Un nuovo modo di generare immagini per un ampio spettro di applicazioni In un sistema consolidato di comunicazione, intesa come canale di trasmissione e contenuti, qualsiasi mutamento tecnologico viene inglobato, fagocitato, digerito senza che la “filosofia” della comunicazione cambi. In altri termini la Tv generalista o quella privata, di soli annunci funerari, continuano a a fare la stessa cosa; vendere i loro spazi pubblicitari cioè il loro tempo di trasmissione. Se guardiamo le formidabili innovazioni tecnologiche, di cui non occorre fare l’elenco, sono servite ai produttori e venditori di “macchine” ma non ai produttori di comunicazione che non hanno saputo cogliere l’opportunità tecnologica per proporsi innovativamente. Un esempio per tutti Mamma Rai ha solo una canale HD, il 501, del 3D non si parla nemmeno e la nascente Tv interattiva, quella di “Fahrenheit 451” del film del 1966 di Truffaut e del romanzo di Ray Bradbury del 1953 “I giorni della fenice”, è operativa e “bussa alle porte”. Quel personaggio, letteralmente fisicamente trascinato in un suo film “Io e Annie”, da Woody Allen, Marshall McLuhan, negli anni ’70 lo aveva fatto capire persino agli esperti di comunicazione, che il “medium è il messaggio” e, non a caso, come rafforzativo, la sua pronuncia si rifaceva all’origine latina del termine. E proprio la pronuncia maccheronica, sia del latino sia dell’inglese, degli italiani che non sanno l’italiano e che, provincialisticamente imitano l’ignoranza anglofona nel dire “Midia” non faranno onore anche all’interessante nome di questa eccezionale realizzazione tecnologica che è “Lytro Illum”. Appare chiaro fin da subito, che nell’acronimo del nome, sia presente il significato delle nuove funzioni del sistema, che non lavora per una sola modalità di rappresentazione della luce, ma attraverso una luce “vera” come indica la pronuncia della parola “Light True”. Chi osserva lo schema dell’insieme; obiettivo, sensore e corpo fotocamera, si accorgerà che il piano del sensore non è indicato come “piano di fuoco” dell’antichissimo “foro stenopeico” e che l’immagine risultante non appare “a testa in giù”. Cosiccome non appare sui potenti sensori da molti, molti, megapixel, ma ne viene indicata la sola presenza, la cosa lascia intendere che il processo di “costruzione” dell’immagine sia implicitamente radicalmente cambiato. E così è. Sul piano del sensore, diversamente dalla fotografia digitale “tradizionale”, non viene “messa fuoco una immagine” ma vengono inviati “raggi” in una considerevole quantità, quindi con una modalità ben differente dalle normali fotocamere. Quel sensore, non a caso, non è più misurato in megapixel ma in “megaray”, cioè in milioni di raggi, così, grazie ad un sistema basato su milioni di microlenti, ogni singolo raggio di luce, è riconosciuto in tutte le caratteristiche originali; colore, intensità, distanza, angolazione, evvia, e contribuisce, attraverso un apposito software, a costruire una immagine completamente diversa dalla convenzionale. Zoom senza diaframmi ed immagine con messa a fuoco a posteriori. La Lytro si presenta come una fotocamera del tipo “bridge” cioè con ottica fissa e senza visione reflex, è dotata di un’ottica zoom, apparentemente tradizionale, con una escursione di 1-8, equivalente, nel classico formato 35mm, ad uno zoom 30-250 mm, ma con una prestazione d’eccezione, la quantità di luce ammessa è pari ad una apertura a diaframma f-2.0, cioè da 4 ad 8 volte più luminoso di una costoso zoom equivalente nel “digitale tradizionale”. Un’altra prestazione unica, è data, diversamente da tutti gli altri zoom, dall’elevato valore dell’apertura di f-2.00 che si mantiene costante per tutta l’escursione, da grandangolo a tele, non solo non causando l’abituale perdita di luminosità alle variazioni dalle corte alle lunghe focali, ma non provocando nemmeno i noti problemi connessi, quelli della caduta di luce ai bordi a talune lunghezze focali e a taluni diaframmi. Come tutte le fotocamere digitali anche Lytro dispone di una serie di programmi che non solo provvedono alla messa a punto delle abituali funzioni, ma che vanno molto al di la, infatti oltre all’ intercettazione dei 50 milioni di raggi ne effettuano la gestione trasformandoli in differenti forme di immagine adatte ad un ampio utilizzo. Il software “di bordo” provvede ad intercettare i cinquanta milioni di raggi, con un processo simile a quello della tecnologia vettoriale propria dei programmi di modellazione 3D, costruendo una immagine, per punti e vettori, estremamente realistica, di fatto tridimensionale. Cosiccome una immagine di sintesi 3D, realizzata al computer, abbiamo la possibilità di “focheggiare” un solo punto a scelta o di “mettere a fuoco” dal piano più vicino a quello più lontano contemporaneamente, proprio dei sistemi “panfocus”. Per aiutare il fotografo tradizionale, abituato alle “profondità di campo”, o alla “messa a fuoco”, in dipendenza dei valori di diaframma, ad ogni risultato scelto del fuoco stesso, ma ad immagine già scattata, viene suggerito un ipotetico valore di diaframma equivalente ai risultati della posizione selezionata. Attraverso l’ampio schermo “touch” sono disponibili tutte le funzioni necessarie al fotografo professionista od al raffinato fotoamatore, sia per l’operatività della camera stessa, sia per il trasferimento dei file su Pc od in Internet. Alcune novità sulla foto scattata e le sue peculiarità della foto a “Ray” Il paradigma più usato dai bravi docenti nella formazione degli studenti 3d, sia per immagini fisse sia per immagini animate, è quello di un cubo, rappresentato dallo spazio generato sul monitor del computer, nel quale è inserito il lavoro. Non è difficile verificare che, con una immagine, ad esempio, rappresentata da un cubo di 1000 pixel o punti, per ciascuno dei 3 assi, x – y – z, (quelli propri della trigonometria sferica) cioè 1000x1000x1000, la nostra immagine risulterebbe formata da una serie di 1000 immagini aventi una superficie di 1000×1000 punti, o pixel e la “profondità” di un solo punto o pixel. Appare evidente che una qualsiasi “fetta”, delle mille possibili, può rappresentare una “normale foto” 2d. La fotocamera Lytro produce una immagine del reale con il “campionamento” di “soli” 50 milioni di raggi, questi, dotati della lunghezza originale, delle angolazione, della luminosità, del colore, e cosivvia, vengono “ricodificati” e trasformati in una foto, che, nella sua versione 2d, generata dall’apposito software Lytro, risulta avere una definizione di 2450 x 1634 pixel, pari a 4 megabyte. Lytro, per la foto 2d, non offre nulla di più, anzi forse qualcosa di meno, di una fotocamera digitale “tradizionale” equivalente, proprio per la non elevatissima risoluzione, ma, nell’uso dinamico, con fotografo e soggetto in movimento, grazie ai 3 fotogrammi al secondo ed ad alla velocità di scatto di 1/4000 sec, dove non sia possibile il perfetto controllo del fuoco, per la variabilità della distanza del soggetto, appare risolutiva. Altre prestazioni “inconsuete” per uno scatto fotografico, soprattutto “a posteriori”, sono il controllo della parallasse (l’errore di angolazione fra visione oculare ed obiettivo), il controllo della prospettiva nonché una pseudo animazione, del singolo scatto, della non insignificante durata di 7 secondi, oppure la visione 3d sul vostro Tv con gli appositi occhiali. Nell’ ambiente audiovisivo Lytro, nelle mani di un creativo, consente molto di più di quanto possa offrire una fotocamera digitale tradizionale e molto di più di quanto succintamente qui illustrato . Molte, veramente molte interessanti dimostrazioni video, e tutti i dati tecnici, sono reperibili sul sito dell’importatore: http://www.fowa.it/