremar d'un amoroso gielo distico B Petrarca, Canzoniere Audio 25 08/05/2011 Caccia Un altro rappresentante della prima generazione di musicisti dell'ars nova italiana è un certo Piero, probabilmente di origine veneta; se nei suoi madrigali si nota la progressiva applicazione di procedimenti canonici, coronamento della sua produzione sono le cacce con cui si inaugura questa forma, assai tipica del '300 italiano. La caccia è un pezzo a 3 voci, di cui le 2 superiori si svolgono a canone, mentre quella inferiore, chiamata tenor, ha carattere strumentale di sostegno; il termine è dovuto al fatto che i testi, di carattere descrittivo e onomatopeico, descrivono scene di movimento, come giochi all'aperto, mercati o, appunto, scene di caccia; straordinari risultano così gli effetti prodotti dal vivace rincorrersi delle due voci che si imitano e dalla varietà e dall'incisività dei ritmi, spesso frazionati in hoquetus (proprio in omaggio al suo scopo descrittivo, la caccia non è una forme fixe, ma si concede un andamento sempre libero e asimmetrico). 26 08/05/2011 Audio 27 08/05/2011 Firenze Cessato il regno di Luchino Visconti e di Mastino II della Scala, la fortuna dell'ars nova sembra interrompersi a Milano e a Verona, mentre a Firenze, poco dopo la metà del secolo, si assiste a un'abbondante fioritura di musica polifonica profana (tanto da avere indotto gli studiosi a ritenere, fino a poco tempo fa, che l'ars nova fosse un fenomeno tipicamente fiorentino, da riconnettere al «dolce stil novo»). Caratteristica precipua dell'ars nova fiorentina, intesa quasi come un trattenimento per pochi appassionati (fra l'altro fuori di Firenze essa ebbe scarsissima notorietà), era la riservatezza dovuta anche al fatto che in Italia quella musica costituiva ancora un fenomeno d'avanguardia, ed è interessante, a questo proposito, notare che i musicisti fiorentini, pur essendo quasi tutti degli ecclesiastici, si cimentarono assai raramente nella composizione polifonica di brani dell'Ordinario della Messa. 28 08/05/2011 Ballata I principali musicisti furono Gherardello da Firenze (morto nel 1362), Lorenzo Masini da Firenze (morto nel 1372), Vincenzo da Rimini, poco più tardi Donato da Cascia e Nicolò del Preposto da Perugia, autore anche di cacce. Francesco Landini o Landino (1325-1397), trasferì poi i contenuti lirici della ballata monodica nella ballata polifonica e successivamente passò, da 2, a 3 voci per accogliere la subtilitas e la complessità tecnica tipicamente francesi, pur rimanendo al di qua delle arditezze di Machaut. Nella sua produzione si nota la schiacciante prevalenza di questa forma: 140 ballate contro 10 madrigali. Quelle a 2 voci, ancora vicine all'ars nova italiana tradizionale, sono moderatamente melismatiche e prevedono l'intervento della voce umana anche per la voce inferiore, che talvolta imita quella superiore; quelle a 3 voci, più tarde, accentrano l'interesse melodico nella voce superiore (stile «a cantilena»), e come le opere di Machaut scritte nelle formes fixes presentano l'ouvert e il clos nelle terminazioni dei «piedi» e sono ricche di ricercatezze contrappuntistiche. Landino fu il più celebre musicista dell'ars nova italiana e fra i «fiorentini» l'unico ben conosciuto fuori di Firenze; cieco dalla nascita, più degli altri compositori sembra essersi dedicato alla musica come a una professione: fu valente organista, consulente per la costruzione e il collaudo di nuovi organi, poeta (nella tradizione fiorentina dello «stil novo», di Dante, di Petrarca) ed ebbe interessi filosofici (si sa di un suo soggiorno a Venezia, dove probabilmente scrisse mottetti). 29 08/05/2011 Altri atteggiamenti di ascendenza francese sono l'uso di testi diversi per le varie voci di uno stesso pezzo (in una ballata e in un madrigale a tre voci ), e l'isoritmia (in un madrigale ). Si nota nelle ballate, in confronto ai madrigali dello stesso Landino, una certa preferenza per gli intervalli armonici di terza e di sesta, in luogo della quarta e della quinta, che cominciavano a essere sentite come un poco dure e asciutte. Allo stesso gusto per una vaga dolcezza sonora, tinta di atmosfera elegiaca, corrisponde la celebre cadenza chiamata alla Landino perché egli fu il primo a usarla molto frequentemente: essa consiste nell'ornare il movimento cadenzante, comune nella polifonia medievale, della sesta che risolve sull'ottava, interponendo la quinta; come risultato si ha un settimo grado che prima di salire al primo scende al sesto, formando in quel momento col basso un intervallo di quinta, consonanza perfetta. La «cadenza alla Landino» sarà comunissima presso i maestri borgognoni del '400. 30 08/05/2011 Audio Mottetto Quanto al mottetto, si conoscono pochissimi esempi di compositori italiani: tre mottetti sono opera di Marchetto da Padova (uno fu scritto per la dedicazione della Cappella degli Scrovegni, nel 1305); uno è di Jacopo da Bologna, e si discosta dalla tradizione francese per l'uso di un tenor di nuova invenzione e senza isoritmia; altri sono poi frammenti di mottetti composti in onore dei dogi veneziani, anch'essi indipendenti dallo stile francese (onde si può supporre che l'Italia settentrionale abbia conosciuto nel '300 una fioritura di mottetti con caratteristiche tipiche, oggi perduti). 31 08/05/2011 Gli ultimi rappresentanti dell'ars nova fiorentina furono Andrea dei Servi (o Andreas de Florentia, morto nel 1415) e Paolo Tenorista da Firenze (morto nel 1419): nella loro produzione i caratteri del moderno «stile misto» si affiancano a persistenze stilistiche dell'ars nova italiana più tradizionale. Nell'Italia settentrionale la seconda metà del '300 è dominata da Bartolino da Padova (forse vissuto a Firenze), la cui musica, pur rimanendo fedele alla notazione di Marchetto, presenta ritmi sincopati d'impronta francese. 32