SINFONIA Composizione per orchestra in quattro tempi. Il termine sinfonia (dal greco συμφωνία symphōnía, composto da σύν = "con, insieme", e φωνή = "suono") ha avuto, nella storia della musica, vari significati; in particolare ha indicato diverse forme musicali. L'accezione più comune della parola deriva dall'uso tardo settecentesco del classicismo viennese e della scuola di Mannheim, secondo il quale la Sinfonia è un brano orchestrale composto di più movimenti, di proporzioni abbastanza ampie e articolati secondo procedimenti formali ben precisi. Si basa sulla cosiddetta forma-sonata. I movimenti della sinfonia classica sono generalmente quattro, allegro, adagio, minuetto, finale: • Un movimento Allegro, strutturato secondo la canonica forma-sonata, con un fondamentale bitematismo e la classica tripartizione esposizione-sviluppo-ripresa. Esso è spesso preceduto da una breve introduzione in tempo lento. • Un movimento lento, la cui struttura può variare; le forme più impiegate sono la Romanza, il tema e variazioni e il rondò, sebbene con Mozart inizino ad esserci esempi di forma-sonata (ad esempio nella Sinfonia K 551). • Un minuetto, in tempo moderato, che costituisce in genere il movimento più breve della sinfonia. A partire da Beethoven esso viene sempre più spesso sostituito da uno scherzo. • Un movimento rapido, in forma-sonata o di rondò. Il primo e l'ultimo movimento sono quasi sempre nella stessa tonalità (che è per definizione quella dell'intera sinfonia), mentre per i movimenti centrali è presente una variabilià notevole; se la tonalità d'impianto è minore, il movimento lento è molto spesso nel relativo maggiore, mentre se la sinfonia è basata sul modo maggiore esso è di solito nella tonalità della dominante o della sottodominante. Talvolta la sequenza tra i due movimenti centrali, tempo lento e scherzo, risulta invertita. Le eccezioni a questo schema diventano sempre più frequenti a partire da Beethoven, ma esso rimane comunque un riferimento importante fino alla metà del XX secolo, come ci dimostrano Mahler, Prokofiev e Shostakovic. SONATA Composizione per strumento solista Sonata (dal latino sonare) nel campo musicale significa principalmente un brano eseguito da strumenti, in opposizione alla cantata (dal latino cantare), che sta ad indicare un brano interpretato anche da voci. Il termine, pur nella sua vaghezza, si è naturalmente evoluto attraverso la storia della musica, designando una varietà di forme musicali precedenti all'era classica. Avrà un'importanza sempre maggiore nel periodo classico, e all'inizio del XIX secolo veniva utilizzato per definire opere compositive le più diverse, e poteva venire applicato alla maggior parte dei generi musicali, riducendo l'uso della fuga come metodo fondamentale di organizzazione, interpretazione e analisi della musica da concerto. Nel XX secolo la parola continuò ad essere applicata alle opere strumentali, ma i principi formali enunciati e insegnati nel secolo precedente s'erano oramai indeboliti o allargati. La sonata barocca 1 Al tempo di Arcangelo Corelli, due tipi polifonici di sonata erano già ben definiti: la sonata da chiesa e la sonata da camera. La sonata da chiesa, in genere per uno o due violini e basso continuo, consisteva normalmente di una introduzione lenta, un allegro in forma fugata, un movimento lento cantabile e un finale allegro in una qualche forma binaria come a suggerire un'affinità con i brani danzabili delle suites. Questo schema, comunque, non è chiaramente definito, fino alle opere di Johann Sebastian Bach e Georg Friedrich Händel, quando divenne la sonata per eccellenza e persiste come tradizione nella musica italiana per violino fino ai primi del XIX secolo nelle opere di Boccherini. La sonata da camera consisteva quasi interamente di pezzi danzabili stilizzati. Al tempo di Bach e Händel era, da un lato, diventata interamente un corpo separato dalla sonata ed era conosciuta come la suite, la partita, l'ordine o, nel caso avesse un preludio nella forma di un'opera francese, l'ouverture. D'altro canto, le caratteristiche delle sonate, da chiesa o da camera che fossero, erano liberamente interdipendenti. Anche Bach, che pure non ha usato queste definizioni, manterrà le due tipologie così distinte da poter essere riconosciute dallo stile e la forma. Di conseguenza, tra le sue sei sonate per violino solista, le numero 1, 3 e 5 sono sonate da chiesa, le numero 2, 4 e 6 sono chiamate partite, ma sono accettabili tra le sonate in quanto sonate da camera. Il termine sonata è applicato anche alla serie di oltre 500 opere per clavicembalo solo di Domenico Scarlatti. Questi pezzi sono formati di un solo movimento, comprendente due parti che sono comunque nello stesso tempo e usano lo stesso materiale tematico. Virtuosismi sono frequenti e questi brani vengono ammirati per la loro varietà e inventiva. La sonata nell'era classica Il notevole utilizzo della sonata nell'era classica sarebbe stato decisivo per questa forma musicale, tramutandola da semplice termine musicale all'essere considerata una forma fondamentale di organizzazione per opere su larga scala. Questa evoluzione prese, in ogni caso, 50 anni. Si applicherà sia alla struttura dei movimenti , che all'"impaginazione" dei movimenti in un lavoro che ne abbia più di uno. Nella transizione al periodo classico molti nomi designavano le opere con più di un movimento, ad esempio "divertimento", "serenata" e "partita", e molti di questi sono ora raggruppati sotto il nome di "sonata". L'utilizzo di "sonata" come termine standard per queste opere è databile agli anni '70 del XVIII secolo. Haydn etichetta la sua prima sonata per piano come tale nel 1771, dopo di cui il termine "divertimento" è usato molto raramente con questa eccezione: sonata viene crescentemente applicato sia a un'opera per piano solista, o per piano e un altro strumento, spesso violino o violoncello. Fu sempre meno frequentemente applicato ad opere eseguite da più di due strumenti: ad esempio terzetti per piano non vennero più così spesso definiti sonate per piano, violino e violoncello. Inizialmente la struttura più comune era: • Allegro - che ai tempi non era inteso semplicemente come andamento, ma indicava anche l'importanza di un certo grado di elaborazione del tema. (Vedi The Classical Style, di Charles Rosen) • Un movimento centrale che era, frequentemente, un movimento lento, cioè un andante o largo, o, anche ma più raramente, un minuetto. Può essere in forma di tema e variazioni. • Un movimento di chiusura, nel primo periodo alcune volte un minuetto, come nelle prime 3 sonate per piano di Haydn, ma successivamente in genere un allegro, o un presto e spesso chiamato finale. Poteva essere anche un rondò. C'è anche Haydn che ne fa uso, verso gli anni '90 del Settecento, la sonata in due movimenti, oltre a quattro movimenti nel primo periodo classico, con un movimento danzabile inserito prima del movimento lento come nelle sonate n. 6 e n. 8 di Haydn stesso. Delle opere da lui definite sonate, divertimenti o partite, in Hob XIV, 7 sono divise in 2 movimenti, 35 lo sono in 3, e altre 4 sono composte di 4 parti: inoltre di svariate composizioni in 3 e 4 movimenti l'autenticità è dubbiosa. Le sonate di Mozart sarebbero anch'esse principalmente composte di 3 movimenti, mentre compositori 2 come Boccherini pubblicheranno sonate per piano e strumenti obbligati con un terzo movimento facoltativo (nel caso di Boccherini, si tratta di 28 sonate per violoncello). Ma sempre più opere strumentali venivano prodotte in 4, e non 3, movimenti, una pratica ascoltata la prima volta nei quartetti d'archi e nelle sinfonie, e che arrivò alla sonata nelle prime opere di questo tipo di Beethoven. Ad ogni modo, le sonate in 2 o 3 movimenti continuarono ad essere composte durante l'era classica: l'opera 102 di Beethoven è composta da una sonata in due movimenti in Do maggiore e un'altra in 3 movimenti in RE maggiore. La struttura in 4 movimenti era a questo punto lo standard per i quartetti d'archi e definitivamente il tipo più comune di sinfonia. La struttura quindi è: • un allegro, che a questo punto si sviluppa in quella che viene chiamata forma sonata, completa di introduzione, sviluppo e ricapitolazione. • un movimento lento, sia esso andante, adagio o largo. • un movimento danzabile, un minuetto o, sempre più frequentemente, uno scherzo. • un finale con un'andatura più veloce, spesso in una forma più "morbida" di un allegro. Questa struttura in quattro movimenti fu presto considerata lo standard per le sonate, e le opere con strutture diverse vennero presto viste come eccezioni, ed etichettate come aventi movimenti "omessi" o "extra". L'uso sarebbe stato notato dai critici all'inizio dell'800 e codificato ben presto dalla didattica musicale. È difficile sorvolare sull'importanza della produzione di sonate di Beethoven, 32 per piano, oltre a quelle per violino o violoncello uniti al piano stesso, che formano un enorme corpo musicale che verrà, nei tempi a seguire, sentito sempre più come essenziale per ogni strumentista che desideri diventare un maestro. QUARTETTO Composizione per quartetto d'archi Come forma, esso si sviluppa nel quadro dello stile galante e sotto l'influenza del divertimento verso la metà del XVIII secolo. Ha come origine il raggruppamento degli strumenti a corda in seno all'orchestra, lasciando i contrabbassi doppiare i violoncelli. Luigi Boccherini è stato recentemente riconosciuto quale padre (assieme ad Haydn) del moderno quartetto per archi. Sin dalle sue prime composizioni di questo genere si notano la perizia di scrittura, la parità di importanza fra le quattro voci e il deciso ruolo concertante del violoncello, strumento del quale egli era un abile virtuoso. A partire da Franz Joseph Haydn (autore di 83 quartetti) e da Wolfgang Amadeus Mozart, il quartetto diviene il genere più in voga nel repertorio della musica da camera. La struttura sposa d'ora in avanti un modello destinato a tradursi in un canone formale, benché messo ripetutamente in discussione (ad esempio nell'opera 131 di Ludwig van Beethoven). Un quartetto è solitamente strutturato nella seguente maniera: • 1° movimento: un tempo in forma-sonata. • 2° movimento: un adagio, che può avere la forma musicale di un lied, di un movimento lento, di tema e variazioni o una semplice struttura A-B-A. • 3° movimento: un minuetto con trio, oppure uno scherzo (che venne introdotto da Beethoven). • 4° movimento: un rondò nelle sue varie forme. Il successo del quartetto d'archi si basa su aspetti sonori e sociologici. Il contrappunto con quattro parti permette di far sentire tutte le armonie senza superflui raddoppi. Il quartetto permette inoltre 3 una grande omogeneità di timbro e l'equivalenza delle voci nel lavoro di contrappunto. Il quartetto è fortemente apprezzato dai compositori romantici. Resta sinonimo di sforzo, concentrazione e rigore. Durante tutto il XIX secolo è una specificità tedesca e, in minima parte (soprattutto verso la fine del secolo), anche francese. Esistono anche eccezioni, come ben testimonia la presenza di un quartetto nel catalogo delle opere di Giuseppe Verdi. Beninteso, i compositori segnati dall'estetica wagneriana del Gesamtkunstwerk (opera d'arte totale), dalla musica a programma (Hector Berlioz e Franz Liszt), oppure dal cromatismo e dalla potenza orchestrale di Wagner (Anton Bruckner, Gustav Mahler e Richard Strauss) si disinteressano totalmente del quartetto come stile musicale. All'inizio del XX secolo il quartetto è, per alcuni compositori (Claude Debussy, Arnold Schönberg, Alban Berg, Anton Webern, Maurice Ravel e Béla Bartók), analogo alla sperimentazione, alla tappa nella ricerca di un ideale in campo di composizione musicale, a tal punto che il critico musicale Dominique Jameux parla di "laboratorio delle forme". Il quartetto di Gabriel Fauré (scritto nel 1924) è l'opera di un musicista desideroso di ultimare la sua lunga carriera di compositore con un capolavoro di purezza ed ascetismo. Si tratta in questi ultimi casi di opere essenzialmente isolate anche se di un'importanza spesso capitale nella storia della musica. CONCERTO 1. Composizione strumentale generalmente concepita per orchestra e strumento solista. Più raramente si incontrano due o più strumenti solistici: in questo caso spesso si parla di Sinfonia concertante. Si articola in 3 movimenti, il primo dei quali strutturato praticamente sempre in forma-sonata e di andamento mosso. Il secondo movimento è lento ed espressivo mentre il terzo e ultimo movimento è veloce. Il C. ha, nella stragrande maggioranza dei casi, una tendenza al virtuosismo nella parte solistica; tendenza che ha generato l'uso di interpolare all'interno dei movimenti sezioni solistiche definite cadenze (3), nelle quali il solista dà prova delle proprie capacità tecniche. 2. C. è anche il termine utilizzato per indicare un'esecuzione musicale pubblica. Etimologia L'origine del termine Concerto, ha sempre suscitato discussioni tra i musicologi. Già nel Cinquecento la parola veniva fatta risalire a due diverse parole latine: la prima concertatum (dal verbo concertare, cioè combattere, gareggiare) e la seconda da consertum (dal verbo conserere, traducibile con intrecciare, annodare, ma anche in alcuni contesti, con litigare). Nel 1619 Michael Praetorius sostenne l'etimologia che dava l'idea del combattimento, dello scontro tra due entità strumentali distinte, sia per numero che per sonorità. In epoca moderna, H. Daffner, ha invece sostenuto la prima accezione del verbo conserere, evidenziando così il carattere di dialogo, di intreccio, che caratterizza effettivamente lo stile concertante. Generalmente la prima ipotesi viene considerata come la più valida, trovando ancora oggi i maggiori riscontri. CADENZA VIRTUOSISTICA Sezione solistica del concerto nella quale l'orchestra non suona (in partitura è segnalato a volte con l'indicazione latina tacet) ed il solista esegue un passo dichiaratamente virtuosistico. In passato 4 queste sezioni potevano essere improvvisate estemporaneamente o essere composte da un autore diverso da quello del concerto. Beethoven ha scritto ad esempio cadenze per concerti di Mozart. FORMA-SONATA Il termine forma-sonata (anche allegro di sonata o, più di rado in Italia, forma del primo movimento) si riferisce a una particolare organizzazione del materiale musicale all'interno di un singolo movimento (generalmente, ma non esclusivamente, il primo) di una sonata, sinfonia (anche d'opera), concerto, quartetto o altro pezzo di musica da camera. La struttura della forma-sonata viene solitamente definita come bitematica tripartita. La tripartizione comprende la sezione di Esposizione (a volte preceduta da una Introduzione), quella di Sviluppo e infine la Ripresa (a volte seguita da una Coda). Lo schema riassuntivo (incluse le ulteriori suddivisioni all'interno delle sezioni) si presenta così: Introduzione (eventuale) Esposizione Sviluppo Ripresa • • • • Primo tema Ponte modulante Secondo tema Codette • • • • • Sviluppo vero e proprio Primo tema Ponte Secondo tema (modificato) Codette (modificate) Coda (eventuale) POLACCA La polonaise (in italiano polacca) è una danza in tempo moderato e ritmo di 3/4, caratterizzata dall'andamento maestoso e dal ritmo puntato dell'incipit. Nasce come danza nazionale polacca di origine popolare e di carattere cerimoniale, nota fin dal XVI secolo, circolante in Europa dal XVII e utilizzata nel periodo classico anche come movimento di concerto (ad esempio nel Concerto n. 3 in mi minore di Händel). Nella cultura musicale europea è soprattutto legata al nome di Chopin, che debuttò come compositore appunto con una Polonaise, nel 1817, e scrisse numerose composizioni autonome in questa forma. Molto amata nell'Ottocento, rimane viva nella cultura musicale polacca. 5 MAZURCA La mazurca o mazurka è una danza di coppia con ritmo ternario diffusa in tutta l'Europa. "Mazurka" è un termine di origine polacca, anche se non è chiara l'etimologia, potrebbe derivare da Masovia o Masuria, nomi di due regioni polacche, da Mazurek, villaggio nei pressi di Varsavia, o da Mazur, il contadino polacco. Nata in Polonia come danza popolare (alcune fonti ne farebbero risalire l'origine al XVI secolo), si è diffusa nei ceti medi in Europa dal 1700; la sua ulteriore diffusione dall'800 è stata favorita dalla riscrittura "colta" (Chopin, Tchaikovsky, Borodin, Debussy, Ravel...). STUDIO In musica uno studio (noto anche con il nome francese di étude) è una breve composizione musicale, concepita a scopo didattico, che serve a esercitare un particolare aspetto della tecnica di un qualunque strumento musicale (ad esempio le scale musicali, la diteggiatura per pianoforte o chitarra, il legato, lo staccato). Gli studi sono spesso raccolti in metodi. Storia I primi studi per strumenti a tastiera vennero composti da Muzio Clementi tra il 1817 e il 1826; sono 100 esercizi nominati Gradus ad Parnassum. Altri studi furono composti da Carl Czerny, ma fu Fryderyk Chopin che li trasformò in una vera e propria composizione "da concerto", attualmente presente in quasi tutti i curriculum di pianisti di alto livello. Questi esercizi sono divisi in due opere, op. 10 e op. 25, ciascuna formata da 12 studi. Alfredo Casella sosteneva che questi studi erano fondamentali e che dovevano essere studiati da tutti i pianisti per ottenere una tecnica infallibile. Anche gli studi per chitarra classica di Heitor Villa-Lobos sono dei veri e propri brani da concerto di altissimo valore artistico. Franz Liszt, noto pianista ungherese, scrisse numerosi studi tutti di carattere virtuosistico, adatti per esercitare le mani ed affrontare passaggi molto difficili (nelle sue opere se ne trovano di frequente). Parte di questi studi sono stati scritti ispirandosi ad alcuni temi dei "24 Capricci" di Niccolò Paganini: il primo studio dei sei "grandi studi da Paganini" è detto "tremolo" come l'omonimo capriccio. A seguire lo studio detto delle "ottave", " La Campanella ", questo tratto da un rondò che conclude un concerto per violino ed orchestra del violinista genovese (Concerto per violino e orchestra n.2 op.7), "Arpeggio", "La Caccia" ed infine "Tema e Variazioni". Ogni studio presenta una precisa difficoltà che verrà affrontata durante l'assimilazione del brano. Il primo studio è dedicato alla mano sinistra, che dovrà eseguire costantemente un trillo (tremolo) e contemporaneamente recitare il tema del brano. Il secondo esercizio sfrutta l'articolazione del polso per elasticizzarlo e renderlo più sciolto possibile (nella tecnica pianistica l'utilizzo del polso è particolarmente utilizzato per eseguire le ottave). Il terzo grande studio (di particolare bellezza) è uno dei più impegnativi: diviso in quattro sezioni, presenta più difficoltà tecniche, dal salto di parecchi tasti, all'esecuzione di scale cromatiche ascendenti e discendenti. Il quarto studio esercita entrambe le mani facendoli eseguire una serie di arpeggi dalle note più gravi a quelle più acute.Il quinto studio, detto "La caccia", vuole dipingere una giornata di caccia accompagnata da un flauto ed un corno, probabilmente in una zona orientale dell'Ungheria (Regioni Szolnok, Békés, Szabolcs) zona nativa del musicista. Questo è l'esercizio più facile dal punto di vista tecnico. Il sesto ed ultimo studio riprende precisamente il tema con variazioni dell'ultimo capriccio di Paganini: è un ottimo esercizio per la coordinazione mano destra - mano sinistra. 6 PRELUDIO In musica, un preludio (dal latino praeludium) è generalmente un brano piuttosto breve, di solito senza una forma codificata, collocato all'inizio dell'esecuzione di una composizione o di una sua parte. Esso si differenzia dalla ouverture e dalla sinfonia, per forma e durata. Un preludio strumentale era originariamente un breve brano suonato in maniera estemporanea, prima dell'esecuzione del pezzo vero e proprio. Si sviluppò probabilmente dalla naturale tendenza di ciascun musicista di scaldare il proprio strumento suonando alcune note prima di iniziare. La consacrazione ad una vera e propria forma artistica, oltre che dai compositori, giunse quando gli editori iniziarono a pubblicizzare le raccolte a stampa di preludi pronti all'uso, a partire dal XVII secolo. Nella musica barocca, il preludio è spesso abbinato ad una fuga. Per esempio, Johann Sebastian Bach compose un'opera comprendente due raccolte di preludi e fughe in tutte e ventiquattro le tonalità maggiori e minori: Il clavicembalo ben temperato. Tra gli altri compositori che hanno scritto dei preludi per pianoforte in tutte le 24 tonalità, troviamo Fryderyk Chopin, Scrissero importanti raccolte di preludi anche senza precisi riferimenti alla tonalità tradizionale Claude Debussy e Aleksandr Skrjabin (autore di una raccolta di 24 preludi op.11 in tutti i toni maggiori e minori e di diverse altri quaderni non tonali). SISTEMA TONALE La musica tonale è, in senso lato, ogni tipo di musica organizzata attorno a un suono centrale, o "tonica". In senso più stretto, si chiama "tonale" la musica che stabilisce un rapporto di gerarchia tra la tonica e tutti gli altri suoni di una scala diatonica maggiore o minore. Secondo una prospettiva storica, la musica tonale è quella composta in Occidente tra l'inizio del XVII secolo e la fine del XIX. Con l'inizio del XX secolo, la musica tonale di tradizione colta è entrata in crisi, ma in altri ambiti (di musica applicata, di consumo, popolare ecc) musica più o meno basata su principi tonali ha continuato a essere scritta. Con la fine delle avanguardie e l'avvento del post-modernismo la musica tonale ha conosciuto una nuova stagione. Attorno alla tonica, la prima nota, su cui si costruisce tutto il sistema scalare maggiore (o scala Ionica), e verso la tonica, gravitano tutti gli altri suoni. La Tonica ha quindi una importanza maggiore degli altri gradi ed è anche il grado "risolutore" su cui normalmente riposa un brano.n Nel sistema tonale è fondamentale la presenza anche della dominante, 5° grado della scala, che dà un senso di tensione. Il sistema utilizza così una alternanza tra tonica e dominante, conclusione e tensione, rendendo possibile un brano musicale concepito come un'alternanza di domande e risposte, quindi come un discorso. Storia Fu Gioseffo Zarlino, nel Cinquecento, ad introdurre il principio della tonalità e la teoria della formazione dell'accordo, ma già molto prima Pitagora aveva fondato il suo sistema basato sugli armonici e sui loro rapporti matematici e aveva affrontato lo studio degli armonici naturali. La semplificazione e lo sgretolamento del sistema modale con le sue sette scale, ha portato alla contrapposizione di due sole scale modali tra loro: Ionica, costruita sul I°,e detta scala maggiore, cui corrisponde un accordo maggiore, e Eolia, costruita sul VI°, cui corrisponde un accordo minore. 7 Storicamente la musica tonale è la grande maggioranza della musica esistente: essa si impose in Europa e nel mondo occidentale tra il XVII e il XVIII secolo e iniziò il suo declino nel corso del XIX secolo, messa in discussione, in particolare, da Richard Wagner e Franz Liszt sino ad arrivare alla dodecafonia di Arnold Schönberg e alla atonalità. La musica d'uso e la musica popolare, oltre a un gran numero di compositori novecenteschi neoclassici (si pensi a Igor Stravinskij o a Ottorino Respighi) e scuole nazionali ispirate al folklore (specie in area balcanica), hanno tuttavia continuato ad usare procedimenti tonali fino ai nostri giorni. La caratteristica principale della musica tonale, rispetto a quella precedente (pre-tonale o modale) e a quella successiva (post-tonale, cromatica, atonale, seriale) è la sua forte spinta verso la risoluzione cadenzale. La musica tonale è in grado di creare un campo temporale orientato in senso teleologico; non a caso essa si sviluppa parallelamente al concetto moderno di storia e a quello di progresso. La forza della tonalità ha permesso al linguaggio musicale una espansione quale non aveva conosciuto in tutta la sua storia precedente: basti pensare che la stragrande maggioranza delle opere musicali che oggi fanno parte del repertorio rientra in questa categoria. DODECAFONIA La dodecafonia è una tecnica di composizione ideata da Arnold Schönberg (1874-1951), esposta in un articolo del 1923 intitolato Komposition mit 12 Tönen ("Composizione con 12 note"). Ha lo scopo di sostituire le funzioni presenti nella musica tonale e permettere al compositore di creare brani complessi strutturati sul principio della pantonalità (termine usato da Schönberg in luogo di atonalità, che egli respingeva in quanto intrinsecamente contraddittorio). Affermava che "nella musica non c'è forma senza logica e non c'è logica senza unità". Contesto storico Nel periodo storico che va dagli ultimi decenni dell'Ottocento ai primi del Novecento, si assistette a un progressivo allargamento dell'uso della dissonanza nelle composizioni musicali. Tale tendenza (denominata in modo eloquente emancipazione della dissonanza) è evidente in compositori di estrazione culturale eterogenea quali Franz Liszt, Richard Wagner, Johannes Brahms, Richard Strauss, Alexander Scriabin, Claude Debussy, Maurice Ravel, Béla Bartók, Igor Stravinskij, Ferruccio Busoni, oltre allo stesso Schönberg, e comportava un progressivo infittirsi della trama armonica, con l'impiego di accordi sempre più densi. Fu soprattutto l'esasperato cromatismo del Tristano e Isotta (composto da Wagner tra il 1857 e il 1859) a contribuire per primo alla dissoluzione della tonalità tradizionale. Dagli accordi di tredicesima, nei quali le sette note della tonalità sono tutte presenti, si passò a introdurre note estranee alla tonalità, dapprima giustificate attraverso artifici armonici noti (le modulazioni) — ma combinati tra loro in maniera sempre più massiccia e imprevedibile — poi introdotte prescindendo dalla logica tonale fino a raggiungere il totale cromatico, vale a dire la compresenza delle dodici note all'interno dello stesso spazio musicale o dello stesso agglomerato sonoro (che non si può più, d'ora in avanti, definire accordo vero e proprio). Caratteristiche È a partire da questa situazione storica che Schönberg teorizza ed applica il suo «Metodo di composizione con 12 note imparentate solo le une alle altre». Il sistema dodecafonico prevede la creazione di una serie, cioè una successione di 12 suoni che esaurisca il totale cromatico. La serie è differente dalla scala cromatica (12 semitoni), perché pur contenendo gli stessi suoni l'ordine è scelto dal compositore in base alle esigenze del pezzo. Spesso la serie di 12 note è suddivisa in parti più piccole o microserie di tre, quattro, sei note, con analogie interne tra gli intervalli. La composizione impiegherà sistematicamente la serie sia orizzontalmente che verticalmente, ossia sia per formare successioni melodiche, sia per sincronizzare più note. Questo tipo di architettura 8 musicale comporta l'assenza di un centro tonale globalmente riconoscibile, poiché nessuno dei 12 suoni della serie viene impiegato con frequenza maggiore degli altri. Poiché però il riconoscimento di un centro tonale non dipende solo dalla frequenza media di apparizione di una nota, ma anche dalle particolari successioni orizzontali e verticali adoperate e dalle loro "attrazioni" , anche nella musica dodecafonica si avvertono (e nelle opere di Schönberg sono sfruttati consapevolmente e intensivamente) residui di forza armonica tonale nei singoli passaggi accordali. Il compositore ha altresì a sua disposizione i classici metodi di variazione tematica provenienti dalla musica contrappuntistica: la serie può essere impiegata nell'ordine iniziale oppure dall'ultimo suono al primo (serie per moto retrogrado) oppure invertendo specularmente la direzione degli intervalli (serie per moto contrario) o anche combinando le due tecniche precedenti (contrario del retrogrado). All'interno della serie possono essere permesse delle permutazioni. Ad esempio, una serie composta dalle note 1-2-3-4-5-6 può essere permutata in 2-1-4-3-6-5. Nel complesso la dodecafonia costituì una notevole semplificazione dell'organizzazione musicale rispetto alla situazione immediatamente precedente, in cui, come si diceva, gli artifici armonici impiegati avevano complicato enormemente la musica tonale. Gli sviluppi della dodecafonia La prima composizione basata parzialmente sul metodo dodecafonico fu il n.5 "Pezzi per pianoforte op. 23" di Schönberg, così come parzialmente venne utilizzata per la "Serenata op. 24 per 7 strumenti"; l'utilizzo completo all'interno di un pezzo musicale si avrà nella "Suite op. 25 per pianoforte". Concepì addirittura un'intera opera con questa tecnica: Moses und Aron (1930-1932) rimasta incompiuta. In seguito Schönberg scrisse molte composizioni dodecafoniche, ma in genere la sua tecnica seriale non era troppo rigida, e negli ultimi lavori egli si allontanò ulteriormente dal metodo. Tra gli esponenti di rilievo della dodecafonia vanno citati i due allievi di Schönberg, Alban Berg e Anton Webern, l'uno con una sua visione personale del metodo dodecafonico (del quale si serviva liberamente, come d'altronde il suo maestro), l'altro con una propensione all'utilizzo ferreo della tecnica seriale. In tal modo dalla dodecafonia nascerà la serialità integrale, dove le serie sono prodotte non solo sfruttando l'altezza delle note ma anche altri parametri musicali, quali la durata e il timbro. Webern fu preso come punto di riferimento da molti compositori delle generazioni successive, facenti capo a Pierre Boulez e Olivier Messiaen, interessati agli sviluppi della serialità. Si sviluppò la musica seriale o di serialità integrale al grido "Schönberg è morto!" (titolo di un articolo di Pierre Boulez). CONSONANZA E DISSONANZA Nel linguaggio ordinario con il termine consonanza (dal latino consonare, "suonare insieme") si indica in genere un insieme di suoni eseguiti simultaneamente e tali che l'effetto complessivo risulti morbido e gradevole, mentre con il termine dissonanza, all'opposto, si indica un agglomerato di suoni dall'effetto aspro e stridente.In realtà si definisce consonante un intervallo caratterizzato da "stasi armonica"(non ha bisogno di risolvere su un ulteriore intervallo), dissonante quell'intervallo che, all'orecchio, dà l'impressione di "movimento armonico", di dovere cioè risolvere su un intervallo consonante. Nel linguaggio tecnico della teoria musicale, e in particolare dell'armonia, le due parole hanno significati ben precisi, e anzi si può dire che la contrapposizione tra consonanza e dissonanza, insieme al principio della tonalità, rappresenta la base della teoria armonica occidentale. 9 MUSICA CONCRETA Musica concreta (Musique Concrète) è un genere musicale che ebbe origine dalle esperienze del compositore francese Pierre Schaeffer nel 1948. Pierre Schaeffer parla di musica concreta intendendo il suono nella sua completezza; ovverosia il fatto di ascoltare il suono in tutti i suoi aspetti (attacco sonoro, durata, inviluppo, densità di massa sonora, andamento, timbro, frequenza, ampiezza etc.). Tale espressione si collocava in contrapposizione all'idea di "astrazione" che secondo Schaeffer caratterizzava l'approccio musicale dominante (musica elettronica, musica strumentale). Cioè, il pensare la musica per criteri astratti (armonia, contrappunto, notazione, dispositivi logici, etc.) piuttosto che elaborarla concretamente attraverso il suono e l'ascolto. Pierre Schaeffer fu ingegnere musicale all'interno degli studi della società radiotelevisiva francese (RTF). Questa attività gli permise di utilizzare il vasto archivio discografico della radio e di cominciare a fare esperimenti sul suono ed il rumore, ma soprattutto cominciò a maturare delle convinzioni innovative nell'ambito della composizione musicale. Assieme al musicista Pierre Henry ed al fisico Andrè Moles, fonda nel 1951 a Parigi il Groupe de Recherches de Musiques Concrète. « Noi abbiamo chiamato la nostra musica concreta, poiché essa è costituita da elementi preesistenti, presi in prestito da un qualsiasi materiale sonoro, sia rumore o musica tradizionale. Questi elementi sono poi composti in modo sperimentale mediante una costruzione diretta che tende a realizzare una volontà di composizione senza l'aiuto, divenuto impossibile, di una notazione musicale tradizionale.[1] » La possibilità di registrare il suono anche su nastro, apre orizzonti mai intravisti prima in tutta la storia della musica. La Symphonie pour un homme seul del 1949 di Schaeffer ed Henry, in cui suoni strumentali si mescolano a suoni presi dalla vita quotidiana dell'uomo (respiri, passi, fischi, porte che sbattono ecc.), ce ne offre un esempio. MUSICA ELETTRONICA Per musica elettronica s'intende, in termini generali, la musica prodotta esclusivamente o prevalentemente con strumentazione elettronica; ovvero con sintetizzatori, campionatori ed altri strumenti. In tal senso, con l'evoluzione della tecnologia digitale, anche apparecchiature come il personal computer sono diventati strumenti per produrre musica elettronica. La locuzione viene talvolta assimilata, in modo non del tutto corretto, a quella di musica elettroacustica. Per questa ragione, poiché gran parte della musica contemporanea è registrata, suonata, e scritta con l'ausilio di equipaggiamenti elettronici (sequencer, hardware, software), l'espressione si applica in modo più appropriato a quei generi e a quelle opere musicali in ui l'elettronica non costituisce semplicemente un mezzo utilizzato nel processo di creazione di una registrazione di un brano musicale, ma è viceversa intrinseca alla natura stessa del brano, come nel caso di incisioni dominate da sintetizzatori, campionatori, drum machine, sequencer e così via. Il che non significa comunque che questo genere di musica abbia sempre caratteristiche immediatamente riconoscibili, dato che strumenti elettronici vengono spesso usati per riprodurre sonorità naturali o meccaniche. Va dunque tenuto presente che in questo senso specifico, l'espressione musica elettronica si può applicare a opere e artisti con intenti musicali estremamente diversi. Da una matrice "colta", vicina alla musica contemporanea e a quella d'avanguardia, la musica elettronica si sviluppa grazie al lavoro di compositori come Luciano Berio, John Cage, Franco Evangelisti, György Ligeti, Bruno Maderna, Luigi Nono, Henri Pousseur, Steve Reich, Pierre Schaeffer, Karlheinz Stockhausen, Edgar Varèse, Iannis Xenakis e Pietro Grossi. Questa prima 10 generazione di compositori elettroacustici, particolarmente attiva negli anni Cinquanta e Sessanta, è costituita dai pionieri della musica elettronica. La loro attività si svolge inizialmente presso le istituzioni radiofoniche, gli unici enti che avevano la strumentazione necessaria e che investivano nelle apparecchiature elettroniche. Presso gli studi della RTF di Parigi, Pierre Schaeffer e i suoi collaboratori sul finire degli anni Quaranta avevano teorizzato e sviluppato la musica concreta. Con l'arrivo dei primi oscillatori questi studi divennero un fertile terreno per la musica elettronica e la musica elettroacustica. Da una matrice "leggera", sviluppandosi inizialmente con il lavoro di alcuni artisti e gruppi sperimentali degli anni Sessanta, la musica elettronica ha uno sviluppo sostanzialmente eterogeneo, dovuto soprattutto al fatto che l'uso di sintetizzatori e campionatori si è via via largamente diffuso in moltissimi generi, creando contaminazioni e commistioni che spesso rendono difficile l'identificazione del genere stesso e il peso che la strumentazione elettronica ha in esso. Accanto ai precursori fondamentali della musica elettronica tout-court, come Tangerine Dream, Kraftwerk e Klaus Schulze, alla diffusione del sintetizzatore contribuirono nomi legati maggiormente alla scena progressive, come Keith Emerson e Rick Wakeman, che utilizzarono l'elettronica sia per creare atmosfere innovative, sia per riprodurre più facilmente sonorità altrimenti vincolate ad esecuzioni strumentali complesse (ensemble di archi, ecc.) E' ormai un genere conosciuto ed apprezzato in ogni ambito, esso fa parte ormai di tutti generi che non hanno a che fare con la musica elettronica in sè,e dagli inizi, mescolandosi con la musica strumentale, appartiene al cosiddetto genere più conosciuto per eccellenza tutt'ora, definito commerciale, più precisamente chiamati (dance pop,synth pop,synth punk), e un genere a parte ma molto usato ormai anche da non produttori o dj, l'house music. Esso poi si ramifica in altre miriadi di generi,fino ai più estremi e quindi underground. Attualmente in Italia uno dei compositori che sta dando una nuova giovinezza alla musica elettronica italiana è Jean Ven Robert Hal con l'utilizzo di strumenti sia "vintage" che moderni. ETNOMUSICOLOGIA L'etnomusicologia è una parte della musicologia e dell'etnologia che studia le tradizioni musicali orali di tutti i popoli, quindi sia la musica popolare che colta. Viene detta anche musicologia comparata, in quanto uno dei suoi fini è il confronto delle musiche dei popoli extraeuropei tra loro e con quelle dei popoli occidentali, anche se tra le due esiste una sottile e determinante differenza. Possiamo considerare uno dei primi cultori di etnomusicologia Béla Bartók, Uno strumento di supporto per l’etnomusicologia fu il fonografo meccanico (ora sostituito dal registratore magnetico), inventato da Edison nel 1878, per mezzo del quale fu possibile documentare più facilmente, fedelmente e sistematicamente la musica. Prima della sua invenzione era stato possibile raccogliere e studiare soprattutto folklore poetico-narrativo. Azione di uno studioso di etnometodologia davanti ad un prodotto etnico: 1. Registrazione; 2. Trascrizione, con criteri fedeli; 3. Analisi del contesto: è indispensabile perché la musica è funzionale alle situazioni collettive. È un approccio antropologico, nel senso che si studia la cultura dall’interno; 4. Analisi del testo: consiste nell’individuare le “logiche di variazione” nel testo di un canto. A questo proposito ricordiamo l’attività di Brailoiu, etnomusicologo e compositore romeno, che dotò l’etnomusicologia di una solida base metodologica, in cui i punti salienti sono il costante riferimento alle rivelazioni fonografiche dirette e l'impiego di strumenti d’indagine musicali, linguistici e sociologici. Il suo metodo consisteva nel prendere la prima versione ascoltata di un canto e nello scriverla su un rigo, mettendo, poi, sotto solo le varianti delle 11 nuove versioni. A trascrizione ultimata notò che esistono “logiche di variazione”. Concluse affermando che se ci sono variazioni negli stessi punti, c’è una libertà esecutiva regolamentata; 5. Analisi melodica di un brano: consiste nello studio della melodia, delle scale e del ritmo del canto, nonché nello studio del rapporto tra musica e testo. I testi sono tratti da Wikipedia® con alcune modifiche e adattamenti. Wikipedia® è un marchio registrato della Wikimedia Foundation, Inc. Quest'opera è stata rilasciata con licenza Creative Commons Attribuzione - Condividi allo stesso modo 3.0 Unported. Per leggere una copia della licenza visita il sito web http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/ o spedisci una lettera a Creative Commons, 171 Second Street, Suite 300, San Francisco, California, 94105, USA. 12