Its Einaudi, Montebelluna 30/09/2005 STUDIO DIODI, TRANSISTOR E CIRCUITI CON SCOPO DI LIMITATORI E RADDRIZZATORI Bressan Fabio A.s. 2005/06 Sig. Sig. Caliendo Quartilio Bertelli Alessandro DIODI - DIODI I Diodi vengono definiti come elementi non lineari, passivi e sono dei bipoli. Quindi, il termine bipoli li definisce inquanto collegati tramite l’esterno mediante due terminali che, a differenza di altri elementi elettronici quali per esempio i resistori, sono ben definiti e vengono chiamati Anodo e Catodo. I diodi non sono detti lineari perché hanno una caratteristica VoltAmpèrometrica definita, per esempio, da una curva esponenziale a differenza dai resistori che sono elementi lineari aventi una caratteristica Volt-Ampèrometrica definita da una retta passante per l’origine. In fine sono detti passivi perché non in grado di fornire energia cioè non riescono a creare una differenza di potenziale ma, in conduzione, si comportano come dei generatori passivi del valore di V , cioè assorbono corrente. Questi componenti sono caratterizzati dal fatto che permettono il passaggio della corrente solo in un senso, cioè solo se sono polarizzati in maniera diretta. Per questa ragione abbiamo detto che i due piedini dei diodi sono ben definiti. Per garantire il corretto funzionamento dei diodi l’anodo deve essere collegato al potenziale maggiore, mentre il catodo deve essere collegato al potenziale minore. I diodi si presentano come dei cilindri dalle cui basi spuntano i due terminali, per distinguere l’anodo dal catodo vicino a quest ’ultimo è presente sul cilindro un anello di color nero. Non è tutto, affinchè il diodo conduca ai suoi capi dev’esserci una tensione di almeno 0,6-0,7V. Questa tensione è detta tensione di soglia del diodo che è pari a circa 0,7V se si tratta di un diodo al silicio o a circa 0,2V se si tratta di un diodo al germanio. Queste, o tensioni maggiori, permettono al diodo di condurre e di comportarsi come un corto circuito; tensioni inferiori fanno si che il diodo si comporti come un circuito aperto. Però se si applica una tensione inversa dell’ordine di un centinaio di ohm si può raggiungere la tensione di Break Down; in questo caso il diodo verrebbe rovinato irreparabilmente. I diodi sono largamente utilizzati come circuiti limitatori e raddrizzatori ad una sola semionda. - SIMBOLO DEL DIODO - CARATTERISTICA VOLT-AMPEROMETRICA REALE I A+ - K I A: Anodo K: Catodo V - CARATTERISTICA VOLT-AMPEROMETRICA IDEALE I V Vak (semplificata) Vak - DIODI - ESEMPIO: diodo ON e diodo OFF R Per Vak < V VG => Diodo OFF => I = 0 Per Vak >= V Vak - DIODO ON => Diodo ON => I > 0 - DIODO OFF ( VG >= V ) ( VG < V ) Il diodo in conduzione (ON) può essere identificato come un generatore passivo (assorbe corrente) del valore di V . Circuito aperto R R A VG A Vak VG Vak K Vak = V K Vak = VG - CIRCUITI LIMITATORI I diodi risultano molto utili se non addirittura essenziali nella realizzazione dei circuiti limitatori e raddrizzatori. I circuiti limitatori sono in grado di limitare un segnale elettrico. Questi circuiti sono spesso contenuti in quadripoli, dove per quadripoli s’intende un qualsiasi elemento elettronico collegato con l’esterno mediante quattro terminali, due d’ingresso e due di uscita. I circuiti limitatori sfruttano le caratteristiche di un resistore e quelle di un diodo, che sono collegati all’interno del quadripolo nel seguente modo: R D Immaginiamo di alimentare questo circuito con un segnale bipolare simmetrico 10 Vpp, e studiamone il comportamento. Per comodità dividiamo il funzionamento del generatore di funzione in due pile da 5V. Nel primo caso consideriamo la pila con il più rivolto verso il basso, cioè imprimiamo alla corrente un senso di percorrenza antiorario. In questo caso la corrente tenderà a percorrere il diodo ma, incontrandone il terminale connesso al catodo, non riuscirà a passare, questo implicherà una tensione di -5V ai morsetti di uscita del limitatore. In questo primo caso il nostro circuito non modifica il segnale d’ingresso. + - - DIODI - CIRCUITI LIMITATORI Ora immaginiamo di invertire la pila, cioè imprimiamo alla corrente un senso di percorrenza orario. Ora la corrente è obbligata a passare attraverso la resistenza e subito dopo attraverso il diodo che funziona come un circuito chiuso anche se assorbe circa 0,6-0,7 V. Dopo di ciò la corrente si scaricherà a massa, questo implicherà una tensione di 0,6-0,7V ai morsetti di uscita del limitatore. In ora il nostro circuito dimostra completamente il suo funzionamento, infatti possiamo facilmente notare come partendo da un segnale d’ingresso pari a 10 Vpp, in uscita avremo un segnale puramente negativo da -5 V. R + D - Vi +5V -0,6/0,7V t - CIRCUITI RADDRIZZATORI (AD UNA SEMIONDA) Questo non è l’unico tipo di circuito in cui i diodi sono essenziali, infatti ora vedremo un esempio di circuiti raddrizzatori e noteremo l’importanza dei nostri bipoli anche in questo utilizzo. I circuiti raddrizzatori servono per raddrizzare un segnale d’ingresso, cioè immaginiamo di avere in ingresso un segnale 10 Vpp e dobbiamo alimentare un integrato a 5V. Per fare ciò dobbiamo rendere il segnale puramente positivo, ma attenzione, questo non vuol dire traslare il segnale in modo da farlo diventare unipolare da 10V; bensì eliminare la parte negativa del bipolare simmetrico 10 Vpp. D R Come nella precedente prova, quella relativa ai circuiti limitatori, immaginiamo di scindere il generatore di funzione in due generatori di corrente continua a 5V, nel primo caso consideriamo la pila con il + rivolto verso il basso, come illustrato nel disegno, e questo implicherà una corrente con verso antiorario che dopo aver attraversato la resistenza incontrerà il catodo del diodo e quindi non riuscirà a chiudere il circuito. In questo primo caso ai piedini di uscita avremo una tensione pari a 0V. + - DIODI - CIRCUITI RADDRIZZATORI (AD UNA SEMIONDA) Ora immaginiamo di invertire la pila, cioè imprimiamo alla corrente un senso di percorrenza orario. Ora la corrente D + R passerà attraverso il diodo e poi attraverso la resistenza. Dopo di ciò la corrente si scaricherà a massa, questo implicherà una tensione di 4,3-4,4V ai morsetti di uscita del Vi limitatore, questa perdita è causata come sempre dal +5 V 4,3/4,4V diodo. Il nostro circuito mostra tutto il suo funzionamento, possiamo infatti notare come partendo da un segnale t d’ingresso pari a 10 Vpp, in uscita avremo un segnale puramente positivo da +5 V. La differenza maggiore tra i due circuiti che abbiamo - CARATTERISTICA DI TRASFERIMENTO analizzato finora è che il primo avrebbe potuto limitare la tensione a qualsiasi livello variandolo solo poche parti o Vo addirittura tagliare un segnale sia nella parte positiva sia in quella negativa, mentre i circuiti raddrizzatori di solito vengono impiegati per tagliare la parte negativa di un segnale. Vi 0,6/0 ,7V - ESPERIENZE CON I CIRCUITI LIMITATORI E RADDRIZZATORI Prima prova di una serie di esempi di circuiti limitatori. 1 Kohm Vo R 10 Vpp Vi +5V D 1N4148 +5V CH2 0,6/0,7V 0,6/0,7V Vi ANALISI: Vi>=0,7V Vi<=-0,7v => => DIODO ON => DIODO OFF => t VAK=0,7v VAK=Vi Nel primo esempio abbiamo realizzato un circuito in grado di limitare un segnale d’ingresso bipolare simmetrico 10 Vpp con frequenza pari ad 1 Khz a 0,6-0,7V e -5V, più semplicemente limitare a -5V un segnale che sarebbe andato da +5V a -5V. Questo grazie alla particolare capacità di un diodo di lasciar passare la corrente solo in un senso. Nel nostro caso, quando la corrente girava in senso orario, dopo aver percorso la resistenza, entrava nell’anodo del diodo e fuoriusciva dal catodo chiudendosi a massa. Però attraversando il diodo si aveva la solita caduta di tensione pari a 0,6-0,7V, che era la tensione che avremo avuto all’uscita del limitatore. Mentre quando la corrente girava in senso antiorario, cioè quando il segnale d’ingresso diventava negativo, non riusciva a percorrere il diodo perché incontrava il catodo del diodo e quindi si ripresentava in uscita una tensione pari a -5V. Naturalmente per generare il segnale è stato indispensabile l’utilizzo del generatore di funzione, mentre per rilevare questi dati abbiamo sfruttato l’oscilloscopio che con i suoi due canali (CH1 e CH2) ci ha permesso con il primo di verificare se il segnale d’ingresso era coerente con quello che volevamo realizzare e con il secondo abbiamo potuto notare la mutazione del segnale in uscita. Questo ci ha permesso di ricordare il funzionamento e le varie funzioni dell’oscilloscopio e di impararne di nuove quali la caratteristica di trasferimento coerente con il tasto X,Y. Per effettuare le misurazioni abbiamo dovuto fare attenzione a connettere uno dei due terminali a massa, questo riguardava solo il canale 2, perché l’altro essendo connesso al generatore di funzione non necessitava di ulteriori modifiche. - DIODI - ESPERIENZE CON I CIRCUITI LIMITATORI E RADDRIZZATORI Seconda prova di una serie di esempi di circuiti limitatori. 1 Kohm Vo Vi R 10 Vpp +5V D 1N4148 CH2 0,6/0,7V Vi 0,6/0,7V t ANALISI: Vi<=0,7V Vi>=-0,7v => => DIODO ON => DIODO OFF => VAK=0,7v VAK=Vi Nel secondo esempio abbiamo realizzato un circuito in grado di limitare un segnale d’ingresso bipolare simmetrico 10 Vpp con frequenza pari ad 1 Khz a +5V e -0,6-0,7V, più semplicemente limitare a +5V un segnale che sarebbe andato, come il precedente, da +5V a -5V. In questo caso, quando la corrente girava in senso orario, dopo aver percorso la resistenza, tentava di entrare nell’catodo del diodo non riuscendovi, questo provocava una tensione de +5V ai morsetti di uscita del limitatore. Mentre quando la corrente girava in senso antiorario, cioè quando il segnale d’ingresso diventava negativo, incontrava l’anodo del diodo. In questo caso la corrente riusciva tranquillamente a percorrere il diodo anche se ciò implicava una caduta di tensione pari a 0,6-0,7V e questa tensione si riproduceva in uscita. Praticamente invertendo i poli del diodo abbiamo creato un circuito che con lo stesso segnale d’ingresso dava in uscita una tensione opposta rispetto all’altro circuito. Terza prova di una serie di esempi di circuiti limitatori. 1 Kohm Vo R 10 Vpp D Vi +5V 1N4148 CH2 1,4V 1,4V ANALISI: Vi>=1,4V Vi<=-1,4v Vi => => DIODI ON DIODI OFF => => t VAK=1,4v VAK=Vi Nel terzo esempio abbiamo costruito un circuito simile a quello che avevamo creato nel primo esempio, cioè abbiamo girato di nuovo il diodo dopo la seconda prova ma questa non è stata l’unica modifica, infatti abbiamo aggiunto un secondo diodo con lo stesso verso del primo. Quindi a realizzazione completata il circuito si presenta come un quadripolo con all’interno una resistenza e due diodi in serie, i quali hanno entrambi l’anodo rivolto verso la resistenza e con i morsetti di uscita collegati in parallelo ai due diodi. Nel nostro caso a questi due terminali è stato collegato il canale CH2 dell’oscilloscopio. Il funzionamento di questo nuovo circuito è coerente con quello dei due precedenti con l’unica differenza che al posto dei 0,6-0,7V con i diodi ON questa volta abbiamo 1,4V perché le due cadute di tensione si sommavano. Più precisamente, immaginiamo sempre di dividere il nostro segnale d’ingresso in due pile come negli esempi precedenti, se avessimo una pila con il + rivolto verso l’alto la corrente dopo aver attraversato la resistenza, entrava nei due diodi che imponevano una caduta di tensione pari a 1,4V che si riproponeva ai morsetti di uscita del quadripolo; mentre con la pila rovesciata, cioè con il + rivolto verso il basso, la corrente non riusciva a percorrere i due diodi perché ne incontrava il piedino connesso all’anodo e questo riproponeva ai capi dei piedini di uscita la stessa tensione d’ingresso, ovvero -5V. - DIODI - ESPERIENZE CON I CIRCUITI LIMITATORI E RADDRIZZATORI Quarta prova di una serie di esempi di circuiti limitatori. 1 Kohm Vo R D2 10 Vpp D1 1N4148 CH2 D3 1,4V 1,4 V 0,6/0,7V ANALISI: Vi Vi>=1,4V => DIODI ON => VAK=1,4V Vi<=-0,7V => DIODI ON => VAK=-0,7V -0,7<=Vi<=1,4V => DIODO OFF => VAK=Vi Nel quarto esempio è stato realizzato un circuito in grado di limitare un segnale d’ingresso bipolare simmetrico 10 Vpp con frequenza pari a 1 Khz a +1,4V e -0,6-0,7V.Questo circuito differisce se pur minimamente da quelli realizzati in precedenza. In questo caso sono stati utilizzati tre diodi che permettevano al circuito di limitare il solito segnale d’ingresso da entrambi i lati. Più precisamente quando la corrente girava in senso orario, dopo aver percorso la resistenza, tentava di entrare nell’catodo del diodo D1 non riuscendovi, continuando il suo percorso incontrava altri due diodi D2 e D3 che la lasciavano passare assorbendo i soliti 0,7V ogniuno. Questo provocava una tensione di +1,4V ai morsetti di uscita del limitatore. Mentre quando la corrente girava in senso antiorario, cioè quando il segnale d’ingresso diventava negativo, incontrava l’anodo del diodo D1 e quindi la corrente riusciva tranquillamente a percorrerlo anche se ciò implicava una caduta di tensione pari a 0,6-0,7V e questa tensione si riproduceva in uscita. Praticamente con tre diodi abbiamo creato un circuito che era in grado di limitare la corrente da entrambi i lati. Anche in questo caso ai terminali di uscita del quadripolo avevamo connesso l’oscilloscopio. Quinta prova di una serie di esempi di circuiti limitatori. 1 Kohm R D1 1N4148 D2 + D3 - 10 Vpp Vo 1,4 V CH2 => ANALISI: Vi>=1,4V Vi<=-2,6V => -2,6<=Vi<=1,4V -2,6V Vi -2,6V DIODI ON => VAK=1,4V DIODI ON => VAK=-2,6V => DIODO OFF => VAK=Vi Nel quinto esempio abbiamo mantenuto il circuito della quarta prova con l’unica differenza che abbiamo inserito in serie al diodo D1 una pila da 2V con il + rivolto verso massa e il collegato all’anodo del diodo D1.Il nostro circuito funzionava così: quando la corrente girava in senso orario, dopo aver percorso la resistenza, tentava di entrare nell’catodo del diodo D1 non riuscendovi, continuando il suo percorso incontrava altri due diodi D2 e D3 che la lasciavano passare assorbendo ancora una volta 1,4V.Fino ad ora il funzionamento è analogo a quello del precedente circuito, quello senza pila sul ramo di D1. Ma quando il segnale imposto dal generatore di funzione diventava negativo non erano più sufficenti 0,6/0,7V per far sì che la corrente potesse percorrere D1 ma ora ne erano necessari circa 2,6V perché oltre alla tensione assorbita dal diodo bisognava vincere la forza elettromotrice della pila. In questo modo abbiamo realizzato un circuito limitatore che limita la corrente a +1,4V e -2,6V, dove per misurare i precedenti valori abbiamo utilizzato ancora una volta l’oscilloscopio che come nelle prove precedenti ci ha permesso di verificare i valori teorici raggiunti mediante i calcoli. - DIODI - ESPERIENZE CON I CIRCUITI LIMITATORI E RADDRIZZATORI Sesta prova, primo esempio di circuito raddrizzatore. 1N4148 10 Vpp Vo Vi +5V +4,4V D 1 Koh m R CH2 0,4V 0,4V Vi t ANALISI: Vi>=0,7V Vi<=0,7v => => DIODO ON => DIODO OFF => Vu=Vg-V V Vu=0V Nella sesta prova abbiamo realizzato un circuito in grado di raddrizzare un segnale d’ingresso bipolare simmetrico 10 Vpp con frequenza pari a 1 Khz a +5V; il segnale sarebbe andato, come i precedenti, da +5V a -5V. Questa era la prima volta che realizzavamo un circuito raddrizzatore. Anche se a prima vista sembra identico ad un limitatore sia dal punto di vista della realizzazione sia dal punto di vista del funzionamento, esiste una consistente differenza soprattutto nel segnale di uscita del quadripolo che contieni il raddrizzatore. Questa differenza è data dal fatto che al contrari dei circuiti limitatori che “tagliano” un segnale d’ingresso a dei valori stabiliti, i circuiti raddrizzatori mantengono la stessa forma d ’onda senza tagliarla ma ne “abbassano” i valori con una caduta di tensione pari a quella del diodo in conduzione. Dal punto di vista della realizzazione invece notiamo come la posizione del diodo e della resistenza siano stati invertiti. Analizziamo ora più precisamente il nostro circuito. Come di consueto scindiamo il segnale d’ingresso del segnale in due pile. Nel primo caso facciamo in modo di imprimere alla corrente un senso di rotazione orario, in questo caso, dopo aver percorso il diodo senza particolari problemi per via del fatto che entrava dall’anodo del diodo, la corrente entrava nella resistenza e terminava il suo percorso a massa. Ai terminali di uscita del quadripolo, che erano collegati ai capi della resistenza, con l’oscilloscopio visualizzavamo un segnale simile a quello d’ingresso con l’unica differenza che era abbassato di 0,6V. Mentre immaginando di invertire la pila e di conseguenza imponendo alla corrente un senso di rotazione antiorario, quest’ultima dopo aver percorso la resistenza incontrava il catodo del diodo che la costringeva a fermarsi, perciò in uscita avevamo una tensione pari a 0V. I dati misurati con l’oscilloscopio non coincidevano perfettamente con le nostre aspettative, infatti al posto di una caduta di tensione pari a 0,6/0,7V ai capi del diodo quando era ON misuravamo una caduta di 0,4V. Naturalmente i valori risultavano giusti comunque. - DIODI - ESPERIENZE CON I CIRCUITI LIMITATORI E RADDRIZZATORI Settima prova di una serie di esempi di circuiti limitatori. 1 Kohm Vo R D1 1N414 8 + - D2 + - CH1 10 Vpp Vi +5V CH2 2,4V Vi -3,7V t -3,7V ANALISI: Vi>=1,4V Vi<=-1,4v => => DIODI ON DIODI OFF => => VAK=1,4v VAK=Vi Nell’ultima prova di questa prima serie di esempi è stato realizzato di nuovo un circuito limitatore nel quale sono state introdotte ben due pile, la prima in serie con il diodo D1 e la seconda in serie con il diodo D2. Entrambe le pile come tutte le pile già utilizzate in precedenza e quelle che useremo in futuro sono tutte realizzate tramite un alimentatore a doppio corpo opportunamente tarato e nel quale è stata impostata una corrente massima di cortocircuito pari a 100mA che si sarebbe rivelata essenziale per salvare strumenti e componenti nel caso in cui con un nostro errore avessimo messo in cortocircuito qualcosa. Si tratta di un circuito limitatore, perciò i terminali di uscita sono collegati ai capi dei diodi, mentre nei circuiti raddrizzatori i piedini di uscita sono collegati ai capi della resistenza che prende la posizione del diodo. Analizzando il circuito possiamo notare come le due pile abbiano un compito essenziale per il corretto funzionamento del suddetto circuito, con questo non s’intende affermare che il circuito non funzionerebbe senza le pile ma si vuole semplicemente dire che avrebbe avuto un funzionamento diverso. Più precisamente, considerando sempre di dividere il generatore di funzione in due pile da 5V, notiamo come se imponessimo alla corrente un senso di rotazione orario, cioè sistemando la pila con il terminale positivo verso l’alto, dopo aver attraversato la resistenza la corrente entri nel diodo D1 e non in D2, infatti nel primo incontrò l’anodo e nel secondo incontrò il catodo. Però questa volta attraversando D1 non subì la solita caduta di tensione di 0,7V ma grazie alla pila posizionata in serie e di tensione pari a 1,5V con il terminale positivo posto verso l’alto le due tensioni finiscono col sommarsi e quindi ai terminali di uscita avremmo una differenza di potenziale pari a 2,2V ma il valore misurato ammonta a circa 2,4V. Immaginiamo ora di invertire la pila sistemata al posto del generatore di funzione, noteremo ora che per il diodo D1 non sarebbe passata corrente, invece questa volta la corrente sarebbe riuscita ad attraversare il diodo D2 ma anche qui la caduta sarebbe stata maggiore rispetto a quella di un diodo in conduzione. Infatti anche qui avevamo una pile in serie con il diodo D2 ma questa aveva una tensione pari a 3V con il terminale positivo rivolto verso il basso. Questo comportava una caduta di tensione pari a 3,7V ai terminali di uscita del quadripolo contenente il limitatore dove l’oscilloscopio ha confermato precisamente le nostre aspettative basate su calcoli. DIODI ZENER - DIODI ZENER I Diodi Zener sono dei diodi un po’ particolari nel senso che racchiudono in se le caratteristiche dei diodi normali e non solo, infatti possono condurre sia in un senso che nell’altro in particolari condizioni. Più precisamente quando il terminale connesso all’anodo è ad un potenziale maggiore rispetto al catodo, cioè quando la corrente attraversa il diodo entrando dall’anodo si ha una caduta di tensione uguale a quella di un diodo normale in conduzione (Diodo ON), cioè 0,6/0,7V. Quando invece il terminale connesso all’anodo è ad un potenziale minore rispetto al catodo, cioè quando la corrente tenta di attraversare il diodo entrando dal catodo il diodo si comporta come un diodo normale e non la lascia passare ma se la tensione applicata ai capi del diodo è abbastanza alta e supera un certo limite il diodo ricomincia a condurre (Diodo ON Zener). La tensione che delimita la capacità di un diodo Zener di condurre in senso opposto rispetto ad un diodo normale si dice Tensione di Zener e si scrive come Vz. Praticamente un diodo Zener funziona come un diodo normale quando la corrente entra dall’anodo e si comporta sempre come un diodo anche quando la corrente entra dal catodo ma in questo caso la caduta di tensione è di un valore ben definito che varia dal valore commerciale di ogni diodo. Come vedremo i diodi Zener sono molto utilizzati sia nei circuiti limitatori sia nei circuiti raddrizzatori per via delle loro particolare caratteristica di poter condurre in ambedue le direzioni sotto particolari condizioni. Praticamente un diodo Zener da solo è in grado di mutare un segnale d’ingresso come avrebbe fatto un circuito costruito con due diodi normali e due generatori di corrente continua opportunamente tarati come avevamo fatto nella prova precedente. - SIMBOLO DEL DIODO ZENER - CARATTERISTICA VOLT-AMPEROMETRICA REALE I A+ - K A: Anodo K: Catodo Vz V - SCHEMA GENERICO RELATIVO AL DIODO ZENER R Vg D ANALISI: Vg<=-V => DIODI ON Vg>=Vz => -V <=Vg<=Vz => Vu=0,7v I= DIODI ON ZENER => Vu=Vz I= => DIODO OFF => Vu=Vg I=0 Vak - DIODI ZENER - ESEMPIO DIODO ZENER: diodo ON, diodo ON ZENER e diodo OFF R A Vg Per Vak < V => Diodo OFF => I = 0 Per Vak >= V => Diodo ON => I > 0 Vak D K Anche il diodo Zener in conduzione (ON) può essere identificato come un generatore passivo (assorbe corrente) del valore di V se conduce come un diodo normale e del valore di Vz se conduce come Zener. Circuito aperto - DIODO OFF - DIODO ON - DIODO ON ZENER ( -V <= VG <= Vz ) ( Vg <= -V ) ( Vg>=Vz ) R R A Vg R A Vz Vg A Vg V K Vak K Vak = Vz K Vak = V - SEGNALE ALL’INGRESSO Vak = Vg - SEGNALE ALL’USCITA Vi - CARATTERISTICA DI TRASFERIMENTO Vi Vo +Vg +3,3V +Vz -V t -Vg t -0,6/0,7V Vi - DIODI ZENER - ESPERIENZE CON I CIRCUITI LIMITATORI E RADDRIZZATORI Ottava prova di una serie di esempi di circuiti limitatori. I diodi Zener risultano molto utili nella realizzazione dei circuiti limitatori e raddrizzatori il cui compito sia tagliare il segnale a dei livelli prestabiliti, oppure raddrizzare un segnale collegato ai morsetti d’ingresso, da entrambe le semionde. I circuiti limitatori e raddrizzatori costruiti con i diodi Zener sono praticamente identici a quelli realizzati con i diodi normali, l’unica differenza sono appunto i diodi impiegati. 1 Kohm Vi R 3V 1N4148 + - D1 + - 10 Vpp D2 1,5V Vo +5V CH2 -0,8V t -0,8V Vi -3,6V -3,6V ANALISI: Vg>=-0,7V => DIODO D2 ON Vg<=-3,8V => DIODO D1 ON -0,8<=Vg<=-3,8 => DIODO OFF => => => Vu=-0,8V Vu=-3,6V Vu=Vg Anche in questa prova, come nella precedente, abbiamo realizzato un circuito limitatore con due diodi normali e due pile in serie con i diodi, in grado di tagliare un certo segnale d’ingresso da entrambi i lati. Immaginiamo di alimentare ancora una volta questo circuito con un segnale bipolare simmetrico 10 Vpp con frequenza pari ad 1 Khz, e studiamone il comportamento. Come sempre, per comodità, dividiamo il funzionamento del generatore di funzione in due pile da 5V. Nel primo caso consideriamo la pila con il più rivolto verso l’alto, cioè imprimiamo alla corrente un senso di percorrenza orario. In questo caso la corrente tenderà a percorrere il diodo D1 ma, incontrandone il terminale connesso al catodo, non riuscirà a passare, allora tenterà di percorrere il diodo D2 e questa volta riusciva a passare infatti incontrò l’anodo. In questo caso ai terminali di uscita non avremo la solita caduta di tensione di 0,7V, ma avremo una tensione pari a -0,8V perché la pila in serie aveva un valore di 1,5V ed era concorde con quella che sostituiva il generatore di funzione, quindi se noi sottraiamo al valore della pila ()1,5V la caduta provocata dal diodo in conduzione (0,7V) misureremo in uscita un valore pari a 0,8V. Poi immaginiamo di invertire i terminali della pila sistemata al posto del generatore di funzione e di posizionare il terminale positivo verso il basso in modo da imprimere alla corrente un senso di percorrenza antiorario. Ora la corrente non riuscendo ad attraversare D2 ma D1 sì; però, in questo caso, la caduta di tensione in uscita sarà pari a 3,7V e infatti noi avevamo misurato con l’oscilloscopio 3,6V tra i morsetti di uscita. Questo perché, la pila in serie a D1 del valore di 3V, è stata sistemata in modo da avere verso discorde rispetto alla pila messa all’ingresso e ciò comportava che la caduta di tensione ai capi del diodo in conduzione e quella della stessa pila in serie si sommassero. - DIODI ZENER - ESPERIENZE CON I CIRCUITI LIMITATORI E RADDRIZZATORI Nona prova di una serie di esempi di circuiti limitatori. In questa nona prova abbiamo realizzato il primo circuito limitatore con un diodo Zener; questo ci ha permesso di semplificare notevolmente il circuito pur ottenendo lo stesso risultato. 1Kohm Vi R 10 Vpp D Vo +5V Vz = 3,3V 3,3V -0,7V t -0,7V Vi ANALISI: Vg>=+3,3V => DIODO ON ZENER => Vg<=-0,7V => DIODO ON => Vu=-0,7V -0,7V<=Vg<=+3,3V => DIODO OFF => Vu=+3,3V Vu=Vg Finalmente abbiamo sperimentato il funzionamento di un diodo Zener in laboratorio. Ancora una volta abbiamo collegato ai piedini d’ingresso del quadripolo un segnale sinusoidale bipolare simmetrico da 10 Vpp con frequenza pari ad 1 Khz. Come di consueto questo segnale è poi stato scinto in due pile da 5V ciascuna. Per prima cosa consideriamo di collegare la pila con il piedino positivo verso l’alto in modo da costringere la corrente a girare in senso orario. In questo, dopo aver attraversato la resistenza, la corrente incontra il catodo del diodo Zener che la lascia passare comportando però una caduta di tensione pari a Vz che nel nostro caso corrispondeva a 3,3V. Girando la pila e quindi obbligando la corrente a compiere il percorso in senso inverso, notiamo come incontrando il diodo riuscisse ad attraversa rlo entrando dall’anodo e quindi subendo una caduta di tensione pari a 0,7V; questo perché ricordiamo che un diodo Zener attraversato da una corrente, entrante dall’anodo, si comporta come un diodo normale in conduzione. Le cadute di tensione ai capi del diodo, che avevamo ipotizzato prima nell’uno e poi nell’altro caso, sono poi state verificate grazie all’oscilloscopio; questo si spiega ricordando che i due terminali di uscita di un quadripolo contenente un circuito limitatore sono collegati ai capi del diodo. - DIODI ZENER - ESPERIENZE CON I CIRCUITI LIMITATORI E RADDRIZZATORI Decima prova di una serie di esempi di circuiti limitatori. 1Kohm Vi R 10 Vpp Vo +5V D +3,7V +3,7V Vz = 3,3V t Vi ANALISI: Vg>=+4V Vg<=+4V => => DIODO ON => DIODO OFF => Vu=+3,5V Vu=Vg In questa decima prova, la seconda con il diodo Zener abbiamo verificato le caratteristiche si un diodo normale sommate a quelle di un diodo Zener. Le caratteristiche dei diodi sono state sperimentate in un circuito limitatore nel quale i due diodi erano stati sistemati in modo da avere due versi opposti, più precisamente dopo la resistenza, cioè partendo dall’alto, incontriamo il diodo normale con il catodo verso il basso e subito dopo c’è il diodo Zener con il catodo rivolto verso l’alto. Ai morsetti d’ingresso del quadripolo è stato mandato ancora una volta un segnale bipolare simmetrico 10 Vpp con frequenza pari ad 1 Khz, che per rendere più facile lo studio del nostro limitatore verrà diviso nelle solite due pile immaginarie da 5V che collegheremo in due diversi momenti. Per cominciare colleghiamo la pila con il terminale positivo rivolto verso l’alto in questo modo imprimiamo un verso orario alla corrente che dopo aver attraversato la resistenza attraverserà il diodo subendo la solita caduta di 0,7V e poi attraversando il diodo Zener subirà una caduta di tensione di 3,3V che era il valore commerciale del diodo Zener impiegato. Ciò implica che con la pila rivola verso l’alto ai terminali di uscita del limitatore avremo una caduta di tensione pari alla somma delle due singole cadute, questo perché trattandosi di un circuito limitatore i terminali di uscita sono collegati ai capi dei due diodi anche se con l’oscilloscopio misuravamo una tensione pari a 3,7V in luce dei 4V. Secondo noi questa differenza è causata dalle nostre non ancora ottimali capacità di lettura dell’oscilloscopio, dall’imprecisione con è stato regolato il generatore di funzione e sicuramente un minimo di errore è stato causato da i componenti usati. Possiamo comunque dire che il risultato è coerente con le nostre aspettative. Analizziamo ora il caso in cui la pila sia stata collegata con il terminale positivo rivolto verso il basso e costringendo così la corrente a girare in senso antiorario. In questo modo anche se non avrebbe incontrato particolari difficoltà a percorrere il diodo Zener in cui entrava dall’anodo, non sarebbe mai riuscita ad attraversare il diodo normale per il semplice motivo che lo incontrava nel terminale connesso al catodo. Con ciò la caduta di tensione tra i terminali di uscita equivaleva a -5V, cioè la tensione d’ingresso. In questa prova, grazie al diodo normale, possiamo notare come il funzionamento del diodo Zener fosse stato limitato; e come, pur contenendo anche questo particolare diodo, il nostro circuito tagliasse una parte della sola semionda positiva. Più precisamente questo limitatore tagliava un determinato segnale d’ingresso da 10 Vpp a circa +4V, lasciando invariata l’altra semionda. - DIODI ZENER - ESPERIENZE CON I CIRCUITI LIMITATORI E RADDRIZZ ATORI Undicesima prova di una serie di esempi di circuiti limitatori. 1Kohm Vi R 10 Vpp D Vo +5V Vz = 3,3V +1,4V +1,4V t Vi ANALISI: Vg>=+1,4V => Vg<=+1,4V => DIODO ON => DIODO OFF => Vu=+1,4V Vu=Vg In ques ta undicesima prova, la terza con il diodo Zener abbiamo mantenuto praticamente invariato il circuito realizzato nella prova precedente, l’unica differenza consisteva nel verso del diodo Zener che veniva appunto rovesciato in modo che avesse l’anodo collegato con il catodo del diodo normale e il catodo collegato a massa. Ai morsetti d’ingresso del quadripolo è stato mandato di nuovo un segnale bipolare simmetrico 10 Vpp con frequenza pari a 1 Khz. Per cominciare colleghiamo, tra le due, la pila con il terminale positivo rivolto verso l’alto in questo modo imprimiamo il solito senso di rotazione orario alla corrente che dopo aver attraversato la resistenza attraverserà il diodo subendo la solita caduta di 0,7V e poi attraversando il diodo Zener subirà ancora una caduta di tensione pari 0,7V perché il diodo Zener era attraversato dalla corrente che entrava dall’anodo.Ciò implica che con la pila rivola verso l’alto ai terminali di uscita del limitatore avremo una caduta di tensione pari alla somma delle due singole cadute, questo perché trattandosi di un circuito limitatore i terminali di uscita sono collegati ai capi dei due diodi e infatti con l’oscilloscopio misuravamo una tensione pari a 1,4V. Analizziamo ora il caso in cui la pila sia stata collegata con il terminale positivo rivolto verso il basso e costringendo così la corrente a girare in senso antiorario. In questo caso attraversando il diodo Zener la corrente, visto che lo percorreva entrando dal catodo avrebbe subito una caduta di tensione pari a 3,3V che equivaleva al valore commerciale del diodo Zener impiegato. Questo comunque non sarebbe mai potuto succedere, infatti anche in questo caso la corrente nono sarebbe mai riuscita ad attraversare il diodo normale in cui sarebbe dovuta entrare dal catodo. Ciò avrebb e implicato una caduta di tensione tra i terminali di uscita equivaleva a -5V; cioè, come nella prova precedente, la tensione d’ingresso non veniva modificata quando ci trovavamo nella semionda negativa. Questo grazie al diodo normale che ancora una volta limitava il funzionamento del diodo Zener. Più precisamente questo limitatore tagliava il solito segnale d’ingresso da 10 Vpp a circa +1,4V, lasciando invariata la semionda negativa. - DIODI ZENER - ESPERIENZE CON I CIRCUITI LIMITATORI E RADDRIZZATORI Dodicesima prova di una serie di esempi di circuiti limitatori. 1Kohm Vi R 20 Vpp Vz1 = 3,3V Vo +10V D1 D2 Vz2 = 4,7V +0,8V +0,8V -0,7V t -0,7V Vi ANALISI: Vg>=+0,7V => Vg<=-0,7V => DIODO D1 ON DIODO D2 ON => => Vu=+0,7V Vu=-0,7V In ques ta dodicesima prova, la quarta con il diodo Zener abbiamo realizzato un circuito un po’ particolare, nel senso che come vedremo malgrado avessimo utilizzato due diodi Zener, il primo (D1) con valore commerciale pari a 3,3V e il secondo (D2) con valore commerciale pari a 4,7V, ciò che misureremo in uscita poteva essere creato facilmente anche con un paio di diodi normali. Ai morsetti d’ingresso del quadripolo è stato questa volta mandato un segnale bipolare simmetrico 20 Vpp con la solita frequenza pari ad 1 Khz. Per questo motivo le nostre due pile immaginarie avevano un valore doppio rispetto a quelle delle prove precedenti. In ogni caso il procedimento rimane invariato, per cominciare colleghiamo la pila con il terminale positivo rivolto verso l’alto in questo modo imprimiamo il solito senso di rotazione orario alla corrente che dopo aver attraversato la resistenza attraverserà il diodo D1 subendo la solita caduta di 0,7V, infatti la corrente era entrata dall’anodo. Quindi ai morsetti di uscita avremo una tensione pari a 0,7V Analizziamo ora il caso in cui la pila sia stata collegata con il terminale positivo rivolto verso il basso e costringendo così la corrente a girare in senso antiorario. In questo caso la corrente attraversava il diodo D2, e visto che anche questo caso entrava dall’anodo la caduta di tensione era di 0,7V che come di consueto si riproponeva ai terminali di uscita del quadripolo contenente il circuito limitatore. Più precisamente entrambi i diodi Zener funzionavano come dei diodi normali perché sia nel caso in cui la corrente avesse avuto senso di percorrenza orario sia il caso in cui la corrente avesse avuto senso di percorrenza antiorario i diodi non avrebb ero mai potuto ricevere una tensione ai loro capi pari a Vz perché l’altro avrebbe cominciato a condurre come diodo normale molto prima. Con ciò, dopo aver visto nelle prove settima e ottava come era possibile realizzare un circuito che tagliasse un certo segnale d’ingresso a dei valori particolari diversi da 0,7V con dei diodi normali in serie con delle pile opportunamente tarate, abbiamo sperimentato anche come sia possibile realizza re un circuito limitatore in grado di tagliare un certo segnale d’ingresso a dei valori pari a 0,7V utilizzando due diodi Zener sistemati in parallelo con verso contrario. - DIODI ZENER - ESPERIENZE CON I CIRCUITI LIMITATORI E RADDRIZZATORI Tredicesima prova di una serie di esempi di circuiti limitatori. 1Kohm 20 Vpp Vi R D1 Vz1 = 3,3V D2 Vz2 = 4,7V Vo +10V +5,5V +5,5V t -4V Vi -4V ANALISI: Vg>=+5,4V => Vg<=-4V => DIODO D1 ON & D2 ON ZENER DIODO D2 ON & D1 ON ZENER => => Vu=+5,4V Vu=-4V In questa tredicesima prova, la quinta con il diodo Zener abbiamo realizzato un circuito in grado di limitare un certo segnale d’ingresso bipolare simmetrico 20 Vpp con frequenza pari a 1 Khz a +5,4V e -4V con l’impiego di due diodi Zener, il primo (D1) con valore commerciale pari a 3,3V e il secondo (D2) con valore commerciale pari a 4,7V. Anche in questo caso le nostre due pile immaginarie avevano un valore doppio rispetto a quelle delle prove precedenti. Come sempre, per cominciare, colleghiamo la pila con il terminale positivo rivolto verso l’alto in questo modo imprimiamo il solito senso di rotazione orario alla corrente che dopo aver attraversato la resistenza attraverserà il diodo D1 subendo la solita caduta di 0,7V, infatti la corrente era entrata dall’anodo, poi avrebbe attraversato D2 dove però, s arebbe entrata dal catodo; ciò avrebbe comportato che alla precedente caduta di tensione si sarebbe sommata quella del secondo diodo in conduzione Zener.. Quindi ai morsetti di uscita avremo una tensione pari a 5,4V che l’oscilloscopio ha prontamente confermato indicando una tensione ai terminali di uscita pari a 5,5V circa. Analizziamo ora il caso in cui la pila sia stata collegata con il terminale positivo rivolto verso il basso e costringendo così la corrente a girare in senso antiorario. In questo caso la corrente attraversava il diodo D2, e siccome anche questo caso entrava dall’anodo la caduta di tensione era di 0,7V, poi, continuando il suo percorso la corrente avrebbe attraversato il diodo D1 entrando dal catodo e ciò avrebbe comportato un ulteriore caduta di tensione pari a 3,3V che sarebbe andata a sommarsi con la precedente e come di consueto si riproponeva ai terminali di uscita del quadripolo contenente il circuito limitatore. Più precisamente questo circuito era in grado di limitare un segnale d’ingresso che sarebbe andato da +10V a -10V a circa +5,4V e 4V. - DIODI ZENER - ESPERIENZE CON I CIRCUITI LIMITATORI E RADDRIZZATORI Seconda prova di circuiti raddrizzatori. Vi Vz = 3,3V Vo +10V 20 Vpp +6 ,7V D R 1Kohm -0,7V t +3,3V Vi -9 ,3V ANALISI: Vg>=+3,3V => DIODO ON ZENER => Vu=+6,7V Vg<=-0,7V => DIODO ON => Vu=-9,3V -0,7V<=Vg<=+3,3V => DIODO OFF => Vu=0V In questa quattordicesima prova, la sesta con il diodo Zener abbiamo realizzato per la seconda volta un circuito raddrizzatore, in grado cioè di dare in uscita un segnale che è uguale alla differenza tra il segnale d’ingresso e la caduta di tensione provocata dal diodo. Ancora una volta, per poter studiare meglio il circuito, dividiamo il segnale d’ingresso bipolare simmetrico di 20 Vpp e frequenza pari a 1 Khz in due pile da 10V. Come sempre per cominciare colleghiamo la pila con il terminale positivo rivolto verso l’alto in questo modo imprimiamo il solito senso di rotazione orario alla corrente che, dopo aver attraversato il diodo in conduzione Zener subendo una caduta di 3,3V per via del fatto che la corrente entrava dal catodo, attraverserà anche la resistenza per poi chiudersi a massa. Trattandosi di un circuito raddrizzatore i terminali di uscita del quadripolo sono connessi ai capi della resistenza, ciò spiega perché il segnale di uscita sia uguale alla differenza tra il segnale d’ingresso e la caduta sul diodo. Infatti in questa prima parte di analisi con l’oscilloscopio misuravamo una caduta di tensione pari a 6,7V che è appunto la differenza tra i 10V d’ingresso e i 3,3V di caduta di tensione ai capi del diodo in conduzione Zener. Analizziamo ora il caso in cui la pila sia stata collegata con il terminale positivo rivolto verso il basso e costringendo così la corrente a girare in senso antiorario. In questo caso la corrente attraversava la resistenza avrebbe attraversato il diodo entrando dall’anodo, ciò avrebbe comportato una caduta di tensione pari a 0,7V visto che il diodo ris ultava in conduzione normale. In questo caso ai morsetti di uscita avremmo misurato -9,3V infatti i -10V all’ingresso della pila sistemata con il terminale positivo rivolto verso il basso dovevamo sottrarre una caduta di 0,7V; anche in queste circostanze i dati rilevati sull’oscilloscopio hanno confermato le nostre ipotesi. - CONCLUSIONI: Con ciò concludiamo i nostri esempi riguardanti i circuiti limitatori e raddrizzatori per passare al prossimo argomento, i transistor. Possiamo dire con un certo grado di sicurezza di aver portato a buon termine tutte le prove effettuate fino ad ora e comunque abbiamo sicuramente ampliato le nostre conoscenze sui diodi già acquisite l’anno scorso. Abbiamo imparato a conoscere i diodi Zener e ad analizzare un circuito in modo da capirne il funzionamento e lo scopo. Naturalmente siamo appena all’inizio, ma le nostre conoscenze e capacità cominciano pian piano ad intensificarsi. TRANSISTOR - TRANSISTOR I Transistor sono definiti come componenti attivi elementari da cui attivi deriva dal fatto che sono genericamente in grado di ottenere l’amplificazione di un certo segnale e sono dei tripoli perché sono collegati con l’esterno tramite tre terminali definiti Base, Collettore ed Emettitore. I transistor si dividono in due grandi famiglie, quella die BJT e quella dei FET. I BJT (Bipolar Junction Transistor) sono detti Transistor a Giunzione Bipolare, i quali creano l’effetto amplificatore mediante delle barrette di semiconduttori le cui cariche vengono convogliate in una coppia di giunzioni PN. Esistono due tipi di transistor BJT, i PNP e gli NPN. Mentre la famiglia dei FET si divide in due gruppi, i Mosfet e i Jfet. Ma a loro volta anche ciascuna di queste due sottofamiglie si divide in altri due differenti gruppi. Infatti i Mosfet si dividono in Canale “P” e Canale “N”, mentre i Jfet si dividono in Tipo “P” e Tipo “N”. In generale i FET (Field Effect Transistor) sono detti Transistor ad Effetto di campo; questi creano l’effetto amplificatore mediante il controllo delle cariche che confluiscono in una zona di semiconduttore drogato tramite un campo elettrico controllato. Essendo comandati da un campo elettrico questi transistor sono sensibili a delle tensioni mentre i BJT sono comandati in corrente. Noi abbia mo cominciato con lo studio dei BJT npn da cui npn sta per differenziare le tre diverse zone che compongono il transistor in cui le percentuali di drogaggio dei semiconduttori non sono costanti. I transistor hanno tre diverse zone di lavoro che si differenziano in base alla tensione tra collettore ed emettitore (Vce) e la corrente che entra dal collettore. Le tre zone si dicono: zona d’interdizione, zona attiva o lineare e zona di saturazione. La prima è caratterizzata dal fatto che sia la Ib che la Ic sono circa uguali a zero e la Vbb è minore della Vbe ; la zona attiva o lineare è caratterizzata da una Vbb maggiore della Vbe e le correnti Ib e Ic cono proporzionali (Ic = Ib x hFE); la zona di saturazione è caratterizzata da una Vbb maggiore rispetto alle Vbe , Vce minore di Vbe e di conseguenza quasi uguale a zero, il rapporto tra Ic e Ib minore dell’hFE. Abbiamo introdotto un nuovo parametro detto hFE che viene definito come Guadagno Statico di Corrente e varia da transistor a transistor. - SCHEMA INTERNO DI UN TRANSISTOR BJT npn CON UNA COPPIA DI DIODI - SCHEMA INTERNO DI UN TRANSISTOR BJT npn C C B Ic N N B P P Ib N N Vce Ie = Ib + Ic Ie Vb e E E - ECCO COME SI PRESENTA UN TRANSISTOR E C E C B B Transistor visto dal lato dei terminali Fisicamente i transistor si presentano come dei cilindretti dalla cui base spuntano i tre terminali (di cui abbiamo parlato anche prima) che sono disposti a semicerchio e dove per distinguere l’emettitore c’è una sporgenza. - TRANSISTOR - CARATTERISTICA D’USCITA CON LE TRE SPECIFICHE ZONE DI LAVORO DI UN TRANSISTOR - CARATTERISTICA D’INGRESSO Ib Ic ZONA ATTIVA O LINEAR E (TRANSISTOR COME AMPLIFIC ATORE) Vbe V Vce ZONA DI SATURAZIONE ( Vce <1V ) ZONA DI INTERDIZIONE ( Ic << ) Fino ad ora abbiamo analizzato i transistor solo nelle loro caratteristiche fisiche, riguardanti cioè la loro costruzione; iniziamo ora ad analizzare il funzionamento vero e propio di un transistor inserito in un circuito generico. Ricordiamo che, affinché un transistor funzioni, deve essere inserito in una determinata rete di polarizzazione formata da resistori e batterie in grado di portarlo a lavorare in una zona ben definita. ANALISI EMI ( Equazione Maglia Ingresso ): Rc C Rb Vbb + - B + - Vcc Ic Ib Vce Ie Vbe Vbb - Rb x Ib - Vbe = 0 ANALISI EMU ( Equazione Maglia Uscita ): Vcc - Rc x Ic - Vce = 0 E ZONA D’INTERDIZIONE Ib = Ic = 0 Vbb<Vbe ZONA ATTIVA O LINEARE Vbb > Vbe Ic = hFE x Ib ZONA DI SATURAZIONE Vbb > Vbe Vce = 0 Vce < Vbe Ic/Ib < hFE - TRANSISTOR - Prima prova in laboratorio con i transistor Questa era la prima prova realizzata in laboratorio con l’utilizzo di un transistor. La prova consisteva nello studiare il comportamento di un transistor che passava dalla zona di saturazione alla zona attiva, questo doveva accadere variando Rc da un valore massimo pari a 2Kohm fino ad arrivare a circa 100ohm in 20 prove, ciò vuol dire che la resistenza Rc doveva diminuire di circa 100ohm ad ogni prova; tutti gli altri fattori del circuito dovevano rimanere costanti. Per prima cosa abbiamo realizzato il circuito ossia dopo aver posizionato il transistor sulla bread board facendo attenzione a non mettere più piedini sulla stessa colonna di fori per non cortocircuitare i terminali del transistor, abbiamo collegato i resistori Rc e Rb rispettivamente sul piedino connesso al collettore e sul piedino connesso alla base, mentre il terminale connesso all’emettitore è stato collegato a massa. Per realizzare la prova, avevamo bisogno di una resistenza variabile collegata al collettore, cioè Rc doveva essere un trimmer. Il trimmer è una resistenza variabile che è caratterizzata da tre terminali, misurando la resistenza tra i due terminali più esterni si ha il valore totale del resistore che nel nostro caso equivaleva a circa 1Kohm, mentre collegando un ohmmetro tra il terminale centrale e uno dei due esterni si ha un valore di resistenza intermedio che può essere appunto variato modificando l’apposita vite posta sullo stesso trimmer; dal momento che è la prima volta che analizziamo questo componente ci è sembrato utile dedicargli una breve descrizione. Però noi eravamo in possesso solo di trimmer da 1Kohm e a noi serviva una Rc che avesse valore massimo pari a circa 2Kohm, siamo stati costretti a collegare in serie a questa resistenza variabile una resistenza fissa di valore 1Kohm. Questa configurazione funzionava solamente finche si arrivava ad un valore di Rc pari a 1Kohm, poi il resistore in serie al trimmer è stato escluso e si è ripartiti da un valore di 900ohm. Quindi la nostra Rc era collegata da una parte al collettore del transistor, mentre dall’altra parte era collegata ai +5V comodamente forniti dal work bench. La resistenza Rb, che era stata collegata da un lato alla base, aveva un valore costante pari a 27Kohm; invece dall’altro lato era stata collegata a una tensione pari a 2,5V che erano stati forniti dall’alimentatore opportunamente tarato anche per quanto riguarda la corrente massima in cortocircuito. Dopo aver effettuato 20 misure in queste circostanze la Vbb doveva essere portata a 2V per effettuare altre 20 prove ed infine si doveva portare la Vbb ad un valore pari a 1,5V con il quale, dopo aver registrato ulteriori 20 misurazioni, terminavamo la prova. Per rilevare i dati sono stati utilizzati un amperometro e un voltmetro, il primo inserito in serie al collettore del transistor e il secondo inserito in parallelo tra il collettore e l’emettitore del transistor. Il transistor utilizzato era un 2N2222. +Vcc = +5V Rc 2Kohm A 27 Ib Kohm B Vbb Rb + - C Ic Vce Ie Vbe E V - TRANSISTOR - Prima prova in laboratorio con i transistor Rc (Kohm) Ic (mA) Vce (V) 1,99 2,13 0,754 1,89 2,24 0,75 1,81 2,33 0,75 1,702 2,49 0,76 1,600 2,65 0,76 1,502 2,83 0,76 1,403 3,02 0,76 1,303 3,25 0,77 1,200 3,53 0,77 1,100 3,84 0,77 1,000 4,22 0,77 0,900 4,66 0,78 0,801 5,25 0,79 0,700 5,98 0,79 0,601 6,94 0,80 0,501 8,28 0,80 0,401 10,27 0,80 0,302 13,57 0,83 0,200 19,82 0,85 0,100 40,02 0,88 Come possiamo notare dai dati raccolti, le nostre aspettative sono stati confermate; infatti noi abbassavamo il valore di Rc agendo sulla vite del trimmer, e quindi facendo in modo che la caduta di tensione ai suoi capi diminuisse. Questo comportava un aumento della tensione Vce ma anche un aumento della corrente Ic che avrebbe attraversato il transistor. Purtroppo i dati raccolti non sempre confermavano le nostre aspettative infat ti ci è stato detto di sospendere la prova per modificare il circuito in modo da raggirare ogni tipo di problema. In alcuni casi al diminuire di Rc e quindi all’aumentare delle tensione tra collettore ed emettitore Vce, la corrente Ic non aumentava. Questo non è possibile perché come possiamo notare della formula: Ic Ib < hFE => BJT in Saturazione Ma al diminuire di Rc la corrente Ic dovrebbe aumentare e siccome la Ib dovrebbe rimanere costante, il rapporto finisce col non essere più minore dell’hFE e questo comporterà che il transistor passerà dalla zona di saturazione alla zona attiva. In certi casi questo non accadeva, nel senso che aumentava solo la Vce mentre la Ic no e il transistor passava direttamente nella zona d’interdizione. Ciò accadeva per colpa del trimmer che non rispondeva in maniera ottimale alle sollecitazioni provocate dalla nostra rete di polarizzazione. - CONCLUSIONI: Come avevamo detto in precedenza questa era solo la prima parte dell’esperienza, poi dovevamo rifare altre 20 misure con Vbb uguale a 2V ed infine altre 20 prove con Vbb pari a 1,5V. Però tenendo conto dei problemi che in alcuni casi sono stati incontrati in questa prima parte abbiamo preferito rinunciare e modificare il circuito in modo da escludere il trimmer che era la causa dei nostri problemi per via del fatto che in certe occasioni non riusciva a stabilizzarsi in un valore fisso ma continuava a variare. - TRANSISTOR - Seconda prova in laboratorio con i transistor La seconda prova consisteva, come la precedente, nello studiare il comportamento di un transistor che passava dalla zona di saturazione alla zona attiva, questo doveva accadere non più variando Rc perché questo avrebbe comportato l’obbligo di utilizzare un trimmer (che era da escludere per via dei problemi riscontrati in alcune circostanze della prova precedente), oppure ci avrebbe costretti a variare continuamente la resistenza in modo da variare la Rc pur continuando ad utilizzare delle resistenze fisse. Escludendo entrambe le ipotesi perché troppo sconvenienti siamo giunti alla conclusione che potevamo avere lo stesso risultato variando la tensione Vcc. Quindi siamo partita da un livello di Vcc pari a 0,1V che ad ogni nuova misurazione veniva incrementato di 0,1V fino ad arrivare ad una Vcc uguale a 1V, dopo di che si aumentava la tensione di 1V a misura fino ad arrivare ad un valore massimo di Vcc pari a 10V. Per prima cosa abbiamo realizzato il circuito ossia dopo aver posizionato il transistor sulla bread board sempre prestando attenzione a non mettere più piedini sulla stessa colonna di fori per non cortocircuitare i terminali del transistor, abbiamo collegato i resistori Rb sul piedino connesso alla base, mentre il terminale connesso all’emettitore è stato collegato ancora a massa. Il collettore del transistor è stato collegato direttamente a Vcc che dovendo variare è stata collegata all’alimentatore impostato con una corrente massima in cortocircuito pari a 100mA. La resistenza Rb, che era stata collegata da un lato alla base, aveva un valore costante pari a 27Kohm; e invece dall’altro lato era stata collegata a una tensione pari a 2V che erano stati forniti anch’essi dall’alimentatore opportunamente tarato sia per la tensione che per la corrente massima in cortocircuito. Dopo aver effettuato 20 misure in queste circostanze la Vbb doveva essere portata a 2,5V per effettuare altre 20 prove ed infine si doveva portare la Vbb ad un valore pari a 1,5V con il quale, dopo aver registrato ulteriori 20 misurazioni, terminavamo la prova. Per rilevare i dati sono stati utilizzati un amperometro e un voltmetro, il primo inserito in serie al collettore del transistor e il secondo inserito in parallelo tra il collettore e l’emettitore del transistor. Il transistor utilizzato era ancora un 2N2222. +V cc = 0,1 10V A 27 Ib Kohm B Vbb Rb + Vbe - C Ic Vce Ie E V - TRANSISTOR - Seconda prova in laboratorio con i transistor Vcc (V) Ic (mA) Vce (V) 0,1 6,9 0,15 0,2 7,3 0,23 0,3 7,4 0,28 0,4 7,4 0,42 0,5 7,4 0,48 0,6 7,5 0,63 0,7 7,5 0,76 0,8 7,5 0,79 0,9 7,5 0,93 1,0 7,6 1,00 2,0 7,8 2,10 3,0 8,0 3,12 4,0 8,2 4,06 5,0 8,5 5,12 6,0 8,9 6,23 7,0 9,2 7,27 8,0 9,5 8,18 9,0 9,22 10,1 10,0 10,23 10,6 Come possiamo notare dai dati raccolti la Vce coincideva abbastanza con la Vcc, come è giusto che sia visto che tra il collettore e il filo positivo dell’alimentatore non sono state inserite resistenze in serie. Le nostre aspettative sono state confermate, infatti aumentando il valore di Vcc la corrente Ic aumentava ma aumentava anche la tensione Vce e questo faceva in modo di far passare il transistor dalla zona di saturazione alla zona attiva. Con questo nuovo tipo di circuito non sono stati riscontrati particolari problemi ma anche in questa occasione non è stato possibile completare lo svolgimento della prova causa la mancanza di tempo a nostra disposizione. - CONCLUSIONI: Anche in questo caso siamo riusciti a realizzare solo la prima delle tre prove che dovevano essere fatte in questa esperienza, anche se ciò che ci ha limitati in questo caso non sono stati problemi tecnici ma motivi temporali. Possiamo comunque dire di aver lavorato relativamente bene in entrambe le prove e cercando di ottenere un buon risultato che nel nostro caso si è realizzato. Comunque sia possiamo aggiungere di aver realizzato con mano due circuiti diversi, entrambi in grado di far passare un transistor dalla zona di saturazione alla zona attiva, pur seguendo due strade differenti quali: variando la Rc e variando la Vcc. - TRANSISTOR - Terza prova in laboratorio con i transistor La terza prova consisteva, nel realizzare una rete di polarizzazione in grado di soddisfare certe caratteristiche che ci erano state date come parametri fissi di partenza. Eravamo stati guidati nel realizzare un circuito in cui la Vcc e la Vbb erano uguali a +5V, la Ic doveva essere uguale a 5 mA e la Vce doveva essere uguale a 2,5V. I valori delle due resistenze Rc e Rb dovevano essere calcolati da noi e per verificarli dovevamo misurare i parametri che ci erano stati dati ( la Ic, la Ib e la Vce ) e confrontare i loro valori con quelli dati. Per prima cosa abbiamo realizzato il circuito ossia dopo aver posizionato il transistor sulla bread board sempre prestando attenzione a non mettere più piedini sulla stessa colonna di fori per non cortocircuitare i terminali del transistor, abbiamo collegato i resistori Rb sul piedino connesso alla base, mentre il terminale connesso all’emettitore è stato collegato ancora a massa. Il collettore del transistor è stato collegato a Vcc tramite una resistenza Rc che doveva essere appunto calcolata. A calcoli fatti il resistore Rc doveva avere valore pari a 500 ohm che corrispondevano ai 470 ohm valore commerciale. La resistenza Rb, che era stata collegata da un lato alla base del transistor e dall’altro anch’essa ai +5V, aveva un valore calcolato pari a 75,4 Kohm che fu sostituita da una resistenza dal valore commerciale pari a 82 Kohm. Le tensioni che c servivano erano state comodamente prelevate dal work bench. Questo è lo schema del circuito in questione: Vcc=+5V Questi sono i conti per il calcolo dei resistori: Rc Ic = 5mA Vce = Vcc/2 = 2,5V Rc = (Vcc - Vce)/Iv = 500 ohm => => Rc* = 470 ohm A C Vbb +5V Rb A B Ib Ic Vce Ie Vbe E V hFE = 87 hFE>IC/IB => Ib < Ic/hFE = 57uA Rb = (Vbb-Vbe)/Ib = 75,4 Kohm => => Rb* = 82 Kohm Valori misurati: Ic misurata = 5,62mA Ib misurata = 52,1uA Vce misurata = 2,36V CONCLUSIONI: I valori delle resistenze utilizzate si differenziano da quelle calcolate perché sono stati usati dei valori reali che sono stati scelti in modo da essere sicuri che il transistor non fosse in zona di saturazione. Questo ha comportato delle variazioni dei parametri misurati rispetto a quelli dati. Comunque possiamo dire che questa parte dell’esperienza è andata a buon fine. - TRANSISTOR - Terza prova in laboratorio con i transistor Dopo di che ci è stato detto di variare uno dei parametri per far si che il transistor passasse nella zona di saturazione, la Vce che in questo caso doveva essere circa uguale a 0. Per raggiungere questo risultato dovevamo variare la resistenza di base Rb il cui valore doveva essere calcolato tenendo conto che la Ic doveva essere sostituita dalla Ic_sta e ciò comportava una variazione anche della Ib. Vcc=+5V Questi sono i conti per il calcolo dei resistori: Rc Vce = 0V Ic_sat = Vcc/Rc = 10,6mA hFE = 87 HFE>Ic_sat/Ib => Ib < Ic_sat/hFE = 122uA A C Vbb +5V Rb A B Ib Ic Vce Ie Vbe E V Rb = (Vbb-Vbe)/Ib = 35,24 Kohm => => Rb* = 33 Kohm Valori misurati: Ic misurata = 10,20mA Ib misurata = 126,5uA Vce misurata = 105,6mV CONCLUSIONI: I valori delle resistenze utilizzate si differenziano anche in questo caso da quelle calcolate perché sono stati usati dei valori reali che sono stati scelti in modo da essere sicuri che il transistor fosse in zona di saturazione. Questo ha comportato delle variazioni dei parametri misurati rispetto a quelli dati. Comunque possiamo dire che anche questa parte dell’esperienza è andata a buon fine. Con queste due parti dell’esperienza abbiamo acquisito le capacità necessarie per progettare una rete di polarizzazione partendo da dei parametri dati e in base al risultato che volevamo ottenere. - TRANSISTOR - Terza prova in laboratorio con i transistor Ora ci è stato detto di variare il livello di tensione collegato alla base del transistor (Vbb) collegandone al suo posto un segnale unipolare (cioè puramente positivo) di frequenza 1KHz e di ampiezza 5V. Lo scopo era misurare, con l’aiuto dell’oscilloscopio, la tensione Vce. Queste sono state le uniche modifiche, almeno per il momento, in quanto le resistenze Rb e Rc e la Vcc sono rimaste costanti. Vcc=+5V Vi Rc C Rb B C H1 Gdf Ib Ic Vce Ie Vbe CH2 Vce t E t Poi abbiamo inserito in serie alla resistenza Rc un diodo led di color verde che cioè per far sì che si accendesse aveva bisogno di una tensione di 2,1V ai suoi capi e doveva essere attraversato da non più di 60mA. Precisamente il diodo era sistemato tra Vcc e la resistenza ed era rivolto con il catodo verso il resistore. Il diodo led così posizionato si accendeva solamente quando il transistor era in conduzione, quando cioè il segnale triangolare del generatore di funzione era a livello alto e quando l’oscilloscopio visualizzava un livello basso tra il collettore e l’emettitire del transistor. Per poter vedere questo lampeggio del led però è stato necessario abbassare notevolmente la frequenza raggiungendo circa 1Hz. Vcc=+5V CONCLUSIONI: LED VERDE Rc C Rb B Ib C H1 Gdf Ic Vce Ie Vbe E CH2 Questa ultima parte dell’esperienza ci è stata molto utile perché ci ha permesso di ricordare il funzionamento di altri tipi di diodi che avevamo studiato l’anno scorso, si tratta appunto dei diodi led. Questi particolari diodi, oltre che funzionare come dei diodi normali sono anche in grado di emettere luce se ai loro capi è stata applicata una tensione sufficiente e se è stata applicata nel modo corretto, cioè in modo che il potenziale maggiore sia posto sull’anodo e quello minore sul catodo. Quest’ultimo si riconosce perché è presente una smussatura vicino al terminale che lo contraddistingue. - TRANSISTOR - Terza prova in laboratorio con i transistor In fine, per terminare degnamente la prova ci è stato detto di sostituire il led con una lampadina da 3W e 12V, questo comportava la possibilità di togliere la Rc perché la lampadina conteneva già in se una resistenza. Quindi il nostro Vcc da 5V è stato sostituito con 12V, ma questa non è stata l’unica modifica, infatti abbiamo dovuto variare anche la Rb per far si che il transistor potesse andare lo stesso nella zona di saturazione. Vcc=+5V L1 Rc C Rb B Ib C H1 Gdf L1 = 3W - 12V E Ic_sat = P/V = 250mA Ic Ie Vbe Questi sono i conti per il calcolo della resistenza di base (Rb): Vce CH2 Ib > Ic/hFE = 2,5mA Rb < (Vbb-Vbe)/Ib = 1,72 Kohm => Rb* = 1,5 Kohm Poi abbiamo inserito in serie alla resistenza Rc un diodo led di color verde che cioè per far sì che si accendesse aveva bisogno di una tensione di 2,1V ai suoi capi e doveva essere attraversato da non più di 60mA. Precisamente il diodo era sistemato tra Vcc e la resistenza ed era rivolto con il catodo verso il resistore. La pila, così come il diodo led, si accendeva solamente quando il transistor era in conduzione, quando cioè il segnale triangolare del generatore di funzione era a livello alto e quando l’oscilloscopio visualizzava un livello basso tra il collettore e l’emettitire del transistor. Anche in questo caso per poter vedere il lampeggio della pila è stato necessario abbassare la frequenza sino a raggiungere circa 1Hz. CONCLUSIONI: Quest a era la prima volta che utilizzavamo una lampadina su un circuito completamente realizzato da noi. Possiamo dire che l’esperienza è andata a buon fine (anche se alcuni di noi avevano una luce molto debole per via del fatto che non era stata variata la Vcc ed era rimasta a 5V come nelle prove precedenti in luce dei 12V, oppure in altri casi non fu tolta la Rc) e così facendo abbiamo arricchito ancora le nostre conoscenze in materia. - TRANSISTOR - Quarta prova in laborat orio con i transistor La quarta prova consisteva, nel realizzare una rete di polarizzazione in grado di soddisfare certe caratteristiche che ci erano state date come parametri di partenza. Ci era stato detto di realizzare un circuito a partitore in cui la Vcc e la Vbb erano uguali a +12V, la Ib doveva essere uguale a 100 uA e la Vce doveva essere uguale a 5V. I valori di due delle quattro resistenze Rc e R1 dovevano essere, ancora una volta, calcolati da noi e per verificarli dovevamo misurare i parametri che ci erano stati dati ( la Ic, la Ib, la Vbe e la Vce ) e confrontare i loro valori con quelli dati. Per prima cosa abbiamo realizzato il circuito ossia dopo aver posizionato il transistor sulla bread board con gli stessi criteri, abbiamo collegato i resistori R1 sul piedino connesso alla base, R2 era stato collegato in parallelo tra il terminale connesso alla base e il terminale connesso all’emettitore, la Rc era stata collegata tra Vcc e il terminale connesso al collettore del transistor; mentre il terminale connesso all’emettitore è stato collegato ancora a massa. A calcoli fatti il resistore Rc doveva avere valore pari a 476,19 ohm che corrispondevano ai 390 ohm valore commerciale. La resistenza R1, che era stata collegata da un lato alla base del transistor e dall’altro anch’essa ai +12V, aveva un valore calcolato pari a 55,69 Kohm che fu sostituita da una resistenza dal valore commerciale pari a 68 Kohm. Le tensioni che c servivano erano state comodamente prelevate dal work bench. Questo è lo schema del circuito in questione: Vcc =+12V Questi sono i calcoli per determinare le resistenze R1 e Rc: Ic hFE = 147 R2 = 6,8 Kohm Ib = 100uA Vbe = VR2 = 0,7V Vce = 5V Vbb = Vcc = 12V VR1 = Vbb-VR2 = 11,3V I2 = VR2/R2 = 102,9uA I1 = Ib+I2 = 100+102,9 = 202,9uA R1 = (Vbb-Vbe)/I1 = 55,69 Kohm =>R1*= 68 Kohm Ic = Ib x hFE = 14,7mA Rc = (Vcc-Vce)/Ic = 476,19 ohm =>Rc* = 390 ohm Rc C R1 B Vbb=+12V I1 Ib R2 Vbe I2 Vce Ie E Questi sono i valori misurati da confrontare con i parametri che ci sono stati dati: Vce = 5,56V Vbe = 0,66V Ib = 81,8uA Ic = 15,4mA La seconda parte della prova consisteva nel far passare il transistor in zona di saturazione e quindi portare la Vce da un valore di circa 5V ad un valore vicino a 0V. Si doveva raggiungere questo risult ato tutti i parametri dati per eseguire la prova tranne appunto la Vce. Dovevamo mantenere costante anche la Rc. Per raggiungere il nostro scopo abbiamo dovuto calcolare la Ic, quindi la Ib, poi da I1 ed infine la R1. Questi sono i calcoli per determinare il nuovo valore della resistenza R1: Ic_sat = Vcc/Rc = 25,20mA Ib > Ic_sat/hFE = 171,42uA I1 = I2+Ib = 274,32uA R1 < VR1/I1 = 41,19 Kohm => R1* = 39 Kohm - TRANSISTOR - Quarta prova in laboratorio con i transistor CONCLUSIONI: Questa era la prima volta che utilizzavamo una rete di polarizzazione a partitore, la differenza con le reti di polarizzazione utilizzate in precedenza sta nel fatto che questa è caratterizzata da una resistenza in parallelo alla base e all’emettitore del transistor, cioè questa resistenza (R2) aveva una tensione applicata ai suoi capi pari alla Vbe. I valori misurati si differenziano abbastanza dai valori teorici per via del fatto che nella realizzazione pratica sono stati scelti dei resistori con valore commerciale molto diverso da quello calcolato. È il caso soprattutto della Rc che fu stata scelta molto più piccola del valore calcolato pur esistendo un valore commerciale più vicino a quello teorico; questo perché volevamo essere sicuri che il transistor non fosse in zona di saturazione. Ad essere sinceri potevamo prendere tranquillamente una Rc del valore di 470 ohm in luce dei 390 ohm, in questo modo il margine di errore si sarebbe ridotto notevolmente e il transistor non sarebbe andato lo stesso in saturazione perché la resistenza R1 aveva un buon margine. Nella seconda parte della prova, quando dovevamo far passare nella zona di saturazione il transistor, non siamo riusciti a misurare i nuovi valori dei parametri quali la Ic, la Ib, la I1 e la R1; e quindi non abbiamo potuto verificare se i nostri calcoli erano esatti. - Quinta prova in laboratorio con i transistor La quinta prova consisteva, nella progettazione e nel collaudo una rete di polarizzazione completa di partitore e resistenza di stabilizzazione. Le reti di polarizzazione a partitore con resistenza di stabilizzazione differiscono da quelle a partitore normale nell’aggiunta di una resistenza detta Re tra l’emettitore e massa. Trattandosi di un vero e proprio progetto dobbiamo seguire determinati criteri che ci sono stati forniti per l’occasione. - Dato il punto di lavori i criteri da seguire in fase di progettazione sono: 1_VRe è considerato circa uguale alla decima parte di Vcc; 2_I1 è considerato circa uguale alla ventesima parte di Ic; 3_ Misurare l’hFE del proprio transistor; 4_Dimensionare le resistenze; 5_Montare il circuito; 6_Misurare tutti i parametri; 7_Calibrare il tutto per ottenere il giusto punto di lavoro. Vcc=+12V Rc C R1 B Vbb=+1 2V I1 Ib R2 Vbe I2 E Ic Vce Ie Re Punto di lavoro: Vce = 5,5V e Ic = 8mA - TRANSISTOR - Quinta prova in laboratorio con i transistor Questi sono i calcoli per determinare le resistenze: Ie = Ib + Ic VRe = (1/10) x 12 = 1,2V I1 = (1/20) x 8 = 4mA VR2 = Vbe + VRe = 1,9V VR1 = Vbb - VR2 = 10,1V R1 = VR1/R1 = 25,25 Kohm Ib < Ic/hFE = 45,7uA Ie = Ib + Ic = 8,0457mA I2 = I1 - Ib = 354,3uA R2 = VR2/I2 = 5,36 Kohm Re = VRe/Ie = 149,14 ohm Rc = (Vcc - VRe - Vce)/Ic = 662,5 ohm Seguendo i vari punti dell’elenco “Criteri di progetto”, siamo arrivati a realizzare il circuito, poi abbiamo verificato i nostri calcoli misurando tutti i parametri del circuito. R1* = 27 Kohm R2* = 5,6 Kohm Rc* = 560 ohm Re* = 150 ohm Questi sono i dati misurati: Ic misurata = 8,06mA Ib misurata = 33uA Ie misurata = 7,59mA Vce misurata = 6,35V CONCLUSIONI: Come si può facilmente notare confrontando i valori misurati con quelli calcolati, esistono delle differenze abbastanza consistenti infatti la Ib misurata era 12,7uA più piccola rispetto alla stessa calcolata, la Ie misurata era 455,7uA più piccola rispetto a quella calcolata, la Vce misurata era 0,85V più grande rispetto a quella calcolata ed infine la Ic misurata era 690uA più grande rispetto alla stessa calcolata. Siccome l’ultimo punto dell’elenco dei criteri di progettazione consisteva nel calibrare l’intero circuito per raggiungere il giusto punto di lavoro, ci è stato detto di modificare il circuito, anche se in maniera molto leggera, in modo da raggiungere un risultato ottimale. La modifica consisteva in sostanza di inserire una resistenza variabile in serie alla Rc e di agire sulla vite del trimmer finchè non si ottenesse una tensione Vce ottimale insieme ad un livello di precisione della corrente Ic all’altezza della situazione. Nel nostro caso questo risultato è stato raggiunto con un valore del trimmer pari a 120 ohm, dato che fu misurato grazie all’ohmetro dopo aver estratto il trimmer dal circuito, in modo che non fosse sottoposto a tensione se non quella dello strumento di misura. Dopo di ciò sono state effettuate tutte le misure con il trimmer inserito e, come possiamo notare dai dati raccolti, siamo riusciti a creare un circuito molto più coerente con i parametri di partenza e con i valori calcolati. Concludendo possiamo dire che con questa prima parte dell’anno abbiamo ampliato le nostre conoscenze sia per quanto riguarda i diodi, parlando appunto dei diodi Zener e delle relative applicazioni in circuiti limitatori e raddrizzatori, sia per quanto riguarda i transistor in cui oltre ad averli visti come “interruttori” l’anno scorso stiamo cominciando a vederli anche come amplificatori (quando il loro funzionamento era concentrato nella zona attiva); con ciò ci stiamo pian piano dirigendo verso l’elettronica analogica.