SINFONIA SONATA

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SINFONIA
Composizione per orchestra in quattro tempi.
Il termine sinfonia (dal greco συμφωνία symphōnía, composto da σύν = "con, insieme", e φωνή =
"suono") ha avuto, nella storia della musica, vari significati; in particolare ha indicato diverse forme
musicali.
L'accezione più comune della parola deriva dall'uso tardo settecentesco del classicismo viennese e
della scuola di Mannheim, secondo il quale la Sinfonia è un brano orchestrale composto di più
movimenti, di proporzioni abbastanza ampie e articolati secondo procedimenti formali ben precisi.
Si basa sulla cosiddetta forma-sonata.
I movimenti della sinfonia classica sono generalmente quattro, allegro, adagio, minuetto, finale:
• Un movimento Allegro, strutturato secondo la canonica forma-sonata, con un fondamentale
bitematismo e la classica tripartizione esposizione-sviluppo-ripresa. Esso è spesso preceduto
da una breve introduzione in tempo lento.
• Un movimento lento, la cui struttura può variare; le forme più impiegate sono la Romanza, il
tema e variazioni e il rondò, sebbene con Mozart inizino ad esserci esempi di forma-sonata
(ad esempio nella Sinfonia K 551).
• Un minuetto, in tempo moderato, che costituisce in genere il movimento più breve della
sinfonia. A partire da Beethoven esso viene sempre più spesso sostituito da uno scherzo.
• Un movimento rapido, in forma-sonata o di rondò.
Il primo e l'ultimo movimento sono quasi sempre nella stessa tonalità (che è per definizione quella
dell'intera sinfonia), mentre per i movimenti centrali è presente una variabilià notevole; se la
tonalità d'impianto è minore, il movimento lento è molto spesso nel relativo maggiore, mentre se la
sinfonia è basata sul modo maggiore esso è di solito nella tonalità della dominante o della
sottodominante.
Talvolta la sequenza tra i due movimenti centrali, tempo lento e scherzo, risulta invertita.
Le eccezioni a questo schema diventano sempre più frequenti a partire da Beethoven, ma esso
rimane comunque un riferimento importante fino alla metà del XX secolo, come ci dimostrano
Mahler, Prokofiev e Shostakovic.
SONATA
Composizione per strumento solista
Sonata (dal latino sonare) nel campo musicale significa principalmente un brano eseguito da
strumenti, in opposizione alla cantata (dal latino cantare), che sta ad indicare un brano interpretato
anche da voci.
Il termine, pur nella sua vaghezza, si è naturalmente evoluto attraverso la storia della musica,
designando una varietà di forme musicali precedenti all'era classica. Avrà un'importanza sempre
maggiore nel periodo classico, e all'inizio del XIX secolo veniva utilizzato per definire opere
compositive le più diverse, e poteva venire applicato alla maggior parte dei generi musicali,
riducendo l'uso della fuga come metodo fondamentale di organizzazione, interpretazione e analisi
della musica da concerto. Nel XX secolo la parola continuò ad essere applicata alle opere
strumentali, ma i principi formali enunciati e insegnati nel secolo precedente s'erano oramai
indeboliti o allargati.
La sonata barocca
1
Al tempo di Arcangelo Corelli, due tipi polifonici di sonata erano già ben definiti: la sonata da
chiesa e la sonata da camera. La sonata da chiesa, in genere per uno o due violini e basso continuo,
consisteva normalmente di una introduzione lenta, un allegro in forma fugata, un movimento lento
cantabile e un finale allegro in una qualche forma binaria come a suggerire un'affinità con i brani
danzabili delle suites. Questo schema, comunque, non è chiaramente definito, fino alle opere di
Johann Sebastian Bach e Georg Friedrich Händel, quando divenne la sonata per eccellenza e
persiste come tradizione nella musica italiana per violino fino ai primi del XIX secolo nelle opere di
Boccherini.
La sonata da camera consisteva quasi interamente di pezzi danzabili stilizzati. Al tempo di Bach e
Händel era, da un lato, diventata interamente un corpo separato dalla sonata ed era conosciuta come
la suite, la partita, l'ordine o, nel caso avesse un preludio nella forma di un'opera francese,
l'ouverture. D'altro canto, le caratteristiche delle sonate, da chiesa o da camera che fossero, erano
liberamente interdipendenti. Anche Bach, che pure non ha usato queste definizioni, manterrà le due
tipologie così distinte da poter essere riconosciute dallo stile e la forma. Di conseguenza, tra le sue
sei sonate per violino solista, le numero 1, 3 e 5 sono sonate da chiesa, le numero 2, 4 e 6 sono
chiamate partite, ma sono accettabili tra le sonate in quanto sonate da camera.
Il termine sonata è applicato anche alla serie di oltre 500 opere per clavicembalo solo di Domenico
Scarlatti. Questi pezzi sono formati di un solo movimento, comprendente due parti che sono
comunque nello stesso tempo e usano lo stesso materiale tematico. Virtuosismi sono frequenti e
questi brani vengono ammirati per la loro varietà e inventiva.
La sonata nell'era classica
Il notevole utilizzo della sonata nell'era classica sarebbe stato decisivo per questa forma musicale,
tramutandola da semplice termine musicale all'essere considerata una forma fondamentale di
organizzazione per opere su larga scala. Questa evoluzione prese, in ogni caso, 50 anni. Si
applicherà sia alla struttura dei movimenti , che all'"impaginazione" dei movimenti in un lavoro che
ne abbia più di uno. Nella transizione al periodo classico molti nomi designavano le opere con più
di un movimento, ad esempio "divertimento", "serenata" e "partita", e molti di questi sono ora
raggruppati sotto il nome di "sonata". L'utilizzo di "sonata" come termine standard per queste opere
è databile agli anni '70 del XVIII secolo. Haydn etichetta la sua prima sonata per piano come tale
nel 1771, dopo di cui il termine "divertimento" è usato molto raramente con questa eccezione:
sonata viene crescentemente applicato sia a un'opera per piano solista, o per piano e un altro
strumento, spesso violino o violoncello. Fu sempre meno frequentemente applicato ad opere
eseguite da più di due strumenti: ad esempio terzetti per piano non vennero più così spesso definiti
sonate per piano, violino e violoncello.
Inizialmente la struttura più comune era:
• Allegro - che ai tempi non era inteso semplicemente come andamento, ma indicava anche
l'importanza di un certo grado di elaborazione del tema. (Vedi The Classical Style, di
Charles Rosen)
• Un movimento centrale che era, frequentemente, un movimento lento, cioè un andante o
largo, o, anche ma più raramente, un minuetto. Può essere in forma di tema e variazioni.
• Un movimento di chiusura, nel primo periodo alcune volte un minuetto, come nelle prime 3
sonate per piano di Haydn, ma successivamente in genere un allegro, o un presto e spesso
chiamato finale. Poteva essere anche un rondò.
C'è anche Haydn che ne fa uso, verso gli anni '90 del Settecento, la sonata in due movimenti, oltre a
quattro movimenti nel primo periodo classico, con un movimento danzabile inserito prima del
movimento lento come nelle sonate n. 6 e n. 8 di Haydn stesso. Delle opere da lui definite sonate,
divertimenti o partite, in Hob XIV, 7 sono divise in 2 movimenti, 35 lo sono in 3, e altre 4 sono
composte di 4 parti: inoltre di svariate composizioni in 3 e 4 movimenti l'autenticità è dubbiosa. Le
sonate di Mozart sarebbero anch'esse principalmente composte di 3 movimenti, mentre compositori
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come Boccherini pubblicheranno sonate per piano e strumenti obbligati con un terzo movimento
facoltativo (nel caso di Boccherini, si tratta di 28 sonate per violoncello).
Ma sempre più opere strumentali venivano prodotte in 4, e non 3, movimenti, una pratica ascoltata
la prima volta nei quartetti d'archi e nelle sinfonie, e che arrivò alla sonata nelle prime opere di
questo tipo di Beethoven. Ad ogni modo, le sonate in 2 o 3 movimenti continuarono ad essere
composte durante l'era classica: l'opera 102 di Beethoven è composta da una sonata in due
movimenti in Do maggiore e un'altra in 3 movimenti in RE maggiore.
La struttura in 4 movimenti era a questo punto lo standard per i quartetti d'archi e definitivamente il
tipo più comune di sinfonia. La struttura quindi è:
• un allegro, che a questo punto si sviluppa in quella che viene chiamata forma sonata,
completa di introduzione, sviluppo e ricapitolazione.
• un movimento lento, sia esso andante, adagio o largo.
• un movimento danzabile, un minuetto o, sempre più frequentemente, uno scherzo.
• un finale con un'andatura più veloce, spesso in una forma più "morbida" di un allegro.
Questa struttura in quattro movimenti fu presto considerata lo standard per le sonate, e le opere con
strutture diverse vennero presto viste come eccezioni, ed etichettate come aventi movimenti
"omessi" o "extra". L'uso sarebbe stato notato dai critici all'inizio dell'800 e codificato ben presto
dalla didattica musicale.
È difficile sorvolare sull'importanza della produzione di sonate di Beethoven, 32 per piano, oltre a
quelle per violino o violoncello uniti al piano stesso, che formano un enorme corpo musicale che
verrà, nei tempi a seguire, sentito sempre più come essenziale per ogni strumentista che desideri
diventare un maestro.
QUARTETTO
Composizione per quartetto d'archi
Come forma, esso si sviluppa nel quadro dello stile galante e sotto l'influenza del divertimento
verso la metà del XVIII secolo. Ha come origine il raggruppamento degli strumenti a corda in seno
all'orchestra, lasciando i contrabbassi doppiare i violoncelli.
Luigi Boccherini è stato recentemente riconosciuto quale padre (assieme ad Haydn) del moderno
quartetto per archi. Sin dalle sue prime composizioni di questo genere si notano la perizia di
scrittura, la parità di importanza fra le quattro voci e il deciso ruolo concertante del violoncello,
strumento del quale egli era un abile virtuoso.
A partire da Franz Joseph Haydn (autore di 83 quartetti) e da Wolfgang Amadeus Mozart, il
quartetto diviene il genere più in voga nel repertorio della musica da camera. La struttura sposa
d'ora in avanti un modello destinato a tradursi in un canone formale, benché messo ripetutamente in
discussione (ad esempio nell'opera 131 di Ludwig van Beethoven). Un quartetto è solitamente
strutturato nella seguente maniera:
• 1° movimento: un tempo in forma-sonata.
• 2° movimento: un adagio, che può avere la forma musicale di un lied, di un movimento
lento, di tema e variazioni o una semplice struttura A-B-A.
• 3° movimento: un minuetto con trio, oppure uno scherzo (che venne introdotto da
Beethoven).
• 4° movimento: un rondò nelle sue varie forme.
Il successo del quartetto d'archi si basa su aspetti sonori e sociologici. Il contrappunto con quattro
parti permette di far sentire tutte le armonie senza superflui raddoppi. Il quartetto permette inoltre
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una grande omogeneità di timbro e l'equivalenza delle voci nel lavoro di contrappunto.
Il quartetto è fortemente apprezzato dai compositori romantici. Resta sinonimo di sforzo,
concentrazione e rigore. Durante tutto il XIX secolo è una specificità tedesca e, in minima parte
(soprattutto verso la fine del secolo), anche francese. Esistono anche eccezioni, come ben testimonia
la presenza di un quartetto nel catalogo delle opere di Giuseppe Verdi. Beninteso, i compositori
segnati dall'estetica wagneriana del Gesamtkunstwerk (opera d'arte totale), dalla musica a
programma (Hector Berlioz e Franz Liszt), oppure dal cromatismo e dalla potenza orchestrale di
Wagner (Anton Bruckner, Gustav Mahler e Richard Strauss) si disinteressano totalmente del
quartetto come stile musicale.
All'inizio del XX secolo il quartetto è, per alcuni compositori (Claude Debussy, Arnold Schönberg,
Alban Berg, Anton Webern, Maurice Ravel e Béla Bartók), analogo alla sperimentazione, alla tappa
nella ricerca di un ideale in campo di composizione musicale, a tal punto che il critico musicale
Dominique Jameux parla di "laboratorio delle forme". Il quartetto di Gabriel Fauré (scritto nel
1924) è l'opera di un musicista desideroso di ultimare la sua lunga carriera di compositore con un
capolavoro di purezza ed ascetismo. Si tratta in questi ultimi casi di opere essenzialmente isolate
anche se di un'importanza spesso capitale nella storia della musica.
CONCERTO
1. Composizione strumentale generalmente concepita per orchestra e strumento solista. Più
raramente si incontrano due o più strumenti solistici: in questo caso spesso si parla di
Sinfonia concertante. Si articola in 3 movimenti, il primo dei quali strutturato praticamente
sempre in forma-sonata e di andamento mosso. Il secondo movimento è lento ed espressivo
mentre il terzo e ultimo movimento è veloce. Il C. ha, nella stragrande maggioranza dei casi,
una tendenza al virtuosismo nella parte solistica; tendenza che ha generato l'uso di
interpolare all'interno dei movimenti sezioni solistiche definite cadenze (3), nelle quali il
solista dà prova delle proprie capacità tecniche.
2. C. è anche il termine utilizzato per indicare un'esecuzione musicale pubblica.
Etimologia
L'origine del termine Concerto, ha sempre suscitato discussioni tra i musicologi. Già nel
Cinquecento la parola veniva fatta risalire a due diverse parole latine: la prima concertatum (dal
verbo concertare, cioè combattere, gareggiare) e la seconda da consertum (dal verbo conserere,
traducibile con intrecciare, annodare, ma anche in alcuni contesti, con litigare). Nel 1619 Michael
Praetorius sostenne l'etimologia che dava l'idea del combattimento, dello scontro tra due entità
strumentali distinte, sia per numero che per sonorità.
In epoca moderna, H. Daffner, ha invece sostenuto la prima accezione del verbo conserere,
evidenziando così il carattere di dialogo, di intreccio, che caratterizza effettivamente lo stile
concertante.
Generalmente la prima ipotesi viene considerata come la più valida, trovando ancora oggi i
maggiori riscontri.
CADENZA VIRTUOSISTICA
Sezione solistica del concerto nella quale l'orchestra non suona (in partitura è segnalato a volte con
l'indicazione latina tacet) ed il solista esegue un passo dichiaratamente virtuosistico. In passato
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queste sezioni potevano essere improvvisate estemporaneamente o essere composte da un autore
diverso da quello del concerto. Beethoven ha scritto ad esempio cadenze per concerti di Mozart.
FORMA-SONATA
Il termine forma-sonata (anche allegro di sonata o, più di rado in Italia, forma del primo
movimento) si riferisce a una particolare organizzazione del materiale musicale all'interno di un
singolo movimento (generalmente, ma non esclusivamente, il primo) di una sonata, sinfonia (anche
d'opera), concerto, quartetto o altro pezzo di musica da camera.
La struttura della forma-sonata viene solitamente definita come bitematica tripartita. La tripartizione
comprende la sezione di Esposizione (a volte preceduta da una Introduzione), quella di Sviluppo e
infine la Ripresa (a volte seguita da una Coda). Lo schema riassuntivo (incluse le ulteriori
suddivisioni all'interno delle sezioni) si presenta così:
Introduzione (eventuale)
Esposizione
Sviluppo
Ripresa
•
•
•
•
Primo tema
Ponte modulante
Secondo tema
Codette
•
•
•
•
•
Sviluppo vero e proprio
Primo tema
Ponte
Secondo tema (modificato)
Codette (modificate)
Coda (eventuale)
POLACCA
La polonaise (in italiano polacca) è una danza in tempo moderato e ritmo di 3/4, caratterizzata
dall'andamento maestoso e dal ritmo puntato dell'incipit.
Nasce come danza nazionale polacca di origine popolare e di carattere cerimoniale, nota fin dal XVI
secolo, circolante in Europa dal XVII e utilizzata nel periodo classico anche come movimento di
concerto (ad esempio nel Concerto n. 3 in mi minore di Händel).
Nella cultura musicale europea è soprattutto legata al nome di Chopin, che debuttò come
compositore appunto con una Polonaise, nel 1817, e scrisse numerose composizioni autonome in
questa forma.
Molto amata nell'Ottocento, rimane viva nella cultura musicale polacca.
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MAZURCA
La mazurca o mazurka è una danza di coppia con ritmo ternario diffusa in tutta l'Europa.
"Mazurka" è un termine di origine polacca, anche se non è chiara l'etimologia, potrebbe derivare da
Masovia o Masuria, nomi di due regioni polacche, da Mazurek, villaggio nei pressi di Varsavia, o da
Mazur, il contadino polacco.
Nata in Polonia come danza popolare (alcune fonti ne farebbero risalire l'origine al XVI secolo), si è
diffusa nei ceti medi in Europa dal 1700; la sua ulteriore diffusione dall'800 è stata favorita dalla
riscrittura "colta" (Chopin, Tchaikovsky, Borodin, Debussy, Ravel...).
STUDIO
In musica uno studio (noto anche con il nome francese di étude) è una breve composizione
musicale, concepita a scopo didattico, che serve a esercitare un particolare aspetto della tecnica di
un qualunque strumento musicale (ad esempio le scale musicali, la diteggiatura per pianoforte o
chitarra, il legato, lo staccato).
Gli studi sono spesso raccolti in metodi.
Storia
I primi studi per strumenti a tastiera vennero composti da Muzio Clementi tra il 1817 e il 1826;
sono 100 esercizi nominati Gradus ad Parnassum.
Altri studi furono composti da Carl Czerny, ma fu Fryderyk Chopin che li trasformò in una vera e
propria composizione "da concerto", attualmente presente in quasi tutti i curriculum di pianisti di
alto livello. Questi esercizi sono divisi in due opere, op. 10 e op. 25, ciascuna formata da 12 studi.
Alfredo Casella sosteneva che questi studi erano fondamentali e che dovevano essere studiati da
tutti i pianisti per ottenere una tecnica infallibile.
Anche gli studi per chitarra classica di Heitor Villa-Lobos sono dei veri e propri brani da concerto
di altissimo valore artistico.
Franz Liszt, noto pianista ungherese, scrisse numerosi studi tutti di carattere virtuosistico, adatti per
esercitare le mani ed affrontare passaggi molto difficili (nelle sue opere se ne trovano di frequente).
Parte di questi studi sono stati scritti ispirandosi ad alcuni temi dei "24 Capricci" di Niccolò
Paganini: il primo studio dei sei "grandi studi da Paganini" è detto "tremolo" come l'omonimo
capriccio.
A seguire lo studio detto delle "ottave", " La Campanella ", questo tratto da un rondò che conclude
un concerto per violino ed orchestra del violinista genovese (Concerto per violino e orchestra n.2
op.7), "Arpeggio", "La Caccia" ed infine "Tema e Variazioni".
Ogni studio presenta una precisa difficoltà che verrà affrontata durante l'assimilazione del brano. Il
primo studio è dedicato alla mano sinistra, che dovrà eseguire costantemente un trillo (tremolo) e
contemporaneamente recitare il tema del brano. Il secondo esercizio sfrutta l'articolazione del polso
per elasticizzarlo e renderlo più sciolto possibile (nella tecnica pianistica l'utilizzo del polso è
particolarmente utilizzato per eseguire le ottave). Il terzo grande studio (di particolare bellezza) è
uno dei più impegnativi: diviso in quattro sezioni, presenta più difficoltà tecniche, dal salto di
parecchi tasti, all'esecuzione di scale cromatiche ascendenti e discendenti.
Il quarto studio esercita entrambe le mani facendoli eseguire una serie di arpeggi dalle note più
gravi a quelle più acute.Il quinto studio, detto "La caccia", vuole dipingere una giornata di caccia
accompagnata da un flauto ed un corno, probabilmente in una zona orientale dell'Ungheria (Regioni
Szolnok, Békés, Szabolcs) zona nativa del musicista. Questo è l'esercizio più facile dal punto di
vista tecnico.
Il sesto ed ultimo studio riprende precisamente il tema con variazioni dell'ultimo capriccio di
Paganini: è un ottimo esercizio per la coordinazione mano destra - mano sinistra.
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PRELUDIO
In musica, un preludio (dal latino praeludium) è generalmente un brano piuttosto breve, di solito
senza una forma codificata, collocato all'inizio dell'esecuzione di una composizione o di una sua
parte. Esso si differenzia dalla ouverture e dalla sinfonia, per forma e durata.
Un preludio strumentale era originariamente un breve brano suonato in maniera estemporanea,
prima dell'esecuzione del pezzo vero e proprio. Si sviluppò probabilmente dalla naturale tendenza
di ciascun musicista di scaldare il proprio strumento suonando alcune note prima di iniziare. La
consacrazione ad una vera e propria forma artistica, oltre che dai compositori, giunse quando gli
editori iniziarono a pubblicizzare le raccolte a stampa di preludi pronti all'uso, a partire dal XVII
secolo.
Nella musica barocca, il preludio è spesso abbinato ad una fuga. Per esempio, Johann Sebastian
Bach compose un'opera comprendente due raccolte di preludi e fughe in tutte e ventiquattro le
tonalità maggiori e minori: Il clavicembalo ben temperato.
Tra gli altri compositori che hanno scritto dei preludi per pianoforte in tutte le 24 tonalità, troviamo
Fryderyk Chopin,
Scrissero importanti raccolte di preludi anche senza precisi riferimenti alla tonalità tradizionale
Claude Debussy e Aleksandr Skrjabin (autore di una raccolta di 24 preludi op.11 in tutti i toni
maggiori e minori e di diverse altri quaderni non tonali).
SISTEMA TONALE
La musica tonale è, in senso lato, ogni tipo di musica organizzata attorno a un suono centrale, o
"tonica". In senso più stretto, si chiama "tonale" la musica che stabilisce un rapporto di gerarchia tra
la tonica e tutti gli altri suoni di una scala diatonica maggiore o minore.
Secondo una prospettiva storica, la musica tonale è quella composta in Occidente tra l'inizio del
XVII secolo e la fine del XIX. Con l'inizio del XX secolo, la musica tonale di tradizione colta è
entrata in crisi, ma in altri ambiti (di musica applicata, di consumo, popolare ecc) musica più o
meno basata su principi tonali ha continuato a essere scritta. Con la fine delle avanguardie e
l'avvento del post-modernismo la musica tonale ha conosciuto una nuova stagione.
Attorno alla tonica, la prima nota, su cui si costruisce tutto il sistema scalare maggiore (o scala
Ionica), e verso la tonica, gravitano tutti gli altri suoni. La Tonica ha quindi una importanza
maggiore degli altri gradi ed è anche il grado "risolutore" su cui normalmente riposa un brano.n
Nel sistema tonale è fondamentale la presenza anche della dominante, 5° grado della scala, che dà
un senso di tensione. Il sistema utilizza così una alternanza tra tonica e dominante, conclusione e
tensione, rendendo possibile un brano musicale concepito come un'alternanza di domande e
risposte, quindi come un discorso.
Storia
Fu Gioseffo Zarlino, nel Cinquecento, ad introdurre il principio della tonalità e la teoria della
formazione dell'accordo, ma già molto prima Pitagora aveva fondato il suo sistema basato sugli
armonici e sui loro rapporti matematici e aveva affrontato lo studio degli armonici naturali.
La semplificazione e lo sgretolamento del sistema modale con le sue sette scale, ha portato alla
contrapposizione di due sole scale modali tra loro: Ionica, costruita sul I°,e detta scala maggiore, cui
corrisponde un accordo maggiore, e Eolia, costruita sul VI°, cui corrisponde un accordo minore.
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Storicamente la musica tonale è la grande maggioranza della musica esistente: essa si impose in
Europa e nel mondo occidentale tra il XVII e il XVIII secolo e iniziò il suo declino nel corso del
XIX secolo, messa in discussione, in particolare, da Richard Wagner e Franz Liszt sino ad arrivare
alla dodecafonia di Arnold Schönberg e alla atonalità. La musica d'uso e la musica popolare, oltre a
un gran numero di compositori novecenteschi neoclassici (si pensi a Igor Stravinskij o a Ottorino
Respighi) e scuole nazionali ispirate al folklore (specie in area balcanica), hanno tuttavia continuato
ad usare procedimenti tonali fino ai nostri giorni.
La caratteristica principale della musica tonale, rispetto a quella precedente (pre-tonale o modale) e
a quella successiva (post-tonale, cromatica, atonale, seriale) è la sua forte spinta verso la risoluzione
cadenzale. La musica tonale è in grado di creare un campo temporale orientato in senso teleologico;
non a caso essa si sviluppa parallelamente al concetto moderno di storia e a quello di progresso. La
forza della tonalità ha permesso al linguaggio musicale una espansione quale non aveva conosciuto
in tutta la sua storia precedente: basti pensare che la stragrande maggioranza delle opere musicali
che oggi fanno parte del repertorio rientra in questa categoria.
DODECAFONIA
La dodecafonia è una tecnica di composizione ideata da Arnold Schönberg (1874-1951), esposta in
un articolo del 1923 intitolato Komposition mit 12 Tönen ("Composizione con 12 note"). Ha lo
scopo di sostituire le funzioni presenti nella musica tonale e permettere al compositore di creare
brani complessi strutturati sul principio della pantonalità (termine usato da Schönberg in luogo di
atonalità, che egli respingeva in quanto intrinsecamente contraddittorio). Affermava che "nella
musica non c'è forma senza logica e non c'è logica senza unità".
Contesto storico
Nel periodo storico che va dagli ultimi decenni dell'Ottocento ai primi del Novecento, si assistette a
un progressivo allargamento dell'uso della dissonanza nelle composizioni musicali. Tale tendenza
(denominata in modo eloquente emancipazione della dissonanza) è evidente in compositori di
estrazione culturale eterogenea quali Franz Liszt, Richard Wagner, Johannes Brahms, Richard
Strauss, Alexander Scriabin, Claude Debussy, Maurice Ravel, Béla Bartók, Igor Stravinskij,
Ferruccio Busoni, oltre allo stesso Schönberg, e comportava un progressivo infittirsi della trama
armonica, con l'impiego di accordi sempre più densi. Fu soprattutto l'esasperato cromatismo del
Tristano e Isotta (composto da Wagner tra il 1857 e il 1859) a contribuire per primo alla
dissoluzione della tonalità tradizionale.
Dagli accordi di tredicesima, nei quali le sette note della tonalità sono tutte presenti, si passò a
introdurre note estranee alla tonalità, dapprima giustificate attraverso artifici armonici noti (le
modulazioni) — ma combinati tra loro in maniera sempre più massiccia e imprevedibile — poi
introdotte prescindendo dalla logica tonale fino a raggiungere il totale cromatico, vale a dire la
compresenza delle dodici note all'interno dello stesso spazio musicale o dello stesso agglomerato
sonoro (che non si può più, d'ora in avanti, definire accordo vero e proprio).
Caratteristiche
È a partire da questa situazione storica che Schönberg teorizza ed applica il suo «Metodo di
composizione con 12 note imparentate solo le une alle altre». Il sistema dodecafonico prevede la
creazione di una serie, cioè una successione di 12 suoni che esaurisca il totale cromatico. La serie è
differente dalla scala cromatica (12 semitoni), perché pur contenendo gli stessi suoni l'ordine è
scelto dal compositore in base alle esigenze del pezzo. Spesso la serie di 12 note è suddivisa in parti
più piccole o microserie di tre, quattro, sei note, con analogie interne tra gli intervalli.
La composizione impiegherà sistematicamente la serie sia orizzontalmente che verticalmente, ossia
sia per formare successioni melodiche, sia per sincronizzare più note. Questo tipo di architettura
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musicale comporta l'assenza di un centro tonale globalmente riconoscibile, poiché nessuno dei 12
suoni della serie viene impiegato con frequenza maggiore degli altri. Poiché però il riconoscimento
di un centro tonale non dipende solo dalla frequenza media di apparizione di una nota, ma anche
dalle particolari successioni orizzontali e verticali adoperate e dalle loro "attrazioni" , anche nella
musica dodecafonica si avvertono (e nelle opere di Schönberg sono sfruttati consapevolmente e
intensivamente) residui di forza armonica tonale nei singoli passaggi accordali.
Il compositore ha altresì a sua disposizione i classici metodi di variazione tematica provenienti dalla
musica contrappuntistica: la serie può essere impiegata nell'ordine iniziale oppure dall'ultimo suono
al primo (serie per moto retrogrado) oppure invertendo specularmente la direzione degli intervalli
(serie per moto contrario) o anche combinando le due tecniche precedenti (contrario del retrogrado).
All'interno della serie possono essere permesse delle permutazioni. Ad esempio, una serie composta
dalle note 1-2-3-4-5-6 può essere permutata in 2-1-4-3-6-5.
Nel complesso la dodecafonia costituì una notevole semplificazione dell'organizzazione musicale
rispetto alla situazione immediatamente precedente, in cui, come si diceva, gli artifici armonici
impiegati avevano complicato enormemente la musica tonale.
Gli sviluppi della dodecafonia
La prima composizione basata parzialmente sul metodo dodecafonico fu il n.5 "Pezzi per pianoforte
op. 23" di Schönberg, così come parzialmente venne utilizzata per la "Serenata op. 24 per 7
strumenti"; l'utilizzo completo all'interno di un pezzo musicale si avrà nella "Suite op. 25 per
pianoforte". Concepì addirittura un'intera opera con questa tecnica: Moses und Aron (1930-1932)
rimasta incompiuta. In seguito Schönberg scrisse molte composizioni dodecafoniche, ma in genere
la sua tecnica seriale non era troppo rigida, e negli ultimi lavori egli si allontanò ulteriormente dal
metodo.
Tra gli esponenti di rilievo della dodecafonia vanno citati i due allievi di Schönberg, Alban Berg e
Anton Webern, l'uno con una sua visione personale del metodo dodecafonico (del quale si serviva
liberamente, come d'altronde il suo maestro), l'altro con una propensione all'utilizzo ferreo della
tecnica seriale. In tal modo dalla dodecafonia nascerà la serialità integrale, dove le serie sono
prodotte non solo sfruttando l'altezza delle note ma anche altri parametri musicali, quali la durata e
il timbro.
Webern fu preso come punto di riferimento da molti compositori delle generazioni successive,
facenti capo a Pierre Boulez e Olivier Messiaen, interessati agli sviluppi della serialità. Si sviluppò
la musica seriale o di serialità integrale al grido "Schönberg è morto!" (titolo di un articolo di Pierre
Boulez).
CONSONANZA E DISSONANZA
Nel linguaggio ordinario con il termine consonanza (dal latino consonare, "suonare insieme") si
indica in genere un insieme di suoni eseguiti simultaneamente e tali che l'effetto complessivo risulti
morbido e gradevole, mentre con il termine dissonanza, all'opposto, si indica un agglomerato di
suoni dall'effetto aspro e stridente.In realtà si definisce consonante un intervallo caratterizzato da
"stasi armonica"(non ha bisogno di risolvere su un ulteriore intervallo), dissonante quell'intervallo
che, all'orecchio, dà l'impressione di "movimento armonico", di dovere cioè risolvere su un
intervallo consonante. Nel linguaggio tecnico della teoria musicale, e in particolare dell'armonia, le
due parole hanno significati ben precisi, e anzi si può dire che la contrapposizione tra consonanza e
dissonanza, insieme al principio della tonalità, rappresenta la base della teoria armonica occidentale.
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MUSICA CONCRETA
Musica concreta (Musique Concrète) è un genere musicale che ebbe origine dalle esperienze del
compositore francese Pierre Schaeffer nel 1948.
Pierre Schaeffer parla di musica concreta intendendo il suono nella sua completezza; ovverosia il
fatto di ascoltare il suono in tutti i suoi aspetti (attacco sonoro, durata, inviluppo, densità di massa
sonora, andamento, timbro, frequenza, ampiezza etc.). Tale espressione si collocava in
contrapposizione all'idea di "astrazione" che secondo Schaeffer caratterizzava l'approccio musicale
dominante (musica elettronica, musica strumentale). Cioè, il pensare la musica per criteri astratti
(armonia, contrappunto, notazione, dispositivi logici, etc.) piuttosto che elaborarla concretamente
attraverso il suono e l'ascolto.
Pierre Schaeffer fu ingegnere musicale all'interno degli studi della società radiotelevisiva francese
(RTF). Questa attività gli permise di utilizzare il vasto archivio discografico della radio e di
cominciare a fare esperimenti sul suono ed il rumore, ma soprattutto cominciò a maturare delle
convinzioni innovative nell'ambito della composizione musicale.
Assieme al musicista Pierre Henry ed al fisico Andrè Moles, fonda nel 1951 a Parigi il Groupe de
Recherches de Musiques Concrète.
« Noi abbiamo chiamato la nostra musica concreta, poiché essa è costituita da elementi
preesistenti, presi in prestito da un qualsiasi materiale sonoro, sia rumore o musica tradizionale.
Questi elementi sono poi composti in modo sperimentale mediante una costruzione diretta che
tende a realizzare una volontà di composizione senza l'aiuto, divenuto impossibile, di una
notazione musicale tradizionale.[1] »
La possibilità di registrare il suono anche su nastro, apre orizzonti mai intravisti prima in tutta la
storia della musica. La Symphonie pour un homme seul del 1949 di Schaeffer ed Henry, in cui suoni
strumentali si mescolano a suoni presi dalla vita quotidiana dell'uomo (respiri, passi, fischi, porte
che sbattono ecc.), ce ne offre un esempio.
MUSICA ELETTRONICA
Per musica elettronica s'intende, in termini generali, la musica prodotta esclusivamente o
prevalentemente con strumentazione elettronica; ovvero con sintetizzatori, campionatori ed altri
strumenti. In tal senso, con l'evoluzione della tecnologia digitale, anche apparecchiature come il
personal computer sono diventati strumenti per produrre musica elettronica. La locuzione viene
talvolta assimilata, in modo non del tutto corretto, a quella di musica elettroacustica. Per questa
ragione, poiché gran parte della musica contemporanea è registrata, suonata, e scritta con l'ausilio di
equipaggiamenti elettronici (sequencer, hardware, software), l'espressione si applica in modo più
appropriato a quei generi e a quelle opere musicali in ui l'elettronica non costituisce semplicemente
un mezzo utilizzato nel processo di creazione di una registrazione di un brano musicale, ma è
viceversa intrinseca alla natura stessa del brano, come nel caso di incisioni dominate da
sintetizzatori, campionatori, drum machine, sequencer e così via. Il che non significa comunque che
questo genere di musica abbia sempre caratteristiche immediatamente riconoscibili, dato che
strumenti elettronici vengono spesso usati per riprodurre sonorità naturali o meccaniche. Va dunque
tenuto presente che in questo senso specifico, l'espressione musica elettronica si può applicare a
opere e artisti con intenti musicali estremamente diversi.
Da una matrice "colta", vicina alla musica contemporanea e a quella d'avanguardia, la musica
elettronica si sviluppa grazie al lavoro di compositori come Luciano Berio, John Cage, Franco
Evangelisti, György Ligeti, Bruno Maderna, Luigi Nono, Henri Pousseur, Steve Reich, Pierre
Schaeffer, Karlheinz Stockhausen, Edgar Varèse, Iannis Xenakis e Pietro Grossi. Questa prima
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generazione di compositori elettroacustici, particolarmente attiva negli anni Cinquanta e Sessanta, è
costituita dai pionieri della musica elettronica. La loro attività si svolge inizialmente presso le
istituzioni radiofoniche, gli unici enti che avevano la strumentazione necessaria e che investivano
nelle apparecchiature elettroniche. Presso gli studi della RTF di Parigi, Pierre Schaeffer e i suoi
collaboratori sul finire degli anni Quaranta avevano teorizzato e sviluppato la musica concreta. Con
l'arrivo dei primi oscillatori questi studi divennero un fertile terreno per la musica elettronica e la
musica elettroacustica.
Da una matrice "leggera", sviluppandosi inizialmente con il lavoro di alcuni artisti e gruppi
sperimentali degli anni Sessanta, la musica elettronica ha uno sviluppo sostanzialmente eterogeneo,
dovuto soprattutto al fatto che l'uso di sintetizzatori e campionatori si è via via largamente diffuso in
moltissimi generi, creando contaminazioni e commistioni che spesso rendono difficile
l'identificazione del genere stesso e il peso che la strumentazione elettronica ha in esso. Accanto ai
precursori fondamentali della musica elettronica tout-court, come Tangerine Dream, Kraftwerk e
Klaus Schulze, alla diffusione del sintetizzatore contribuirono nomi legati maggiormente alla scena
progressive, come Keith Emerson e Rick Wakeman, che utilizzarono l'elettronica sia per creare
atmosfere innovative, sia per riprodurre più facilmente sonorità altrimenti vincolate ad esecuzioni
strumentali complesse (ensemble di archi, ecc.) E' ormai un genere conosciuto ed apprezzato in
ogni ambito, esso fa parte ormai di tutti generi che non hanno a che fare con la musica elettronica in
sè,e dagli inizi, mescolandosi con la musica strumentale, appartiene al cosiddetto genere più
conosciuto per eccellenza tutt'ora, definito commerciale, più precisamente chiamati (dance
pop,synth pop,synth punk), e un genere a parte ma molto usato ormai anche da non produttori o dj,
l'house music. Esso poi si ramifica in altre miriadi di generi,fino ai più estremi e quindi
underground. Attualmente in Italia uno dei compositori che sta dando una nuova giovinezza alla
musica elettronica italiana è Jean Ven Robert Hal con l'utilizzo di strumenti sia "vintage" che
moderni.
ETNOMUSICOLOGIA
L'etnomusicologia è una parte della musicologia e dell'etnologia che studia le tradizioni musicali
orali di tutti i popoli, quindi sia la musica popolare che colta. Viene detta anche musicologia
comparata, in quanto uno dei suoi fini è il confronto delle musiche dei popoli extraeuropei tra loro e
con quelle dei popoli occidentali, anche se tra le due esiste una sottile e determinante differenza.
Possiamo considerare uno dei primi cultori di etnomusicologia Béla Bartók,
Uno strumento di supporto per l’etnomusicologia fu il fonografo meccanico (ora sostituito dal
registratore magnetico), inventato da Edison nel 1878, per mezzo del quale fu possibile
documentare più facilmente, fedelmente e sistematicamente la musica. Prima della sua invenzione
era stato possibile raccogliere e studiare soprattutto folklore poetico-narrativo.
Azione di uno studioso di etnometodologia davanti ad un prodotto etnico:
1. Registrazione;
2. Trascrizione, con criteri fedeli;
3. Analisi del contesto: è indispensabile perché la musica è funzionale alle situazioni collettive.
È un approccio antropologico, nel senso che si studia la cultura dall’interno;
4. Analisi del testo: consiste nell’individuare le “logiche di variazione” nel testo di un canto. A
questo proposito ricordiamo l’attività di Brailoiu, etnomusicologo e compositore romeno,
che dotò l’etnomusicologia di una solida base metodologica, in cui i punti salienti sono il
costante riferimento alle rivelazioni fonografiche dirette e l'impiego di strumenti d’indagine
musicali, linguistici e sociologici. Il suo metodo consisteva nel prendere la prima versione
ascoltata di un canto e nello scriverla su un rigo, mettendo, poi, sotto solo le varianti delle
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nuove versioni. A trascrizione ultimata notò che esistono “logiche di variazione”. Concluse
affermando che se ci sono variazioni negli stessi punti, c’è una libertà esecutiva
regolamentata;
5. Analisi melodica di un brano: consiste nello studio della melodia, delle scale e del ritmo del
canto, nonché nello studio del rapporto tra musica e testo.
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