STUDIO DIODI, TRANSISTOR E CIRCUITI CON SCOPO DI

Its Einaudi, Montebelluna
30/09/2005
STUDIO DIODI, TRANSISTOR E
CIRCUITI CON SCOPO DI
LIMITATORI E RADDRIZZATORI
Bressan Fabio
A.s. 2005/06
Sig.
Sig.
Caliendo Quartilio
Bertelli Alessandro
DIODI
- DIODI
I Diodi vengono definiti come elementi non lineari, passivi e sono dei bipoli. Quindi, il termine
bipoli li definisce inquanto collegati tramite l’esterno mediante due terminali che, a differenza
di altri elementi elettronici quali per esempio i resistori, sono ben definiti e vengono chiamati
Anodo e Catodo. I diodi non sono detti lineari perché hanno una caratteristica VoltAmpèrometrica definita, per esempio, da una curva esponenziale a differenza dai resistori
che sono elementi lineari aventi una caratteristica Volt-Ampèrometrica definita da una retta
passante per l’origine. In fine sono detti passivi perché non in grado di fornire energia cioè
non riescono a creare una differenza di potenziale ma, in conduzione, si comportano come
dei generatori passivi del valore di V , cioè assorbono corrente. Questi componenti sono
caratterizzati dal fatto che permettono il passaggio della corrente solo in un senso, cioè solo
se sono polarizzati in maniera diretta. Per questa ragione abbiamo detto che i due piedini dei
diodi sono ben definiti. Per garantire il corretto funzionamento dei diodi l’anodo deve essere
collegato al potenziale maggiore, mentre il catodo deve essere collegato al potenziale
minore. I diodi si presentano come dei cilindri dalle cui basi spuntano i due terminali, per
distinguere l’anodo dal catodo vicino a quest ’ultimo è presente sul cilindro un anello di color
nero. Non è tutto, affinchè il diodo conduca ai suoi capi dev’esserci una tensione di almeno
0,6-0,7V. Questa tensione è detta tensione di soglia del diodo che è pari a circa 0,7V se si
tratta di un diodo al silicio o a circa 0,2V se si tratta di un diodo al germanio. Queste, o
tensioni maggiori, permettono al diodo di condurre e di comportarsi come un corto circuito;
tensioni inferiori fanno si che il diodo si comporti come un circuito aperto. Però se si applica
una tensione inversa dell’ordine di un centinaio di ohm si può raggiungere la tensione di
Break Down; in questo caso il diodo verrebbe rovinato irreparabilmente. I diodi sono
largamente utilizzati come circuiti limitatori e raddrizzatori ad una sola semionda.
- SIMBOLO DEL DIODO
- CARATTERISTICA VOLT-AMPEROMETRICA REALE
I
A+
- K
I
A: Anodo
K: Catodo
V
- CARATTERISTICA VOLT-AMPEROMETRICA IDEALE
I
V
Vak
(semplificata)
Vak
- DIODI
- ESEMPIO: diodo ON e diodo OFF
R
Per Vak < V
VG
=> Diodo OFF => I = 0
Per Vak >= V
Vak
- DIODO ON
=> Diodo ON => I > 0
- DIODO OFF
( VG >= V )
( VG < V )
Il diodo in conduzione (ON) può essere
identificato come un generatore passivo
(assorbe corrente) del valore di V .
Circuito aperto
R
R
A
VG
A
Vak
VG
Vak
K
Vak = V
K
Vak = VG
- CIRCUITI LIMITATORI
I diodi risultano molto utili se non addirittura essenziali nella realizzazione dei circuiti limitatori e
raddrizzatori.
I circuiti limitatori sono in grado di limitare un segnale elettrico. Questi circuiti sono spesso
contenuti in quadripoli, dove per quadripoli s’intende un qualsiasi elemento elettronico
collegato con l’esterno mediante quattro terminali, due d’ingresso e due di uscita.
I circuiti limitatori sfruttano le caratteristiche di un resistore e quelle di un diodo, che sono
collegati all’interno del quadripolo nel seguente modo:
R
D
Immaginiamo di alimentare questo circuito con un segnale
bipolare simmetrico 10 Vpp, e studiamone il comportamento. Per
comodità dividiamo il funzionamento del generatore di funzione in
due pile da 5V. Nel primo caso consideriamo la pila con il più
rivolto verso il basso, cioè imprimiamo alla corrente un senso di
percorrenza antiorario. In questo caso la corrente tenderà a
percorrere il diodo ma, incontrandone il terminale connesso al
catodo, non riuscirà a passare, questo implicherà una tensione di
-5V ai morsetti di uscita del limitatore. In questo primo caso il
nostro circuito non modifica il segnale d’ingresso.
+
-
- DIODI
- CIRCUITI LIMITATORI
Ora immaginiamo di invertire la pila, cioè imprimiamo alla
corrente un senso di percorrenza orario. Ora la corrente è
obbligata a passare attraverso la resistenza e subito dopo
attraverso il diodo che funziona come un circuito chiuso anche se
assorbe circa 0,6-0,7 V. Dopo di ciò la corrente si scaricherà a
massa, questo implicherà una tensione di 0,6-0,7V ai morsetti di
uscita del limitatore. In ora il nostro circuito dimostra
completamente il suo funzionamento, infatti possiamo facilmente
notare come partendo da un segnale d’ingresso pari a 10 Vpp, in
uscita avremo un segnale puramente negativo da -5 V.
R
+
D
-
Vi
+5V
-0,6/0,7V
t
- CIRCUITI RADDRIZZATORI
(AD UNA SEMIONDA)
Questo non è l’unico tipo di circuito in cui i diodi sono essenziali, infatti ora vedremo un
esempio di circuiti raddrizzatori e noteremo l’importanza dei nostri bipoli anche in questo
utilizzo. I circuiti raddrizzatori servono per raddrizzare un segnale d’ingresso, cioè immaginiamo
di avere in ingresso un segnale 10 Vpp e dobbiamo alimentare un integrato a 5V. Per fare ciò
dobbiamo rendere il segnale puramente positivo, ma attenzione, questo non vuol dire
traslare il segnale in modo da farlo diventare unipolare da 10V; bensì eliminare la parte
negativa del bipolare simmetrico 10 Vpp.
D
R
Come nella precedente prova, quella relativa ai circuiti limitatori,
immaginiamo di scindere il generatore di funzione in due
generatori di corrente continua a 5V, nel primo caso consideriamo
la pila con il + rivolto verso il basso, come illustrato nel disegno, e
questo implicherà una corrente con verso antiorario che dopo
aver attraversato la resistenza incontrerà il catodo del diodo e
quindi non riuscirà a chiudere il circuito. In questo primo caso ai
piedini di uscita avremo una tensione pari a 0V.
+
- DIODI
- CIRCUITI RADDRIZZATORI (AD UNA SEMIONDA)
Ora immaginiamo di invertire la pila, cioè imprimiamo alla
corrente un senso di percorrenza orario. Ora la corrente
D
+
R
passerà attraverso il diodo e poi attraverso la resistenza.
Dopo di ciò la corrente si scaricherà a massa, questo
implicherà una tensione di 4,3-4,4V ai morsetti di uscita del
Vi
limitatore, questa perdita è causata come sempre dal
+5 V
4,3/4,4V
diodo. Il nostro circuito mostra tutto il suo funzionamento,
possiamo infatti notare come partendo da un segnale
t
d’ingresso pari a 10 Vpp, in uscita avremo un segnale
puramente positivo da +5 V.
La differenza maggiore tra i due circuiti che abbiamo
- CARATTERISTICA DI TRASFERIMENTO analizzato finora è che il primo avrebbe potuto limitare la
tensione a qualsiasi livello variandolo solo poche parti o
Vo
addirittura tagliare un segnale sia nella parte positiva sia in
quella negativa, mentre i circuiti raddrizzatori di solito
vengono impiegati per tagliare la parte negativa di un
segnale.
Vi
0,6/0 ,7V
- ESPERIENZE CON I CIRCUITI LIMITATORI E RADDRIZZATORI
Prima prova di una serie di esempi di circuiti limitatori.
1 Kohm
Vo
R
10 Vpp
Vi
+5V
D
1N4148
+5V
CH2
0,6/0,7V
0,6/0,7V
Vi
ANALISI:
Vi>=0,7V
Vi<=-0,7v
=>
=>
DIODO ON =>
DIODO OFF =>
t
VAK=0,7v
VAK=Vi
Nel primo esempio abbiamo realizzato un circuito in grado di limitare un segnale d’ingresso
bipolare simmetrico 10 Vpp con frequenza pari ad 1 Khz a 0,6-0,7V e -5V, più semplicemente
limitare a -5V un segnale che sarebbe andato da +5V a -5V. Questo grazie alla particolare
capacità di un diodo di lasciar passare la corrente solo in un senso. Nel nostro caso, quando
la corrente girava in senso orario, dopo aver percorso la resistenza, entrava nell’anodo del
diodo e fuoriusciva dal catodo chiudendosi a massa. Però attraversando il diodo si aveva la
solita caduta di tensione pari a 0,6-0,7V, che era la tensione che avremo avuto all’uscita del
limitatore. Mentre quando la corrente girava in senso antiorario, cioè quando il segnale
d’ingresso diventava negativo, non riusciva a percorrere il diodo perché incontrava il catodo
del diodo e quindi si ripresentava in uscita una tensione pari a -5V. Naturalmente per
generare il segnale è stato indispensabile l’utilizzo del generatore di funzione, mentre per
rilevare questi dati abbiamo sfruttato l’oscilloscopio che con i suoi due canali (CH1 e CH2) ci
ha permesso con il primo di verificare se il segnale d’ingresso era coerente con quello che
volevamo realizzare e con il secondo abbiamo potuto notare la mutazione del segnale in
uscita. Questo ci ha permesso di ricordare il funzionamento e le varie funzioni
dell’oscilloscopio e di impararne di nuove quali la caratteristica di trasferimento coerente con
il tasto X,Y. Per effettuare le misurazioni abbiamo dovuto fare attenzione a connettere uno dei
due terminali a massa, questo riguardava solo il canale 2, perché l’altro essendo connesso al
generatore di funzione non necessitava di ulteriori modifiche.
- DIODI
- ESPERIENZE CON I CIRCUITI LIMITATORI E RADDRIZZATORI
Seconda prova di una serie di esempi di circuiti limitatori.
1 Kohm
Vo
Vi
R
10 Vpp
+5V
D
1N4148
CH2
0,6/0,7V
Vi
0,6/0,7V
t
ANALISI:
Vi<=0,7V
Vi>=-0,7v
=>
=>
DIODO ON =>
DIODO OFF =>
VAK=0,7v
VAK=Vi
Nel secondo esempio abbiamo realizzato un circuito in grado di limitare un segnale
d’ingresso bipolare simmetrico 10 Vpp con frequenza pari ad 1 Khz a +5V e -0,6-0,7V, più
semplicemente limitare a +5V un segnale che sarebbe andato, come il precedente, da
+5V a -5V. In questo caso, quando la corrente girava in senso orario, dopo aver percorso la
resistenza, tentava di entrare nell’catodo del diodo non riuscendovi, questo provocava una
tensione de +5V ai morsetti di uscita del limitatore. Mentre quando la corrente girava in senso
antiorario, cioè quando il segnale d’ingresso diventava negativo, incontrava l’anodo del
diodo. In questo caso la corrente riusciva tranquillamente a percorrere il diodo anche se ciò
implicava una caduta di tensione pari a 0,6-0,7V e questa tensione si riproduceva in uscita.
Praticamente invertendo i poli del diodo abbiamo creato un circuito che con lo stesso
segnale d’ingresso dava in uscita una tensione opposta rispetto all’altro circuito.
Terza prova di una serie di esempi di circuiti limitatori.
1 Kohm
Vo
R
10 Vpp
D
Vi
+5V
1N4148
CH2
1,4V
1,4V
ANALISI:
Vi>=1,4V
Vi<=-1,4v
Vi
=>
=>
DIODI ON
DIODI OFF
=>
=>
t
VAK=1,4v
VAK=Vi
Nel terzo esempio abbiamo costruito un circuito simile a quello che avevamo creato nel
primo esempio, cioè abbiamo girato di nuovo il diodo dopo la seconda prova ma questa
non è stata l’unica modifica, infatti abbiamo aggiunto un secondo diodo con lo stesso verso
del primo. Quindi a realizzazione completata il circuito si presenta come un quadripolo con
all’interno una resistenza e due diodi in serie, i quali hanno entrambi l’anodo rivolto verso la
resistenza e con i morsetti di uscita collegati in parallelo ai due diodi. Nel nostro caso a questi
due terminali è stato collegato il canale CH2 dell’oscilloscopio. Il funzionamento di questo
nuovo circuito è coerente con quello dei due precedenti con l’unica differenza che al posto
dei 0,6-0,7V con i diodi ON questa volta abbiamo 1,4V perché le due cadute di tensione si
sommavano. Più precisamente, immaginiamo sempre di dividere il nostro segnale d’ingresso
in due pile come negli esempi precedenti, se avessimo una pila con il + rivolto verso l’alto la
corrente dopo aver attraversato la resistenza, entrava nei due diodi che imponevano una
caduta di tensione pari a 1,4V che si riproponeva ai morsetti di uscita del quadripolo; mentre
con la pila rovesciata, cioè con il + rivolto verso il basso, la corrente non riusciva a percorrere
i due diodi perché ne incontrava il piedino connesso all’anodo e questo riproponeva ai capi
dei piedini di uscita la stessa tensione d’ingresso, ovvero -5V.
- DIODI
- ESPERIENZE CON I CIRCUITI LIMITATORI E RADDRIZZATORI
Quarta prova di una serie di esempi di circuiti limitatori.
1 Kohm
Vo
R
D2
10 Vpp
D1
1N4148
CH2
D3
1,4V
1,4 V
0,6/0,7V
ANALISI:
Vi
Vi>=1,4V
=> DIODI ON
=> VAK=1,4V
Vi<=-0,7V => DIODI ON
=> VAK=-0,7V
-0,7<=Vi<=1,4V => DIODO OFF => VAK=Vi
Nel quarto esempio è stato realizzato un circuito in grado di limitare un segnale d’ingresso
bipolare simmetrico 10 Vpp con frequenza pari a 1 Khz a +1,4V e -0,6-0,7V.Questo circuito
differisce se pur minimamente da quelli realizzati in precedenza. In questo caso sono stati
utilizzati tre diodi che permettevano al circuito di limitare il solito segnale d’ingresso da
entrambi i lati. Più precisamente quando la corrente girava in senso orario, dopo aver
percorso la resistenza, tentava di entrare nell’catodo del diodo D1 non riuscendovi,
continuando il suo percorso incontrava altri due diodi D2 e D3 che la lasciavano passare
assorbendo i soliti 0,7V ogniuno. Questo provocava una tensione di +1,4V ai morsetti di uscita
del limitatore. Mentre quando la corrente girava in senso antiorario, cioè quando il segnale
d’ingresso diventava negativo, incontrava l’anodo del diodo D1 e quindi la corrente riusciva
tranquillamente a percorrerlo anche se ciò implicava una caduta di tensione pari a 0,6-0,7V
e questa tensione si riproduceva in uscita. Praticamente con tre diodi abbiamo creato un
circuito che era in grado di limitare la corrente da entrambi i lati. Anche in questo caso ai
terminali di uscita del quadripolo avevamo connesso l’oscilloscopio.
Quinta prova di una serie di esempi di circuiti limitatori.
1 Kohm
R
D1
1N4148
D2
+
D3
-
10 Vpp
Vo
1,4 V
CH2
=>
ANALISI: Vi>=1,4V
Vi<=-2,6V =>
-2,6<=Vi<=1,4V
-2,6V
Vi
-2,6V
DIODI ON
=> VAK=1,4V
DIODI ON
=> VAK=-2,6V
=> DIODO OFF => VAK=Vi
Nel quinto esempio abbiamo mantenuto il circuito della quarta prova con l’unica differenza
che abbiamo inserito in serie al diodo D1 una pila da 2V con il + rivolto verso massa e il collegato all’anodo del diodo D1.Il nostro circuito funzionava così: quando la corrente girava
in senso orario, dopo aver percorso la resistenza, tentava di entrare nell’catodo del diodo D1
non riuscendovi, continuando il suo percorso incontrava altri due diodi D2 e D3 che la
lasciavano passare assorbendo ancora una volta 1,4V.Fino ad ora il funzionamento è
analogo a quello del precedente circuito, quello senza pila sul ramo di D1. Ma quando il
segnale imposto dal generatore di funzione diventava negativo non erano più sufficenti
0,6/0,7V per far sì che la corrente potesse percorrere D1 ma ora ne erano necessari circa
2,6V perché oltre alla tensione assorbita dal diodo bisognava vincere la forza elettromotrice
della pila. In questo modo abbiamo realizzato un circuito limitatore che limita la corrente a
+1,4V e -2,6V, dove per misurare i precedenti valori abbiamo utilizzato ancora una volta
l’oscilloscopio che come nelle prove precedenti ci ha permesso di verificare i valori teorici
raggiunti mediante i calcoli.
- DIODI
- ESPERIENZE CON I CIRCUITI LIMITATORI E RADDRIZZATORI
Sesta prova, primo esempio di circuito raddrizzatore.
1N4148
10 Vpp
Vo
Vi
+5V
+4,4V
D
1 Koh m
R
CH2
0,4V
0,4V
Vi
t
ANALISI:
Vi>=0,7V
Vi<=0,7v
=>
=>
DIODO ON =>
DIODO OFF =>
Vu=Vg-V V
Vu=0V
Nella sesta prova abbiamo realizzato un circuito in grado di raddrizzare un segnale d’ingresso
bipolare simmetrico 10 Vpp con frequenza pari a 1 Khz a +5V; il segnale sarebbe andato,
come i precedenti, da +5V a -5V. Questa era la prima volta che realizzavamo un circuito
raddrizzatore. Anche se a prima vista sembra identico ad un limitatore sia dal punto di vista
della realizzazione sia dal punto di vista del funzionamento, esiste una consistente differenza
soprattutto nel segnale di uscita del quadripolo che contieni il raddrizzatore. Questa
differenza è data dal fatto che al contrari dei circuiti limitatori che “tagliano” un segnale
d’ingresso a dei valori stabiliti, i circuiti raddrizzatori mantengono la stessa forma d ’onda senza
tagliarla ma ne “abbassano” i valori con una caduta di tensione pari a quella del diodo in
conduzione. Dal punto di vista della realizzazione invece notiamo come la posizione del
diodo e della resistenza siano stati invertiti. Analizziamo ora più precisamente il nostro circuito.
Come di consueto scindiamo il segnale d’ingresso del segnale in due pile. Nel primo caso
facciamo in modo di imprimere alla corrente un senso di rotazione orario, in questo caso,
dopo aver percorso il diodo senza particolari problemi per via del fatto che entrava
dall’anodo del diodo, la corrente entrava nella resistenza e terminava il suo percorso a
massa. Ai terminali di uscita del quadripolo, che erano collegati ai capi della resistenza, con
l’oscilloscopio visualizzavamo un segnale simile a quello d’ingresso con l’unica differenza che
era abbassato di 0,6V. Mentre immaginando di invertire la pila e di conseguenza imponendo
alla corrente un senso di rotazione antiorario, quest’ultima dopo aver percorso la resistenza
incontrava il catodo del diodo che la costringeva a fermarsi, perciò in uscita avevamo una
tensione pari a 0V. I dati misurati con l’oscilloscopio non coincidevano perfettamente con le
nostre aspettative, infatti al posto di una caduta di tensione pari a 0,6/0,7V ai capi del diodo
quando era ON misuravamo una caduta di 0,4V. Naturalmente i valori risultavano giusti
comunque.
- DIODI
- ESPERIENZE CON I CIRCUITI LIMITATORI E RADDRIZZATORI
Settima prova di una serie di esempi di circuiti limitatori.
1 Kohm
Vo
R
D1 1N414 8
+
-
D2
+
-
CH1 10
Vpp
Vi
+5V
CH2
2,4V
Vi
-3,7V
t
-3,7V
ANALISI:
Vi>=1,4V
Vi<=-1,4v
=>
=>
DIODI ON
DIODI OFF
=>
=>
VAK=1,4v
VAK=Vi
Nell’ultima prova di questa prima serie di esempi è stato realizzato di nuovo un circuito
limitatore nel quale sono state introdotte ben due pile, la prima in serie con il diodo D1 e la
seconda in serie con il diodo D2. Entrambe le pile come tutte le pile già utilizzate in
precedenza e quelle che useremo in futuro sono tutte realizzate tramite un alimentatore a
doppio corpo opportunamente tarato e nel quale è stata impostata una corrente massima
di cortocircuito pari a 100mA che si sarebbe rivelata essenziale per salvare strumenti e
componenti nel caso in cui con un nostro errore avessimo messo in cortocircuito qualcosa. Si
tratta di un circuito limitatore, perciò i terminali di uscita sono collegati ai capi dei diodi,
mentre nei circuiti raddrizzatori i piedini di uscita sono collegati ai capi della resistenza che
prende la posizione del diodo. Analizzando il circuito possiamo notare come le due pile
abbiano un compito essenziale per il corretto funzionamento del suddetto circuito, con
questo non s’intende affermare che il circuito non funzionerebbe senza le pile ma si vuole
semplicemente dire che avrebbe avuto un funzionamento diverso. Più precisamente,
considerando sempre di dividere il generatore di funzione in due pile da 5V, notiamo come
se imponessimo alla corrente un senso di rotazione orario, cioè sistemando la pila con il
terminale positivo verso l’alto, dopo aver attraversato la resistenza la corrente entri nel diodo
D1 e non in D2, infatti nel primo incontrò l’anodo e nel secondo incontrò il catodo. Però
questa volta attraversando D1 non subì la solita caduta di tensione di 0,7V ma grazie alla pila
posizionata in serie e di tensione pari a 1,5V con il terminale positivo posto verso l’alto le due
tensioni finiscono col sommarsi e quindi ai terminali di uscita avremmo una differenza di
potenziale pari a 2,2V ma il valore misurato ammonta a circa 2,4V. Immaginiamo ora di
invertire la pila sistemata al posto del generatore di funzione, noteremo ora che per il diodo
D1 non sarebbe passata corrente, invece questa volta la corrente sarebbe riuscita ad
attraversare il diodo D2 ma anche qui la caduta sarebbe stata maggiore rispetto a quella di
un diodo in conduzione. Infatti anche qui avevamo una pile in serie con il diodo D2 ma
questa aveva una tensione pari a 3V con il terminale positivo rivolto verso il basso. Questo
comportava una caduta di tensione pari a 3,7V ai terminali di uscita del quadripolo
contenente il limitatore dove l’oscilloscopio ha confermato precisamente le nostre
aspettative basate su calcoli.
DIODI ZENER
- DIODI ZENER
I Diodi Zener sono dei diodi un po’ particolari nel senso che racchiudono in se le
caratteristiche dei diodi normali e non solo, infatti possono condurre sia in un senso che
nell’altro in particolari condizioni. Più precisamente quando il terminale connesso all’anodo è
ad un potenziale maggiore rispetto al catodo, cioè quando la corrente attraversa il diodo
entrando dall’anodo si ha una caduta di tensione uguale a quella di un diodo normale in
conduzione (Diodo ON), cioè 0,6/0,7V. Quando invece il terminale connesso all’anodo è ad
un potenziale minore rispetto al catodo, cioè quando la corrente tenta di attraversare il diodo
entrando dal catodo il diodo si comporta come un diodo normale e non la lascia passare
ma se la tensione applicata ai capi del diodo è abbastanza alta e supera un certo limite il
diodo ricomincia a condurre (Diodo ON Zener). La tensione che delimita la capacità di un
diodo Zener di condurre in senso opposto rispetto ad un diodo normale si dice Tensione di
Zener e si scrive come Vz. Praticamente un diodo Zener funziona come un diodo normale
quando la corrente entra dall’anodo e si comporta sempre come un diodo anche quando
la corrente entra dal catodo ma in questo caso la caduta di tensione è di un valore ben
definito che varia dal valore commerciale di ogni diodo. Come vedremo i diodi Zener sono
molto utilizzati sia nei circuiti limitatori sia nei circuiti raddrizzatori per via delle loro particolare
caratteristica di poter condurre in ambedue le direzioni sotto particolari condizioni.
Praticamente un diodo Zener da solo è in grado di mutare un segnale d’ingresso come
avrebbe fatto un circuito costruito con due diodi normali e due generatori di corrente
continua opportunamente tarati come avevamo fatto nella prova precedente.
- SIMBOLO DEL DIODO ZENER
- CARATTERISTICA VOLT-AMPEROMETRICA REALE
I
A+
- K
A: Anodo
K: Catodo
Vz
V
- SCHEMA GENERICO RELATIVO AL DIODO ZENER
R
Vg
D
ANALISI:
Vg<=-V
=>
DIODI ON
Vg>=Vz
=>
-V <=Vg<=Vz
=>
Vu=0,7v
I=
DIODI ON ZENER
=>
Vu=Vz
I=
=> DIODO OFF
=>
Vu=Vg
I=0
Vak
- DIODI ZENER
- ESEMPIO DIODO ZENER: diodo ON, diodo ON ZENER e diodo OFF
R
A
Vg
Per Vak < V => Diodo OFF => I = 0
Per Vak >= V => Diodo ON => I > 0
Vak
D
K
Anche il diodo Zener in conduzione (ON) può
essere identificato come un generatore
passivo (assorbe corrente) del valore di V se
conduce come un diodo normale e del
valore di Vz se conduce come Zener.
Circuito aperto
- DIODO OFF
- DIODO ON
- DIODO ON ZENER
( -V <= VG <= Vz )
( Vg <= -V )
( Vg>=Vz )
R
R
A
Vg
R
A
Vz
Vg
A
Vg
V
K
Vak
K
Vak = Vz
K
Vak = V
- SEGNALE ALL’INGRESSO
Vak = Vg
- SEGNALE ALL’USCITA
Vi
- CARATTERISTICA DI TRASFERIMENTO
Vi
Vo
+Vg
+3,3V
+Vz
-V
t
-Vg
t
-0,6/0,7V
Vi
- DIODI ZENER
- ESPERIENZE CON I CIRCUITI LIMITATORI E RADDRIZZATORI
Ottava prova di una serie di esempi di circuiti limitatori.
I diodi Zener risultano molto utili nella realizzazione dei circuiti limitatori e raddrizzatori il cui
compito sia tagliare il segnale a dei livelli prestabiliti, oppure raddrizzare un segnale collegato
ai morsetti d’ingresso, da entrambe le semionde.
I circuiti limitatori e raddrizzatori costruiti con i diodi Zener sono praticamente identici a quelli
realizzati con i diodi normali, l’unica differenza sono appunto i diodi impiegati.
1 Kohm
Vi
R
3V
1N4148
+
-
D1
+
-
10
Vpp
D2
1,5V
Vo
+5V
CH2
-0,8V
t
-0,8V
Vi
-3,6V
-3,6V
ANALISI:
Vg>=-0,7V => DIODO D2 ON
Vg<=-3,8V => DIODO D1 ON
-0,8<=Vg<=-3,8 => DIODO OFF
=>
=>
=>
Vu=-0,8V
Vu=-3,6V
Vu=Vg
Anche in questa prova, come nella precedente, abbiamo realizzato un circuito limitatore con
due diodi normali e due pile in serie con i diodi, in grado di tagliare un certo segnale
d’ingresso da entrambi i lati.
Immaginiamo di alimentare ancora una volta questo circuito con un segnale bipolare
simmetrico 10 Vpp con frequenza pari ad 1 Khz, e studiamone il comportamento. Come
sempre, per comodità, dividiamo il funzionamento del generatore di funzione in due pile da
5V. Nel primo caso consideriamo la pila con il più rivolto verso l’alto, cioè imprimiamo alla
corrente un senso di percorrenza orario. In questo caso la corrente tenderà a percorrere il
diodo D1 ma, incontrandone il terminale connesso al catodo, non riuscirà a passare, allora
tenterà di percorrere il diodo D2 e questa volta riusciva a passare infatti incontrò l’anodo. In
questo caso ai terminali di uscita non avremo la solita caduta di tensione di 0,7V, ma avremo
una tensione pari a -0,8V perché la pila in serie aveva un valore di 1,5V ed era concorde con
quella che sostituiva il generatore di funzione, quindi se noi sottraiamo al valore della pila
()1,5V la caduta provocata dal diodo in conduzione (0,7V) misureremo in uscita un valore pari
a 0,8V. Poi immaginiamo di invertire i terminali della pila sistemata al posto del generatore di
funzione e di posizionare il terminale positivo verso il basso in modo da imprimere alla
corrente un senso di percorrenza antiorario. Ora la corrente non riuscendo ad attraversare D2
ma D1 sì; però, in questo caso, la caduta di tensione in uscita sarà pari a 3,7V e infatti noi
avevamo misurato con l’oscilloscopio 3,6V tra i morsetti di uscita. Questo perché, la pila in
serie a D1 del valore di 3V, è stata sistemata in modo da avere verso discorde rispetto alla
pila messa all’ingresso e ciò comportava che la caduta di tensione ai capi del diodo in
conduzione e quella della stessa pila in serie si sommassero.
- DIODI ZENER
- ESPERIENZE CON I CIRCUITI LIMITATORI E RADDRIZZATORI
Nona prova di una serie di esempi di circuiti limitatori.
In questa nona prova abbiamo realizzato il primo circuito limitatore con un diodo Zener;
questo ci ha permesso di semplificare notevolmente il circuito pur ottenendo lo stesso
risultato.
1Kohm
Vi
R
10 Vpp
D
Vo
+5V
Vz = 3,3V
3,3V
-0,7V
t
-0,7V
Vi
ANALISI:
Vg>=+3,3V
=> DIODO ON ZENER =>
Vg<=-0,7V => DIODO ON => Vu=-0,7V
-0,7V<=Vg<=+3,3V
=> DIODO OFF
=>
Vu=+3,3V
Vu=Vg
Finalmente abbiamo sperimentato il funzionamento di un diodo Zener in laboratorio. Ancora
una volta abbiamo collegato ai piedini d’ingresso del quadripolo un segnale sinusoidale
bipolare simmetrico da 10 Vpp con frequenza pari ad 1 Khz. Come di consueto questo
segnale è poi stato scinto in due pile da 5V ciascuna. Per prima cosa consideriamo di
collegare la pila con il piedino positivo verso l’alto in modo da costringere la corrente a girare
in senso orario. In questo, dopo aver attraversato la resistenza, la corrente incontra il catodo
del diodo Zener che la lascia passare comportando però una caduta di tensione pari a Vz
che nel nostro caso corrispondeva a 3,3V. Girando la pila e quindi obbligando la corrente a
compiere il percorso in senso inverso, notiamo come incontrando il diodo riuscisse ad
attraversa rlo entrando dall’anodo e quindi subendo una caduta di tensione pari a 0,7V;
questo perché ricordiamo che un diodo Zener attraversato da una corrente, entrante
dall’anodo, si comporta come un diodo normale in conduzione. Le cadute di tensione ai
capi del diodo, che avevamo ipotizzato prima nell’uno e poi nell’altro caso, sono poi state
verificate grazie all’oscilloscopio; questo si spiega ricordando che i due terminali di uscita di
un quadripolo contenente un circuito limitatore sono collegati ai capi del diodo.
- DIODI ZENER
- ESPERIENZE CON I CIRCUITI LIMITATORI E RADDRIZZATORI
Decima prova di una serie di esempi di circuiti limitatori.
1Kohm
Vi
R
10 Vpp
Vo
+5V
D
+3,7V
+3,7V
Vz = 3,3V
t
Vi
ANALISI:
Vg>=+4V
Vg<=+4V
=>
=>
DIODO ON =>
DIODO OFF =>
Vu=+3,5V
Vu=Vg
In questa decima prova, la seconda con il diodo Zener abbiamo verificato le caratteristiche
si un diodo normale sommate a quelle di un diodo Zener. Le caratteristiche dei diodi sono
state sperimentate in un circuito limitatore nel quale i due diodi erano stati sistemati in modo
da avere due versi opposti, più precisamente dopo la resistenza, cioè partendo dall’alto,
incontriamo il diodo normale con il catodo verso il basso e subito dopo c’è il diodo Zener con
il catodo rivolto verso l’alto. Ai morsetti d’ingresso del quadripolo è stato mandato ancora una
volta un segnale bipolare simmetrico 10 Vpp con frequenza pari ad 1 Khz, che per rendere
più facile lo studio del nostro limitatore verrà diviso nelle solite due pile immaginarie da 5V
che collegheremo in due diversi momenti. Per cominciare colleghiamo la pila con il
terminale positivo rivolto verso l’alto in questo modo imprimiamo un verso orario alla corrente
che dopo aver attraversato la resistenza attraverserà il diodo subendo la solita caduta di 0,7V
e poi attraversando il diodo Zener subirà una caduta di tensione di 3,3V che era il valore
commerciale del diodo Zener impiegato. Ciò implica che con la pila rivola verso l’alto ai
terminali di uscita del limitatore avremo una caduta di tensione pari alla somma delle due
singole cadute, questo perché trattandosi di un circuito limitatore i terminali di uscita sono
collegati ai capi dei due diodi anche se con l’oscilloscopio misuravamo una tensione pari a
3,7V in luce dei 4V. Secondo noi questa differenza è causata dalle nostre non ancora ottimali
capacità di lettura dell’oscilloscopio, dall’imprecisione con è stato regolato il generatore di
funzione e sicuramente un minimo di errore è stato causato da i componenti usati. Possiamo
comunque dire che il risultato è coerente con le nostre aspettative. Analizziamo ora il caso in
cui la pila sia stata collegata con il terminale positivo rivolto verso il basso e costringendo così
la corrente a girare in senso antiorario. In questo modo anche se non avrebbe incontrato
particolari difficoltà a percorrere il diodo Zener in cui entrava dall’anodo, non sarebbe mai
riuscita ad attraversare il diodo normale per il semplice motivo che lo incontrava nel
terminale connesso al catodo. Con ciò la caduta di tensione tra i terminali di uscita
equivaleva a -5V, cioè la tensione d’ingresso. In questa prova, grazie al diodo normale,
possiamo notare come il funzionamento del diodo Zener fosse stato limitato; e come, pur
contenendo anche questo particolare diodo, il nostro circuito tagliasse una parte della sola
semionda positiva. Più precisamente questo limitatore tagliava un determinato segnale
d’ingresso da 10 Vpp a circa +4V, lasciando invariata l’altra semionda.
- DIODI ZENER
- ESPERIENZE CON I CIRCUITI LIMITATORI E RADDRIZZ ATORI
Undicesima prova di una serie di esempi di circuiti limitatori.
1Kohm
Vi
R
10 Vpp
D
Vo
+5V
Vz = 3,3V
+1,4V
+1,4V
t
Vi
ANALISI:
Vg>=+1,4V =>
Vg<=+1,4V =>
DIODO ON =>
DIODO OFF =>
Vu=+1,4V
Vu=Vg
In ques ta undicesima prova, la terza con il diodo Zener abbiamo mantenuto praticamente
invariato il circuito realizzato nella prova precedente, l’unica differenza consisteva nel verso
del diodo Zener che veniva appunto rovesciato in modo che avesse l’anodo collegato con il
catodo del diodo normale e il catodo collegato a massa.
Ai morsetti d’ingresso del quadripolo è stato mandato di nuovo un segnale bipolare
simmetrico 10 Vpp con frequenza pari a 1 Khz. Per cominciare colleghiamo, tra le due, la pila
con il terminale positivo rivolto verso l’alto in questo modo imprimiamo il solito senso di
rotazione orario alla corrente che dopo aver attraversato la resistenza attraverserà il diodo
subendo la solita caduta di 0,7V e poi attraversando il diodo Zener subirà ancora una caduta
di tensione pari 0,7V perché il diodo Zener era attraversato dalla corrente che entrava
dall’anodo.Ciò implica che con la pila rivola verso l’alto ai terminali di uscita del limitatore
avremo una caduta di tensione pari alla somma delle due singole cadute, questo perché
trattandosi di un circuito limitatore i terminali di uscita sono collegati ai capi dei due diodi e
infatti con l’oscilloscopio misuravamo una tensione pari a 1,4V. Analizziamo ora il caso in cui
la pila sia stata collegata con il terminale positivo rivolto verso il basso e costringendo così la
corrente a girare in senso antiorario. In questo caso attraversando il diodo Zener la corrente,
visto che lo percorreva entrando dal catodo avrebbe subito una caduta di tensione pari a
3,3V che equivaleva al valore commerciale del diodo Zener impiegato. Questo comunque
non sarebbe mai potuto succedere, infatti anche in questo caso la corrente nono sarebbe
mai riuscita ad attraversare il diodo normale in cui sarebbe dovuta entrare dal catodo. Ciò
avrebb e implicato una caduta di tensione tra i terminali di uscita equivaleva a -5V; cioè,
come nella prova precedente, la tensione d’ingresso non veniva modificata quando ci
trovavamo nella semionda negativa. Questo grazie al diodo normale che ancora una volta
limitava il funzionamento del diodo Zener.
Più precisamente questo limitatore tagliava il solito segnale d’ingresso da 10 Vpp a circa
+1,4V, lasciando invariata la semionda negativa.
- DIODI ZENER
- ESPERIENZE CON I CIRCUITI LIMITATORI E RADDRIZZATORI
Dodicesima prova di una serie di esempi di circuiti limitatori.
1Kohm
Vi
R
20 Vpp
Vz1 =
3,3V
Vo
+10V
D1 D2
Vz2 =
4,7V
+0,8V
+0,8V
-0,7V
t
-0,7V
Vi
ANALISI:
Vg>=+0,7V =>
Vg<=-0,7V =>
DIODO D1 ON
DIODO D2 ON
=>
=>
Vu=+0,7V
Vu=-0,7V
In ques ta dodicesima prova, la quarta con il diodo Zener abbiamo realizzato un circuito un
po’ particolare, nel senso che come vedremo malgrado avessimo utilizzato due diodi Zener, il
primo (D1) con valore commerciale pari a 3,3V e il secondo (D2) con valore commerciale
pari a 4,7V, ciò che misureremo in uscita poteva essere creato facilmente anche con un
paio di diodi normali.
Ai morsetti d’ingresso del quadripolo è stato questa volta mandato un segnale bipolare
simmetrico 20 Vpp con la solita frequenza pari ad 1 Khz. Per questo motivo le nostre due pile
immaginarie avevano un valore doppio rispetto a quelle delle prove precedenti. In ogni caso
il procedimento rimane invariato, per cominciare colleghiamo la pila con il terminale positivo
rivolto verso l’alto in questo modo imprimiamo il solito senso di rotazione orario alla corrente
che dopo aver attraversato la resistenza attraverserà il diodo D1 subendo la solita caduta di
0,7V, infatti la corrente era entrata dall’anodo. Quindi ai morsetti di uscita avremo una
tensione pari a 0,7V
Analizziamo ora il caso in cui la pila sia stata collegata con il terminale positivo rivolto verso il
basso e costringendo così la corrente a girare in senso antiorario. In questo caso la corrente
attraversava il diodo D2, e visto che anche questo caso entrava dall’anodo la caduta di
tensione era di 0,7V che come di consueto si riproponeva ai terminali di uscita del quadripolo
contenente il circuito limitatore. Più precisamente entrambi i diodi Zener funzionavano come
dei diodi normali perché sia nel caso in cui la corrente avesse avuto senso di percorrenza
orario sia il caso in cui la corrente avesse avuto senso di percorrenza antiorario i diodi non
avrebb ero mai potuto ricevere una tensione ai loro capi pari a Vz perché l’altro avrebbe
cominciato a condurre come diodo normale molto prima. Con ciò, dopo aver visto nelle
prove settima e ottava come era possibile realizzare un circuito che tagliasse un certo
segnale d’ingresso a dei valori particolari diversi da 0,7V con dei diodi normali in serie con
delle pile opportunamente tarate, abbiamo sperimentato anche come sia possibile
realizza re un circuito limitatore in grado di tagliare un certo segnale d’ingresso a dei valori pari
a 0,7V utilizzando due diodi Zener sistemati in parallelo con verso contrario.
- DIODI ZENER
- ESPERIENZE CON I CIRCUITI LIMITATORI E RADDRIZZATORI
Tredicesima prova di una serie di esempi di circuiti limitatori.
1Kohm
20 Vpp
Vi
R
D1
Vz1 = 3,3V
D2
Vz2 = 4,7V
Vo
+10V
+5,5V
+5,5V
t
-4V
Vi
-4V
ANALISI:
Vg>=+5,4V =>
Vg<=-4V
=>
DIODO D1 ON & D2 ON ZENER
DIODO D2 ON & D1 ON ZENER
=>
=>
Vu=+5,4V
Vu=-4V
In questa tredicesima prova, la quinta con il diodo Zener abbiamo realizzato un circuito in
grado di limitare un certo segnale d’ingresso bipolare simmetrico 20 Vpp con frequenza pari
a 1 Khz a +5,4V e -4V con l’impiego di due diodi Zener, il primo (D1) con valore
commerciale pari a 3,3V e il secondo (D2) con valore commerciale pari a 4,7V. Anche in
questo caso le nostre due pile immaginarie avevano un valore doppio rispetto a quelle delle
prove precedenti. Come sempre, per cominciare, colleghiamo la pila con il terminale
positivo rivolto verso l’alto in questo modo imprimiamo il solito senso di rotazione orario alla
corrente che dopo aver attraversato la resistenza attraverserà il diodo D1 subendo la solita
caduta di 0,7V, infatti la corrente era entrata dall’anodo, poi avrebbe attraversato D2 dove
però, s arebbe entrata dal catodo; ciò avrebbe comportato che alla precedente caduta di
tensione si sarebbe sommata quella del secondo diodo in conduzione Zener.. Quindi ai
morsetti di uscita avremo una tensione pari a 5,4V che l’oscilloscopio ha prontamente
confermato indicando una tensione ai terminali di uscita pari a 5,5V circa.
Analizziamo ora il caso in cui la pila sia stata collegata con il terminale positivo rivolto verso il
basso e costringendo così la corrente a girare in senso antiorario. In questo caso la corrente
attraversava il diodo D2, e siccome anche questo caso entrava dall’anodo la caduta di
tensione era di 0,7V, poi, continuando il suo percorso la corrente avrebbe attraversato il diodo
D1 entrando dal catodo e ciò avrebbe comportato un ulteriore caduta di tensione pari a
3,3V che sarebbe andata a sommarsi con la precedente e come di consueto si riproponeva
ai terminali di uscita del quadripolo contenente il circuito limitatore. Più precisamente questo
circuito era in grado di limitare un segnale d’ingresso che sarebbe andato da +10V a -10V a
circa +5,4V e 4V.
- DIODI ZENER
- ESPERIENZE CON I CIRCUITI LIMITATORI E RADDRIZZATORI
Seconda prova di circuiti raddrizzatori.
Vi
Vz = 3,3V
Vo
+10V
20 Vpp
+6 ,7V
D
R
1Kohm
-0,7V
t
+3,3V
Vi
-9 ,3V
ANALISI:
Vg>=+3,3V => DIODO ON ZENER => Vu=+6,7V
Vg<=-0,7V => DIODO ON => Vu=-9,3V
-0,7V<=Vg<=+3,3V
=> DIODO OFF => Vu=0V
In questa quattordicesima prova, la sesta con il diodo Zener abbiamo realizzato per la
seconda volta un circuito raddrizzatore, in grado cioè di dare in uscita un segnale che è
uguale alla differenza tra il segnale d’ingresso e la caduta di tensione provocata dal diodo.
Ancora una volta, per poter studiare meglio il circuito, dividiamo il segnale d’ingresso bipolare
simmetrico di 20 Vpp e frequenza pari a 1 Khz in due pile da 10V. Come sempre per
cominciare colleghiamo la pila con il terminale positivo rivolto verso l’alto in questo modo
imprimiamo il solito senso di rotazione orario alla corrente che, dopo aver attraversato il diodo
in conduzione Zener subendo una caduta di 3,3V per via del fatto che la corrente entrava
dal catodo, attraverserà anche la resistenza per poi chiudersi a massa. Trattandosi di un
circuito raddrizzatore i terminali di uscita del quadripolo sono connessi ai capi della resistenza,
ciò spiega perché il segnale di uscita sia uguale alla differenza tra il segnale d’ingresso e la
caduta sul diodo. Infatti in questa prima parte di analisi con l’oscilloscopio misuravamo una
caduta di tensione pari a 6,7V che è appunto la differenza tra i 10V d’ingresso e i 3,3V di
caduta di tensione ai capi del diodo in conduzione Zener. Analizziamo ora il caso in cui la
pila sia stata collegata con il terminale positivo rivolto verso il basso e costringendo così la
corrente a girare in senso antiorario. In questo caso la corrente attraversava la resistenza
avrebbe attraversato il diodo entrando dall’anodo, ciò avrebbe comportato una caduta di
tensione pari a 0,7V visto che il diodo ris ultava in conduzione normale. In questo caso ai
morsetti di uscita avremmo misurato -9,3V infatti i -10V all’ingresso della pila sistemata con il
terminale positivo rivolto verso il basso dovevamo sottrarre una caduta di 0,7V; anche in
queste circostanze i dati rilevati sull’oscilloscopio hanno confermato le nostre ipotesi.
- CONCLUSIONI:
Con ciò concludiamo i nostri esempi riguardanti i circuiti limitatori e raddrizzatori per passare
al prossimo argomento, i transistor. Possiamo dire con un certo grado di sicurezza di aver
portato a buon termine tutte le prove effettuate fino ad ora e comunque abbiamo
sicuramente ampliato le nostre conoscenze sui diodi già acquisite l’anno scorso. Abbiamo
imparato a conoscere i diodi Zener e ad analizzare un circuito in modo da capirne il
funzionamento e lo scopo. Naturalmente siamo appena all’inizio, ma le nostre conoscenze e
capacità cominciano pian piano ad intensificarsi.
TRANSISTOR
- TRANSISTOR
I Transistor sono definiti come componenti attivi elementari da cui attivi deriva dal fatto che
sono genericamente in grado di ottenere l’amplificazione di un certo segnale e sono dei
tripoli perché sono collegati con l’esterno tramite tre terminali definiti Base, Collettore ed
Emettitore. I transistor si dividono in due grandi famiglie, quella die BJT e quella dei FET. I BJT
(Bipolar Junction Transistor) sono detti Transistor a Giunzione Bipolare, i quali creano l’effetto
amplificatore mediante delle barrette di semiconduttori le cui cariche vengono convogliate
in una coppia di giunzioni PN. Esistono due tipi di transistor BJT, i PNP e gli NPN. Mentre la
famiglia dei FET si divide in due gruppi, i Mosfet e i Jfet. Ma a loro volta anche ciascuna di
queste due sottofamiglie si divide in altri due differenti gruppi. Infatti i Mosfet si dividono in
Canale “P” e Canale “N”, mentre i Jfet si dividono in Tipo “P” e Tipo “N”. In generale i FET (Field
Effect Transistor) sono detti Transistor ad Effetto di campo; questi creano l’effetto amplificatore
mediante il controllo delle cariche che confluiscono in una zona di semiconduttore drogato
tramite un campo elettrico controllato. Essendo comandati da un campo elettrico questi
transistor sono sensibili a delle tensioni mentre i BJT sono comandati in corrente. Noi abbia mo
cominciato con lo studio dei BJT npn da cui npn sta per differenziare le tre diverse zone che
compongono il transistor in cui le percentuali di drogaggio dei semiconduttori non sono
costanti. I transistor hanno tre diverse zone di lavoro che si differenziano in base alla tensione
tra collettore ed emettitore (Vce) e la corrente che entra dal collettore. Le tre zone si dicono:
zona d’interdizione, zona attiva o lineare e zona di saturazione. La prima è caratterizzata dal
fatto che sia la Ib che la Ic sono circa uguali a zero e la Vbb è minore della Vbe ; la zona
attiva o lineare è caratterizzata da una Vbb maggiore della Vbe e le correnti Ib e Ic cono
proporzionali (Ic = Ib x hFE); la zona di saturazione è caratterizzata da una Vbb maggiore
rispetto alle Vbe , Vce minore di Vbe e di conseguenza quasi uguale a zero, il rapporto tra Ic
e Ib minore dell’hFE. Abbiamo introdotto un nuovo parametro detto hFE che viene definito
come Guadagno Statico di Corrente e varia da transistor a transistor.
- SCHEMA INTERNO DI UN TRANSISTOR BJT npn
CON UNA COPPIA DI DIODI
- SCHEMA INTERNO DI UN TRANSISTOR BJT npn
C
C
B
Ic
N
N
B
P
P
Ib
N
N
Vce
Ie = Ib + Ic
Ie
Vb e
E
E
- ECCO COME SI PRESENTA UN TRANSISTOR
E
C
E
C
B
B
Transistor visto dal lato
dei terminali
Fisicamente i transistor si presentano come
dei cilindretti dalla cui base spuntano i tre
terminali (di cui abbiamo parlato anche
prima) che sono disposti a semicerchio e
dove per distinguere l’emettitore c’è una
sporgenza.
- TRANSISTOR
- CARATTERISTICA D’USCITA CON LE TRE SPECIFICHE
ZONE DI LAVORO DI UN TRANSISTOR
- CARATTERISTICA D’INGRESSO
Ib
Ic
ZONA ATTIVA O LINEAR E
(TRANSISTOR COME
AMPLIFIC ATORE)
Vbe
V
Vce
ZONA DI
SATURAZIONE
( Vce <1V )
ZONA DI
INTERDIZIONE
( Ic << )
Fino ad ora abbiamo analizzato i transistor solo nelle loro caratteristiche fisiche, riguardanti
cioè la loro costruzione; iniziamo ora ad analizzare il funzionamento vero e propio di un
transistor inserito in un circuito generico. Ricordiamo che, affinché un transistor funzioni, deve
essere inserito in una determinata rete di polarizzazione formata da resistori e batterie in
grado di portarlo a lavorare in una zona ben definita.
ANALISI EMI ( Equazione Maglia Ingresso ):
Rc
C
Rb
Vbb
+
-
B
+
- Vcc
Ic
Ib
Vce
Ie
Vbe
Vbb - Rb x Ib - Vbe = 0
ANALISI EMU ( Equazione Maglia Uscita ):
Vcc - Rc x Ic - Vce = 0
E
ZONA D’INTERDIZIONE
Ib = Ic = 0
Vbb<Vbe
ZONA ATTIVA O LINEARE
Vbb > Vbe
Ic = hFE x Ib
ZONA DI SATURAZIONE
Vbb > Vbe
Vce = 0
Vce < Vbe
Ic/Ib < hFE
- TRANSISTOR
- Prima prova in laboratorio con i transistor
Questa era la prima prova realizzata in laboratorio con l’utilizzo di un transistor. La prova
consisteva nello studiare il comportamento di un transistor che passava dalla zona di
saturazione alla zona attiva, questo doveva accadere variando Rc da un valore massimo
pari a 2Kohm fino ad arrivare a circa 100ohm in 20 prove, ciò vuol dire che la resistenza Rc
doveva diminuire di circa 100ohm ad ogni prova; tutti gli altri fattori del circuito dovevano
rimanere costanti. Per prima cosa abbiamo realizzato il circuito ossia dopo aver posizionato il
transistor sulla bread board facendo attenzione a non mettere più piedini sulla stessa colonna
di fori per non cortocircuitare i terminali del transistor, abbiamo collegato i resistori Rc e Rb
rispettivamente sul piedino connesso al collettore e sul piedino connesso alla base, mentre il
terminale connesso all’emettitore è stato collegato a massa. Per realizzare la prova, avevamo
bisogno di una resistenza variabile collegata al collettore, cioè Rc doveva essere un trimmer.
Il trimmer è una resistenza variabile che è caratterizzata da tre terminali, misurando la
resistenza tra i due terminali più esterni si ha il valore totale del resistore che nel nostro caso
equivaleva a circa 1Kohm, mentre collegando un ohmmetro tra il terminale centrale e uno
dei due esterni si ha un valore di resistenza intermedio che può essere appunto variato
modificando l’apposita vite posta sullo stesso trimmer; dal momento che è la prima volta
che analizziamo questo componente ci è sembrato utile dedicargli una breve descrizione.
Però noi eravamo in possesso solo di trimmer da 1Kohm e a noi serviva una Rc che avesse
valore massimo pari a circa 2Kohm, siamo stati costretti a collegare in serie a questa
resistenza variabile una resistenza fissa di valore 1Kohm. Questa configurazione funzionava
solamente finche si arrivava ad un valore di Rc pari a 1Kohm, poi il resistore in serie al trimmer
è stato escluso e si è ripartiti da un valore di 900ohm. Quindi la nostra Rc era collegata da
una parte al collettore del transistor, mentre dall’altra parte era collegata ai +5V
comodamente forniti dal work bench. La resistenza Rb, che era stata collegata da un lato
alla base, aveva un valore costante pari a 27Kohm; invece dall’altro lato era stata collegata
a una tensione pari a 2,5V che erano stati forniti dall’alimentatore opportunamente tarato
anche per quanto riguarda la corrente massima in cortocircuito. Dopo aver effettuato 20
misure in queste circostanze la Vbb doveva essere portata a 2V per effettuare altre 20 prove
ed infine si doveva portare la Vbb ad un valore pari a 1,5V con il quale, dopo aver registrato
ulteriori 20 misurazioni, terminavamo la prova. Per rilevare i dati sono stati utilizzati un
amperometro e un voltmetro, il primo inserito in serie al collettore del transistor e il secondo
inserito in parallelo tra il collettore e l’emettitore del transistor. Il transistor utilizzato era un
2N2222.
+Vcc = +5V
Rc
2Kohm
A
27
Ib
Kohm B
Vbb
Rb
+
-
C
Ic
Vce
Ie
Vbe
E
V
- TRANSISTOR
- Prima prova in laboratorio con i transistor
Rc (Kohm)
Ic (mA)
Vce (V)
1,99
2,13
0,754
1,89
2,24
0,75
1,81
2,33
0,75
1,702
2,49
0,76
1,600
2,65
0,76
1,502
2,83
0,76
1,403
3,02
0,76
1,303
3,25
0,77
1,200
3,53
0,77
1,100
3,84
0,77
1,000
4,22
0,77
0,900
4,66
0,78
0,801
5,25
0,79
0,700
5,98
0,79
0,601
6,94
0,80
0,501
8,28
0,80
0,401
10,27
0,80
0,302
13,57
0,83
0,200
19,82
0,85
0,100
40,02
0,88
Come possiamo notare dai dati raccolti, le nostre
aspettative sono stati confermate; infatti noi
abbassavamo il valore di Rc agendo sulla vite del
trimmer, e quindi facendo in modo che la
caduta di tensione ai suoi capi diminuisse. Questo
comportava un aumento della tensione Vce ma
anche un aumento della corrente Ic che
avrebbe attraversato il transistor. Purtroppo i dati
raccolti non sempre confermavano le nostre
aspettative infat ti ci è stato detto di sospendere la
prova per modificare il circuito in modo da
raggirare ogni tipo di problema. In alcuni casi al
diminuire di Rc e quindi all’aumentare delle
tensione tra collettore ed emettitore Vce, la
corrente Ic non aumentava. Questo non è
possibile perché come possiamo notare della
formula:
Ic
Ib
< hFE => BJT in Saturazione
Ma al diminuire di Rc la corrente Ic dovrebbe
aumentare e siccome la Ib dovrebbe rimanere
costante, il rapporto finisce col non essere più
minore dell’hFE e questo comporterà che il
transistor passerà dalla zona di saturazione alla
zona attiva. In certi casi questo non accadeva,
nel senso che aumentava solo la Vce mentre la
Ic no e il transistor passava direttamente nella
zona d’interdizione. Ciò accadeva per colpa del
trimmer che non rispondeva in maniera ottimale
alle sollecitazioni provocate dalla nostra rete di
polarizzazione.
- CONCLUSIONI:
Come avevamo detto in precedenza questa era solo la prima parte dell’esperienza, poi
dovevamo rifare altre 20 misure con Vbb uguale a 2V ed infine altre 20 prove con Vbb pari a
1,5V. Però tenendo conto dei problemi che in alcuni casi sono stati incontrati in questa prima
parte abbiamo preferito rinunciare e modificare il circuito in modo da escludere il trimmer
che era la causa dei nostri problemi per via del fatto che in certe occasioni non riusciva a
stabilizzarsi in un valore fisso ma continuava a variare.
- TRANSISTOR
- Seconda prova in laboratorio con i transistor
La seconda prova consisteva, come la precedente, nello studiare il comportamento di un
transistor che passava dalla zona di saturazione alla zona attiva, questo doveva accadere
non più variando Rc perché questo avrebbe comportato l’obbligo di utilizzare un trimmer
(che era da escludere per via dei problemi riscontrati in alcune circostanze della prova
precedente), oppure ci avrebbe costretti a variare continuamente la resistenza in modo da
variare la Rc pur continuando ad utilizzare delle resistenze fisse. Escludendo entrambe le
ipotesi perché troppo sconvenienti siamo giunti alla conclusione che potevamo avere lo
stesso risultato variando la tensione Vcc. Quindi siamo partita da un livello di Vcc pari a 0,1V
che ad ogni nuova misurazione veniva incrementato di 0,1V fino ad arrivare ad una Vcc
uguale a 1V, dopo di che si aumentava la tensione di 1V a misura fino ad arrivare ad un
valore massimo di Vcc pari a 10V. Per prima cosa abbiamo realizzato il circuito ossia dopo
aver posizionato il transistor sulla bread board sempre prestando attenzione a non mettere
più piedini sulla stessa colonna di fori per non cortocircuitare i terminali del transistor, abbiamo
collegato i resistori Rb sul piedino connesso alla base, mentre il terminale connesso
all’emettitore è stato collegato ancora a massa. Il collettore del transistor è stato collegato
direttamente a Vcc che dovendo variare è stata collegata all’alimentatore impostato con
una corrente massima in cortocircuito pari a 100mA. La resistenza Rb, che era stata
collegata da un lato alla base, aveva un valore costante pari a 27Kohm; e invece dall’altro
lato era stata collegata a una tensione pari a 2V che erano stati forniti anch’essi
dall’alimentatore opportunamente tarato sia per la tensione che per la corrente massima in
cortocircuito. Dopo aver effettuato 20 misure in queste circostanze la Vbb doveva essere
portata a 2,5V per effettuare altre 20 prove ed infine si doveva portare la Vbb ad un valore
pari a 1,5V con il quale, dopo aver registrato ulteriori 20 misurazioni, terminavamo la prova.
Per rilevare i dati sono stati utilizzati un amperometro e un voltmetro, il primo inserito in serie al
collettore del transistor e il secondo inserito in parallelo tra il collettore e l’emettitore del
transistor. Il transistor utilizzato era ancora un 2N2222.
+V cc = 0,1 10V
A
27
Ib
Kohm B
Vbb
Rb
+
Vbe
-
C
Ic
Vce
Ie
E
V
- TRANSISTOR
- Seconda prova in laboratorio con i transistor
Vcc (V)
Ic (mA)
Vce (V)
0,1
6,9
0,15
0,2
7,3
0,23
0,3
7,4
0,28
0,4
7,4
0,42
0,5
7,4
0,48
0,6
7,5
0,63
0,7
7,5
0,76
0,8
7,5
0,79
0,9
7,5
0,93
1,0
7,6
1,00
2,0
7,8
2,10
3,0
8,0
3,12
4,0
8,2
4,06
5,0
8,5
5,12
6,0
8,9
6,23
7,0
9,2
7,27
8,0
9,5
8,18
9,0
9,22
10,1
10,0
10,23
10,6
Come possiamo notare dai dati raccolti
la Vce coincideva abbastanza con la
Vcc, come è giusto che sia visto che tra il
collettore e il filo positivo dell’alimentatore
non sono state inserite resistenze in serie.
Le nostre aspettative sono state
confermate, infatti aumentando il valore
di Vcc la corrente Ic aumentava ma
aumentava anche la tensione Vce e
questo faceva in modo di far passare il
transistor dalla zona di saturazione alla
zona attiva. Con questo nuovo tipo di
circuito non sono stati riscontrati particolari
problemi ma anche in questa occasione
non è stato possibile completare lo
svolgimento della prova causa la
mancanza di tempo a nostra
disposizione.
- CONCLUSIONI:
Anche in questo caso siamo riusciti a realizzare solo la prima delle tre prove che dovevano
essere fatte in questa esperienza, anche se ciò che ci ha limitati in questo caso non sono
stati problemi tecnici ma motivi temporali. Possiamo comunque dire di aver lavorato
relativamente bene in entrambe le prove e cercando di ottenere un buon risultato che nel
nostro caso si è realizzato. Comunque sia possiamo aggiungere di aver realizzato con mano
due circuiti diversi, entrambi in grado di far passare un transistor dalla zona di saturazione alla
zona attiva, pur seguendo due strade differenti quali: variando la Rc e variando la Vcc.
- TRANSISTOR
- Terza prova in laboratorio con i transistor
La terza prova consisteva, nel realizzare una rete di polarizzazione in grado di soddisfare certe
caratteristiche che ci erano state date come parametri fissi di partenza. Eravamo stati guidati
nel realizzare un circuito in cui la Vcc e la Vbb erano uguali a +5V, la Ic doveva essere
uguale a 5 mA e la Vce doveva essere uguale a 2,5V. I valori delle due resistenze Rc e Rb
dovevano essere calcolati da noi e per verificarli dovevamo misurare i parametri che ci
erano stati dati ( la Ic, la Ib e la Vce ) e confrontare i loro valori con quelli dati.
Per prima cosa abbiamo realizzato il circuito ossia dopo aver posizionato il transistor sulla
bread board sempre prestando attenzione a non mettere più piedini sulla stessa colonna di
fori per non cortocircuitare i terminali del transistor, abbiamo collegato i resistori Rb sul piedino
connesso alla base, mentre il terminale connesso all’emettitore è stato collegato ancora a
massa. Il collettore del transistor è stato collegato a Vcc tramite una resistenza Rc che
doveva essere appunto calcolata. A calcoli fatti il resistore Rc doveva avere valore pari a 500
ohm che corrispondevano ai 470 ohm valore commerciale. La resistenza Rb, che era stata
collegata da un lato alla base del transistor e dall’altro anch’essa ai +5V, aveva un valore
calcolato pari a 75,4 Kohm che fu sostituita da una resistenza dal valore commerciale pari a
82 Kohm. Le tensioni che c servivano erano state comodamente prelevate dal work bench.
Questo è lo schema del circuito in questione:
Vcc=+5V
Questi sono i conti per il calcolo dei resistori:
Rc
Ic = 5mA
Vce = Vcc/2 = 2,5V
Rc = (Vcc - Vce)/Iv = 500 ohm =>
=> Rc* = 470 ohm
A
C
Vbb
+5V
Rb
A
B
Ib
Ic
Vce
Ie
Vbe
E
V
hFE = 87
hFE>IC/IB => Ib < Ic/hFE = 57uA
Rb = (Vbb-Vbe)/Ib = 75,4 Kohm =>
=> Rb* = 82 Kohm
Valori misurati:
Ic misurata = 5,62mA
Ib misurata = 52,1uA
Vce misurata = 2,36V
CONCLUSIONI:
I valori delle resistenze utilizzate si differenziano da quelle calcolate perché sono stati usati
dei valori reali che sono stati scelti in modo da essere sicuri che il transistor non fosse in
zona di saturazione. Questo ha comportato delle variazioni dei parametri misurati rispetto
a quelli dati. Comunque possiamo dire che questa parte dell’esperienza è andata a buon
fine.
- TRANSISTOR
- Terza prova in laboratorio con i transistor
Dopo di che ci è stato detto di variare uno dei parametri per far si che il transistor passasse
nella zona di saturazione, la Vce che in questo caso doveva essere circa uguale a 0. Per
raggiungere questo risultato dovevamo variare la resistenza di base Rb il cui valore doveva
essere calcolato tenendo conto che la Ic doveva essere sostituita dalla Ic_sta e ciò
comportava una variazione anche della Ib.
Vcc=+5V
Questi sono i conti per il calcolo dei resistori:
Rc
Vce = 0V
Ic_sat = Vcc/Rc = 10,6mA
hFE = 87
HFE>Ic_sat/Ib => Ib < Ic_sat/hFE =
122uA
A
C
Vbb
+5V
Rb
A
B
Ib
Ic
Vce
Ie
Vbe
E
V
Rb = (Vbb-Vbe)/Ib = 35,24 Kohm =>
=> Rb* = 33 Kohm
Valori misurati:
Ic misurata = 10,20mA
Ib misurata = 126,5uA
Vce misurata = 105,6mV
CONCLUSIONI:
I valori delle resistenze utilizzate si differenziano anche in questo caso da quelle calcolate
perché sono stati usati dei valori reali che sono stati scelti in modo da essere sicuri che il
transistor fosse in zona di saturazione. Questo ha comportato delle variazioni dei parametri
misurati rispetto a quelli dati. Comunque possiamo dire che anche questa parte
dell’esperienza è andata a buon fine. Con queste due parti dell’esperienza abbiamo
acquisito le capacità necessarie per progettare una rete di polarizzazione partendo da
dei parametri dati e in base al risultato che volevamo ottenere.
- TRANSISTOR
- Terza prova in laboratorio con i transistor
Ora ci è stato detto di variare il livello di tensione collegato alla base del transistor (Vbb)
collegandone al suo posto un segnale unipolare (cioè puramente positivo) di frequenza 1KHz
e di ampiezza 5V. Lo scopo era misurare, con l’aiuto dell’oscilloscopio, la tensione Vce.
Queste sono state le uniche modifiche, almeno per il momento, in quanto le resistenze Rb e
Rc e la Vcc sono rimaste costanti.
Vcc=+5V
Vi
Rc
C
Rb B
C H1
Gdf
Ib
Ic
Vce
Ie
Vbe
CH2
Vce
t
E
t
Poi abbiamo inserito in serie alla resistenza Rc un diodo led di color verde che cioè per far sì
che si accendesse aveva bisogno di una tensione di 2,1V ai suoi capi e doveva essere
attraversato da non più di 60mA. Precisamente il diodo era sistemato tra Vcc e la resistenza
ed era rivolto con il catodo verso il resistore. Il diodo led così posizionato si accendeva
solamente quando il transistor era in conduzione, quando cioè il segnale triangolare del
generatore di funzione era a livello alto e quando l’oscilloscopio visualizzava un livello basso
tra il collettore e l’emettitire del transistor. Per poter vedere questo lampeggio del led però è
stato necessario abbassare notevolmente la frequenza raggiungendo circa 1Hz.
Vcc=+5V
CONCLUSIONI:
LED VERDE
Rc
C
Rb B Ib
C H1
Gdf
Ic
Vce
Ie
Vbe
E
CH2
Questa ultima parte dell’esperienza ci è
stata molto utile perché ci ha permesso
di ricordare il funzionamento di altri tipi di
diodi che avevamo studiato l’anno
scorso, si tratta appunto dei diodi led.
Questi particolari diodi, oltre che
funzionare come dei diodi normali sono
anche in grado di emettere luce se ai
loro capi è stata applicata una tensione
sufficiente e se è stata applicata nel
modo corretto, cioè in modo che il
potenziale maggiore sia posto sull’anodo
e quello minore sul catodo. Quest’ultimo
si riconosce perché è presente una
smussatura vicino al terminale che lo
contraddistingue.
- TRANSISTOR
- Terza prova in laboratorio con i transistor
In fine, per terminare degnamente la prova ci è stato detto di sostituire il led con una
lampadina da 3W e 12V, questo comportava la possibilità di togliere la Rc perché la
lampadina conteneva già in se una resistenza. Quindi il nostro Vcc da 5V è stato sostituito
con 12V, ma questa non è stata l’unica modifica, infatti abbiamo dovuto variare anche la Rb
per far si che il transistor potesse andare lo stesso nella zona di saturazione.
Vcc=+5V
L1
Rc
C
Rb B Ib
C H1
Gdf
L1 = 3W - 12V
E
Ic_sat = P/V = 250mA
Ic
Ie
Vbe
Questi sono i conti per il calcolo della
resistenza di base (Rb):
Vce CH2
Ib > Ic/hFE = 2,5mA
Rb < (Vbb-Vbe)/Ib = 1,72 Kohm
=> Rb* = 1,5 Kohm
Poi abbiamo inserito in serie alla resistenza Rc un diodo led di color verde che cioè per far sì
che si accendesse aveva bisogno di una tensione di 2,1V ai suoi capi e doveva essere
attraversato da non più di 60mA. Precisamente il diodo era sistemato tra Vcc e la resistenza
ed era rivolto con il catodo verso il resistore. La pila, così come il diodo led, si accendeva
solamente quando il transistor era in conduzione, quando cioè il segnale triangolare del
generatore di funzione era a livello alto e quando l’oscilloscopio visualizzava un livello basso
tra il collettore e l’emettitire del transistor. Anche in questo caso per poter vedere il lampeggio
della pila è stato necessario abbassare la frequenza sino a raggiungere circa 1Hz.
CONCLUSIONI:
Quest a era la prima volta che utilizzavamo una lampadina su un circuito completamente
realizzato da noi. Possiamo dire che l’esperienza è andata a buon fine (anche se alcuni di noi
avevano una luce molto debole per via del fatto che non era stata variata la Vcc ed era
rimasta a 5V come nelle prove precedenti in luce dei 12V, oppure in altri casi non fu tolta la
Rc) e così facendo abbiamo arricchito ancora le nostre conoscenze in materia.
- TRANSISTOR
- Quarta prova in laborat orio con i transistor
La quarta prova consisteva, nel realizzare una rete di polarizzazione in grado di soddisfare
certe caratteristiche che ci erano state date come parametri di partenza. Ci era stato detto
di realizzare un circuito a partitore in cui la Vcc e la Vbb erano uguali a +12V, la Ib doveva
essere uguale a 100 uA e la Vce doveva essere uguale a 5V. I valori di due delle quattro
resistenze Rc e R1 dovevano essere, ancora una volta, calcolati da noi e per verificarli
dovevamo misurare i parametri che ci erano stati dati ( la Ic, la Ib, la Vbe e la Vce ) e
confrontare i loro valori con quelli dati. Per prima cosa abbiamo realizzato il circuito ossia
dopo aver posizionato il transistor sulla bread board con gli stessi criteri, abbiamo collegato i
resistori R1 sul piedino connesso alla base, R2 era stato collegato in parallelo tra il terminale
connesso alla base e il terminale connesso all’emettitore, la Rc era stata collegata tra Vcc e il
terminale connesso al collettore del transistor; mentre il terminale connesso all’emettitore è
stato collegato ancora a massa. A calcoli fatti il resistore Rc doveva avere valore pari a
476,19 ohm che corrispondevano ai 390 ohm valore commerciale. La resistenza R1, che era
stata collegata da un lato alla base del transistor e dall’altro anch’essa ai +12V, aveva un
valore calcolato pari a 55,69 Kohm che fu sostituita da una resistenza dal valore
commerciale pari a 68 Kohm. Le tensioni che c servivano erano state comodamente
prelevate dal work bench. Questo è lo schema del circuito in questione:
Vcc =+12V
Questi sono i calcoli per determinare le
resistenze R1 e Rc:
Ic
hFE = 147 R2 = 6,8 Kohm
Ib =
100uA
Vbe = VR2 = 0,7V Vce = 5V
Vbb =
Vcc = 12V
VR1 = Vbb-VR2 = 11,3V
I2 = VR2/R2 = 102,9uA
I1 = Ib+I2 = 100+102,9 = 202,9uA
R1 = (Vbb-Vbe)/I1 = 55,69 Kohm
=>R1*= 68 Kohm
Ic = Ib x hFE = 14,7mA
Rc = (Vcc-Vce)/Ic = 476,19 ohm
=>Rc* = 390 ohm
Rc
C
R1 B
Vbb=+12V
I1
Ib
R2 Vbe
I2
Vce
Ie
E
Questi sono i valori misurati da confrontare
con i parametri che ci sono stati dati:
Vce = 5,56V
Vbe = 0,66V
Ib = 81,8uA
Ic = 15,4mA
La seconda parte della prova consisteva nel far passare il transistor in zona di saturazione e
quindi portare la Vce da un valore di circa 5V ad un valore vicino a 0V. Si doveva
raggiungere questo risult ato tutti i parametri dati per eseguire la prova tranne appunto la Vce.
Dovevamo mantenere costante anche la Rc. Per raggiungere il nostro scopo abbiamo
dovuto calcolare la Ic, quindi la Ib, poi da I1 ed infine la R1.
Questi sono i calcoli per determinare il nuovo valore della resistenza R1:
Ic_sat = Vcc/Rc = 25,20mA
Ib > Ic_sat/hFE = 171,42uA
I1 = I2+Ib = 274,32uA
R1 < VR1/I1 = 41,19 Kohm
=>
R1* = 39 Kohm
- TRANSISTOR
- Quarta prova in laboratorio con i transistor
CONCLUSIONI:
Questa era la prima volta che utilizzavamo una rete di polarizzazione a partitore, la differenza
con le reti di polarizzazione utilizzate in precedenza sta nel fatto che questa è caratterizzata
da una resistenza in parallelo alla base e all’emettitore del transistor, cioè questa resistenza
(R2) aveva una tensione applicata ai suoi capi pari alla Vbe. I valori misurati si differenziano
abbastanza dai valori teorici per via del fatto che nella realizzazione pratica sono stati scelti
dei resistori con valore commerciale molto diverso da quello calcolato. È il caso soprattutto
della Rc che fu stata scelta molto più piccola del valore calcolato pur esistendo un valore
commerciale più vicino a quello teorico; questo perché volevamo essere sicuri che il
transistor non fosse in zona di saturazione. Ad essere sinceri potevamo prendere
tranquillamente una Rc del valore di 470 ohm in luce dei 390 ohm, in questo modo il
margine di errore si sarebbe ridotto notevolmente e il transistor non sarebbe andato lo stesso
in saturazione perché la resistenza R1 aveva un buon margine.
Nella seconda parte della prova, quando dovevamo far passare nella zona di saturazione il
transistor, non siamo riusciti a misurare i nuovi valori dei parametri quali la Ic, la Ib, la I1 e la R1;
e quindi non abbiamo potuto verificare se i nostri calcoli erano esatti.
- Quinta prova in laboratorio con i transistor
La quinta prova consisteva, nella progettazione e nel collaudo una rete di polarizzazione
completa di partitore e resistenza di stabilizzazione. Le reti di polarizzazione a partitore con
resistenza di stabilizzazione differiscono da quelle a partitore normale nell’aggiunta di una
resistenza detta Re tra l’emettitore e massa. Trattandosi di un vero e proprio progetto
dobbiamo seguire determinati criteri che ci sono stati forniti per l’occasione.
- Dato il punto di lavori i criteri da seguire in fase di progettazione sono:
1_VRe è considerato circa uguale alla decima parte di Vcc;
2_I1 è considerato circa uguale alla ventesima parte di Ic;
3_ Misurare l’hFE del proprio transistor;
4_Dimensionare le resistenze;
5_Montare il circuito;
6_Misurare tutti i parametri;
7_Calibrare il tutto per ottenere il giusto punto di lavoro.
Vcc=+12V
Rc
C
R1 B
Vbb=+1 2V
I1
Ib
R2 Vbe
I2
E
Ic
Vce
Ie
Re
Punto di lavoro: Vce = 5,5V e Ic = 8mA
- TRANSISTOR
- Quinta prova in laboratorio con i transistor
Questi sono i calcoli per determinare le resistenze:
Ie = Ib + Ic
VRe = (1/10) x 12 = 1,2V
I1 = (1/20) x 8 = 4mA
VR2 = Vbe + VRe = 1,9V
VR1 = Vbb - VR2 = 10,1V
R1 = VR1/R1 = 25,25 Kohm
Ib < Ic/hFE = 45,7uA
Ie = Ib + Ic = 8,0457mA
I2 = I1 - Ib = 354,3uA
R2 = VR2/I2 = 5,36 Kohm
Re = VRe/Ie = 149,14 ohm
Rc = (Vcc - VRe - Vce)/Ic = 662,5 ohm
Seguendo i vari punti dell’elenco “Criteri
di progetto”, siamo arrivati a realizzare il
circuito, poi abbiamo verificato i nostri
calcoli misurando tutti i parametri del
circuito.
R1* = 27 Kohm
R2* = 5,6 Kohm
Rc* = 560 ohm
Re* = 150 ohm
Questi sono i dati misurati:
Ic misurata = 8,06mA
Ib misurata = 33uA
Ie misurata = 7,59mA
Vce misurata = 6,35V
CONCLUSIONI:
Come si può facilmente notare confrontando i valori misurati con quelli calcolati, esistono
delle differenze abbastanza consistenti infatti la Ib misurata era 12,7uA più piccola rispetto
alla stessa calcolata, la Ie misurata era 455,7uA più piccola rispetto a quella calcolata, la
Vce misurata era 0,85V più grande rispetto a quella calcolata ed infine la Ic misurata era
690uA più grande rispetto alla stessa calcolata. Siccome l’ultimo punto dell’elenco dei criteri
di progettazione consisteva nel calibrare l’intero circuito per raggiungere il giusto punto di
lavoro, ci è stato detto di modificare il circuito, anche se in maniera molto leggera, in modo
da raggiungere un risultato ottimale. La modifica consisteva in sostanza di inserire una
resistenza variabile in serie alla Rc e di agire sulla vite del trimmer finchè non si ottenesse una
tensione Vce ottimale insieme ad un livello di precisione della corrente Ic all’altezza della
situazione. Nel nostro caso questo risultato è stato raggiunto con un valore del trimmer pari a
120 ohm, dato che fu misurato grazie all’ohmetro dopo aver estratto il trimmer dal circuito,
in modo che non fosse sottoposto a tensione se non quella dello strumento di misura. Dopo
di ciò sono state effettuate tutte le misure con il trimmer inserito e, come possiamo notare
dai dati raccolti, siamo riusciti a creare un circuito molto più coerente con i parametri di
partenza e con i valori calcolati. Concludendo possiamo dire che con questa prima parte
dell’anno abbiamo ampliato le nostre conoscenze sia per quanto riguarda i diodi, parlando
appunto dei diodi Zener e delle relative applicazioni in circuiti limitatori e raddrizzatori, sia per
quanto riguarda i transistor in cui oltre ad averli visti come “interruttori” l’anno scorso stiamo
cominciando a vederli anche come amplificatori (quando il loro funzionamento era
concentrato nella zona attiva); con ciò ci stiamo pian piano dirigendo verso l’elettronica
analogica.