ups - EDSlan

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UN COMPONENTE ESSENZIALE DEGLI IMPIANTI ELETTRICI
UPS: GRUPPO DI
CONTINUITÀ STATICO
DEVE ESSERE CORRETTAMENTE SCELTO E INSERITO
NELL’IMPIANTO
Gruppo statico.
Questo articolo è tratto dalla relazione che Assoautomazione-UPS dell’ANIE ha presentato agli Incontri Tecnici
TuttoNormel 2012 e dalla guida blu n. 16 “UPS” alla
quale si rinvia per i necessari approfondimenti.
1. Premessa
Un sistema capace di mantenere la continuità di alimentazione dei carichi prende il nome di UPS: Uninterruptible
Power Supply (System).
Prima dell’avvento dell’elettronica di potenza, la continuità dell’alimentazione era garantita dai gruppi di continuità rotanti (motore - volano - alternatore).
In un “Gruppo di continuità statico” il generatore elettrico è un inverter alimentato dalla rete e, in mancanza
di questa, da una batteria di accumulatori, tenuta in
carica da un raddrizzatore. 1
Prevedere un UPS è a volte un’imposizione normativa o
legislativa per ragioni di sicurezza; più frequentemente
è una scelta del progettista dell’impianto elettrico derivante da una valutazione del rischio.
A volte, la scelta se impiegare un UPS è facile, anche in
considerazione del tipo di utenza e dell’esperienza maturata in casi simili. Altre volte è difficile decidere a priori
se impiegare un UPS, poiché bisogna confrontare il costo
certo dell’UPS, con un danno economico, provocato dalla
mancanza o cattiva alimentazione, soltanto probabile.
Secondo uno studio condotto nel 2006 dal Politecnico di
Milano, le interruzioni transitorie e i buchi di tensione
provocano all’industria italiana un danno medio annuo
di circa 580 M€.
Spesso si ricorre all’UPS solo a posteriori, quando i primi
danni si sono già manifestati, bisogna così affrontare
costi maggiori con risultati minori.
2. Tipi di UPS
In relazione all’alimentazione elettrica, i carichi (apparecchi, apparecchiature, sistemi o parti di impianto) si
possono suddividere in:
• carichi ordinari: sono alimentati soltanto dall’alimentazione ordinaria;
1 In alcuni UPS l’energia è accumulata in un volano tenuto in movimento (quindi proprio “statico” non è). Ma l’autonomia è limitata a
qualche minuto, sicché serve soprattutto per coprire le interruzioni
transitorie e i buchi di tensione.
3
aprile 2013
• carichi privilegiati: devono continuare a funzionare
in mancanza dell’alimentazione ordinaria, per ragioni
economiche o di sicurezza;
• carichi sensibili: sono carichi privilegiati, che soffrono
non solo le interruzioni dell’alimentazione, ma necessitano di un’alimentazione elettrica di qualità (sinusoidale senza anomalie).
Gli UPS possono svolgere:
• soltanto la funzione di sopperire alla mancanza di
alimentazione;
• anche il compito di fornire al carico sensibile un’alimentazione di qualità.
Esistono tre tipi di UPS in relazione al modo di interagire con l’alimentazione e alla funzione svolta, norma
EN 62040-3 (seconda edizione): 2
• UPS a doppia conversione (VFI),
• UPS interattivo (VI),
• UPS passivo di riserva (VFD).
UPS a doppia conversione (VFI)
La fig. 1 mostra lo schema semplificato di un UPS a
doppia conversione.
In condizioni ordinarie, il carico è alimentato dalla rete tramite il raddrizzatore, che trasforma la corrente
alternata in continua e poi tramite l’inverter trasforma
la corrente continua in alternata, senza risentire dei
disturbi in rete; donde la dizione di UPS a doppia conversione, fig. 1 a).
Quando i disturbi in rete eccedono la tolleranza ammessa
dall’UPS, o peggio se viene a mancare completamente
la rete, la batteria di accumulatori alimenta l’inverter,
fig. 1 b). 3
In relazione alla provenienza dell’energia che alimenta
il carico, si distinguono i modi (o modalità) di funzionamento di un UPS:
• modo di funzionamento normale (modalità da rete):
l’energia proviene dalla rete, fig. 1a);
• modo di funzionamento da batteria (modalità da batteria): l’energia proviene dalla batteria, fig. 1b).
La sigla VFI sta ad indicare che la tensione (V) e la frequenza (F) in uscita dall’UPS sono indipendenti (I) dalla
tensione e dalla frequenza dell’alimentazione in ingresso.
Se, come in genere accade, la forma d’onda della tensione
in uscita, nel modo di funzionamento normale dell’UPS,
è sinusoidale con fattore di distorsione totale (THD) minore o uguale all’8%, si aggiunge la lettera S (VFI-S). 4
Una seconda lettera S indica che ciò vale anche nel modo
di funzionamento da batteria (VFI-SS).
In conclusione, la sigla VFI-SS indica un UPS con tensione
e frequenza in uscita indipendenti da quelle in ingresso
e con forma d’onda in uscita che rientra nei limiti indicati dalla norma, sia nel funzionamento normale, sia
nel funzionamento da batteria.
4
aprile 2013
Interruttore statico (bypass)
a)
Rete
Carico
Raddrizzatore
Inverter
Interruttore statico (bypass)
b)
Rete
Carico
Raddrizzatore
Inverter
Fig. 1 - UPS a doppia conversione (VFI):
a) flusso dell’energia (linea blu) nel modo di funzionamento
normale;
b) flusso dell’energia (linea blu) nel modo di funzionamento
da batteria.
Da quanto sopra è evidente che un UPS a doppia conversione è adatto per alimentare i carichi sensibili (ai
disturbi).
In parallelo al ramo raddrizzatore-inverter, l’UPS presenta
un bypass comandato da un interruttore statico (SCR: Silicon Controlled Rectifier). La funzione del bypass statico,
o semplicemente bypass, è nota: l’inverter si blocca (si
spegne) e chiude automaticamente l’interruttore statico
(commuta su bypass) in caso di:
• sovraccarico che ecceda la curva di sovraccaricabilità
dell’UPS, ad esempio all’inserzione dei carichi;
• cortocircuito a valle dell’UPS;
• guasto del raddrizzatore o dell’inverter. 5
Si configura quindi un terzo modo di funzionamento
dell’UPS: modo di funzionamento in bypass.
Nel modo di funzionamento in bypass il carico è ancora alimentato, ma l’alimentazione è degradata essendo
soggetta ai disturbi di rete. 6
2 La norma EN 62040-1 riguarda la sicurezza; la norma EN 62040-2 la
compatibilità elettromagnetica e la norma EN 62040-3 le prestazioni
degli UPS.
3 La batteria di accumulatori sarà nel seguito denominata in breve
“batteria” per semplicità.
4 Inoltre, le singole armoniche devono rientrare nei limiti indicati dalla norma.
5 La tensione all’uscita dell’inverter è mantenuta in sincronismo (stesso valore e fase) con l’alimentazione a monte, per evitare discontinuità nella commutazione su bypass.
6 L’interruttore di bypass può essere elettromeccanico, oltre che stati-
co. Per indicare entrambi i tipi di interruttori si parla di bypass automatico, anche per distinguerlo dal bypass manuale.
Il bypass statico manca nei modelli di piccola potenza
(centinaia di watt) e negli UPS a doppia conversione
destinati a svolgere la funzione di convertitore di frequenza, per ovvie ragioni.
La doppia conversione comporta, in condizioni ordinarie
di funzionamento, perdite di potenza sul raddrizzatore e soprattutto sull’inverter, a scapito del rendimento
dell’UPS.
Per ridurre le perdite, un sistema di controllo automatico
può scegliere tra il modo di funzionamento normale o
in bypass, in base ai parametri della rete:
• dopo un tempo predeterminato di osservazione, se la
tensione e la frequenza da rete sono esenti da disturbi, non c’è bisogno dell’UPS a doppia conversione e
l’automatismo commuta il carico su bypass;
• non appena l’alimentazione in ingresso è disturbata
l’automatismo attiva la doppia conversione.
Fintanto che l’UPS funziona nel modo in bypass il rendimento è prossimo ad uno, con vantaggio per l’economia.
Si dice che l’UPS funziona in modalità ECO (ECO mode,
ovvero modalità economica). 7
Solo quando l’UPS funziona effettivamente in doppia
conversione, il rendimento si riduce.
Il vantaggio per il rendimento medio, ad esempio durante
un anno, dipende dal tempo complessivo per cui l’UPS
ha funzionato nella modalità ECO.
La fig. 2 mostra lo schema completo tipico di un UPS a
doppia conversione.
Linea principale
(o primaria)
Linea di bypass
(o di riserva)
(1)
(1)
Bypass
manuale
Bypass
statico
UPS interattivo (VI)
La fig. 3 mostra uno schema tipico di un UPS interattivo.
In condizioni ordinarie, ovvero nell’ambito della tolleranza di tensione della rete accettata dall’UPS, il carico è
alimentato tramite il bypass e l’inverter che può erogare
potenza reattiva per correggere il fattore di potenza e/o
la tensione, fig. 3 a). In altri termini, l’inverter fornisce
potenza solo quando è necessario, per effettuare le correzioni, donde il nome di “UPS interattivo”.
Quando le oscillazioni di tensione superano determinati
limiti, l’inverter alimenta il carico prelevando potenza
attiva dalla batteria, fig. 3 b).
Il raddrizzatore in fig. 3 è dimensionato solo per caricare
la batteria (caricabatteria) e non alimenta il carico in
condizioni ordinarie, come avviene invece in fig. 1. 9
L’UPS interattivo controlla solo la tensione di alimentazione e non la frequenza; perciò è adatto per alimentare
i carichi che sono sensibili soltanto alle variazioni (lente)
di tensione.
La sigla VI ricorda che la tensione (V) in uscita è indipendente (I) da quella in ingresso, perché regolata
dall’inverter. La frequenza in uscita è invece quella dell’a-
(1)
Carico
(1) In
Il bypass di manutenzione di fig. 2 (detto anche bypass
manuale o di servizio) permette di porre fuori servizio
l’UPS per eseguire la manutenzione, ma non è sempre
presente.
Un aspetto importante di un UPS a doppia conversione
è la continuità galvanica tra ingresso ed uscita.
Se il conduttore di neutro è passante il tipo di sistema
elettrico (TT, TN o IT) è lo stesso a monte e a valle
dell’UPS.
Un UPS con isolamento galvanico tra ingresso e uscita
(trasformatore) permette di cambiare il regime del neutro.
A volte, questa è una opzione da definire all’atto dell’ordine dell’UPS.
In fig. 1 l’UPS ha un solo ingresso; in fig. 2 ha un
doppio ingresso: uno per il raddrizzatore e inverter e
uno per il bypass statico.
Con l’unico ingresso (linea), se interviene l’interruttore
automatico a monte, l’UPS passa nel funzionamento da
batteria e trascorso il tempo di autonomia si spegne.
Con il doppio ingresso (linea principale e linea di bypass
o di riserva), se interviene l’interruttore automatico sulla
linea principale, l’UPS funziona da batteria e, terminata
l’autonomia, commuta su bypass. 8
alternativa, interruttore automatico.
7 Il rendimento si riferisce all’alimentazione da rete (funzionamento
normale) e non al funzionamento da batteria.
8 Questo permette di mantenere la qualità dell’alimentazione fornita al
carico per il tempo di autonomia della batteria.
Fig. 2 - Schema unifilare tipico, con i dispositivi di manovra
e protezione interni, di un UPS a doppia conversione, con due
linee di alimentazione.
9 Il caricabatteria è un raddrizzatore dimensionato per caricare la bat-
teria: Il raddrizzatore vero è proprio è dimensionato per alimentare il
carico tramite l’inverter. Il simbolo grafico è però lo stesso.
5
aprile 2013
limentazione in ingresso. 10
Il rendimento di un UPS interattivo (VI) è maggiore di
quello di un UPS a doppia conversione (VFI-S), a parità di ogni altra condizione, perché nel funzionamento
normale la potenza attiva per il carico non attraversa
la “doppia conversione” dovuta alla linea raddrizzatoreinverter, quindi le perdite sono inferiori. 11
Un UPS interattivo è comunemente chiamato “UPS off
line” nel senso che il carico è alimentato dall’inverter solo
quando la rete va fuori dei parametri stabiliti; mentre
l’UPS a doppia conversione è denominato “UPS on line”
perché il carico è sempre alimentato dall’inverter.
I termini “on line” e “off line” sono sconsigliati dalla
norma, perché potrebbero essere intesi nel senso di UPS
collegato alla rete e non collegato alla rete.
In verità, si tratta di termini convenzionali e non c’è
nulla di male nel loro impiego, purché sia chiaro il loro
significato in modo da evitare malintesi.
UPS passivo di riserva (VFD)
La fig. 4 mostra lo schema di un UPS passivo di riserva.
In condizioni ordinarie il carico è alimentato direttamente dalla rete tramite il bypass automatico, fig. 4 a);
quando manca l’alimentazione, oppure la tensione e/o
la frequenza di rete escono dalla tolleranza stabilita, il
carico viene alimentato da batteria e inverter, fig. 4 b).
È di tutta evidenza che la tensione e la frequenza in uscita
dall’UPS sono quelle in ingresso, donde la sigla VFD; in
altre parole, tensione (V) e frequenza (F) in uscita dall’UPS
sono dipendenti (D) dalla tensione e frequenza in ingresso.
Negli UPS più economici l’interruttore statico è sostituito
da un commutatore elettromeccanico, che introduce ovviamente una discontinuità nell’alimentazione del carico.
Alcuni modelli più sofisticati possono avere anche uno
stabilizzatore di tensione (AVR) sulla linea di bypass.
La forma d’onda fornita da un UPS passivo di riserva è
quella della rete nel funzionamento normale, mentre nel
funzionamento da batteria dipende dal tipo di inverter,
che deve essere adatto al tipo di carico.
L’UPS passivo di riserva ha ovviamente un alto rendimento, perché l’energia che alimenta il carico non attraversa il caricabatteria, né l’inverter che in funzionamento
normale è sempre inattivo.
L’UPS passivo di riserva è adatto per alimentare carichi
non sensibili, che necessitano di un’alimentazione supplementare in caso di mancanza dell’alimentazione ordinaria,
oppure che funzionano solo in emergenza.
Un UPS passivo di riserva è un “UPS off line”. La fig. 5
pone in relazione i tipi di carichi con i tipi di UPS.
Un UPS a doppia conversione (VFI) può essere previsto
dal costruttore per essere impostato, mediante comandi
manuali o automatici, per svolgere la funzione di un UPS
interattivo (VI), o addirittura passivo di riserva (VFD).
Nella letteratura tecnica questi UPS sono comunemente
indicati come UPS multi-mode (multi-modo). 12
6
aprile 2013
a)
Interruttore statico (bypass)
Rete
Carico
Caricabatteria
b)
Inverter
Interruttore statico (bypass)
Rete
Carico
Caricabatteria
Inverter
Fig. 3 - UPS interattivo (VI) costituito da interruttore statico,
caricabatteria e inverter:
a) funzionamento normale;
b) funzionamento da batteria.
a)
Bypass automatico (statico o elettromeccanico)
Rete
Carico
Caricabatteria
b)
Inverter
Bypass automatico (statico o elettromeccanico)
Rete
Carico
Caricabatteria
Inverter
Fig. 4 - UPS passivo di riserva (VFD):
a) funzionamento normale;
b) funzionamento da batteria.
10 La forma d’onda della tensione in uscita di un UPS interattivo varia
da un modello all’altro e informazioni in merito vanno richieste al costruttore.
11 Ci si riferisce ad un UPS a doppia conversione con forma d’onda
sinusoidale della tensione in uscita (VFI-S), poiché se la forma d’onda
non è sinusoidale il rendimento diventa simile a quello di un UPS interattivo (VI).
12 Non si tratta di una dizione della norma, dove invece il “modo”
indica il modo di funzionamento (normale, da batteria, in bypass) e
non la classe di prestazione dell’UPS (VFI, VI o VFD). La confusione di
termini è tuttavia superabile, poiché il significato di “modo” emerge
dal contesto in cui il termine viene utilizzato.
Soccorritori (CPS)
I sistemi di alimentazione centralizzata (CPS: Central
Power Supply), comunemente “soccorritori”, sono destinati ad alimentare apparecchiature o circuiti elettrici che
devono funzionare anche in mancanza dell’alimentazione
ordinaria, per garantire il funzionamento di apparecchiature ai fini della sicurezza delle persone, in particolare
l’illuminazione di sicurezza centralizzata.
La fig. 6 mostra lo schema di un soccorritore che alimenta un carico in alternata; in pratica, corrisponde a
un UPS a doppia conversione senza bypass. Se il carico
è in corrente continua viene meno l’inverter.
I soccorritori sono spesso utilizzati come sorgente centralizzata per l’illuminazione di sicurezza, di qui il nome
della norma di prodotto EN 50171 (CEI 34-102) “Central
Power Supply system (Sistemi di alimentazione centralizzata)” 13
Un sistema di alimentazione con potenza in uscita fino
a 500 W per 3 h, oppure 1500 W per 1 h, è denominato
LPS: Low Power Supply System.
La batteria deve avere una durata di dieci anni, alla
temperatura ambiente di 20 °C (ridotta a cinque anni
per gli LPS).
Il caricabatteria deve fornire almeno l’80% dell’autonomia
prevista entro 12 h dall’inizio della carica, la batteria deve
essere protetta dalla scarica completa, inoltre l’inverter
deve essere in grado di gestire il 120% del carico per
la durata nominale.
Gli UPS utilizzati per alimentare servizi di sicurezza devono essere dichiarati dal costruttore conformi anche
alla norma EN 50171, come prescritto dalla norma CEI
64-8, art. 526.6. 14
Carichi
Ordinari
Preferenziali
NO UPS
Sensibili
Non sensibili
UPS
tipo VFI o VI
UPS
tipo VFD
(1)
(1) UPS di tipo VI se il carico tollera le variazioni di frequenza della rete
e la forma d’onda della tensione generata dall’UPS.
Fig. 5 - Tipi UPS da utilizzare in relazione al tipo di carico.
Raddrizzatore
Inverter
Carico
Rete
a)
Raddrizzatore
Rete
Inverter
Carico
b)
3. Scelta della potenza
Per scegliere la potenza di un UPS occorre prima individuare quella dei carichi da alimentare.
Innanzi tutto è bene premettere che il “carico” spesso
non coincide con quello di una macchina o di un processo industriale, ma è costituito dalla parte “sensibile”
di comando e controllo, che di solito rappresenta una
piccola frazione della potenza totale della macchina.
In presenza di più carichi, occorre poi introdurre un
coefficiente di contemporaneità. Bisogna anche tenere
conto che gli apparecchi sono specificati per la potenza massima, mentre in genere la potenza mediamente
assorbita è minore (coefficiente di utilizzazione). Due
coefficienti difficili da individuare, ma che vanno stabiliti, d’accordo con il committente, in base all’esperienza
e alle esigenze del caso.
Va inoltre individuato il fattore di potenza del carico,
o meglio la potenza apparente e la potenza attiva del
carico complessivo che l’UPS deve fornire. 15
Occorre, infine, mettere in conto un margine di poten-
Fig. 6 - Soccorritore con carico in corrente alternata:
a) funzionamento normale;
b) funzionamento da batteria.
13 Non è un caso se la norma EN 50171 (in revisione) è stata preparata
da un apposito gruppo di lavoro del Cenelec sull’illuminazione di emergenza (BTTF 62-8 Emergency lighting systems).
14 Sono esclusi i sistemi di alimentazione per gli allarmi antincendio
di cui alla norma EN 54.
15 In proposito è bene ricordare che si possono sommare aritmetica-
mente le potenze attive dei carichi (P1, P2, P3, ….), ma non le potenze apparenti (S1, S2, S3…); queste ultime vanno sommate vettorialmente, tenuto conto del fattore di potenza di ciascun carico.
Se, per semplificare, si sommano aritmeticamente le potenze apparenti
di carichi con fattori di potenza molto diversi tra loro, si rischia di
scegliere un UPS di potenza eccessiva rispetto alle esigenze. La differenza potrebbe essere tuttavia trascurabile, tenuto conto del limitato
numero di taglie di potenza disponibili per il modello di UPS prescelto.
Se i carichi sono già in esercizio, si può misurare direttamente la corrente totale assorbita (I) e calcolare la potenza apparente (VI).
7
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za per un probabile aumento dei carichi da alimentare
tramite UPS (in genere, entro i successivi 10-15 anni),
ma non si deve neanche esagerare nel sovradimensionare
l’UPS. 16
Un margine del 20% in caso di incertezza è ragionevole.
La modularità degli UPS permette spesso di far fronte a
sviluppi del carico non previsti.
Una volta individuata la potenza complessiva del carico
da alimentare, sia la potenza apparente Sc sia la potenza
attiva Pc (oppure il fattore di potenza), si deve scegliere
la potenza dell’UPS.
La potenza nominale di un UPS è la potenza apparente, indicata dal costruttore, che l’UPS può erogare a regime: potenza nominale apparente Sn (kVA).
In genere, il costruttore indica sia la potenza nominale
apparente (Sn), sia la potenza nominale attiva (Pn) che
un UPS può erogare, ad esempio 100 kVA e 90 kW.
Un generatore tradizionale (alternatore, trasformatore) è
specificato con la potenza apparente, perché la potenza
attiva cambia con il tipo di carico, ma può erogare una
potenza attiva al massimo uguale alla potenza apparente
(P = S), quando il fattore di potenza è uguale a uno
(cosϕ =1). Questo non è più vero per un UPS, anche se nei
confronti del carico si comporta come un generatore. 17
In poche parole, non si può assumere che un UPS di
potenza apparente 100 kVA sia in grado di alimentare
un carico di potenza attiva 100 kW, come avviene ad
esempio per un trasformatore. Nell’esempio di cui sopra,
l’UPS di 100 kVA può infatti alimentare un carico di
potenza attiva al massimo di 90 kW.
Bisogna dunque scegliere la potenza dell’UPS in modo
da soddisfare entrambe le condizioni:
a) potenza apparente nominale dell’UPS maggiore della
potenza apparente del carico: Sn ≥ Sc;
b) potenza attiva nominale dell’UPS maggiore della potenza attiva del carico: Pn ≥ Pc.
Questo vuol dire che, nell’esempio suddetto, finché il fattore
di potenza del carico è minore di 0,9 è sufficiente che sia
Sn ≥ Sc mentre quando il fattore di potenza del carico supera
0,9 diventa più restrittiva la condizione Pn ≥ Pc e spesso
occorre scegliere un UPS di taglia maggiore.
Il costruttore fornisce in genere il diagramma circolare
delle potenze; un esempio è riportato in fig. 7 dal quale si ricavano la potenza apparente e la potenza attiva
fornite dall’UPS in questione. 18
Potenza attiva/Pn
Carico capacitivo
Carico induttivo
cosϕ = 0,9
cosϕ = 0,8
1,00
Sn
0,75
0,50
0,25
Potenza
reattiva/Qn
-0,8
-0,6
-0,4
-0,2
0
0,2
0,4
0,6
0,8
1
Fig. 7 - Esempio di diagramma circolare delle potenze di un UPS.
Se il rendimento di un UPS è ad esempio 0,95 (95%) il
5,26 % della potenza elettrica assorbita si trasforma in
potenza termica dissipata nell’ambiente, con un costo
diretto (sulla bolletta) e un costo indiretto per asportare
il calore dall’ambiente in cui si trova l’UPS. 19
Bisogna asportare calore per evitare un aumento di temperatura nell’ambiente, che ridurrebbe la durata di vita
dei componenti elettronici e della batteria (se installata
nello stesso ambiente).
Il rendimento di un UPS è uno dei parametri fondamentali
da considerare nel valutare il costo di un UPS.
Dopo 4÷5 anni il costo per l’energia elettrica perduta
dall’UPS spesso uguaglia il costo di acquisto dell’UPS.
La differenza di rendimento tra un vecchio UPS ed uno
di nuova generazione può addirittura giustificarne la
sostituzione. 20
La fig. 8 mostra l’andamento del rendimento di UPS a
doppia conversione (VFI-S), per fasce di potenza, al variare del carico (valori minimi del rendimento indicati a
titolo informativo dalla norma EN 62040-3, Appendice I).
A parità di carico, il rendimento aumenta con la potenza
dell’UPS.
Il rendimento di un determinato UPS aumenta con il
carico, ovvero il rendimento è minore ai bassi carichi,
16 Non solo aumenta il costo di acquisto dell’UPS ma anche il costo di
esercizio, perché un UPS che lavora a carico ridotto presenta di solito
un rendimento minore.
17 Ciò è dovuto alla particolarità del generatore e alla presenza di filtri
interni (condensatori) che in pratica l’UPS deve alimentare in parallelo
al carico.
18 Negli UPS più recenti il diagramma delle potenze è simmetrico, con
4. Rendimento
Il rendimento, o efficienza (η), è dato dal rapporto tra la
potenze attiva erogata in uscita (P) e la potenza attiva
assorbita in ingresso (P/η).
La potenza elettrica perduta, pari a P/η - P = (1- η)
P/η, si trasforma in potenza termica.
8
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fattore di potenza ± 0,8.
19 Da notare che i ventilatori interni agli armadi immettono il calore
nell’ambiente e dunque sono a tal fine irrilevanti; per contro, la potenza che assorbono è già conteggiata nel rendimento dell’UPS.
20 Nella letteratura tecnica viene assunto come parametro significativo
il TCO (Total Cost of Ownership) cioè il costo totale che un prodotto comporta nell’arco della sua vita: acquisto, installazione, gestione,
perdite, esercizio, manutenzione, fino alla discarica.
poiché le perdite fisse (a vuoto) percentualmente pesano
di più.
Tanto più le perdite a vuoto sono ridotte, tanto più è
piatta la curva del rendimento al variare del carico. 21
Il basso rendimento degli UPS a carico ridotto va tenuto in debito conto nella scelta del singolo UPS e della
configurazione dell’UPS.
Non conviene scegliere un UPS di potenza troppo grande
rispetto al carico da alimentare, se presenta un basso
rendimento a carico ridotto; per fare fronte a futuri
aumenti di potenza del carico è preferibile in tal caso
utilizzare UPS modulari.
La fig. 9 mette a confronto i rendimenti di UPS tipo
VFI-S, VI e VFD per potenze ≥ 10 kVA.
Gli UPS che forniscono le prestazioni migliori (VFI-S)
hanno ovviamente il rendimento minore, a pari potenza
dell’UPS e del carico alimentato.
Gli UPS che possono cambiare la classe di prestazione,
in base alle esigenze di rete, ad esempio da VFI-S a
VI (i cosiddetti UPS multi-mode) hanno ovviamente un
rendimento intermedio tra i due.
Rendimento
200 kVA ≤ S
VFI-S
93%
40 kVA ≤ S < 200 kVA
92%
91%
20 kVA ≤ S < 40 kVA
90%
89%
10 kVA ≤ S < 20 kVA
88%
87%
5 kVA ≤ S < 10 kVA
86%
85%
3,5 kVA ≤ S < 5 kVA
84%
83%
82%
1,5 kVA ≤ S < 3,5 kVA
81%
80%
0,8 kVA ≤ S < 1,5 kVA
79%
78%
0,3 kVA ≤ S < 0,8 kVA
77%
76%
75%
74%
73%
72%
25%
50%
75%
Carico
100%
21 Gli UPS a doppia conversione VFI-S più recenti, a tecnologia IGBT,
hanno un rendimento intorno al 96% poco influenzato dal carico, contro un rendimento variabile con il carico dal 85% al 92% degli UPS
tradizionali.
Fig. 8 - Rendimento di UPS (VFI-S) al variare del carico per fasce
di potenza degli UPS.
Rendimento
Rendimento
Rendimento
100%
100%
100%
99%
99%
S ≥ 200 kVA
98%
97%
98%
97%
S ≥ 200 kVA
96%
95%
98%
40 kVA ≤ S < 200 kVA
96%
97%
96%
95%
95%
94%
94%
94%
93%
93%
92%
92%
40 kVA ≤ S < 200 kVA
91%
VFI-S
90%
89%
89%
88%
88%
87%
87%
86%
20 kVA ≤ S < 40 kVA
91%
90%
20 kVA ≤ S < 40 kVA
88%
10 kVA ≤ S < 20 kVA
87%
86%
85%
84%
84%
83%
83%
83%
82%
82%
10 kVA ≤ S < 20 kVA
81%
80%
25%
50%
75%
Carico
81%
100%
80%
25%
10 kVA ≤ S < 20 kVA
89%
85%
84%
20 kVA ≤ S < 40 kVA
92%
86%
85%
VFD
93%
VI
91%
90%
40 kVA ≤ S < 200 kVA
99%
S ≥ 200 kVA
a)
82%
50%
75%
b)
Carico
81%
100%
80%
25%
Carico
50%
75%
100%
c)
Fig. 9 - Rendimento di UPS di potenza superiore a 10 kVA:
a) a doppia conversione VFI-S;
b) interattivo VI;
c) passivo di riserva VFD.
9
aprile 2013
La dizione commerciale ECO mode, corrisponde al modo
di funzionamento in bypass e dunque le perdite sono
ovviamente ridotte al minimo (rendimento intorno al
98%).
La norma EN 62040-3 (seconda edizione, 2012) impone
al costruttore di indicare il rendimento nel modo di
funzionamento normale con il carico al 25%, 50%, 75%
e 100%.
Se l’UPS è multi-mode il costruttore deve fornire i dati
relativi ad ogni classe di prestazione.
Le figure precedenti si riferiscono ad UPS senza trasformatore di separazione e senza filtri, la cui presenza
abbassa ulteriormente il rendimento.
5. Batteria
Generalità
La batteria è un elemento fondamentale dell’UPS, perché
senza energia di riserva l’UPS non può fornire un’alimentazione continua e di qualità.
La batteria deve essere in grado di alimentare il carico
nominale per il tempo stabilito in base alle esigenze
dell’utente (autonomia). In genere, l’autonomia di un
UPS è di 5÷30 min; oltre questo tempo si ricorre ad un
gruppo elettrogeno, salvo casi particolari.
Durante la ricarica, soprattutto nella fase terminale, l’accumulatore sviluppa idrogeno e ossigeno.
In alcuni tipi di batterie, l’idrogeno e l’ossigeno si ricombinano per formare acqua: batterie sigillate (a ricombinazione), non occorre quindi aggiungere acqua distillata.
Negli UPS si utilizzano in genere batterie sigillate al
piombo (batterie al piombo regolate con valvole, ovvero
VRLA: Valve Regulated Lead Acid). Meno utilizzate le
batterie sigillate al nichel-cadmio (più costose). 22
La capacità di una batteria rappresenta l’energia elettrica
accumulata ed è espressa dal prodotto della corrente di
scarica (A) per il tempo di scarica (h).
La capacità nominale di una batteria è indicata con il
simbolo Crt dove il pedice esprime il tempo nominale
di scarica, in ore. Ad esempio C10 = 60 Ah indica una
batteria che eroga 6 A per 10 h.
Il costruttore dell’UPS sceglie la capacità della batteria,
sulla base delle indicazioni fornite dal fabbricante delle
batterie, in relazione alla potenza dell’UPS e al tempo
per cui deve fornire tale potenza nel funzionamento da
batteria (autonomia dell’UPS).
In genere, per gli UPS, si utilizzano batterie VRLA tipo
AMG con durata di vita di 10 anni ad una temperatura
di riferimento, indicata dal costruttore, compresa tra
20 °C ÷ 25 °C. 23
La durata di vita della batteria si riduce con il numero
di cariche - scariche, ma soprattutto con l’aumento della
temperatura ambiente.
10
aprile 2013
La durata di vita della batteria si dimezza se la temperatura ambiente permane a 35 °C invece di 25 °C.
Le modalità di ricarica di una batteria sono molteplici;
il costruttore della batteria suggerisce quella più adatta
al tipo di batteria.
Il carica batterie svolge un ruolo molto importante per
l’affidabilità della batteria e le istruzioni fornite dal costruttore dell’UPS per la sua messa punto, gestione e
manutenzione vanno seguite con diligenza.
Pericolo di esplosione
Quando l’idrogeno supera il 4% in aria forma una miscela
esplosiva. Anche le batterie sigillate emettono idrogeno
e ossigeno nella fase di ricarica.
Il termine “batterie sigillate o ermetiche” trae in inganno, poiché in realtà sta ad indicare che la batteria non
necessita di essere aperta per ripristinare l’acqua, mentre
durante la ricarica i gas trafilano ugualmente attraverso
la valvola, anche se in quantitativo ridotto rispetto alle
batterie a vaso aperto; inoltre, in caso di anomalie del
carica batterie la sovrapressione determina la completa
apertura della valvola. 24
In sintesi, il locale dove si trova la batteria sigillata
dell’UPS deve essere ventilato, anche se è sufficiente una
piccola portata d’aria per evitare il pericolo di esplosione,
come di seguito indicato.
Le batterie (VRLA) sono in genere installate entro armadi appositi, o negli UPS di minor potenza, nello stesso
armadio dell’UPS.
L’armadio è opportunamente ventilato dal costruttore,
secondo quanto indicato dalla norma di prodotto, in
modo da evitare la formazione di una miscela esplosiva
all’interno dell’armadio stesso.
La norma fa carico al costruttore dell’UPS di fornire le
informazioni relative al flusso d’aria necessario per ventilare il locale dove è installato l’armadio con le batterie
(quando le batterie sono fornite insieme con l’UPS).
Il costruttore dell’UPS spesso rinvia alle norme sulle
batterie, le quali sono però poco note e di non facile
applicazione.
È vero che il pericolo di esplosione con le batterie sigillate è remoto e in genere la ventilazione necessaria per
asportare calore dall’ambiente copre anche il rischio di
esplosione, ma è meglio calcolare la portata dell’aria di
ventilazione che evita il pericolo di esplosione.
22 Nelle batterie VRLA l’elettrolita (soluzione di acido solforico in ac-
qua) è inglobato in un materiale in fibra di vetro microporosa (batterie
AGM: Adsorbed Glass Mat), oppure in una sostanza gelatinosa (batterie
al gel).
23 Una batteria è al termine della sua vita utile quando la capacità di
scarica è ridotta al 50% o al 60% secondo le modalità di prova.
24 Nella ricarica a corrente costante delle batterie VRLA i gas si ricom-
binano almeno al 90%.
Secondo la norma sulla sicurezza degli UPS (EN 62040-1),
la portata Q della ventilazione si ricava dalla formula:
Q = 0,000108 n C10
(m3/h)
dove:
• n è il numero totale di celle, che formano la batteria
VRLA al servizio dell’UPS, presenti nel locale;
• C10 è la capacità nominale della suddetta batteria (Ah),
indicata dal costruttore dell’UPS.
Ad esempio, per un UPS da 80 kVA, con autonomia di
15 min, siano previste 44 batterie monoblocco ciascuna
con 6 celle VRLA con una capacita C10 = 100 Ah. Occorre
in tal caso una portata della ventilazione del locale di:
Q = 0,000108 x 264 x 100 = 2,85 m3/h.
Per ottenere tale portata d’aria (ventilazione naturale)
sono sufficienti aperture di ventilazione di superficie (A),
al netto di eventuali ostacoli al flusso dell’aria (griglie):
A = 28 Q (cm2) dove Q è espressa in metri cubi all’ora,
nell’assunzione cautelativa che l’aria abbia una velocità di
0,1 m/s in corrispondenza dell’apertura di ventilazione.
Nell’esempio di cui sopra A = 28 x 2,85 = 80 cm2.
Sono dunque sufficienti due aperture da 10 cm x 10 cm:
una di entrata dell’aria in basso e una di uscita in alto
(differenza di quota di almeno 2 m, per favorire l’effetto
camino), preferibilmente su pareti opposte del locale, e
in modo che il flusso d’aria lambisca l’armadio batterie.
In alternativa, si può prevedere un sistema di ventilazione forzata. 25
Eventuali anomalie a tale impianto devono essere rilevate (mediante un flussometro o relè amperometrico sul
circuito di alimentazione dell’aspiratore) e comportare il
blocco del caricabatteria.
La ventilazione richiesta per evitare il pericolo di esplosione è dunque minima e spesso trascurabile rispetto a
quella in genere necessaria per asportare calore dall’ambiente in cui sono installati gli UPS.
Casi particolari si possono verificare quando la batteria
viene installata in un locale apposito, specie di piccole
dimensioni, oppure si voglia sigillare l’ambiente per installare un sistema di spegnimento dell’incendio a gas
inerte (azoto, argon, ecc.), che spegne l’incendio riducendo l’ossigeno dell’aria.
Come ulteriore precauzione è opportuno evitare di installare interruttori, o altri apparecchi che producono
scintille, a meno di 50 cm dalle aperture di uscita dell’aria
(aperture superiori) degli armadi batterie. Questo perché
nonostante la ventilazione di cui sopra, la concentrazione
di idrogeno in prossimità della batteria potrebbe essere
ancora pericolosa.
La distanza di 50 cm è approssimata, ma convenzionalmente stabilita dalla norma specifica sugli UPS, mentre un
calcolo più accurato è soggetto ad incertezze tra norme
impianti e norme di prodotto (batterie). 26
6. Interruttori automatici
La fig. 10 mostra un esempio tipico di interruttori automatici posti a protezione di un UPS.
Gli interruttori sui circuiti di uscita (1, 2 e 3) devono
permettere l’inserzione del carico e in caso di di cortocircuito intervenire, per quanto possibile, prima che
l’inverter vada in blocco.
Se questo non avviene, l’UPS commuta su bypass e si
stabilisce la corrente di cortocircuito fornita dalla rete.
Gli interruttori a valle dell’UPS devono avere perciò un
potere di interruzione adeguato a quest’ultima corrente
di cortocircuito.
L’interruttore sulla linea di bypass (B) deve avere adeguato potere di interruzione, essere selettivo con gli
interruttori 1, 2 e 3 e non intervenire all’inserzione dei
carichi, previsti per essere inseriti simultaneamente.
L’interruttore statico deve essere protetto dalle correnti
di cortocircuito. Il costruttore dell’UPS può provvedere
a tal fine con protezioni interne, oppure indicare nelle
istruzioni il valore di I2t sopportabile dall’UPS e lasciare
il compito all’impiantista.
In genere, l’interruttore posto a protezione della linea di
bypass (B) ha una elevata corrente nominale, per essere
selettivo con gli interruttori a valle (1, 2 e 3) o ritardato,
sicché difficilmente protegge l’interruttore statico.
Tale protezione può essere svolta dagli interruttori a valle; a tal fine, occorre verificare che l’I2t lasciato passare
sia minore o uguale a quello sopportabile dall’interruttore
statico. 27
L’interruttore (A) sulla linea principale va scelto secondo
le regole generali impianti.
Gli interruttori automatici sui circuiti 3F + N devono essere quadripolari con il polo di neutro protetto (stessa
taratura delle fasi).
7. Interruttori differenziali
Gli UPS sono destinati a garantire la continuità di servizio, mentre gli interruttori differenziali sono soggetti
ad interventi intempestivi, dunque sono antitetici. 28
In presenza di UPS (senza trasformatore di separazione),
gli interruttori differenziali vanno impiegati soltanto se
25 È bene ricordare che la ventilazione forzata e la ventilazione naturale non si sommano, ma sono per loro natura in alternativa.
26 Norma per le batterie stazionarie EN 50272-2 e guida CEI 31-35 sul-
la classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione, TNE 2/09.
27 Si trascura il caso di un cortocircuito a valle dell’interruttore statico
e a monte degli interruttori 1, 2 e 3.
28 Dopo l’intervento dell’interruttore differenziale, l’UPS continua ad
alimentare il carico per il tempo di autonomia della batteria, poi si
spegne.
11
aprile 2013
A
B
Io
A
1
2
3
IA
B
IB
C
IC
Fig. 10 - Esempio di disposizione degli interruttori automatici a
monte e a valle di un UPS con doppio ingresso.
Fig. 11 - L’interruttore differenziale sente la somma della corrente di dispersione dell’UPS (Io) e dei carichi (IA + IB + IC) che
alimenta.
indispensabili per la protezione contro i contatti indiretti, cioè:
• sempre nei sistemi TT,
• nei sistemi TN soltanto se non è possibile conseguire
la sicurezza mediante le protezioni di sovracorrente. 29
L’interruttore differenziale sente le correnti di dispersione
sia dell’UPS, sia degli apparecchi da esso alimentati, fig. 11.
La soglia d’intervento (Idn) va quindi scelta in modo
che superi tre volte la corrente totale di dispersione. 30
Si può escludere a priori l’impiego di interruttori differenziali da 30 mA come protezione addizionale contro i
contatti diretti, perché incompatibile con le correnti di
dispersione degli UPS. 31
Né tale protezione è richiesta dalla norma per i circuiti
prese degli uffici o luoghi similari. 32
L’interruttore differenziale deve essere di tipo A o B
soltanto se richiesto dal costruttore dell’UPS nel foglio
di istruzioni.
Se l’UPS alimenta più circuiti spesso vale la pena proteggere anche i circuiti a valle con un proprio interruttore
differenziale e prevedere la selettività con l’interruttore
a monte, fig. 12.
Se l’UPS ha due ingressi, uno collegato alla linea principale
e uno alla linea di bypass (di riserva), non si può installare un interruttore differenziale su ciascuna linea, perché
il conduttore di neutro non è interrotto dall’interruttore statico e questo può causare interventi intempestivi
dell’interruttore sulla linea di bypass, fig. 13.
Bisogna installare un solo interruttore differenziale a
monte di entrambe le linee, in questo modo la somma
delle correnti, compresa quella di neutro, nel rivelatore
differenziale è nulla e l’interruttore differenziale non
interviene, fig. 14.
12
aprile 2013
29 Nei sistemi TN un guasto a terra a valle dell’UPS determina un’eleva-
ta corrente di guasto, che provoca il blocco dell’inverter e la commutazione su bypass.
30 Un interruttore differenziale può intervenire per correnti superiori
a Idn/2.
31 A volte la corrente di dispersione supera 3,5 mA e occorre prendere
provvedimenti per evitare che la semplice interruzione del conduttore
di protezione metta in pericolo l’operatore.
32 I casi in cui la norma impone l’interruttore differenziale da 30 mA
sono elencati su TNE 12/08, pag. 16.
L1 L2 L3 N
L1 L2 L3 N
Idn = 1 A tipo S
Linea
principale
Linea
di bypass
In
Idn = 0,3 A
tipo generale
A
B
Fig. 12 - È opportuno proteggere i circuiti a valle dell’UPS con
un proprio interruttore differenziale e garantire la selettività
con l’interruttore a monte.
Fig. 13 - UPS con doppia linea ognuna protetta da un interruttore differenziale: la corrente di squilibrio sul neutro provoca
l’intervento dell’interruttore differenziale sulla linea di bypass.
Per motivi analoghi occorre proteggere più UPS in parallelo con un solo interruttore differenziale a monte, fig. 15.
stenza RE che soddisfi la condizione RE ≤ 50 /Id dove Id
è la corrente di primo guasto a terra.
La corrente Id di guasto a terra è modesta e dunque la
condizione è sempre soddisfatta.
La norma generale si preoccupa anche di garantire la
sicurezza al secondo guasto nei sistemi IT, mediante
altre condizioni sull’impedenza dell’anello di guasto di
ogni circuito, ma nel caso degli UPS la stessa norma
ritiene trascurabile la probabilità di un secondo guasto
8. Protezione dai contatti indiretti nel funzionamento da batteria
Quando manca l’alimentazione da rete, l’UPS continua
ad alimentare i carichi per il tempo di autonomia della
batteria.
In questo periodo di tempo deve essere comunque garantita la protezione contro i contatti indiretti. 33
La batteria rappresenta una sorgente autonoma, senza
un punto a terra; inoltre, anche il conduttore di neutro
passante nell’UPS è interrotto (isolato da terra) dall’intervento dell’interruttore differenziale o automatico a
monte dell’UPS stesso (occorre verificare che l’interruttore
automatico sia quadripolare). 34
Per la protezione dei contatti indiretti si può allora seguire le regole dei sistemi IT. 35
Le masse devono essere collegate ad una terra di resi-
33 È vero che tale periodo di tempo è breve e la probabilità che si
verifichi un guasto a terra è piccola (tanto è vero che la norma CEI
64-8 ritiene tale probabilità trascurabile), ma è anche vero che se la
mancanza dell’alimentazione è dovuta all’intervento dell’interruttore
differenziale il guasto a terra è già in atto.
34 È ragionevole trascurare il caso particolare in cui manca l’alimenta-
zione, ma il neutro non è interrotto (manca l’alimentazione sulla media tensione) e nel frattempo si verifichi un guasto a terra negli apparecchi alimentati dall’UPS nel funzionamento da batteria.
35 In alternativa, si può applicare la misura di protezione per separa-
zione elettrica, secondo le modalità e i limiti indicati dalla norma CEI
64-8, TNE 6/03, pag. 3.
13
aprile 2013
L1 L2 L3 N
a)
In
Linea
principale
Linea
di bypass
Carico
b)
A
B
Carico
Fig. 14 - UPS con doppia linea protetto da un unico interruttore
differenziale.
La corrente di squilibrio sul neutro non determina l’intervento
dell’interruttore differenziale.
Fig. 15 - UPS in parallelo:
a) gli interruttori differenziali sui singoli UPS possono intervenire intempestivamente;
b) installare un unico interruttore differenziale a monte.
a terra nel tempo di autonomia della batteria, CEI 64-8
art. 413.1.4.1 (commento).
Si tratta cioè di un sistema IT-temporaneo che gode di
una deroga normativa, non occorre quindi un dispositivo
di controllo dell’isolamento, né la verifica dell’impedenza
dell’anello di guasto.
In conclusione, nel funzionamento da batteria la protezione contro i contatti indiretti è di fatto assicurata
senza alcuna verifica.
Come è noto, il comando di emergenza deve togliere tensione a tutte le possibili fonti di alimentazione
dell’impianto, ad eccezione delle sorgenti che alimentano
servizi di sicurezza, cioè i servizi che devono continuare
a funzionare proprio per gestire l’emergenza, come ad
esempio le pompe antincendio, gli ascensori antincendio,
l’illuminazione di sicurezza.
In mancanza dell’alimentazione da rete, interrotta dal
suddetto comando di emergenza nell’impianto, l’UPS funziona nel modo da batteria e continua ad alimentare i
carichi preferenziali.
Si tratta di stabilire se il comando di emergenza debba interrompere anche i carichi preferenziali alimentati
dall’UPS nel funzionamento da batteria.
Se l’UPS alimenta un solo apparecchio, o la singola postazione di lavoro ad esempio di un PC, il pericolo è
circoscritto e non occorre che il comando di emergenza
centralizzato metta fuori tensione anche l’UPS. Il pro-
9. Il comando di emergenza
Comando di emergenza dell’impianto
Nelle attività soggette al controllo di prevenzione incendi
(DPR 151/2011) è richiesto un comando di emergenza
per sezionare l’impianto elettrico prima di intervenire
per spegnere un incendio.
14
aprile 2013
UPS
UPS
DG
DG
Quadro generale
Quadro preferenziali
(servizi non di sicurezza)
Comando di
emergenza generale
Quadro servizi
di sicurezza
Comando di
emergenza
generale
Comando di emergenza
dei servizi di sicurezza
Fig. 16 - Comando di emergenza dell’impianto con UPS che alimenta servizi non di sicurezza.
Fig. 17 - Comando di emergenza dell’impianto con UPS che alimenta servizi di sicurezza.
blema sussiste in presenza di UPS centralizzati e dunque
di circuiti di distribuzione che rimangono in tensione.
L’impiego dell’EPO per mettere fuori tensione i circuiti
a valle dell’UPS deve essere attentamente valutato in
relazione alle finalità.
Se si deve intervenire sui circuiti alimentati dall’UPS
per eseguire un lavoro elettrico fuori tensione, occorre
sezionare tali circuiti; in tal caso l’EPO non è idoneo se,
come in genere accade, interviene sull’elettronica, poiché
i dispositivi di interruzione statici non sono ritenuti
idonei per garantire il sezionamento.
Si può, invece, utilizzare l’EPO come comando di emergenza per interrompere l’alimentazione a valle dell’UPS,
perché la norma accetta in questo caso i dispositivi di
interruzione statici, purché interrompano tutti i conduttori attivi. 37
L’EPO spegne l’inverter e interrompe il bypass statico,
dunque i conduttori di fase non sono più alimentati né
dalla rete, né dalla batteria, ma la rete potrebbe mantenere in tensione il conduttore di neutro, se passante (tra
ingresso ed uscita dell’UPS). E il conduttore di neutro è
un conduttore attivo.
Se il neutro è passante, bisogna allora distinguere se
l’alimentazione a monte dell’UPS è un sistema TT, TN
oppure IT.
Se l’UPS alimenta servizi non di sicurezza, il comando di
emergenza deve interrompere l’alimentazione ordinaria e
quella da UPS, con una sola manovra, fig. 16.
Se l’UPS alimenta servizi di sicurezza deve rimanere in
funzione; non va interrotto dal comando di emergenza
generale dell’attività, ma deve essere possibile mettere fuori tensione l’UPS quando il servizio di sicurezza
non è più utile per l’emergenza e i circuiti in tensione
possono costituire un pericolo durante le operazioni di
emergenza, fig. 17.
Una volta interrotta l’alimentazione dalla rete e dall’UPS
rimane comunque in tensione la batteria, ma se questa è
interna agli armadi costituisce un pericolo trascurabile. 36
Se, invece, la batteria è collocata in locale apposito,
perché di grandi dimensioni, il locale deve essere esterno
al compartimento antincendio dove i Vigili del Fuoco
devono intervenire in caso di incendio.
Comando di emergenza dell’UPS
Gli UPS ad installazione fissa devono essere dotati di un
contatto, normalmente chiuso, il cosiddetto EPO (Emergency Power Off), detto anche ESD (Emergency Switching
Device).
L’EPO è inserito in un circuito interno all’UPS la cui
apertura, mediante azionamento del fungo rosso, mette
in sicurezza l’UPS in caso di emergenza. In genere, l’EPO
disattiva il raddrizzatore, l’inverter e interrompe il bypass
statico; a volte apre anche il circuito della batteria.
Si possono mettere fuori servizio contemporaneamente
anche più UPS, aprendo il circuito in cui siano stati posti
in serie i contatti EPO di tali UPS.
36 La persona è in pericolo se apre gli armadi e tocca contemporanea-
mente due poli (in genere la batteria non ha un punto a terra).
37 I dispositivi di interruzione statici sono poco affidabili e non sono
accettabili ai fini del sezionamento, perché la persona che deve eseguire lavori elettrici fuori tensione è protetta soltanto dal sezionamento del circuito (unica misura di protezione).
Nel comando di emergenza si vuole aprire il circuito per evitare che
nell’intervento di emergenza qualcuno entri occasionalmente in contatto con le parti in tensione, ma la probabilità che una persona entri
in contatto con una parte attiva è piccola, mentre nel sezionamento è
una certezza (probabilità uno).
15
aprile 2013
Se il sistema è TT o IT il conduttore di neutro è da ritenere pericoloso e dunque l’EPO non è accettabile come
comando di emergenza dei circuiti a valle dell’UPS.
Se però l’EPO è inserito in un comando di emergenza
che mette fuori tensione l’intero impianto e interrompe
quindi anche il conduttore di neutro a monte dell’UPS,
è accettabile mettere fuori tensione i circuiti a valle
dell’UPS tramite l’EPO, anche se il sistema che alimenta
l’UPS è un sistema TT o IT.
Nei sistemi TN il conduttore di neutro, pur essendo un
conduttore attivo, non è considerato pericoloso: tanto è
vero che non è richiesto il sezionamento del conduttore
di neutro (CEI 64-8).
Dunque, quando l’UPS è alimentato da un sistema TN
si può utilizzare l’EPO come comando di emergenza dei
circuiti a valle dell’UPS, anche se il conduttore di neutro
è passante.
Se il neutro non è passante, ad esempio è interrotto da
un trasformatore di separazione, l’EPO può essere utilizzato come comando di emergenza dei circuiti alimentati
dall’UPS, oppure può essere inserito nel circuito del comando di emergenza generale, qualunque sia il sistema
di alimentazione in ingresso all’UPS (TT, TN o IT).
Sezionamento dell’UPS e ritorno di tensione
Il dispositivo di sezionamento a bordo dell’UPS, o a monte
dell’UPS stesso, garantisce nella posizione di aperto la
sicurezza nei confronti della rete di alimentazione, ma
sui morsetti di uscita del dispositivo di sezionamento e
a valle di tali morsetti, può essere presente una tensione
pericolosa in caso di anomalia sull’UPS, poiché la batteria
mantiene in tensione l’UPS.
Il cartello di fig. 18 deve essere apposto sui morsetti
di ingresso dell’UPS e dei dispositivi di sezionamento a
monte, per avvisare gli operatori del pericolo. 38
Per evitare la presenza di tensione sui terminali di ingresso in mancanza della rete di alimentazione, l’UPS
deve essere dotato di una protezione contro il ritorno
di tensione (backfeed protection).
La protezione controlla un guasto dell’interruttore statico e negli UPS di tipo VI anche dello stabilizzatore di
tensione.
In pratica, si tratta di un contatto libero (privo di tensione) che cambia posizione, inserito nel circuito di comando di un dispositivo interno all’UPS, che interrompe
il circuito in caso di tensione di ritorno.
Negli UPS ad installazione fissa, il costruttore, invece di
prevedere il dispositivo di interruzione interno all’UPS,
può incaricare nelle istruzioni di montaggio l’impiantista
di inserire il contatto di backfeed nel circuito di comando di un dispositivo di sezionamento sull’alimentazione
dell’UPS. 39
a)
-
Prima di operare su questo circuito
Sezionare il sistema di continuità (UPS)
Quindi verificare, la presenza di tensione pericolosa
tra tutti i morsetti, compresa la terra di protezione
Rischio di ritorno di tensione
b)
Fig. 18 - Cartello monitore:
a) il cartello serve per avvisare del pericolo di tensione, anche
in mancanza della tensione in rete
b) il cartello va applicato sui morsetti di ingresso dell’UPS e
sui morsetti di uscita dei dispositivi di sezionamento a monte
dell’UPS.
to dalla protezione di backfeed è anche richiesto dalle
regole di connessione alla rete di media (CEI 0-16, art.
8.5.4) e di bassa tensione (CEI 0-21, art. 8.4.3) per gli
UPS trifase di potenza complessiva superiore a 10 kW, i
quali potrebbero rialimentare la rete.
Il comando del dispositivo di sezionamento, tramite la
38 Il cartello è utile anche se la norma CEI 11-27 sui lavori elettrici
impone alla persona (esperta o avvertita) di verificare l’assenza di tensione prima di iniziare i lavori.
39 Negli UPS alimentati da presa a spina andrebbero in tensione gli
Un dispositivo di sezionamento sull’impianto, comanda-
16
aprile 2013
spinotti della spina e il dispositivo di protezione deve essere interno.
protezione di ritorno, può essere attuato in diversi modi.
Vedere in proposito TNE 10/10, pag. 17.
Le verifiche periodiche dell’UPS, unite al monitoraggio di
determinate funzioni, riducono al minimo la probabilità
di guasto.
10. Manutenzione
Tempo di riparazione di un guasto
Per riparare un guasto in breve tempo occorre personale che conosca molto bene l’UPS e sia appositamente
addestrato.
La riduzione di tale tempo inizia, però, fin dal progetto
dell’UPS, ad esempio il facile accesso al punto guasto,
la facile sostituzione di parti complesse dell’UPS difficilmente riparabili sul posto.
La disponibilità dei pezzi di ricambio (originali) è un altro
fattore determinante per ridurre il tempo di riparazione
di un guasto.
La tele-assistenza permette di facilitare la diagnosi e di risolvere taluni problemi mediante il personale dell’utente,
preventivamente formato e adeguatamente indirizzato.
La formazione del personale dell’utente è un altro
elemento importante, sia per la corretta conduzione
dell’UPS, sia per colloquiare a distanza con il personale
specializzato del costruttore.
Se l’UPS funziona male, o non funziona affatto, viene
meno la continuità e la qualità dell’alimentazione che
dovrebbe garantire.
Per aumentare la percentuale di tempo per cui l’UPS
funziona correttamente (disponibilità) occorre ridurre il
numero di guasti e il tempo di riparazione di un guasto.
Numero di guasti
Molti dei guasti sono prevedibili: infatti, man mano che
un componente si avvicina al termine della vita attesa
aumenta la probabilità che si guasti.
Gli elementi critici di un UPS sono:
• la batteria: vita attesa, cinque o dieci anni;
• i condensatori elettrolitici: vita attesa cinque anni;
• le ventole: vita attesa cinque anni.
La vita attesa di un componente è riferita a condizioni
standard; la durata di vita reale dipende dalle condizioni
ambientali e di funzionamento, ovvero dalle sollecitazioni
che il componente subisce.
In particolare, la vita reale si riduce drasticamente all’aumentare della temperatura del microambiente in cui si
trova.
La vita reale diventa la metà di quella attesa quando la
temperatura ambiente aumenta di 10 °C rispetto a quella
a cui è riferita la vita attesa.
Un piano di manutenzione prevede appunto di sostituire
il componente quando si avvicina all’80% della durata
di vita
• la manutenzione preventiva si riferisce alla vita attesa
(tempo di sostituzione predefinito);
• la manutenzione predittiva valuta la riduzione della
vita attesa mediante il controllo dei parametri che
influiscono sulla vita, e quindi si riferisce al tempo
di vita residuo del componente.
La manutenzione correttiva non prevede alcun piano di
manutenzione: si limita a riparare il guasto quando si
manifesta tramite la disfunzione dell’UPS, cioè quando
è ormai troppo tardi.
Le verifiche periodiche con esame a vista, prove e misure
sono fondamentali per evitare i guasti.
L’occhio di un tecnico esperto vede quello che la persona comune non vede, ad esempio l’annerimento di un
contatto è indice di surriscaldamento, il gonfiore di un
condensatore rivela un guasto, ecc.
Un esame termografico evidenzia i punti caldi, che l’occhio umano non riesce a vedere e che potrebbero provocare disfunzioni e anche un incendio.
La ditta di manutenzione
Da quanto suindicato emerge chiaramente che la manutenzione di un UPS è un compito da specialisti, non è
roba per global service (salvo casi particolari).
Il candidato naturale a svolgere la migliore manutenzione
è il costruttore dell’UPS, perché:
• conosce meglio di chiunque altro il proprio prodotto;
• ha la disponibilità dei pezzi di ricambio;
• può proporre variazioni in base ai nuovi prodotti, in
rapida evoluzione,
sempre che il servizio di assistenza del costruttore abbia
una diffusione capillare e reperibilità ventiquattro ore su
ventiquattro, in modo che il tempo di accesso sia ridotto.
Il contratto di manutenzione
Il contratto di manutenzione è un passaggio chiave per
stabilire i rapporti tra le parti, le condizioni alle quali la
manutenzione viene prestata, gli obiettivi da conseguire,
anche ai fini della garanzia e delle reciproche responsabilità, TNE 6/07, pag. 3.
Il costo della manutenzione deve essere confrontato con
il danno probabile che un fermo dell’UPS, dovuto ad una
manutenzione inadeguata. può provocare.
È opportuno che l’utente valuti attentamente la proposta
di contratto, tra quelle standard disponibili, anche con
l’aiuto di un esperto, per scegliere il tipo di contratto
più idoneo al proprio caso.
Inoltre, deve approfondire le clausole contrattuali in
modo da chiarire a priori diritti e doveri delle parti ed
evitare interminabili discussioni e controversie conseguenti al danno economico e d’immagine di un eventuale
disservizio.
17
aprile 2013
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