Elettrofisiologia
Introduzione
L'elettrofisiologia studia i segnali elettrici presenti negli organismi animali e vegetali (segnali
detti bioelettrici), presenti in tutti gli organismi viventi ed in numerosissimi meccanismi biologici.
Possiamo citare l'insorgenza e la propagazione dei potenziali d'azione delle fibre nervose e
muscolari, sia scheletriche che cardiache. In particolare, meccanismi elettrici controllano l'ingresso
nella cellula dello ione Ca2+; questo è un messaggero universale, coinvolto nei processi di
contrazione muscolare, esocitosi, trascrizione genica, proliferazione cellulare. Sebbene di interesse
generale, sono soprattutto i Fisiologi a sviluppare ed utilizzare le tecniche di misura dei segnali
elettrici negli organismi, onde il nome di elettrofisiologia.
Quali sono i segnali bioelettrici?
I segnali bioelettrici sono generalmente correlati al movimento di molecole cariche attraverso la
membrana cellulare. Di fatto, si misurano
1) la differenza di potenziale tra l'inteno e l'esterno della cellula; è questo il potenziale di
membrana, detto Vm
2) la corrente che attraversa la membrana cellulare
3) la differenza di potenziale tra due punti posti extracellularmente (come
nell'elettrocardiogramma e nell'elettroencefalogramma); questo tipo di misura, la prima ad
essere stata effettuata , è largamente utilizzata in ambito medico.
Le leggi fondamentali dell'elettrofisiologia
Gran parte dei principi teorici utilizzati in elettrofisiologia originano da 3 leggi fondamentali:
1) la legge di Ohm
2) la carica di un condensatore
3) l'equazione di Nerst
La legge di Ohm
La legge di Ohm esprime una relazione tra la differenza di potenziale V (tensione elettrica) ai
capi di un conduttore elettrico e l'intensità di corrente elettrica che lo attraversa. Gli elementi
elettrici per i quali la legge è soddisfatta sono detti resistori (o resistenze) ideali o ohmici. Si noti
che la legge di Ohm esprime unicamente la relazione di linearità fra la corrente elettrica I e la
differenza di potenziale V applicata. L'equazione indicata è semplicemente una forma
dell'espressione che definisce il concetto di resistenza ed è valida per tutti i dispositivi conduttori.
La legge deve il proprio nome a quello del fisico tedesco Georg Simon Ohm. È descritta dalla
relazione matematica:
In Fig. 1 è mostrato il simbolo della resistenza ed una resistenza utilizzata nei circuiti elettrici.
Fig. 1. Simbolo della resistenza elettrica e,
in basso, una resistenza reale, il cui valore
è indicato tramite un codice a colori
riportato sulla resistenza.
La legge di Ohm stabilisce una possibile relazione tra V ed I. Un filo elettrico obbedisce molto
fedelmente a questa legge. La membrana cellulare in parte obbedisce alla legge di Ohm, molto
spesso la relazione V/I è tutt'altro che lineare.
Esiste poi la seconda legge di Ohm, che permette di calcolare la resistenza di un materiale a
partire dalle sue caratteristiche fisiche e geometriche:
dove
è la resistività del materiale, l la Lunghezza ed S la Sezione.
Voltaggio e corrente
Si genera una differenza di potenziale quando vi è una distribuzione spaziale di cariche
elettriche non uniforme (le comuni batterie effettuano questa separazione di cariche). L'unità di
misura è il Volt (V) e la differenza di potenziale è misurata dal voltmetro.
La corrente I è il numero di cariche che attraversano il resistore nell'unità di tempo (il secondo).
L'unità di misura è l'Ampere (A) e la corrente viene misurata dall'amperometro. Scorre una
corrente di 1 A se, in un s, il resistore è attraversato da una carica di 1 coulomb (circa 6,24×1018
la carica di un elettrone). Per convenzione, I è costituita da cariche positive che vanno dal + al -.
La batteria fornisce lavoro, spostando le cariche + dal - al +.
R, G
(1/R)
I
+
-
V batteria
V= R x I = - V batteria
Il condensatore
In Fig. 2 è rappresentato il simbolo del condensatore ed una foto di alcuni tipi di condensatori
utilizzati nei circuiti elettrici.
V
+
+
-
+
+
-
Fig. 2. A sinistra, simbolo del condensatore, sulle cui due facce sono presente 4 cariche Q. A
destra, una foto di condensatori utilizzati nei circuiti elettrici.
Il condensatore è costituito da 2 superfici di materiale conduttore (le armature) separate da un
isolante (il dielettrico). Per un condensatore valgono le relazioni
Q= C x V
V= Q/C
dove V è la differenza di potenziale tra le due superfici conduttive, Q è il numero di cariche
presenti sulle due armature (le cariche sono di egual numero e di segno opposto) e C è è la Capacità
del condensatore. C dipende prevalentemente dalla geometria del condensatore e si misura in
Faraday.
La membrana cellulare è un condensatore
Il doppio strato lipidico della membrana plasmatica non consente il passaggio degli ioni: è
quindi un isolante (o un dielettrico). E' in contatto con la soluzione extra- ed intracellulare, che sono
conduttori. La membrana cellulare è quindi un condensatore, con una sua capacità Cm ed una
differenza di potenziale (Vm), e vale la relazione
Vm= Q/Cm
Nota la superficie di una cellula, è possibile stimare la sua capacità. Se Vm è noto, è quindi
possibile calcolare quante cariche sono necessarie per generare una V pari a Vm.
La membrana cellulare è anche un conduttore
La membrana plasmatica ha anche una sua conduttanza, costituita dai canali ionici aperti
disposti sulla membrana. Tali canali sono disposti in parallelo.
La membrana plasmatica è quindi sia un condensatore (sono necessarie delle cariche ai lati
della membrana che determinano Vm) che un conduttore.
Fig. 3, in alto. La cellula può essere
considerata un condensatore con una
resistenza in parallelo.
Fig.3, in basso. La resistenza in parallelo è
costituita dai canali ionici aperti , disposti in
paralleo tra di loro ed in parallelo con la
porzione lipidica della membrana.
Questo modello è però incompleto. Le resistenze non discriminano tra i vari tipi di ioni e così la
batteria, che spinge in modo identico gli ioni. Sappiamo infatti che la "forza" che pilota ciascuno
ione è data dalla differenza tra Vm (potenziale di membrana) ed il potenziale di equilibrio dello ione
e che i canali ionici sono in genere selettivi per i vari ioni. In basso è riportato un modello più
completo ed utile anche dal punto di vista didattico.
++
- -
Vm
GNa è costituita dai canali permeabili al Na+, e la corrente è pilotata dalla differenza tra Vm e
VNa, il potenziale di equilibrio del Na+; GK è costituita dai canali permeabili al K+, e la corrente e
pilotata dalla differenza tra Vm e VK; etc.
La legge di Nerst
Nella Fig. 4 si mostrano alcuni concetti correlati alla legge di Nerst e la si definisce
matematicamente.
Fig. 4. Esemplificazione della legge di Nerst. R è la costante dei gas, T la temperatura assoluta,
F la costante di Faraday e Z la valenza dello ione.
A 37 °C l'equazione di Nerst può essere così scritta:
VE=(0.061/Z) * Log(C1/C2)
La legge di Nerst ci consente di sapere in quale direzione uno ione si muove (se entra nella
cellula, se esce, se è in equilibrio). Se il potenziale di membrana Vm è differente da E, ci sarà un
flusso dello ione tale da pilotare Vm verso E.
Nella tabella sono riportate le concentrazioni ioniche intracellulari ed extracellulari di una
cellula "tipo"
Na+
K+
Ca2+
ClATP
Interno
(mM)
5
140
0.1( M)
20
2
Esterno
(mM)
140
3
2
130
tracce
Tramite l'equazione di Nerst è possibile calcolare i potenziali di equilibrio E per ciascuno ione:
ENa+ =
EK+ =
ECl- =
ECa2+ =
(gli studenti calcolino i vari E a 37 °C).
La driving force
Nella legge di Ohm le cariche si muovono unicamente per effetto di V, mentre attraverso la
membrana si muovono anche per effetto di una differenza di concentrazione. Il potenziale di
equilibrio E è la differenza di potenziale V che bilancia la differenza di concentrazione: la
differenza tra Vm ed E (Vm-E), detta driving force ( F), sarà il potenziale netto che muove gli ioni
attraverso la membrana
La legge di Ohm per la cellula vale quindi
F=E-Vm= RI
Tale legge deve essere applicata ai singoli ioni. Per il N a+, per esempio
FNa=Vm - ENa= RNa* INa
La corrente globale cha attraversa la cellula sarà la somma algebrica delle correnti portate dai
singoli ioni. Per convenzione, possiamo ritenere che una corrente uscente dalla cellula sia positiva.
Per esempio
FNa= -80 mV - 60 mV= RNa* INa
per cui per Vm=- 80 mV la corrente è negativa e quindi entrante, come effettivamente avviene.
Come misurare Vm con i microelettrodi convenzionali
Il Voltmetro (Fig. 5) misura la ddp (differenza di potenziale) tra due punti, che devono sempre
essere connessi con una resistenza molto piccola (almeno 1/1000) rispetto alla resistenza d'ingresso
Ri del voltmetro (la Ri è un parametro funzionale del voltmetro riportato nel manuale d'uso).
Fig. 5. Un voltmetro con i due ingressi,
ciascuno collegato ad un filo a bassa
resistenza elettrica. I fili terminano con un
puntale.
Di regola (ma non nel voltmetro della figura), uno degli ingressi è connesso "a terra" (è cioè al
potenziale del terreno, che è costante) e si misura la differenza di potenziale tra il punto di interesse
(per esempio, l'interno della cellula) e "la terra".
Volendo misurare il Vm della cellula, si pone il problema di collegare elettricamente l'esterno e
l'interno della cellula ai due ingressi del voltmetro. L'esterno della cellula (costituito da una
soluzione ionica appropriata) è conduttivo e si collega all'ingresso " a terra" del voltmetro tramite
un filo di Ag immerso nella soluzione extracellulare (il filo metallico di Ag può essere sostituito da
conduttori particolari, per esempio un filo costituito da un miscuglio di Ag e di AgC, che evitano
alcuni problemi relativi all'instaurarsi di un potenziale di contatto tra l'Ag e la soluzione).
Quest'ingresso è connesso "a terra", per cui anche la soluzione extracellulare è connessa "a terra".
Per connettere elettricamente l'interno della cellula al voltmetro dobbiamo utilizzare un conduttore
che attraversa la membrana ed entra in contatto con l'interno della cellula senza distruggerla. Si usa
perciò un microelettrodo, solitamente una pipetta di vetro (Fig. 6), con la punta molto fine, ma
aperta, riempita da una soluzione ionica (solitamente KCl 3 M). Vi è quindi continuità elettrica tra
la soluzione all'interno della cellula e la soluzione all'interno della pipetta. La soluzione all'interno
della pipetta viene poi connessa tramite un filo di Ag (od un suo più adatto sostituto) all'altro
ingresso del voltmetro, consentendo la misura di Vm. Sebbene la punta del microelettrodo sia molto
piccola, la lacerazione della membrana prodotta dal microelettrodo apre una conduttanaza che
consente il passaggio non selettivo degli ioni. La corrente che attraversa tale conduttanza ha un
E=0 mV, e tende a depolarizzare la cellula. L’entità della depolarizzazione è variabile: può essere
trascurabile o invece modificare le proprietà della cellula.
Fig. 6. Microfotografia di un
microelettrodo di vetro.
Resistenza del microelettrodo e resistenza d’ingresso del
voltmetro
Come si diceva, tra le caratteristiche funzionali del voltmetro, vi è la resistenza d'ingresso Ri,
che deve essere almeno 1000 volte maggiore della resistenza del microelettrodo. I microelettrodi
convenzionali hanno una resistenza di circa 20-50 M .
Come cambiare Vm
Se si desidera cambiare Vm, è necessario introdurre delle cariche elettriche, che
modificheranno Vm in funzione della capacità della cellula. Se Qm erano le cariche già presenti
nella cellula e Qi le cariche introdotte
Qm = C x Vm
Qi = C x V
Qm + Qi =C x (Vm + V)
dove Vm+ V è il nuovo potenziale di membrana
Ricordiamo però che per V=Vm la corrente I netta che attraversa la cellula è 0 (e quindi il
potenziale di equilibrio Etotale della somma delle correnti che attraversano la membrana è uguale a
Vm). Se mi sposto da Vm si genera una corrente di direzione tale che tende a portare il nuovo
potenziale di membrana verso Vm. Perciò,
se voglio mantenere nel tempo questo nuovo potenziale di membrana,
devo portare all’interno della cellula lo stesso numero di cariche che stanno uscendo, o rimuovere
dall’interno della cellula lo stesso numero di cariche che stanno entrando. Matematicamente, se Gm
è la conduttanza della membrana (che supponiamo costante), per V= Vm la driving force è
F= Vm -Etotale = 0
Se Vm viene modificato, diventando V, avremo una I pari a
I= Gm ( V-Etotale)
che piloterà V verso Vm.
Dal punto di vista sperimentale, se si desidera modificare Vm devo introdurre un microelettrodo
nella cellula e connettere il filo d’argento della micropipetta ad una sorgente di potenziale, per
esempio + 20 mV. Se Vm= –80 mV, scorrerà una corrente I (cariche positive verso l’interno della
cellula o cariche negative rimosse dalla cellula), che tenderà a portare Vm verso + 20 mV. Di fatto,
il potenziale alla punta della pipetta sarà 20 mV- I x Rmicroelettrodo, dove Rmicroelettrodo è la
resistenza del microelettrodo, per cui non so di quanto Vm si differenzia da +20 mV (Fig. 7). Se
però conosco I e Rmicroelettrodo, posso calcolare di quanto Vm si differenzia da +20 mV.
Alternativamente, posso introdurre o togliere delle cariche con un elettrodo e misurare Vm con un
altro elettrodo.
Il problema di mantenere la cellula ad un potenziale desiderato e di misurare la corrente necessaria
per mantenerlo viene risolto dal voltage clamp ("to clamp" significa appunto "mantenere fermo").
Fig. 7. Caduta di potenziale
causata dalla corrente I e dalla
R del microelettrodo (vedi
testo).
Voltmetro
Vm
Il voltage clamp con 2 microelettrodi
Il voltage clamp, come appena detto, consente di mantenere la cellula ad un potenziale
desiderato e di misurare la corrente necessaria per mantenerlo ed è utilizzabile solo con cellule
relativamente grandi, quali l'assone gigante del calamaro (dove è stato utilizzato originariamente),
le cellule muscolari scheletriche e gli oociti.
La figura 8 illustra lo schema di funzionamento del voltage clamp con due elettrodi.
Fig. 8. Schema di funzionamento del voltage
clamp. Un ingresso dell'amplificatore 1
(quello positivo) è messo a terra.
L'amplificatore 1 (per amplificatore qui si intende, genericamente, un dispositivo elettronico che
esegue quanto descritto nel testo) misura Vm e lo manda all’ingresso negativo dell’amplificatore 2,
mentre all’ingresso positivo viene mandato il potenziale Vclamp che si vuole mantenere nella
cellula. L’amplificatore 2 fa la diffenza tra Vm-Vclamp ed applica al filo d’argento della pipetta 2
questa differenza (opportunamente amplificata) che fa scorrere una corrente di segno tale che porta
Vm verso Vclamp. Tanto più Vm sarà simile a Vclamp, tanto minore sarà la corrente. Riferendosi
al precedente esempio, con Vm=-80 mV e quindi Etotale=-80 mV, la corrente che attraversa la
menbrana per Vclamp= 20 mv sarà
I= (Etotale – 20) x Gm
I= (-80 –20) x Gm
I=-100 x Gm
La circuiteria è tale che basta una minima differenza tra Vm e Vclamp per generare la corrente
necessaria I=-100 x Gm per mantenere Vm praticamente identico a Vclamp. Naturalmente,
inizialmente abbiamo anche fornito le cariche Q per spostare Vm verso + 20 mV.
Il voltage clamp consente quindi di fissare V e di misurare la corrente necessaria per mantenere
costante V. E' così possibile tracciare la relazione corrente-voltaggioVclamp/I. Se è noto il
potenziale di equilibrio E della corrente è possibile tracciare la relazione corrente-driving force
F= Rm x I
e calcolare la resistenza della membrana Rm o la conduttanza della membrana Gm.
L'utilizzo del voltage clamp nello studio delle correnti ioniche che attraversano la membrana
plasmatica nell'assone gigante del calamaro consentì ad Alan Hodgkin e Andrew Huxley di
vincere il premio Nobel nel 1963, insieme a John Eccles, un neurofisiologo australiano. Andrew
Huxley, successivamente, formulò l'ipotesi che la contrazione muscolare era dovuta
all'interdigitazione dei filamenti di actina e miosina.
Il voltage clamp con due elettrodi viene oggi principalmente utilizzato per studiare le proprietà
di canali ionici wild o mutati, fatti esprimere in oociti di Xenopus.
Andrew Huxley
Alan Hodgkin
Il singolo canale ed il patch clamp
L'esistenza di canali ionici era stata ipotizzata sin dagli anni 40, ma per vedere un singolo canale al
lavoro si è dovuto aspettare sino alla fine degli anni 70, grazie all'invenzione del patch clamp da
parte di E. Neher e B. Sakmann (Fig. 9).
Fig. 9. E. Neher (sinistra) e B.
Sakmann (destra), premi Nobel
per la Fisiologia nel 1991.
In Fig. 10 si può osservare il tipico comportamento di un singolo canale. Questo si apre e si chiude
in modo probabilistico e la probalità di essere nello stato aperte può essere funzione di Vm (si parla
allora di canali voltaggio-dipendenti), del legame con una molecola (canali chemio-dipendenti) o
della tensione applicata alla membrana (canali meccano-dipendenti). Inoltre, una volta aperto, la
corrente che lo attraversa è costante.
Fig. 10. Canali aperti dall'acetilcolina (sinistra) e canali al Ca2+ aperti dalla depolarizzazione
(destra).
Il patch clamp è un voltage clamp con un singolo microelettrodo dalle proprietà particolari. Questo
ha una punta relativamente ampia (nell'ambito del micron) ed una R bassa (inferiore, in genere, a 10
M ). Inoltre la punta del microelettrodo viene fusa avvicinandola ad una resistenza incadescente, in
modo da renderla perfettamente liscia. In Fig. 11 è mostrato un microelettrodo da patch che tocca
(delicatamente) una cellula in coltura.
Fig. 11. Si può osservare un
microelettrodo da patch (nella parte
sinistra della figura) che tocca una
cellula in coltura (un neurone).
In Fig. 12 è mostrato uno schema del patch clamp. Il potenziale a cui si vuol "clampare" la cellula
(Vclamp) viene applicato all'ingresso positivo dell'amplicatore. Questo funziona in modo tale che
anche l'ingresso negativo assume il valoreVclamp. Il sistema funziona come già descritto alla fine
del paragrafo "Come cambiare il Vm". Se Vclamp è 20 mV, il potenziale alla punta della pipetta
sarà 20 mV- I x Rpipetta, per cui non so di quanto Vm si differenzia da +20 mV (Fig. 7). Il sistema
consente di misurare I e Rpipetta, per cui posso calcolare di quanto Vm si differenzia da Vclamp.
Esiste inoltre qualche accorgimento elettronico che consente di rendere Vm molto simile a Vclamp,
anche se I x Rpipetta non è trascurabile.
Fig. 12. Rappresentazione schematica di un sistema di patch clamp.
Senza entrare nel dettaglio della circuiteria elettrica ed elettronica del patch clamp, la speciale
pipetta ideata da Neher e Sakmann ha sia una bassa resistenza sia la capacità di limitare
notevolmente la corrente I, cosicche Vm è molto simile a Vclamp, ed è possibile misurare la
relazione I/V delle correnti che attraversano la membrana. Esiste inoltre un accorgimento
elettronico che consente di rendere Vm molto simile a Vclamp, anche se I x Rpipetta non è
trascurabile.
Le configurazioni del patch clamp.
Il patch clamp era stato disegnato al fine di consentire lo studio dei singoli canali ionici. Il suo nome
riflette questa idea di base: "patch" significa "piccola superficie" di membrana, contenente
possibilmente un unico canale ionico. Questo utilizzo del patch clamp è schematizzato nelle Figg.
13, 14 e 15.
Fig. 13. Configurazione cell-attache (sinistra). A destra, aperture e chiusure di un canale ionico. I
voltaggi a sinistra delle tracce indicano Vclamp. A +30 mV il canale è quasi sempre aperto.
Il vetro della pipetta tocca la membrana e la Rseal è bassa (circa 50 M . Si applica una leggera
suzione e la punta del microelettrodo, avendo una superficie liscia e pulita, interagisce con la
membrana, formando numerosi legami deboli. Si forma così il Giga-seal: la R elettrica tra l'interno
e l'esterno della pipetta (Rseal) è dell'ordine deli G (Fig. 14). Vclamp è applicato sul versante
extracellulare del patch di membrana delimitato dalla pipetta e la differenza di potenziale ai lati
della membrana è Vclamp - Vm.
Fig. 14. Viene indicara la
resistenza di seal (Rseal).
Vm
Questo approccio sperimentale ha poi fornito degli ulteriori sviluppi, che hanno costituito la
principale potenza innovativa della tecnica. Partendo dalla configurazione ora illustrata (detta cellattached) ed applicando una leggera suzione al microelettrodo, la membrana si deforma e si rompe,
fornendo la configurazione whole-cell (Fig. 15). L'whole-cell è equivalente al voltage-clamp con 2
microelettrodi e consente lo studio delle conduttanze di membrane in una grandissima varietà di
cellule, anche molto piccole. Di fatto, il patch clamp "ama" le cellule piccole, ed è poco adatto per
le cellule grandi: per gli oociti di Xenopus, infatti, viene utilizzato il voltage clamp con 2
microelettrodi.
Nella configurazione whole-cell i soluti della pipetta diffondono nella cellula, sostituendo il liquido
intracellulare fisiologico. Di questo si tiene conto utilizzando, per riempire la pipetta, la soluzione
più adatta agli scopi della sperimentazione. Di fatto la dialisi del liquido intracellulare è sia un
problema (attenzione: sto modificando il normale contenuto della cellula!) che un'opportunità
(attenzione: sono in grado di modificare con cognizione il normale contenuto della cellula!).
Il patch clamp consente altre due configurazioni, utilizzabili per lo studio dei singoli canali.
Dalla configurazione cell attached posso allontanare la pipetta dalla cellula; si forma una vescicola
che, se esposta brevemente all'aria, si rompe, lasciando il patch di membrana attaccato alla pipetta.
In questo caso la faccia citoplasmatica della membrana è rivolta all'esterno della pipetta
(configurazione inside-out) (Fig.15). Se si allontana la pipetta partendo dalla configurazione wholecell, il patch di membrana resta attaccato alla membrana con la superficie extracellulare rivolta
verso l'esterno (configurazione outside-out) (Fig.15). La configurazione outside-out facilita lo
studio, a livello di singolo canale, dell'attività di molecole extracellulari, quali gli agonisti che
causano l'apertura dei canali ionici, poichè queste possono con facilità essere disciolte nel liquido
che bagna la cellule. Analogamente, la configurazione inside-out consente lo studio, a livello di
singolo canale, dell'applicazione di molecole sulla superficie intracellulare della cellula.
Fig. 15. Sono illustrate le diverse configurazioni del patch clamp e le modalità per raggiungerle.