ARTI GRAFICHE APOLLONIO cp 21x297 paper 84.qxd:cp 21x297 paper 83.qxd 02/02/09 14:53 Pagina 1 Università degli Studi di Brescia Dipartimento di Economia Aziendale Federico MANFRIN LA NATURA ECONOMICO-AZIENDALE DELL’ISTITUTO SOCIETARIO Paper numero 84 Università degli Studi di Brescia Dipartimento di Economia Aziendale Contrada Santa Chiara, 50 - 25122 Brescia tel. 030.2988.551-552-553-554 - fax 030.295814 e-mail: [email protected] Dicembre 2008 LA NATURA ECONOMICO-AZIENDALE DELL’ISTITUTO SOCIETARIO di Federico MANFRIN Assegnista di Ricerca Università degli Studi di Brescia Proprio i nostri studi di «tecnica aziendale» hanno fallito, tranne qualche eccezione riguardante peraltro solamente alcuni capitoli dell’istituto, al loro scopo di lumeggiare l’aspetto economico, che è alle origini ed è tutt’ora alla base dell’argomento. Tale atteggiamento dei nostri studi ha danneggiato, d’altronde, gli stessi studi giuridici che hanno dovuto crearsi, essi stessi, gli schemi di fatti societari ai quali riferire concetti e disposizioni. Naturalmente, gli schemi dei fatti sono risultati troppo approssimati alla realtà, e oggi tutti possono agevolmente constatare la frattura che esiste fra l’ordinamento positivo sulla società e la realtà economica. Aldo Amaduzzi, Le gestioni comuni (1961) Indice 1. Prefazione.................................................................................................. 1 2. La nozione giuridica di società.................................................................. 2 3. Società: da ipotizzata creazione del diritto a ente naturalmente economico ................................................................................................. 8 4. Riqualificazione dell’interpretazione dominante in tema di società: riduzione da <forma giuridica> a <fattore economico> dell’impresa..... 12 5. Negazione della corrispondenza biunivoca tra società e impresaazienda..................................................................................................... 17 6. Riduzione del fenotipo <società> a <decisione gestionale> per l’esercizio dell’impresa, ovvero, società quale categoria giuridica ausiliaria delle scienze aziendali ............................................................. 22 7. Società e impresa: la natura meta-giuridica dell’impresa societaria ....... 32 8. L’<organizzazione>: forma non solo economica ma altresì giuridica dell’impresa ............................................................................. 35 9. Soggetto economico, soggetto giuridico e negazione del concetto di società-imprenditore................................................................................ 38 Bibliografia .................................................................................................. 45 La natura economico-aziendale dell’istituto societario 1. Prefazione Il sincretismo ricorrente tra le nozioni giuridiche ed economiche di <impresa>, <azienda>, <persona giuridica>, <società> sembra aver subito negli ultimi decenni –convenzionalmente dopo Asquini– ulteriore accentuazione. Il relativismo di tali nozioni ha così portato gli studiosi a dover discernere nel medesimo lemma a volte la forma, a volte il contenuto, altre volte ancora l’aspetto teleologico dell’istituto sotteso. E ancora, la rigida separazione dei campi di indagine –da un lato la scienza giuridica tesa particolarmente all’interpretazione delle norme positive di legge, dall’altro le scienze aziendali indirizzate a cogliere il concreto quotidiano degli operatori economici nel loro mutevole ambiente– e la mancanza di dialogo tra gli esponenti delle diverse discipline hanno condotto alla duplicazione di uguali semantiche in concettualizzazioni dal difforme contenuto euristico. A una non piana nozione giuridico-formale di <società> (ovvero alle molteplici interpretazioni offerte) si contrappongono infatti diverse qualificazioni economico-aziendali del medesimo istituto, una pluralità di astrazioni che vede ai due estremi le figure del <contratto> e della <personalità giuridica>. Da tale intorbidirsi della nozione degli istituti economico-sociali sorge naturaliter l’esigenza di individuare la natura ultima dell’istituto societario, la sua fondazione teoretica. Tale indagine troverà ragione sia nei fatti economici indagati sia nell’ordinamento giuridico vigente, inteso quest’ultimo non solamente nelle limitate vesti del dettato legislativo ma altresì nel fitto insieme di concetti, di principî, di dogmi, di soluzioni pazientemente tessuto negli anni dalla elaborazione interpretativa dottrinale e giurisprudenziale. Si tratta in sostanza di un discorso di metodo che, sebbene avanzi soluzioni possibili, cerca soprattutto di indicare prospettive di analisi e di ricostruzione sistematica degli operatori aziendali, portandone a sintesi i profili nel contempo economici e giuridici. In questo scritto, ove non diversamente specificato, ai lemmi <azienda>, <impresa>, <impresa-azienda> e <operatore-azienda> si attribuirà, senza alcuna distinzione, il significato –elaborato dalle scienze aziendali– di <unitario organismo economico finalizzato durevolmente alla produzione e riproduzione di redditi e capitali>, nel quale si coordinano in sistema numerosi elementi di natura materiale, immateriale e personale che per il diritto vengono –né tutti– trattati separatamente. 1 Federico Manfrin Contrariamente a questa teoresi, il vigente diritto positivo ha come noto scisso tale unità, rendendo mutuamente estranee le due distinte nozioni di <azienda (res)> e <impresa (agere)> di cui, rispettivamente, agli artt. 2555 c.c. ("l'azienda è il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa") e 2082 c.c. (il quale, esprimendo il significato legale di "imprenditore", ha permesso alla dottrina giuridica di elaborare un'autonoma nozione di "impresa" quale "attività economica organizzata, esercitata professionalmente al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi"). 2. La nozione giuridica di società Al pari delle categorie logiche di <impresa> e <azienda> anche la società viene sovente accolta dagli interpreti del diritto quale semplice postulato, accolto cioè –non di rado– acriticamente e con validità assoluta 1 , dibattendosi la stessa tra le contrapposte figure –rispettivamente economica e giuridica– dell’<ente> e del <soggetto giuridico> dell’operatore-azienda. L’art. 2247 c.c. recita: “Con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili”. A una prima lettura della norma emerge l’intento di esplicare una procedura piuttosto che presentare una definizione, o se si preferisce un criterio di identificazione, del fenomeno societario 2 . È verisimile infatti che sia stato questo il principale motivo che ha spinto il legislatore a mutare la rubrica della predetta disposizione da “nozione di società” a “contratto di società” (emendamento introdotto ad opera dell’art. 1 del D. Lgs. 3 marzo 1993, n. 88 3 ), e non solamente, come generalmente riconosciuto, quello di 1 Cfr. P. Ferro-Luzzi, Riflessioni sulla riforma. I: La società per azioni come organizzazione del finanziamento di impresa, in Riv. dir. comm., 2005, I, p. 679. 2 La nozione di cui all’art. 2247 c.c. non esprime una definizione per genus et differentiam. La norma infatti non afferma che la società è un contratto, ma dichiara che con il contratto di società i soci intendono raggiungere un determinato obiettivo economico: ne consegue che l’eventuale origine non contrattuale della società non contraddice il testo di legge. Cfr. G. Marasà, Su una proposta di riforma dell'art. 2447 c.c. La nuova nozione di società, in Giur. comm., 1992, I, p. 1008. Si veda poi la posizione critica dello stesso Autore nei confronti delle società di origine non contrattuale in La società a responsabilità limitata con un solo socio (commento al d.lg. 3 marzo 1993 n. 88), Giappichelli, Torino, 1995, pp. 3 e ss. 3 In attuazione della XII Direttiva CEE del 21 dicembre 1989, n. 667. Tuttavia, mentre la dottrina giuridica ritiene che l'introduzione della società unipersonale sia stata un passaggio obbligato verso un unitario diritto europeo delle società (cfr. per tutti Aa.Vv., Il diritto europeo delle società, EGEA, Milano, 1991, passim), si sosterrà nel presente scritto 2 La natura economico-aziendale dell’istituto societario non voler escludere la possibilità, ora ammessa in via generale, di costituire società –a responsabilità limitata e per azioni– unipersonali 4 . Tuttavia, la presa di coscienza dei limiti della norma principale in tema di società –limiti che saranno compendiati nel corso della trattazione– non è stata sinora stimolo sufficiente per approntare una riforma dell’ordinamento giuridico che adeguasse la nozione di società alla natura, qui ritenuta eminentemente economico-aziendale, dell’istituto in oggetto. È dunque in questa prospettiva che ci si interrogherà di seguito sulla nozione –normativa, economica– della fattispecie <società>. È questo un tema non di rado evitato dalla dottrina sia giuridica sia aziendalistica: come sovente accade per gli istituti complessi, si preferisce trattare –a volte esclusivamente– dei requisiti di esistenza e delle possibili classificazioni, senza tuttavia affrontarne la natura ontologica che si dà per nota nel timore – forse– delle dovute cautele che questo comporterebbe; ovvero, più probabilmente, a causa della necessità di dover esorbitare dai ristretti confini degli istituti giuridici ed economici classici, ancorché monistici. Nell’interpretazione descrittiva delle norme in materia di società, in particolare il già citato art. 2247 c.c., si riconosce, in via generale, che per aversi <società> debbono simultaneamente concorrere i seguenti requisiti: a) conferimento di beni o servizi (ossia la prestazione onerosa cui adempiono le parti del rapporto quando forniscono i mezzi per il che tale nuova possibilità rappresenti diversamente una conferma della natura economicoaziendale dell’istituto societario. 4 Viene così a cessare il biasimevole fenomeno del socio di comodo, detentore di irrisorie quote di capitale sociale, il quale dal punto di vista economico e gestionale riveste un ruolo solamente fittizio e la cui presenza è richiesta unicamente per realizzare la formale pluralità dei soci. In tema di società unipersonali sembra poi opportuno richiamare il noto dibattito dottrinale e giurisprudenziale (ormai scemato in seguito all’ultima riforma del diritto societario) in tema di Anstalten del Liechtenstein, avente ad oggetto il riconoscimento (o meno) a tali istituti della possibilità di esercitare attività d’impresa nell’ordinamento italiano, con piena personalità giuridica e capacità processuale. Si ricorda sul punto che l’Anstalt è disciplinata dagli artt. 534 ss. del Codice delle persone e delle società (P.G.R.), in vigore in Liechtenstein dal 1926, che la definiscono un istituto giuridico costituito da un solo soggetto (sebbene non sia esclusa l’eventuale pluralità dei fondatori), dotato di autonomia e organizzazione proprie, avente scopi durevoli anche di ordine non economico, che dispone di un patrimonio formato da diritti reali e personali, il quale non ha carattere pubblicistico, né struttura associativa (in particolare, artt. 534 e 535 P.G.R.). Si consulti, tra gli altri, A. Elia Benedetto, Anstalt: un problema irrisolto, in Riv. not., 1990, fasc. 2-3, pp. 375-386 e F. Santonastaso, Anstalt, società unipersonali e vicende giurisprudenziali dell'art. 2362 c.c., in Giur. comm., 1979, fasc. 1, pp. 20-49. 3 Federico Manfrin conseguimento dell’oggetto sociale) 5 ; b) esercizio di un’attività economica in comune tra i soci; c) fine lucrativo. In via parimenti generale la dottrina giuridica, conformemente al dettato codicistico, riconosce che le società possono venire analiticamente –e differentemente– classificate: a) aventi finalità di lucro ovvero costituite per conseguire scopi mutualistici; b) di persone e di capitali; c) con e senza personalità giuridica; d) semplici o commerciali. L’uniformità espressiva dei contenuti si infrange tuttavia quando oggetto dell’indagine divenga la nozione stessa di società. Si espongono, a tal fine, nel seguito, le principali nozioni che le dottrine sia economica sia giuridica hanno impiegato per identificare il fenomeno societario. Una prima soluzione identifica la <società> con il <contratto di società>, ricomprendendo quest’ultimo nella categoria dei contratti associativi con comunione di scopo, in quanto le prestazioni di ciascuna parte sono dirette al conseguimento di un fine comune 6 . Si tratterebbe di una particolare fattispecie contrattuale, con la quale le parti mirerebbero a conseguire un interesse economico che troverebbe manifestazione in un incremento del loro patrimonio per il tramite dell’esercizio di un’attività economica, non necessariamente gestita dagli stessi ma eventualmente organizzata da soggetti terzi non soci 7 . Tale posizione richiama la nozione propria del diritto romano classico, che identificava la societas con il contratto di natura consensuale mediante il quale due o più persone, per il raggiungimento di un fine collegiale, si obbligavano a mettere in comune beni o opere 8 . Si trattava invero di un 5 Parte della dottrina giuridica, per tutti P. Greco, Corso di diritto commerciale. Impresa, azienda, società, Malfasi, 1952, p. 265, distingue tra conferimento e versamento, tra impegno e sua esecuzione. 6 E questo “poiché –proprio al contrario di quanto si verifica per i contratti di scambio– l'esecuzione delle obbligazioni delle parti costituisce la premessa per una attività ulteriore”, così A. Serra, Unanimità e maggioranza nelle società di persone, Giuffrè, Milano, 1980, p. 29. Propende, tra gli altri, per la <genesi contrattuale> della società G. Cottino, La società per azioni, in Novissimo Digesto Italiano (estratto da), Vol. XVII, Utet, Torino, 1971, p. 20. Contra, F. Messineo, La struttura delle società e il c.d. contratto plurilaterale, ora in Studi di diritto delle società, Milano, 1958. 7 Cfr. tra gli altri P. Greco, Le società nel sistema legislativo italiano, Giappichelli, Torino, 1959, pp. 3-4; G.G. Auletta, Il contratto di società commerciale, Milano, 1937, pp. 31 ss.; G. Ferri, Delle società, in Commentario del codice civile a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1969, pp. 3 ss; e G. Oppo, Eguaglianza e contratto nelle società per azioni, in Riv. dir. civ., 1974, I, p. 654. 8 Cfr. V. Arangio Ruiz, La società in diritto romano, Casa editrice Dott. Eugenio Jovene, Napoli, 1950. 4 La natura economico-aziendale dell’istituto societario contratto che produceva effetti solamente tra le parti, le cui obbligazioni erano irrilevanti nei confronti dei terzi che potevano negoziare diritti e obblighi solamente con i singoli soci. La società era priva di autonomia patrimoniale, ed erano pertanto i soci a rispondere con il loro patrimonio personale delle obbligazioni assunte: la società, di fatto, altro non era che un contratto istitutivo di una comunione di beni 9 . E così già il codice italiano del 1865, riprendendo la formulazione di cui all’art. 1832 del codice napoleonico, recitava all’art. 1697: “La società è un contratto, col quale due o più persone convengono di mettere qualche cosa in comunione, al fine di dividere il guadagno che ne potrà derivare”. A tale impostazione si può immediatamente opporre una considerazione critica. L’ordinamento consente oggi, come già evidenziato in premessa, la costituzione di società ad opera di un solo soggetto: pertanto la società potrebbe identificarsi non solo con un contratto, bensì anche con un negozio unilaterale (si fa riferimento alle disposizioni di cui agli artt. 2328 c.c. e 2463 c.c., rispettivamente per la Società per Azioni e per la Società a responsabilità limitata) 10 . Nondimeno, ancor prima del riconoscimento delle società unipersonali lo stesso impianto codicistico negava che la società si potesse immedesimare con un contratto; –e lo nega tuttora– se ad esempio all’art. 2266 c.c., a norma del quale “la società acquista diritti e assume obbligazioni per mezzo dei soci che ne hanno la rappresentanza e sta in giudizio nella persona dei medesimi”, si provasse a sostituire il termine <società> con l’espressione <contratto di società>, il disposto perderebbe significato, e così avverrebbe se si tentasse la stessa sostituzione logica in quasi tutte le altre norme che disciplinano l’istituto societario 11 . Ancora a negazione della nozione contrattuale di società vanno oggi annoverati i fenomeni delle c.d. società legali 12 , create a fronte di uno specifico intervento legislativo (ad es. a seguito della privatizzazione degli 9 Cfr. Aa. Vv., Diritto delle società, Giuffrè, Milano, 2005, p. 4. Sul punto, all’alba della novella legislativa che introduceva la possibilità di costituire ab origine una società a responsabilità limitata unipersonale, G. Oppo si chiedeva: “Ma siamo arrivati solo alla costituzione unipersonale di una «società» a responsabilità limitata o, tout court, all’impresa individuale a responsabilità limitata”, in Società, contratto, responsabilità (a proposito della nuova società a responsabilità limitata), in Riv. dir. civ., 1993, II, p 183. Si veda inoltre S. Scotti Camuzzi, Società a r.l. con unico socio non responsabile e impresa individuale a r.l. nella XII Direttiva CEE, in Riv. Soc., 1990, pp. 500-505. 11 Così R. Mancuso, La società: una nozione in continua evoluzione, in Le Società, n. 1/2006, p. 20. 12 La categoria fa unitariamente riferimento alle c.d. società autorizzate, società obbligatorie e società coattive. Cfr. C. Ibba, Gli statuti singolari, in Trattato delle società per azioni (diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale), Vol. 8, Torino, 1992, pp. 591 ss. 10 5 Federico Manfrin enti pubblici) 13 , e delle società costituite unilateralmente nel contesto di un procedimento di scissione societaria 14 . Una seconda posizione identifica la società con il rapporto che lega i soci per il raggiungimento del fine comune 15 . Si tratterebbe in altre parole del complesso di relazioni giuridiche che –nel corso della durata della società– si verrebbero a generare tra i soci, a fronte del loro operare per il conseguimento dell’oggetto sociale. Tale impostazione mira a superare i limiti formali della definizione contrattuale, e per tale ragione, ad esempio, risulta particolarmente utile quale fattispecie risolutiva (unitamente alla presenza di reali conferimenti) per il riconoscimento delle c.d. società di fatto. In particolare tale orientamento dà risalto al momento dinamico dell’esercizio in comune dell’attività economica, in contrapposizione al carattere statico del contratto, la cui funzionalità è fissare una posizione giuridica fra più interessi contrapposti: la società sarebbe pertanto non il contratto, ma l’esecuzione del contratto tra i soci. Tuttavia, il semplice riconoscimento del rapporto dinamico tra i soli soci non dà ragione delle relazioni che la società genera, o potrebbe generare, con economie e soggetti terzi. Allo stesso modo il fatto che, come 13 Ad esempio l’atto di trasformazione di un ente pubblico creditizio (legge 30 luglio 1990, n. 218 e relativo provvedimento di attuazione d.p.r. 20 novembre 1990, n. 356) costituisce atto unilaterale di creazione di una società. Per una disamina delle principali ipotesi cfr. G. Tarzia, Trasformazione di enti pubblici economici. Giurisdizione e processo, in Rivista di diritto processuale, 1994, fasc. 1, pp. 1-23 e C. Ibba, La tipologia delle privatizzazioni, in Giur. comm., 2001, fasc. 4, pt. 1, pp. 464-487. 14 Si veda artt. 2504 septies e ss. c.c. e d.l. 15 gennaio 1991, n. 22. 15 Aderiva a questa impostazione P. Greco che ricomprendeva la società nella “categoria dei rapporti con cui si realizza o piuttosto si mira a realizzare un concreto interesse economico-patrimoniale degli associati, mediante un vantaggio che si acquisisce al patrimonio di ciascuno di loro per effetto diretto dei mezzi offerti da tutti e di un’attività rivolta a impiegarli per tale fine”, in Corso di diritto commerciale. Impresa, azienda, società, Malfasi, Milano, 1952, p. 263. È ancora oggi rilevante, poi, l’obiettivo dell’Autore di superare il formalismo giuridico per cogliere la natura economico-organizzativa dell’istituto societario: “la società (ciò che del resto è comune ad altri tipi di rapporti associativi) non è solo un semplice rapporto obbligatorio, ma è altresì essenzialmente (anche se nelle forme più elementari codesto carattere è poco sensibile) un rapporto di organizzazione, avente per contenuto la struttura di un gruppo, la funzione e la posizione reciproca dei singoli suoi membri” (p. 268). Tuttavia, come si cercherà di chiarire nel prosieguo, sembra che la posizione delineata dall’Autore sovrapponga i piani dell’impresa e della società, almeno nell’impostazione economico-aziendale accolta dalla presente trattazione. È favorevole all’interpretazione della società quale <rapporto> anche G. Marasà, Su una proposta di riforma dell'art. 2447 c.c. La nuova nozione di società, in Giur. comm., 1992, I, p. 1005, il quale sottolinea come l’art. 2247 definisca il «contratto di società» e non la «società», non escludendosi pertanto “che la società come rapporto possa avere origine non contrattuale”. 6 La natura economico-aziendale dell’istituto societario evidenziato trattando del contratto, all’istituto societario non faccia più capo necessariamente una “riunione di persone”16 , nega in nuce la necessità che la società si esaurisca sempre e comunque in un rapporto tra più soci. Conclude Oppo, in materia di società unipersonali e relativamente alle due tesi appena descritte –contratto e rapporto–, affermando che la società “costituita da un solo soggetto «con atto unilaterale» non è in realtà società né come contratto né come rapporto, per la buona ragione che non vi è né l’uno né l’altro” 17 . Una terza soluzione riconosce infine nella società il soggetto giuridico (fittizio) che sorge in forza del contratto sociale, nuovo centro di imputazione di diritti e doveri distinto dai soci e dotato di una propria autonomia patrimoniale. Si rinvengono infatti nel vigente ordinamento, tra le altre, norme che fanno riferimento al <patrimonio della società> (art. 2504 octies c.c.), ai <creditori della società> (art. 2267 c.c.), all’<amministrazione della società> (art. 2487 c.c. ), tutte espressioni che necessariamente fanno riferimento a un soggetto e non ad un contratto o a un rapporto di volta in volta mutevole tra i soci. Tale posizione rinvia al processo di evoluzione storica dell’istituto, quando la nascita della società era rappresentata da atti di riconoscimento e concessione dell’autorità –1) l’avallo del sovrano e 2) l’octroi–, e non frutto dell’autonomia privata 18 . A fronte del beneficio che l’operare di rilevanti e rischiose intraprese economiche avrebbe apportato allo Stato e alla comunità tutta, il sovrano creava infatti d’imperio un nuovo soggetto di diritto, privo di un corrispondente reale nel mondo fenomenico (c.d. teoria della fictio juris), cui concedeva il beneficio della responsabilità limitata: da ciò, termine abbreviato di un complesso di privilegi e prerogative, aveva origine l’ulteriore finzione giuridica della <personalità giuridica> 19 . Solo successivamente, a far data dalla seconda metà del XIX secolo, si manifestò il prevalere delle posizioni liberiste in merito all’importanza dell’iniziativa privata, con il conseguente abbandono dell’istituto della concessione in 16 Cfr. G. Endemann, Manuale di diritto commerciale, marittimo, cambiario, Nicola Novene & Co., Librai-Editori, Napoli, 1897, p. 302. 17 Cfr. G. Oppo, Società, contratto, responsabilità (a proposito della nuova società a responsabilità limitata), in Riv. dir. civ., 1993, II, p. 184. 18 Cfr. F. Galgano, Storia del diritto commerciale, Bologna, 1976, pp. 61-63. 19 Cfr. P. Verrucoli, Superamento della personalità giuridica delle società di capitali nella “Common Law” e nella “Civil Law”, Giuffrè, Milano, 1964, pp. 75 e ss.; P. Rescigno, Immunità e privilegio, in Riv. Dir. Civ., 1961, I, pp. 442 e ss.; E. Simonetto, Responsabilità e garanzia nel diritto delle società, Cedam, Padova, 1959. 7 Federico Manfrin favore del tipico strumento di manifestazione della volontà negoziale tra privati, il contratto 20 . 3. Società: da ipotizzata creazione del diritto a ente naturalmente economico Non sembri errato affermare che le posizioni più sopra delineate eccedono nel momento in cui negano che l’istituto societario sia ab origine istituto di natura fondamentalmente economica, volendo anzi riconoscere in esso una semplice derivazione pratica del dettato legislativo teoretico. Ricorrendo all’esempio delle Società per Azioni, che autorevole dottrina giuridica definisce <creazione legislativa> 21 , e inquadrando storicamente il fenomeno nella sua più nota manifestazione, si osserva che le compagnie coloniali del XVII e del XVIII secolo beneficiavano sì di un privilegio regio, adottavano sì uno statuto, correttamente si afferma che in cambio di doveri di natura pubblicistica erano investite di particolari potestà e del privilegio della responsabilità limitata; ma si osserva pure che errato sarebbe identificarle con tali caratteristiche formali. Erano organismi economici, enti reali composti di navi che solcavano gli oceani, di uomini che le governavano e che organizzavano gli scambi (economici in natura e con effetti giuridici per risultato derivato), di capitali forniti da un vasto pubblico di risparmiatori che si assumevano il rischio dell’intrapresa. Ammoniva infatti Zappa, citando Luigi Amoroso: <La legge è forma: disciplina, non crea > 22 . I concetti di contratto, obbligazione, persona giuridica possono dunque aiutare l’interprete nell’abbracciare il complesso sistema di forze e mezzi economici che compongono la società, ma non devono con essa ontologicamente identificarsi. Si ricordi a tale riguardo l’insegnamento di Machlup in materia di simboli teoretici, l’avvertimento a non confondere le organizzazioni economiche effettivamente operanti con la finzione euristica delle <società> 23 . 20 Il soggetto veniva creato storicamente per isolare il patrimonio, e solo successivamente si è iniziato a identificarlo con l’imprenditore: da qui l'errore, come si cercherà di dimostrare nel seguito della trattazione. 21 Cfr. G. Cottino, M. Sarale e R. Weigmann, Società di persone e consorzi, Cedam, Padova, 2004, p. 295. 22 Cfr. Zappa, Le produzioni nell'economia delle imprese, Giuffrè, Milano, 1956-57, p. 522. 23 Cfr. F. Machlup, Theories of the Firm: Marginalist, Behavioral, Managerial, in American Economic Review, marzo 1967, p. 9: “To confuse the firm as a theoretical construct with the firm as an empirical concept, that is, to confuse a heuristic fiction with a real organisation like General motor or Atlantic & Pacific, is to commit the <fallacy of 8 La natura economico-aziendale dell’istituto societario Indagata quale <creazione del diritto>, la società diviene secondo Kelsen mera <metafora antropomorfica>, la cui erronea interpretazione “costituisce un’inammissibile ipostatizzazione di un procedimento ausiliario, costruito dalla scienza del diritto al fine di semplificare e chiarire l’esposizione di una complessa situazione giuridica” 24 . Non mancano del resto, anche in Italia, maestri i quali ricordino che la società non è, e mai è stata, mera creazione del diritto. Tra quelli, Cottino ricorda che: “Gli istituti giuridici del diritto commerciale, in quanto svincolati dal substrato ideologico tradizionale, non sono stati il frutto di un atto di creazione del legislatore. La s. p. a., così come del resto alcuni secoli prima la compagnia e quindi, sulla scia di essa, l’accomandita, non sorsero per il capriccio di un principe o per la deliberazione di un corpo legislativo; non furono modellate dalle mani sapienti di un giurisconsulto; né entrarono a far parte, salvo per alcuni elementi, del grosso bagaglio dell’eredità romanistica. Emersero poco alla volta, attraverso l’elaborazione di strumenti atti a fronteggiare la realtà e le esigenze economiche che questa esprimeva, adattandosi a queste esigenze, riflettendole e traducendole in norme, mutuando da istituti diversi frammenti e strutture portanti: sino ad assumere nella fase del capitalismo maturo il volto che oggi conosciamo.” 25 Che la società non sia creazione del diritto, si scorge poi in particolare indagando i tipi societari in prospettiva di politica economica. Il diritto non è lo strumento che dà loro esistenza, ma semplicemente lo strumento con il quale lo Stato cerca di controllare le imprese quali indipendenti organismi economici che in talune circostanze, si pensi alle grandi Società per Azioni, possono addirittura competere con lo Stato nella lotta politica per il controllo sociale 26 . misplaced concreteness>. This fallacy consists in using theoretic symbols as though they have a direct, observable, concrete meaning”. 24 Così H. Kelsen, La dottrina pura del diritto, Einaudi, Torino, 1999. Si rileva che l'Autore, coerentemente con la teoresi della dottrina pura del diritto, non coglie l’aspetto reale, dinamico, operativo, sistemico dell'impresa: società, persona giuridica ed ente sono tutti interpretati quali creazione del diritto. 25 G. Cottino, La società per azioni, in Novissimo Digesto Italiano (estratto da), Vol. XVII, Utet, Torino, 1971, p. 7. 26 Così A.A. Berle Jr. e G.C. Means, The modern corporation and private property, New York, 1937, p. 336 (traduzione Torino 1966): “Lo Stato cerca di disciplinare taluni aspetti della società per azioni, mentre questa diventando certamente più potente, fa ogni sforzo per sottrarsi a tale disciplina, ed anzi, quando si tratta dei suoi interessi cerca perfino di dominare lo Stato. È possibile che il futuro abbia a mostrarci gli organismi economici 9 Federico Manfrin Ma la storia insegna che anche le scienze dello spirito sono in parte commerciali, esse pure alla continua conquista di nuovi mercati: così, benché la società traesse la propria origine dall’attività economica, “le legislazioni si impossessarono dell’istituto societario fin dal suo apparire nel campo economico medioevale (Firenze, Siena, ecc.), ed attraverso l’ordinamento giuridico positivo si iniziarono e coltivarono studi dottrinali di diritto, i quali hanno sempre fatto testo nella materia che ha finito per perdere il suo originario carattere economico” 27 . Ciò ha determinato l’inopportuna contaminazione tra istituti e la necessità di un continuo esame parallelo tra gli stessi, con l’obbligo di dover chiarire, di volta in volta e sin dall’inizio, se il punto di vista analizzato sia del giurista o dell’aziendalista 28 . Ricordava del resto Endemann, già nel Manuale di diritto commerciale, marittimo, cambiario del 1897: “(...) la parola e il concetto di società appartengono non al diritto, ma all’economia. La società è assai poco un proprio rapporto od istituto giuridico, come lo sono la comunione, l’intercessione, la donazione; invece il significato di essa dipende da criteri economici, a cui possono accedere rapporti ed istituti giuridici affatto eterogenei.” 29 che oggi sono rappresentati da società per azioni, non solo su basi di parità con lo Stato, ma forse anche al suo posto, come forze dominanti della organizzazione sociale. Di conseguenza il diritto delle società potrebbe essere considerato come il potenziale diritto costituzionale del nuovo stato economico, mentre l'attività di impresa sta sempre più assumendo l'aspetto di attività politico-economica”. 27 Cfr. Aldo Amaduzzi, Le gestioni comuni, Utet, Torino, 1961, pp. 9-10. Ricorda G. Ragusa Maggiore che “le società derivano da pratiche mercantili che ponevano paradigmi identici in vari Paesi, mediante una disciplina comune che, apocrificamente veniva definita lex mercatoria”, in Trattato delle società. Vol. I: Le società in generale. La società di persone, Cedam, Padova, 2000, p. 38. Dalla società civile (agricola o di godimento) con responsabilità diretta e universale si è passati alle società di capitali a responsabilità limitata; gli Stati poi, semplicemente, si sono impadroniti degli aspetti formali delle strutture organizzative facenti capo alle imprese maggiormente efficienti svolte in forma associativa tramutando il tutto in testo di legge, in norme protette e sanzionate. Si tratta, in altre parole, di forme organizzative che si sono sviluppate di fatto quale adattamento all'evoluzione dell'economia, e in questo pare potersi rinvenire ben poco di stampo giuridico: è il diritto che si adatta all'economia, rectius, è l'economia che formalizza le proprie necessità. 28 Cfr. atti del ciclo di convegni Dialoghi tra giuristi e aziendalisti, tenutisi presso l'Università degli Studi di Brescia nel corso del 2007. 29 Cfr. G. Endemann, Manuale di diritto commerciale, marittimo, cambiario, Nicola Novene & Co., Librai-Editori, Napoli, 1897, p. 303. 10 La natura economico-aziendale dell’istituto societario Intento del legislatore dovrebbe essere pertanto, come ammoniva Rotondi, <adeguare la forma e la disciplina alla natura e alle funzioni della società> 30 . Accantonate allora le posizioni giuridiche parziali, pare di particolare valenza euristica la teoresi che riconosce nella società la natura di ente che viene a esistenza indipendentemente (forse contestualmente, ma mai necessariamente) dal perfezionamento del contratto sociale: anch’esso organismo socio-economico al pari (o forse sarebbero meglio dire <in identità> d’essere) dell’operatore-azienda. Sottolineava Santi Romano che “per società deve intendersi non un semplice rapporto fra gli individui, come sarebbe, per esempio, il rapporto di amicizia, al quale è estraneo ogni elemento di diritto, ma un’entità che costituisca, anche formalmente ed estrinsecamente, un’unità concreta, distinta dagli individui che in essa si comprendono” 31 . Correttamente, e in tal senso, il codice di commercio del 1882 affermava che tutte le società costituivano “enti collettivi distinti dalle persone dei soci” (art. 77, comma 3), e in quanto tali provviste di una propria denominazione e di un proprio nome. Pare opportuno, a questo punto, interrogarsi in merito alla relazione che intercorre tra la società e l’istituto dell’impresa-azienda, quest’ultimo come elaborato dall’Economia aziendale e come delineato sinteticamente in prefazione. Se ad entrambe le fattispecie, infatti, si deve riconoscere la qualità di organismo economico atto a perdurare per la realizzazione di particolari finalità economiche, due risultano le possibili conseguenze: a) riconoscere l’identità necessaria e vicendevole tra società e impresa; b) rilevare l’esistenza di un rapporto di genus a species. La prima soluzione non è qui ritenuta accoglibile. È noto infatti che non ogni impresa (sia individuale ma altresì collettiva) è anche società nel senso giuridico, e che la società non è sempre impresa (ad esempio, come si vedrà di seguito, non può qualificarsi <impresa> la società occasionale o unius negotii). 30 35. Cfr. M. Rotondi, La riforma della legislazione commerciale, Ambrosiana, 1941, p. 31 Così in L'ordinamento giuridico, Sansoni, Firenze, 1945, p. 26. Nello stesso senso anche G. Ferri, Manuale di diritto commerciale, Utet, Torino, 1960, p. 126: “la società, anche se dal contratto trae origine, non è mai soltanto un contratto. Essa è una organizzazione di persone e di beni per il raggiungimento di uno scopo produttivo, organizzazione che, se non sempre assurge a persona giuridica, tuttavia in ogni caso assume una propria autonomia rispetto ai soci che l’hanno creata e ai loro patrimoni”. 11 Federico Manfrin Preferibile pare viceversa la seconda impostazione. La società non sarebbe altro che l’istituto economico dell’impresa regolato e organizzato (anche) secondo quanto disposto dalle norme che disciplinano il suo tipo particolare (semplice, in accomandita, per azioni e così via): alias l’impresa in forma societaria 32 . Ne consegue che l’impresa è un’istituzione totalmente originaria, mentre la società è in parte originaria e in parte derivata dall’ordinamento statuale. 4. Riqualificazione dell’interpretazione dominante in tema di società: riduzione da <forma giuridica> a <fattore economico> dell’impresa Quanto precede potrebbe apparire solamente l’ennesima riproposizione della dicotomia tra forma e sostanza: la forma giuridica della società informerebbe la sostanza economica dell’impresa-azienda 33 . Nel substrato sostanziale vi sarebbe cioè piena corrispondenza, e identità, tra impresaazienda e società, quest’ultima non essendo altro che la prima, la quale verrebbe riversata in una forma posta dall’esterno ma incapace di modificarne la natura ontologica. E così probabilmente era nelle intenzioni del legislatore del 1942, se nella Relazione al nuovo testo codicistico si legge che la società è “forma di esercizio collettivo di un’attività economica produttiva e normalmente di un’attività economica organizzata durevolmente ad impresa” (n. 923 della Relazione): il passaggio dall’<ente> del codice di commercio del 1882 alla <forma> del codice civile del 1942 segna evidente la frattura con il precedente sistema codicistico 34 . 32 R. Mancuso propone la seguente definizione: “La società è un organismo giuridico, costituito –da uno o più soggetti od in forza di legge– per l’esercizio di un’attività volta al conseguimento di un vantaggio di natura economica o di una finalità di tipo sociale”, così in La società: una nozione in continua evoluzione, in Le Società, 2006, fasc. 1, p. 25. La nozione proposta non pare tuttavia in linea con le conclusioni sinora raggiunte: la società, delle due una, o è semplice complesso di norme, come sarà anticipato più avanti, e quindi non organismo, oppure se è organismo, perché si riconosce la sua natura istituzionale, ne consegue che è organismo socio-economico e non giuridico. 33 Si intende per <forma> di un istituto il complesso delle sue qualità accessorie e non essenziali, per <sostanza> ciò che “persiste identico sotto il mutare delle qualità e degli accidenti”: cfr. M. Sica, Dicotomie classiche in economia aziendale, Giappichelli, Torino, 1994, p. 94. 34 Negli stessi termini si esprimeva G. Ferri, Manuale di diritto commerciale, Torino, 1960, p. 178: “La società è nel sistema del codice una forma di esercizio collettivo dell’impresa”. Riprendendo poi la citata posizione di Ferri, P. Ferro-Luzzi propone una ridefinizione dell'istituto qui indagato, definendo la società <organizzazione dell’esercizio, della responsabilità e del finanziamento di impresa> “essendo l’esercizio, la responsabilità e il finanziamento in sé, come tali e perché tali, ad essere organizzati, ad essere cioè l’oggetto dell’organizzazione, quindi giuridicamente di norme aventi natura e portata 12 La natura economico-aziendale dell’istituto societario Tale riduzione del fenomeno societario a <forma di sostanza economica>, anche se in linea con le premesse della presente trattazione, non pare risolva, se pur anticipa il senso del presente discorso, la criticità della nozione, giacché il fenomeno deve venire inquadrato in modo da rappresentarne in via sistematica la natura propria. La società, rectius le disposizioni giuridiche in tema di società, non sono <forma sovrapponente> bensì <forma plasmante> dell’istituto: a tutti gli effetti ciò che si appalesa quale forma sociale diviene sostanza d’impresa, ciò che si manifesta all’esterno come complesso di norme giuridiche finisce per informare l’impresa nel suo substrato istituzionale 35 . L’impresa-azienda e la società si identificano pertanto –qui si propone– in istituti ontologicamente identici ma declinati secondo modalità difformi, non potendosi ammettere quale unica differenza fra i due che in un caso, e non nell’altro, vi sia l’aggiunta dell’elemento accessorio <forma sociale>. E sebbene le imprese possano essere organizzate in <forme> diverse, va osservato che ciascuna <forma> “non è un carattere esteriore, estraneo alla loro economia, ma è a questa intimamente connessa” 36 . Mutano infatti, con il variare della forma giuridica, le articolazioni e le caratteristiche delle coordinazioni lucrative d’impresa, le dinamiche dei processi produttivi, le dimensioni del capitale non solo giuridicamente imposto ma altresì economicamente necessario per realizzare i predetti processi, le finalità proprie dell’istituto aziendale, i rischi, le relazioni tra capitale e lavoro e tra l’azienda e l’ambiente esterno, le procedure e i vincoli per la negoziabilità delle partecipazioni, non ultimo i confini della responsabilità per le obbligazioni assunte. Mutano in particolare i rapporti con i terzi, soprattutto con i soggetti che a qualsivoglia titolo concedono credito all’impresa: questi ultimi sono infatti particolarmente interessati all’una o all’altra forma assunta dall’impresa, essendo quella uno dei fattori dai quali dipende la capacità dell’azienda di far fronte agli impegni assunti 37 . essenzialmente organizzativa”, così in Riflessioni sulla riforma; I: La società per azioni come organizzazione del finanziamento di impresa, in Riv. dir. comm., 2005, I, p. 678. 35 Cfr. T. Ascarelli, Ordinamento giuridico e processo economico, in Problemi giuridici, Tomo I, Milano, 1959, p. 47: “la disciplina giuridica non costituisce variabile «forma» di una costante sostanza, in una contrapposizione che presupporrebbe appunto una legalità economica naturale; costituisce essa stessa elemento della struttura economica i cui effetti e procedimenti sono in funzione delle regole seguite nell’azione e viceversa”. 36 Cfr. L. Azzini, I gruppi: lineamenti economico-aziendali, Giuffrè, 1968, p. 7; P. Onida, Economia d’azienda, Utet, 1971, p. 21, P. Saraceno, La produzione industriale, Libreria Universitaria, 1963, p. 47. 37 Cfr. Aldo Amaduzzi, Le gestioni comuni, Utet, Torino, 1961, p. 2: “È noto che la trattazione delle società commerciali, delle associazioni in partecipazione, delle aziende divise, viene inclusa, nelle opere scolastiche ed accademiche, in un libro a sé stante che ha 13 Federico Manfrin A rigore la società potrebbe qualificarsi <forma> unicamente ove le disposizioni normative che ad essa fanno riferimento si limitassero a produrre effetti sui soli rapporti formali di manifestazione della volontà (rientrando così nelle note categorie delle forme ad substantiam, ad probationem e ad regularitatem) 38 . Tale interpretazione non esaurisce tuttavia la realtà. La scelta della veste societaria incide infatti, come ricordato, sulla materia economica dell’impresa, sull’operare della sua attività, sulla sua organizzazione interna ed esterna, sulle modalità di produzione e riproduzione dei redditi e dei capitali 39 . Per limitarsi a un esempio, il fatto che l’acquisto di un immobile da parte di un’impresa richieda o meno la forma scritta ad substantiam non incide sulla natura economica dell’operazione, diversamente, sempre esemplificando, i vincoli e le limitazioni sancite dalle disposizioni societarie in materia di variazioni del capitale sociale (aumento, diminuzione, acquisto di azioni proprie, e così via), differenti a seconda del diverso tipo societario prescelto, incidono queste sì sull’operare economico e sulla produzione di ricchezza da parte dell’impresa: nel primo esempio si può parlare di <forma>, non così nel secondo. Si osservi poi che la forma sociale diviene elemento del sistema aziendale al pari di tutti gli altri elementi che ne compongono il substrato economico: <elemento sostanziale>, ma <non elemento essenziale> 40 . Il giurista ligio al formalismo potrebbe ribattere che redazione ed esecuzione dell’atto costitutivo sono condizione di regolarità per le società di persone, e addirittura condizione di esistenza per le società di capitali, e che ciò è inderogabilmente norma di legge. Ma come ci ricorda Berle, l’esistenza della società quale organismo economico non abbisogna di alcuna legge: per titolo Le forme aziendali, volendo significare con ciò che la società è una forma, assunta dall’impresa, e così l’associazione o la divisione in sezioni. A noi non pare che l’espressione «forma», usata in tale sede e per tale scopo, per quanto possa cogliere l’aspetto più appariscente del fatto, sia la più appropriata. La costituzione, la vita, lo scioglimento e la liquidazione delle società, rappresentano fatti di gestione, con un contenuto loro proprio, e, quindi, con l’influenza che essi fatti hanno sul vario manifestarsi del contenuto delle gestioni tipiche della produzione”. 38 È infatti con riferimento alla manifestazione della volontà dei negozi giuridici che si parla normalmente di <forma> dell’atto giuridico. 39 Rileva sempre Aldo Amaduzzi che “se l'impresa societaria si considera una funzione matematica di più variabili, la differenza tra il valore di tale funzione ed il valore della funzione dell'impresa considerata depurata da ogni componente strutturale, o considerata come facente capo all'individuo, costituisce l'apporto economico della veste societaria”; op. ult. cit., p. 22. 40 Cfr. G. Capograssi, Pensieri vari su economia e diritto, in Scritti giuridici in onore di Santi Romano, Vol. I, Padova, 1940, p.222. 14 La natura economico-aziendale dell’istituto societario “È chiaro che non è la legge, con la sua finzione della personalità giuridica, a fornire la linfa vitale e il cuore palpitante a questi vasti meccanismi. (…) Infatti, se la legge, agendo per mezzo di qualche meccanismo, dichiarasse che [le società] non esistono, tali enti non si troverebbero ad essere fittizi, bensì reali. La ferrovia continuerebbe a funzionare, la posta a svolgere il suo compito e l’industria siderurgica a trasportare minerali metalliferi e a ricavarne acciai. I dipendenti di queste aziende continuerebbero a fare ciò a cui erano abituati. La società continuerebbe a servirsi di loro, i clienti continuerebbero a pagare i loro conti e allo stesso modo i fornitori non tralascerebbero di offrire le proprie merci. Gli impiegati frequenterebbero l’ufficio come al solito, gli uffici di contabilità continuerebbero a tenere i libri mastri secondo le istruzioni dei dirigenti e i laboratorî proseguirebbero nei vecchi esperimenti e ne tenterebbero di nuovi. Invano qualche leguleio affermerebbe che i direttori non possono ulteriormente concordare una linea d’azione o il presidente dare ordini. Il gruppo direttivo si incontrerebbe ancora e prenderebbe decisioni. Il presidente si rivolgerebbe ancora ai consiglieri per stabilire il suo stipendio ed essi si rivolgerebbero al presidente per prendere ordini. I posti vacanti sarebbero occupati come prima e gli uomini riconosciuti inadatti sarebbero licenziati. L’immensa macchina continuerebbe così a funzionare. Questo è proprio dell’essenza di un’istituzione e non di una creazione giuridica” 41 . Si ricorda poi il principio secondo cui l’impresa-azienda è caratterizzata dal <permanere nella mutabilità>. Al pari degli altri elementi costitutivi dell’operatore-azienda, anche il variare della società non muta la natura ultima dell’ente economico che essa ha contribuito a costituire. Purtuttavia, la norma giuridica sembra negare anche nelle disposizioni sulla trasformazione il substrato organico ed economico dell’impresa-azienda. Il dettato di cui al riformato art. 2498 c.c.: “Con la trasformazione l’ente trasformato conserva i diritti e gli obblighi e prosegue in tutti i rapporti anche processuali dell’ente che ha effettuato la trasformazione”, pare infatti contrapporre due diversi enti, pre e post trasformazione. Preferibile, in termini economici, sarebbe stata una diversa formulazione che riconoscesse all’unico ente la continuazione dei suoi rapporti giuridici in essere nonostante il mutare di uno dei sui elementi costitutivi, rappresentato quest’ultimo da una partizione delle sue procedure 41 Cfr. A.A. Berle, jr. La rivoluzione capitalistica del XX secolo, Mercurio editore, pp. 17-18. 15 Federico Manfrin organizzative e che –si ribadisce– solo per comodità possiamo definire <forma> societaria 42 . Il rapporto tra società e impresa non può trovare soluzione nel problematico –e qui non di certo risolvibile– contrasto tra forma e contenuto, né a maggior ragione nella semplicistica massima di valore per la quale è possibile “mettere il contenuto al di sopra della forma, non però la forma al di sopra del contenuto” 43 , non di rado utilizzata con finalità altamente arbitrarie dai detrattori della substance over form. Confondere la società con l’impresa potrebbe poi condurre a errori di politica economica, ove si ritenga che attuando una riforma del diritto societario si possa realizzare una riforma dell’impresa: una simile risultato, al contrario, potrebbe concretizzarsi solamente agendo direttamente sui processi gestionali dell’azienda, e non certo operando sulla formale struttura delle norme societarie 44 . Si dubita qui, in sintesi, che la <forma giuridica> dell’impresa-azienda possa venire interpretata quale categoria contrapposta alla <materia 42 E in tal senso, correttamente, si è espressa la giurisprudenza più recente e maggioritaria. Cfr. Cass. 03/17066: “In tema di società, ogni specie di trasformazione comporta soltanto il mutamento formale di un’organizzazione societaria già esistente, ma non la creazione di un nuovo ente che si distingua dal vecchio, sicché l’ente trasformato, quand’anche consegua la personalità giuridica di cui prima era sprovvisto, non si estingue per rinascere sotto altra forma, né dà luogo ad un nuovo centro di imputazione di rapporti giuridici, ma sopravvive alla vicenda modificativa senza soluzione di continuità e senza perdere la sua identità soggettiva”. Nello stesso sensi anche Cass. 00/10254. L’introduzione del fenomeno della trasformazione rende poi opportuna una breve digressione. Se le società sono enti, istituzioni, organismi e, stando alle disposizioni in tema di società di capitali, queste hanno origine con l’iscrizione dell’atto costitutivo presso il registro delle imprese, come si dovrebbe qualificare l’eventuale impresa collettiva che fosse stata operativa prima della decisione imprenditoriale di <mutarla> in società? Costituirebbe la stessa una diversa entità o, diversamente, e come parrebbe logico, il medesimo organismo? E se così fosse (medesimo organismo), parrebbe errato negare a tale fenomeno di mutazione le medesime conseguenze che l’ordinamento predispone in ipotesi di trasformazione tra società. Inoltre, pur tralasciando per il momento l’indagine in merito alla valenza economicogiuridica dell’organizzazione imprenditoriale nello stadio iniziale, ovvero del complesso degli atti preparatori, preme sin da ora sottolineare che il contratto di società non necessariamente coincide con il momento genetico dell’istituzione-impresa. 43 H. Kelsen, Formalismo giuridico e dottrina pura del diritto, in H. Kelsen-R. Treves, Formalismo giuridico e realtà sociale, a cura di S.L. Paulson, Edizioni scientifiche italiane, 1992, p. 39. 44 Contra A. Asquini, Una svolta storica del diritto commerciale, in Scritti giuridici, Cedam, Padova, 1961, vol. I, ove a p. 72 riconosceva la corrispondenza biunivoca tra impresa e società. 16 La natura economico-aziendale dell’istituto societario economica> dell’istituto economico 45 . Nel prosieguo, ove si faccia ricorso all’espressione “forma societaria” –termine d’uso invalso nella prassi e nelle dottrine sia giuridica sia aziendalistica–, la stesso dovrà intendersi qualificata dal significato che le presenti riflessioni hanno prescelto di attribuirle. Si osserva infine che il titolo del presente paragrafo fa riferimento al concetto di <interpretazione dominante> e non di <nozione>. Da un attento esame della normativa in materia di società risulta infatti che la qualificazione di quest’ultima quale elemento costitutivo dell’impresa non dà ragione di tutte le società che concretamente si rinvengono nel concreto operare del sistema economico. Se la società fosse sempre e comunque <forma> dell’impresa (ovvero, suo elemento costitutivo), sempre e comunque dovrebbe esservi coesistenza fra società e impresa. Il vigente ordinamento giuridico non consente invece di giungere a tale conclusione, di conseguenza le conclusioni cui si è giunti sinora non possono assurgere a nozione esaustiva del fenomeno societario. Ai successivi due paragrafi sono affidate la pars destruens e la pars construens di tale interpretazione. 5. Negazione della corrispondenza biunivoca tra società e impresaazienda Non è possibile rinvenire la coincidenza tra società e impresa, alias l’identità di società con l’operatore-azienda, in fattispecie plurime ancorché sottilmente atipiche, tra le quali: a) società di comodo o non operative: la categoria ricomprende un’ampia casistica, dalle società costituite per massimizzare il regime di detrazione d’imposta alle società-veicolo utilizzate per realizzare complesse operazione di finanza strutturata (ad esempio le note società-veicolo per le operazioni di leveraged buy-out), aventi tutte in comune la caratteristica di non compiere l’attività economica propria di produzione e riproduzione di redditi e capitali: proprio per tale ragione vengono sovente identificate con l’espressione <scatole 45 Cfr. Aldo Amaduzzi, Le gestioni comuni, Utet, Torino, 1961, p. 2: “Il criterio della contrapposizione di una categoria di forma, nella quale debbano essere compresi i problemi esemplificativi, ad una categoria di contenuto, che comprenda la parte speciale della gestione aziendale, non risponde, dunque, alla realtà, la quale indica un contenuto anche nei fatti peculiari relativi alla vita societaria od associativa o alla divisione”. Più in generale, per il dibattito dottrinale in materia di contrapposizione tra materia economica e forma giuridica si rinvia per tutti a E.M. Leo, Forma giuridica e materia economica. Saggi, Vita e pensiero, 1994 e L. Mengoni, Forma giuridica e materia economica (1963), in ID, Diritto e valori, Il Mulino, 1985. 17 Federico Manfrin vuote> 46 ; tuttavia, come sostenuto dalla dottrina giuridica maggioritaria, della loro validità “de iure condito appare difficile dubitare” 47 ; b) società occasionali o unius negotii: sono, nelle parole di Endemann, “specie di società che le parti contraggono occasionalmente allo scopo di esercitare, e di trarre profitto da alcune operazioni commerciali isolate”; si è fatto ricorso alla definizione del noto giurista tedesco di fine ‘800 per ricordare che l’allora codice tedesco negava ex lege a tali strumenti di tecnica giuridica la natura di società, riconoscendo loro la qualifica di “associazioni aventi per iscopo l’esercizio di operazioni commerciali per scopo comune” 48 ; sono nondimeno anch’esse società ammesse dal nostro ordinamento e in quanto tali tutelate, sebbene non costituite per lo svolgimento di un’attività economica, bensì per l’esercizio di isolati negozi giuridici ad effetti patrimoniali (diversamente, per aversi attività economica d’impresa dovrebbero ricorrere, in termini giuridici, il requisito della professionalità 49 e, in termini economici, l’attitudine a perdurare nel tempo 50 ); c) le <partizioni> d’azienda in veste societaria: nei gruppi societari si assiste sovente alla partizione dell’unitaria impresa in frazionamenti, aventi distinta veste societaria ma sostanzialmente privi di autonoma capacità organizzativa e rappresentanti ciascuno null’altro che “un frammento di impresa” 51 ; in queste ipotesi ad ogni società non coincide un’impresa, semmai a un complesso di società coincide una sola e univoca impresa: in termini aziendalistici, un’azienda divisa; 46 L’argomento, anche se qui non approfondito, richiama inevitabilmente alla mente i noti dibattiti dottrinali di fine ottocento in tema di società materiali e società formali. 47 G. Cottino, La società per azioni, in Novissimo Digesto Italiano (estratto da), Vol. XVII, Utet, Torino, 1971, p. 25. 48 Cfr. Endemann, Manuale di diritto commerciale, marittimo, cambiario, Nicola Novene & Co., Librai-Editori, Napoli, 1897, p. 842. 49 In ossequio al noto brocardo “una mercantia non facit mercatorem, sed professio et exercitium”. 50 Ne consegue che il riconoscimento delle società di comodo e occasionali dovrebbe essere da solo sufficiente a negare che “la società nell’ordinamento italiano [sia] una struttura di durata”: cfr. G. Cottino, M. Sarale e R. Weigmann, Società di persone e consorzi, in Trattato di diritto commerciale diretto da G. Cottino, Vol. III, Cedam, Padova, 2004, p. 18. Dopo aver richiamato i necessari caratteri della professionalità e dell’organizzazione per l’esercizio di un’impresa, ai sensi dell’art. 2082, gli Autori (p. 19) osservano che: “Si stempera così lo scuro del dubbio, se possa considerarsi società quella conclusa per un unico affare. Se questo ha tale consistenza da richiedere lo svolgimento di un’attività, la risposta è positiva (...). Se si tratta di una speculazione isolata (...), non ripetuta sistematicamente, la risposta è negativa”. 51 Così F. Galgano, Le società per azioni, Zanichelli, Bologna, 1974, p. 13. 18 La natura economico-aziendale dell’istituto societario l’unità economica si spezza così in una molteplicità di soggetti <giuridici>, le cui partecipazioni appartengono, direttamente o indirettamente, al medesimo soggetto economico (può accadere, in altri termini, che a un’unica ipostasi-impresa corrispondano più società) 52 . In sintesi l’impresa, e più in particolare l’attività economica organizzata nell’istituto aziendale, non può individuarsi in realtà statiche, ovvero nel compimento di singole operazioni estrapolate da una duratura attività economica atta a protrarsi nel tempo. Fa difetto infatti, nelle ipotesi più sopra citate, sia l’esercizio di un’attività economica dinamicamente attiva per lo scambio e la produzione di beni (prospettiva giuridica), sia l’istituzione operante in sistema di persone e risorse (prospettiva aziendalistica). Come infruttuoso pare, per eludere il problema, il tentativo di parte della dottrina di disconoscere la natura di società alle fattispecie delle società di comodo, occasionali e delle aziende divise: la critica della ragion pratica impone il semplice riconoscimento che queste società-non-imprese sono riconosciute, ammesse e tutelate dall’ordinamento giuridico. Quanto precede è ulteriore riprova dell’incapacità –della teoresi che identifica la società con la forma giuridica dell’impresa– di assurgere a nozione generale dell’istituto societario. La forma esiste a imprimere di sé un nucleo sostanziale pre-esistente; e il nucleo dovrebbe essere nel caso di specie l’impresa, la quale tuttavia risulta assente nelle ipotesi più sopra delineate. Sembra poi opportuno sottolineare che, sebbene l’impostazione qui presentata sia di stampo aziendalistico, le conclusioni più sopra raggiunte non subirebbero variazione 53 qualora si volesse attribuire all’impresa la 52 Non si vuole tuttavia negare in questa sede che in un gruppo si possa poi eventualmente registrare la presenza di più imprese. Ciò accade quando alle singole partizioni (le società controllate) è lasciata sufficiente autonomia organizzativa tale da renderle, almeno parzialmente, autonomi centri di coordinazioni lucrative. 53 Si rileva inoltre l’inidoneità dell’art. 2247 c.c. a ricomprendere tutti i tipi di società quale nozione univoca e generale. La norma in oggetto appare infatti essere stata rifiutata nelle sue premesse dallo stesso ordinamento, il quale negli anni ha provveduto a disciplinare fattispecie societarie in netto contrasto con i requisiti minimi e inderogabili che parrebbero ricavarsi dalla “nozione” che essa fornisce. Si tratta in particolare, tra le altre ipotesi, delle società consortili (art. 2615 ter c.c., introdotto dalla Legge 10 maggio 1976, n. 377) e mutualistiche. L’art. 2247 c.c. menziona inoltre l’<esercizio in comune>, eppure tale requisito manca di certo, per limitarsi all’esempio più eclatante, in presenza di azionisti di risparmio ex artt. 145 ss. del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58: l’esercizio di un’attività economica si riduce in tale ipotesi a semplice sopportazione del rischio d’impresa in attesa di possibili rendimenti. 19 Federico Manfrin nozione restrittiva di <attività economica> accolta da parte della dottrina giuridica. Non si può pertanto condividere la posizione accolta dalla maggior parte dei giuristi i quali riconoscono necessariamente un’impresa in ogni società 54 . Tra questi Giuseppe Ferri sosteneva che “la società è nel sistema del codice una forma di esercizio collettivo dell’impresa”, in particolare “è una organizzazione attiva e si propone la realizzazione di un guadagno, non un organismo contemplativo che si accontenta del godimento dei frutti” 55 . Ciò era inoppugnabile all’origine della codificazione commerciale, a far data dai codici di commercio del 1865 e del 1882, tanto che si può ammettere che ciò dovrebbe correttamente essere in termini di politica giuridica, anche se l’ordinamento giuridico attuale contraddice tale posizione 56 . Semplificando, affermare che la società è impresa sarebbe come sostenere che il contratto di trasporto per terra è la modalità giuridica con cui vengono distribuiti al mercato i prodotti dell’azienda: può non essere il modo o può non essere l’unico 57 . Tuttavia, l’osservazione del fenomeno da una diversa angolazione consente di salvare il collegamento impresa-società. Infatti, se è pur vero che a ogni singola veste societaria non necessariamente corrisponde un’autonoma impresa, pare corretto sostenere che qualsivoglia società (finanche le ipotesi di cui ai precedenti punti a), b) e c)) sottintende l’operare di un’impresa 58 . È pur sempre un’impresa che decide di costituire per un suo affare una società veicolo, è sempre un’impresa che nel 54 Così, tra gli altri, M. Casanova, Le imprese commerciali, Utet, Torino, 1955, p. 156 e A. Dalmartello, I contratti delle imprese commerciali, Cedam, Padova, 1962, p. 298. Contra, ad esempio, W. Bigiavi, La professionalità dell’imprenditore, Padova, 1948, pp. 14 ss. e F. Galgano, Trattato di diritto civile, Vol. III, Cedam, Padova, 2009, pp. 247 ss. 55 Cfr. G. Ferri, Manuale di diritto commerciale, Utet, Torino, 1960, p. 126. 56 Il punto è ricordato da R. Mancuso, La società: una nozione in continua evoluzione, in Le Società, 2006, fasc. 1, p. 23, il quale ammonisce: “Anche a voler considerare impliciti, nel concetto stesso di società, tutti gli elementi – normativi e non – della nozione di impresa (quale si evince indirettamente dal citato art. 2082 c.c.), è certo che una società può venire in essere, e continuare ad esistere, senza che ci sia alcun esercizio collettivo di impresa”. 57 Come ricordava F. Carnelutti, “lo sguardo deve allargarsi e comprendere tutto il campo del fenomeno; allora gli elementi contingenti si scindono dagli essenziali e la nozione si depura da quelli”: così in Valore Giuridico della nozione della azienda commerciale, in Rivista del diritto commerciale e del diritto generale delle obbligazioni, Francesco Vallardi, Milano, 1924, A. 22, n. 3 e 4, pt. 1, p. 158. E proprio con riferimento a tale monito si osserva che le società sono elementi contingenti dell’impresa: questa è necessaria, quella eventuale. 58 E coerentemente con tale impostazione Aldo Amaduzzi definiva la <società> quale “istituto economico che aderisce ad una gestione aziendale”: così in Le gestioni comuni, Utet, Torino, 1961, p. 18. 20 La natura economico-aziendale dell’istituto societario complesso e duraturo svolgersi delle proprie operazioni decide di realizzarne un gruppo servendosi del complesso di norme approntate in ambito societario, è sempre un’impresa che decide di frazionare la propria operatività in più società 59 . La società presuppone un’impresa ma non è – sempre e necessariamente– impresa 60 . Ed è questa una conclusione che si può cogliere solamente analizzando il fenomeno in chiave di dinamica gestionale e organizzativa. Concludendo sul punto, si deve riconoscere che la società non assurge a realtà pre-normativa 61 . Diversamente, tale qualifica deve essere riconosciuta all’impresa-azienda che in quanto tale dovrebbe, una volta accertati i requisiti dell’istituzione, beneficiare della personalità giuridica (o soggettività giuridica). Il tema è notoriamente complesso, e viene qui rinviato con l’obiettivo di individuare invece una categoria che possa assurgere a nozione generale dell’istituto societario. 59 Cfr. per tutti S. Scotti Camuzzi, La società per azioni come impresa e altri studi in tema di regole giuridiche dell’attività economica, Giuffrè, Milano, 1979. 60 Risulta rilevante al riguardo l’esempio proposto da S. Scotti Camuzzi, op. ult. cit., pp. 9-10: l’Autore ricorda come la nazionalizzazione delle società elettriche sia avvenuta in Italia “mediante l’espropriazione degli impianti, o delle aziende elettriche, dalle stesse posseduti, e non mediante l’espropriazione delle azioni, anche quando la società nazionalizzata era meramente «elettrica», e ciò per il timore di violare la norma costituzionale (art. 43), che prevede appunto la nazionalizzazione con esclusivo riferimento a «imprese o categorie di imprese»; timore che evidentemente non avrebbe avuto fondamento, consentendo soluzioni più semplici nella maggior parte dei casi, qualora le società per azioni si fossero potute considerare esse stesse come imprese”. L’Autore tuttavia, p. 11, risolve tale lacuna concludendo che “la società per azioni è impresa (come organizzazione e come soggetto) per se stessa in quanto solo esista, perché essa sistematicamente, per sua natura (professionalmente) concentra del capitale produttivo, trasformando in esso un disperso risparmio. Meno importa che la società per azioni si dia poi un oggetto o l’altro; che adoperi il capitale produttivo per fabbricare automobili o per far navigare battelli sul Reno, o addirittura per costituire altre società per azioni”. Non pare tuttavia condivisibile tale conclusione, stante l’ammissibilità nel nostro ordinamento, come già osservato, delle società di comodo, delle società occasionali e delle imprese unitarie organizzate in gruppo e normalmente articolate in più società. Ciò che qui non si condivide, con riferimento all’ultima citazione riportata, è la confusione tra il piano dell’organismo economico (impresa-azienda) e il piano della struttura organizzativa facoltativa espressa dalla norma (società): non è la società, ma l’impresa che si dà un oggetto sociale: la società, in questo caso, si rinviene solo nella norma che richiede all’impresa di esplicitare nello statuto tale oggetto “sociale” (rectius e, ad corrigendum, “d’impresa”). 61 Cfr. in tema di <persona giuridica> T. Ascarelli, Personalità giuridica e problemi delle società, in Problemi Giuridici, Tomo I, Giuffrè, Milano, 1959, p. 237: “I presupposti ai quali la dottrina fa capo per decidere dell'«esistenza» di una persona giuridica (p. es. il riconoscimento) non sono che i presupposti perché si possa far capo alla disciplina normativa che, con l'espressione «persona giuridica», si vuole indicare”. 21 Federico Manfrin 6. Riduzione del fenotipo <società> a <decisione gestionale> per l’esercizio dell’impresa, ovvero, società quale categoria giuridica ausiliaria delle scienze aziendali Negata la natura della società quale mera forma d’impresa e quale ente economico, il problema nozionale della fattispecie in esame si ripropone nelle sue problematiche interpretative. Appare opportuno ricercare la soluzione indagando il fenomeno in chiave genetica. Sono i soci nell’esercizio della loro funzione imprenditoriale che attuano la decisione strategica di adottare uno o altro (o nessun) modello societario. Tale decisione strategica, sebbene caratterizzata da un elevato costo di reversibilità, rappresenta pur sempre un momento dell’amministrazione dell’impresa, la quale –come si diceva– viene ad esistenza già prima della stipula dell’atto costitutivo, nell’operare dei suoi fondatori 62 . L’atto costitutivo non è condizione di creazione dell’attività economica bensì, alternativamente, a) condizione di applicazione all’operatore-azienda di un complesso di norme 63 , ovvero b) strumento giuridico per la realizzazione di una particolare operazione economica. Ne consegue che la nozione di società –il suo Rechtsgrund– va riconosciuta nell’essere tale fattispecie, in ultima istanza e in termini universali ed onnicomprensivi, null’altro che una scelta di gestione avente a oggetto la facoltativa adozione di un predeterminato complesso di vincoli organizzativi di struttura 64 . 62 Si rinvia sul punto ai numerosi contributi che hanno alimentato il dibattito in tema di responsabilità per gli atti compiuti prima dell’iscrizione della società: in particolare si veda C. Angelici, Società prima dell’iscrizione e responsabilità di «coloro che hanno agito». Giurisprudenza tedesca e diritto italiano, Giuffrè, Milano, 1998, monografia commentata da A. Pavone La Rosa, in Rivista delle società, 1999, fasc. 1, pp. 194-200. 63 Se la società è ad un tempo scelta di gestione e complesso di norme, sembra errato ancorarla necessariamente ad un contratto: invero non vi è necessità di un rapporto regolamentato plurisoggettivo, essendo sufficiente una decisione –gestionale– operata in tal senso anche da un imprenditore singolo. 64 Cfr. P. Onida, Economia d’azienda, Utet, 1971, p. 21: “Alla costituzione dell’azienda, o successivamente, può presentarsi come problema di scelta economica la determinazione della figura giuridica che conviene conferire al titolare, o come anche si dice, la determinazione della conveniente forma dell’azienda”. Si vedrà tuttavia nel prosieguo della trattazione come la struttura qui presentata neghi alla società anche la natura di “titolare” dell’azienda. Si consulti inoltre G. Ragusa Maggiore, Trattato delle società. Vol. II: Le società di capitali. La società per azioni. Formazione della società per azioni, Cedam, Padova, 2003, p. 23, ove trattando della personalità giuridica quale elemento tipico delle società di capitali afferma che “la creazione di questa struttura rientra nella libertà di intervenire nel mercato e quindi nella autonomia soggettiva di chi vuole esercitare un'attività d'impresa”. 22 La natura economico-aziendale dell’istituto societario In altre parole, con il termine <società> ci si riferisce qui a una particolare normativa opzionabile in termini economici e strumentali dall’imprenditore 65 . Oggi non più necessariamente contratto, e dunque atto dell’impresa (rectius, dell’imprenditore o dei promotori). Negare tale natura economica equivarrebbe a ridurre i fatti a posizioni dialettiche, ovvero a sostituire alla realtà aziendale pre-concetti giuridici che trovano origine in una semantica giuridica resa via via obsoleta dall’impoverimento delle categorie che essa esprime rispetto all’evolvesi strutturale dei fatti e delle operazioni economiche specialmente d’impresa, a governare le quali erano in origine sufficienti la communio e gli altri istituti del diritto civile. Pertanto, sebbene sia corretto attribuire natura giuridica all’istituto societario indagato an sich (astrazione sintetica di un complesso di norme), è altresì agevole riconoscere nella società, se analizzata in chiave teleologica, una pre-esistente e più pregnante natura di carattere meramente economico (tecnica di esercizio dell’impresa) 66 . E se la società diviene uno strumento giuridico opzionabile dall’imprenditore nell’esercizio dell’impresa 67 , ne consegue la necessità di negare la pretesa origine contrattuale della stessa. In particolare non si rinviene –oggi anche nell’ordinamento italiano– la necessità che vi sia la presenza di più di un soggetto affinché possa ricorrersi allo strumento societario. Ben può essere la società “unipersonale”, come unica persona può essere l’imprenditore ovvero il <soggetto economico> 68 che ne decide 65 Cfr. T. Ascarelli, Personalità giuridica e problemi della società, in Problemi giuridici, Tomo I, Giuffrè, Milano, 1959, p. 238: “È questa strumentalità che permette poi di comprendere perché alla costituzione della fattispecie negoziale alla quale è poi applicabile la normativa possa procedersi, nel caso concreto, con l’intento (comune ai costituenti) di profittare della normativa stessa, assumendo valore strumentale la realizzazione dello stesso scopo tipico previsto come proprio nella relativa fattispecie negoziale”. 66 Cfr. sul punto J. Paillusseau, La société anonyme : technique juridique d'organisation de l'entreprise, Sirey, Paris, 1967. Si veda inoltre dello stesso Autore, La modernisation du droit des sociétés commerciales, Recueil Dalloz, 1996, ove in particolare a p. 289 si legge: “la société est une structure d'accueil de l'entreprise (…): ou bien la société a été spécialement constituée pour recevoir une entreprise individuelle qui existe et qui fonctionne, et elle est la structure d'accueil, l'organisation juridique de cette entreprise; ou bien la société est créée pour exercer une activité économique (…) et une entreprise naît et se développe, la société est l'organisation juridique de cette entreprise”. 67 Cfr. la massima della sentenza statunitense Farmers' Loan & Trust Co. v. Pierson, 222 N.Y.S. 532, 543, 130 Misc. 110: “A «corporation» is more nearly a method than a thing, and the law, in dealing with a corporation, need not define it as a person or entity, or even as an embodiment or functions, rights, and duties”. 68 Soggetto che può essere anche collettivo nella propria struttura (alias, composto da più persone fisiche), sebbene sia sempre unitario quando analizzato in veste di centro unificato di interessi (ovvero, espressione di una volontà univoca). 23 Federico Manfrin la concreta utilizzazione. E proprio in questa ipotesi rientrano, ad esempio, le società costituite da altre società onde dar corpo alle note strutture organizzative di gruppo 69 . Problema ulteriore è poi chiedersi se tale scelta di gestione sia adottata solamente in termini di struttura organizzativa più consona alla gestione dell’impresa, ovvero se la stessa discenda inevitabilmente da condizionamenti di politica economica. È il caso ad esempio dell’imprenditore che, sebbene potenzialmente interessato per l’amministrazione della sua impresa alla più elastica struttura della società di persone, opti viceversa per la società di capitali al fine di beneficiare del favor della responsabilità limitata generalizzata e immediatamente efficace verso tutti i terzi, con l’indubbio vantaggio di non doverla di volta in volta negoziare con ogni controparte. In termini economici le norme in materia di società non sono altro che “il prodotto di consulenza giuridica gratuita che il legislatore offre alle parti, allo scopo di ridurre i c.d. costi di negoziazione” 70 : tanti prodotti di consulenza quanti sono i tipi societari disciplinati dal legislatore. E tra questi il soggetto economico può scegliere, guidando la scelta sulla base della ponderazione di precise variabili: il fabbisogno minimo di capitale richiesto ex lege, la propensione al rischio dei soggetti coinvolti, il sistema di decisioni, l’integrazione e la divisione dei piani operativi d’impresa, l’incidenza sull’elemento personale dell’articolazione delle funzioni aziendali, la negoziabilità delle partecipazioni, l’elasticità e l’ammontare dei finanziamenti che si possono ottenere 71 . 69 Se l’impresa è istituto economico, e la società, come riconosciuto, è istituto giuridico dalla natura teleologicamente economica, sembra poi opportuno interrogarsi sull’ontologia e l’essenza del gruppo, il quale in ultima istanza altro non appare essere che una struttura organizzativa sostanzialmente e strutturalmente simile alle società. I gruppi infatti, sebbene privi di un articolato substrato legislativo, sono al pari delle società strutture organizzative che hanno trovato la loro origine e la loro ragione d'essere nei fatti economici e organizzativi propri dell’impresa. Cfr. sul tema L. Azzini, I gruppi aziendali, Giuffrè, Milano, 1975; P.E. Cassandro, I gruppi aziendali, Cacucci, Bari, 1959; F. Galgano, I gruppi di società, Utet, Torino, 2001. 70 Cfr. F. d’Alessandro, «La provincia del diritto societario inderogabile (ri)determinata». Ovvero: esiste ancora il diritto societario?, in Riv. Soc., 2003, fasc. 1, p. 37. 71 In prospettiva aziendalistica, si sottolinea come tali variabili coincidano proprio con i fattori di impulso e di sviluppo che conducono al raggiungimento delle condizioni di equilibrio economico. 24 La natura economico-aziendale dell’istituto societario La conclusione cui si è giunti può naturalmente venire dibattuta e contestata, ma è innegabile la natura di libera scelta di gestione da attribuirsi alla forma societaria nelle economie di mercato 72 . La <società> non è perciò realtà sociale bensì, trasposizione di strutture organizzative in testo di legge, trasposizione ficta di un concetto giuridico che non trova necessariamente corrispondente fenomenologico nell’operatore economico (l’impresa-azienda), ma che da quest’ultimo può essere o meno –discrezionalmente– attivata 73 . La società diviene così espressione sintetica di una mutevole disciplina normativa, ovvero, come sostenuto da Kelsen “soltanto l’espressione unitaria di un complesso di norme, cioè di un ordinamento giuridico e precisamente di un ordinamento che regola il comportamento d’una pluralità di uomini” 74 , alias, si vorrebbe suggerire, <il comportamento di un’impresa>. Tuttavia, affermare che la società è mero complesso di norme non pare ancora bastevole ai fini del presente studio: l’indagine sulla natura dell’istituto richiede che della sua essenza si indaghino gli aspetti senz’altro genetico ma, soprattutto, teleologico. Come ogni realtà complessa anche l’impresa ha dovuto formalizzare le proprie basilari strutture organizzative, e per fare ciò si è servita dello strumento giuridico 75 . Così, a ogni tipo (società semplice, in accomandita, a responsabilità limitata, per azioni, e così via) corrisponde sovente un diverso assetto di organi relativamente sia alla produzione di redditi e capitali sia 72 A voler allargare coerentemente il discorso la società non è solo strumento gestionale a disposizione dell'azienda di produzione (l'impresa), ma altresì strumento di politica economica a disposizione della principale azienda pubblica territoriale: lo Stato. 73 Allo stesso modo Kelsen ci ricorda che creazioni del diritto è, non solo la <persona giuridica>, ma altresì la persona fisica: così H. Kelsen, La dottrina pura del diritto, Einaudi, Torino, 1990, p. 214. 74 Così, relativamente alle <persone giuridiche>, H. Kelsen, Lineamenti di dottrina pura del diritto, Einaudi, Torino, 1970, p. 89. La società è pertanto “soltanto un'espressione unitaria personificante d'un gruppo di obblighi e di autorizzazioni giuridiche, cioè di un complesso di norme” (questo con riferimento in particolare alla nozione giuridica di <persona>, p. 87). 75 In un determinato periodo storico, successivo al fenomeno delle grandi imprese coloniali di inizio XVII secolo, la classe imprenditoriale che sino a quel momento è stata l’unica artefice delle strutture organizzative che verranno identificate con il nome di <società> prende coscienza, con l’evolversi dell’economia di mercato post rivoluzione industriale, che la tecnica della <società>, in particolare delle Società per Azioni, può divenire ordinario fenomeno economico; conseguentemente “la classe imprenditoriale chiede che una corrispondente trasformazione si attui nel mondo del diritto: che la società per azioni diventi, anch’essa, un ordinario strumento giuridico”: così F. Galgano, Le società per azioni, Zanichelli, Bologna, 1974, p. 10. 25 Federico Manfrin poi alla gestione manageriale dell’impresa –o della partizione di impresa– sottostante 76 . Da ciò risulta il significato, la funzione, prima economica che normativa, del concetto di società. E citando Cottino in tema di Società per Azioni, ma con valore estendibile ad ogni tipo societario: “la s. p. a. è quella che è; cioè un puro strumento economico” 77 . Alias e riassumendo –a mo’ di climax–, non istituto giuridico ma istituto economico; non forma giuridica ma sostanza economica; non organismo economico ma espressione abbreviata di una disciplina 78 onde regolamentare le relazioni tra soggetti per l’esercizio di un’attività economica; infine non atto genetico di un nuovo ente ma scelta gestionale di un organismo economico già operante 79 . Se poi è proprio al momento genetico che si presta attenzione, emerge evidente la finalità univocamente economica che sottende l’impiego di tale strumento giuridico. Il punto è di evidenza: come il capitalismo “a créé le droit qui a permis son triomphe” 80 , così l’impresa, scegliendo la struttura societaria che più si confà ai suoi fini, crea il diritto che le permette di realizzarli e perpetuarli nel mutare delle condizioni di ambiente. È opportuno evidenziare poi che tale scelta è solamente eventuale, non necessaria. L’impresa necessita di una struttura organizzativa la quale può essere –ma anche non essere– trasposta in norme giuridiche. Strutture organizzative diverse dalla società possono essere ad esempio i consorzi, anch’essi al pari delle società nient’altro che mero complesso di norme, 76 92. Cfr. G. Fornasiero, Organizzazione e intuitus nelle società, Cedam, Padova, 1984, p. 77 Cfr. G. Cottino, La società per azioni, in Novissimo Digesto Italiano (estratto da), Vol. XVII, Utet, Torino, 1971, p. 19. 78 Cfr. T. Ascarelli, Personalità giuridica e problemi della società, in Problemi Giuridici, Tomo I, Giuffrè, Milano, 1959, p. 245. 79 Ovvero, anche qualora creato ab origine in veste societaria, capace di vita autonoma anche in assenza di tale veste. È ancora Ascarelli a ricordarci sul punto “l’equivoco che si ritrova nella premessa, implicita più che esplicita, che «società di capitali» e «società di persone» siano (come lo è «società») dati della realtà prenormativa la cui distinzione giustificherebbe poi il ricorso a «persona giuridica» nel primo caso e non nel secondo (…). La distinzione tra queste fattispecie non risiede però in intuitus personae o intuitus rei (espressioni che, intese a rigore, non sono del tutto esatte e che in realtà non fanno che ripetere quanto appunto è sancito nelle rispettive discipline), ma si riduce alla scelta di una od altra struttura organizzativa”; così op. ult. cit., p. 245. 80 Così G. Ripert, Aspects juridiques du capitalisme moderne, Paris, 1951, p. 37, ripreso da G. Cottino, Le società per azioni, in Novissimo Digesto Italiano (estratto da), Vol. XVII, Utet, Torino, 1971, p. 12 26 La natura economico-aziendale dell’istituto societario ovvero i gruppi, la cui struttura in questo caso è frutto solamente di prassi economico-aziendali non sempre recepite in testi legislativi 81 . È dunque riconoscibile la funzione teleologica della normativa societaria: una disciplina legislativa che regola in chiave organizzativa i <fatti di gestione> comuni a tutte le imprese (costituzione, rapporti di lavoro, rapporti di scambio, scioglimento), i quali troverebbero manifestazione indipendentemente dalla veste giuridica che le imprese decidessero di adottare 82 . Ricondotta nell’alveo della gestione aziendale la società riacquista pienamente la propria natura economica che le dottrine giuridiche sembravano averle sottratto. La decisione in merito alla struttura organizzativa societaria da adottarsi è, al pari delle altre scelte gestionali, decisione amministrativa che ha luogo nel dipanarsi delle coordinazioni lucrative d’impresa, nello svolgersi dinamico delle sue relazioni sistemiche 83 . In termini giuridici, la società esprime soltanto una disciplina normativa azionata da un atto di gestione, frutto a propria volta di una decisione di convenienza valutata in termini economici 84 . La società non nasce dunque né da un contratto, né da un negozio unilaterale, bensì da un atto il quale può essere, questo sì, plurilaterale o unilaterale. Invero, e a riprova, i soci potrebbero ottenere gli stessi risultati in termini giuridici, e lo stesso assetto 81 Ricorda G. Rossi che “ogni disciplina dei gruppi si presenta come una sorta di vendetta dell’impresa verso il diritto delle società di capitali, quasi una furibonda rivalsa della vitalità dell’homo oeconomicus sulla regola giuridica formalizzata e precisa che tutto vorrebbe ridurre all’ordine statico della persona giuridica”81, così in Il fenomeno dei gruppi ed il diritto societario: un nodo da risolvere, tratto da Aa.Vv., I gruppi di società. Atti del Convegno Internazionale di Studi sui Gruppi di Società, Venezia, 16-18 novembre 1995, Milano, 1996, vol. 1, p. 18. 82 Per fluidità di trattazione capiterà qui di seguito di utilizzare il termine <società>, come spesso si verifica nei testi di dottrina e nondimeno nel linguaggio volgare, per indicare l’impresa in veste societaria, con la precisazione tuttavia, ora per allora, che si intenderà sempre e comunque un operatore-azienda che abbia assunto la decisione di adeguare la propria struttura organizzativa a uno dei tipi sociali legislativamente disciplinati. 83 E così, tra le altre variabili prese in considerazione ai fini di tale decisione d'impresa, la variabile fiscale, l’opportunità o meno di potersi servire di strumenti facilmente trasferibili quali sono le azioni, ovvero ancora la possibilità di poter godere dei vantaggi derivanti dalla distinzione tra reddito della società e reddito dei soci. Cfr. F. Galgano, Le società per azioni, Zanichelli, Bologna, 1974, p. 12 e T. Ascarelli, Personalità giuridica e problemi delle società, in Problemi giuridici, Tomo I, Giuffrè, Milano, 1959, p. 287. 84 Cfr. F. Carnelutti, Valore Giuridico della nozione della azienda commerciale, in Rivista del diritto commerciale e del diritto generale delle obbligazioni, Francesco Vallardi, Milano, 1924, A. 22, n. 3 e 4, pt. 1, p. 159, p. 162, ove l’Autore sottolinea che, ai fini dell’impresa, la veste societaria non acquista rilevanza se non in quanto costituisca uno strumento per conseguire in termini maggiormente economici i fini dell’istituto. 27 Federico Manfrin organizzativo, utilizzando diversi strumenti contrattuali, compresa la possibilità di ricreare con tali rapporti regolamentati di carattere privatistico lo stesso beneficio della responsabilità limitata riconosciuto alle persone giuridiche. La libertà del soggetto economico di potere determinare la forma giuridico-organizzativa più appropriata è evidente nel momento in cui si assiste sempre più al superamento del numerus clausus dei tipi societari, mediante la creazione di forme ibride di società (ad es. società di persone partecipate da società di capitali) 85 . Mutatis mutandis, la società “non è altro che la tecnica, una delle varie tecniche, per l’esercizio di un’impresa” 86 , essendo pertanto possibili forme diverse dai tipi societari disciplinati dal legislatore. Pare pertanto errato in premessa disquisire in merito alla causa o all’astrazione dalla causa della società, considerato che la stessa non è un contratto, bensì solamente “pura struttura, destinata di volta in volta a servire scopi diversi” 87 . Dunque, sembra necessario riqualificare la nozione di società, tramutandola da <supernorma> a scelta di gestione di stampo organizzativo, tutto ciò quale conseguenza del riconoscimento della neutralità dell’istituto e delle strutture giuridiche alle quali essa fa riferimento. 88 All’apparenza potrebbe sembrare il già dibattuto problema della contrapposizione tra statuto e legge, ma qui la prospettiva è radicalmente diversa: la chiave di lettura cessa di essere la <validità giuridica> e diviene la <convenienza economica>. In termini più ampi, nel rapporto tra mercato e regolamentazione, si tratta di una manifestazione della libertà economica: la scelta della struttura organizzativa operata sulla base di criteri prettamente aziendalistici 89 . Tra 85 Cfr. G. Ragusa Maggiore, Trattato delle Società, Vol. II. Le società di capitali. La società per azioni. Formazione delle società per azioni, Cedam, 2003, p. 84, il quale rinvia per i profili economico-sociali della tipicità delle società a B. Rudden, La teoria economica contro la Property Law: il problema del numerus clausus, in Riv. crit. dir. priv., 2000, pp. 451 e ss. Si veda infine U. Tombari, La partecipazione di società di capitali in società di persone come nuovo «modello di organizzazione dell’attività di impresa», in Riv. Soc., 2006, pp. 188-203. 86 Così G. Ragusa Maggiore, Trattato delle società. Vol. I: Le società in generale. La società di persone, Cedam, Padova, 2000, p. 108. 87 Così G. Santini, Tramonto dello scopo di lucro nelle società di capitali, in Riv. dir. civ., 1973, fasc. 2, p. 163. 88 Cfr. in particolare G. Rossi, Impresa pubblica e riforma delle s.p.a., in Riv. soc., 1971, ove a p. 291 sostiene che la società “come mero fatto organizzativo dell'impresa in forma collettiva è strumentale, nel significato più ampio del termine, ed è adattabile ai più svariati contenuti”, e P. Ferro-Luzzi, I contratti associativi, Giuffrè, Milano, 1971. 89 Cfr. G. Fornasiero, Organizzazione e intuitus nelle società, Cedam, Padova, 1984, p. 39, ove l’Autore ricorda che si tratta in particolare di “sottoporre ad analisi parzialmente diversa l'istituto societario, verificando come esista anche un modo di intendere e vedere la 28 La natura economico-aziendale dell’istituto societario questi: la dimensione attuale e prospettica della compagine sociale, la facilità e gli eventuali limiti alla negoziabilità delle partecipazioni, la preferenza o meno ad attrarre finanziamenti esterni tramite il riconoscimento della responsabilità limitata, il prevalere dell’importanza del lavoro o dei capitali per il conseguimento dei fini istituzionali. Non sono mancati tentativi, velati certo, di limitare tale libertà riconducendola necessariamente entro i confini del diritto societario. Si fa riferimento all’ipotesi di ricondurre ogni impresa collettiva ad uno od altro dei tipi societari previsti dal legislatore. Tale posizione muove forse dall’estremizzazione di un concetto noto, così espresso da Ferri: “il godimento dei beni può attuarsi in comune al di fuori di qualsiasi vincolo negoziale, non l’esercizio di un’impresa; questo non può attuarsi in comune senza un accordo espresso o tacito” 90 . Ergo –si ipostatizza– un contratto. Da qui i facili corollari: a) se tale contratto presenta tutti i requisiti del contratto di società, all’impresa collettiva dovrà essere riconosciuta la qualifica di società; b) a norma dell’art. 2249 c.c. le società devono costituirsi secondo uno dei tipi regolati espressamente dal codice; dunque, c) tutte le imprese collettive possono organizzarsi solamente utilizzando una delle strutture predisposte dal codice civile e incarnate nel numerus clausus dei tipi sociali. La conclusione di tale ragionamento, ovvero il riconoscere l’<obbligatorietà> della struttura societaria per ogni impresa collettiva, sembra tuttavia rappresentare sia ingerenza troppo marcata nella gestione delle imprese, sia indebita estensione dell’ipotesi. Per tali ragioni viene qui osteggiata dal punto di vista economico e della libertà imprenditoriale: la società è una struttura organizzativa rimessa alla discrezionalità dell’imprenditore né deve divenire strumento imperativo di politica anche economica. Tuttavia si rileva come spesso sia proprio quest’ultima la volontà espressa dal <diritto vivente> (rectius pretorio) in tema di società di fatto. La tesi qui difesa, che identifica la società con una scelta di gestione, pare invece perdere efficacia nelle ipotesi in cui una particolare forma societaria non sia facoltativa, bensì imperativamente richiesta dall’ordinamento per l’esercizio di particolari attività. Si tratta di materie in cui quello ha riconosciuto essere preminente la difesa di interessi di tipo pubblicistico. Ne è un esempio l’attività bancaria e di intermediazione finanziaria (istituti di credito, società di gestione del società commerciale che supera gli aspetti tradizionali, sia in termini culturali che in termini sociali; la società non più (solo) struttura capitalistica nata dal privilegio di classe, non più (solo) un mezzo di produzione e di ripartizione di reddito fra determinate classi sociali, ma uno schema organizzativo per la realizzazione dei più disparati interessi sociali”. 90 Così G. Ferri, Manuale di diritto commerciale, Utet, Torino, 1960, p. 127. 29 Federico Manfrin risparmio, società di investimento immobiliare, società di assicurazioni, possono essere costituite solamente in veste di Società per Azioni) 91 . Così una decisione strategica di natura economica che, in assenza di legge imperativa, sarebbe rimasta sul piano del merito e affidata alla discrezionalità dell’imprenditore, diviene scelta obbligata ai sensi dell’ordinamento statuale. Sembra pertanto in questi casi che la società cessi di essere scelta di gestione per divenire struttura organizzativa imposta. Due soluzioni appaiono prima facie possibili: a) ammettere, come è frequente in presenza di interventi pubblici nell’economia, che lo Stato si sostituisca coattivamente all’imprenditore in particolari momenti della vita dell’impresa; ovvero b) riconoscere che nelle prospettate ipotesi l’imprenditore è investito di una decisione dalla natura complessa, ad un tempo strategica e gestionale, che abbraccia contemporaneamente la scelta dell’oggetto sociale e la struttura organizzativa formale interna. Nella prospettiva aziendalistica la seconda soluzione pare preferibile. La scelta di produrre e riprodurre redditi e capitali esercitando una particolare attività economica (con l’obbligo di adeguarsi alle disposizioni imperative predisposte dall’ordinamento) rimane pur sempre una decisione discrezionale dell’imprenditore, la quale non è imposta coattivamente dall’ordinamento giuridico, sebbene quest’ultimo preveda al riguardo norme coattive limitative della libertà d’azione dello stesso imprenditore. Si potrebbe peraltro concludere, fermo restando quanto sopra, con una osservazione ulteriore. Il dubbio e il conflitto anzidetto risultare dal congiungersi dei due seguenti profili: a) la libertà intangibile dell’imprenditore nel senso che qui si propone; e tuttavia b) la scelta del legislatore –progressiva nel tempo e negli Stati, e peraltro mutevole– di incanalare quella libertà per fini (ritenuti) pubblicistici, in forme appunto 91 Cfr. tra gli altri l’art. 10 del D. Lgs. 1 settembre 1993 n. 385 per gli istituti di credito e l’art. 5 della legge 10 giugno 1978 n. 295 per le assicurazioni. Si consulti inoltre U. Apice, Imprenditori e forme di impresa: evoluzione ed innovazioni, in Quaderno n. 94 del Consiglio Superiore della Magistratura, 1994-1995, pp. 14-15 (estratto): “l’intensa proliferazione di normative speciali in tema di società ha finito sia per imporre una determinata veste a certe attività imprenditoriali sia per disciplinare in un certo modo l’oggetto sociale (società sportive, consorzi, società di leasing e factoring, società fiduciarie, SIM, ecc.). In tale quadro la trasformazione della società commerciale da schema contrattuale tipico a mera tecnica di organizzazione dell’impresa era inevitabile. Del resto, l’indipendenza dell’organismo imprenditoriale è un concetto in espansione in tutto il mondo (Stati Uniti, Francia, Germania, Danimarca, ecc.) e applicare la tecnica societaria anche alle iniziative individuali <non fa più gridare all’eresia>”. 30 La natura economico-aziendale dell’istituto societario maggiormente tutorie dei terzi dal punto di vista strutturale, garantistico, formalistico 92 . Una ulteriore annotazione. Si è detto che la società è un complesso di norme, la cui applicazione è in ultima istanza una scelta di convenienza economica, una decisione pertanto soggetta alla ponderazione tra costi e benefici: in altre parole, un mero problema di arbitraggio economico 93 . In termini generali, i costi sono i vincoli organizzativi ai quali l’impresa non può sottrarsi una volta adottata una veste societaria (ad esempio, la presenza di organi deputati ai controlli di gestione), i benefici risiedono invece, tra gli altri, nella soggettività giuridica, nella possibile riduzione dei costi di transazione; nella eventuale limitazione di responsabilità. Con particolare riferimento a quest’ultimo punto, si osservi che nell’esercizio di attività economiche vige la regola generale della responsabilità diretta dell’imprenditore per tutte le obbligazioni contratte nell’esercizio dell’impresa (art. 2740 c.c.) 94 . Per evitare tale effetto, l’imprenditore può alternativamente a) stipulare specifici contratti con tutti i terzi che con l’impresa si trovino ad interagire, contratti avente ad oggetto la limitazione della propria responsabilità nei loro confronti, ovvero b) agire tramite un’impresa organizzata in veste di società di capitali 95 . 92 Occorre poi ricordare sul punto che, come noto, ogni scelta giuridica cela sempre ab origine innegabili valenze politiche. Gli operatori economici beneficiano sovente di una capacità di azione economica strettamente vigilata dalle istituzioni per mezzo del diritto, divenendo soggetti attivi e passivi degli scambi tra domanda e offerta cui sono sottratti d’imperio certi gradi di libertà. Cfr. sul tema A. Canziani, I processi competitivi fra economia e diritto, paper n. 15 del Dipartimento di Economia Aziendale dell’Università degli Studi di Brescia, settembre 2001. 93 Ovvero, in termini più generali, le norme dispositive del diritto commerciale possono venire valutate in termini di convenienza economica nel sinallagma tra mezzi (minimi) e fini (massimi) d’impresa. Ricorda G. Catturi, Lezioni di economia aziendale, Cedam, 1997, p. 360, che “la struttura legale assegnabile ad una qualunque unità produttiva, in modo che gli atti di gestione interna ed esterna siano costantemente riconducibili nell’ambito dell’ordinamento giuridico vigente, non è un fatto scevro di effetti economicoamministrativi”. 94 Cfr. A. Buzzoni Zoccola, Nozione di impresa nell’ordinamento giuridico francese e rapporti con il diritto comunitario, in La nozione d’impresa nell’ordinamento comunitario (a cura di P. Verrucoli), Giuffrè, Milano, 1977, p. 303: “in virtù del principio civilistico dell’indivisibilità ed unicità del patrimonio, che preclude all’imprenditore la destinazione di una parte separata del proprio patrimonio all’impresa, con la conseguente indifferenziazione dell’attivo e del passivo commerciali e personali, si arriva all’affermazione della responsabilità illimitata dell’imprenditore e al riconoscimento dell’identità tra interesse dell’impresa e interesse dell’imprenditore”. 95 È da rilevare come parte della dottrina economica abbia riconosciuto nei tipi societari obbligatori per la concessione del beneficio della responsabilità limitata, dei possibili limiti alla flessibilità e alla dinamica dell’impresa. A tal fine non sono mancate proposte riguardanti la possibilità di poter istituire enti contrattuali dotati di responsabilità limitata 31 Federico Manfrin È palese il vantaggio in termini di costi di transazione che si consegue adottando la seconda soluzione, la quale risparmia all’imprenditore l’onere di dover contrattare con tutti i terzi (attuali e persino potenziali se si tiene conto, ad esempio, dei profili di responsabilità che potrebbero insorgere in capo all’impresa per danni ambientali o per violazione delle norme in materia di sicurezza dei prodotti) 96 . Inoltre, poiché tutte le società sono strutture organizzative tradotte in norma giuridica, a tali modelli sono riconosciuti i vantaggi propri delle provvidenze di legge, in primis la coercibilità, l’astrattezza e la generalità. L’imprenditore è pertanto incentivato in questi termini ad adottare una delle forme legislativamente predisposte di esercizio dell’attività economica, ovvero un tipo societario. Questi modelli previsti dal legislatore e <offerti> all’imprenditore includono –quale contropartita dei vantaggi correlati, principalmente in termini di responsabilità– obblighi per la protezione dei terzi creditori (capitali minimi e regole particolari in caso di insolvenza ed eventuale scioglimento), dei terzi che prestano la loro attività lavorativa a servizio dell’impresa (statuto dei lavoratori), dei terzi che potenzialmente potrebbero entrare in contatto con l’impresa quali finanziatori (forme obbligatorie di bilancio), infine degli stessi azionisti di minoranza che non siano parte del soggetto economico d’impresa, e per tale ragione incapaci di influenzare la gestione dell’azienda (disposizioni in merito agli obblighi fiduciari e alla responsabilità degli amministratori). 7. Società e impresa: la natura meta-giuridica dell’impresa societaria Da quanto precede appare evidente l’insolubile iato tra impresa e società. La prima dinamico organismo economico, la seconda semplice tecnica giuridica di gestione della prima. Ma non solo. La sua intrinseca struttura di complesso di norme, come si vedrà, la rende potenziale strumento organizzativo formale, in grado di trascendere i confini e gli scopi dell’impresa. ma governati interamente da regole statutarie scelte liberamente dalle parti. In queste ipotesi, il solo onere dell’imprenditore sarebbe informare i terzi della limitazione di responsabilità dell’impresa, ricadendo viceversa sui terzi l’onere di accertare la solvibilità dell’ente o di contrattare con questo eventuali garanzie. Cfr. L.E. Ribstein, Limited Liability Unlimited, George Mason Law and Economics W.P. 98-002, maggio 1998. 96 Il tema è stato trattato da R.H. Coase, The firm, the market and the law, Chicago e Londra, The University of Chicago Press, 1998. Dalle argomentazioni che qui si propongono sembra tuttavia errato interpretare la teoresi proposta da Coase quale <natura economica dell’impresa>, diversamente sarebbe corretto indagarla quale <natura economica della società>. 32 La natura economico-aziendale dell’istituto societario Anche la dottrina giuridica più attenta non ha mancato di distinguere i due momenti, invertendo tuttavia i termini della soluzione rispetto a quanto viene qui proposto. Sostiene Ragusa Maggiore sul tema: “Dal coordinamento tra forma e contenuto deriva una conseguenza fondamentale e cioè che l’impresa appartiene non alla forma, bensì alla sostanza della società, ma separatamente da questa, ancorché debba armonizzarsi continuamente con essa, per tutta la durata dell’esistenza della società” 97 . Appare pertanto evidente come, nell’interpretazione fatta propria dalla scienza giuridica, la forma si surroghi alla sostanza. Diversamente, qui si ribadisce, la società appartiene (e solo eventualmente) alla sostanza dell’operatore-azienda, mentre ad essere forma, come si avrà modo di approfondire, è l’organizzazione dell’impresa 98 . Tale soluzione in materia di società e impresa parrebbe trovare riscontro nelle parole di Ferrara: “l’una è forma, l’altra l’ente modellato. Se il vasaio con abile mano lavorando la creta dà ad essa l’impronta di un vaso elegante, non si dirà che la forma ed il vaso modellato sono la stessa cosa”, eppure, subito dopo, ricompare la classica forma mentis del giurista, nel momento in cui l’insigne Autore afferma che “nel nostro caso il vasaio è il legislatore”. Invero, la decisione di adottare una forma societaria, si ripete, è scelta di gestione operata dall’impresa, rectius dal soggetto economico di essa. E ancora. Tra le due opinioni dibattute dalla scienza giuridica, la prima che vede l’impresa sociale sorgere con il contratto di società, la seconda che distingue i due momenti della costituzione della società e dell’attività economica, pare veritiera e condivisibile quest’ultima 99 . Tuttavia, anche in tale prospettiva, la dottrina giuridica torna erroneamente a ritenere che 97 Così G. Ragusa Maggiore, Trattato delle società. Vol. I: Le società in generale. La società di persone, Cedam, Padova, 2000, p. 85. La scienza giuridica pecca nel momento in cui tratta del “soggetto” senza distinguere il soggetto giuridico (centro di imputazione di rapporti giuridici) dal soggetto economico (imprenditore). Così, citando lo stesso Autore richiamato all'inizio della presente nota, la conclusione per cui (p. 68) “non può confondersi il soggetto, che appartiene alla società, con l'esercizio in comune dell'attività che appartiene all'impresa” appare qui corretta se letta alla luce dei paradigmi dell'economia aziendale, ovvero intendendo <soggetto> come <soggetto economico>, ma cesserebbe di avere validità qualora si intendesse il termine quale <soggetto giuridico>. 98 Ricorda P. Onida, Economia d'azienda, Utet, Torino, 1971, p. 132 che, tra gli altri, “costituiscono problemi di organizzazione, fin dalla prima costituzione dell'azienda, o successivamente, la scelta della forma da conferire a questa come istituto economicosociale (azienda individuale o di società per azioni o di altra forma)”. 99 Cfr. G. Cottino, Diritto Commerciale, I, 1, Padova, 1993, pp. 204 e ss., il quale sostiene in particolare che “non si può mai considerare sorta l'impresa, anche collettiva, prima che sia esercitata”. 33 Federico Manfrin l’impresa sorga in un momento successivo alla nascita della società: correttamente invece, come già dimostrato supra, l’impresa sorge e agisce necessariamente prima del sorgere della società, essendo questa semplice scelta di gestione della prima 100 . Più in particolare, la dottrina giuridica 101 sostiene che al momento della stipula del contratto di società non vi sia ancora esercizio di attività economica, e che pertanto, ai sensi dell’art. 2082 c.c. sia assente lo stesso imprenditore, ossia colui che “esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi” 102 . Esatta dal punto di vista giuridico, nonché del romanticismo 100 A generare dubbi, interpretazioni discordanti, contenziosi civili, è l'evidente confusione, causata da testi legislativi spuri, non solamente tra società e impresa, ma anche, e di più, tra società, impresa e imprenditore. Parrebbe infatti naturale, per fatto notorio, ritenere che non vi possa essere impresa senza imprenditore. E così è. Parimenti si riconosce –sia nei termini giuridici che in questo paragrafo si sono contentasti, sia nelle prospettive aziendalistiche qui proposte in alternativa– che impresa e società sono istituti diversi. Eppure, e qui sta forse l'origine dell'accennata confusione, ad essere imprenditore per il diritto è la società: è questa che può o meno, e inevitabilmente solo in un secondo momento rispetto al suo sorgere, esercitare l'attività d'impresa. E a supporto di tale discutibile tesi interviene anche il diritto pretorio. Cfr. Cassazione Civile, sez. I, 10 agosto 1979, n. 4644: “È possibile nel nostro diritto positivo che vi siano società (diverse dalla società semplice) che non siano anche imprenditori e non esercitino, quindi, attività commerciale”; Cassazione Civile, sez. I, 10 agosto 1979, n. 4644: “Mentre la persona fisica acquista la qualifica di imprenditore con l'effettivo svolgimento della richiesta attività, la società è imprenditore avuto riguardo all'oggetto per la cui realizzazione è stata costituita (e non all'attività in concreto esercitata). Pertanto, una volta effettuata la scelta societaria, coloro che l'hanno posta in essere non possono rifiutarsi di soggiacere alle regole previste per gli imprenditori solo perché l'attività non è stata in concreto esercitata o è stata esercitata in modo ridotto, oppure perché potevano scegliere altra via giuridica - che non quella societaria - per lo scopo che si prefiggevano”, in Giust. civ., 1980, I, 2256; Cassazione Civile , sez. I, 04 novembre 1994 , n. 9084: “Le società aventi ad oggetto attività commerciale acquistano la correlativa qualità imprenditoriale sin dall'atto della loro costituzione e sono come tali soggette alla dichiarazione di fallimento, indipendentemente dall'effettivo esercizio di una attività commerciale”, in Giust. civ., 1995, I, 110. 101 Cfr. G. Ragusa Maggiore, Trattato delle società. Vol. I: Le società in generale. La società di persone, Cedam, Padova, 2000, p. 113: “Il soggetto unitario società, come titolare d'impresa e quindi imprenditore consegue al contratto di società, ma per intanto è un soggetto ipotetico. Esistono, prima, i soggetti contraenti che hanno stipulato il contratto di società, ma essi non sono i titolari dell'impresa (non lo sono, quando si tratti di società di capitali, ma non lo sono singolarmente, nel caso di società di persone)”. Si ritiene qui diversamente che il titolare sia la persona o il gruppo di persone che incarna il soggetto economico d'azienda; e lo è di certo se ha il potere di scegliere la forma organizzativa dell'impresa. 102 Così G. Ragusa Maggiore, op. ult. cit., p. 113, che aggiunge poi: “Mentre, la regola è quella che il soggetto precede le determinazioni della sua volontà, per quanto concerne la società, si assiste al verificarsi di un usteron proteron in cui il contratto anticipa il soggetto”; e ancora a p. 118: “In senso copernicano dunque, non è l'impresa che sorge col 34 La natura economico-aziendale dell’istituto societario giuridico, tale posizione risulta –nella maggior parte dei casi– anti-realistica. Appare dunque maggiormente veridica, dunque corretta, la posizione aziendalistica, conformemente alla quale la scelta della forma societaria è attività di gestione, e pertanto già attività economica 103 . Inoltre, il fatto che la società sia trasposizione scritta di strutture organizzative, conseguenti a scelte di gestione dell’impresa, risulta evidente nel momento in cui si assiste alla sua applicazione anche a strutture non profit 104 : ciò dà ragione delle disposizioni legislative che consentono oggi l’utilizzo degli schemi societari per lo svolgimento di attività strettamente non imprenditoriali in quanto non finalizzate allo scopo di lucro (si considerino, ad esempio, le mutue assicuratrici e le imprese sociali in forma societaria 105 ). Sembrerebbe pertanto corretto svincolare definitivamente la società dalla necessità dello scopo di lucro dell’impresa sottostante (“al fine di dividere gli utili” recita l’art. 2247 c.c.), riconducendo la stessa nel più ampio perimetro zappiano dell’impresa-azienda 106 , ovvero, in prospettiva giuridica, nei limiti legali di cui all’art. 2082 c.c., per il quale è sufficiente l’esercizio di un’attività obiettivamente economica e diretta a beneficiare di un risultato lato sensu utile, e non necessariamente alla sua distribuzione. 8. L’<organizzazione>: forma non solo economica ma altresì giuridica dell’impresa Negata alla società l’esclusiva qualifica di veste giuridica dell’impresa, appare ora doveroso indagare se l’impresa abbia o meno, analizzata sub soggetto società, ma essa è imputabile alla società dopo che essa è sorta. C'è quindi un aspetto di causalità efficiente dovuto alla costituzione della società e perciò al contratto, ed un aspetto d'imputazione derivante dall'impresa, la società è imprenditore ex post”. 103 Altro è poi verificare se l'attività dell'impresa corrisposta o meno all'oggetto sociale della società: quest'ultimo potrebbe infatti rimanere lettera morta senza tuttavia far perdere efficacia alle conclusioni sin qui raggiunte. 104 Sembra opportuno in particolare “depurare le società di capitali della loro stessa cultura capitalistica trasformandole in strumenti organizzativi utilizzabili per tutti gli scopi come mezzo di organizzazione sociale rivolto alla produzione di beni o servizi”, così G. Fornasiero, Organizzazione e intuitus nelle società, Cedam, Padova, 184, p. 15. Le società possono così divenire norme organizzative utilizzabili non solo per imprese. 105 Cfr. D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 155 in attuazione della legge delega n. 118/2005. In dottrina si consulti G. Bonfante, Un nuovo modello di impresa: l’impresa sociale, in Le società, n. 8, 2006, p. 929 ove si evidenzia che una delle caratteristiche di fondo “è rappresentata dal fatto che l'impresa sociale può assumere la veste organizzativa più varia al punto che si può sostenere che fra tutti i tipi di impresa è quella che sembrerebbe presentare la maggiore varietà di forme, potendo fare riferimento sia agli enti associativi che a quelli societari senza apparenti limitazioni di sorta”. 106 Cfr. A. Canziani, Lezioni di economia aziendale, Cedam, Padova, 2007, pp. 12-18. 35 Federico Manfrin specie juris, una qualche <forma> che possa ricomprendere in una categoria più ampia alcuni dei fenomeni societari più sopra evidenziati. Una risposta in tal senso può essere fornita dal testo dell’art. 2238 c.c., il quale precisa che le disposizioni legislative in materia di impresa sono applicabili all’esercizio di una professione intellettuale quando questa costituisca elemento di un’<attività organizzata in forma di impresa> 107 . È pertanto l’<organizzazione> la categoria logica generale che assurge a ruolo di forma dell’attività imprenditoriale 108 e che, coerentemente con la dogmatica codicistica di cui agli artt. 2082 c.c. (attività economica organizzata) e 2555 c.c. (complesso di beni organizzati), diviene forma giuridica dell’impresa tout court. La società, a sua volta, conformemente a quanto più sopra evidenziato, assurge a forma dell’impresa quando il complesso di norme che la stessa incarna è adottato per configurare l’organizzazione interna ed esterna dell’operatore-azienda. In altre parole, la società diviene forma dell’impresa solo se si passa dal significato giuridico al significato economico del termine, se la prospettiva di analisi cessa di essere il complesso di norme in sé (statiche e disponibili) onde riconoscere la portata della scelta di gestione che tale complesso di norme ha adottato, rendendole effettivamente operanti quale dinamico strumento economico. Le norme e gli statuti sono elementi statici, intendimenti organizzativi, formalismi dell’effettiva organizzazione intesa quale reale operare economico; altro è l’impresa, organismo economico caratterizzato dalla dinamica produzione di redditi e capitali 109 , sistema in continua mutazione morfologica, in continuo divenire nel senso di Schmalenbach, Zappa, P. Onida e tutti gli altri 110 . 107 Cfr. Cass. 22 luglio 2004, n. 13677: “Anche il professionista intellettuale assume la qualità di imprenditore commerciale quando esercita la professione nell'ambito di un'attività organizzata in forma d'impresa, in quanto svolga una distinta e assorbente attività che si contraddistingue da quella professionale per il diverso ruolo che riveste il sostrato organizzativo - il quale cessa di essere meramente strumentale - e per il differente apporto del professionista, non più circoscritto alle prestazioni d'opera intellettuale, ma involgente una prevalente azione di organizzazione, ossia di coordinamento e di controllo dei fattori produttivi, che si affianca all'attività tecnica ai fini della produzione del servizio”. 108 Cfr. G. Oppo, Realtà giuridica globale dell’impresa nell’ordinamento italiano, in Diritto dell'impresa. Scritti giuridici, Vol. 1, Cedam, Padova, 1992. p. 60. 109 Cfr. A. Canziani, Lezioni di economia aziendale, Cedam, Padova, 2007, pp. 109-116; E.M. Leo, Forma Giuridica e materia economica, Vita e Pensiero, Milano, 1994, passim; P. Onida, Economia d'azienda, Utet, Torino, 1971, passim. 110 Cfr. D. Galletti, La teoria dell'impresa fra diritto ed azienda, testo della lezione tenuta presso il Centro Studi e Sperimentazione per l’Innovazione nelle P.A. dell’Università degli Studi di Verona in data 25 novembre 2005, p. 7: “Nella società poi possono distinguersi distinti significati specifici dell’organizzazione: c’è un aspetto statico, insito nel corpus regolatorio che ha sede prevalentemente nell’atto costitutivo, e c’è un 36 La natura economico-aziendale dell’istituto societario Parte della dottrina giuridica ha poi tentato di individuare nella struttura societaria una forma di organizzazione di secondo livello, successiva temporalmente e strutturalmente rispetto all’organizzazione dell’impresa, per giungere infine a ravvisare nei gruppi di società una forma di organizzazione di terzo livello 111 . Non pare tuttavia di poter condividere quest’ultima posizione, che sebbene utile in chiave espositiva non rende conto dell’unicità dell’impresa. L’impresa-azienda è un’istituzione unitaria, e unitaria ne è l’organizzazione, soprattutto in forma di gruppo. Come evidenzia Ferro Luzzi “oggi la società per azioni (e probabilmente non solo questa) non va tanto studiata come un soggetto-persona giuridica che esercita un’impresa, quanto piuttosto come un’organizzazione (…) dell’esercizio, della responsabilità e del finanziamento di impresa” 112 . Si rileva poi che è proprio l’organizzazione l’elemento unificante dei tipi societari disciplinati autonomamente dal codice civile, e non la <causa> del contratto di società: d’altronde è questo un risultato inevitabile una volta che si sia negata la natura contrattuale dell’istituto societario. Anche limitandosi infatti allo jus, pare corretto sostenere che “il profilo strutturale ed organizzativo può quindi diventare momento aggregante e di sintesi fra schemi contrattuali societari diversi” 113 . aspetto dinamico, che attende ai meccanismi decisionali, nonché soprattutto di destinazione del risultato; se il primo aspetto tende a porsi spesso come un mero presupposto dell’organizzazione d’impresa, nella misura in cui pone la cornice esterna entro cui operare, senza funzionare diversamente dall’ambiente e dalle altre variabili relativamente indipendenti, il secondo è quello destinato ad integrarvisi più strettamente. Ma un punto resta centrale: è organizzazione ex artt. 2082- 2083 non tutto ciò che può astrattamente servire all’esercizio dell’impresa, bensì solo quello che ha in sé e compiutamente la capacità di consentirlo. Perciò l’organizzazione specifica della società in sé e per sé non è organizzazione d’impresa, ma solo un elemento accidentale della stessa, destinato a svolgere anch’esso un ruolo strumentale”. 111 Così G. Cabras, La forma d’impresa. Organizzazione della gestione nelle società di capitali, Giappichelli, 1995, p. 23. 112 Così in Riflessioni sulla riforma; I: La società per azioni come organizzazione del finanziamento di impresa, in Riv. dir. comm., 2005, I, p. 713. Sul punto poi già G. Oppo ammoniva che "la società è per sé organizzazione della contitolarità di un'attività economia, imprenditoriale o meno: non altro", in Realtà giuridica globale dell’impresa nell’ordinamento italiano, in Riv. dir. civ., 1976, fasc. 6, tratto da G. Oppo, Diritto dell’impresa. Scritti giuridici, Vol. I, Cedam, Padova, 1992, p. 62. 113 Cfr. G. Fornasiero, in Organizzazione e intuitus nelle società, Cedam, Padova, 1984, p. 19; “così che”, continua l'Autore, “mentre la tipicità dei contratti societari viene confermata, la funzione sociale degli stessi può essere unificata e resa omogenea attraverso il momento organizzativo; e ciò senza tornare a visioni unificanti, in chiave pandettistica, nell'interpretazione delle norme societarie e nell'elaborazione dei principi generali”. 37 Federico Manfrin Si sottolinea infine giuridicamente l’impossibilità per la società (alias, il diritto societario) di rappresentare in toto la forma giuridica dell’impresa. In particolare proprio l’organizzazione giuridica si comporrebbe –in coordinazione– a) delle norme imperative dettate per il tipo sociale eventualmente selezionato (quando non legislativamente imposto); b) delle decisioni organizzative adottate a fronte delle norme dispositive facenti riferimento al predetto tipo societario; infine, c) delle norme interne autodeterminate e autoimposte dall’istituzione aziendale, che attengono all’organizzazione dell’impresa ma che non trovano disciplina e riconoscimento nelle disposizioni legislative proprie del diritto societario codificato 114 (inutile sottolineare la rilevanza oggettiva e soggettiva di quest’ultimo punto). 9. Soggetto economico, soggetto giuridico e negazione del concetto di società-imprenditore Si definisce <soggetto giuridico> dell’azienda “la persona nel cui nome quest’ultima viene esercitata”115 e che assurge a titolare dei diritti e dei doveri del sottostante ente economico; si qualifica invece <soggetto economico> la persona o il gruppo di persone che esercitano il supremo potere volitivo 116 relativamente alla gestione dell’azienda 117 –così incarnando di fatto la volontà dell’ente economico 118 –, e nel cui prevalente interesse, di conseguenza, la stessa azienda viene amministrata 119 . 114 A titolo di esempio, dai mansionari dei dipendenti per quanto concerne le forme di organizzazione interna dell’impresa, alle strutture gerarchiche, funzionali o divisionali per quanto attiene alle forme di organizzazione esterna. 115 Cfr. P. Onida, Economia d’azienda, Utet, Torino, 1971, p. 21. 116 Subordinatamente soltanto ai vincoli di legge e ad altri vincoli ambientali che possono variamente delimitare il potere nel governo economico dell’impresa. Cfr. G. Ferrero, Impresa e management, Giuffrè, Milano, 1987, p. 50. 117 Besta identifica il <soggetto economico> con il soggetto che detiene l’<autorità>, ovvero “l’impero sovrano sull’azienda, che comprende l’eminente dominio o padronanza di essa, la libertà piena di deliberare, nei confini del possibile, del lecito e dell’onesto, quanto può reputarsi espediente alla migliore e più intensa sua vita, e, infine, la podestà assoluta di far sì che abbiano effetto le deliberazioni prese”; così in Ragioneria generale, Vallardi, Milano, 1909, Vol. I, p. 11. Si veda inoltre P. Onida, Economia d’azienda, Utet, Torino, 1971, pp. 21 e 43 118 Sovente il soggetto economico coincide con il proprietario del capitale economico, ma tale requisito non è condizione né sufficiente né necessaria. È poi noto che nelle società a capitale diffuso o quotate il soggetto economico sia il più delle volte un soggetto o un gruppo di soggetti che detengono una quota esigua del capitale, ben inferiore al teorico livello della maggioranza dei voti esercitabili in assemblea. Da qui la possibilità dei soprusi di quella che altro non è che una minoranza ai danni della maggioranza disgregata. A tale fenomeno di discrepanza tra la maggioranza dei diritti di voto esercitati e la proprietà della 38 La natura economico-aziendale dell’istituto societario Al soggetto economico appartengono i frutti dell’impresa (in particolare gli utili netti), su di lui incidono gli oneri o i costi della stessa, e soprattutto l’attività decisionale nei suoi riflessi appunto economici, organizzativi e – come si ricorda– innovativi. Ma tale attività è esercitata nella forma –e tramite lo schermo– del soggetto giuridico. Al soggetto giuridico incombono gli obblighi giuridici, con le relative responsabilità, e le eventuali perdite patrimoniali, siano queste ultime connesse o non connesse con le predette responsabilità 120 . Da quanto precede emerge che le società altro non sono se non possibili e alternativi soggetti giuridici. In capo alle stesse il legislatore riconosce diritti e doveri: è la società che assume un’obbligazione commerciale, che acquista un immobile, che risponde dei danni causati dai prodotti o dai servizi da essa forniti, e così via 121 . Avviene così che, nelle società, l’unificazione della collettività dei soci (che si manifesta con l’attribuzione alle stesse di un nome, di una sede, di un’amministrazione e di una rappresentanza) e l’autonomia patrimoniale del complesso dei beni destinati alla realizzazione degli scopi sociali (che si riflette nell’insensibilità, più o meno assoluta, di fronte alle vicende dei soci e nell’ordine, più o meno rigoroso, imposto ai creditori sociali nella scelta dei beni da aggredire) costituiscano un congegno giuridico volto a maggioranza del capitale può contribuire anche la presenza di azioni con diversi e limitati diritti amministrativi. 119 Cfr. C. Masini, Lavoro e risparmio, Utet, Torino, 1979, p. 41, il quale identifica il <soggetto economico> con “l’insieme delle persone fisiche nell’interesse delle quali l’istituto è posto in essere e governato”. L. Azzini, Istituzioni di economia d’azienda, Giuffrè, Milano, 1982, p. 20, osservava poi come in realtà si <adombrassero> in dottrina due concetti di soggetto economico: i beneficiari dell’attività d’impresa e coloro che ne controllano e dominano l’attività. Si consulti infine G. Ferrero, Istituzioni di economia d’azienda, Giuffrè, Milano, 1968, pp. 47-61. 120 È proprio in tal senso che si parla di assunzione del rischio di impresa come indefettibile caratteristica della titolarità di questa. Per le reciproche interrelazioni tra soggetto giuridico e soggetto economico cfr. S. Sarcone, L’azienda. Caratteri dell’istituto – Soggetti – Economicità, Milano, 1997, pp. 83-84. 121 Soggetto giuridico d’azienda possono essere inoltre, a determinate condizioni, le associazioni, le fondazioni, gli enti pubblici economici. È importante poi chiarire che il <soggetto giuridico> è altro da, o forse e meglio non è solamente, la <personalità giuridica> come ora disciplinata dal vigente diritto commerciale. Cfr. per tutti, in tema di società di persone, Cassazione civile, sez. I, 24 luglio 1989, n. 3498: “La società in nome collettivo (regolare), pur non essendo munita di personalità giuridica, costituisce un autonomo soggetto di diritto, che può essere centro di imputazione di situazioni negoziali e processuali distinte rispetto alla posizione dei soci, nei confronti sia dei terzi che dei soci stessi, ed altresì titolare di diritti reali (su beni mobili od immobili) acquisiti in virtù dei conferimenti o dell’esercizio della capacità negoziale che la disciplina positiva le consente”. 39 Federico Manfrin consentire alla eventuale pluralità dei soci un’unitarietà di forme di azione 122 . Focalizzando l’attenzione sul soggetto giuridico, si rileva che nelle aziende individuali questo sarà l’imprenditore persona fisica, mentre nelle aziende gestite in forma societaria, il soggetto giuridico sarà la stessa società a seguito –qui sì– di costruzione giuridica, dotata quest’ultima di propria personalità o soggettività giuridica (o, secondo alcuni Autori, a seguito di imposizione giuridica attuata per mezzo di norme imperative, zwingende Rechtsnormen). Quanto all’influsso dell’ordinamento statuale sul soggetto giuridico, e quindi sulla forma d’azienda, è noto che questo rappresenta un fattore del contesto economico nel quale la stessa azienda vive ed opera. Ne consegue, solitamente, che la forma viene fatta variare in relazione, appunto, ai cambiamenti dell’ambiente economico d’impresa. E così –correttamente– la società diviene centro unitario e <formale> di imputazione giuridica di situazioni soggettive: e questo per mera volontà legislativa. Il legislatore pare trascendere tuttavia le proprie competenze e funzioni quando alla società attribuisce altresì la qualifica di imprenditore (ad esempio in materia fallimentare). Ciò è dovuto in parte a prospettive speciali, in parte a sedimentazione di precedenti disposizioni codicistiche. Il codice di commercio del 1882 (art. 8) qualificava infatti tutte le società come commercianti, ossia imprenditori 123 . Tuttavia, mentre l’interprete del vigente ordinamento legislativo, obbligato a prendere le mosse dal dettato della legge, si trova costretto a ricavare la nozione di impresa dalla definizione di imprenditore di cui all’art. 2082 c.c., le scienze aziendali, incentrate sulla figura dell’impresa-azienda, muovono da quest’ultima per indagare la nozione di imprenditore. Dal punto di vista del diritto vigente, tramite lo strumento della personalità giuridica le società (oggi solo quelle di capitali) divengono soggetti distinti dai soci; così che non il soggetto economico, ma questi 122 Così Cassazione civile , sez. I, 5 aprile 2006 , n. 7886. È noto che la principale innovazione del codice civile de 1942 nell’ambito del diritto commerciale sia stata il mutarne il principale oggetto di indagine, sostituendo l’atto di commercio con l’istituto dell’impresa: “Accanto ed in conseguenza cambiava il “sistema” delle società, anche se nel c.c. del 1942 la presenza, l’immanenza dell’impresa nel nuovo diritto delle società era forse sfumata, e comunque non immediatamente, facilmente avvertibile”, così P. Ferro Luzzi, Riflessioni sulla riforma; I: La società per azioni come organizzazione del finanziamento di impresa, in Riv. dir. comm., 2005, I, p. 674; continua poi l’Autore, p. 675, criticando i <buoni manuali di diritto commerciale>: “quando poi si passa ad analizzare le società l’impresa viene dimenticata, concentrandosi allora l’attenzione soprattutto sul rapporto tra soci, nella virtuosa dialettica maggioranza/minoranza, e sulla difesa dei creditori sociali, l’impresa emergendo, comunque marginalmente, in pratica soltanto in tema di bilancio”. 123 40 La natura economico-aziendale dell’istituto societario nuovi soggetti giuridici dovrebbero, secondo le prevalenti dottrina e giurisprudenza, venire considerati imprenditori commerciali. Ma, consapevoli che la natura dei fatti è limite naturale del diritto, le società non sono forse soggetti giuridici (e per l’attuale ordinamento imprenditori) solo in senso metaforico? Esse sono infatti disciplinate come se fossero soggetti giuridici distinti dai soci. Le metafore della societàsoggetto giuridico e della società-imprenditore commerciale servono soltanto a sintetizzare in modo figurato la peculiare disciplina alla quale il diritto societario sottopone anzitutto chi, all’interno di una società, svolge la funzione tipica dell’imprenditore commerciale, funzione che –fuor di metafora– può essere svolta unicamente dalle persone fisiche che incarnano il soggetto economico d’azienda. E la stessa nozione di <imprenditore> non è poi in nuce nozione economica? Imprenditore è l’innovatore sistematico 124 che assume le decisioni in nome dell’ente economico. Quello è poi parte costitutiva dell’impresa-azienda e fuori di essa: è in particolare elemento indispensabile in quanto al genere, perché non si può dare un’azienda senza che taluno la eserciti 125 . Si ritiene qui che la società sia correttamente soggetto giuridico ma non soggetto economico, e che solo quest’ultimo possa assumere la qualifica di imprenditore 126 . Richiamando poi la materia fallimentare, si aggiunga che in termini aziendalistici –nelle società dotate di personalità giuridica– a fallire non è l’imprenditore (essendo questo il soggetto economico) bensì il soggetto giuridico (che non è imprenditore). Tali risultati ben potevano discendere come corollario da quanto sostenuto in precedenza: se come è evidente non vi può essere impresa senza imprenditore, e viceversa, e se allo stesso tempo si ammette –come fa parte della moderna dottrina giuridica 127 – che vi possa essere società senza impresa, ne discende che la società non può essere imprenditore 128 . 124 Cfr. J.A. Schumpeter, Theorie der wirtschaftlichen Entwicklung: eine Untersuchung über Unternehmergewinn, Kapital, Kredit, Zins und den Konjunkturzyklus, Duncker & Humblot, München-Leipzig, 1926. 125 Come ricorda F. Santoro-Passarelli, l’impresa “che pure rimane nella sfera di disposizione di un titolare, è un organismo autonomo, nel senso che non è legato nella sua attività, nei suoi attributi, nella sua esistenza alla persona di quel determinato titolare”. Così in L’impresa nel sistema del diritto civile, in Riv. dir. comm., I, 1942, p. 15 (estratto). 126 Uno è il soggetto cui sono imputabili diritti e doveri, altro è il soggetto che esercita l’attività: quest’ultimo è l’impresa. Di conseguenza è errato, ad esempio, fare riferimento all’oggetto della società, poiché solo l’impresa ha un oggetto, e si tratta dunque di astrazioni, semplificazioni semantiche parlare di società di trasporto, bancaria, di produzione, e così via. 127 Cfr. G. Ragusa Maggiore, Trattato delle società, Vol. I: Le società in generale. La società di persone, Cedam, Padova, 2000, passim; F. Farina, Società e impresa, in Giustizia 41 Federico Manfrin Altro è poi indagare se imprenditore sia la stessa impresa, intesa quale organismo economico atto a perdurare (teoresi dell’azienda quale organismo), ovvero le persone fisiche le quali, agendo quali imprenditori, adottano in nome dell’ente le decisioni il cui complesso rappresenta elemento costitutivo del sistema aziendale (teoresi dell’azienda quale sistema). Rinviando tale indagine, si ribadisce comunque che in ogni caso imprenditore non può essere la società, sia perché come già rilevato essa non è ente economico, sia perché non è alcuna delle persone fisiche che agiscono per l’impresa. Il discorso in realtà dovrebbe necessariamente ricollegarsi alla nozione di <personalità giuridica>, categoria tanto nota quanto discussa 129 . La stratificazione legislativa succedutasi a far data dall’emanazione dei primi codici ottocenteschi ha sovente modificato i concetti di riferimento 130 : ciò ha reso pressoché impossibile ricostruire una struttura unitaria del sistema. I legislatori odierni hanno finito così per erigere ordinamenti nei quali solo civile, 1983 fasc. 10, pp. 3052-3058; L. Farenga, Associazione, società e impresa, in Rivista del diritto commerciale e del diritto generale delle obbligazioni, 1982 fasc. 1-4, pp. 21-49; R. Rosapepe, Ancora a proposito della distinzione tra società e impresa, in Giurisprudenza commerciale, 1981 fasc. 1, pp. 71-83; U. Apice, Imprenditori e forme di impresa: evoluzione ed innovazioni, in Quaderno n. 94 del Consiglio Superiore della Magistratura, 1994-1995, p. 1 (estratto). Nei fatti è ben possibile, ad esempio, che una società sia formalmente registrata presso il registro delle imprese ma che concretamente non svolga alcuna attività economica 128 Da ciò discendono inevitabilmente conseguenze anche in tema di disciplina fallimentare. Dall’assunto secondo cui la società non può essere imprenditore discendono due possibili soluzioni che qui non si ha la pretesa di risolvere: o a) si considera soggettivamente l’impresa come soggetto agente dell’economia e quindi a fallire è sempre e comunque l’impresa, ovvero b) il fallimento diviene unicamente un processo liquidatorio nei confronti di un patrimonio esistente o futuro, che a un certo punto e per certe circostanze viene destinato unicamente al soddisfacimento dei creditori (non occorre la persona di un soggetto che fallisca, questo è irrilevante per la procedura di liquidazione). Separano infine, definitivamente, impresa e società e parlano di impresa individuale e impresa collettiva le sentenze della Corte Costituzionali n. 66 del 12 marzo 1999 e n. 319 del 21 luglio 2000. 129 Cfr. G. Rossi, Persona giuridica, proprietà e rischio d’impresa, Giuffrè, Milano, 1967 e F. d’Alessandro, Persone giuridiche e analisi del linguaggio, in Studi in Memoria di Tullio Ascarelli, Vol. I, Giuffrè, Milano, 1969, pp. 241-343. 130 La personalità giuridica è stata da sempre attribuita nei diversi ordinamenti nazionali sulla base di scelte discrezionali, forse dettate dalla preferenza accordata da talune posizioni di dottrina, di certo mai fondata su oggettive basi teoretiche. E così ad esempio, l’ordinamento francese riconosce la personalità giuridica alle società civili, negata viceversa dalla legislazione belga. Nondimeno lo stesso fenomeno si manifesta in common law ove, ad esempio, le partnership beneficiano della personalità giuridica ai sensi dell’ordinamento inglese, ma non dell’ordinamento scozzese. Cfr. sul punto G. Cottino, La società per azioni, in Novissimo Digesto Italiano (estratto da), Utet, Torino, 1972, p. 6. 42 La natura economico-aziendale dell’istituto societario alcune attività economiche possono qualificarsi imprese, solo alcune imprese possono essere società, solo alcune società possono essere persone giuridiche. È anche da tali scelte legislative che è sovente derivato il dibattito economico-aziendale –non scevro di concezioni economiciste– in tema di i) soggetti organizzativamente decisori (alias, soggetti economici) e ii) soggetti patrimonialmente responsabili (alias, soggetti giuridici). Concludendo, l’istituto societario non deve venire indagato in chiave meramente giuridico-formale, quale creazione del diritto più o meno fedele alla natura economica sottostante (quello costituendo semplicemente un complesso di norme atte a definire una struttura organizzativa, che normalmente muta al mutare del sistema di vincoli endogeni ed esogeni che condizionano l’esercizio dell’attività economica), ma deve venire trattato in chiave teleologica, quale strumento a disposizione del soggetto economico d’impresa. È tale soggetto che dovrà i) valutare l’opportunità di utilizzare lo strumento societario –rectius uno specifico strumento societario– per alternativizzare conseguenze economiche, ii) nella consapevolezza che ogni tipo societario è un mero sistema più o meno aperto di libertà e di vincoli economici espressi in forma normativa, iii) ricorrendo dunque alla gestione per adattare tale sistema alle necessità di sviluppo delle combinazioni produttive nonché delle coordinazioni lucrative d’azienda 131 . 131 Cfr. F. Superti Furga, Proposizioni per una teoria positiva del sistema d’impresa, Giuffrè, Milano, p. 79: “L’attività di gestione che continuamente ristruttura la combinazione dei processi e tende a modificare il sistema di vincoli è essenzialmente innovatrice e come tale costituisce l’attività imprenditoriale”. 43 44 La natura economico-aziendale dell’istituto societario Bibliografia Aa.Vv., Diritto delle società, Giuffrè, Milano, 2005 Aa.Vv., Il diritto europeo delle società, Egea, Milano, 1991 Amaduzzi Aldo, Le gestioni comuni, Utet, Torino, 1961 Angelici C., Società prima dell’iscrizione e responsabilità di «coloro che hanno agito». Giurisprudenza tedesca e diritto italiano, Giuffrè, Milano, 1998 Apice U., Imprenditori e forme di impresa: evoluzione ed innovazioni, in Quaderno n. 94 del Consiglio Superiore della Magistratura, 1994-1995 Arangio Ruiz V., La società in diritto romano, Dott. 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L’elenco completo dei paper è disponibile al seguente indirizzo internet http://www.deaz.unibs.it 51 64- Giuseppina GANDINI, Simona FRANZONI, La responsabilità e la rendicontazione sociale e di genere nelle aziende ospedaliere, luglio 2007 65- Giuseppe BERTOLI, Bruno BUSACCA, Ottavia PELLONI, La valutazione di un’estensione di marca: consonanza percettiva e fattori Brand-Related, luglio 2007 66- Marco BERGAMASCHI, Crisi d’impresa e tecnica legislativa: l’istituto giuridico della moratoria, dicembre 2007. 67- Giuseppe PROVENZANO, Risparmio…. Consumo….questi sconosciuti !!! , dicembre 2007. 68- Elisabetta CORVI, Alessandro BIGI, Gabrielle NG, The European Millennials versus the US Millennials: similarities and differences, dicembre 2007. 69- Anna CODINI, Governo della concorrenza e ruolo delle Authorities nell’Unione Europea, dicembre 2007. 70- Anna CODINI, Gestione strategica degli approvvigionamenti e servizio al cliente nel settore della meccanica varia, dicembre 2007. 71- Monica VENEZIANI, Laura BOSIO, I principi contabili internazionali e le imprese non quotate: opportunità, vincoli, effetti economici, dicembre 2007. 72- Mario NICOLIELLO, La natura economica del bilancio d’esercizio nella disciplina giuridica degli anni 1942, 1974, 1991, 2003, dicembre 2007. 73- Marta Maria PEDRINOLA, La ristrutturazione del debito dell’impresa secondo la novella dell’art 182-bis L.F., dicembre 2007. 74- Giuseppina GANDINI, Raffaella CASSANO, Sistemi giuridici a confronto: modelli di corporate governance e comunicazione aziendale, maggio 2008. 75- Giuseppe BERTOLI, Bruno BUSACCA, Michela APOSTOLO, Dominanza della marca e successo del co-branding: una verifica sperimentale, maggio 2008. 76- Alberto MARCHESE, Il ricambio generazionale nell’impresa: il patto di famiglia, maggio 2008. 77- Pierpaolo FERRARI, Leasing, factoring e credito al consumo: business maturi e in declino o “cash cow”?, giugno 2008. 78- Giuseppe BERTOLI, Globalizzazione dei mercati e sviluppo dell’economia cinese, giugno 2008. 79- Arnaldo CANZIANI, Giovanni Demaria (1899-1998) nei ricordi di un allievo, ottobre 2008. 80- Guido ABATE, I fondi comuni e l’approccio multimanager: modelli a confronto, novembre 2008. 81- Paolo BOGARELLI, Unità e controllo economico nel governo dell’impresa: il contributo degli studiosi italiani nella prima metà del XX secolo, dicembre 2008. 82- Marco BERGAMASCHI, Marchi, imprese e sociologia dell’abbigliamento d’alta moda, dicembre 2008. 83- Marta Maria PEDRINOLA, I gruppi societari e le loro politiche tributarie: il dividend washing, dicembre 2008. 52 ARTI GRAFICHE APOLLONIO cp 21x297 paper 84.qxd:cp 21x297 paper 83.qxd 02/02/09 14:53 Pagina 1 Università degli Studi di Brescia Dipartimento di Economia Aziendale Federico MANFRIN LA NATURA ECONOMICO-AZIENDALE DELL’ISTITUTO SOCIETARIO Paper numero 84 Università degli Studi di Brescia Dipartimento di Economia Aziendale Contrada Santa Chiara, 50 - 25122 Brescia tel. 030.2988.551-552-553-554 - fax 030.295814 e-mail: [email protected] Dicembre 2008