la natura economico-aziendale dell`istituto societario

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Università degli Studi
di Brescia
Dipartimento di
Economia Aziendale
Federico MANFRIN
LA NATURA
ECONOMICO-AZIENDALE
DELL’ISTITUTO SOCIETARIO
Paper numero 84
Università degli Studi di Brescia
Dipartimento di Economia Aziendale
Contrada Santa Chiara, 50 - 25122 Brescia
tel. 030.2988.551-552-553-554 - fax 030.295814
e-mail: [email protected]
Dicembre 2008
LA NATURA ECONOMICO-AZIENDALE
DELL’ISTITUTO SOCIETARIO
di
Federico MANFRIN
Assegnista di Ricerca
Università degli Studi di Brescia
Proprio i nostri studi di «tecnica aziendale»
hanno fallito, tranne qualche eccezione
riguardante peraltro solamente alcuni capitoli
dell’istituto, al loro scopo di lumeggiare l’aspetto
economico, che è alle origini ed è tutt’ora alla
base dell’argomento.
Tale atteggiamento dei nostri studi ha
danneggiato, d’altronde, gli stessi studi giuridici
che hanno dovuto crearsi, essi stessi, gli schemi di
fatti societari ai quali riferire concetti e
disposizioni.
Naturalmente, gli schemi dei fatti sono risultati
troppo approssimati alla realtà, e oggi tutti
possono agevolmente constatare la frattura che
esiste fra l’ordinamento positivo sulla società e la
realtà economica.
Aldo Amaduzzi,
Le gestioni comuni (1961)
Indice
1. Prefazione.................................................................................................. 1
2. La nozione giuridica di società.................................................................. 2
3. Società: da ipotizzata creazione del diritto a ente naturalmente
economico ................................................................................................. 8
4. Riqualificazione dell’interpretazione dominante in tema di società:
riduzione da <forma giuridica> a <fattore economico> dell’impresa..... 12
5. Negazione della corrispondenza biunivoca tra società e impresaazienda..................................................................................................... 17
6. Riduzione del fenotipo <società> a <decisione gestionale> per
l’esercizio dell’impresa, ovvero, società quale categoria giuridica
ausiliaria delle scienze aziendali ............................................................. 22
7. Società e impresa: la natura meta-giuridica dell’impresa societaria ....... 32
8. L’<organizzazione>: forma non solo economica ma altresì
giuridica dell’impresa ............................................................................. 35
9. Soggetto economico, soggetto giuridico e negazione del concetto di
società-imprenditore................................................................................ 38
Bibliografia .................................................................................................. 45
La natura economico-aziendale dell’istituto societario
1. Prefazione
Il sincretismo ricorrente tra le nozioni giuridiche ed economiche di
<impresa>, <azienda>, <persona giuridica>, <società> sembra aver subito
negli ultimi decenni –convenzionalmente dopo Asquini– ulteriore
accentuazione.
Il relativismo di tali nozioni ha così portato gli studiosi a dover
discernere nel medesimo lemma a volte la forma, a volte il contenuto, altre
volte ancora l’aspetto teleologico dell’istituto sotteso.
E ancora, la rigida separazione dei campi di indagine –da un lato la
scienza giuridica tesa particolarmente all’interpretazione delle norme
positive di legge, dall’altro le scienze aziendali indirizzate a cogliere il
concreto quotidiano degli operatori economici nel loro mutevole ambiente–
e la mancanza di dialogo tra gli esponenti delle diverse discipline hanno
condotto alla duplicazione di uguali semantiche in concettualizzazioni dal
difforme contenuto euristico.
A una non piana nozione giuridico-formale di <società> (ovvero alle
molteplici interpretazioni offerte) si contrappongono infatti diverse
qualificazioni economico-aziendali del medesimo istituto, una pluralità di
astrazioni che vede ai due estremi le figure del <contratto> e della
<personalità giuridica>.
Da tale intorbidirsi della nozione degli istituti economico-sociali sorge
naturaliter l’esigenza di individuare la natura ultima dell’istituto societario,
la sua fondazione teoretica. Tale indagine troverà ragione sia nei fatti
economici indagati sia nell’ordinamento giuridico vigente, inteso
quest’ultimo non solamente nelle limitate vesti del dettato legislativo ma
altresì nel fitto insieme di concetti, di principî, di dogmi, di soluzioni
pazientemente tessuto negli anni dalla elaborazione interpretativa dottrinale
e giurisprudenziale.
Si tratta in sostanza di un discorso di metodo che, sebbene avanzi
soluzioni possibili, cerca soprattutto di indicare prospettive di analisi e di
ricostruzione sistematica degli operatori aziendali, portandone a sintesi i
profili nel contempo economici e giuridici.
In questo scritto, ove non diversamente specificato, ai lemmi <azienda>,
<impresa>, <impresa-azienda> e <operatore-azienda> si attribuirà, senza
alcuna distinzione, il significato –elaborato dalle scienze aziendali– di
<unitario organismo economico finalizzato durevolmente alla produzione e
riproduzione di redditi e capitali>, nel quale si coordinano in sistema
numerosi elementi di natura materiale, immateriale e personale che per il
diritto vengono –né tutti– trattati separatamente.
1
Federico Manfrin
Contrariamente a questa teoresi, il vigente diritto positivo ha come noto
scisso tale unità, rendendo mutuamente estranee le due distinte nozioni di
<azienda (res)> e <impresa (agere)> di cui, rispettivamente, agli artt. 2555
c.c. ("l'azienda è il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per
l'esercizio dell'impresa") e 2082 c.c. (il quale, esprimendo il significato
legale di "imprenditore", ha permesso alla dottrina giuridica di elaborare
un'autonoma nozione di "impresa" quale "attività economica organizzata,
esercitata professionalmente al fine della produzione o dello scambio di
beni o di servizi").
2. La nozione giuridica di società
Al pari delle categorie logiche di <impresa> e <azienda> anche la società
viene sovente accolta dagli interpreti del diritto quale semplice postulato,
accolto cioè –non di rado– acriticamente e con validità assoluta 1 ,
dibattendosi la stessa tra le contrapposte figure –rispettivamente economica
e giuridica– dell’<ente> e del <soggetto giuridico> dell’operatore-azienda.
L’art. 2247 c.c. recita: “Con il contratto di società due o più persone
conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di un’attività
economica allo scopo di dividerne gli utili”.
A una prima lettura della norma emerge l’intento di esplicare una
procedura piuttosto che presentare una definizione, o se si preferisce un
criterio di identificazione, del fenomeno societario 2 . È verisimile infatti che
sia stato questo il principale motivo che ha spinto il legislatore a mutare la
rubrica della predetta disposizione da “nozione di società” a “contratto di
società” (emendamento introdotto ad opera dell’art. 1 del D. Lgs. 3 marzo
1993, n. 88 3 ), e non solamente, come generalmente riconosciuto, quello di
1
Cfr. P. Ferro-Luzzi, Riflessioni sulla riforma. I: La società per azioni come
organizzazione del finanziamento di impresa, in Riv. dir. comm., 2005, I, p. 679.
2
La nozione di cui all’art. 2247 c.c. non esprime una definizione per genus et
differentiam. La norma infatti non afferma che la società è un contratto, ma dichiara che
con il contratto di società i soci intendono raggiungere un determinato obiettivo
economico: ne consegue che l’eventuale origine non contrattuale della società non
contraddice il testo di legge. Cfr. G. Marasà, Su una proposta di riforma dell'art. 2447 c.c.
La nuova nozione di società, in Giur. comm., 1992, I, p. 1008. Si veda poi la posizione
critica dello stesso Autore nei confronti delle società di origine non contrattuale in La
società a responsabilità limitata con un solo socio (commento al d.lg. 3 marzo 1993 n. 88),
Giappichelli, Torino, 1995, pp. 3 e ss.
3
In attuazione della XII Direttiva CEE del 21 dicembre 1989, n. 667. Tuttavia, mentre
la dottrina giuridica ritiene che l'introduzione della società unipersonale sia stata un
passaggio obbligato verso un unitario diritto europeo delle società (cfr. per tutti Aa.Vv., Il
diritto europeo delle società, EGEA, Milano, 1991, passim), si sosterrà nel presente scritto
2
La natura economico-aziendale dell’istituto societario
non voler escludere la possibilità, ora ammessa in via generale, di costituire
società –a responsabilità limitata e per azioni– unipersonali 4 .
Tuttavia, la presa di coscienza dei limiti della norma principale in tema di
società –limiti che saranno compendiati nel corso della trattazione– non è
stata sinora stimolo sufficiente per approntare una riforma dell’ordinamento
giuridico che adeguasse la nozione di società alla natura, qui ritenuta
eminentemente economico-aziendale, dell’istituto in oggetto.
È dunque in questa prospettiva che ci si interrogherà di seguito sulla
nozione –normativa, economica– della fattispecie <società>. È questo un
tema non di rado evitato dalla dottrina sia giuridica sia aziendalistica: come
sovente accade per gli istituti complessi, si preferisce trattare –a volte
esclusivamente– dei requisiti di esistenza e delle possibili classificazioni,
senza tuttavia affrontarne la natura ontologica che si dà per nota nel timore –
forse– delle dovute cautele che questo comporterebbe; ovvero, più
probabilmente, a causa della necessità di dover esorbitare dai ristretti confini
degli istituti giuridici ed economici classici, ancorché monistici.
Nell’interpretazione descrittiva delle norme in materia di società, in
particolare il già citato art. 2247 c.c., si riconosce, in via generale, che per
aversi <società> debbono simultaneamente concorrere i seguenti requisiti:
a) conferimento di beni o servizi (ossia la prestazione onerosa cui
adempiono le parti del rapporto quando forniscono i mezzi per il
che tale nuova possibilità rappresenti diversamente una conferma della natura economicoaziendale dell’istituto societario.
4
Viene così a cessare il biasimevole fenomeno del socio di comodo, detentore di
irrisorie quote di capitale sociale, il quale dal punto di vista economico e gestionale riveste
un ruolo solamente fittizio e la cui presenza è richiesta unicamente per realizzare la formale
pluralità dei soci.
In tema di società unipersonali sembra poi opportuno richiamare il noto dibattito
dottrinale e giurisprudenziale (ormai scemato in seguito all’ultima riforma del diritto
societario) in tema di Anstalten del Liechtenstein, avente ad oggetto il riconoscimento (o
meno) a tali istituti della possibilità di esercitare attività d’impresa nell’ordinamento
italiano, con piena personalità giuridica e capacità processuale. Si ricorda sul punto che
l’Anstalt è disciplinata dagli artt. 534 ss. del Codice delle persone e delle società (P.G.R.),
in vigore in Liechtenstein dal 1926, che la definiscono un istituto giuridico costituito da un
solo soggetto (sebbene non sia esclusa l’eventuale pluralità dei fondatori), dotato di
autonomia e organizzazione proprie, avente scopi durevoli anche di ordine non economico,
che dispone di un patrimonio formato da diritti reali e personali, il quale non ha carattere
pubblicistico, né struttura associativa (in particolare, artt. 534 e 535 P.G.R.). Si consulti, tra
gli altri, A. Elia Benedetto, Anstalt: un problema irrisolto, in Riv. not., 1990, fasc. 2-3, pp.
375-386 e F. Santonastaso, Anstalt, società unipersonali e vicende giurisprudenziali
dell'art. 2362 c.c., in Giur. comm., 1979, fasc. 1, pp. 20-49.
3
Federico Manfrin
conseguimento dell’oggetto sociale) 5 ; b) esercizio di un’attività economica
in comune tra i soci; c) fine lucrativo.
In via parimenti generale la dottrina giuridica, conformemente al dettato
codicistico, riconosce che le società possono venire analiticamente –e
differentemente– classificate: a) aventi finalità di lucro ovvero costituite per
conseguire scopi mutualistici; b) di persone e di capitali; c) con e senza
personalità giuridica; d) semplici o commerciali.
L’uniformità espressiva dei contenuti si infrange tuttavia quando oggetto
dell’indagine divenga la nozione stessa di società.
Si espongono, a tal fine, nel seguito, le principali nozioni che le dottrine
sia economica sia giuridica hanno impiegato per identificare il fenomeno
societario.
Una prima soluzione identifica la <società> con il <contratto di società>,
ricomprendendo quest’ultimo nella categoria dei contratti associativi con
comunione di scopo, in quanto le prestazioni di ciascuna parte sono dirette
al conseguimento di un fine comune 6 . Si tratterebbe di una particolare
fattispecie contrattuale, con la quale le parti mirerebbero a conseguire un
interesse economico che troverebbe manifestazione in un incremento del
loro patrimonio per il tramite dell’esercizio di un’attività economica, non
necessariamente gestita dagli stessi ma eventualmente organizzata da
soggetti terzi non soci 7 .
Tale posizione richiama la nozione propria del diritto romano classico,
che identificava la societas con il contratto di natura consensuale mediante il
quale due o più persone, per il raggiungimento di un fine collegiale, si
obbligavano a mettere in comune beni o opere 8 . Si trattava invero di un
5
Parte della dottrina giuridica, per tutti P. Greco, Corso di diritto commerciale.
Impresa, azienda, società, Malfasi, 1952, p. 265, distingue tra conferimento e versamento,
tra impegno e sua esecuzione.
6
E questo “poiché –proprio al contrario di quanto si verifica per i contratti di scambio–
l'esecuzione delle obbligazioni delle parti costituisce la premessa per una attività ulteriore”,
così A. Serra, Unanimità e maggioranza nelle società di persone, Giuffrè, Milano, 1980, p.
29. Propende, tra gli altri, per la <genesi contrattuale> della società G. Cottino, La società
per azioni, in Novissimo Digesto Italiano (estratto da), Vol. XVII, Utet, Torino, 1971, p.
20. Contra, F. Messineo, La struttura delle società e il c.d. contratto plurilaterale, ora in
Studi di diritto delle società, Milano, 1958.
7
Cfr. tra gli altri P. Greco, Le società nel sistema legislativo italiano, Giappichelli,
Torino, 1959, pp. 3-4; G.G. Auletta, Il contratto di società commerciale, Milano, 1937, pp.
31 ss.; G. Ferri, Delle società, in Commentario del codice civile a cura di Scialoja e Branca,
Bologna-Roma, 1969, pp. 3 ss; e G. Oppo, Eguaglianza e contratto nelle società per azioni,
in Riv. dir. civ., 1974, I, p. 654.
8
Cfr. V. Arangio Ruiz, La società in diritto romano, Casa editrice Dott. Eugenio
Jovene, Napoli, 1950.
4
La natura economico-aziendale dell’istituto societario
contratto che produceva effetti solamente tra le parti, le cui obbligazioni
erano irrilevanti nei confronti dei terzi che potevano negoziare diritti e
obblighi solamente con i singoli soci. La società era priva di autonomia
patrimoniale, ed erano pertanto i soci a rispondere con il loro patrimonio
personale delle obbligazioni assunte: la società, di fatto, altro non era che un
contratto istitutivo di una comunione di beni 9 . E così già il codice italiano
del 1865, riprendendo la formulazione di cui all’art. 1832 del codice
napoleonico, recitava all’art. 1697: “La società è un contratto, col quale due
o più persone convengono di mettere qualche cosa in comunione, al fine di
dividere il guadagno che ne potrà derivare”.
A tale impostazione si può immediatamente opporre una considerazione
critica. L’ordinamento consente oggi, come già evidenziato in premessa, la
costituzione di società ad opera di un solo soggetto: pertanto la società
potrebbe identificarsi non solo con un contratto, bensì anche con un negozio
unilaterale (si fa riferimento alle disposizioni di cui agli artt. 2328 c.c. e
2463 c.c., rispettivamente per la Società per Azioni e per la Società a
responsabilità limitata) 10 . Nondimeno, ancor prima del riconoscimento delle
società unipersonali lo stesso impianto codicistico negava che la società si
potesse immedesimare con un contratto; –e lo nega tuttora– se ad esempio
all’art. 2266 c.c., a norma del quale “la società acquista diritti e assume
obbligazioni per mezzo dei soci che ne hanno la rappresentanza e sta in
giudizio nella persona dei medesimi”, si provasse a sostituire il termine
<società> con l’espressione <contratto di società>, il disposto perderebbe
significato, e così avverrebbe se si tentasse la stessa sostituzione logica in
quasi tutte le altre norme che disciplinano l’istituto societario 11 .
Ancora a negazione della nozione contrattuale di società vanno oggi
annoverati i fenomeni delle c.d. società legali 12 , create a fronte di uno
specifico intervento legislativo (ad es. a seguito della privatizzazione degli
9
Cfr. Aa. Vv., Diritto delle società, Giuffrè, Milano, 2005, p. 4.
Sul punto, all’alba della novella legislativa che introduceva la possibilità di costituire
ab origine una società a responsabilità limitata unipersonale, G. Oppo si chiedeva: “Ma
siamo arrivati solo alla costituzione unipersonale di una «società» a responsabilità limitata
o, tout court, all’impresa individuale a responsabilità limitata”, in Società, contratto,
responsabilità (a proposito della nuova società a responsabilità limitata), in Riv. dir. civ.,
1993, II, p 183. Si veda inoltre S. Scotti Camuzzi, Società a r.l. con unico socio non
responsabile e impresa individuale a r.l. nella XII Direttiva CEE, in Riv. Soc., 1990, pp.
500-505.
11
Così R. Mancuso, La società: una nozione in continua evoluzione, in Le Società, n.
1/2006, p. 20.
12
La categoria fa unitariamente riferimento alle c.d. società autorizzate, società
obbligatorie e società coattive. Cfr. C. Ibba, Gli statuti singolari, in Trattato delle società
per azioni (diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale), Vol. 8, Torino, 1992, pp. 591 ss.
10
5
Federico Manfrin
enti pubblici) 13 , e delle società costituite unilateralmente nel contesto di un
procedimento di scissione societaria 14 .
Una seconda posizione identifica la società con il rapporto che lega i soci
per il raggiungimento del fine comune 15 . Si tratterebbe in altre parole del
complesso di relazioni giuridiche che –nel corso della durata della società–
si verrebbero a generare tra i soci, a fronte del loro operare per il
conseguimento dell’oggetto sociale. Tale impostazione mira a superare i
limiti formali della definizione contrattuale, e per tale ragione, ad esempio,
risulta particolarmente utile quale fattispecie risolutiva (unitamente alla
presenza di reali conferimenti) per il riconoscimento delle c.d. società di
fatto. In particolare tale orientamento dà risalto al momento dinamico
dell’esercizio in comune dell’attività economica, in contrapposizione al
carattere statico del contratto, la cui funzionalità è fissare una posizione
giuridica fra più interessi contrapposti: la società sarebbe pertanto non il
contratto, ma l’esecuzione del contratto tra i soci.
Tuttavia, il semplice riconoscimento del rapporto dinamico tra i soli soci
non dà ragione delle relazioni che la società genera, o potrebbe generare,
con economie e soggetti terzi. Allo stesso modo il fatto che, come
13
Ad esempio l’atto di trasformazione di un ente pubblico creditizio (legge 30 luglio
1990, n. 218 e relativo provvedimento di attuazione d.p.r. 20 novembre 1990, n. 356)
costituisce atto unilaterale di creazione di una società. Per una disamina delle principali
ipotesi cfr. G. Tarzia, Trasformazione di enti pubblici economici. Giurisdizione e processo,
in Rivista di diritto processuale, 1994, fasc. 1, pp. 1-23 e C. Ibba, La tipologia delle
privatizzazioni, in Giur. comm., 2001, fasc. 4, pt. 1, pp. 464-487.
14
Si veda artt. 2504 septies e ss. c.c. e d.l. 15 gennaio 1991, n. 22.
15
Aderiva a questa impostazione P. Greco che ricomprendeva la società nella “categoria
dei rapporti con cui si realizza o piuttosto si mira a realizzare un concreto interesse
economico-patrimoniale degli associati, mediante un vantaggio che si acquisisce al
patrimonio di ciascuno di loro per effetto diretto dei mezzi offerti da tutti e di un’attività
rivolta a impiegarli per tale fine”, in Corso di diritto commerciale. Impresa, azienda,
società, Malfasi, Milano, 1952, p. 263. È ancora oggi rilevante, poi, l’obiettivo dell’Autore
di superare il formalismo giuridico per cogliere la natura economico-organizzativa
dell’istituto societario: “la società (ciò che del resto è comune ad altri tipi di rapporti
associativi) non è solo un semplice rapporto obbligatorio, ma è altresì essenzialmente
(anche se nelle forme più elementari codesto carattere è poco sensibile) un rapporto di
organizzazione, avente per contenuto la struttura di un gruppo, la funzione e la posizione
reciproca dei singoli suoi membri” (p. 268). Tuttavia, come si cercherà di chiarire nel
prosieguo, sembra che la posizione delineata dall’Autore sovrapponga i piani dell’impresa e
della società, almeno nell’impostazione economico-aziendale accolta dalla presente
trattazione. È favorevole all’interpretazione della società quale <rapporto> anche G.
Marasà, Su una proposta di riforma dell'art. 2447 c.c. La nuova nozione di società, in Giur.
comm., 1992, I, p. 1005, il quale sottolinea come l’art. 2247 definisca il «contratto di
società» e non la «società», non escludendosi pertanto “che la società come rapporto possa
avere origine non contrattuale”.
6
La natura economico-aziendale dell’istituto societario
evidenziato trattando del contratto, all’istituto societario non faccia più capo
necessariamente una “riunione di persone”16 , nega in nuce la necessità che
la società si esaurisca sempre e comunque in un rapporto tra più soci.
Conclude Oppo, in materia di società unipersonali e relativamente alle due
tesi appena descritte –contratto e rapporto–, affermando che la società
“costituita da un solo soggetto «con atto unilaterale» non è in realtà società
né come contratto né come rapporto, per la buona ragione che non vi è né
l’uno né l’altro” 17 .
Una terza soluzione riconosce infine nella società il soggetto giuridico
(fittizio) che sorge in forza del contratto sociale, nuovo centro di
imputazione di diritti e doveri distinto dai soci e dotato di una propria
autonomia patrimoniale.
Si rinvengono infatti nel vigente ordinamento, tra le altre, norme che
fanno riferimento al <patrimonio della società> (art. 2504 octies c.c.), ai
<creditori della società> (art. 2267 c.c.), all’<amministrazione della società>
(art. 2487 c.c. ), tutte espressioni che necessariamente fanno riferimento a
un soggetto e non ad un contratto o a un rapporto di volta in volta mutevole
tra i soci.
Tale posizione rinvia al processo di evoluzione storica dell’istituto,
quando la nascita della società era rappresentata da atti di riconoscimento e
concessione dell’autorità –1) l’avallo del sovrano e 2) l’octroi–, e non frutto
dell’autonomia privata 18 . A fronte del beneficio che l’operare di rilevanti e
rischiose intraprese economiche avrebbe apportato allo Stato e alla comunità
tutta, il sovrano creava infatti d’imperio un nuovo soggetto di diritto, privo
di un corrispondente reale nel mondo fenomenico (c.d. teoria della fictio
juris), cui concedeva il beneficio della responsabilità limitata: da ciò,
termine abbreviato di un complesso di privilegi e prerogative, aveva origine
l’ulteriore finzione giuridica della <personalità giuridica> 19 . Solo
successivamente, a far data dalla seconda metà del XIX secolo, si manifestò
il prevalere delle posizioni liberiste in merito all’importanza dell’iniziativa
privata, con il conseguente abbandono dell’istituto della concessione in
16
Cfr. G. Endemann, Manuale di diritto commerciale, marittimo, cambiario, Nicola
Novene & Co., Librai-Editori, Napoli, 1897, p. 302.
17
Cfr. G. Oppo, Società, contratto, responsabilità (a proposito della nuova società a
responsabilità limitata), in Riv. dir. civ., 1993, II, p. 184.
18
Cfr. F. Galgano, Storia del diritto commerciale, Bologna, 1976, pp. 61-63.
19
Cfr. P. Verrucoli, Superamento della personalità giuridica delle società di capitali
nella “Common Law” e nella “Civil Law”, Giuffrè, Milano, 1964, pp. 75 e ss.; P.
Rescigno, Immunità e privilegio, in Riv. Dir. Civ., 1961, I, pp. 442 e ss.; E. Simonetto,
Responsabilità e garanzia nel diritto delle società, Cedam, Padova, 1959.
7
Federico Manfrin
favore del tipico strumento di manifestazione della volontà negoziale tra
privati, il contratto 20 .
3. Società: da ipotizzata creazione del diritto a ente naturalmente
economico
Non sembri errato affermare che le posizioni più sopra delineate
eccedono nel momento in cui negano che l’istituto societario sia ab origine
istituto di natura fondamentalmente economica, volendo anzi riconoscere in
esso una semplice derivazione pratica del dettato legislativo teoretico.
Ricorrendo all’esempio delle Società per Azioni, che autorevole dottrina
giuridica definisce <creazione legislativa> 21 , e inquadrando storicamente il
fenomeno nella sua più nota manifestazione, si osserva che le compagnie
coloniali del XVII e del XVIII secolo beneficiavano sì di un privilegio
regio, adottavano sì uno statuto, correttamente si afferma che in cambio di
doveri di natura pubblicistica erano investite di particolari potestà e del
privilegio della responsabilità limitata; ma si osserva pure che errato sarebbe
identificarle con tali caratteristiche formali. Erano organismi economici, enti
reali composti di navi che solcavano gli oceani, di uomini che le
governavano e che organizzavano gli scambi (economici in natura e con
effetti giuridici per risultato derivato), di capitali forniti da un vasto
pubblico di risparmiatori che si assumevano il rischio dell’intrapresa.
Ammoniva infatti Zappa, citando Luigi Amoroso: <La legge è forma:
disciplina, non crea > 22 .
I concetti di contratto, obbligazione, persona giuridica possono dunque
aiutare l’interprete nell’abbracciare il complesso sistema di forze e mezzi
economici che compongono la società, ma non devono con essa
ontologicamente identificarsi. Si ricordi a tale riguardo l’insegnamento di
Machlup in materia di simboli teoretici, l’avvertimento a non confondere le
organizzazioni economiche effettivamente operanti con la finzione euristica
delle <società> 23 .
20
Il soggetto veniva creato storicamente per isolare il patrimonio, e solo
successivamente si è iniziato a identificarlo con l’imprenditore: da qui l'errore, come si
cercherà di dimostrare nel seguito della trattazione.
21
Cfr. G. Cottino, M. Sarale e R. Weigmann, Società di persone e consorzi, Cedam,
Padova, 2004, p. 295.
22
Cfr. Zappa, Le produzioni nell'economia delle imprese, Giuffrè, Milano, 1956-57, p.
522.
23
Cfr. F. Machlup, Theories of the Firm: Marginalist, Behavioral, Managerial, in
American Economic Review, marzo 1967, p. 9: “To confuse the firm as a theoretical
construct with the firm as an empirical concept, that is, to confuse a heuristic fiction with a
real organisation like General motor or Atlantic & Pacific, is to commit the <fallacy of
8
La natura economico-aziendale dell’istituto societario
Indagata quale <creazione del diritto>, la società diviene secondo Kelsen
mera <metafora antropomorfica>, la cui erronea interpretazione “costituisce
un’inammissibile ipostatizzazione di un procedimento ausiliario, costruito
dalla scienza del diritto al fine di semplificare e chiarire l’esposizione di una
complessa situazione giuridica” 24 .
Non mancano del resto, anche in Italia, maestri i quali ricordino che la
società non è, e mai è stata, mera creazione del diritto. Tra quelli, Cottino
ricorda che:
“Gli istituti giuridici del diritto commerciale, in quanto
svincolati dal substrato ideologico tradizionale, non sono stati il
frutto di un atto di creazione del legislatore. La s. p. a., così come
del resto alcuni secoli prima la compagnia e quindi, sulla scia di
essa, l’accomandita, non sorsero per il capriccio di un principe o
per la deliberazione di un corpo legislativo; non furono modellate
dalle mani sapienti di un giurisconsulto; né entrarono a far parte,
salvo per alcuni elementi, del grosso bagaglio dell’eredità
romanistica. Emersero poco alla volta, attraverso l’elaborazione di
strumenti atti a fronteggiare la realtà e le esigenze economiche che
questa esprimeva, adattandosi a queste esigenze, riflettendole e
traducendole in norme, mutuando da istituti diversi frammenti e
strutture portanti: sino ad assumere nella fase del capitalismo
maturo il volto che oggi conosciamo.” 25
Che la società non sia creazione del diritto, si scorge poi in particolare
indagando i tipi societari in prospettiva di politica economica. Il diritto non
è lo strumento che dà loro esistenza, ma semplicemente lo strumento con il
quale lo Stato cerca di controllare le imprese quali indipendenti organismi
economici che in talune circostanze, si pensi alle grandi Società per Azioni,
possono addirittura competere con lo Stato nella lotta politica per il
controllo sociale 26 .
misplaced concreteness>. This fallacy consists in using theoretic symbols as though they
have a direct, observable, concrete meaning”.
24
Così H. Kelsen, La dottrina pura del diritto, Einaudi, Torino, 1999. Si rileva che
l'Autore, coerentemente con la teoresi della dottrina pura del diritto, non coglie l’aspetto
reale, dinamico, operativo, sistemico dell'impresa: società, persona giuridica ed ente sono
tutti interpretati quali creazione del diritto.
25
G. Cottino, La società per azioni, in Novissimo Digesto Italiano (estratto da), Vol.
XVII, Utet, Torino, 1971, p. 7.
26
Così A.A. Berle Jr. e G.C. Means, The modern corporation and private property,
New York, 1937, p. 336 (traduzione Torino 1966): “Lo Stato cerca di disciplinare taluni
aspetti della società per azioni, mentre questa diventando certamente più potente, fa ogni
sforzo per sottrarsi a tale disciplina, ed anzi, quando si tratta dei suoi interessi cerca perfino
di dominare lo Stato. È possibile che il futuro abbia a mostrarci gli organismi economici
9
Federico Manfrin
Ma la storia insegna che anche le scienze dello spirito sono in parte
commerciali, esse pure alla continua conquista di nuovi mercati: così,
benché la società traesse la propria origine dall’attività economica, “le
legislazioni si impossessarono dell’istituto societario fin dal suo apparire nel
campo economico medioevale (Firenze, Siena, ecc.), ed attraverso
l’ordinamento giuridico positivo si iniziarono e coltivarono studi dottrinali
di diritto, i quali hanno sempre fatto testo nella materia che ha finito per
perdere il suo originario carattere economico” 27 . Ciò ha determinato
l’inopportuna contaminazione tra istituti e la necessità di un continuo esame
parallelo tra gli stessi, con l’obbligo di dover chiarire, di volta in volta e sin
dall’inizio, se il punto di vista analizzato sia del giurista o
dell’aziendalista 28 .
Ricordava del resto Endemann, già nel Manuale di diritto commerciale,
marittimo, cambiario del 1897:
“(...) la parola e il concetto di società appartengono non al diritto,
ma all’economia. La società è assai poco un proprio rapporto od
istituto giuridico, come lo sono la comunione, l’intercessione, la
donazione; invece il significato di essa dipende da criteri
economici, a cui possono accedere rapporti ed istituti giuridici
affatto eterogenei.” 29
che oggi sono rappresentati da società per azioni, non solo su basi di parità con lo Stato, ma
forse anche al suo posto, come forze dominanti della organizzazione sociale. Di
conseguenza il diritto delle società potrebbe essere considerato come il potenziale diritto
costituzionale del nuovo stato economico, mentre l'attività di impresa sta sempre più
assumendo l'aspetto di attività politico-economica”.
27
Cfr. Aldo Amaduzzi, Le gestioni comuni, Utet, Torino, 1961, pp. 9-10. Ricorda G.
Ragusa Maggiore che “le società derivano da pratiche mercantili che ponevano paradigmi
identici in vari Paesi, mediante una disciplina comune che, apocrificamente veniva definita
lex mercatoria”, in Trattato delle società. Vol. I: Le società in generale. La società di
persone, Cedam, Padova, 2000, p. 38. Dalla società civile (agricola o di godimento) con
responsabilità diretta e universale si è passati alle società di capitali a responsabilità
limitata; gli Stati poi, semplicemente, si sono impadroniti degli aspetti formali delle
strutture organizzative facenti capo alle imprese maggiormente efficienti svolte in forma
associativa tramutando il tutto in testo di legge, in norme protette e sanzionate. Si tratta, in
altre parole, di forme organizzative che si sono sviluppate di fatto quale adattamento
all'evoluzione dell'economia, e in questo pare potersi rinvenire ben poco di stampo
giuridico: è il diritto che si adatta all'economia, rectius, è l'economia che formalizza le
proprie necessità.
28
Cfr. atti del ciclo di convegni Dialoghi tra giuristi e aziendalisti, tenutisi presso
l'Università degli Studi di Brescia nel corso del 2007.
29
Cfr. G. Endemann, Manuale di diritto commerciale, marittimo, cambiario, Nicola
Novene & Co., Librai-Editori, Napoli, 1897, p. 303.
10
La natura economico-aziendale dell’istituto societario
Intento del legislatore dovrebbe essere pertanto, come ammoniva
Rotondi, <adeguare la forma e la disciplina alla natura e alle funzioni della
società> 30 .
Accantonate allora le posizioni giuridiche parziali, pare di particolare
valenza euristica la teoresi che riconosce nella società la natura di ente che
viene a esistenza indipendentemente (forse contestualmente, ma mai
necessariamente) dal perfezionamento del contratto sociale: anch’esso
organismo socio-economico al pari (o forse sarebbero meglio dire <in
identità> d’essere) dell’operatore-azienda.
Sottolineava Santi Romano che “per società deve intendersi non un
semplice rapporto fra gli individui, come sarebbe, per esempio, il rapporto
di amicizia, al quale è estraneo ogni elemento di diritto, ma un’entità che
costituisca, anche formalmente ed estrinsecamente, un’unità concreta,
distinta dagli individui che in essa si comprendono” 31 .
Correttamente, e in tal senso, il codice di commercio del 1882 affermava
che tutte le società costituivano “enti collettivi distinti dalle persone dei
soci” (art. 77, comma 3), e in quanto tali provviste di una propria
denominazione e di un proprio nome.
Pare opportuno, a questo punto, interrogarsi in merito alla relazione che
intercorre tra la società e l’istituto dell’impresa-azienda, quest’ultimo come
elaborato dall’Economia aziendale e come delineato sinteticamente in
prefazione.
Se ad entrambe le fattispecie, infatti, si deve riconoscere la qualità di
organismo economico atto a perdurare per la realizzazione di particolari
finalità economiche, due risultano le possibili conseguenze:
a) riconoscere l’identità necessaria e vicendevole tra società e impresa;
b) rilevare l’esistenza di un rapporto di genus a species.
La prima soluzione non è qui ritenuta accoglibile. È noto infatti che non
ogni impresa (sia individuale ma altresì collettiva) è anche società nel senso
giuridico, e che la società non è sempre impresa (ad esempio, come si vedrà
di seguito, non può qualificarsi <impresa> la società occasionale o unius
negotii).
30
35.
Cfr. M. Rotondi, La riforma della legislazione commerciale, Ambrosiana, 1941, p.
31
Così in L'ordinamento giuridico, Sansoni, Firenze, 1945, p. 26. Nello stesso senso
anche G. Ferri, Manuale di diritto commerciale, Utet, Torino, 1960, p. 126: “la società,
anche se dal contratto trae origine, non è mai soltanto un contratto. Essa è una
organizzazione di persone e di beni per il raggiungimento di uno scopo produttivo,
organizzazione che, se non sempre assurge a persona giuridica, tuttavia in ogni caso assume
una propria autonomia rispetto ai soci che l’hanno creata e ai loro patrimoni”.
11
Federico Manfrin
Preferibile pare viceversa la seconda impostazione. La società non
sarebbe altro che l’istituto economico dell’impresa regolato e organizzato
(anche) secondo quanto disposto dalle norme che disciplinano il suo tipo
particolare (semplice, in accomandita, per azioni e così via): alias l’impresa
in forma societaria 32 .
Ne consegue che l’impresa è un’istituzione totalmente originaria, mentre
la società è in parte originaria e in parte derivata dall’ordinamento statuale.
4. Riqualificazione dell’interpretazione dominante in tema di società:
riduzione da <forma giuridica> a <fattore economico> dell’impresa
Quanto precede potrebbe apparire solamente l’ennesima riproposizione
della dicotomia tra forma e sostanza: la forma giuridica della società
informerebbe la sostanza economica dell’impresa-azienda 33 . Nel substrato
sostanziale vi sarebbe cioè piena corrispondenza, e identità, tra impresaazienda e società, quest’ultima non essendo altro che la prima, la quale
verrebbe riversata in una forma posta dall’esterno ma incapace di
modificarne la natura ontologica.
E così probabilmente era nelle intenzioni del legislatore del 1942, se
nella Relazione al nuovo testo codicistico si legge che la società è “forma di
esercizio collettivo di un’attività economica produttiva e normalmente di
un’attività economica organizzata durevolmente ad impresa” (n. 923 della
Relazione): il passaggio dall’<ente> del codice di commercio del 1882 alla
<forma> del codice civile del 1942 segna evidente la frattura con il
precedente sistema codicistico 34 .
32
R. Mancuso propone la seguente definizione: “La società è un organismo giuridico,
costituito –da uno o più soggetti od in forza di legge– per l’esercizio di un’attività volta al
conseguimento di un vantaggio di natura economica o di una finalità di tipo sociale”, così
in La società: una nozione in continua evoluzione, in Le Società, 2006, fasc. 1, p. 25. La
nozione proposta non pare tuttavia in linea con le conclusioni sinora raggiunte: la società,
delle due una, o è semplice complesso di norme, come sarà anticipato più avanti, e quindi
non organismo, oppure se è organismo, perché si riconosce la sua natura istituzionale, ne
consegue che è organismo socio-economico e non giuridico.
33
Si intende per <forma> di un istituto il complesso delle sue qualità accessorie e non
essenziali, per <sostanza> ciò che “persiste identico sotto il mutare delle qualità e degli
accidenti”: cfr. M. Sica, Dicotomie classiche in economia aziendale, Giappichelli, Torino,
1994, p. 94.
34
Negli stessi termini si esprimeva G. Ferri, Manuale di diritto commerciale, Torino,
1960, p. 178: “La società è nel sistema del codice una forma di esercizio collettivo
dell’impresa”. Riprendendo poi la citata posizione di Ferri, P. Ferro-Luzzi propone una
ridefinizione dell'istituto qui indagato, definendo la società <organizzazione dell’esercizio,
della responsabilità e del finanziamento di impresa> “essendo l’esercizio, la responsabilità
e il finanziamento in sé, come tali e perché tali, ad essere organizzati, ad essere cioè
l’oggetto dell’organizzazione, quindi giuridicamente di norme aventi natura e portata
12
La natura economico-aziendale dell’istituto societario
Tale riduzione del fenomeno societario a <forma di sostanza
economica>, anche se in linea con le premesse della presente trattazione,
non pare risolva, se pur anticipa il senso del presente discorso, la criticità
della nozione, giacché il fenomeno deve venire inquadrato in modo da
rappresentarne in via sistematica la natura propria.
La società, rectius le disposizioni giuridiche in tema di società, non sono
<forma sovrapponente> bensì <forma plasmante> dell’istituto: a tutti gli
effetti ciò che si appalesa quale forma sociale diviene sostanza d’impresa,
ciò che si manifesta all’esterno come complesso di norme giuridiche finisce
per informare l’impresa nel suo substrato istituzionale 35 .
L’impresa-azienda e la società si identificano pertanto –qui si propone–
in istituti ontologicamente identici ma declinati secondo modalità difformi,
non potendosi ammettere quale unica differenza fra i due che in un caso, e
non nell’altro, vi sia l’aggiunta dell’elemento accessorio <forma sociale>.
E sebbene le imprese possano essere organizzate in <forme> diverse, va
osservato che ciascuna <forma> “non è un carattere esteriore, estraneo alla
loro economia, ma è a questa intimamente connessa” 36 .
Mutano infatti, con il variare della forma giuridica, le articolazioni e le
caratteristiche delle coordinazioni lucrative d’impresa, le dinamiche dei
processi produttivi, le dimensioni del capitale non solo giuridicamente
imposto ma altresì economicamente necessario per realizzare i predetti
processi, le finalità proprie dell’istituto aziendale, i rischi, le relazioni tra
capitale e lavoro e tra l’azienda e l’ambiente esterno, le procedure e i vincoli
per la negoziabilità delle partecipazioni, non ultimo i confini della
responsabilità per le obbligazioni assunte.
Mutano in particolare i rapporti con i terzi, soprattutto con i soggetti che
a qualsivoglia titolo concedono credito all’impresa: questi ultimi sono infatti
particolarmente interessati all’una o all’altra forma assunta dall’impresa,
essendo quella uno dei fattori dai quali dipende la capacità dell’azienda di
far fronte agli impegni assunti 37 .
essenzialmente organizzativa”, così in Riflessioni sulla riforma; I: La società per azioni
come organizzazione del finanziamento di impresa, in Riv. dir. comm., 2005, I, p. 678.
35
Cfr. T. Ascarelli, Ordinamento giuridico e processo economico, in Problemi
giuridici, Tomo I, Milano, 1959, p. 47: “la disciplina giuridica non costituisce variabile
«forma» di una costante sostanza, in una contrapposizione che presupporrebbe appunto una
legalità economica naturale; costituisce essa stessa elemento della struttura economica i cui
effetti e procedimenti sono in funzione delle regole seguite nell’azione e viceversa”.
36
Cfr. L. Azzini, I gruppi: lineamenti economico-aziendali, Giuffrè, 1968, p. 7; P.
Onida, Economia d’azienda, Utet, 1971, p. 21, P. Saraceno, La produzione industriale,
Libreria Universitaria, 1963, p. 47.
37
Cfr. Aldo Amaduzzi, Le gestioni comuni, Utet, Torino, 1961, p. 2: “È noto che la
trattazione delle società commerciali, delle associazioni in partecipazione, delle aziende
divise, viene inclusa, nelle opere scolastiche ed accademiche, in un libro a sé stante che ha
13
Federico Manfrin
A rigore la società potrebbe qualificarsi <forma> unicamente ove le
disposizioni normative che ad essa fanno riferimento si limitassero a
produrre effetti sui soli rapporti formali di manifestazione della volontà
(rientrando così nelle note categorie delle forme ad substantiam, ad
probationem e ad regularitatem) 38 . Tale interpretazione non esaurisce
tuttavia la realtà. La scelta della veste societaria incide infatti, come
ricordato, sulla materia economica dell’impresa, sull’operare della sua
attività, sulla sua organizzazione interna ed esterna, sulle modalità di
produzione e riproduzione dei redditi e dei capitali 39 .
Per limitarsi a un esempio, il fatto che l’acquisto di un immobile da parte
di un’impresa richieda o meno la forma scritta ad substantiam non incide
sulla natura economica dell’operazione, diversamente, sempre
esemplificando, i vincoli e le limitazioni sancite dalle disposizioni societarie
in materia di variazioni del capitale sociale (aumento, diminuzione, acquisto
di azioni proprie, e così via), differenti a seconda del diverso tipo societario
prescelto, incidono queste sì sull’operare economico e sulla produzione di
ricchezza da parte dell’impresa: nel primo esempio si può parlare di
<forma>, non così nel secondo.
Si osservi poi che la forma sociale diviene elemento del sistema
aziendale al pari di tutti gli altri elementi che ne compongono il substrato
economico: <elemento sostanziale>, ma <non elemento essenziale> 40 .
Il giurista ligio al formalismo potrebbe ribattere che redazione ed
esecuzione dell’atto costitutivo sono condizione di regolarità per le società
di persone, e addirittura condizione di esistenza per le società di capitali, e
che ciò è inderogabilmente norma di legge. Ma come ci ricorda Berle,
l’esistenza della società quale organismo economico non abbisogna di
alcuna legge:
per titolo Le forme aziendali, volendo significare con ciò che la società è una forma,
assunta dall’impresa, e così l’associazione o la divisione in sezioni.
A noi non pare che l’espressione «forma», usata in tale sede e per tale scopo, per quanto
possa cogliere l’aspetto più appariscente del fatto, sia la più appropriata.
La costituzione, la vita, lo scioglimento e la liquidazione delle società, rappresentano
fatti di gestione, con un contenuto loro proprio, e, quindi, con l’influenza che essi fatti
hanno sul vario manifestarsi del contenuto delle gestioni tipiche della produzione”.
38
È infatti con riferimento alla manifestazione della volontà dei negozi giuridici che si
parla normalmente di <forma> dell’atto giuridico.
39
Rileva sempre Aldo Amaduzzi che “se l'impresa societaria si considera una funzione
matematica di più variabili, la differenza tra il valore di tale funzione ed il valore della
funzione dell'impresa considerata depurata da ogni componente strutturale, o considerata
come facente capo all'individuo, costituisce l'apporto economico della veste societaria”; op.
ult. cit., p. 22.
40
Cfr. G. Capograssi, Pensieri vari su economia e diritto, in Scritti giuridici in onore di
Santi Romano, Vol. I, Padova, 1940, p.222.
14
La natura economico-aziendale dell’istituto societario
“È chiaro che non è la legge, con la sua finzione della
personalità giuridica, a fornire la linfa vitale e il cuore palpitante a
questi vasti meccanismi. (…) Infatti, se la legge, agendo per mezzo
di qualche meccanismo, dichiarasse che [le società] non esistono,
tali enti non si troverebbero ad essere fittizi, bensì reali. La ferrovia
continuerebbe a funzionare, la posta a svolgere il suo compito e
l’industria siderurgica a trasportare minerali metalliferi e a
ricavarne acciai. I dipendenti di queste aziende continuerebbero a
fare ciò a cui erano abituati. La società continuerebbe a servirsi di
loro, i clienti continuerebbero a pagare i loro conti e allo stesso
modo i fornitori non tralascerebbero di offrire le proprie merci. Gli
impiegati frequenterebbero l’ufficio come al solito, gli uffici di
contabilità continuerebbero a tenere i libri mastri secondo le
istruzioni dei dirigenti e i laboratorî proseguirebbero nei vecchi
esperimenti e ne tenterebbero di nuovi. Invano qualche leguleio
affermerebbe che i direttori non possono ulteriormente concordare
una linea d’azione o il presidente dare ordini. Il gruppo direttivo si
incontrerebbe ancora e prenderebbe decisioni. Il presidente si
rivolgerebbe ancora ai consiglieri per stabilire il suo stipendio ed
essi si rivolgerebbero al presidente per prendere ordini. I posti
vacanti sarebbero occupati come prima e gli uomini riconosciuti
inadatti sarebbero licenziati. L’immensa macchina continuerebbe
così a funzionare. Questo è proprio dell’essenza di un’istituzione e
non di una creazione giuridica” 41 .
Si ricorda poi il principio secondo cui l’impresa-azienda è caratterizzata
dal <permanere nella mutabilità>. Al pari degli altri elementi costitutivi
dell’operatore-azienda, anche il variare della società non muta la natura
ultima dell’ente economico che essa ha contribuito a costituire. Purtuttavia,
la norma giuridica sembra negare anche nelle disposizioni sulla
trasformazione il substrato organico ed economico dell’impresa-azienda. Il
dettato di cui al riformato art. 2498 c.c.: “Con la trasformazione l’ente
trasformato conserva i diritti e gli obblighi e prosegue in tutti i rapporti
anche processuali dell’ente che ha effettuato la trasformazione”, pare infatti
contrapporre due diversi enti, pre e post trasformazione.
Preferibile, in termini economici, sarebbe stata una diversa formulazione
che riconoscesse all’unico ente la continuazione dei suoi rapporti giuridici
in essere nonostante il mutare di uno dei sui elementi costitutivi,
rappresentato quest’ultimo da una partizione delle sue procedure
41
Cfr. A.A. Berle, jr. La rivoluzione capitalistica del XX secolo, Mercurio editore, pp.
17-18.
15
Federico Manfrin
organizzative e che –si ribadisce– solo per comodità possiamo definire
<forma> societaria 42 .
Il rapporto tra società e impresa non può trovare soluzione nel
problematico –e qui non di certo risolvibile– contrasto tra forma e
contenuto, né a maggior ragione nella semplicistica massima di valore per la
quale è possibile “mettere il contenuto al di sopra della forma, non però la
forma al di sopra del contenuto” 43 , non di rado utilizzata con finalità
altamente arbitrarie dai detrattori della substance over form.
Confondere la società con l’impresa potrebbe poi condurre a errori di
politica economica, ove si ritenga che attuando una riforma del diritto
societario si possa realizzare una riforma dell’impresa: una simile risultato,
al contrario, potrebbe concretizzarsi solamente agendo direttamente sui
processi gestionali dell’azienda, e non certo operando sulla formale struttura
delle norme societarie 44 .
Si dubita qui, in sintesi, che la <forma giuridica> dell’impresa-azienda
possa venire interpretata quale categoria contrapposta alla <materia
42
E in tal senso, correttamente, si è espressa la giurisprudenza più recente e
maggioritaria. Cfr. Cass. 03/17066: “In tema di società, ogni specie di trasformazione
comporta soltanto il mutamento formale di un’organizzazione societaria già esistente, ma
non la creazione di un nuovo ente che si distingua dal vecchio, sicché l’ente trasformato,
quand’anche consegua la personalità giuridica di cui prima era sprovvisto, non si estingue
per rinascere sotto altra forma, né dà luogo ad un nuovo centro di imputazione di rapporti
giuridici, ma sopravvive alla vicenda modificativa senza soluzione di continuità e senza
perdere la sua identità soggettiva”. Nello stesso sensi anche Cass. 00/10254.
L’introduzione del fenomeno della trasformazione rende poi opportuna una breve
digressione.
Se le società sono enti, istituzioni, organismi e, stando alle disposizioni in tema di
società di capitali, queste hanno origine con l’iscrizione dell’atto costitutivo presso il
registro delle imprese, come si dovrebbe qualificare l’eventuale impresa collettiva che fosse
stata operativa prima della decisione imprenditoriale di <mutarla> in società? Costituirebbe
la stessa una diversa entità o, diversamente, e come parrebbe logico, il medesimo
organismo? E se così fosse (medesimo organismo), parrebbe errato negare a tale fenomeno
di mutazione le medesime conseguenze che l’ordinamento predispone in ipotesi di
trasformazione tra società.
Inoltre, pur tralasciando per il momento l’indagine in merito alla valenza economicogiuridica dell’organizzazione imprenditoriale nello stadio iniziale, ovvero del complesso
degli atti preparatori, preme sin da ora sottolineare che il contratto di società non
necessariamente coincide con il momento genetico dell’istituzione-impresa.
43
H. Kelsen, Formalismo giuridico e dottrina pura del diritto, in H. Kelsen-R. Treves,
Formalismo giuridico e realtà sociale, a cura di S.L. Paulson, Edizioni scientifiche italiane,
1992, p. 39.
44
Contra A. Asquini, Una svolta storica del diritto commerciale, in Scritti giuridici,
Cedam, Padova, 1961, vol. I, ove a p. 72 riconosceva la corrispondenza biunivoca tra
impresa e società.
16
La natura economico-aziendale dell’istituto societario
economica> dell’istituto economico 45 . Nel prosieguo, ove si faccia ricorso
all’espressione “forma societaria” –termine d’uso invalso nella prassi e nelle
dottrine sia giuridica sia aziendalistica–, la stesso dovrà intendersi
qualificata dal significato che le presenti riflessioni hanno prescelto di
attribuirle.
Si osserva infine che il titolo del presente paragrafo fa riferimento al
concetto di <interpretazione dominante> e non di <nozione>. Da un attento
esame della normativa in materia di società risulta infatti che la
qualificazione di quest’ultima quale elemento costitutivo dell’impresa non
dà ragione di tutte le società che concretamente si rinvengono nel concreto
operare del sistema economico. Se la società fosse sempre e comunque
<forma> dell’impresa (ovvero, suo elemento costitutivo), sempre e
comunque dovrebbe esservi coesistenza fra società e impresa. Il vigente
ordinamento giuridico non consente invece di giungere a tale conclusione,
di conseguenza le conclusioni cui si è giunti sinora non possono assurgere a
nozione esaustiva del fenomeno societario.
Ai successivi due paragrafi sono affidate la pars destruens e la pars
construens di tale interpretazione.
5. Negazione della corrispondenza biunivoca tra società e impresaazienda
Non è possibile rinvenire la coincidenza tra società e impresa, alias
l’identità di società con l’operatore-azienda, in fattispecie plurime ancorché
sottilmente atipiche, tra le quali:
a) società di comodo o non operative: la categoria ricomprende
un’ampia casistica, dalle società costituite per massimizzare il
regime di detrazione d’imposta alle società-veicolo utilizzate per
realizzare complesse operazione di finanza strutturata (ad esempio le
note società-veicolo per le operazioni di leveraged buy-out), aventi
tutte in comune la caratteristica di non compiere l’attività economica
propria di produzione e riproduzione di redditi e capitali: proprio per
tale ragione vengono sovente identificate con l’espressione <scatole
45
Cfr. Aldo Amaduzzi, Le gestioni comuni, Utet, Torino, 1961, p. 2: “Il criterio della
contrapposizione di una categoria di forma, nella quale debbano essere compresi i problemi
esemplificativi, ad una categoria di contenuto, che comprenda la parte speciale della
gestione aziendale, non risponde, dunque, alla realtà, la quale indica un contenuto anche nei
fatti peculiari relativi alla vita societaria od associativa o alla divisione”. Più in generale,
per il dibattito dottrinale in materia di contrapposizione tra materia economica e forma
giuridica si rinvia per tutti a E.M. Leo, Forma giuridica e materia economica. Saggi, Vita e
pensiero, 1994 e L. Mengoni, Forma giuridica e materia economica (1963), in ID, Diritto e
valori, Il Mulino, 1985.
17
Federico Manfrin
vuote> 46 ; tuttavia, come sostenuto dalla dottrina giuridica
maggioritaria, della loro validità “de iure condito appare difficile
dubitare” 47 ;
b) società occasionali o unius negotii: sono, nelle parole di Endemann,
“specie di società che le parti contraggono occasionalmente allo
scopo di esercitare, e di trarre profitto da alcune operazioni
commerciali isolate”; si è fatto ricorso alla definizione del noto
giurista tedesco di fine ‘800 per ricordare che l’allora codice tedesco
negava ex lege a tali strumenti di tecnica giuridica la natura di
società, riconoscendo loro la qualifica di “associazioni aventi per
iscopo l’esercizio di operazioni commerciali per scopo comune” 48 ;
sono nondimeno anch’esse società ammesse dal nostro ordinamento
e in quanto tali tutelate, sebbene non costituite per lo svolgimento di
un’attività economica, bensì per l’esercizio di isolati negozi giuridici
ad effetti patrimoniali (diversamente, per aversi attività economica
d’impresa dovrebbero ricorrere, in termini giuridici, il requisito della
professionalità 49 e, in termini economici, l’attitudine a perdurare nel
tempo 50 );
c) le <partizioni> d’azienda in veste societaria: nei gruppi societari si
assiste sovente alla partizione dell’unitaria impresa in frazionamenti,
aventi distinta veste societaria ma sostanzialmente privi di autonoma
capacità organizzativa e rappresentanti ciascuno null’altro che “un
frammento di impresa” 51 ; in queste ipotesi ad ogni società non
coincide un’impresa, semmai a un complesso di società coincide una
sola e univoca impresa: in termini aziendalistici, un’azienda divisa;
46
L’argomento, anche se qui non approfondito, richiama inevitabilmente alla mente i
noti dibattiti dottrinali di fine ottocento in tema di società materiali e società formali.
47
G. Cottino, La società per azioni, in Novissimo Digesto Italiano (estratto da), Vol.
XVII, Utet, Torino, 1971, p. 25.
48
Cfr. Endemann, Manuale di diritto commerciale, marittimo, cambiario, Nicola
Novene & Co., Librai-Editori, Napoli, 1897, p. 842.
49
In ossequio al noto brocardo “una mercantia non facit mercatorem, sed professio et
exercitium”.
50
Ne consegue che il riconoscimento delle società di comodo e occasionali dovrebbe
essere da solo sufficiente a negare che “la società nell’ordinamento italiano [sia] una
struttura di durata”: cfr. G. Cottino, M. Sarale e R. Weigmann, Società di persone e
consorzi, in Trattato di diritto commerciale diretto da G. Cottino, Vol. III, Cedam, Padova,
2004, p. 18. Dopo aver richiamato i necessari caratteri della professionalità e
dell’organizzazione per l’esercizio di un’impresa, ai sensi dell’art. 2082, gli Autori (p. 19)
osservano che: “Si stempera così lo scuro del dubbio, se possa considerarsi società quella
conclusa per un unico affare. Se questo ha tale consistenza da richiedere lo svolgimento di
un’attività, la risposta è positiva (...). Se si tratta di una speculazione isolata (...), non
ripetuta sistematicamente, la risposta è negativa”.
51
Così F. Galgano, Le società per azioni, Zanichelli, Bologna, 1974, p. 13.
18
La natura economico-aziendale dell’istituto societario
l’unità economica si spezza così in una molteplicità di soggetti
<giuridici>, le cui partecipazioni appartengono, direttamente o
indirettamente, al medesimo soggetto economico (può accadere, in
altri termini, che a un’unica ipostasi-impresa corrispondano più
società) 52 .
In sintesi l’impresa, e più in particolare l’attività economica organizzata
nell’istituto aziendale, non può individuarsi in realtà statiche, ovvero nel
compimento di singole operazioni estrapolate da una duratura attività
economica atta a protrarsi nel tempo. Fa difetto infatti, nelle ipotesi più
sopra citate, sia l’esercizio di un’attività economica dinamicamente attiva
per lo scambio e la produzione di beni (prospettiva giuridica), sia
l’istituzione operante in sistema di persone e risorse (prospettiva
aziendalistica).
Come infruttuoso pare, per eludere il problema, il tentativo di parte della
dottrina di disconoscere la natura di società alle fattispecie delle società di
comodo, occasionali e delle aziende divise: la critica della ragion pratica
impone il semplice riconoscimento che queste società-non-imprese sono
riconosciute, ammesse e tutelate dall’ordinamento giuridico.
Quanto precede è ulteriore riprova dell’incapacità –della teoresi che
identifica la società con la forma giuridica dell’impresa– di assurgere a
nozione generale dell’istituto societario. La forma esiste a imprimere di sé
un nucleo sostanziale pre-esistente; e il nucleo dovrebbe essere nel caso di
specie l’impresa, la quale tuttavia risulta assente nelle ipotesi più sopra
delineate.
Sembra poi opportuno sottolineare che, sebbene l’impostazione qui
presentata sia di stampo aziendalistico, le conclusioni più sopra raggiunte
non subirebbero variazione 53 qualora si volesse attribuire all’impresa la
52
Non si vuole tuttavia negare in questa sede che in un gruppo si possa poi
eventualmente registrare la presenza di più imprese. Ciò accade quando alle singole
partizioni (le società controllate) è lasciata sufficiente autonomia organizzativa tale da
renderle, almeno parzialmente, autonomi centri di coordinazioni lucrative.
53
Si rileva inoltre l’inidoneità dell’art. 2247 c.c. a ricomprendere tutti i tipi di società
quale nozione univoca e generale. La norma in oggetto appare infatti essere stata rifiutata
nelle sue premesse dallo stesso ordinamento, il quale negli anni ha provveduto a
disciplinare fattispecie societarie in netto contrasto con i requisiti minimi e inderogabili che
parrebbero ricavarsi dalla “nozione” che essa fornisce. Si tratta in particolare, tra le altre
ipotesi, delle società consortili (art. 2615 ter c.c., introdotto dalla Legge 10 maggio 1976, n.
377) e mutualistiche.
L’art. 2247 c.c. menziona inoltre l’<esercizio in comune>, eppure tale requisito manca
di certo, per limitarsi all’esempio più eclatante, in presenza di azionisti di risparmio ex artt.
145 ss. del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58: l’esercizio di un’attività economica si riduce in
tale ipotesi a semplice sopportazione del rischio d’impresa in attesa di possibili rendimenti.
19
Federico Manfrin
nozione restrittiva di <attività economica> accolta da parte della dottrina
giuridica.
Non si può pertanto condividere la posizione accolta dalla maggior parte
dei giuristi i quali riconoscono necessariamente un’impresa in ogni
società 54 . Tra questi Giuseppe Ferri sosteneva che “la società è nel sistema
del codice una forma di esercizio collettivo dell’impresa”, in particolare “è
una organizzazione attiva e si propone la realizzazione di un guadagno, non
un organismo contemplativo che si accontenta del godimento dei frutti” 55 .
Ciò era inoppugnabile all’origine della codificazione commerciale, a far
data dai codici di commercio del 1865 e del 1882, tanto che si può
ammettere che ciò dovrebbe correttamente essere in termini di politica
giuridica, anche se l’ordinamento giuridico attuale contraddice tale
posizione 56 . Semplificando, affermare che la società è impresa sarebbe
come sostenere che il contratto di trasporto per terra è la modalità giuridica
con cui vengono distribuiti al mercato i prodotti dell’azienda: può non
essere il modo o può non essere l’unico 57 .
Tuttavia, l’osservazione del fenomeno da una diversa angolazione
consente di salvare il collegamento impresa-società. Infatti, se è pur vero
che a ogni singola veste societaria non necessariamente corrisponde
un’autonoma impresa, pare corretto sostenere che qualsivoglia società
(finanche le ipotesi di cui ai precedenti punti a), b) e c)) sottintende
l’operare di un’impresa 58 . È pur sempre un’impresa che decide di costituire
per un suo affare una società veicolo, è sempre un’impresa che nel
54
Così, tra gli altri, M. Casanova, Le imprese commerciali, Utet, Torino, 1955, p. 156 e
A. Dalmartello, I contratti delle imprese commerciali, Cedam, Padova, 1962, p. 298.
Contra, ad esempio, W. Bigiavi, La professionalità dell’imprenditore, Padova, 1948, pp. 14
ss. e F. Galgano, Trattato di diritto civile, Vol. III, Cedam, Padova, 2009, pp. 247 ss.
55
Cfr. G. Ferri, Manuale di diritto commerciale, Utet, Torino, 1960, p. 126.
56
Il punto è ricordato da R. Mancuso, La società: una nozione in continua evoluzione,
in Le Società, 2006, fasc. 1, p. 23, il quale ammonisce: “Anche a voler considerare
impliciti, nel concetto stesso di società, tutti gli elementi – normativi e non – della nozione
di impresa (quale si evince indirettamente dal citato art. 2082 c.c.), è certo che una società
può venire in essere, e continuare ad esistere, senza che ci sia alcun esercizio collettivo di
impresa”.
57
Come ricordava F. Carnelutti, “lo sguardo deve allargarsi e comprendere tutto il
campo del fenomeno; allora gli elementi contingenti si scindono dagli essenziali e la
nozione si depura da quelli”: così in Valore Giuridico della nozione della azienda
commerciale, in Rivista del diritto commerciale e del diritto generale delle obbligazioni,
Francesco Vallardi, Milano, 1924, A. 22, n. 3 e 4, pt. 1, p. 158. E proprio con riferimento a
tale monito si osserva che le società sono elementi contingenti dell’impresa: questa è
necessaria, quella eventuale.
58
E coerentemente con tale impostazione Aldo Amaduzzi definiva la <società> quale
“istituto economico che aderisce ad una gestione aziendale”: così in Le gestioni comuni,
Utet, Torino, 1961, p. 18.
20
La natura economico-aziendale dell’istituto societario
complesso e duraturo svolgersi delle proprie operazioni decide di
realizzarne un gruppo servendosi del complesso di norme approntate in
ambito societario, è sempre un’impresa che decide di frazionare la propria
operatività in più società 59 . La società presuppone un’impresa ma non è –
sempre e necessariamente– impresa 60 . Ed è questa una conclusione che si
può cogliere solamente analizzando il fenomeno in chiave di dinamica
gestionale e organizzativa.
Concludendo sul punto, si deve riconoscere che la società non assurge a
realtà pre-normativa 61 . Diversamente, tale qualifica deve essere riconosciuta
all’impresa-azienda che in quanto tale dovrebbe, una volta accertati i
requisiti dell’istituzione, beneficiare della personalità giuridica (o
soggettività giuridica).
Il tema è notoriamente complesso, e viene qui rinviato con l’obiettivo di
individuare invece una categoria che possa assurgere a nozione generale
dell’istituto societario.
59
Cfr. per tutti S. Scotti Camuzzi, La società per azioni come impresa e altri studi in
tema di regole giuridiche dell’attività economica, Giuffrè, Milano, 1979.
60
Risulta rilevante al riguardo l’esempio proposto da S. Scotti Camuzzi, op. ult. cit., pp.
9-10: l’Autore ricorda come la nazionalizzazione delle società elettriche sia avvenuta in
Italia “mediante l’espropriazione degli impianti, o delle aziende elettriche, dalle stesse
posseduti, e non mediante l’espropriazione delle azioni, anche quando la società
nazionalizzata era meramente «elettrica», e ciò per il timore di violare la norma
costituzionale (art. 43), che prevede appunto la nazionalizzazione con esclusivo riferimento
a «imprese o categorie di imprese»; timore che evidentemente non avrebbe avuto
fondamento, consentendo soluzioni più semplici nella maggior parte dei casi, qualora le
società per azioni si fossero potute considerare esse stesse come imprese”. L’Autore
tuttavia, p. 11, risolve tale lacuna concludendo che “la società per azioni è impresa (come
organizzazione e come soggetto) per se stessa in quanto solo esista, perché essa
sistematicamente, per sua natura (professionalmente) concentra del capitale produttivo,
trasformando in esso un disperso risparmio. Meno importa che la società per azioni si dia
poi un oggetto o l’altro; che adoperi il capitale produttivo per fabbricare automobili o per
far navigare battelli sul Reno, o addirittura per costituire altre società per azioni”. Non pare
tuttavia condivisibile tale conclusione, stante l’ammissibilità nel nostro ordinamento, come
già osservato, delle società di comodo, delle società occasionali e delle imprese unitarie
organizzate in gruppo e normalmente articolate in più società. Ciò che qui non si condivide,
con riferimento all’ultima citazione riportata, è la confusione tra il piano dell’organismo
economico (impresa-azienda) e il piano della struttura organizzativa facoltativa espressa
dalla norma (società): non è la società, ma l’impresa che si dà un oggetto sociale: la società,
in questo caso, si rinviene solo nella norma che richiede all’impresa di esplicitare nello
statuto tale oggetto “sociale” (rectius e, ad corrigendum, “d’impresa”).
61
Cfr. in tema di <persona giuridica> T. Ascarelli, Personalità giuridica e problemi
delle società, in Problemi Giuridici, Tomo I, Giuffrè, Milano, 1959, p. 237: “I presupposti
ai quali la dottrina fa capo per decidere dell'«esistenza» di una persona giuridica (p. es. il
riconoscimento) non sono che i presupposti perché si possa far capo alla disciplina
normativa che, con l'espressione «persona giuridica», si vuole indicare”.
21
Federico Manfrin
6. Riduzione del fenotipo <società> a <decisione gestionale> per
l’esercizio dell’impresa, ovvero, società quale categoria giuridica
ausiliaria delle scienze aziendali
Negata la natura della società quale mera forma d’impresa e quale ente
economico, il problema nozionale della fattispecie in esame si ripropone
nelle sue problematiche interpretative.
Appare opportuno ricercare la soluzione indagando il fenomeno in chiave
genetica. Sono i soci nell’esercizio della loro funzione imprenditoriale che
attuano la decisione strategica di adottare uno o altro (o nessun) modello
societario. Tale decisione strategica, sebbene caratterizzata da un elevato
costo di reversibilità, rappresenta pur sempre un momento
dell’amministrazione dell’impresa, la quale –come si diceva– viene ad
esistenza già prima della stipula dell’atto costitutivo, nell’operare dei suoi
fondatori 62 .
L’atto costitutivo non è condizione di creazione dell’attività economica
bensì, alternativamente, a) condizione di applicazione all’operatore-azienda
di un complesso di norme 63 , ovvero b) strumento giuridico per la
realizzazione di una particolare operazione economica.
Ne consegue che la nozione di società –il suo Rechtsgrund– va
riconosciuta nell’essere tale fattispecie, in ultima istanza e in termini
universali ed onnicomprensivi, null’altro che una scelta di gestione avente a
oggetto la facoltativa adozione di un predeterminato complesso di vincoli
organizzativi di struttura 64 .
62
Si rinvia sul punto ai numerosi contributi che hanno alimentato il dibattito in tema di
responsabilità per gli atti compiuti prima dell’iscrizione della società: in particolare si veda
C. Angelici, Società prima dell’iscrizione e responsabilità di «coloro che hanno agito».
Giurisprudenza tedesca e diritto italiano, Giuffrè, Milano, 1998, monografia commentata
da A. Pavone La Rosa, in Rivista delle società, 1999, fasc. 1, pp. 194-200.
63
Se la società è ad un tempo scelta di gestione e complesso di norme, sembra errato
ancorarla necessariamente ad un contratto: invero non vi è necessità di un rapporto
regolamentato plurisoggettivo, essendo sufficiente una decisione –gestionale– operata in tal
senso anche da un imprenditore singolo.
64
Cfr. P. Onida, Economia d’azienda, Utet, 1971, p. 21: “Alla costituzione dell’azienda,
o successivamente, può presentarsi come problema di scelta economica la determinazione
della figura giuridica che conviene conferire al titolare, o come anche si dice, la
determinazione della conveniente forma dell’azienda”. Si vedrà tuttavia nel prosieguo della
trattazione come la struttura qui presentata neghi alla società anche la natura di “titolare”
dell’azienda. Si consulti inoltre G. Ragusa Maggiore, Trattato delle società. Vol. II: Le
società di capitali. La società per azioni. Formazione della società per azioni, Cedam,
Padova, 2003, p. 23, ove trattando della personalità giuridica quale elemento tipico delle
società di capitali afferma che “la creazione di questa struttura rientra nella libertà di
intervenire nel mercato e quindi nella autonomia soggettiva di chi vuole esercitare
un'attività d'impresa”.
22
La natura economico-aziendale dell’istituto societario
In altre parole, con il termine <società> ci si riferisce qui a una
particolare normativa opzionabile in termini economici e strumentali
dall’imprenditore 65 . Oggi non più necessariamente contratto, e dunque atto
dell’impresa (rectius, dell’imprenditore o dei promotori). Negare tale natura
economica equivarrebbe a ridurre i fatti a posizioni dialettiche, ovvero a
sostituire alla realtà aziendale pre-concetti giuridici che trovano origine in
una semantica giuridica resa via via obsoleta dall’impoverimento delle
categorie che essa esprime rispetto all’evolvesi strutturale dei fatti e delle
operazioni economiche specialmente d’impresa, a governare le quali erano
in origine sufficienti la communio e gli altri istituti del diritto civile.
Pertanto, sebbene sia corretto attribuire natura giuridica all’istituto
societario indagato an sich (astrazione sintetica di un complesso di norme),
è altresì agevole riconoscere nella società, se analizzata in chiave
teleologica, una pre-esistente e più pregnante natura di carattere meramente
economico (tecnica di esercizio dell’impresa) 66 .
E se la società diviene uno strumento giuridico opzionabile
dall’imprenditore nell’esercizio dell’impresa 67 , ne consegue la necessità di
negare la pretesa origine contrattuale della stessa. In particolare non si
rinviene –oggi anche nell’ordinamento italiano– la necessità che vi sia la
presenza di più di un soggetto affinché possa ricorrersi allo strumento
societario. Ben può essere la società “unipersonale”, come unica persona
può essere l’imprenditore ovvero il <soggetto economico> 68 che ne decide
65
Cfr. T. Ascarelli, Personalità giuridica e problemi della società, in Problemi
giuridici, Tomo I, Giuffrè, Milano, 1959, p. 238: “È questa strumentalità che permette poi
di comprendere perché alla costituzione della fattispecie negoziale alla quale è poi
applicabile la normativa possa procedersi, nel caso concreto, con l’intento (comune ai
costituenti) di profittare della normativa stessa, assumendo valore strumentale la
realizzazione dello stesso scopo tipico previsto come proprio nella relativa fattispecie
negoziale”.
66
Cfr. sul punto J. Paillusseau, La société anonyme : technique juridique d'organisation
de l'entreprise, Sirey, Paris, 1967. Si veda inoltre dello stesso Autore, La modernisation du
droit des sociétés commerciales, Recueil Dalloz, 1996, ove in particolare a p. 289 si legge:
“la société est une structure d'accueil de l'entreprise (…): ou bien la société a été
spécialement constituée pour recevoir une entreprise individuelle qui existe et qui
fonctionne, et elle est la structure d'accueil, l'organisation juridique de cette entreprise; ou
bien la société est créée pour exercer une activité économique (…) et une entreprise naît et
se développe, la société est l'organisation juridique de cette entreprise”.
67
Cfr. la massima della sentenza statunitense Farmers' Loan & Trust Co. v. Pierson, 222
N.Y.S. 532, 543, 130 Misc. 110: “A «corporation» is more nearly a method than a thing,
and the law, in dealing with a corporation, need not define it as a person or entity, or even
as an embodiment or functions, rights, and duties”.
68
Soggetto che può essere anche collettivo nella propria struttura (alias, composto da
più persone fisiche), sebbene sia sempre unitario quando analizzato in veste di centro
unificato di interessi (ovvero, espressione di una volontà univoca).
23
Federico Manfrin
la concreta utilizzazione. E proprio in questa ipotesi rientrano, ad esempio,
le società costituite da altre società onde dar corpo alle note strutture
organizzative di gruppo 69 .
Problema ulteriore è poi chiedersi se tale scelta di gestione sia adottata
solamente in termini di struttura organizzativa più consona alla gestione
dell’impresa, ovvero se la stessa discenda inevitabilmente da
condizionamenti di politica economica. È il caso ad esempio
dell’imprenditore che, sebbene potenzialmente interessato per
l’amministrazione della sua impresa alla più elastica struttura della società
di persone, opti viceversa per la società di capitali al fine di beneficiare del
favor della responsabilità limitata generalizzata e immediatamente efficace
verso tutti i terzi, con l’indubbio vantaggio di non doverla di volta in volta
negoziare con ogni controparte.
In termini economici le norme in materia di società non sono altro che “il
prodotto di consulenza giuridica gratuita che il legislatore offre alle parti,
allo scopo di ridurre i c.d. costi di negoziazione” 70 : tanti prodotti di
consulenza quanti sono i tipi societari disciplinati dal legislatore. E tra
questi il soggetto economico può scegliere, guidando la scelta sulla base
della ponderazione di precise variabili: il fabbisogno minimo di capitale
richiesto ex lege, la propensione al rischio dei soggetti coinvolti, il sistema
di decisioni, l’integrazione e la divisione dei piani operativi d’impresa,
l’incidenza sull’elemento personale dell’articolazione delle funzioni
aziendali, la negoziabilità delle partecipazioni, l’elasticità e l’ammontare dei
finanziamenti che si possono ottenere 71 .
69
Se l’impresa è istituto economico, e la società, come riconosciuto, è istituto giuridico
dalla natura teleologicamente economica, sembra poi opportuno interrogarsi sull’ontologia
e l’essenza del gruppo, il quale in ultima istanza altro non appare essere che una struttura
organizzativa sostanzialmente e strutturalmente simile alle società. I gruppi infatti, sebbene
privi di un articolato substrato legislativo, sono al pari delle società strutture organizzative
che hanno trovato la loro origine e la loro ragione d'essere nei fatti economici e
organizzativi propri dell’impresa. Cfr. sul tema L. Azzini, I gruppi aziendali, Giuffrè,
Milano, 1975; P.E. Cassandro, I gruppi aziendali, Cacucci, Bari, 1959; F. Galgano, I gruppi
di società, Utet, Torino, 2001.
70
Cfr. F. d’Alessandro, «La provincia del diritto societario inderogabile
(ri)determinata». Ovvero: esiste ancora il diritto societario?, in Riv. Soc., 2003, fasc. 1, p.
37.
71
In prospettiva aziendalistica, si sottolinea come tali variabili coincidano proprio con i
fattori di impulso e di sviluppo che conducono al raggiungimento delle condizioni di
equilibrio economico.
24
La natura economico-aziendale dell’istituto societario
La conclusione cui si è giunti può naturalmente venire dibattuta e
contestata, ma è innegabile la natura di libera scelta di gestione da attribuirsi
alla forma societaria nelle economie di mercato 72 .
La <società> non è perciò realtà sociale bensì, trasposizione di strutture
organizzative in testo di legge, trasposizione ficta di un concetto giuridico
che non trova necessariamente corrispondente fenomenologico
nell’operatore economico (l’impresa-azienda), ma che da quest’ultimo può
essere o meno –discrezionalmente– attivata 73 .
La società diviene così espressione sintetica di una mutevole disciplina
normativa, ovvero, come sostenuto da Kelsen “soltanto l’espressione
unitaria di un complesso di norme, cioè di un ordinamento giuridico e
precisamente di un ordinamento che regola il comportamento d’una pluralità
di uomini” 74 , alias, si vorrebbe suggerire, <il comportamento di
un’impresa>.
Tuttavia, affermare che la società è mero complesso di norme non pare
ancora bastevole ai fini del presente studio: l’indagine sulla natura
dell’istituto richiede che della sua essenza si indaghino gli aspetti senz’altro
genetico ma, soprattutto, teleologico.
Come ogni realtà complessa anche l’impresa ha dovuto formalizzare le
proprie basilari strutture organizzative, e per fare ciò si è servita dello
strumento giuridico 75 . Così, a ogni tipo (società semplice, in accomandita, a
responsabilità limitata, per azioni, e così via) corrisponde sovente un diverso
assetto di organi relativamente sia alla produzione di redditi e capitali sia
72
A voler allargare coerentemente il discorso la società non è solo strumento gestionale
a disposizione dell'azienda di produzione (l'impresa), ma altresì strumento di politica
economica a disposizione della principale azienda pubblica territoriale: lo Stato.
73
Allo stesso modo Kelsen ci ricorda che creazioni del diritto è, non solo la <persona
giuridica>, ma altresì la persona fisica: così H. Kelsen, La dottrina pura del diritto,
Einaudi, Torino, 1990, p. 214.
74
Così, relativamente alle <persone giuridiche>, H. Kelsen, Lineamenti di dottrina pura
del diritto, Einaudi, Torino, 1970, p. 89. La società è pertanto “soltanto un'espressione
unitaria personificante d'un gruppo di obblighi e di autorizzazioni giuridiche, cioè di un
complesso di norme” (questo con riferimento in particolare alla nozione giuridica di
<persona>, p. 87).
75
In un determinato periodo storico, successivo al fenomeno delle grandi imprese
coloniali di inizio XVII secolo, la classe imprenditoriale che sino a quel momento è stata
l’unica artefice delle strutture organizzative che verranno identificate con il nome di
<società> prende coscienza, con l’evolversi dell’economia di mercato post rivoluzione
industriale, che la tecnica della <società>, in particolare delle Società per Azioni, può
divenire ordinario fenomeno economico; conseguentemente “la classe imprenditoriale
chiede che una corrispondente trasformazione si attui nel mondo del diritto: che la società
per azioni diventi, anch’essa, un ordinario strumento giuridico”: così F. Galgano, Le società
per azioni, Zanichelli, Bologna, 1974, p. 10.
25
Federico Manfrin
poi alla gestione manageriale dell’impresa –o della partizione di impresa–
sottostante 76 .
Da ciò risulta il significato, la funzione, prima economica che normativa,
del concetto di società. E citando Cottino in tema di Società per Azioni, ma
con valore estendibile ad ogni tipo societario: “la s. p. a. è quella che è; cioè
un puro strumento economico” 77 .
Alias e riassumendo –a mo’ di climax–, non istituto giuridico ma istituto
economico; non forma giuridica ma sostanza economica; non organismo
economico ma espressione abbreviata di una disciplina 78 onde
regolamentare le relazioni tra soggetti per l’esercizio di un’attività
economica; infine non atto genetico di un nuovo ente ma scelta gestionale di
un organismo economico già operante 79 . Se poi è proprio al momento
genetico che si presta attenzione, emerge evidente la finalità univocamente
economica che sottende l’impiego di tale strumento giuridico.
Il punto è di evidenza: come il capitalismo “a créé le droit qui a permis
son triomphe” 80 , così l’impresa, scegliendo la struttura societaria che più si
confà ai suoi fini, crea il diritto che le permette di realizzarli e perpetuarli
nel mutare delle condizioni di ambiente.
È opportuno evidenziare poi che tale scelta è solamente eventuale, non
necessaria. L’impresa necessita di una struttura organizzativa la quale può
essere –ma anche non essere– trasposta in norme giuridiche. Strutture
organizzative diverse dalla società possono essere ad esempio i consorzi,
anch’essi al pari delle società nient’altro che mero complesso di norme,
76
92.
Cfr. G. Fornasiero, Organizzazione e intuitus nelle società, Cedam, Padova, 1984, p.
77
Cfr. G. Cottino, La società per azioni, in Novissimo Digesto Italiano (estratto da),
Vol. XVII, Utet, Torino, 1971, p. 19.
78
Cfr. T. Ascarelli, Personalità giuridica e problemi della società, in Problemi
Giuridici, Tomo I, Giuffrè, Milano, 1959, p. 245.
79
Ovvero, anche qualora creato ab origine in veste societaria, capace di vita autonoma
anche in assenza di tale veste. È ancora Ascarelli a ricordarci sul punto “l’equivoco che si
ritrova nella premessa, implicita più che esplicita, che «società di capitali» e «società di
persone» siano (come lo è «società») dati della realtà prenormativa la cui distinzione
giustificherebbe poi il ricorso a «persona giuridica» nel primo caso e non nel secondo (…).
La distinzione tra queste fattispecie non risiede però in intuitus personae o intuitus rei
(espressioni che, intese a rigore, non sono del tutto esatte e che in realtà non fanno che
ripetere quanto appunto è sancito nelle rispettive discipline), ma si riduce alla scelta di una
od altra struttura organizzativa”; così op. ult. cit., p. 245.
80
Così G. Ripert, Aspects juridiques du capitalisme moderne, Paris, 1951, p. 37, ripreso
da G. Cottino, Le società per azioni, in Novissimo Digesto Italiano (estratto da), Vol. XVII,
Utet, Torino, 1971, p. 12
26
La natura economico-aziendale dell’istituto societario
ovvero i gruppi, la cui struttura in questo caso è frutto solamente di prassi
economico-aziendali non sempre recepite in testi legislativi 81 .
È dunque riconoscibile la funzione teleologica della normativa societaria:
una disciplina legislativa che regola in chiave organizzativa i <fatti di
gestione> comuni a tutte le imprese (costituzione, rapporti di lavoro,
rapporti di scambio, scioglimento), i quali troverebbero manifestazione
indipendentemente dalla veste giuridica che le imprese decidessero di
adottare 82 .
Ricondotta nell’alveo della gestione aziendale la società riacquista
pienamente la propria natura economica che le dottrine giuridiche
sembravano averle sottratto. La decisione in merito alla struttura
organizzativa societaria da adottarsi è, al pari delle altre scelte gestionali,
decisione amministrativa che ha luogo nel dipanarsi delle coordinazioni
lucrative d’impresa, nello svolgersi dinamico delle sue relazioni
sistemiche 83 .
In termini giuridici, la società esprime soltanto una disciplina normativa
azionata da un atto di gestione, frutto a propria volta di una decisione di
convenienza valutata in termini economici 84 . La società non nasce dunque
né da un contratto, né da un negozio unilaterale, bensì da un atto il quale
può essere, questo sì, plurilaterale o unilaterale. Invero, e a riprova, i soci
potrebbero ottenere gli stessi risultati in termini giuridici, e lo stesso assetto
81
Ricorda G. Rossi che “ogni disciplina dei gruppi si presenta come una sorta di
vendetta dell’impresa verso il diritto delle società di capitali, quasi una furibonda rivalsa
della vitalità dell’homo oeconomicus sulla regola giuridica formalizzata e precisa che tutto
vorrebbe ridurre all’ordine statico della persona giuridica”81, così in Il fenomeno dei gruppi
ed il diritto societario: un nodo da risolvere, tratto da Aa.Vv., I gruppi di società. Atti del
Convegno Internazionale di Studi sui Gruppi di Società, Venezia, 16-18 novembre 1995,
Milano, 1996, vol. 1, p. 18.
82
Per fluidità di trattazione capiterà qui di seguito di utilizzare il termine <società>,
come spesso si verifica nei testi di dottrina e nondimeno nel linguaggio volgare, per
indicare l’impresa in veste societaria, con la precisazione tuttavia, ora per allora, che si
intenderà sempre e comunque un operatore-azienda che abbia assunto la decisione di
adeguare la propria struttura organizzativa a uno dei tipi sociali legislativamente
disciplinati.
83
E così, tra le altre variabili prese in considerazione ai fini di tale decisione d'impresa,
la variabile fiscale, l’opportunità o meno di potersi servire di strumenti facilmente
trasferibili quali sono le azioni, ovvero ancora la possibilità di poter godere dei vantaggi
derivanti dalla distinzione tra reddito della società e reddito dei soci. Cfr. F. Galgano, Le
società per azioni, Zanichelli, Bologna, 1974, p. 12 e T. Ascarelli, Personalità giuridica e
problemi delle società, in Problemi giuridici, Tomo I, Giuffrè, Milano, 1959, p. 287.
84
Cfr. F. Carnelutti, Valore Giuridico della nozione della azienda commerciale, in
Rivista del diritto commerciale e del diritto generale delle obbligazioni, Francesco
Vallardi, Milano, 1924, A. 22, n. 3 e 4, pt. 1, p. 159, p. 162, ove l’Autore sottolinea che, ai
fini dell’impresa, la veste societaria non acquista rilevanza se non in quanto costituisca uno
strumento per conseguire in termini maggiormente economici i fini dell’istituto.
27
Federico Manfrin
organizzativo, utilizzando diversi strumenti contrattuali, compresa la
possibilità di ricreare con tali rapporti regolamentati di carattere privatistico
lo stesso beneficio della responsabilità limitata riconosciuto alle persone
giuridiche.
La libertà del soggetto economico di potere determinare la forma
giuridico-organizzativa più appropriata è evidente nel momento in cui si
assiste sempre più al superamento del numerus clausus dei tipi societari,
mediante la creazione di forme ibride di società (ad es. società di persone
partecipate da società di capitali) 85 .
Mutatis mutandis, la società “non è altro che la tecnica, una delle varie
tecniche, per l’esercizio di un’impresa” 86 , essendo pertanto possibili forme
diverse dai tipi societari disciplinati dal legislatore. Pare pertanto errato in
premessa disquisire in merito alla causa o all’astrazione dalla causa della
società, considerato che la stessa non è un contratto, bensì solamente “pura
struttura, destinata di volta in volta a servire scopi diversi” 87 . Dunque,
sembra necessario riqualificare la nozione di società, tramutandola da
<supernorma> a scelta di gestione di stampo organizzativo, tutto ciò quale
conseguenza del riconoscimento della neutralità dell’istituto e delle strutture
giuridiche alle quali essa fa riferimento. 88
All’apparenza potrebbe sembrare il già dibattuto problema della
contrapposizione tra statuto e legge, ma qui la prospettiva è radicalmente
diversa: la chiave di lettura cessa di essere la <validità giuridica> e diviene
la <convenienza economica>.
In termini più ampi, nel rapporto tra mercato e regolamentazione, si tratta
di una manifestazione della libertà economica: la scelta della struttura
organizzativa operata sulla base di criteri prettamente aziendalistici 89 . Tra
85
Cfr. G. Ragusa Maggiore, Trattato delle Società, Vol. II. Le società di capitali. La
società per azioni. Formazione delle società per azioni, Cedam, 2003, p. 84, il quale rinvia
per i profili economico-sociali della tipicità delle società a B. Rudden, La teoria economica
contro la Property Law: il problema del numerus clausus, in Riv. crit. dir. priv., 2000, pp.
451 e ss. Si veda infine U. Tombari, La partecipazione di società di capitali in società di
persone come nuovo «modello di organizzazione dell’attività di impresa», in Riv. Soc.,
2006, pp. 188-203.
86
Così G. Ragusa Maggiore, Trattato delle società. Vol. I: Le società in generale. La
società di persone, Cedam, Padova, 2000, p. 108.
87
Così G. Santini, Tramonto dello scopo di lucro nelle società di capitali, in Riv. dir.
civ., 1973, fasc. 2, p. 163.
88
Cfr. in particolare G. Rossi, Impresa pubblica e riforma delle s.p.a., in Riv. soc.,
1971, ove a p. 291 sostiene che la società “come mero fatto organizzativo dell'impresa in
forma collettiva è strumentale, nel significato più ampio del termine, ed è adattabile ai più
svariati contenuti”, e P. Ferro-Luzzi, I contratti associativi, Giuffrè, Milano, 1971.
89
Cfr. G. Fornasiero, Organizzazione e intuitus nelle società, Cedam, Padova, 1984, p.
39, ove l’Autore ricorda che si tratta in particolare di “sottoporre ad analisi parzialmente
diversa l'istituto societario, verificando come esista anche un modo di intendere e vedere la
28
La natura economico-aziendale dell’istituto societario
questi: la dimensione attuale e prospettica della compagine sociale, la
facilità e gli eventuali limiti alla negoziabilità delle partecipazioni, la
preferenza o meno ad attrarre finanziamenti esterni tramite il
riconoscimento della responsabilità limitata, il prevalere dell’importanza del
lavoro o dei capitali per il conseguimento dei fini istituzionali.
Non sono mancati tentativi, velati certo, di limitare tale libertà
riconducendola necessariamente entro i confini del diritto societario.
Si fa riferimento all’ipotesi di ricondurre ogni impresa collettiva ad uno
od altro dei tipi societari previsti dal legislatore. Tale posizione muove forse
dall’estremizzazione di un concetto noto, così espresso da Ferri: “il
godimento dei beni può attuarsi in comune al di fuori di qualsiasi vincolo
negoziale, non l’esercizio di un’impresa; questo non può attuarsi in comune
senza un accordo espresso o tacito” 90 . Ergo –si ipostatizza– un contratto. Da
qui i facili corollari: a) se tale contratto presenta tutti i requisiti del contratto
di società, all’impresa collettiva dovrà essere riconosciuta la qualifica di
società; b) a norma dell’art. 2249 c.c. le società devono costituirsi secondo
uno dei tipi regolati espressamente dal codice; dunque, c) tutte le imprese
collettive possono organizzarsi solamente utilizzando una delle strutture
predisposte dal codice civile e incarnate nel numerus clausus dei tipi sociali.
La conclusione di tale ragionamento, ovvero il riconoscere
l’<obbligatorietà> della struttura societaria per ogni impresa collettiva,
sembra tuttavia rappresentare sia ingerenza troppo marcata nella gestione
delle imprese, sia indebita estensione dell’ipotesi. Per tali ragioni viene qui
osteggiata dal punto di vista economico e della libertà imprenditoriale: la
società è una struttura organizzativa rimessa alla discrezionalità
dell’imprenditore né deve divenire strumento imperativo di politica anche
economica. Tuttavia si rileva come spesso sia proprio quest’ultima la
volontà espressa dal <diritto vivente> (rectius pretorio) in tema di società di
fatto.
La tesi qui difesa, che identifica la società con una scelta di gestione, pare
invece perdere efficacia nelle ipotesi in cui una particolare forma societaria
non sia facoltativa, bensì imperativamente richiesta dall’ordinamento per
l’esercizio di particolari attività.
Si tratta di materie in cui quello ha riconosciuto essere preminente la
difesa di interessi di tipo pubblicistico. Ne è un esempio l’attività bancaria e
di intermediazione finanziaria (istituti di credito, società di gestione del
società commerciale che supera gli aspetti tradizionali, sia in termini culturali che in termini
sociali; la società non più (solo) struttura capitalistica nata dal privilegio di classe, non più
(solo) un mezzo di produzione e di ripartizione di reddito fra determinate classi sociali, ma
uno schema organizzativo per la realizzazione dei più disparati interessi sociali”.
90
Così G. Ferri, Manuale di diritto commerciale, Utet, Torino, 1960, p. 127.
29
Federico Manfrin
risparmio, società di investimento immobiliare, società di assicurazioni,
possono essere costituite solamente in veste di Società per Azioni) 91 . Così
una decisione strategica di natura economica che, in assenza di legge
imperativa, sarebbe rimasta sul piano del merito e affidata alla
discrezionalità dell’imprenditore, diviene scelta obbligata ai sensi
dell’ordinamento statuale.
Sembra pertanto in questi casi che la società cessi di essere scelta di
gestione per divenire struttura organizzativa imposta. Due soluzioni
appaiono prima facie possibili:
a) ammettere, come è frequente in presenza di interventi pubblici
nell’economia, che lo Stato si sostituisca coattivamente
all’imprenditore in particolari momenti della vita dell’impresa;
ovvero
b) riconoscere che nelle prospettate ipotesi l’imprenditore è investito di
una decisione dalla natura complessa, ad un tempo strategica e
gestionale, che abbraccia contemporaneamente la scelta dell’oggetto
sociale e la struttura organizzativa formale interna.
Nella prospettiva aziendalistica la seconda soluzione pare preferibile. La
scelta di produrre e riprodurre redditi e capitali esercitando una particolare
attività economica (con l’obbligo di adeguarsi alle disposizioni imperative
predisposte dall’ordinamento) rimane pur sempre una decisione
discrezionale dell’imprenditore, la quale non è imposta coattivamente
dall’ordinamento giuridico, sebbene quest’ultimo preveda al riguardo norme
coattive limitative della libertà d’azione dello stesso imprenditore.
Si potrebbe peraltro concludere, fermo restando quanto sopra, con una
osservazione ulteriore. Il dubbio e il conflitto anzidetto risultare dal
congiungersi dei due seguenti profili: a) la libertà intangibile
dell’imprenditore nel senso che qui si propone; e tuttavia b) la scelta del
legislatore –progressiva nel tempo e negli Stati, e peraltro mutevole– di
incanalare quella libertà per fini (ritenuti) pubblicistici, in forme appunto
91
Cfr. tra gli altri l’art. 10 del D. Lgs. 1 settembre 1993 n. 385 per gli istituti di credito e
l’art. 5 della legge 10 giugno 1978 n. 295 per le assicurazioni. Si consulti inoltre U. Apice,
Imprenditori e forme di impresa: evoluzione ed innovazioni, in Quaderno n. 94 del
Consiglio Superiore della Magistratura, 1994-1995, pp. 14-15 (estratto): “l’intensa
proliferazione di normative speciali in tema di società ha finito sia per imporre una
determinata veste a certe attività imprenditoriali sia per disciplinare in un certo modo
l’oggetto sociale (società sportive, consorzi, società di leasing e factoring, società
fiduciarie, SIM, ecc.). In tale quadro la trasformazione della società commerciale da
schema contrattuale tipico a mera tecnica di organizzazione dell’impresa era inevitabile.
Del resto, l’indipendenza dell’organismo imprenditoriale è un concetto in espansione in
tutto il mondo (Stati Uniti, Francia, Germania, Danimarca, ecc.) e applicare la tecnica
societaria anche alle iniziative individuali <non fa più gridare all’eresia>”.
30
La natura economico-aziendale dell’istituto societario
maggiormente tutorie dei terzi dal punto di vista strutturale, garantistico,
formalistico 92 .
Una ulteriore annotazione. Si è detto che la società è un complesso di
norme, la cui applicazione è in ultima istanza una scelta di convenienza
economica, una decisione pertanto soggetta alla ponderazione tra costi e
benefici: in altre parole, un mero problema di arbitraggio economico 93 .
In termini generali, i costi sono i vincoli organizzativi ai quali l’impresa
non può sottrarsi una volta adottata una veste societaria (ad esempio, la
presenza di organi deputati ai controlli di gestione), i benefici risiedono
invece, tra gli altri, nella soggettività giuridica, nella possibile riduzione dei
costi di transazione; nella eventuale limitazione di responsabilità.
Con particolare riferimento a quest’ultimo punto, si osservi che
nell’esercizio di attività economiche vige la regola generale della
responsabilità diretta dell’imprenditore per tutte le obbligazioni contratte
nell’esercizio dell’impresa (art. 2740 c.c.) 94 . Per evitare tale effetto,
l’imprenditore può alternativamente a) stipulare specifici contratti con tutti i
terzi che con l’impresa si trovino ad interagire, contratti avente ad oggetto la
limitazione della propria responsabilità nei loro confronti, ovvero b) agire
tramite un’impresa organizzata in veste di società di capitali 95 .
92
Occorre poi ricordare sul punto che, come noto, ogni scelta giuridica cela sempre ab
origine innegabili valenze politiche. Gli operatori economici beneficiano sovente di una
capacità di azione economica strettamente vigilata dalle istituzioni per mezzo del diritto,
divenendo soggetti attivi e passivi degli scambi tra domanda e offerta cui sono sottratti
d’imperio certi gradi di libertà. Cfr. sul tema A. Canziani, I processi competitivi fra
economia e diritto, paper n. 15 del Dipartimento di Economia Aziendale dell’Università
degli Studi di Brescia, settembre 2001.
93
Ovvero, in termini più generali, le norme dispositive del diritto commerciale possono
venire valutate in termini di convenienza economica nel sinallagma tra mezzi (minimi) e
fini (massimi) d’impresa. Ricorda G. Catturi, Lezioni di economia aziendale, Cedam, 1997,
p. 360, che “la struttura legale assegnabile ad una qualunque unità produttiva, in modo che
gli atti di gestione interna ed esterna siano costantemente riconducibili nell’ambito
dell’ordinamento giuridico vigente, non è un fatto scevro di effetti economicoamministrativi”.
94
Cfr. A. Buzzoni Zoccola, Nozione di impresa nell’ordinamento giuridico francese e
rapporti con il diritto comunitario, in La nozione d’impresa nell’ordinamento comunitario
(a cura di P. Verrucoli), Giuffrè, Milano, 1977, p. 303: “in virtù del principio civilistico
dell’indivisibilità ed unicità del patrimonio, che preclude all’imprenditore la destinazione di
una parte separata del proprio patrimonio all’impresa, con la conseguente
indifferenziazione dell’attivo e del passivo commerciali e personali, si arriva
all’affermazione della responsabilità illimitata dell’imprenditore e al riconoscimento
dell’identità tra interesse dell’impresa e interesse dell’imprenditore”.
95
È da rilevare come parte della dottrina economica abbia riconosciuto nei tipi societari
obbligatori per la concessione del beneficio della responsabilità limitata, dei possibili limiti
alla flessibilità e alla dinamica dell’impresa. A tal fine non sono mancate proposte
riguardanti la possibilità di poter istituire enti contrattuali dotati di responsabilità limitata
31
Federico Manfrin
È palese il vantaggio in termini di costi di transazione che si consegue
adottando la seconda soluzione, la quale risparmia all’imprenditore l’onere
di dover contrattare con tutti i terzi (attuali e persino potenziali se si tiene
conto, ad esempio, dei profili di responsabilità che potrebbero insorgere in
capo all’impresa per danni ambientali o per violazione delle norme in
materia di sicurezza dei prodotti) 96 . Inoltre, poiché tutte le società sono
strutture organizzative tradotte in norma giuridica, a tali modelli sono
riconosciuti i vantaggi propri delle provvidenze di legge, in primis la
coercibilità, l’astrattezza e la generalità.
L’imprenditore è pertanto incentivato in questi termini ad adottare una
delle forme legislativamente predisposte di esercizio dell’attività
economica, ovvero un tipo societario. Questi modelli previsti dal legislatore
e <offerti> all’imprenditore includono –quale contropartita dei vantaggi
correlati, principalmente in termini di responsabilità– obblighi per la
protezione dei terzi creditori (capitali minimi e regole particolari in caso di
insolvenza ed eventuale scioglimento), dei terzi che prestano la loro attività
lavorativa a servizio dell’impresa (statuto dei lavoratori), dei terzi che
potenzialmente potrebbero entrare in contatto con l’impresa quali
finanziatori (forme obbligatorie di bilancio), infine degli stessi azionisti di
minoranza che non siano parte del soggetto economico d’impresa, e per tale
ragione incapaci di influenzare la gestione dell’azienda (disposizioni in
merito agli obblighi fiduciari e alla responsabilità degli amministratori).
7. Società e impresa: la natura meta-giuridica dell’impresa societaria
Da quanto precede appare evidente l’insolubile iato tra impresa e società.
La prima dinamico organismo economico, la seconda semplice tecnica
giuridica di gestione della prima. Ma non solo. La sua intrinseca struttura di
complesso di norme, come si vedrà, la rende potenziale strumento
organizzativo formale, in grado di trascendere i confini e gli scopi
dell’impresa.
ma governati interamente da regole statutarie scelte liberamente dalle parti. In queste
ipotesi, il solo onere dell’imprenditore sarebbe informare i terzi della limitazione di
responsabilità dell’impresa, ricadendo viceversa sui terzi l’onere di accertare la solvibilità
dell’ente o di contrattare con questo eventuali garanzie. Cfr. L.E. Ribstein, Limited Liability
Unlimited, George Mason Law and Economics W.P. 98-002, maggio 1998.
96
Il tema è stato trattato da R.H. Coase, The firm, the market and the law, Chicago e
Londra, The University of Chicago Press, 1998. Dalle argomentazioni che qui si
propongono sembra tuttavia errato interpretare la teoresi proposta da Coase quale <natura
economica dell’impresa>, diversamente sarebbe corretto indagarla quale <natura
economica della società>.
32
La natura economico-aziendale dell’istituto societario
Anche la dottrina giuridica più attenta non ha mancato di distinguere i
due momenti, invertendo tuttavia i termini della soluzione rispetto a quanto
viene qui proposto. Sostiene Ragusa Maggiore sul tema:
“Dal coordinamento tra forma e contenuto deriva una
conseguenza fondamentale e cioè che l’impresa appartiene non alla
forma, bensì alla sostanza della società, ma separatamente da questa,
ancorché debba armonizzarsi continuamente con essa, per tutta la
durata dell’esistenza della società” 97 .
Appare pertanto evidente come, nell’interpretazione fatta propria dalla
scienza giuridica, la forma si surroghi alla sostanza. Diversamente, qui si
ribadisce, la società appartiene (e solo eventualmente) alla sostanza
dell’operatore-azienda, mentre ad essere forma, come si avrà modo di
approfondire, è l’organizzazione dell’impresa 98 .
Tale soluzione in materia di società e impresa parrebbe trovare riscontro
nelle parole di Ferrara: “l’una è forma, l’altra l’ente modellato. Se il vasaio
con abile mano lavorando la creta dà ad essa l’impronta di un vaso elegante,
non si dirà che la forma ed il vaso modellato sono la stessa cosa”, eppure,
subito dopo, ricompare la classica forma mentis del giurista, nel momento in
cui l’insigne Autore afferma che “nel nostro caso il vasaio è il legislatore”.
Invero, la decisione di adottare una forma societaria, si ripete, è scelta di
gestione operata dall’impresa, rectius dal soggetto economico di essa.
E ancora. Tra le due opinioni dibattute dalla scienza giuridica, la prima
che vede l’impresa sociale sorgere con il contratto di società, la seconda che
distingue i due momenti della costituzione della società e dell’attività
economica, pare veritiera e condivisibile quest’ultima 99 . Tuttavia, anche in
tale prospettiva, la dottrina giuridica torna erroneamente a ritenere che
97
Così G. Ragusa Maggiore, Trattato delle società. Vol. I: Le società in generale. La
società di persone, Cedam, Padova, 2000, p. 85. La scienza giuridica pecca nel momento in
cui tratta del “soggetto” senza distinguere il soggetto giuridico (centro di imputazione di
rapporti giuridici) dal soggetto economico (imprenditore). Così, citando lo stesso Autore
richiamato all'inizio della presente nota, la conclusione per cui (p. 68) “non può confondersi
il soggetto, che appartiene alla società, con l'esercizio in comune dell'attività che appartiene
all'impresa” appare qui corretta se letta alla luce dei paradigmi dell'economia aziendale,
ovvero intendendo <soggetto> come <soggetto economico>, ma cesserebbe di avere
validità qualora si intendesse il termine quale <soggetto giuridico>.
98
Ricorda P. Onida, Economia d'azienda, Utet, Torino, 1971, p. 132 che, tra gli altri,
“costituiscono problemi di organizzazione, fin dalla prima costituzione dell'azienda, o
successivamente, la scelta della forma da conferire a questa come istituto economicosociale (azienda individuale o di società per azioni o di altra forma)”.
99
Cfr. G. Cottino, Diritto Commerciale, I, 1, Padova, 1993, pp. 204 e ss., il quale
sostiene in particolare che “non si può mai considerare sorta l'impresa, anche collettiva,
prima che sia esercitata”.
33
Federico Manfrin
l’impresa sorga in un momento successivo alla nascita della società:
correttamente invece, come già dimostrato supra, l’impresa sorge e agisce
necessariamente prima del sorgere della società, essendo questa semplice
scelta di gestione della prima 100 .
Più in particolare, la dottrina giuridica 101 sostiene che al momento della
stipula del contratto di società non vi sia ancora esercizio di attività
economica, e che pertanto, ai sensi dell’art. 2082 c.c. sia assente lo stesso
imprenditore, ossia colui che “esercita professionalmente un’attività
economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di
servizi” 102 . Esatta dal punto di vista giuridico, nonché del romanticismo
100
A generare dubbi, interpretazioni discordanti, contenziosi civili, è l'evidente
confusione, causata da testi legislativi spuri, non solamente tra società e impresa, ma anche,
e di più, tra società, impresa e imprenditore. Parrebbe infatti naturale, per fatto notorio,
ritenere che non vi possa essere impresa senza imprenditore. E così è. Parimenti si
riconosce –sia nei termini giuridici che in questo paragrafo si sono contentasti, sia nelle
prospettive aziendalistiche qui proposte in alternativa– che impresa e società sono istituti
diversi. Eppure, e qui sta forse l'origine dell'accennata confusione, ad essere imprenditore
per il diritto è la società: è questa che può o meno, e inevitabilmente solo in un secondo
momento rispetto al suo sorgere, esercitare l'attività d'impresa.
E a supporto di tale discutibile tesi interviene anche il diritto pretorio. Cfr. Cassazione
Civile, sez. I, 10 agosto 1979, n. 4644: “È possibile nel nostro diritto positivo che vi siano
società (diverse dalla società semplice) che non siano anche imprenditori e non esercitino,
quindi, attività commerciale”; Cassazione Civile, sez. I, 10 agosto 1979, n. 4644: “Mentre
la persona fisica acquista la qualifica di imprenditore con l'effettivo svolgimento della
richiesta attività, la società è imprenditore avuto riguardo all'oggetto per la cui realizzazione
è stata costituita (e non all'attività in concreto esercitata). Pertanto, una volta effettuata la
scelta societaria, coloro che l'hanno posta in essere non possono rifiutarsi di soggiacere alle
regole previste per gli imprenditori solo perché l'attività non è stata in concreto esercitata o
è stata esercitata in modo ridotto, oppure perché potevano scegliere altra via giuridica - che
non quella societaria - per lo scopo che si prefiggevano”, in Giust. civ., 1980, I, 2256;
Cassazione Civile , sez. I, 04 novembre 1994 , n. 9084: “Le società aventi ad oggetto
attività commerciale acquistano la correlativa qualità imprenditoriale sin dall'atto della loro
costituzione e sono come tali soggette alla dichiarazione di fallimento, indipendentemente
dall'effettivo esercizio di una attività commerciale”, in Giust. civ., 1995, I, 110.
101
Cfr. G. Ragusa Maggiore, Trattato delle società. Vol. I: Le società in generale. La
società di persone, Cedam, Padova, 2000, p. 113: “Il soggetto unitario società, come
titolare d'impresa e quindi imprenditore consegue al contratto di società, ma per intanto è
un soggetto ipotetico. Esistono, prima, i soggetti contraenti che hanno stipulato il contratto
di società, ma essi non sono i titolari dell'impresa (non lo sono, quando si tratti di società di
capitali, ma non lo sono singolarmente, nel caso di società di persone)”. Si ritiene qui
diversamente che il titolare sia la persona o il gruppo di persone che incarna il soggetto
economico d'azienda; e lo è di certo se ha il potere di scegliere la forma organizzativa
dell'impresa.
102
Così G. Ragusa Maggiore, op. ult. cit., p. 113, che aggiunge poi: “Mentre, la regola è
quella che il soggetto precede le determinazioni della sua volontà, per quanto concerne la
società, si assiste al verificarsi di un usteron proteron in cui il contratto anticipa il
soggetto”; e ancora a p. 118: “In senso copernicano dunque, non è l'impresa che sorge col
34
La natura economico-aziendale dell’istituto societario
giuridico, tale posizione risulta –nella maggior parte dei casi– anti-realistica.
Appare dunque maggiormente veridica, dunque corretta, la posizione
aziendalistica, conformemente alla quale la scelta della forma societaria è
attività di gestione, e pertanto già attività economica 103 .
Inoltre, il fatto che la società sia trasposizione scritta di strutture
organizzative, conseguenti a scelte di gestione dell’impresa, risulta evidente
nel momento in cui si assiste alla sua applicazione anche a strutture non
profit 104 : ciò dà ragione delle disposizioni legislative che consentono oggi
l’utilizzo degli schemi societari per lo svolgimento di attività strettamente
non imprenditoriali in quanto non finalizzate allo scopo di lucro (si
considerino, ad esempio, le mutue assicuratrici e le imprese sociali in forma
societaria 105 ).
Sembrerebbe pertanto corretto svincolare definitivamente la società dalla
necessità dello scopo di lucro dell’impresa sottostante (“al fine di dividere
gli utili” recita l’art. 2247 c.c.), riconducendo la stessa nel più ampio
perimetro zappiano dell’impresa-azienda 106 , ovvero, in prospettiva
giuridica, nei limiti legali di cui all’art. 2082 c.c., per il quale è sufficiente
l’esercizio di un’attività obiettivamente economica e diretta a beneficiare di
un risultato lato sensu utile, e non necessariamente alla sua distribuzione.
8. L’<organizzazione>: forma non solo economica ma altresì giuridica
dell’impresa
Negata alla società l’esclusiva qualifica di veste giuridica dell’impresa,
appare ora doveroso indagare se l’impresa abbia o meno, analizzata sub
soggetto società, ma essa è imputabile alla società dopo che essa è sorta. C'è quindi un
aspetto di causalità efficiente dovuto alla costituzione della società e perciò al contratto, ed
un aspetto d'imputazione derivante dall'impresa, la società è imprenditore ex post”.
103
Altro è poi verificare se l'attività dell'impresa corrisposta o meno all'oggetto sociale
della società: quest'ultimo potrebbe infatti rimanere lettera morta senza tuttavia far perdere
efficacia alle conclusioni sin qui raggiunte.
104
Sembra opportuno in particolare “depurare le società di capitali della loro stessa
cultura capitalistica trasformandole in strumenti organizzativi utilizzabili per tutti gli scopi
come mezzo di organizzazione sociale rivolto alla produzione di beni o servizi”, così G.
Fornasiero, Organizzazione e intuitus nelle società, Cedam, Padova, 184, p. 15. Le società
possono così divenire norme organizzative utilizzabili non solo per imprese.
105
Cfr. D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 155 in attuazione della legge delega n. 118/2005. In
dottrina si consulti G. Bonfante, Un nuovo modello di impresa: l’impresa sociale, in Le
società, n. 8, 2006, p. 929 ove si evidenzia che una delle caratteristiche di fondo “è
rappresentata dal fatto che l'impresa sociale può assumere la veste organizzativa più varia al
punto che si può sostenere che fra tutti i tipi di impresa è quella che sembrerebbe presentare
la maggiore varietà di forme, potendo fare riferimento sia agli enti associativi che a quelli
societari senza apparenti limitazioni di sorta”.
106
Cfr. A. Canziani, Lezioni di economia aziendale, Cedam, Padova, 2007, pp. 12-18.
35
Federico Manfrin
specie juris, una qualche <forma> che possa ricomprendere in una categoria
più ampia alcuni dei fenomeni societari più sopra evidenziati.
Una risposta in tal senso può essere fornita dal testo dell’art. 2238 c.c., il
quale precisa che le disposizioni legislative in materia di impresa sono
applicabili all’esercizio di una professione intellettuale quando questa
costituisca elemento di un’<attività organizzata in forma di impresa> 107 .
È pertanto l’<organizzazione> la categoria logica generale che assurge a
ruolo di forma dell’attività imprenditoriale 108 e che, coerentemente con la
dogmatica codicistica di cui agli artt. 2082 c.c. (attività economica
organizzata) e 2555 c.c. (complesso di beni organizzati), diviene forma
giuridica dell’impresa tout court. La società, a sua volta, conformemente a
quanto più sopra evidenziato, assurge a forma dell’impresa quando il
complesso di norme che la stessa incarna è adottato per configurare
l’organizzazione interna ed esterna dell’operatore-azienda.
In altre parole, la società diviene forma dell’impresa solo se si passa dal
significato giuridico al significato economico del termine, se la prospettiva
di analisi cessa di essere il complesso di norme in sé (statiche e disponibili)
onde riconoscere la portata della scelta di gestione che tale complesso di
norme ha adottato, rendendole effettivamente operanti quale dinamico
strumento economico.
Le norme e gli statuti sono elementi statici, intendimenti organizzativi,
formalismi dell’effettiva organizzazione intesa quale reale operare
economico; altro è l’impresa, organismo economico caratterizzato dalla
dinamica produzione di redditi e capitali 109 , sistema in continua mutazione
morfologica, in continuo divenire nel senso di Schmalenbach, Zappa, P.
Onida e tutti gli altri 110 .
107
Cfr. Cass. 22 luglio 2004, n. 13677: “Anche il professionista intellettuale assume la
qualità di imprenditore commerciale quando esercita la professione nell'ambito di un'attività
organizzata in forma d'impresa, in quanto svolga una distinta e assorbente attività che si
contraddistingue da quella professionale per il diverso ruolo che riveste il sostrato
organizzativo - il quale cessa di essere meramente strumentale - e per il differente apporto
del professionista, non più circoscritto alle prestazioni d'opera intellettuale, ma involgente
una prevalente azione di organizzazione, ossia di coordinamento e di controllo dei fattori
produttivi, che si affianca all'attività tecnica ai fini della produzione del servizio”.
108
Cfr. G. Oppo, Realtà giuridica globale dell’impresa nell’ordinamento italiano, in
Diritto dell'impresa. Scritti giuridici, Vol. 1, Cedam, Padova, 1992. p. 60.
109
Cfr. A. Canziani, Lezioni di economia aziendale, Cedam, Padova, 2007, pp. 109-116;
E.M. Leo, Forma Giuridica e materia economica, Vita e Pensiero, Milano, 1994, passim;
P. Onida, Economia d'azienda, Utet, Torino, 1971, passim.
110
Cfr. D. Galletti, La teoria dell'impresa fra diritto ed azienda, testo della lezione
tenuta presso il Centro Studi e Sperimentazione per l’Innovazione nelle P.A.
dell’Università degli Studi di Verona in data 25 novembre 2005, p. 7: “Nella società poi
possono distinguersi distinti significati specifici dell’organizzazione: c’è un aspetto statico,
insito nel corpus regolatorio che ha sede prevalentemente nell’atto costitutivo, e c’è un
36
La natura economico-aziendale dell’istituto societario
Parte della dottrina giuridica ha poi tentato di individuare nella struttura
societaria una forma di organizzazione di secondo livello, successiva
temporalmente e strutturalmente rispetto all’organizzazione dell’impresa,
per giungere infine a ravvisare nei gruppi di società una forma di
organizzazione di terzo livello 111 . Non pare tuttavia di poter condividere
quest’ultima posizione, che sebbene utile in chiave espositiva non rende
conto dell’unicità dell’impresa. L’impresa-azienda è un’istituzione unitaria,
e unitaria ne è l’organizzazione, soprattutto in forma di gruppo.
Come evidenzia Ferro Luzzi “oggi la società per azioni (e probabilmente
non solo questa) non va tanto studiata come un soggetto-persona giuridica
che esercita un’impresa, quanto piuttosto come un’organizzazione (…)
dell’esercizio, della responsabilità e del finanziamento di impresa” 112 .
Si rileva poi che è proprio l’organizzazione l’elemento unificante dei tipi
societari disciplinati autonomamente dal codice civile, e non la <causa> del
contratto di società: d’altronde è questo un risultato inevitabile una volta che
si sia negata la natura contrattuale dell’istituto societario. Anche limitandosi
infatti allo jus, pare corretto sostenere che “il profilo strutturale ed
organizzativo può quindi diventare momento aggregante e di sintesi fra
schemi contrattuali societari diversi” 113 .
aspetto dinamico, che attende ai meccanismi decisionali, nonché soprattutto di destinazione
del risultato; se il primo aspetto tende a porsi spesso come un mero presupposto
dell’organizzazione d’impresa, nella misura in cui pone la cornice esterna entro cui operare,
senza funzionare diversamente dall’ambiente e dalle altre variabili relativamente
indipendenti, il secondo è quello destinato ad integrarvisi più strettamente.
Ma un punto resta centrale: è organizzazione ex artt. 2082- 2083 non tutto ciò che può
astrattamente servire all’esercizio dell’impresa, bensì solo quello che ha in sé e
compiutamente la capacità di consentirlo. Perciò l’organizzazione specifica della società in
sé e per sé non è organizzazione d’impresa, ma solo un elemento accidentale della stessa,
destinato a svolgere anch’esso un ruolo strumentale”.
111
Così G. Cabras, La forma d’impresa. Organizzazione della gestione nelle società di
capitali, Giappichelli, 1995, p. 23.
112
Così in Riflessioni sulla riforma; I: La società per azioni come organizzazione del
finanziamento di impresa, in Riv. dir. comm., 2005, I, p. 713. Sul punto poi già G. Oppo
ammoniva che "la società è per sé organizzazione della contitolarità di un'attività economia,
imprenditoriale o meno: non altro", in Realtà giuridica globale dell’impresa
nell’ordinamento italiano, in Riv. dir. civ., 1976, fasc. 6, tratto da G. Oppo, Diritto
dell’impresa. Scritti giuridici, Vol. I, Cedam, Padova, 1992, p. 62.
113
Cfr. G. Fornasiero, in Organizzazione e intuitus nelle società, Cedam, Padova, 1984,
p. 19; “così che”, continua l'Autore, “mentre la tipicità dei contratti societari viene
confermata, la funzione sociale degli stessi può essere unificata e resa omogenea attraverso
il momento organizzativo; e ciò senza tornare a visioni unificanti, in chiave pandettistica,
nell'interpretazione delle norme societarie e nell'elaborazione dei principi generali”.
37
Federico Manfrin
Si sottolinea infine giuridicamente l’impossibilità per la società (alias, il
diritto societario) di rappresentare in toto la forma giuridica dell’impresa. In
particolare proprio l’organizzazione giuridica si comporrebbe –in
coordinazione– a) delle norme imperative dettate per il tipo sociale
eventualmente selezionato (quando non legislativamente imposto); b) delle
decisioni organizzative adottate a fronte delle norme dispositive facenti
riferimento al predetto tipo societario; infine, c) delle norme interne
autodeterminate e autoimposte dall’istituzione aziendale, che attengono
all’organizzazione dell’impresa ma che non trovano disciplina e
riconoscimento nelle disposizioni legislative proprie del diritto societario
codificato 114 (inutile sottolineare la rilevanza oggettiva e soggettiva di
quest’ultimo punto).
9. Soggetto economico, soggetto giuridico e negazione del concetto di
società-imprenditore
Si definisce <soggetto giuridico> dell’azienda “la persona nel cui nome
quest’ultima viene esercitata”115 e che assurge a titolare dei diritti e dei
doveri del sottostante ente economico; si qualifica invece <soggetto
economico> la persona o il gruppo di persone che esercitano il supremo
potere volitivo 116 relativamente alla gestione dell’azienda 117 –così
incarnando di fatto la volontà dell’ente economico 118 –, e nel cui prevalente
interesse, di conseguenza, la stessa azienda viene amministrata 119 .
114
A titolo di esempio, dai mansionari dei dipendenti per quanto concerne le forme di
organizzazione interna dell’impresa, alle strutture gerarchiche, funzionali o divisionali per
quanto attiene alle forme di organizzazione esterna.
115
Cfr. P. Onida, Economia d’azienda, Utet, Torino, 1971, p. 21.
116
Subordinatamente soltanto ai vincoli di legge e ad altri vincoli ambientali che
possono variamente delimitare il potere nel governo economico dell’impresa. Cfr. G.
Ferrero, Impresa e management, Giuffrè, Milano, 1987, p. 50.
117
Besta identifica il <soggetto economico> con il soggetto che detiene l’<autorità>,
ovvero “l’impero sovrano sull’azienda, che comprende l’eminente dominio o padronanza di
essa, la libertà piena di deliberare, nei confini del possibile, del lecito e dell’onesto, quanto
può reputarsi espediente alla migliore e più intensa sua vita, e, infine, la podestà assoluta di
far sì che abbiano effetto le deliberazioni prese”; così in Ragioneria generale, Vallardi,
Milano, 1909, Vol. I, p. 11. Si veda inoltre P. Onida, Economia d’azienda, Utet, Torino,
1971, pp. 21 e 43
118
Sovente il soggetto economico coincide con il proprietario del capitale economico,
ma tale requisito non è condizione né sufficiente né necessaria. È poi noto che nelle società
a capitale diffuso o quotate il soggetto economico sia il più delle volte un soggetto o un
gruppo di soggetti che detengono una quota esigua del capitale, ben inferiore al teorico
livello della maggioranza dei voti esercitabili in assemblea. Da qui la possibilità dei soprusi
di quella che altro non è che una minoranza ai danni della maggioranza disgregata. A tale
fenomeno di discrepanza tra la maggioranza dei diritti di voto esercitati e la proprietà della
38
La natura economico-aziendale dell’istituto societario
Al soggetto economico appartengono i frutti dell’impresa (in particolare
gli utili netti), su di lui incidono gli oneri o i costi della stessa, e soprattutto
l’attività decisionale nei suoi riflessi appunto economici, organizzativi e –
come si ricorda– innovativi. Ma tale attività è esercitata nella forma –e
tramite lo schermo– del soggetto giuridico. Al soggetto giuridico
incombono gli obblighi giuridici, con le relative responsabilità, e le
eventuali perdite patrimoniali, siano queste ultime connesse o non connesse
con le predette responsabilità 120 .
Da quanto precede emerge che le società altro non sono se non possibili e
alternativi soggetti giuridici. In capo alle stesse il legislatore riconosce diritti
e doveri: è la società che assume un’obbligazione commerciale, che acquista
un immobile, che risponde dei danni causati dai prodotti o dai servizi da
essa forniti, e così via 121 .
Avviene così che, nelle società, l’unificazione della collettività dei soci
(che si manifesta con l’attribuzione alle stesse di un nome, di una sede, di
un’amministrazione e di una rappresentanza) e l’autonomia patrimoniale del
complesso dei beni destinati alla realizzazione degli scopi sociali (che si
riflette nell’insensibilità, più o meno assoluta, di fronte alle vicende dei soci
e nell’ordine, più o meno rigoroso, imposto ai creditori sociali nella scelta
dei beni da aggredire) costituiscano un congegno giuridico volto a
maggioranza del capitale può contribuire anche la presenza di azioni con diversi e limitati
diritti amministrativi.
119
Cfr. C. Masini, Lavoro e risparmio, Utet, Torino, 1979, p. 41, il quale identifica il
<soggetto economico> con “l’insieme delle persone fisiche nell’interesse delle quali
l’istituto è posto in essere e governato”. L. Azzini, Istituzioni di economia d’azienda,
Giuffrè, Milano, 1982, p. 20, osservava poi come in realtà si <adombrassero> in dottrina
due concetti di soggetto economico: i beneficiari dell’attività d’impresa e coloro che ne
controllano e dominano l’attività. Si consulti infine G. Ferrero, Istituzioni di economia
d’azienda, Giuffrè, Milano, 1968, pp. 47-61.
120
È proprio in tal senso che si parla di assunzione del rischio di impresa come
indefettibile caratteristica della titolarità di questa. Per le reciproche interrelazioni tra
soggetto giuridico e soggetto economico cfr. S. Sarcone, L’azienda. Caratteri dell’istituto –
Soggetti – Economicità, Milano, 1997, pp. 83-84.
121
Soggetto giuridico d’azienda possono essere inoltre, a determinate condizioni, le
associazioni, le fondazioni, gli enti pubblici economici. È importante poi chiarire che il
<soggetto giuridico> è altro da, o forse e meglio non è solamente, la <personalità
giuridica> come ora disciplinata dal vigente diritto commerciale. Cfr. per tutti, in tema di
società di persone, Cassazione civile, sez. I, 24 luglio 1989, n. 3498: “La società in nome
collettivo (regolare), pur non essendo munita di personalità giuridica, costituisce un
autonomo soggetto di diritto, che può essere centro di imputazione di situazioni negoziali e
processuali distinte rispetto alla posizione dei soci, nei confronti sia dei terzi che dei soci
stessi, ed altresì titolare di diritti reali (su beni mobili od immobili) acquisiti in virtù dei
conferimenti o dell’esercizio della capacità negoziale che la disciplina positiva le
consente”.
39
Federico Manfrin
consentire alla eventuale pluralità dei soci un’unitarietà di forme di
azione 122 .
Focalizzando l’attenzione sul soggetto giuridico, si rileva che nelle
aziende individuali questo sarà l’imprenditore persona fisica, mentre nelle
aziende gestite in forma societaria, il soggetto giuridico sarà la stessa società
a seguito –qui sì– di costruzione giuridica, dotata quest’ultima di propria
personalità o soggettività giuridica (o, secondo alcuni Autori, a seguito di
imposizione giuridica attuata per mezzo di norme imperative, zwingende
Rechtsnormen).
Quanto all’influsso dell’ordinamento statuale sul soggetto giuridico, e
quindi sulla forma d’azienda, è noto che questo rappresenta un fattore del
contesto economico nel quale la stessa azienda vive ed opera. Ne consegue,
solitamente, che la forma viene fatta variare in relazione, appunto, ai
cambiamenti dell’ambiente economico d’impresa.
E così –correttamente– la società diviene centro unitario e <formale> di
imputazione giuridica di situazioni soggettive: e questo per mera volontà
legislativa. Il legislatore pare trascendere tuttavia le proprie competenze e
funzioni quando alla società attribuisce altresì la qualifica di imprenditore
(ad esempio in materia fallimentare). Ciò è dovuto in parte a prospettive
speciali, in parte a sedimentazione di precedenti disposizioni codicistiche. Il
codice di commercio del 1882 (art. 8) qualificava infatti tutte le società
come commercianti, ossia imprenditori 123 . Tuttavia, mentre l’interprete del
vigente ordinamento legislativo, obbligato a prendere le mosse dal dettato
della legge, si trova costretto a ricavare la nozione di impresa dalla
definizione di imprenditore di cui all’art. 2082 c.c., le scienze aziendali,
incentrate sulla figura dell’impresa-azienda, muovono da quest’ultima per
indagare la nozione di imprenditore.
Dal punto di vista del diritto vigente, tramite lo strumento della
personalità giuridica le società (oggi solo quelle di capitali) divengono
soggetti distinti dai soci; così che non il soggetto economico, ma questi
122
Così Cassazione civile , sez. I, 5 aprile 2006 , n. 7886.
È noto che la principale innovazione del codice civile de 1942 nell’ambito del diritto
commerciale sia stata il mutarne il principale oggetto di indagine, sostituendo l’atto di
commercio con l’istituto dell’impresa: “Accanto ed in conseguenza cambiava il “sistema”
delle società, anche se nel c.c. del 1942 la presenza, l’immanenza dell’impresa nel nuovo
diritto delle società era forse sfumata, e comunque non immediatamente, facilmente
avvertibile”, così P. Ferro Luzzi, Riflessioni sulla riforma; I: La società per azioni come
organizzazione del finanziamento di impresa, in Riv. dir. comm., 2005, I, p. 674; continua
poi l’Autore, p. 675, criticando i <buoni manuali di diritto commerciale>: “quando poi si
passa ad analizzare le società l’impresa viene dimenticata, concentrandosi allora
l’attenzione soprattutto sul rapporto tra soci, nella virtuosa dialettica
maggioranza/minoranza, e sulla difesa dei creditori sociali, l’impresa emergendo,
comunque marginalmente, in pratica soltanto in tema di bilancio”.
123
40
La natura economico-aziendale dell’istituto societario
nuovi soggetti giuridici dovrebbero, secondo le prevalenti dottrina e
giurisprudenza, venire considerati imprenditori commerciali.
Ma, consapevoli che la natura dei fatti è limite naturale del diritto, le
società non sono forse soggetti giuridici (e per l’attuale ordinamento
imprenditori) solo in senso metaforico? Esse sono infatti disciplinate come
se fossero soggetti giuridici distinti dai soci. Le metafore della societàsoggetto giuridico e della società-imprenditore commerciale servono
soltanto a sintetizzare in modo figurato la peculiare disciplina alla quale il
diritto societario sottopone anzitutto chi, all’interno di una società, svolge la
funzione tipica dell’imprenditore commerciale, funzione che –fuor di
metafora– può essere svolta unicamente dalle persone fisiche che incarnano
il soggetto economico d’azienda.
E la stessa nozione di <imprenditore> non è poi in nuce nozione
economica? Imprenditore è l’innovatore sistematico 124 che assume le
decisioni in nome dell’ente economico. Quello è poi parte costitutiva
dell’impresa-azienda e fuori di essa: è in particolare elemento indispensabile
in quanto al genere, perché non si può dare un’azienda senza che taluno la
eserciti 125 .
Si ritiene qui che la società sia correttamente soggetto giuridico ma non
soggetto economico, e che solo quest’ultimo possa assumere la qualifica di
imprenditore 126 . Richiamando poi la materia fallimentare, si aggiunga che
in termini aziendalistici –nelle società dotate di personalità giuridica– a
fallire non è l’imprenditore (essendo questo il soggetto economico) bensì il
soggetto giuridico (che non è imprenditore).
Tali risultati ben potevano discendere come corollario da quanto
sostenuto in precedenza: se come è evidente non vi può essere impresa
senza imprenditore, e viceversa, e se allo stesso tempo si ammette –come fa
parte della moderna dottrina giuridica 127 – che vi possa essere società senza
impresa, ne discende che la società non può essere imprenditore 128 .
124
Cfr. J.A. Schumpeter, Theorie der wirtschaftlichen Entwicklung: eine Untersuchung
über Unternehmergewinn, Kapital, Kredit, Zins und den Konjunkturzyklus, Duncker &
Humblot, München-Leipzig, 1926.
125
Come ricorda F. Santoro-Passarelli, l’impresa “che pure rimane nella sfera di
disposizione di un titolare, è un organismo autonomo, nel senso che non è legato nella sua
attività, nei suoi attributi, nella sua esistenza alla persona di quel determinato titolare”. Così
in L’impresa nel sistema del diritto civile, in Riv. dir. comm., I, 1942, p. 15 (estratto).
126
Uno è il soggetto cui sono imputabili diritti e doveri, altro è il soggetto che esercita
l’attività: quest’ultimo è l’impresa. Di conseguenza è errato, ad esempio, fare riferimento
all’oggetto della società, poiché solo l’impresa ha un oggetto, e si tratta dunque di
astrazioni, semplificazioni semantiche parlare di società di trasporto, bancaria, di
produzione, e così via.
127
Cfr. G. Ragusa Maggiore, Trattato delle società, Vol. I: Le società in generale. La
società di persone, Cedam, Padova, 2000, passim; F. Farina, Società e impresa, in Giustizia
41
Federico Manfrin
Altro è poi indagare se imprenditore sia la stessa impresa, intesa quale
organismo economico atto a perdurare (teoresi dell’azienda quale
organismo), ovvero le persone fisiche le quali, agendo quali imprenditori,
adottano in nome dell’ente le decisioni il cui complesso rappresenta
elemento costitutivo del sistema aziendale (teoresi dell’azienda quale
sistema). Rinviando tale indagine, si ribadisce comunque che in ogni caso
imprenditore non può essere la società, sia perché come già rilevato essa
non è ente economico, sia perché non è alcuna delle persone fisiche che
agiscono per l’impresa.
Il discorso in realtà dovrebbe necessariamente ricollegarsi alla nozione di
<personalità giuridica>, categoria tanto nota quanto discussa 129 . La
stratificazione legislativa succedutasi a far data dall’emanazione dei primi
codici ottocenteschi ha sovente modificato i concetti di riferimento 130 : ciò
ha reso pressoché impossibile ricostruire una struttura unitaria del sistema. I
legislatori odierni hanno finito così per erigere ordinamenti nei quali solo
civile, 1983 fasc. 10, pp. 3052-3058; L. Farenga, Associazione, società e impresa, in Rivista
del diritto commerciale e del diritto generale delle obbligazioni, 1982 fasc. 1-4, pp. 21-49;
R. Rosapepe, Ancora a proposito della distinzione tra società e impresa, in Giurisprudenza
commerciale, 1981 fasc. 1, pp. 71-83; U. Apice, Imprenditori e forme di impresa:
evoluzione ed innovazioni, in Quaderno n. 94 del Consiglio Superiore della Magistratura,
1994-1995, p. 1 (estratto). Nei fatti è ben possibile, ad esempio, che una società sia
formalmente registrata presso il registro delle imprese ma che concretamente non svolga
alcuna attività economica
128
Da ciò discendono inevitabilmente conseguenze anche in tema di disciplina
fallimentare. Dall’assunto secondo cui la società non può essere imprenditore discendono
due possibili soluzioni che qui non si ha la pretesa di risolvere: o a) si considera
soggettivamente l’impresa come soggetto agente dell’economia e quindi a fallire è sempre e
comunque l’impresa, ovvero b) il fallimento diviene unicamente un processo liquidatorio
nei confronti di un patrimonio esistente o futuro, che a un certo punto e per certe
circostanze viene destinato unicamente al soddisfacimento dei creditori (non occorre la
persona di un soggetto che fallisca, questo è irrilevante per la procedura di liquidazione).
Separano infine, definitivamente, impresa e società e parlano di impresa individuale e
impresa collettiva le sentenze della Corte Costituzionali n. 66 del 12 marzo 1999 e n. 319
del 21 luglio 2000.
129
Cfr. G. Rossi, Persona giuridica, proprietà e rischio d’impresa, Giuffrè, Milano,
1967 e F. d’Alessandro, Persone giuridiche e analisi del linguaggio, in Studi in Memoria di
Tullio Ascarelli, Vol. I, Giuffrè, Milano, 1969, pp. 241-343.
130
La personalità giuridica è stata da sempre attribuita nei diversi ordinamenti nazionali
sulla base di scelte discrezionali, forse dettate dalla preferenza accordata da talune posizioni
di dottrina, di certo mai fondata su oggettive basi teoretiche. E così ad esempio,
l’ordinamento francese riconosce la personalità giuridica alle società civili, negata
viceversa dalla legislazione belga. Nondimeno lo stesso fenomeno si manifesta in common
law ove, ad esempio, le partnership beneficiano della personalità giuridica ai sensi
dell’ordinamento inglese, ma non dell’ordinamento scozzese. Cfr. sul punto G. Cottino, La
società per azioni, in Novissimo Digesto Italiano (estratto da), Utet, Torino, 1972, p. 6.
42
La natura economico-aziendale dell’istituto societario
alcune attività economiche possono qualificarsi imprese, solo alcune
imprese possono essere società, solo alcune società possono essere persone
giuridiche.
È anche da tali scelte legislative che è sovente derivato il dibattito
economico-aziendale –non scevro di concezioni economiciste– in tema di i)
soggetti organizzativamente decisori (alias, soggetti economici) e ii)
soggetti patrimonialmente responsabili (alias, soggetti giuridici).
Concludendo, l’istituto societario non deve venire indagato in chiave
meramente giuridico-formale, quale creazione del diritto più o meno fedele
alla natura economica sottostante (quello costituendo semplicemente un
complesso di norme atte a definire una struttura organizzativa, che
normalmente muta al mutare del sistema di vincoli endogeni ed esogeni che
condizionano l’esercizio dell’attività economica), ma deve venire trattato in
chiave teleologica, quale strumento a disposizione del soggetto economico
d’impresa.
È tale soggetto che dovrà i) valutare l’opportunità di utilizzare lo
strumento societario –rectius uno specifico strumento societario– per
alternativizzare conseguenze economiche, ii) nella consapevolezza che ogni
tipo societario è un mero sistema più o meno aperto di libertà e di vincoli
economici espressi in forma normativa, iii) ricorrendo dunque alla gestione
per adattare tale sistema alle necessità di sviluppo delle combinazioni
produttive nonché delle coordinazioni lucrative d’azienda 131 .
131
Cfr. F. Superti Furga, Proposizioni per una teoria positiva del sistema d’impresa,
Giuffrè, Milano, p. 79: “L’attività di gestione che continuamente ristruttura la
combinazione dei processi e tende a modificare il sistema di vincoli è essenzialmente
innovatrice e come tale costituisce l’attività imprenditoriale”.
43
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La natura economico-aziendale dell’istituto societario
Sarcone S., L’azienda. Caratteri dell’istituto – Soggetti – Economicità, Giuffrè,
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Zappa G., Le produzioni nell’economia delle imprese, Tomo I, Giuffrè, Milano,
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49
50
DIPARTIMENTO DI ECONOMIA AZIENDALE
PAPERS PUBBLICATI DAL 2005 AL 2008 ∗ :
41- Monica VENEZIANI, Effects of the IFRS on Financial Communication in Italy:
Impact on the Consolidated Financial Statement, gennaio 2005.
42- Anna Maria TARANTOLA RONCHI, Domenico CERVADORO, L’industria
vitivinicola di Franciacorta: un caso di successo, marzo 2005.
43- Paolo BOGARELLI, Strumenti economico aziendali per il governo delle aziende
familiari, marzo 2005.
44- Anna CODINI, I codici etici nelle cooperative sociali, luglio 2005.
45- Francesca GENNARI, Corporate Governance e controllo della Brand Equity
nell’attuale scenario competitivo, luglio 2005.
46- Yuri BIONDI, The Firm as an Entity: Management, Organisation, Accounting, agosto
2005.
47- Giuseppe BERTOLI, Bruno BUSACCA, Luca MOLTENI, Consumatore, marca ed
“effetto made in”: evidenze dall’Italia e dagli Stati Uniti, novembre 2005.
48- Pier-Luca BUBBI, I metodi basati sui flussi: condizioni e limiti di applicazione ai fini
della valutazione delle imprese aeroportuali, novembre 2005.
49- Simona FRANZONI, Le relazioni con gli stakeholder e la responsabilità d’impresa,
dicembre 2005.
50- Francesco BOLDIZZONI, Arnaldo CANZIANI, Mathematics and Economics: Use,
Misuse, or Abuse?, dicembre 2005.
51- Elisabetta CORVI, Michelle BONERA, Web Orientation and Value Chain Evolution
in the Tourism Industry, dicembre 2005.
52- Cinzia DABRASSI PRANDI, Relationship e Transactional Banking models, marzo
2006.
53- Giuseppe BERTOLI, Bruno BUSACCA, Federica LEVATO, Brand Extension &
Brand Loyalty, aprile 2006.
54- Mario MAZZOLENI, Marco BERTOCCHI, La rendicontazione sociale negli enti
locali quale strumento a supporto delle relazioni con gli Stakeholder: una riflessione
critica, aprile 2006
55- Marco PAIOLA, Eventi culturali e marketing territoriale: un modello relazionale
applicato al caso di Brescia, luglio 2006
56- Maria MARTELLINI, Intervento pubblico ed economia delle imprese, agosto 2006
57- Arnaldo CANZIANI, Between Politics and Double Entry, dicembre 2006
58- Marco BERGAMASCHI, Note sul principio di indeterminazione nelle scienze sociali,
dicembre 2006
59- Arnaldo CANZIANI, Renato CAMODECA, Il debito pubblico italiano 1971-2005 nell'apprezzamento economico-aziendale, dicembre 2006
60- Giuseppina GANDINI, L’evoluzione della Governance nel processo di trasformazione
delle IPAB, dicembre 2006
61- Giuseppe BERTOLI, Bruno BUSACCA, Ottavia PELLONI, Brand Extension:
l’impatto della qualità relazionale della marca e delle scelte di denominazione, marzo
2007
62- Francesca GENNARI, Responsabilità globale d’impresa e bilancio integrato, marzo
2007
63- Arnaldo CANZIANI, La ragioneria italiana 1841-1922 da tecnica a scienza, luglio
2007
∗
Serie depositata a norma di legge. L’elenco completo dei paper è disponibile al
seguente indirizzo internet http://www.deaz.unibs.it
51
64- Giuseppina GANDINI, Simona FRANZONI, La responsabilità e la rendicontazione
sociale e di genere nelle aziende ospedaliere, luglio 2007
65- Giuseppe BERTOLI, Bruno BUSACCA, Ottavia PELLONI, La valutazione di
un’estensione di marca: consonanza percettiva e fattori Brand-Related, luglio 2007
66- Marco BERGAMASCHI, Crisi d’impresa e tecnica legislativa: l’istituto giuridico
della moratoria, dicembre 2007.
67- Giuseppe PROVENZANO, Risparmio…. Consumo….questi sconosciuti !!! , dicembre
2007.
68- Elisabetta CORVI, Alessandro BIGI, Gabrielle NG, The European Millennials versus
the US Millennials: similarities and differences, dicembre 2007.
69- Anna CODINI, Governo della concorrenza e ruolo delle Authorities nell’Unione
Europea, dicembre 2007.
70- Anna CODINI, Gestione strategica degli approvvigionamenti e servizio al cliente nel
settore della meccanica varia, dicembre 2007.
71- Monica VENEZIANI, Laura BOSIO, I principi contabili internazionali e le imprese
non quotate: opportunità, vincoli, effetti economici, dicembre 2007.
72- Mario NICOLIELLO, La natura economica del bilancio d’esercizio nella disciplina
giuridica degli anni 1942, 1974, 1991, 2003, dicembre 2007.
73- Marta Maria PEDRINOLA, La ristrutturazione del debito dell’impresa secondo la
novella dell’art 182-bis L.F., dicembre 2007.
74- Giuseppina GANDINI, Raffaella CASSANO, Sistemi giuridici a confronto: modelli di
corporate governance e comunicazione aziendale, maggio 2008.
75- Giuseppe BERTOLI, Bruno BUSACCA, Michela APOSTOLO, Dominanza della
marca e successo del co-branding: una verifica sperimentale, maggio 2008.
76- Alberto MARCHESE, Il ricambio generazionale nell’impresa: il patto di famiglia,
maggio 2008.
77- Pierpaolo FERRARI, Leasing, factoring e credito al consumo: business maturi e in
declino o “cash cow”?, giugno 2008.
78- Giuseppe BERTOLI, Globalizzazione dei mercati e sviluppo dell’economia cinese,
giugno 2008.
79- Arnaldo CANZIANI, Giovanni Demaria (1899-1998) nei ricordi di un allievo, ottobre
2008.
80- Guido ABATE, I fondi comuni e l’approccio multimanager: modelli a confronto,
novembre 2008.
81- Paolo BOGARELLI, Unità e controllo economico nel governo dell’impresa: il
contributo degli studiosi italiani nella prima metà del XX secolo, dicembre 2008.
82- Marco BERGAMASCHI, Marchi, imprese e sociologia dell’abbigliamento d’alta
moda, dicembre 2008.
83- Marta Maria PEDRINOLA, I gruppi societari e le loro politiche tributarie: il dividend
washing, dicembre 2008.
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ARTI GRAFICHE APOLLONIO
cp 21x297 paper 84.qxd:cp 21x297 paper 83.qxd 02/02/09 14:53 Pagina 1
Università degli Studi
di Brescia
Dipartimento di
Economia Aziendale
Federico MANFRIN
LA NATURA
ECONOMICO-AZIENDALE
DELL’ISTITUTO SOCIETARIO
Paper numero 84
Università degli Studi di Brescia
Dipartimento di Economia Aziendale
Contrada Santa Chiara, 50 - 25122 Brescia
tel. 030.2988.551-552-553-554 - fax 030.295814
e-mail: [email protected]
Dicembre 2008
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