UN COMPONENTE ESSENZIALE DEGLI IMPIANTI ELETTRICI UPS: GRUPPO DI CONTINUITÀ STATICO DEVE ESSERE CORRETTAMENTE SCELTO E INSERITO NELL’IMPIANTO Gruppo statico. Questo articolo è tratto dalla relazione che Assoautomazione-UPS dell’ANIE ha presentato agli Incontri Tecnici TuttoNormel 2012 e dalla guida blu n. 16 “UPS” alla quale si rinvia per i necessari approfondimenti. 1. Premessa Un sistema capace di mantenere la continuità di alimentazione dei carichi prende il nome di UPS: Uninterruptible Power Supply (System). Prima dell’avvento dell’elettronica di potenza, la continuità dell’alimentazione era garantita dai gruppi di continuità rotanti (motore - volano - alternatore). In un “Gruppo di continuità statico” il generatore elettrico è un inverter alimentato dalla rete e, in mancanza di questa, da una batteria di accumulatori, tenuta in carica da un raddrizzatore. 1 Prevedere un UPS è a volte un’imposizione normativa o legislativa per ragioni di sicurezza; più frequentemente è una scelta del progettista dell’impianto elettrico derivante da una valutazione del rischio. A volte, la scelta se impiegare un UPS è facile, anche in considerazione del tipo di utenza e dell’esperienza maturata in casi simili. Altre volte è difficile decidere a priori se impiegare un UPS, poiché bisogna confrontare il costo certo dell’UPS, con un danno economico, provocato dalla mancanza o cattiva alimentazione, soltanto probabile. Secondo uno studio condotto nel 2006 dal Politecnico di Milano, le interruzioni transitorie e i buchi di tensione provocano all’industria italiana un danno medio annuo di circa 580 M€. Spesso si ricorre all’UPS solo a posteriori, quando i primi danni si sono già manifestati, bisogna così affrontare costi maggiori con risultati minori. 2. Tipi di UPS In relazione all’alimentazione elettrica, i carichi (apparecchi, apparecchiature, sistemi o parti di impianto) si possono suddividere in: • carichi ordinari: sono alimentati soltanto dall’alimentazione ordinaria; 1 In alcuni UPS l’energia è accumulata in un volano tenuto in movimento (quindi proprio “statico” non è). Ma l’autonomia è limitata a qualche minuto, sicché serve soprattutto per coprire le interruzioni transitorie e i buchi di tensione. 3 aprile 2013 • carichi privilegiati: devono continuare a funzionare in mancanza dell’alimentazione ordinaria, per ragioni economiche o di sicurezza; • carichi sensibili: sono carichi privilegiati, che soffrono non solo le interruzioni dell’alimentazione, ma necessitano di un’alimentazione elettrica di qualità (sinusoidale senza anomalie). Gli UPS possono svolgere: • soltanto la funzione di sopperire alla mancanza di alimentazione; • anche il compito di fornire al carico sensibile un’alimentazione di qualità. Esistono tre tipi di UPS in relazione al modo di interagire con l’alimentazione e alla funzione svolta, norma EN 62040-3 (seconda edizione): 2 • UPS a doppia conversione (VFI), • UPS interattivo (VI), • UPS passivo di riserva (VFD). UPS a doppia conversione (VFI) La fig. 1 mostra lo schema semplificato di un UPS a doppia conversione. In condizioni ordinarie, il carico è alimentato dalla rete tramite il raddrizzatore, che trasforma la corrente alternata in continua e poi tramite l’inverter trasforma la corrente continua in alternata, senza risentire dei disturbi in rete; donde la dizione di UPS a doppia conversione, fig. 1 a). Quando i disturbi in rete eccedono la tolleranza ammessa dall’UPS, o peggio se viene a mancare completamente la rete, la batteria di accumulatori alimenta l’inverter, fig. 1 b). 3 In relazione alla provenienza dell’energia che alimenta il carico, si distinguono i modi (o modalità) di funzionamento di un UPS: • modo di funzionamento normale (modalità da rete): l’energia proviene dalla rete, fig. 1a); • modo di funzionamento da batteria (modalità da batteria): l’energia proviene dalla batteria, fig. 1b). La sigla VFI sta ad indicare che la tensione (V) e la frequenza (F) in uscita dall’UPS sono indipendenti (I) dalla tensione e dalla frequenza dell’alimentazione in ingresso. Se, come in genere accade, la forma d’onda della tensione in uscita, nel modo di funzionamento normale dell’UPS, è sinusoidale con fattore di distorsione totale (THD) minore o uguale all’8%, si aggiunge la lettera S (VFI-S). 4 Una seconda lettera S indica che ciò vale anche nel modo di funzionamento da batteria (VFI-SS). In conclusione, la sigla VFI-SS indica un UPS con tensione e frequenza in uscita indipendenti da quelle in ingresso e con forma d’onda in uscita che rientra nei limiti indicati dalla norma, sia nel funzionamento normale, sia nel funzionamento da batteria. 4 aprile 2013 Interruttore statico (bypass) a) Rete Carico Raddrizzatore Inverter Interruttore statico (bypass) b) Rete Carico Raddrizzatore Inverter Fig. 1 - UPS a doppia conversione (VFI): a) flusso dell’energia (linea blu) nel modo di funzionamento normale; b) flusso dell’energia (linea blu) nel modo di funzionamento da batteria. Da quanto sopra è evidente che un UPS a doppia conversione è adatto per alimentare i carichi sensibili (ai disturbi). In parallelo al ramo raddrizzatore-inverter, l’UPS presenta un bypass comandato da un interruttore statico (SCR: Silicon Controlled Rectifier). La funzione del bypass statico, o semplicemente bypass, è nota: l’inverter si blocca (si spegne) e chiude automaticamente l’interruttore statico (commuta su bypass) in caso di: • sovraccarico che ecceda la curva di sovraccaricabilità dell’UPS, ad esempio all’inserzione dei carichi; • cortocircuito a valle dell’UPS; • guasto del raddrizzatore o dell’inverter. 5 Si configura quindi un terzo modo di funzionamento dell’UPS: modo di funzionamento in bypass. Nel modo di funzionamento in bypass il carico è ancora alimentato, ma l’alimentazione è degradata essendo soggetta ai disturbi di rete. 6 2 La norma EN 62040-1 riguarda la sicurezza; la norma EN 62040-2 la compatibilità elettromagnetica e la norma EN 62040-3 le prestazioni degli UPS. 3 La batteria di accumulatori sarà nel seguito denominata in breve “batteria” per semplicità. 4 Inoltre, le singole armoniche devono rientrare nei limiti indicati dalla norma. 5 La tensione all’uscita dell’inverter è mantenuta in sincronismo (stesso valore e fase) con l’alimentazione a monte, per evitare discontinuità nella commutazione su bypass. 6 L’interruttore di bypass può essere elettromeccanico, oltre che stati- co. Per indicare entrambi i tipi di interruttori si parla di bypass automatico, anche per distinguerlo dal bypass manuale. Il bypass statico manca nei modelli di piccola potenza (centinaia di watt) e negli UPS a doppia conversione destinati a svolgere la funzione di convertitore di frequenza, per ovvie ragioni. La doppia conversione comporta, in condizioni ordinarie di funzionamento, perdite di potenza sul raddrizzatore e soprattutto sull’inverter, a scapito del rendimento dell’UPS. Per ridurre le perdite, un sistema di controllo automatico può scegliere tra il modo di funzionamento normale o in bypass, in base ai parametri della rete: • dopo un tempo predeterminato di osservazione, se la tensione e la frequenza da rete sono esenti da disturbi, non c’è bisogno dell’UPS a doppia conversione e l’automatismo commuta il carico su bypass; • non appena l’alimentazione in ingresso è disturbata l’automatismo attiva la doppia conversione. Fintanto che l’UPS funziona nel modo in bypass il rendimento è prossimo ad uno, con vantaggio per l’economia. Si dice che l’UPS funziona in modalità ECO (ECO mode, ovvero modalità economica). 7 Solo quando l’UPS funziona effettivamente in doppia conversione, il rendimento si riduce. Il vantaggio per il rendimento medio, ad esempio durante un anno, dipende dal tempo complessivo per cui l’UPS ha funzionato nella modalità ECO. La fig. 2 mostra lo schema completo tipico di un UPS a doppia conversione. Linea principale (o primaria) Linea di bypass (o di riserva) (1) (1) Bypass manuale Bypass statico UPS interattivo (VI) La fig. 3 mostra uno schema tipico di un UPS interattivo. In condizioni ordinarie, ovvero nell’ambito della tolleranza di tensione della rete accettata dall’UPS, il carico è alimentato tramite il bypass e l’inverter che può erogare potenza reattiva per correggere il fattore di potenza e/o la tensione, fig. 3 a). In altri termini, l’inverter fornisce potenza solo quando è necessario, per effettuare le correzioni, donde il nome di “UPS interattivo”. Quando le oscillazioni di tensione superano determinati limiti, l’inverter alimenta il carico prelevando potenza attiva dalla batteria, fig. 3 b). Il raddrizzatore in fig. 3 è dimensionato solo per caricare la batteria (caricabatteria) e non alimenta il carico in condizioni ordinarie, come avviene invece in fig. 1. 9 L’UPS interattivo controlla solo la tensione di alimentazione e non la frequenza; perciò è adatto per alimentare i carichi che sono sensibili soltanto alle variazioni (lente) di tensione. La sigla VI ricorda che la tensione (V) in uscita è indipendente (I) da quella in ingresso, perché regolata dall’inverter. La frequenza in uscita è invece quella dell’a- (1) Carico (1) In Il bypass di manutenzione di fig. 2 (detto anche bypass manuale o di servizio) permette di porre fuori servizio l’UPS per eseguire la manutenzione, ma non è sempre presente. Un aspetto importante di un UPS a doppia conversione è la continuità galvanica tra ingresso ed uscita. Se il conduttore di neutro è passante il tipo di sistema elettrico (TT, TN o IT) è lo stesso a monte e a valle dell’UPS. Un UPS con isolamento galvanico tra ingresso e uscita (trasformatore) permette di cambiare il regime del neutro. A volte, questa è una opzione da definire all’atto dell’ordine dell’UPS. In fig. 1 l’UPS ha un solo ingresso; in fig. 2 ha un doppio ingresso: uno per il raddrizzatore e inverter e uno per il bypass statico. Con l’unico ingresso (linea), se interviene l’interruttore automatico a monte, l’UPS passa nel funzionamento da batteria e trascorso il tempo di autonomia si spegne. Con il doppio ingresso (linea principale e linea di bypass o di riserva), se interviene l’interruttore automatico sulla linea principale, l’UPS funziona da batteria e, terminata l’autonomia, commuta su bypass. 8 alternativa, interruttore automatico. 7 Il rendimento si riferisce all’alimentazione da rete (funzionamento normale) e non al funzionamento da batteria. 8 Questo permette di mantenere la qualità dell’alimentazione fornita al carico per il tempo di autonomia della batteria. Fig. 2 - Schema unifilare tipico, con i dispositivi di manovra e protezione interni, di un UPS a doppia conversione, con due linee di alimentazione. 9 Il caricabatteria è un raddrizzatore dimensionato per caricare la bat- teria: Il raddrizzatore vero è proprio è dimensionato per alimentare il carico tramite l’inverter. Il simbolo grafico è però lo stesso. 5 aprile 2013 limentazione in ingresso. 10 Il rendimento di un UPS interattivo (VI) è maggiore di quello di un UPS a doppia conversione (VFI-S), a parità di ogni altra condizione, perché nel funzionamento normale la potenza attiva per il carico non attraversa la “doppia conversione” dovuta alla linea raddrizzatoreinverter, quindi le perdite sono inferiori. 11 Un UPS interattivo è comunemente chiamato “UPS off line” nel senso che il carico è alimentato dall’inverter solo quando la rete va fuori dei parametri stabiliti; mentre l’UPS a doppia conversione è denominato “UPS on line” perché il carico è sempre alimentato dall’inverter. I termini “on line” e “off line” sono sconsigliati dalla norma, perché potrebbero essere intesi nel senso di UPS collegato alla rete e non collegato alla rete. In verità, si tratta di termini convenzionali e non c’è nulla di male nel loro impiego, purché sia chiaro il loro significato in modo da evitare malintesi. UPS passivo di riserva (VFD) La fig. 4 mostra lo schema di un UPS passivo di riserva. In condizioni ordinarie il carico è alimentato direttamente dalla rete tramite il bypass automatico, fig. 4 a); quando manca l’alimentazione, oppure la tensione e/o la frequenza di rete escono dalla tolleranza stabilita, il carico viene alimentato da batteria e inverter, fig. 4 b). È di tutta evidenza che la tensione e la frequenza in uscita dall’UPS sono quelle in ingresso, donde la sigla VFD; in altre parole, tensione (V) e frequenza (F) in uscita dall’UPS sono dipendenti (D) dalla tensione e frequenza in ingresso. Negli UPS più economici l’interruttore statico è sostituito da un commutatore elettromeccanico, che introduce ovviamente una discontinuità nell’alimentazione del carico. Alcuni modelli più sofisticati possono avere anche uno stabilizzatore di tensione (AVR) sulla linea di bypass. La forma d’onda fornita da un UPS passivo di riserva è quella della rete nel funzionamento normale, mentre nel funzionamento da batteria dipende dal tipo di inverter, che deve essere adatto al tipo di carico. L’UPS passivo di riserva ha ovviamente un alto rendimento, perché l’energia che alimenta il carico non attraversa il caricabatteria, né l’inverter che in funzionamento normale è sempre inattivo. L’UPS passivo di riserva è adatto per alimentare carichi non sensibili, che necessitano di un’alimentazione supplementare in caso di mancanza dell’alimentazione ordinaria, oppure che funzionano solo in emergenza. Un UPS passivo di riserva è un “UPS off line”. La fig. 5 pone in relazione i tipi di carichi con i tipi di UPS. Un UPS a doppia conversione (VFI) può essere previsto dal costruttore per essere impostato, mediante comandi manuali o automatici, per svolgere la funzione di un UPS interattivo (VI), o addirittura passivo di riserva (VFD). Nella letteratura tecnica questi UPS sono comunemente indicati come UPS multi-mode (multi-modo). 12 6 aprile 2013 a) Interruttore statico (bypass) Rete Carico Caricabatteria b) Inverter Interruttore statico (bypass) Rete Carico Caricabatteria Inverter Fig. 3 - UPS interattivo (VI) costituito da interruttore statico, caricabatteria e inverter: a) funzionamento normale; b) funzionamento da batteria. a) Bypass automatico (statico o elettromeccanico) Rete Carico Caricabatteria b) Inverter Bypass automatico (statico o elettromeccanico) Rete Carico Caricabatteria Inverter Fig. 4 - UPS passivo di riserva (VFD): a) funzionamento normale; b) funzionamento da batteria. 10 La forma d’onda della tensione in uscita di un UPS interattivo varia da un modello all’altro e informazioni in merito vanno richieste al costruttore. 11 Ci si riferisce ad un UPS a doppia conversione con forma d’onda sinusoidale della tensione in uscita (VFI-S), poiché se la forma d’onda non è sinusoidale il rendimento diventa simile a quello di un UPS interattivo (VI). 12 Non si tratta di una dizione della norma, dove invece il “modo” indica il modo di funzionamento (normale, da batteria, in bypass) e non la classe di prestazione dell’UPS (VFI, VI o VFD). La confusione di termini è tuttavia superabile, poiché il significato di “modo” emerge dal contesto in cui il termine viene utilizzato. Soccorritori (CPS) I sistemi di alimentazione centralizzata (CPS: Central Power Supply), comunemente “soccorritori”, sono destinati ad alimentare apparecchiature o circuiti elettrici che devono funzionare anche in mancanza dell’alimentazione ordinaria, per garantire il funzionamento di apparecchiature ai fini della sicurezza delle persone, in particolare l’illuminazione di sicurezza centralizzata. La fig. 6 mostra lo schema di un soccorritore che alimenta un carico in alternata; in pratica, corrisponde a un UPS a doppia conversione senza bypass. Se il carico è in corrente continua viene meno l’inverter. I soccorritori sono spesso utilizzati come sorgente centralizzata per l’illuminazione di sicurezza, di qui il nome della norma di prodotto EN 50171 (CEI 34-102) “Central Power Supply system (Sistemi di alimentazione centralizzata)” 13 Un sistema di alimentazione con potenza in uscita fino a 500 W per 3 h, oppure 1500 W per 1 h, è denominato LPS: Low Power Supply System. La batteria deve avere una durata di dieci anni, alla temperatura ambiente di 20 °C (ridotta a cinque anni per gli LPS). Il caricabatteria deve fornire almeno l’80% dell’autonomia prevista entro 12 h dall’inizio della carica, la batteria deve essere protetta dalla scarica completa, inoltre l’inverter deve essere in grado di gestire il 120% del carico per la durata nominale. Gli UPS utilizzati per alimentare servizi di sicurezza devono essere dichiarati dal costruttore conformi anche alla norma EN 50171, come prescritto dalla norma CEI 64-8, art. 526.6. 14 Carichi Ordinari Preferenziali NO UPS Sensibili Non sensibili UPS tipo VFI o VI UPS tipo VFD (1) (1) UPS di tipo VI se il carico tollera le variazioni di frequenza della rete e la forma d’onda della tensione generata dall’UPS. Fig. 5 - Tipi UPS da utilizzare in relazione al tipo di carico. Raddrizzatore Inverter Carico Rete a) Raddrizzatore Rete Inverter Carico b) 3. Scelta della potenza Per scegliere la potenza di un UPS occorre prima individuare quella dei carichi da alimentare. Innanzi tutto è bene premettere che il “carico” spesso non coincide con quello di una macchina o di un processo industriale, ma è costituito dalla parte “sensibile” di comando e controllo, che di solito rappresenta una piccola frazione della potenza totale della macchina. In presenza di più carichi, occorre poi introdurre un coefficiente di contemporaneità. Bisogna anche tenere conto che gli apparecchi sono specificati per la potenza massima, mentre in genere la potenza mediamente assorbita è minore (coefficiente di utilizzazione). Due coefficienti difficili da individuare, ma che vanno stabiliti, d’accordo con il committente, in base all’esperienza e alle esigenze del caso. Va inoltre individuato il fattore di potenza del carico, o meglio la potenza apparente e la potenza attiva del carico complessivo che l’UPS deve fornire. 15 Occorre, infine, mettere in conto un margine di poten- Fig. 6 - Soccorritore con carico in corrente alternata: a) funzionamento normale; b) funzionamento da batteria. 13 Non è un caso se la norma EN 50171 (in revisione) è stata preparata da un apposito gruppo di lavoro del Cenelec sull’illuminazione di emergenza (BTTF 62-8 Emergency lighting systems). 14 Sono esclusi i sistemi di alimentazione per gli allarmi antincendio di cui alla norma EN 54. 15 In proposito è bene ricordare che si possono sommare aritmetica- mente le potenze attive dei carichi (P1, P2, P3, ….), ma non le potenze apparenti (S1, S2, S3…); queste ultime vanno sommate vettorialmente, tenuto conto del fattore di potenza di ciascun carico. Se, per semplificare, si sommano aritmeticamente le potenze apparenti di carichi con fattori di potenza molto diversi tra loro, si rischia di scegliere un UPS di potenza eccessiva rispetto alle esigenze. La differenza potrebbe essere tuttavia trascurabile, tenuto conto del limitato numero di taglie di potenza disponibili per il modello di UPS prescelto. Se i carichi sono già in esercizio, si può misurare direttamente la corrente totale assorbita (I) e calcolare la potenza apparente (VI). 7 aprile 2013 za per un probabile aumento dei carichi da alimentare tramite UPS (in genere, entro i successivi 10-15 anni), ma non si deve neanche esagerare nel sovradimensionare l’UPS. 16 Un margine del 20% in caso di incertezza è ragionevole. La modularità degli UPS permette spesso di far fronte a sviluppi del carico non previsti. Una volta individuata la potenza complessiva del carico da alimentare, sia la potenza apparente Sc sia la potenza attiva Pc (oppure il fattore di potenza), si deve scegliere la potenza dell’UPS. La potenza nominale di un UPS è la potenza apparente, indicata dal costruttore, che l’UPS può erogare a regime: potenza nominale apparente Sn (kVA). In genere, il costruttore indica sia la potenza nominale apparente (Sn), sia la potenza nominale attiva (Pn) che un UPS può erogare, ad esempio 100 kVA e 90 kW. Un generatore tradizionale (alternatore, trasformatore) è specificato con la potenza apparente, perché la potenza attiva cambia con il tipo di carico, ma può erogare una potenza attiva al massimo uguale alla potenza apparente (P = S), quando il fattore di potenza è uguale a uno (cosϕ =1). Questo non è più vero per un UPS, anche se nei confronti del carico si comporta come un generatore. 17 In poche parole, non si può assumere che un UPS di potenza apparente 100 kVA sia in grado di alimentare un carico di potenza attiva 100 kW, come avviene ad esempio per un trasformatore. Nell’esempio di cui sopra, l’UPS di 100 kVA può infatti alimentare un carico di potenza attiva al massimo di 90 kW. Bisogna dunque scegliere la potenza dell’UPS in modo da soddisfare entrambe le condizioni: a) potenza apparente nominale dell’UPS maggiore della potenza apparente del carico: Sn ≥ Sc; b) potenza attiva nominale dell’UPS maggiore della potenza attiva del carico: Pn ≥ Pc. Questo vuol dire che, nell’esempio suddetto, finché il fattore di potenza del carico è minore di 0,9 è sufficiente che sia Sn ≥ Sc mentre quando il fattore di potenza del carico supera 0,9 diventa più restrittiva la condizione Pn ≥ Pc e spesso occorre scegliere un UPS di taglia maggiore. Il costruttore fornisce in genere il diagramma circolare delle potenze; un esempio è riportato in fig. 7 dal quale si ricavano la potenza apparente e la potenza attiva fornite dall’UPS in questione. 18 Potenza attiva/Pn Carico capacitivo Carico induttivo cosϕ = 0,9 cosϕ = 0,8 1,00 Sn 0,75 0,50 0,25 Potenza reattiva/Qn -0,8 -0,6 -0,4 -0,2 0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 Fig. 7 - Esempio di diagramma circolare delle potenze di un UPS. Se il rendimento di un UPS è ad esempio 0,95 (95%) il 5,26 % della potenza elettrica assorbita si trasforma in potenza termica dissipata nell’ambiente, con un costo diretto (sulla bolletta) e un costo indiretto per asportare il calore dall’ambiente in cui si trova l’UPS. 19 Bisogna asportare calore per evitare un aumento di temperatura nell’ambiente, che ridurrebbe la durata di vita dei componenti elettronici e della batteria (se installata nello stesso ambiente). Il rendimento di un UPS è uno dei parametri fondamentali da considerare nel valutare il costo di un UPS. Dopo 4÷5 anni il costo per l’energia elettrica perduta dall’UPS spesso uguaglia il costo di acquisto dell’UPS. La differenza di rendimento tra un vecchio UPS ed uno di nuova generazione può addirittura giustificarne la sostituzione. 20 La fig. 8 mostra l’andamento del rendimento di UPS a doppia conversione (VFI-S), per fasce di potenza, al variare del carico (valori minimi del rendimento indicati a titolo informativo dalla norma EN 62040-3, Appendice I). A parità di carico, il rendimento aumenta con la potenza dell’UPS. Il rendimento di un determinato UPS aumenta con il carico, ovvero il rendimento è minore ai bassi carichi, 16 Non solo aumenta il costo di acquisto dell’UPS ma anche il costo di esercizio, perché un UPS che lavora a carico ridotto presenta di solito un rendimento minore. 17 Ciò è dovuto alla particolarità del generatore e alla presenza di filtri interni (condensatori) che in pratica l’UPS deve alimentare in parallelo al carico. 18 Negli UPS più recenti il diagramma delle potenze è simmetrico, con 4. Rendimento Il rendimento, o efficienza (η), è dato dal rapporto tra la potenze attiva erogata in uscita (P) e la potenza attiva assorbita in ingresso (P/η). La potenza elettrica perduta, pari a P/η - P = (1- η) P/η, si trasforma in potenza termica. 8 aprile 2013 fattore di potenza ± 0,8. 19 Da notare che i ventilatori interni agli armadi immettono il calore nell’ambiente e dunque sono a tal fine irrilevanti; per contro, la potenza che assorbono è già conteggiata nel rendimento dell’UPS. 20 Nella letteratura tecnica viene assunto come parametro significativo il TCO (Total Cost of Ownership) cioè il costo totale che un prodotto comporta nell’arco della sua vita: acquisto, installazione, gestione, perdite, esercizio, manutenzione, fino alla discarica. poiché le perdite fisse (a vuoto) percentualmente pesano di più. Tanto più le perdite a vuoto sono ridotte, tanto più è piatta la curva del rendimento al variare del carico. 21 Il basso rendimento degli UPS a carico ridotto va tenuto in debito conto nella scelta del singolo UPS e della configurazione dell’UPS. Non conviene scegliere un UPS di potenza troppo grande rispetto al carico da alimentare, se presenta un basso rendimento a carico ridotto; per fare fronte a futuri aumenti di potenza del carico è preferibile in tal caso utilizzare UPS modulari. La fig. 9 mette a confronto i rendimenti di UPS tipo VFI-S, VI e VFD per potenze ≥ 10 kVA. Gli UPS che forniscono le prestazioni migliori (VFI-S) hanno ovviamente il rendimento minore, a pari potenza dell’UPS e del carico alimentato. Gli UPS che possono cambiare la classe di prestazione, in base alle esigenze di rete, ad esempio da VFI-S a VI (i cosiddetti UPS multi-mode) hanno ovviamente un rendimento intermedio tra i due. Rendimento 200 kVA ≤ S VFI-S 93% 40 kVA ≤ S < 200 kVA 92% 91% 20 kVA ≤ S < 40 kVA 90% 89% 10 kVA ≤ S < 20 kVA 88% 87% 5 kVA ≤ S < 10 kVA 86% 85% 3,5 kVA ≤ S < 5 kVA 84% 83% 82% 1,5 kVA ≤ S < 3,5 kVA 81% 80% 0,8 kVA ≤ S < 1,5 kVA 79% 78% 0,3 kVA ≤ S < 0,8 kVA 77% 76% 75% 74% 73% 72% 25% 50% 75% Carico 100% 21 Gli UPS a doppia conversione VFI-S più recenti, a tecnologia IGBT, hanno un rendimento intorno al 96% poco influenzato dal carico, contro un rendimento variabile con il carico dal 85% al 92% degli UPS tradizionali. Fig. 8 - Rendimento di UPS (VFI-S) al variare del carico per fasce di potenza degli UPS. Rendimento Rendimento Rendimento 100% 100% 100% 99% 99% S ≥ 200 kVA 98% 97% 98% 97% S ≥ 200 kVA 96% 95% 98% 40 kVA ≤ S < 200 kVA 96% 97% 96% 95% 95% 94% 94% 94% 93% 93% 92% 92% 40 kVA ≤ S < 200 kVA 91% VFI-S 90% 89% 89% 88% 88% 87% 87% 86% 20 kVA ≤ S < 40 kVA 91% 90% 20 kVA ≤ S < 40 kVA 88% 10 kVA ≤ S < 20 kVA 87% 86% 85% 84% 84% 83% 83% 83% 82% 82% 10 kVA ≤ S < 20 kVA 81% 80% 25% 50% 75% Carico 81% 100% 80% 25% 10 kVA ≤ S < 20 kVA 89% 85% 84% 20 kVA ≤ S < 40 kVA 92% 86% 85% VFD 93% VI 91% 90% 40 kVA ≤ S < 200 kVA 99% S ≥ 200 kVA a) 82% 50% 75% b) Carico 81% 100% 80% 25% Carico 50% 75% 100% c) Fig. 9 - Rendimento di UPS di potenza superiore a 10 kVA: a) a doppia conversione VFI-S; b) interattivo VI; c) passivo di riserva VFD. 9 aprile 2013 La dizione commerciale ECO mode, corrisponde al modo di funzionamento in bypass e dunque le perdite sono ovviamente ridotte al minimo (rendimento intorno al 98%). La norma EN 62040-3 (seconda edizione, 2012) impone al costruttore di indicare il rendimento nel modo di funzionamento normale con il carico al 25%, 50%, 75% e 100%. Se l’UPS è multi-mode il costruttore deve fornire i dati relativi ad ogni classe di prestazione. Le figure precedenti si riferiscono ad UPS senza trasformatore di separazione e senza filtri, la cui presenza abbassa ulteriormente il rendimento. 5. Batteria Generalità La batteria è un elemento fondamentale dell’UPS, perché senza energia di riserva l’UPS non può fornire un’alimentazione continua e di qualità. La batteria deve essere in grado di alimentare il carico nominale per il tempo stabilito in base alle esigenze dell’utente (autonomia). In genere, l’autonomia di un UPS è di 5÷30 min; oltre questo tempo si ricorre ad un gruppo elettrogeno, salvo casi particolari. Durante la ricarica, soprattutto nella fase terminale, l’accumulatore sviluppa idrogeno e ossigeno. In alcuni tipi di batterie, l’idrogeno e l’ossigeno si ricombinano per formare acqua: batterie sigillate (a ricombinazione), non occorre quindi aggiungere acqua distillata. Negli UPS si utilizzano in genere batterie sigillate al piombo (batterie al piombo regolate con valvole, ovvero VRLA: Valve Regulated Lead Acid). Meno utilizzate le batterie sigillate al nichel-cadmio (più costose). 22 La capacità di una batteria rappresenta l’energia elettrica accumulata ed è espressa dal prodotto della corrente di scarica (A) per il tempo di scarica (h). La capacità nominale di una batteria è indicata con il simbolo Crt dove il pedice esprime il tempo nominale di scarica, in ore. Ad esempio C10 = 60 Ah indica una batteria che eroga 6 A per 10 h. Il costruttore dell’UPS sceglie la capacità della batteria, sulla base delle indicazioni fornite dal fabbricante delle batterie, in relazione alla potenza dell’UPS e al tempo per cui deve fornire tale potenza nel funzionamento da batteria (autonomia dell’UPS). In genere, per gli UPS, si utilizzano batterie VRLA tipo AMG con durata di vita di 10 anni ad una temperatura di riferimento, indicata dal costruttore, compresa tra 20 °C ÷ 25 °C. 23 La durata di vita della batteria si riduce con il numero di cariche - scariche, ma soprattutto con l’aumento della temperatura ambiente. 10 aprile 2013 La durata di vita della batteria si dimezza se la temperatura ambiente permane a 35 °C invece di 25 °C. Le modalità di ricarica di una batteria sono molteplici; il costruttore della batteria suggerisce quella più adatta al tipo di batteria. Il carica batterie svolge un ruolo molto importante per l’affidabilità della batteria e le istruzioni fornite dal costruttore dell’UPS per la sua messa punto, gestione e manutenzione vanno seguite con diligenza. Pericolo di esplosione Quando l’idrogeno supera il 4% in aria forma una miscela esplosiva. Anche le batterie sigillate emettono idrogeno e ossigeno nella fase di ricarica. Il termine “batterie sigillate o ermetiche” trae in inganno, poiché in realtà sta ad indicare che la batteria non necessita di essere aperta per ripristinare l’acqua, mentre durante la ricarica i gas trafilano ugualmente attraverso la valvola, anche se in quantitativo ridotto rispetto alle batterie a vaso aperto; inoltre, in caso di anomalie del carica batterie la sovrapressione determina la completa apertura della valvola. 24 In sintesi, il locale dove si trova la batteria sigillata dell’UPS deve essere ventilato, anche se è sufficiente una piccola portata d’aria per evitare il pericolo di esplosione, come di seguito indicato. Le batterie (VRLA) sono in genere installate entro armadi appositi, o negli UPS di minor potenza, nello stesso armadio dell’UPS. L’armadio è opportunamente ventilato dal costruttore, secondo quanto indicato dalla norma di prodotto, in modo da evitare la formazione di una miscela esplosiva all’interno dell’armadio stesso. La norma fa carico al costruttore dell’UPS di fornire le informazioni relative al flusso d’aria necessario per ventilare il locale dove è installato l’armadio con le batterie (quando le batterie sono fornite insieme con l’UPS). Il costruttore dell’UPS spesso rinvia alle norme sulle batterie, le quali sono però poco note e di non facile applicazione. È vero che il pericolo di esplosione con le batterie sigillate è remoto e in genere la ventilazione necessaria per asportare calore dall’ambiente copre anche il rischio di esplosione, ma è meglio calcolare la portata dell’aria di ventilazione che evita il pericolo di esplosione. 22 Nelle batterie VRLA l’elettrolita (soluzione di acido solforico in ac- qua) è inglobato in un materiale in fibra di vetro microporosa (batterie AGM: Adsorbed Glass Mat), oppure in una sostanza gelatinosa (batterie al gel). 23 Una batteria è al termine della sua vita utile quando la capacità di scarica è ridotta al 50% o al 60% secondo le modalità di prova. 24 Nella ricarica a corrente costante delle batterie VRLA i gas si ricom- binano almeno al 90%. Secondo la norma sulla sicurezza degli UPS (EN 62040-1), la portata Q della ventilazione si ricava dalla formula: Q = 0,000108 n C10 (m3/h) dove: • n è il numero totale di celle, che formano la batteria VRLA al servizio dell’UPS, presenti nel locale; • C10 è la capacità nominale della suddetta batteria (Ah), indicata dal costruttore dell’UPS. Ad esempio, per un UPS da 80 kVA, con autonomia di 15 min, siano previste 44 batterie monoblocco ciascuna con 6 celle VRLA con una capacita C10 = 100 Ah. Occorre in tal caso una portata della ventilazione del locale di: Q = 0,000108 x 264 x 100 = 2,85 m3/h. Per ottenere tale portata d’aria (ventilazione naturale) sono sufficienti aperture di ventilazione di superficie (A), al netto di eventuali ostacoli al flusso dell’aria (griglie): A = 28 Q (cm2) dove Q è espressa in metri cubi all’ora, nell’assunzione cautelativa che l’aria abbia una velocità di 0,1 m/s in corrispondenza dell’apertura di ventilazione. Nell’esempio di cui sopra A = 28 x 2,85 = 80 cm2. Sono dunque sufficienti due aperture da 10 cm x 10 cm: una di entrata dell’aria in basso e una di uscita in alto (differenza di quota di almeno 2 m, per favorire l’effetto camino), preferibilmente su pareti opposte del locale, e in modo che il flusso d’aria lambisca l’armadio batterie. In alternativa, si può prevedere un sistema di ventilazione forzata. 25 Eventuali anomalie a tale impianto devono essere rilevate (mediante un flussometro o relè amperometrico sul circuito di alimentazione dell’aspiratore) e comportare il blocco del caricabatteria. La ventilazione richiesta per evitare il pericolo di esplosione è dunque minima e spesso trascurabile rispetto a quella in genere necessaria per asportare calore dall’ambiente in cui sono installati gli UPS. Casi particolari si possono verificare quando la batteria viene installata in un locale apposito, specie di piccole dimensioni, oppure si voglia sigillare l’ambiente per installare un sistema di spegnimento dell’incendio a gas inerte (azoto, argon, ecc.), che spegne l’incendio riducendo l’ossigeno dell’aria. Come ulteriore precauzione è opportuno evitare di installare interruttori, o altri apparecchi che producono scintille, a meno di 50 cm dalle aperture di uscita dell’aria (aperture superiori) degli armadi batterie. Questo perché nonostante la ventilazione di cui sopra, la concentrazione di idrogeno in prossimità della batteria potrebbe essere ancora pericolosa. La distanza di 50 cm è approssimata, ma convenzionalmente stabilita dalla norma specifica sugli UPS, mentre un calcolo più accurato è soggetto ad incertezze tra norme impianti e norme di prodotto (batterie). 26 6. Interruttori automatici La fig. 10 mostra un esempio tipico di interruttori automatici posti a protezione di un UPS. Gli interruttori sui circuiti di uscita (1, 2 e 3) devono permettere l’inserzione del carico e in caso di di cortocircuito intervenire, per quanto possibile, prima che l’inverter vada in blocco. Se questo non avviene, l’UPS commuta su bypass e si stabilisce la corrente di cortocircuito fornita dalla rete. Gli interruttori a valle dell’UPS devono avere perciò un potere di interruzione adeguato a quest’ultima corrente di cortocircuito. L’interruttore sulla linea di bypass (B) deve avere adeguato potere di interruzione, essere selettivo con gli interruttori 1, 2 e 3 e non intervenire all’inserzione dei carichi, previsti per essere inseriti simultaneamente. L’interruttore statico deve essere protetto dalle correnti di cortocircuito. Il costruttore dell’UPS può provvedere a tal fine con protezioni interne, oppure indicare nelle istruzioni il valore di I2t sopportabile dall’UPS e lasciare il compito all’impiantista. In genere, l’interruttore posto a protezione della linea di bypass (B) ha una elevata corrente nominale, per essere selettivo con gli interruttori a valle (1, 2 e 3) o ritardato, sicché difficilmente protegge l’interruttore statico. Tale protezione può essere svolta dagli interruttori a valle; a tal fine, occorre verificare che l’I2t lasciato passare sia minore o uguale a quello sopportabile dall’interruttore statico. 27 L’interruttore (A) sulla linea principale va scelto secondo le regole generali impianti. Gli interruttori automatici sui circuiti 3F + N devono essere quadripolari con il polo di neutro protetto (stessa taratura delle fasi). 7. Interruttori differenziali Gli UPS sono destinati a garantire la continuità di servizio, mentre gli interruttori differenziali sono soggetti ad interventi intempestivi, dunque sono antitetici. 28 In presenza di UPS (senza trasformatore di separazione), gli interruttori differenziali vanno impiegati soltanto se 25 È bene ricordare che la ventilazione forzata e la ventilazione naturale non si sommano, ma sono per loro natura in alternativa. 26 Norma per le batterie stazionarie EN 50272-2 e guida CEI 31-35 sul- la classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione, TNE 2/09. 27 Si trascura il caso di un cortocircuito a valle dell’interruttore statico e a monte degli interruttori 1, 2 e 3. 28 Dopo l’intervento dell’interruttore differenziale, l’UPS continua ad alimentare il carico per il tempo di autonomia della batteria, poi si spegne. 11 aprile 2013 A B Io A 1 2 3 IA B IB C IC Fig. 10 - Esempio di disposizione degli interruttori automatici a monte e a valle di un UPS con doppio ingresso. Fig. 11 - L’interruttore differenziale sente la somma della corrente di dispersione dell’UPS (Io) e dei carichi (IA + IB + IC) che alimenta. indispensabili per la protezione contro i contatti indiretti, cioè: • sempre nei sistemi TT, • nei sistemi TN soltanto se non è possibile conseguire la sicurezza mediante le protezioni di sovracorrente. 29 L’interruttore differenziale sente le correnti di dispersione sia dell’UPS, sia degli apparecchi da esso alimentati, fig. 11. La soglia d’intervento (Idn) va quindi scelta in modo che superi tre volte la corrente totale di dispersione. 30 Si può escludere a priori l’impiego di interruttori differenziali da 30 mA come protezione addizionale contro i contatti diretti, perché incompatibile con le correnti di dispersione degli UPS. 31 Né tale protezione è richiesta dalla norma per i circuiti prese degli uffici o luoghi similari. 32 L’interruttore differenziale deve essere di tipo A o B soltanto se richiesto dal costruttore dell’UPS nel foglio di istruzioni. Se l’UPS alimenta più circuiti spesso vale la pena proteggere anche i circuiti a valle con un proprio interruttore differenziale e prevedere la selettività con l’interruttore a monte, fig. 12. Se l’UPS ha due ingressi, uno collegato alla linea principale e uno alla linea di bypass (di riserva), non si può installare un interruttore differenziale su ciascuna linea, perché il conduttore di neutro non è interrotto dall’interruttore statico e questo può causare interventi intempestivi dell’interruttore sulla linea di bypass, fig. 13. Bisogna installare un solo interruttore differenziale a monte di entrambe le linee, in questo modo la somma delle correnti, compresa quella di neutro, nel rivelatore differenziale è nulla e l’interruttore differenziale non interviene, fig. 14. 12 aprile 2013 29 Nei sistemi TN un guasto a terra a valle dell’UPS determina un’eleva- ta corrente di guasto, che provoca il blocco dell’inverter e la commutazione su bypass. 30 Un interruttore differenziale può intervenire per correnti superiori a Idn/2. 31 A volte la corrente di dispersione supera 3,5 mA e occorre prendere provvedimenti per evitare che la semplice interruzione del conduttore di protezione metta in pericolo l’operatore. 32 I casi in cui la norma impone l’interruttore differenziale da 30 mA sono elencati su TNE 12/08, pag. 16. L1 L2 L3 N L1 L2 L3 N Idn = 1 A tipo S Linea principale Linea di bypass In Idn = 0,3 A tipo generale A B Fig. 12 - È opportuno proteggere i circuiti a valle dell’UPS con un proprio interruttore differenziale e garantire la selettività con l’interruttore a monte. Fig. 13 - UPS con doppia linea ognuna protetta da un interruttore differenziale: la corrente di squilibrio sul neutro provoca l’intervento dell’interruttore differenziale sulla linea di bypass. Per motivi analoghi occorre proteggere più UPS in parallelo con un solo interruttore differenziale a monte, fig. 15. stenza RE che soddisfi la condizione RE ≤ 50 /Id dove Id è la corrente di primo guasto a terra. La corrente Id di guasto a terra è modesta e dunque la condizione è sempre soddisfatta. La norma generale si preoccupa anche di garantire la sicurezza al secondo guasto nei sistemi IT, mediante altre condizioni sull’impedenza dell’anello di guasto di ogni circuito, ma nel caso degli UPS la stessa norma ritiene trascurabile la probabilità di un secondo guasto 8. Protezione dai contatti indiretti nel funzionamento da batteria Quando manca l’alimentazione da rete, l’UPS continua ad alimentare i carichi per il tempo di autonomia della batteria. In questo periodo di tempo deve essere comunque garantita la protezione contro i contatti indiretti. 33 La batteria rappresenta una sorgente autonoma, senza un punto a terra; inoltre, anche il conduttore di neutro passante nell’UPS è interrotto (isolato da terra) dall’intervento dell’interruttore differenziale o automatico a monte dell’UPS stesso (occorre verificare che l’interruttore automatico sia quadripolare). 34 Per la protezione dei contatti indiretti si può allora seguire le regole dei sistemi IT. 35 Le masse devono essere collegate ad una terra di resi- 33 È vero che tale periodo di tempo è breve e la probabilità che si verifichi un guasto a terra è piccola (tanto è vero che la norma CEI 64-8 ritiene tale probabilità trascurabile), ma è anche vero che se la mancanza dell’alimentazione è dovuta all’intervento dell’interruttore differenziale il guasto a terra è già in atto. 34 È ragionevole trascurare il caso particolare in cui manca l’alimenta- zione, ma il neutro non è interrotto (manca l’alimentazione sulla media tensione) e nel frattempo si verifichi un guasto a terra negli apparecchi alimentati dall’UPS nel funzionamento da batteria. 35 In alternativa, si può applicare la misura di protezione per separa- zione elettrica, secondo le modalità e i limiti indicati dalla norma CEI 64-8, TNE 6/03, pag. 3. 13 aprile 2013 L1 L2 L3 N a) In Linea principale Linea di bypass Carico b) A B Carico Fig. 14 - UPS con doppia linea protetto da un unico interruttore differenziale. La corrente di squilibrio sul neutro non determina l’intervento dell’interruttore differenziale. Fig. 15 - UPS in parallelo: a) gli interruttori differenziali sui singoli UPS possono intervenire intempestivamente; b) installare un unico interruttore differenziale a monte. a terra nel tempo di autonomia della batteria, CEI 64-8 art. 413.1.4.1 (commento). Si tratta cioè di un sistema IT-temporaneo che gode di una deroga normativa, non occorre quindi un dispositivo di controllo dell’isolamento, né la verifica dell’impedenza dell’anello di guasto. In conclusione, nel funzionamento da batteria la protezione contro i contatti indiretti è di fatto assicurata senza alcuna verifica. Come è noto, il comando di emergenza deve togliere tensione a tutte le possibili fonti di alimentazione dell’impianto, ad eccezione delle sorgenti che alimentano servizi di sicurezza, cioè i servizi che devono continuare a funzionare proprio per gestire l’emergenza, come ad esempio le pompe antincendio, gli ascensori antincendio, l’illuminazione di sicurezza. In mancanza dell’alimentazione da rete, interrotta dal suddetto comando di emergenza nell’impianto, l’UPS funziona nel modo da batteria e continua ad alimentare i carichi preferenziali. Si tratta di stabilire se il comando di emergenza debba interrompere anche i carichi preferenziali alimentati dall’UPS nel funzionamento da batteria. Se l’UPS alimenta un solo apparecchio, o la singola postazione di lavoro ad esempio di un PC, il pericolo è circoscritto e non occorre che il comando di emergenza centralizzato metta fuori tensione anche l’UPS. Il pro- 9. Il comando di emergenza Comando di emergenza dell’impianto Nelle attività soggette al controllo di prevenzione incendi (DPR 151/2011) è richiesto un comando di emergenza per sezionare l’impianto elettrico prima di intervenire per spegnere un incendio. 14 aprile 2013 UPS UPS DG DG Quadro generale Quadro preferenziali (servizi non di sicurezza) Comando di emergenza generale Quadro servizi di sicurezza Comando di emergenza generale Comando di emergenza dei servizi di sicurezza Fig. 16 - Comando di emergenza dell’impianto con UPS che alimenta servizi non di sicurezza. Fig. 17 - Comando di emergenza dell’impianto con UPS che alimenta servizi di sicurezza. blema sussiste in presenza di UPS centralizzati e dunque di circuiti di distribuzione che rimangono in tensione. L’impiego dell’EPO per mettere fuori tensione i circuiti a valle dell’UPS deve essere attentamente valutato in relazione alle finalità. Se si deve intervenire sui circuiti alimentati dall’UPS per eseguire un lavoro elettrico fuori tensione, occorre sezionare tali circuiti; in tal caso l’EPO non è idoneo se, come in genere accade, interviene sull’elettronica, poiché i dispositivi di interruzione statici non sono ritenuti idonei per garantire il sezionamento. Si può, invece, utilizzare l’EPO come comando di emergenza per interrompere l’alimentazione a valle dell’UPS, perché la norma accetta in questo caso i dispositivi di interruzione statici, purché interrompano tutti i conduttori attivi. 37 L’EPO spegne l’inverter e interrompe il bypass statico, dunque i conduttori di fase non sono più alimentati né dalla rete, né dalla batteria, ma la rete potrebbe mantenere in tensione il conduttore di neutro, se passante (tra ingresso ed uscita dell’UPS). E il conduttore di neutro è un conduttore attivo. Se il neutro è passante, bisogna allora distinguere se l’alimentazione a monte dell’UPS è un sistema TT, TN oppure IT. Se l’UPS alimenta servizi non di sicurezza, il comando di emergenza deve interrompere l’alimentazione ordinaria e quella da UPS, con una sola manovra, fig. 16. Se l’UPS alimenta servizi di sicurezza deve rimanere in funzione; non va interrotto dal comando di emergenza generale dell’attività, ma deve essere possibile mettere fuori tensione l’UPS quando il servizio di sicurezza non è più utile per l’emergenza e i circuiti in tensione possono costituire un pericolo durante le operazioni di emergenza, fig. 17. Una volta interrotta l’alimentazione dalla rete e dall’UPS rimane comunque in tensione la batteria, ma se questa è interna agli armadi costituisce un pericolo trascurabile. 36 Se, invece, la batteria è collocata in locale apposito, perché di grandi dimensioni, il locale deve essere esterno al compartimento antincendio dove i Vigili del Fuoco devono intervenire in caso di incendio. Comando di emergenza dell’UPS Gli UPS ad installazione fissa devono essere dotati di un contatto, normalmente chiuso, il cosiddetto EPO (Emergency Power Off), detto anche ESD (Emergency Switching Device). L’EPO è inserito in un circuito interno all’UPS la cui apertura, mediante azionamento del fungo rosso, mette in sicurezza l’UPS in caso di emergenza. In genere, l’EPO disattiva il raddrizzatore, l’inverter e interrompe il bypass statico; a volte apre anche il circuito della batteria. Si possono mettere fuori servizio contemporaneamente anche più UPS, aprendo il circuito in cui siano stati posti in serie i contatti EPO di tali UPS. 36 La persona è in pericolo se apre gli armadi e tocca contemporanea- mente due poli (in genere la batteria non ha un punto a terra). 37 I dispositivi di interruzione statici sono poco affidabili e non sono accettabili ai fini del sezionamento, perché la persona che deve eseguire lavori elettrici fuori tensione è protetta soltanto dal sezionamento del circuito (unica misura di protezione). Nel comando di emergenza si vuole aprire il circuito per evitare che nell’intervento di emergenza qualcuno entri occasionalmente in contatto con le parti in tensione, ma la probabilità che una persona entri in contatto con una parte attiva è piccola, mentre nel sezionamento è una certezza (probabilità uno). 15 aprile 2013 Se il sistema è TT o IT il conduttore di neutro è da ritenere pericoloso e dunque l’EPO non è accettabile come comando di emergenza dei circuiti a valle dell’UPS. Se però l’EPO è inserito in un comando di emergenza che mette fuori tensione l’intero impianto e interrompe quindi anche il conduttore di neutro a monte dell’UPS, è accettabile mettere fuori tensione i circuiti a valle dell’UPS tramite l’EPO, anche se il sistema che alimenta l’UPS è un sistema TT o IT. Nei sistemi TN il conduttore di neutro, pur essendo un conduttore attivo, non è considerato pericoloso: tanto è vero che non è richiesto il sezionamento del conduttore di neutro (CEI 64-8). Dunque, quando l’UPS è alimentato da un sistema TN si può utilizzare l’EPO come comando di emergenza dei circuiti a valle dell’UPS, anche se il conduttore di neutro è passante. Se il neutro non è passante, ad esempio è interrotto da un trasformatore di separazione, l’EPO può essere utilizzato come comando di emergenza dei circuiti alimentati dall’UPS, oppure può essere inserito nel circuito del comando di emergenza generale, qualunque sia il sistema di alimentazione in ingresso all’UPS (TT, TN o IT). Sezionamento dell’UPS e ritorno di tensione Il dispositivo di sezionamento a bordo dell’UPS, o a monte dell’UPS stesso, garantisce nella posizione di aperto la sicurezza nei confronti della rete di alimentazione, ma sui morsetti di uscita del dispositivo di sezionamento e a valle di tali morsetti, può essere presente una tensione pericolosa in caso di anomalia sull’UPS, poiché la batteria mantiene in tensione l’UPS. Il cartello di fig. 18 deve essere apposto sui morsetti di ingresso dell’UPS e dei dispositivi di sezionamento a monte, per avvisare gli operatori del pericolo. 38 Per evitare la presenza di tensione sui terminali di ingresso in mancanza della rete di alimentazione, l’UPS deve essere dotato di una protezione contro il ritorno di tensione (backfeed protection). La protezione controlla un guasto dell’interruttore statico e negli UPS di tipo VI anche dello stabilizzatore di tensione. In pratica, si tratta di un contatto libero (privo di tensione) che cambia posizione, inserito nel circuito di comando di un dispositivo interno all’UPS, che interrompe il circuito in caso di tensione di ritorno. Negli UPS ad installazione fissa, il costruttore, invece di prevedere il dispositivo di interruzione interno all’UPS, può incaricare nelle istruzioni di montaggio l’impiantista di inserire il contatto di backfeed nel circuito di comando di un dispositivo di sezionamento sull’alimentazione dell’UPS. 39 a) - Prima di operare su questo circuito Sezionare il sistema di continuità (UPS) Quindi verificare, la presenza di tensione pericolosa tra tutti i morsetti, compresa la terra di protezione Rischio di ritorno di tensione b) Fig. 18 - Cartello monitore: a) il cartello serve per avvisare del pericolo di tensione, anche in mancanza della tensione in rete b) il cartello va applicato sui morsetti di ingresso dell’UPS e sui morsetti di uscita dei dispositivi di sezionamento a monte dell’UPS. to dalla protezione di backfeed è anche richiesto dalle regole di connessione alla rete di media (CEI 0-16, art. 8.5.4) e di bassa tensione (CEI 0-21, art. 8.4.3) per gli UPS trifase di potenza complessiva superiore a 10 kW, i quali potrebbero rialimentare la rete. Il comando del dispositivo di sezionamento, tramite la 38 Il cartello è utile anche se la norma CEI 11-27 sui lavori elettrici impone alla persona (esperta o avvertita) di verificare l’assenza di tensione prima di iniziare i lavori. 39 Negli UPS alimentati da presa a spina andrebbero in tensione gli Un dispositivo di sezionamento sull’impianto, comanda- 16 aprile 2013 spinotti della spina e il dispositivo di protezione deve essere interno. protezione di ritorno, può essere attuato in diversi modi. Vedere in proposito TNE 10/10, pag. 17. Le verifiche periodiche dell’UPS, unite al monitoraggio di determinate funzioni, riducono al minimo la probabilità di guasto. 10. Manutenzione Tempo di riparazione di un guasto Per riparare un guasto in breve tempo occorre personale che conosca molto bene l’UPS e sia appositamente addestrato. La riduzione di tale tempo inizia, però, fin dal progetto dell’UPS, ad esempio il facile accesso al punto guasto, la facile sostituzione di parti complesse dell’UPS difficilmente riparabili sul posto. La disponibilità dei pezzi di ricambio (originali) è un altro fattore determinante per ridurre il tempo di riparazione di un guasto. La tele-assistenza permette di facilitare la diagnosi e di risolvere taluni problemi mediante il personale dell’utente, preventivamente formato e adeguatamente indirizzato. La formazione del personale dell’utente è un altro elemento importante, sia per la corretta conduzione dell’UPS, sia per colloquiare a distanza con il personale specializzato del costruttore. Se l’UPS funziona male, o non funziona affatto, viene meno la continuità e la qualità dell’alimentazione che dovrebbe garantire. Per aumentare la percentuale di tempo per cui l’UPS funziona correttamente (disponibilità) occorre ridurre il numero di guasti e il tempo di riparazione di un guasto. Numero di guasti Molti dei guasti sono prevedibili: infatti, man mano che un componente si avvicina al termine della vita attesa aumenta la probabilità che si guasti. Gli elementi critici di un UPS sono: • la batteria: vita attesa, cinque o dieci anni; • i condensatori elettrolitici: vita attesa cinque anni; • le ventole: vita attesa cinque anni. La vita attesa di un componente è riferita a condizioni standard; la durata di vita reale dipende dalle condizioni ambientali e di funzionamento, ovvero dalle sollecitazioni che il componente subisce. In particolare, la vita reale si riduce drasticamente all’aumentare della temperatura del microambiente in cui si trova. La vita reale diventa la metà di quella attesa quando la temperatura ambiente aumenta di 10 °C rispetto a quella a cui è riferita la vita attesa. Un piano di manutenzione prevede appunto di sostituire il componente quando si avvicina all’80% della durata di vita • la manutenzione preventiva si riferisce alla vita attesa (tempo di sostituzione predefinito); • la manutenzione predittiva valuta la riduzione della vita attesa mediante il controllo dei parametri che influiscono sulla vita, e quindi si riferisce al tempo di vita residuo del componente. La manutenzione correttiva non prevede alcun piano di manutenzione: si limita a riparare il guasto quando si manifesta tramite la disfunzione dell’UPS, cioè quando è ormai troppo tardi. Le verifiche periodiche con esame a vista, prove e misure sono fondamentali per evitare i guasti. L’occhio di un tecnico esperto vede quello che la persona comune non vede, ad esempio l’annerimento di un contatto è indice di surriscaldamento, il gonfiore di un condensatore rivela un guasto, ecc. Un esame termografico evidenzia i punti caldi, che l’occhio umano non riesce a vedere e che potrebbero provocare disfunzioni e anche un incendio. La ditta di manutenzione Da quanto suindicato emerge chiaramente che la manutenzione di un UPS è un compito da specialisti, non è roba per global service (salvo casi particolari). Il candidato naturale a svolgere la migliore manutenzione è il costruttore dell’UPS, perché: • conosce meglio di chiunque altro il proprio prodotto; • ha la disponibilità dei pezzi di ricambio; • può proporre variazioni in base ai nuovi prodotti, in rapida evoluzione, sempre che il servizio di assistenza del costruttore abbia una diffusione capillare e reperibilità ventiquattro ore su ventiquattro, in modo che il tempo di accesso sia ridotto. Il contratto di manutenzione Il contratto di manutenzione è un passaggio chiave per stabilire i rapporti tra le parti, le condizioni alle quali la manutenzione viene prestata, gli obiettivi da conseguire, anche ai fini della garanzia e delle reciproche responsabilità, TNE 6/07, pag. 3. Il costo della manutenzione deve essere confrontato con il danno probabile che un fermo dell’UPS, dovuto ad una manutenzione inadeguata. può provocare. È opportuno che l’utente valuti attentamente la proposta di contratto, tra quelle standard disponibili, anche con l’aiuto di un esperto, per scegliere il tipo di contratto più idoneo al proprio caso. Inoltre, deve approfondire le clausole contrattuali in modo da chiarire a priori diritti e doveri delle parti ed evitare interminabili discussioni e controversie conseguenti al danno economico e d’immagine di un eventuale disservizio. 17 aprile 2013