Caratterizzazione delle risorse genetiche

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Tecnologie genomiche avanzate e
bioinformatiche applicate al miglioramento
genetico di specie vegetali –GENOPOM-PRO
RISORSE GENETICHE E LORO UTILIZZO NEL
MIGLIORAMENTO GENETICO
Prof.ssa Concetta Lotti
Dipartimento di Scienze Agrarie, degli Alimenti e dell’Ambiente
Università di Foggia
Via Napoli, 25
71100 Foggia
[email protected]
Programma sintetico del corso
• Biodiversità e definizione di risorse genetiche
vegetali
• L’erosione genetica: definizione, cause e valutazione
del rischio
• La domesticazione e lo sviluppo dell’agricoltura
• Centri di origine e di diversificazione delle specie
• Origine della biodiversità
• Metodologie di conservazione delle risorse
genetiche
• Caratterizzazione delle risorse genetiche
• Utilizzo delle risorse genetiche nel miglioramento
genetico: casi studio
COSA SONO LE
RISORSE GENETICHE (R. G.)?
“Insieme di materiali genetici già individuati,
raccolti e classificati dall’uomo, oppure non
ancora disponibili nè noti, che possono
comunque essere impiegati come base per i
lavori di miglioramento genetico”
TIPOLOGIE DI RISORSE GENETICHE
Specie spontanee (wild species)
Specie che non hanno subìto il processo di domesticazione (ad
esempio molte piante medicinali, forestali e foraggere), di
utilità diretta o indiretta, attuale o potenziale.
Parenti spontanei delle forme domesticate (wild
relatives)
Specie vicine a quelle coltivate, che comprendono sia i diretti
progenitori da cui è partita la domesticazione delle forme
coltivate, sia altre specie vicine che possono essere utilizzate in
programmi di miglioramento genetico tramite incrocio.
Ecotipo (ecotype)
È una popolazione spontanea adattata a un determinato
ambiente
(di
solito
geograficamente
limitato)
indipendentemente dall’intervento umano (che invece è
determinante nella varietà locale).
Varietà locali (local varieties, landraces, farmer’s
varieties, folk varieties)
Una varietà locale di una coltura che si riproduce per seme o
per propagazione vegetativa è una popolazione variabile,
comunque ben identificabile e che usualmente ha un nome
locale. Non è stata oggetto di un programma organizzato di
miglioramento genetico, è caratterizzata da un adattamento
specifico alle condizioni ambientali e di coltivazione di una
determinata area ed è strettamente associata con gli usi, le
conoscenze, le abitudini, i dialetti e le ricorrenze della
popolazione umana che l’ha sviluppata e/o continua la sua
coltivazione.
Varietà migliorate (bred varieties)
Derivano da specifici programmi di miglioramento condotti da
costitutori di varietà. Sono popolazioni omogenee, spesso
costituite da un solo genotipo (linee pure, ibridi semplici, cloni).
LE RISORSE GENETICHE FANNO
PARTE DEL CONCETTO DI
BIODIVERSITA’
“Variabilità esistente tra organismi viventi,
derivanti da ecosistemi terrestri, marini e
acquatici, e i complessi ecologici di cui fanno
parte; ciò include la diversità entro specie, tra
specie e degli ecosistemi”
(CBD, “Earth Summit”, Rio de Janeiro, 1992)
“EROSIONE GENETICA”
“Concetto che riferisce del declino e/o
estinzione delle specie e, comunque, della
restrizione del pool genico delle stesse”
(Scarascia Mugnozza, 1974)
Principali cause di erosione genetica di specie non coltivate
•Perdita di habitat (es. deforestazione)
•Inquinamento e cambiamenti climatici
•Eccessivo sfruttamento di alcune specie
•Introduzione di specie aliene
IPOTESI SULLA SEQUENZA DELLE FASI DI
SVILUPPO DELL’AGRICOLTURA
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Collezionamento delle piante selvatiche da parte dell’uomo
Diffusione delle piante selvatiche negli habitat e nelle vicinanze delle dimore in
cui l’uomo da nomade si insediava, ambienti in cui si disperdevano frutti, semi,
tuberi e parti di piante
Colonizzazione da parte delle piante selvatiche (altamente variabili e preadattate) dei terreni intorno alle dimore e raccolta da parte dell’uomo di frutti
semi e parti di pianta
Isolamento, protezione e selezione di differenti varianti del genotipo selvatico
che avrebbero successivamente costituito la flora rudimentale nei dintorni delle
dimore dell’uomo (fase detta PROTO-AGRICOLTURA)
Conservazione da parte dell’uomo dei semi e coltivazione del terreno per
disporre di una maggiore quantità di cibo e i genotipi allevati diventarono vere
e proprie colture (fase detta AGRICOLTURA INCIPIENTE)
Miglioramento dei metodi di agricoltura e delle tipologie di piante allevate (fase
detta AGRICOLTURA EFFICACE)
Passaggio graduale da raccoglitore, cacciatore e pescatore ad agricoltore a
tempo pieno
Centri di origine primari e secondari
•I centri di origine primari sono quelli in cui una specie ha avuto
origine (sono presenti anche specie selvatiche affini).
•I centri di origine secondari sono quelli in cui una specie è stata
coltivata per diverso tempo, e dunque ha avuto modo di evolvere
nuova variabilità (es. Abissinia è un centro secondario per il
frumento).
Risorse Genetiche di diverso tipo corrispondono
a “gene pools” diversi
Domesticazione
Domesticazione
La selezione operata dall’uomo durante la domesticazione ha generalmente
riguardato gli stessi aspetti, tanto che si parla di sindrome di domesticazione.
Morfologia
• Aumento delle dimensioni dei semi e frutti
• Mancata dispersione dei semi
• Habitus di crescita determinato
• Minor numero di ramificazioni e di fiori
• Ridotta dormienza dei semi
• Cicli biologici ridotti
• Fotoperiodo e vernalizzazione alterate
• Riduzione dei meccanismi e composti di difesa (spine,
sostanze velenose, etc.)
Come si generano le risorse genetiche naturali
•Mutazioni (cambiamenti a livello della sequenza di DNA):
puntiformi o cromosomiche
•Incroci interspecifici
Management delle Risorse Genetiche
Esplorazione e
Raccolta germoplasma
Accessione
Moltiplicazione
Ringiovanimento
Conservazione
ex situ
in situ
Valutazione
Caratterizzazione
Miglioramento Genetico
Varietà
Collezionamento delle risorse genetiche
•Centri di diversità primari e secondari
•Una problematica importante è la rappresentatività del campione
rispetto alla popolazione di appartenenza dello stesso.
•In linea generale, la numerosità del campione è direttamente
proporzionale alla variabilità genetica osservabile nella popolazione
popolazione (da 20 a 100 individui)
•Generalmente il campionamento casuale, poiché non si sa quali geni
potranno rivelarsi utili in futuro.
•Uno o più siti di raccolta, a seconda che le coltivazioni siano o meno
uniformi nella zona di raccolta.
Collezionamento delle risorse genetiche
•Centri di diversità primari e secondari
•Una problematica importante è la rappresentatività del campione
rispetto alla popolazione di appartenenza dello stesso.
•In linea generale, la numerosità del campione è direttamente
proporzionale alla variabilità genetica osservabile nella popolazione
popolazione (da 20 a 100 individui)
•Generalmente il campionamento casuale, poiché non si sa quali geni
potranno rivelarsi utili in futuro.
•Uno o più siti di raccolta, a seconda che le coltivazioni siano o meno
uniformi nella zona di raccolta.
Conservazione in situ ed ex situ
•Lo scopo della conservazione della biodiversità (e delle risorse genetiche)
dovrebbe essere quello di conservare non specie singole, ma gli ecosistemi ai
quali esse appartengono e con cui esse co-evolvono.
• La conservazione in situ rappresenta in tal senso l’ottimale, poiché assicura
l’adattamento del materiale conservato a condizioni in continuo cambiamento.
•Riproporre dopo centinaia di anni genotipi in (agro)ecosistemi differenti da
quelli da cui sono stati collezionati potrebbe significare incapacità di adattarsi
alle nuove condizioni (cambiamenti climatici, nuovi patogeni, etc.)
•La conservazione in situ permette di conservare, oltre a risorse genetiche,
biodiversità non riconosciuta (almeno oggi!)
•La conservazione ex situ è però oggi indispensabile, perché stiamo comunque
assistendo ad una perdita di ecosistemi (sovrappopolazione e centri di
biodiversità diffusi in regioni povere del pianeta)
Conservazione in situ
•Per conservazione in situ di materiali non sottoposti a selezione, come
gli ecotipi e le forme selvatiche, frequentemente si intende
l’istituzione di riserve e parchi naturali. Questi ultimi, seppure con
qualche limitazione, sono compatibili con la produzione di beni (es.
legname, foraggio, fiori e frutti selvatici, miele, etc) e servizi (attività
ricreative e turistiche).
•In ogni modo, perché la conservazione in situ venga ad essere
effettuata efficacemente, è necessario che i Paesi che la svolgono
siano remunerati per questo.
Conservazione on farm
•Un tipo particolare di conservazione in situ, applicabile per le antiche
varietà locali, è la conservazione on farm.
•In tal modo, le varietà locali (molto spesso fonte di geni utilissimi per
l’adattabilità ambientale) non scompaiono e inoltre continuano la loro
evoluzione in ambienti di coltivazione.
•Oltre che alla salvaguardia delle risorse genetiche, la conservazione
on farm ha anche positive ricadute sulla riscoperta delle tradizioni
locali e la valorizzazione dell’ambiente rurale (agriturismo,
mantenimento delle popolazioni rurali, etc).
•E’ ovvio che la coltivazione on farm richiede misure di incentivazione,
come sussidi (vedi misura della Regione Puglia sugli agricoltori custodi),
l’istituzione
di
marchi
protetti
DOP
e
IGP,
canali
di
commercializzazione dedicati, etc.
Conservazione ex situ
• La conservazione ex situ delle piante può essere
realizzata con modalità differenti, che possono
essere sinteticamente raggruppate come segue:
•
collezioni di piante in campo
• collezioni di semi mantenute in banche di semi o
banche del germoplasma
• collezioni di materiale di propagazione, plantule,
tessuti e altro, mantenute in vitro o in
crioconservazione.
Metodi di conservazione delle RGV
• Conservazione
in
vitro:
micropropagazione,
propagazione da callo, embriogenesi somatica
•
Crioconservazione
Ringiovanimento e moltiplicazione
Valutazione e caratterizzazione Germoplasma
•Descrittori (caratteristiche
coltura per coltura)
bioagronomiche
standardizzate
•Valutazioni di adattabilità a stress biotici e abiotici
•Marcatori molecolari (caratteristiche della sequenza di DNA)
•Database Germoplasma
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