Il Forestale n. 76 60 pagine 8-10-2013 17:46 Pagina 52 UN UOMO UNA PIANTA Johann Gottlieb Gleditsch Linneo e la Gleditschia triacanthos L. “Chi trova un amico trova un tesoro” così avrà pensato Carlo Linneo quando nel 1740, addolorato dalla grave disputa con il botanico russo J.G. Siegesbeck (che ingiustamente aveva attaccato il suo “sistema sessuale” di classificazione delle piante) trovò a difenderlo il suo amico e corrispondente tedesco Johann Gottlieb Gleditsch con la pubblicazione “Consideratio epicriseos Siegesbeckianae in Linnaei systema plantarum sexuale et methodum botanicam huic superstructam”, un gesto amichevole che Linneo ricambierà nel 1753 quando nel suo “Species Plantarum” dedicherà al botanico tedesco, che allora aveva 39 anni ed era già uno stimato professore di Medicina e Botanica nonché direttore dell’Orto Botanico di Berlino, il nome dell’albero del quale ci occupiamo oggi: la Gleditsia triacanthos L. Johann Gottlieb Gleditsch nasce a Lipsia (Leipzig) il 5 Febbraio del 1714, la stessa città dove compie i suoi studi di filosofia e medicina all’Università dal 1729 al 1735 e dove ottiene il dottorato nel 1732. Allievo del ben famoso medico e naturalista Johann Ernst Hebenstreit, nel 1744 diventa membro dell’Accademia delle Scienze di Berlino, un anno fortunato visto che è lo stesso del suo matrimonio con Anna Teodora Waltherinn, una moglie e compagna di vita dalla quale avrà sette figli, (quattro maschi, due dei quali muoiono giovani, e tre figlie). Nel 1746 viene nominato secondo professore di Anatomia, Botanica e Materia Medica al Collegio Medico Chirurgico di Berlino e direttore dell’Orto Botanico di Berlino (che allora si trovava nella zona di Kleistpark, tra il 1897 e il 1910 fu invece spostato dove si trova oggi in Königin-Luise-Platz ed è diventato nel tempo l’Orto Botanico più grande d’Europa) città nella quale continuerà ad abitare fino al giorno della sua morte avvenuta il 5 Ottobre del 1786 all’età di 72 anni. Autore di numerosi testi di botanica e di nuovi nomi di piante (tra le altre l’Ulmus carpinifolia Gled. e l’Acer cappadocicum Gled.) oltre al nome della Gleditsia gli è stata dedicata una via nel quartiere di Berlino, Gleditschstraße (nel quartiere di Schöneberg, lo stesso dove si trovava l’antico Orto botanico e dove è nata Marlene Dietrich) e il nome di un una rivista botanica “Gleditschia” L’importanza del suo lavoro va ricordata: per i suoi studi sulla sessualità delle piante; il ruolo degli insetti nell’impollinazione; l’influenza dei fattori climatici sulle piante; la creazione delle basi scientifiche per lo sviluppo delle scienze forestali in Germania. 52 - Il Forestale n. 76 Il Forestale n. 76 60 pagine 8-10-2013 17:46 Pagina 53 UN UOMO UNA PIANTA Appartenente alla famiglia delle Caesalpiniaceae, la Gleditsia triacanthos, è un albero deciduo originario degli Stati Uniti centro orientali. Nel nome della specie triacanthos (tre spine, dal greco “àkantha” spina) Linneo volle sottolineare la sua peculiarità di aver il tronco ed i rami irti di spine. Queste spine (in realtà rami trasformati che l’albero sviluppa da gemme situate sul tronco e sui rami per difendersi dai predatori erbivori) nel passato venivano utilizzate come chiodi, sono affilate e con tre punte sul tronco principale, mentre sui rami variano: soffici e verdi quando l’albero è giovane; dure e rosse in piena attività vegetativa; grigie e fragili a maturità. Spine che ritroviamo anche nel nome con il quale comunemente viene chiamato in Italia Spinacristi o Spino di Giuda, e questo per la leggenda (priva di storicità, visto che l’albero è americano) che con i suoi rami si sia realizzata la corona di spine portata da Gesù nel Calvario. Importato come albero ornamentale prima in Europa, a Parigi agli inizi del Settecento, e poi in Italia a metà del Settecento all’Orto Botanico di Padova (la prima segnalazione è del 1760, mentre nel 1772 c’è quella che riguarda la varietà “Inermis” senza spine), successivamente si è poi inselvatichito e similmente alla Robinia è stato utilizzato per fissare i terreni di ripa o le scarpate delle ferrovie, andando così nel tempo a comportarsi da pianta invasiva. Particolare è, infatti, la sua resistenza a condizioni climatiche ed edafiche più disparate. Resiste al vento e alla salsedine (per questo viene utilizzato nelle alberate in zone costiere) e alle basse temperature (anche – 30 ° C). Tollera condizioni urbane ostili (quali smog e inquinamento) e vive in suoli poveri e compatti, alcalini ed aridi, per la presenza di spine è albero ideale per creare siepi fitte e impenetrabili. Albero a crescita rapida, può raggiungere anche i trenta metri di altezza e ha una vita relativamente breve, massimo centocinquanta anni. Fevier d’Amerique è il suo nome francese, Mc Connel’s curse quello australiano, mentre Honey locust è quello americano. Il suo frutto è botanicamente un lomento (un legume, frutto secco contorto indeiscente, che a maturità si divide in vari segmenti contenenti un seme ciascuno, con semi ovali compressi alloggiati in un mesocarpo dolciastro) che può essere lungo anche quaranta centimetri e si differenzia da quello simile del carrubo (il Ceratonia siliqua L. anch’esso in inglese chiamato locust) proprio per essere più lungo e con i bordi sporgenti. In inverno dopo che le foglie sono cadute spesso i frutti rimangono sull’albero rendendolo facilmente riconoscibile per poi cadere interi. I fiori, ermafroditi o unisessuali sono bianchi verdastri, mentre le foglie, alterne e paripennate si distinguono in due tipi : semplici e pennate quelle che si sviluppano all’inizio della stagione vegetativa sui ramuli di accrescimento e sui polloni, bipennate sui rami adulti e sterili, particolare poi è la tonalità gialla molto gradevole che acquistano in autunno. Oltre alla Gleditsia triacanthos ci può capitare di incontrare nelle alberate urbane altre specie (con le quali spesso si confonde): la Gleditsia japonica Miq. ; la Gleditsia caspica Desf. (lo Spino di Giuda persiano) e la Gleditsia triacanthos ‘Inermis’ senza spine e con frutti più brevi bruno-rossastri. Due ultime curiosità, gli Indiani d’America usavano la polpa dolciastra del frutto fermentato della Gleditsia per fare una bevanda simile alla birra, mentre i suoi semi tostati possono essere utilizzati come succedaneo del caffè. Antimo Palumbo Il Forestale n. 76 - 53